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Matteo Cirillo:
“Un artista diventa ‘scomodo’ quando ha molto da dire”
Secondo il monologhista romano, l’inventore della ‘stand up comedy’ ha rivoluzionato il linguaggio teatrale alla ricerca di un nuovo modo di esprimersi, ribellandosi al puritanesimo americano e anticipando molti temi ripresi, in seguito, dalla rivoluzione ‘sessantottina’ Matteo Cirillo è un ottimo monologhista, uno dei talenti più limpidi del panorama italiano insieme a Daniele Parisi, autore in passato di alcuni spettacoli spassosi, ma al contempo estremamente lucidi nel sottolineare una mancanza di meritocrazia sconcertante nella società italiana, poiché ‘svuotata’ di ogni principio e ormai inerme di fronte al qualunquismo e al ‘cialtronismo’ dilagante. Abbiamo pensato a lui per riflettere sulla figura del capostipite del genere teatrale della ‘stand up comedy’: Lenny Bruce.
periodo in cui lo spettacolo dal vivo era fermo nella ricerca, ha cercato un nuovo modo di esprimersi e nuovi temi. E ha cercato nuove parole, perché a volte le parole, come diceva Giorgio Gaber, ‘invecchiano, si logorano, perdono di significato, ma nonostante questo noi continuiamo a usarle senza accorgerci di parlare di niente’. Ecco, lui doveva parlare perché aveva qualcosa da dire. Era riuscito a superare le ‘barriere’ e a creare una nuova formula di spettacolo, che aprì la strada a centinaia di comici e stand up comedian”.
Matteo Cirillo, perché Lenny Bruce fu così importante, come artista teatrale? “Perché trovò una formula nuova di fare spettacolo. L’arte si deve sempre evolvere, a mio avviso. Ci sono progressi nella scienza, così come nella medicina. Pertanto, ci devono essere anche nell’arte e, nello specifico, nel teatro. Lui, in un
È vero, come dicono alcuni, che anticipò il ’68? “Secondo me, ha anticipato il 2021 e il futuro in generale. Famoso è il suo monologo nel quale spiega cosa comporta ‘la repressione di una parola’. Un concetto così attuale che non perderà mai la sua potenza. Ma in linea di massima, secondo me si può anche benissimo dire che anticipò il
‘68, perché il suo concetto di libera espressione, la sua polemica contro il linguaggio patinato e ipocrita della ‘buona società’, insieme ai suoi numerosi arresti, rappresenta il cuore pulsante di tutto il ‘68”. Fu lui il vero ‘inventore’ della trasgressione, sdoganando un linguaggio parlato più libero e meno ipocrita? “Per quello che ne sappiamo, pare proprio di sì. Poi, vallo a capire: nell’arte c’è sempre qualcuno che
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cambia qualcosa partendo da una base: nessuno inventa niente, ma tutto si trasforma. Molte volte, le idee sono nell’aria, sono in circolo, poi qualcuno riesce ad ‘acchiapparle’ e dargli una forma. Magari, qualcuno prima di lui l’aveva preceduto, ma forse non aveva avuto abbastanza coraggio, non aveva il suo talento e, quindi, noi oggi sappiamo che fu lui a sdoganare e a ‘inventare’ il linguaggio trasgressivo. In generale, noi conosciamo solo le persone che, in