Tesi Magistrale: Da Campus Regis a Campus Ospedaliero-Universitario.

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Da Campus Regis a Campus Ospedaliero-Universitario Studio per la trasformazione degli spazi aperti dell'Azienda di Careggi a Firenze

Tesi di Laurea di

Maria Cristina Piazzese Relatore

Prof. Gabriele Paolinelli Co-relatore

Prof. Andrea Cantine Prof. Francesco Ferrini Arch. Claudia Mezzapesa

Scuola di Architettura Corso di Laurea Magistrale in Architettura del Paesaggio Anno accedemico 2019/2020



Ai miei genitori



Da Campus Regis a Campus Ospedaliero-Universitario. Studio per la trasformazione degli spazi aperti dell’Azienda di Careggi a Firenze.

Tesi di Laurea di

Maria Cristina Piazzese Relatore

Gabriele Paolinelli Co-relatore

Università degli Studi di Firenze Scuola di Architettura Corso di Laurea Magistrale in Architettura del Paesaggio A.A. 2019/20

Andrea Cantile Francesco Ferrini Claudia Mezzapesa


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Realizzare questo lavoro è stato possibile grazie al supporto di alcune persone che vorrei ringraziare. I miei genitori, che mi hanno dato l’opportunità di iniziare questo nuovo percorso e che nonostante la lontananza mi hanno sempre supportata emotivamente durante questi due anni. Giovanna e Sarah, che mi hanno spinta ad inseguire i miei sogni e che mi hanno dato i giusti consigli per sopravvivere da fuorisede. Ariane, la prima amica che ho avuto a Firenze, con cui ho condiviso esperienze e momenti meravigliosi. Alberto e Michela, i perfetti compagni di gruppo per progettazione, con cui ho stretto una profonda amicizia. Guillaume, che mi ha supportato ed aiutato nei momenti più critici e che mi ha sempre dato buoni consigli per migliorare me stessa. Grazie soprattutto per avermi trasmesso la tua calma e tranquillità quando ne avevo più bisogno. Il Prof. Gabriele Paolinelli, per aver creduto in me ed avermi spronata a dare il meglio. Claudia, per avermi accompagnata durante tutto il percorso e per tutti i consigli. I Prof. Andrea Cantile e Francesco Ferrini, per i preziosi suggerimenti.


INDICE Introduzione 1| Inquadramento generale sul tema 1.2| Spunti progettuali 2| Le trasformazioni del paesaggio attraverso i secoli 2.1| Le origini di Careggi 2.2| I cabrei dal XVII al XVIII secolo ed il XIX secolo 2.3| Careggi nel XX secolo 2.4| Oggi 3| Lo spazio aperto 3.1| Criticità 3.2| Potenzialità 4| Analisi degli strumenti urbanistici vigenti 4.1| Attuazione delle linee guida del PUMS 4.1.1| Tram 4.1.2| Passante Urbano 4.1.3| Potenziamento della viabilità esistente e parcheggi scambiatori 4.1.4 Bicipolitana

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5| Masterplan

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6| Studio del campione 6.1| Flussi 6.2| Progetto 6.2.1| Verde urbano 6.2.2| Pavimentazioni 6.2.3| Il giardino oltre il Terzolle

