Phoenix Fanzine n° 6

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Phoenix Fanzine N° 6 Data di pubblicazione: 1 Settembre 2016 @Phoenix Fanzine 2013-2016 http://phoenixfanzine.wixsite.com/phoenix-rebirth Contattateci su phoenx.fanzine@gmail.com Seguici anche su facebook: https://www.facebook.com/phoenixlafanzine/


Benvenuti

Bella raga!!! Stavolta ci siamo fatti aspettare un bel pò eh?! Ovviamente la colpa non è assolutamente mia ma di quei buoni a nulla di autori e membri dello staff che hanno avuto imprevisti, esami, malattie varie e hanno pure avuto il coraggio di andare in vacanza! Menomale che ci sono io a sistemare tutto!

Sparky!!! Come al solito non apprezzi il duro lavoro di questi ragazzi che nonostante tutto si impegnano sempre al massimo per poter pubblicare la propria storia! Speriamo come al solito che questo numero vi piaccia e se volete lasciate un commento, mandateci fan art o proponetevi come autori attraverso la nostra pagina facebook!


News

- Ataru Moroboshi fa il suo esordio con “Lyly ed i demoni di Got” di cui ha già pronta anche la seconda parte per il prossimo numero - Anche Marty Hyakuya, alias “Echo” pubblica per la prima volta con noi con il prologo del suo manga “Shooting Star” - La prima storia di un Junior è pronta per essere pubblicata e vedrà la luce nel numero 7 della rivista. Si tratta di “S.c.I.F.” storia di Alessia Tirabassi alias “Cucci”.


Indice MANGA: Sangkhum cap 4....................................pag 6 (Autore: “Minaca”Francesco Nappi) Shooting Star cap 0...............................pag 31 (Autrice: “Echo” Marty Hyakuya) Heart’s Eyes cap extra...........................pag 46 (Autrice “Rin” Elisa Neri) Lyly ed i demoni di Got cap 1 parte 1...pag 52 (Autore: “Ataru” Ataru Moroboshi” RISULTATI CONTEST.............................pag

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LIGHT NOVEL: Il mondo di Edward cap 3.....................pag 76 (Storia: “Pyras” Pietro Santoni Disegni: “Miu” Claudia Santoro Recio)
































































Risultati Contest E’ arrivato il momento di annunciare i risultati del contest a tema:SUper hero


Nella visione dell’elaborato lo staff ha fatto riferimento sia al Background che alla visione grafica dei personaggi presentati dai partecipanti. “Ogni lavoro inviatoci meritava in sé di essere premiato, la fantasia scaturita dal tema è stata molto elevata e sono sorti stili molto diversi ed interessanti. Detto ciò complimenti alla vincitrice del Contest e ci vediamo alla prossima puntata” -Cit. Sparky-



1° CLASSIFICATA Nome: Martina Cognome: Gammino Titolo Lavoro: Dark Fox Descrizione: lei è Dark Fox, una supereroina che rappresenta la giustizia, cieca ed imparziale. Per combattere usa i suoi lunghi artigli, che tiene solitamente nascosti e i tre dischi che può controllare con la forza della mente, facendoli fluttuare per colpire o per usarli come scudo. Nome Pagina Facebook: Klaky15-94 COMMENTO Lo Staff ha apprezzato molto sia lo stile di disegno che la colorazione molto precisa della supereroina; in più il background fornitoci dall’artista ha favorito notevolmente la valutazione che è risultata tra le migliori tra le proposte del contest.



2° CLASSIFICATA Nome: Cris Cognome: Fabian Titolo Lavoro: Super Cookie Descrizione: si chiama super cookie ed è una super cuoca. il vestito è anti infiammabile, usa la maschera per ripararsi anche li dagli schizzi e i guanti sono presine cosi non bruciano le mani. Il mantello è usato per eventuali incendi nell area cottura e subito miete il fuoco. La coda è di metallo! La usa per aprire le scatolette e anche per aprire le bottiglie di vino.La retina sul seno è puramente fanservice perchè in cucina esiste il service! Nome Pagina Facebook: Mr. Nishikawa COMMENTO Nonostante il disegno possa sembrare svantaggiato per una presentazione in b/w non è stato un problema nella valutazione; lo staff ha apprezzato sia il superpotere descritto dall’artista che lo stile in sé definendolo “buffo e geniale” decretando infine una valutazione finale comunque molto elevata.


COMMENTO Lo Staff ha adorato l’introduzione del personaggio e la sua relativa storia, la parte grafica è ritenuta apprezzabile e ciò è stata influente sulla sommatoria dei punteggi.


3° CLASSIFICATA Nome: Anais Cognome: Tadini Titolo Lavoro: Yumi-Gumi Descrizione: E’ una ragazza coraggiosa che si ritrova a combattere il male per caso, e che poi ha deciso di continuare a intraprendere queste avventure. Salvare le persone é qualcosa che é più forte di lei, la parte malvagia dell’essere umano non é presente in questa ragazza, che combatte solo per il bene di tutti. Il suo potere é nel sangue, se anche solo una goccia di sangue esce dal suo corpo lei sarà in grado di manipolarlo, di solito si diverte a farlo diventare una sostanza molle come una gomma da masticare (la parola “Gumi” si riferisce proprio a quello) che puo’ essere di qualsiasi consistenza lei voglia. Scopre questo potere per caso e nel corso delle sue avventure scopre di far parte di un’antica famiglia di demoni chiamati “demoni del sangue”. Il suo acerrimo nemico si chiama Koll-Ector (che si pronuncia collector, riferendosi al suo potere) e il suo scopo é appropriarsi del potere di Yumi-Gumi per poter conquistare il monopolio della città. Ovviamente la ragazza é una normale liceale nei giorni tranquilli, anche se non é facile avere a che fare con una doppia vita.




Capitolo 2- Il Folle -Cosa diavolo ho che non va!Edward sbatté con violenza la porta della sua stanza prima di lasciarsi cadere sul letto; la sua faccia rappresentava l’orrore. Da quando era tornato in casa aveva compreso che qualcosa non tornava. Non si era neanche fermato a chiedere a Amy cosa ci fosse per pranzo; la faccia di Amy sembrava stupita ma preferì lasciarlo stare per poi sentire la porta che sbatteva. -Non esiste! L-lei non esiste! E’ tutto nella mia testa- continuava a ripetere a voce alta mentre si rotolava sul materasso. –Ma era lì, lì! Di fronte a me…forse poteva essere logico nel sogno, ma non qui! NON QUI!Il silenzio lasciò lo spazio alle lacrime, quella paura della follia, così grande ma allo stesso tempo così affascinante, lo stava stritolando, facendolo singhiozzare. Si buttò nuovamente nel letto appoggiando la testa sul cuscino che, a poco a poco, si riempì di piccole chiazze umide. La mancanza di risposte lo affliggeva come una malattia incurabile: chi era lei? Il nome non gli bastava. Tutte quelle parole, tutte le cose che aveva detto parevano senza senso e irreali ma, dette da quella ragazza sembravano vere. Il pensiero di cercare un modo per chiederglielo fece capolino poco a poco, ma il come restava un problema: come contattare una persona irreale?. Edward si appoggiò le mani sulla testa per poi alzarsi lentamente asciugandosi le lacrime con un lembo della maglia. In quel momento la porta si aprì lentamente. -Zia…-esclamò sorpreso –c’è qualcosa che non va?Amy entrò lentamente in camera reggendosi con il suo bastone, il suo volto sorridente fece, per un istante, sparire la tristezza dalla mente di Edward facendo apparire un piccolo sorriso. In


esso era nascosta tutta la sua tristezza, ma lei non doveva sapere nulla, ne lei ne tantomeno gli altri. -Il pranzo è quasi pronto, spero che la pasta ti vada beneannunciò con calma. Lui annuì –Ma certo, zia-Per secondo vorresti qualcosa?-No, grazie-Allora torno giù- rispose Amy imboccando la via verso la porta, ma Edward la fermò. -Aspetta…posso scendere con te? Almeno non sto qui da solo…-Ma certo, andiamoL’aria della cucina poteva distrarlo a dovere e un piatto colmo fino ai bordi di pasta fumante avrebbe scacciato tutto, rendendo il resto della giornata tranquilla e piacevole sotto tutti i punti di vista. Una vacanza nel vero senso del termine. La cucina, grazie alla luce del mezzogiorno, si era tinta di un giallo intenso riuscendo a mostrare le particelle di polvere attraverso le finestre lasciate aperte, mentre le tende dondolavano lentamente, l’odore del sugo aleggiava per la casa scacciando per poco il profumo dei fiori. Edward non riusciva bene a ricordare quella cucina. Le visite in tenera età non erano frequenti e i pochi ricordi percepibili si confondevano tra di loro in un susseguirsi di immagini poco distinte e confuse, con i suoni che si fondevano in una miriade di grida e risate. -Erano bei tempi…- ammise con un filo di voce, chinando la testa. -Edward! Edward!Sua zia lo chiamava vedendolo fermo immobile in mezzo alla stanza con la testa china –Tutto bene?Lui di colpo si riprese perdendo quasi l’equilibrio e rischiando di cadere, ma si salvò aggrappandosi ad uno spigolo del tavolo.


-Che spavento!- gridarono entrambi. -Qualcosa non va, Edward?- gli chiese sua zia. Per un istante rimase di nuovo fermo, prima di tirare un sospiro. -Ti ricordi quando venivo qui da bambino?La domanda prese alla sprovvista la signora che, rimuginando,rispose. -Eri un bambino molto attivo e frenetico. Non venivi spesso per via della distanza, almeno una volta al mese però una tua visita era assicurata. Non stavi fermo un secondo. Correvi dietro a Snowflake nel tentativo di prenderlo per abbracciarlo; povero gatto. Non ti era consentito andare nella foresta, e ogni volta che provavi a svignartela di nascosto dovevamo venire a cercarti.Edward si sentì così stupido, con il passare degli anni tutta la vivacità di quel ragazzino sembrava aver fatto posto alla malinconia della sua vita. -Dovevano essere bei tempi…-Ammise lui.- Ma non è il momento di parlare di queste cose!- Nel suo volto comparve un sorriso mentre si sedeva a tavola – Ora dobbiamo mangiare! Ed io, zia, non vedo l’ora di assaggiare quello che hai preparato!Dover mostrare un falso sorriso a sua zia, così aperta e disponibile, lo faceva sentire male; sembrava quasi un crimine, ma meno sapeva e meglio era; entrambi avrebbero vissuto la vita di sempre, malgrado le visioni e gli strani sogni. Una persona come Amy doveva vivere senza queste preoccupazioni. Edward vedeva quelle cose come una sorta di inspiegabili avvenimenti, senza un motivo logico, o almeno lui non lo trovava, ma tutto accade per un motivo. Tutto. -Arriva la pasta!Un piatto di pasta fumante fece distogliere Edward dal fissare un punto a caso, il suo stomaco reclamava cibo, ed ora era davanti a lui, ricoperto da una salsa di pomodoro di un rosso acceso


accompagnato da un bicchiere di vino rosso. “Un pranzo da re!” Lo definì lui prendendo la forchetta in mano. La fame lo prese così tanto da fargli divorare l’intero piatto in poco tempo privandolo di tutto il gusto. -Cos’hai intenzione di strozzarti?Chiese Amy vedendolo che una forchettata di spaghetti era ancora in bocca. -Mmm?- si limitò a emettere un suono di domanda. -Cosa hai intenzione di fare nel pomeriggio? Prima butta giù il boccone, poi rispondi–Penso che andrò nella foresta qui vicino per fare una passeggiata-Buona ideaI due presero i loro bicchieri di vino per poi brindare. Il dopo pranzo lo passarono assieme in salotto, sorseggiando un buon caffè nel più totale silenzio. Il caldo sembrò svanire nella calma del momento, allontanando l’afa creatasi in mattinata, le ore passarono lente e placide cullati dall’odore del caffè e delle storie che i due si raccontarono ridendo; l’allegria la fece da padrona senza che nessuno rompesse l’atmosfera. Dopo un’ora sua zia andò a dormire lasciando la villa in mano a Edward. Ma la voglia di uscire era forte. Pensava al rumore dei rami che si spezzano sotto i suoi passi. La voglia aumentava, non resistette e si addentrò nel bosco. Passo dopo passo si inoltrò sempre di più, finalmente riuscì a rilassarsi mostrando un piccolo sorriso di gioia prima di sdraiarsi a terra per ammirare la luce filtrare tra le fronde. Finalmente si sentì felice e lontano dai problemi. “Cosa ci fai qui di bello?” Una voce femminile penetrò nella foresta facendogli aprire di


scatto gli occhi alzandosi sobbalzando. -Chi è là?- chiese voltandosi con lo sguardo spaventato – Mostrati!Una risata gli rimbombò nelle orecchie riempiendo l’area intorno a lui. La tremarella gli paralizzò le gambe. -C-c-chi sei?- Farfugliò. Una risata echeggiò tra gli alberi “Già ti sei dimenticato” -Probabile- Ammise senza riprendersi –Che ne dici se esci allo scoperto, così vedo se ti riconosco eh?“Buona idea” Da dietro un albero sbucò una figura che aveva provato a dimenticare, ma nel preciso istante in cui c’era riuscito, era comparsa di nuovo. “Ehilà!” La ragazza misteriosa era comparsa da dietro un albero, sorridendo.



Edward fece un passo indietro, le ultime parole pronunciate da lei gli avevano lasciato un senso di inquietudine ed il solo pensiero di rivederla davanti a sé lo faceva rabbrividire. Il suo sguardo si rilassò quando vide che alla cintura non portava la scimitarra. “Questa è la mia occasione” pensò accennando un sorrisetto. Questa era proprio l’occasione per porre fine alla sua follia e tornare alla normalità. Prese coraggio per tentare un dialogo che mettesse a suo agio la futura vittima. -Allora…cosa ci fai qui?- gli chiese respirando con calma. La ragazza restò immobile, pensierosa, si appoggiò un dito al labbro fissando il cielo con aria perplessa “Mmmmm…non ne ho idea…io…io mi sono ritrovata qua per caso. Per fortuna ti ho incontrato” Un sorrisetto comparve sul volto della ragazza mentre a passi lenti si avvicinava mostrando le mani come se volesse afferrarlo. -Cosa stai f-facendo?- gli chiese fissando inquieto le sue mani che si contorcevano. “Voglio portarti con me…tu sarai mio… credo” Lo sguardo della ragazza sembrava perso, spento, con quei suoi occhi tetri; la sua faccia mostrava un leggero sorriso ma senza ostentare quella strana sensazione che nascondeva ma allo stesso tempo mostrava orgogliosa. -Ora…ora basta!- Esclamò lui con le mani tremanti; i denti mostrarono tutta la sua rabbia per quelle visioni che di sparire non volevano proprio saperne. “Qualcosa non va? Sembri arrabbiato” -Tu…tu sei il problema! Cos’è che ti ho fatto di male, eh? Deve esserci un motivo, c’è sempre un motivo ma…non riesco a trovarlo…e…e tu non sembri dare le risposte che cerco. Mi stai facendo paura, chiunque tu sia-


La rabbia di Edward sfociò in un urlo, le sue mani si chiusero stringendosi sempre più forte, il suo respiro si fece affannoso e poi la pazienza svanì in un soffio sfociando in un atto del tutto inaspettato anche per lui, come se il suo corpo si muovesse da solo senza il controllo della mente. Edward poté solo stare a guardare la sue gambe che iniziarono a correre verso la ragazza e le mani che si preparavano a tirare un pugno alla vittima designata. Un gesto quasi infame per lui, sapeva bene che il rimorso lo avrebbe divorato, riempiendolo di senso di colpa ma sente di non avere il controllo; può solo guardare senza poter chiudere gli occhi. Il pugno sferrato la colpì al volto, ma appena arrivato alla pelle la sagoma svanì in una nuvola bianca, non prima di mostrare un sorriso vittorioso per poi essere trascinata dal vento mostrando un albero davanti a lui, ma ormai era tardi per ritrarre il braccio e la mano colpì con forza la corteccia. Il dolore era così forte che cadde di colpo a terra mentre la sua mano si tinse ben presto di sangue. Il dolore fisico non era il problema, lui rimase immobile fissando l’albero chiazzato di sangue. -Cosa ho che non va…- si chiese mettendosi le mani nei capelli. Non sembrava il caso di porsi domande, fino ad ora nessuna aveva trovato risposta e neanche la visione sembra aiutare, decise quindi di tornare da Amy per rilassarsi e schiarirsi le idee. Con calma si avviò verso la villa ed è solo durante il ritorno che il dolore sfociò in un grido, mentre agitava la mano ferita scagliando gocce di sangue sul terreno. -Che male…- sussurrò. Al suo ritorno trovò sua zia in cucina che gli si fece incontro sentendo il suono della porta sbattuta. -Sono tornato- annunciò con non troppo entusiasmo.


Amy si accorse subito che qualcosa non andava. Si alzò dal divano raggiungendo Edward prima che potesse sparire chissà dove. -Frena le gambe, giovanotto, cos’è successo?Edward tento di scostarsi ma l’anziana signora gli si parò davanti. -Fammi vedere-Non c’è nulla!- Replicò. Amy notò il sangue sulla mano. Il liquido rosso aveva disegnato delle righe su tutta la mano, attraverso le dita fino a cadere a terra. -Cosa hai fatto alla mano?!- Chiese lei stringendo la presa sul polso. -Fatti medicare- Continuava a ripetergli, ma Edward non sembrava curarsene. La sua mente era colma di pensieri riguardanti la ragazza misteriosa. Il vederla svanire nel nulla lo aveva lasciato di stucco nel ricordare lo sguardo beffardo di lei mentre il pugno la trapassava prima di colpire la corteccia. Assurdo. Era talmente preso dai ricordi che non si accorse che nel frattempo Amy era corsa a prendere le medicazioni necessarie per la ferita. Dopo averla disinfettata, gli fasciò la mano. -Ecco fatto. Hey…ci sei? Edward?Amy vide il vuoto riflesso negli occhi del nipote, dondolava lentamente emettendo solo il flebile suono del suo respiro. Venne preso per le spalle e strattonato avanti e indietro fino a quando non riprese i sensi. Nei suoi occhi tornarono le pupille seguite da un profondo respiro a bocca aperta alzando la testa verso il soffitto. Amy tirò un sospiro di sollievo nel vedere che riusciva a reggersi in piedi. Edward notò la fasciatura sulla mano e non aspettò a


ringraziare la zia con un bacio sulla guancia contraccambiato subito dopo. –Sei tornato giusto in tempo per il the, non vorrai mica perdertelo eh?-Ma certo che no- la smentì subito. I due si accomodarono sul divano dopo aver portato tazze, biscotti e teiera al tavolo a metà tra la televisione e il divano. -Li ho preparati ieri in vista del tuo arrivo- disse mostrando un cestello di vimini pieno di biscotti. Non sono più caldi ma il sapore è rimasto intatto ed inzuppati nel te sono ancora più buoni… ehi! Lasciamene qualcuno!- esclamò vedendo Edward con due biscotti in bocca ed altrettanti in una mano. -Scusa- disse posandoli nel cesto. Edward decise di accendere la tv, si fece passare il telecomando e premette on. Il telegiornale era uno dei programmi che guardava di più. -Oggi dovrebbe essere l’anniversario di quello scienziato…-Di cosa parli?- La interruppe il ragazzo. -Quattro anni fa c’era uno scienziato che viveva in una villa fuori Londra; diceva di voler creare nuove fonti rinnovabili ma la gente lo prendeva per pazzo. La morte della moglie e la scomparsa della figlia lo segnarono molto … Poi un giorno un’esplosione spazzò via un’intera ala della villa, lo diedero per morto malgrado il corpo non fu mai trovato-Non l’avevo mai sentita questa- ammise lui –Mi dispiace-Già…non fu per niente belloUn alone di silenzio cadde su i due, spezzato continuamente dalle notizie che giungevano dalla tv. Entrambi parvero dispiaciuti per l’accaduto mentre il tizio alla tv ne parlava dettagliatamente mostrando delle riprese della villa chiusa al pubblico ma da cui si poteva vedere perfettamente una


parte della casa con le pareti ed il tetto mancanti. I bordi erano bruciati. Dopo la storia, Edward sentì il bisogno di rientrare in camera giusto il tempo di riprendersi. -Salgo per un po’- disse –se esco di nuovo ti avvisoEra di nuovo lì, solo con se stesso per poter riflettere meglio su quanto accaduto nella foresta. Lei, la visione, perché non si era fatta nulla?. Si mise le mani nei capelli, di nuovo preda della disperazione. In fretta e furia iniziò a rovistare nelle valigie uscendone trionfante con un paio di cuffie nere, tutte aggrovigliate. La musica era per lui l’equivalente dell’ambrosia, dolce e gustosa dal primo sorso all’ultimo; stendersi sul letto ed ascoltarla col volume al massimo era l’equivalente della perfezione. Le note lo trascinavano lontano da ogni imperfezione del mondo, le sue ingiustizie, i suoi timori, scivolavano via mentre il volume, sempre più alto, copriva ogni lamento disperato. -Perfetto- sospirò con aria appisolata abbozzando uno sbadiglio mentre si stropicciava gli occhi. Era passata almeno un’ora da quando si era steso. Il sole proiettava delle leggere onde che trasparivano oltre la finestra con il cinguettio degli uccelli in sottofondo. -Che dormita…quanto sono rimasto a letto?Controllò l’ora: erano le sei e un quarto. “Che dormiglione che sei, Edward. Sei venuto qui solo per dormire? Io non credo; ma chi sono io per giudicare?” Di nuovo quella voce si fece sentire squarciando il suono delle cuffie, penetrandogli nelle orecchie. Gli occhi si sbarrarono. Dal letto vide di nuovo lei.


Colei di cui non ricordava il nome era di nuovo lì, seduta sul letto, che lo fissava sorridendo forse in maniera fin troppo eccessiva. La sua mano si avvicinò al suo volto e benché per lei ci fosse stato il contatto, lui non sentì nulla. Vide la mano che lo sfiorò ed una sensazione di freddo lo assalì. Con un gesto della mano lo salutò non prima di essersi alzata e svanire nel nulla. -Ehi! Aspetta!- gridò lui alzandosi in tutta fretta tentando di seguirla, ma finì con l’appoggiare le mani sulla parete della porta. -Voglio solo sapere…- Anche stavolta niente risposte, ma la prossima volta sarebbe stato pronto, sarebbe stato il primo argomento che avrebbe affrontato, senza tirarsi indietro. Le poche ore che lo separavano dalla cena le passò lì, nella sua stanza, come se tentasse di capirci qualcosa. Rimase fermo appoggiato sulla scrivania fino a quando la luce del sole non si tinse di arancio proiettando nella stanza di Edward leggere ombre sul pavimento. La fame iniziò a farsi sentire manifestandosi come continua serie di rumori dallo stomaco. -Okay, okay…ho capito, ora mi alzo…- borbottò mentre si avviava verso la porta. Appena sceso sua zia lo avvisò di una trovata geniale. -Avevo in mente di cenare fuori in verandaL’idea lo stuzzicò, lo intrigò, disegnando nel suo volto un sorriso compiaciuto. -Prendiamo un tavolinetto, la tovaglia, i piatti, le posate e portiamo tutto fuori. Che ne dici?-Bella idea, zia- rispose lui. I due indossarono i grembiuli dati dalla zia per poi dirigersi in cucina dove si aiutarono a vicenda curando ogni singolo particolare per poter rendere il momento il più speciale possibile.


Chi stendeva la pasta, chi puliva la carne, tutto svolto in perfetta sincronia a dimostrare il legame che i due avevano perso, ma ritrovato, dopo mesi di lontananza. Edward considerava la cucina come una sorta di passatempo. Tra le pentole si sentiva in pace con se stesso e maneggiare i coltelli gli dava un senso di tranquillità oltre al fatto di volersi migliorare continuamente. Più la ricetta era complicata e meglio era. Amy, malgrado la vecchiaia, si muoveva con calma tra i mobili e i fornelli. Il suo andamento lento e dondolante non intralciava; a volte il ragazzo si avvicinava sorridendo per chiederle consigli. -Hai bisogno di una mano?- gli chiedeva lei ogni tanto. -Non ti preoccupare, mangeremo splendidamente!- rispondeva lui sempre sorridendo. Passò un bel po’ di tempo prima che i timer dei forni squillassero a più non posso. I due si erano seduti al tavolo per riposare ma quando udirono il trillo si alzarono di scatto per togliere il tutto e servirlo per la cena. I piatti fumanti accrescevano l’acquolina in bocca ad ogni occhiata alle teglie. I due si guardavano con aria soddisfatta. Posarono tutto sul tavolo per apparecchiare appena fuori dalla villa. Fu Edward a portare fuori il tutto, facendo avanti e indietro dalla cucina della zia. -Io apparecchio. Tu, invece prepara i piatti, okay?-Ci penso io Venne allestito il tavolo nella piazzola all’ingresso della villa. Una tovaglia bianca e rossa venne adagiata sulla superficie. Comparvero dopo le posate, le bibite e i tovaglioli; solo il cibo arrivò per ultimo, adagiato da Amy sotto lo sguardo affamato di Edward.


-Direi che è il caso di spiegare ciò che abbiamo preparato, che ne dici?- il tono di sfida di Amy si fece sentire -Molto bene. Io ho preparato, con ciò che ho trovato tra gli scaffali e il frigo, un porzione abbondante di lasagne!- disse lui mostrando tutto l’orgoglio possibile. Mezza teglia di lasagne troneggiava al centro del tavolo. -Hai trovato la ricetta nel ricettario che ho sulla mensola, vero?La faccia di Edward divenne rossa di imbarazzo –Beh…io…I due scoppiarono a ridere. -E tu invece cos’hai preparato?- chiese lui mentre serviva le lasagne sui piatti. Amy tolse il velo posto sopra la pietanza lasciando il suo avversario con un palmo di naso. Dovette ammettere che la sua abilità nella preparazione delle lasagne non fu minimamente paragonabile a quella mostrata da sua zia nella sua pietanza. Edward dovette ammettere la sconfitta alzando le mani e scuotendo desolato la testa, nemmeno lui sapeva preparare tali squisitezze. -Hai vintoUn arrosto avvolto nelle patate sprigionò il suo profumo succulento su tutto il tavolo. L’odore prevalse sulla cucina del nipote facendolo sedere con un po’di rammarico, ma era evidente che si stava leccando i baffi all’idea di mangiarsi almeno metà arrosto. -A te il primo assaggio- disse Edward. Lei porse il piatto ed Edward gli servì una porzione di lasagne. Lei lo analizzò con cura scrutandolo da tutte le parti, poi lo assaggiò. La masticazione fu lenta. Per poter essere giudicato doveva esser assaporato da cima a fondo. Piombò il silenzio. La tensione per il giovane cuoco saliva alle stelle, il suo sudore non era per via del caldo estivo.


-Okay- concluse Amy –E’ mangiabile, è mangiabile- sorrise. Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, mangiò con calma assaporando lui stesso ciò che aveva preparato, da quando aveva finto, non si era permesso nessun assaggio. Tutto a scatola chiusa, se avesse assaggiato, la tensione sarebbe scomparsa in un soffio e non ci sarebbe stato alcun divertimento. Amy aveva ragione, era più che sufficiente. Il gusto era consistente, giusto di sale e la crosta era croccante al punto giusto. -Ora tocca all’arrosto- Esclamò Amy servendo il piatto. La pietanza non deluse le aspettative. Ciò che si mostrava alla vista era confermato dal palato. Un arrosto succulento, un vero capolavoro culinario. Anche Amy, come Edward, non aveva assaggiato niente durante la preparazione. -E dire che il sale lo sbaglio sempre. La quantità non l’azzecco mai- disse, ironico, Edward -E allora festeggiamo- esclamò Amy in un impeto di allegria, sorprendendo Edward. Vennero alzati al cielo due bicchieri di buon vino rosso al chiaro di luna, mentre le risate e i ricordi dei bei momenti riempivano il silenzio. Dopo aver riposto il tutto negli appositi sgabuzzini ognuno si ritirò nelle proprie camere vinti dal sonno. La gioia di Edward scomparve alla vista del letto. Il suo aspetto in ordine e pulito non fece cambiare la sua idea. Visioni e incubi ricorrenti lo innervosivano ma il sonno lo attanagliava e malgrado la ricerca di risposte, si infilò sotto le coperte. Il sonno si avventò su di lui proiettando un velo di oscurità, ma continuò a vagare alla ricerca delle risposte. Ogni paura svanì, la foresta si materializzò nuovamente sotto i suoi piedi.


-Bene…o la va o la spacca- esclamò stringendo i denti. L’oscurità più totale si prostrava di fronte a lui, seguito da una sensazione di freddo e solitudine, malgrado alla seconda ormai ci avesse fatto l’abitudine. La voglia ossessiva di conoscere la verità era diventata un’idea fissa a tal punto da fargli dimenticare il buio che lo circondava. -Vieni fuori!- gridò –Voglio solo parlarti, e poi me ne andròNon ci fu risposta. Solo silenzio. -EhiUna voce lo fece sobbalzare. Sembrava calma e divertita a vedere la paura di Edward; poi seguì una risata assai ironica. -Chi sei? Vieni fuoriQuella non era la voce della ragazza, poco ma sicuro. -Non nasconderti!- gridò più e più volte guardandosi intorno continuamente. La voce rise di gusto –E siaIl suono dei passi si fece sempre più vicino. Più si avvicinavano e più la paura si faceva viva dentro di lui; chiuse gli occhi. Una mano gli toccò la spalla costringendolo ad arretrare ma una seconda mano lo afferrò per le spalle -Lasciami! Lasciami!- gridava con insistenza mentre tentava di districarsi, ma la presa era troppo salda. -Apri gli occhi, codardo!Chiunque fosse sembrava quasi disgustato nel vederlo in quello stato. Con un tocco di nervosismo, Edward si tolse le mani tremanti dal volto volgendo lo sguardo dietro di sé. La figura indossava un largo cappotto nero lungo fino al polpaccio, il suo volto era coperto da un cappuccio alquanto rovinato con vari segni e tagli su i bordi, quindi per il ragazzo fu impossibile vedergli il volto. Decise di rimanere fermo: si ritrovò di fronte l’ennesima persona


armata di spada. Una borsa a tracolla bianca con ornamenti dorati gli pendeva al fianco. Al collo portava un paio di cuffie nere.


-Chi sei?- gli chiese con un filo di voce. -Non è il momento che io ti risponda- disse lui freddo. -Cos…-Sei qui per lei, giusto? Sappi che ti sta aspettando e non tollera i ritardatari. Solo nei tuoi sogni puoi trovarla. Ora ne hai l’occasione, non sprecarla-Sei un’altra sorta di mio rimpianto?- chiese tristemente. La figura misteriosa diede al ragazzo una pacca sulla spalla con un “Mph” prima di avviarsi senza una meta precisa, per poi sparire nel buio senza dare a Edward il tempo di fermarlo, lasciandolo con la mano tesa dove l’altro era scomparso. Edward tentò di scacciare dalla mente la visione di prima. Ora aveva ben altro da fare. Il prato, il cielo ed il sole comparvero nuovamente con alberi e pietre che emergevano dal terreno. Lui non poté far altro che sedersi a terra fissando il cielo nell’attesa che lei arrivasse. Non dovette attendere molto. Il suono dei suoi passi sul manto erboso si fecero sentire pochi istanti dopo seguiti dalla sua voce squillante. -Scusa il ritardo!- disse lei mimando un inchino in segno di scusa. Edward non sembrò impressionato, continuava a fissare il cielo con la sua solita faccia priva di ogni emozione –Ciao anche a tefarfugliò. Mostrare curiosità nei suoi confronti avrebbe potuto allarmarla e metterla sulla difensiva. Meglio rimanere calmi mostrando giusto un minimo di interesse. -Cosa vuoi fare oggi?-Abbiamo un bel po’ di tempo, facciamo quello che vogliamo!Esclamò entusiasta. “Bene, si va in scena” pensò lui.


Edward si alzò in piedi mostrandogli il sorriso più falso e stupido che avesse mai fatto in vita sua. Il suo sorriso prendeva almeno metà della suo faccia, mostrando ogni singolo dente. Gli occhi sembravano costretti a rimanere aperti. Partì una risata che fece gelare il sangue alla povera ragazza, questa lo fissò con aria preoccupata. -Qualcosa non va?- Disse Rylas indietreggiando. Il lato peggiore di Edward si era mostrato con il suo terrificante ghigno. I suoi passi erano lenti e dondolanti, la pesantezza con cui i piedi ricadevano a terra alzava la polvere. La schiena si era inarcata accennando una gobba. Nessuno nel suo paese conosceva questo suo lato. Nessuno avrebbe dovuto. Tutti lo vedevano come una persona che camminava solitaria per le strade di York, con il giubbotto di pelle e le cuffie, isolato dal resto del mondo. Una persona del resto tranquilla, un asociale, questo è vero, ma niente di più. Nessuno aveva mai visto quel suo lato nascosto. La mano di Edward si alzò come tirata da un filo invisibile. -Potresti d-darmi la spada? L’altra v-volta mi sono divertito taaantoLei sorrise –Ti sei divertito, eh?- Si slacciò il fodero e gli consegnò la scimitarra. Appena l’arma giunse nelle sue mani un brivido di gioia lo pervase. La farsa poteva finire lì, in fondo c’era voluto meno del previsto e la ragazza, che si credeva astuta, aveva per un istante abbassato ingenuamente la guardia. -Vediamo se sei migliorato- esclamò lei. “Ti faccio vedere io come sono migliorato” Con scatto felino, Edward avvicinò la spada al fianco per poi, con rapidità, puntarla alla gola della ragazza, ringhiando a denti


stretti. La faccia di Rylas era diventata l’impersonificazione della paura non mostrando l’intento di fare mosse avventate. -Ora mi spieghi cosa diavolo vuoi da me!- gridò Edward continuando a puntare la lama della scimitarra alla gola –Ti conviene rispondere!Rylas, immobile, sospirò. -Hai ragione, meriti di sapere. Io sono nei tuoi sogni per un motivo: se sono qui vuol dire che hanno scelto te, e che sono qui per chiederti di aiutarli a…-“Aiutarli?” “chi?” La lama della scimitarra spinse ancor di più contro la pelle facendo uscire un piccolo filo di sangue. -Devi incontrarmi nuovamente- continuò –e solo allora potrò spiegarti tutto-Dove? Dimmi dove!- La voce, dapprima abbastanza calma, aveva finito per trasformarsi in furenti grida. -Nella foresta… io ti voglio lì, nella foresta…fuori da qui, fai ciò che ti chiedo e avrai tutte le risposteLa spada cadde a terra. Edward si mise le mani nei capelli convinto che quelle parole fossero solo una miriade di bugie senza un fine logico, eppure voleva crederci, far finire quel lungo turbinio che di notte lo scuoteva senza dargli pace. Nella mano di Rylas si materializzò un oggetto sferico completamente dorato e colmo di disegni raffiguranti draghi. -Questa è una bussola magica. Con questa riuscirai a trovarmi dove voglio che avvenga l’incontroLa bussola cadde nelle mani di Edward che l’aprì. Al suo interno, un ago argentato rimaneva immobile indicando la zona di fronte a lui. “E’ solo un sogno…solo un sogno…” Continuava a ripetere nella sua testa


-Segui la bussola fino a quando non mi avrai trovataLe mani di lei lo strinsero in un forte abbraccio –Allora a presto, Edward BlackwellLui si passò le mani sul viso, ancora incredulo, e quando tornò a guardarla lei non c’era più. -Sparita…- sospirò –Aspettami, Rylas, quando sarò da te chiuderemo questa faccenda una volta per tutteRiaprì gli occhi e capì di aver sognato. Appena si alzò dal letto qualcosa cadde sul pavimento. Quando si sporse per vedere cos’era, rimase scioccato. Le mani si erano paralizzate a mezz’aria nell’atto di raccogliere qualcosa. Le dita si ritraevano fino a chiudersi nella mano. Poi, con un piccolo gesto carico di coraggio, afferrarono l’oggetto. Quando sentì il freddo dell’acciaio, un brivido lo percorse fino ai capelli. Ciò che aveva visto nel suo sogno era davanti ai suoi occhi, in tutto il suo freddo splendore. Era tutto vero. Dannatamente vero e inquietante. Rylas non era un sogno. Lei esisteva al di fuori della sua mente. Ancora incredulo trovò la forza di alzarsi trattenendo la disperazione che lo affliggeva. Il sole non era ancora sorto e la luna era già scomparsa oltre l’orizzonte. Sapeva già che il resto della notte non l’avrebbe passata dormendo. Era arrivato il momento di prepararsi per l’incontro. Da quando Edward si era alzato, camminando silenzioso per non svegliare sua zia, intento a frugare per tutta la villa alla ricerca di ciò che serviva per l’incontro. Come prima tappa decise di scendere in cucina. “Potrebbe volerci molto, meglio portare qualcosa da mangiare” pensò mentre prendeva dagli scaffali vari pacchi di biscotti e qualche scatola di bustine di the. Il ragazzo scelse come seconda tappa la soffitta. Dal corridoio


faceva capolino una scala di ferro che conduceva ad una botola posta sul soffitto. Lentamente l’aprì facendo attenzione a non farla cigolare. Appena richiuse la botola, starnutì. Sul gran numero di scatoloni posti alle pareti, la polvere si era ammucchiata formando dei gomitoli che si spostavano grazie agli spifferi tra le fessure del tetto. -Eppure dovrebbe essere qui…-Imprecò lui mentre apriva uno ad uno gli scatoloni –Quella borsa deve essere qui da qualche parteUna borsa a tracolla di pelle grande e rovinata. Questo era ciò che cercava. Ricordò che da bambino, lo zio la mostrava spesso prima di partire per uno dei suoi numerosi viaggi, fino a quando non decise di regalarla a Edward, e da allora, ogni volta che veniva a trovare Amy, era impossibile separarlo da quella borsa. L’anno scorso, prima di partire per tornare a casa, affidò la borsa alla zia in modo da non perderla, ed ora ne aveva proprio bisogno. Un tuono lo separò da quei ricordi facendolo sobbalzare. Il tempo era peggiorato annuvolando tutta la foresta, seguito dai fulmini che squarciavano il velo scuro della notte; la pioggia scrosciante batteva sul tetto come se tante pietre cadessero colpendo le tegole. “Il temporale non mi fermerà” Dopo una ricerca meticolosa tra la polvere riuscì a trovarla. Era stata gettata in un angolo e totalmente invasa dalla sporcizia, ma reggeva ancora bene malgrado il passare degli anni. Edward fu felice di riaverla al fianco. Tornò alla sua stanza e aprì alcune valigie, prese dei vestiti mettendoli alla rinfusa dentro la borsa insieme ai pacchi presi dalla cucina. Il suono del cuoio che si allargava non gli piacque, ma aveva fiducia, e questo gli bastava. Scese in salotto, prese una sedia e si accomodò alla finestra


fissando il cielo. “Aspetta ancora un po’” si disse. All’alba lui era ancora lì. Ancora seduto su quella sedia senza essersi mosso per tutto quel tempo. Non sentiva la stanchezza delle ore di sonno perse, tutto poteva aspettare, anche il sonno. Si alzò solo quando sentì i passi di sua zia che scendevano lentamente le scale; era ormai giorno fatto. Con lo sguardo assonnato, Amy, fu completamente sorpresa nel vedere Edward già sveglio. Era lì, immobile a guardarla sorridendo con quella borsa a tracolla sbucata dal nulla. -Edward…-disse –da quanto sei sveglio?Edward rispose –le cinque?sei forse…-P-perché?Non rispose. Amy non avrebbe capito. Mettere le proprie preoccupazioni sulle spalle degli altri sarebbe stato da egoisti, quindi non disse nulla. -Capisco…- ammise lei. Capiva? Come poteva? Una signora della sua età aveva ancora tutta quella lucidità per capire cosa gli stesse capitando? “incredibile” ammise dentro di sé Edward. Sapeva a malapena dei sogni e non li aveva neanche descritti, come poteva capirlo?. -Aspetta!- gridò Edward afferrando la manica della camicia da notte di Amy –Lei…ha bisogno di me…- le prime lacrime comparvero sul suo volto –ha bisogno di me…-Chi?- chiese lei. -Una ragazza…è riuscita a dirmi che…che si trova da qualche parte e…mi ha detto di andarla a cercareAmy non poteva credere a quelle parole. Una ragazza si era persa nella foresta? Strano, decisamente strano. La zona non era particolarmente estesa, e gli episodi di persone disperse


sembravano essere ormai un lontano ricordo, ma a quanto pare le leggende avevano fatto ritorno. -Possiamo chiamare la polizia o…-No!- tuonò Edward senza mollare la presa –Ha chiesto a me, e sarò io a cercarla!-Vorresti uscire con questo tempo? Sei pazzo!? – -Non posso lasciarla là!Si diresse in tutta fretta verso la sua camera dove si caricò la faretra sulla spalle, prese l’arco e tornò giu. -Farò il possibile- Disse a sua zia, ancora intenta a fissarlo incredula. Lasciata la porta, diede un’occhiata alla bussola: L’ago puntava verso la foresta. Lei ebbe appena il tempo di vederlo correre fuori e sparire tra i cespugli. -Fai attenzione- Gridò. La foresta,così calma e radiosa nelle splendide giornate estive si era trasformata in una gigantesca palude spazzata dai forti venti e dal terreno fangoso. Ma del tempo ad Edward non importava. Correva, cadeva, si rialzava. Senza una meta limitandosi a seguire la bussola lasciata da Rylas trovarla. Ma anche se ci fosse stato vicino, il ragazzo non la vedeva. La pioggia battente proiettava una sorta di velo tra gli alberi rendendo la visibilità, già scarsa, pessima. Vagava da ormai un’ora quando si accasciò ai piedi di un albero preda della stanchezza, sporco, affamato e sul punto di crollare. Ed ecco che Rylas apparve con il volto colmo di preoccupazione. “Cosa stai facendo!? Una pausa? Ti pare il momento?” Edward si tolse il fango dal viso, sorridendo –Ti ho trovata, finalmente! Lei scosse la testa mimando lo stesso gesto con il dito “No, no,


no, non sono colei che cerchi. Lei deve essere qui, da qualche parte…in mezzo alla pioggia e al fango” La ragazza scomparve nel nulla davanti ai suoi occhi. -Dove vai!? Ehi! Torna qui!- Tutto inutile, era sparita di nuovo. Non poté far altro che alzarsi ed avanzare. La stanchezza giunse di nuovo dopo due ore di intenso cammino e continue occhiate alla bussola, ormai si era attanagliata sul corpo del ragazzo rendendo meno lucida la vista e i suoi passi sempre più fiacchi nella poltiglia che era il terreno sottostante. Un piede scivolò su una zolla particolarmente instabile e molle. La caduta fu rapida e violenta. Edward rimase a terra per molti minuti, chiedendosi se tutto ciò fosse pura follia, come se stesse facendo tutto ciò senza un motivo reale, ma solo per pazzia. L’idea di trascinarsi verso la villa iniziò a non sembrare così male. Dimenticarsi il tutto, godersi quei giorni, e far finta che nulla fosse accaduto poteva essere fattibile in fondo. “Non arrenderti adesso, non ora!” Una voce familiare si fece strada tra il temporale. Già, la voce, probabilmente non gli avrebbe dato pace neanche se fosse rimasto fermo immobile a terra o fosse riuscito a tornare indietro. Sembrava una strada che più la percorreva e più si sentisse obbligato a continuare. Si ritrovò in una piana spoglia senza nessun albero dove l’ago traballava da una direzione all’altra e per Edward fu difficile capire dove dirigersi. “Ebbene mi hai trovata. Hai eseguito la mia richiesta alla perfezione. Mi scuso per l’insistenza con cui ti ho costretto a venire, ma la cosa è più grave del previsto e il tempo stringe” -Sono qui, come mi hai chiesto, perché hai bisogno di me? Cosa succede? Spiegami, ti prego!- Continuava a urlare Edward.


La parte della foresta davanti a lui sembrò muoversi come un foglio di carta in preda al vento, distorcendosi. -Ma cosa…-Non poteva credere ai suoi occhi. Dal muoversi stranamente, il paesaggio si squarciò in due aprendo un varco nella vegetazione. “Avanti, entra nel portale” -…- Rimase incredulo. Il paesaggio si era strappato lasciando al suo posto una fenditura circondata da scintille e raggi di luce che fuoriuscivano minacciosi. Si avvicinò al portale coprendosi il volto con l’unico braccio libero raggiungendo lo squarcio.




Davanti a lui c’erano il tizio incappucciato visto nel sogno ed una misteriosa donna dai lunghi capelli biondi che sembrava felice di vederlo mentre stringeva le mani in segno di speranza. Appena fu abbastanza vicino, i due al di là dello squarcio lo presero per i polsi senza dargli via di scampo. Inutili furono i tentativi di dimenarsi in preda al panico. Nella foga di dimenarsi, l’arco cadde oltre il varco. Quando anche il suo corpo vi entrò, notò che la superficie era fatta d’acqua. -Ma cos…lasciami!-gridò. I due aumentarono sempre di più la loro forza fino a quando ebbero completamente la meglio sul giovane, inghiottendo lui e tutta la sua attrezzatura.. Lo squarcio si richiuse alle sue spalle lasciandolo nella più completa oscurità. Appena oltre il varco, le due sagome,dandogli le spalle, svanirono nel buio. Edward si sentì incredibilmente solo, confuso, come se quegli eventi fossero accaduti troppo in fretta. Se lo avesse raccontato in giro sicuramente nessuno gli avrebbe creduto, prendendolo per pazzo. Il buio intorno a lui proiettava un senso di quiete. Fluttuare nel nulla più completo sembrava perfino rilassante. La calma prima della tempesta. La responsabile di questo avrebbe dovuto spiegare tutto. Una luce nel buio si fece dapprima un puntino, poi un taglio come quello che lo aveva risucchiato dentro. La luce si fece sempre più intensa fino ad accecarlo.

Continua...


Conclusione

ed eccoci giunti alla fine di questo numero! Come al solito speriamo vi sia piaciuto e mi raccomando continuate a seguirci!


Ringraziamenti Persone che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero: Caricamento sul sito: Marta Serra/ Calien Grafica e impaginazione: Claudia Santoro Recio/ Miu Illustrazioni: Marty Hyakuya/ Echo: Copertina Claudia Santoro Recio/ Miu: illustrazione iniziale Claudia Manca/ Yukimoe CM: illustrazione news e indice Alessia Tirabassi/ Cucci: Fiamma e Sparky Simone Simbula/ Akito: Fiamma gijinka Cecilia Balestri/ Ceci: Sparky gijinka Autori Manga: FrancescoNappi/ Minaca Marty Hyakuya/ Echo Ataru Moroboshi/ Ataru Elisa Neri/ Rin Autori Light-novel: Pietro Santoni/Pyras e Claudia Santoro Recio/ Miu


Phoenix Fanzine n° 6... FINE


Phoenix Fanzine vi augura buon resto dell’estate Al prossimo numero!


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