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Conclusioni e prospettive

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Toponomastica

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Bibliografia

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Tavole

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Introduzione



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Introduzione

Obiettivo di questo lavoro è la trasformazione dell’Azienda OspedalieroUniversitaria di Careggi in un campus. La parola campus, utilizzata con diverse accezioni a seconda del luogo e del tempo, nel 1817 viene coniata da Thomas Jefferson con il termine “villaggio accademico” per definire la nuova struttura architettonica che ha realizzato: l’Università della Virginia. Questo è il primo campus universitario, che comprende un sistema di edifici sul modello delle ville venete, in cui aule, residenze e biblioteche sono collegati tra di loro e costruiti intorno a un grande spazio aperto. Il termine campus ‹kä’mpës› s. ingl. [dal lat. campus «campo»] (pl. campuses ‹kä’mpësi∫›) è proprio delle università anglosassoni e definisce l’area e il complesso di edifici di una università e l’università stessa come entità giuridica, educativa e sociale. Attraverso lo studio dei diversi modelli su cui si ispirano i moderni campus universitari è possibile definire le linee guida per una progettazione che si basa sui principi dello sviluppo sostenibile. Il lavoro di un architetto del paesaggio tiene in considerazione molteplici aspetti tra cui la componente sociale, gli aspetti funzionali e quelli storico-paesaggistici che caratterizzano l’area di lavoro. Partendo dunque da questi tre elementi, il mio studio si incentra su una progettazione che guarda con un occhio al passato e al tempo stesso cerca di prendere delle decisioni che siano il più possibile coerente con le necessità di chi quotidianamente vive quei luoghi.



CAPITOLO 1

Inquadramento generale sul tema



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Il concetto di durata e quello apparentemente antitetico di trasformazione possono essere utilizzati per descrivere ed interpretare il concetto di paesaggio. Questo termine dal carattere polisemico si presta a molteplici interpretazioni ed usi a seconda del contesto cui viene riferito. Nella storia europea il termine è stato utilizzato a partire dal Rinascimento, in riferimento ad alcuni ambiti artistici e culturali attraverso accentuate valenze estetiche. Tra i significati più consolidati si trova quello di “paesaggio agrario” definito da Emilio Sereni nel 1961 come una stratificazione di storie e società, di arte ed economia, ma anche di sfruttamento e rivendicazioni contadine. Un paesaggio che ha ricevuto la sua forma sistematica e cosciente attraverso il ripetersi delle attività produttive. Nella cultura italiana la rappresentazione pittorica del paesaggio è stata a lungo dominata dal tema del “bel paesaggio”, rappresentato nelle tavole trecentesche per essere esaltato dalle tecniche di Leonardo da Vinci, illuminato da forti bagliori nelle opere di Tintoretto oppure impregnato di luce diafana nelle tele di Francesco Guardi. In opposizione alle caratteristiche puramente estetiche e pertinenti alla natura artistica, che hanno affidato alla rappresentazione ordinata della natura il senso del sublime fino a quello del pittoresco, si assiste ad un mutamento durante il secolo dei Lumi: il paesaggio non sarà più soltanto oggetto esclusivo di contemplazione, ma anche mezzo di indagine e apprendimento delle scienze della natura. A partire da questo modello, nel Novecento si svilupperà il concetto di “paesaggio geografico”, inteso come panorama unitario percepibile dall’occhio nell’arco dell’orizzonte. Le analisi descrittive delle conformazioni dei terreni, della presenza dei rilievi, delle condizioni climatiche e tutte le trasformazioni dei luoghi sono state considerate come esito delle modificazioni apportate nel corso del tempo dalle


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attività antropiche. Con la Convenzione Europea sul Paesaggio, tenutasi a Firenze nel 2000, si è deciso di dare una definizione univoca al termine paesaggio: «Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle persone, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni». Riflesso della società e delle trasformazioni antropiche impresse sul territorio, il paesaggio lega i lunghi tempi della geologia con quelli più brevi della storia. Il paesaggio dunque deve essere inteso come un insieme di relazioni intessute fra condizioni fisiche e geografiche, fra dinamiche sociali ed economiche, fra caratteri estetici e storici in rapporto ad elementi naturali ed antropici. La rovina e l’incuria sono un segno evidente di trascuratezza e di mancanza di senso civico che ci fa sentire parte attiva dei luoghi. Il compito di un architetto del paesaggio è riuscire a legare insieme tutte le componenti del paesaggio, attraverso strategie volte non solo al miglioramento della qualità ambientale del luogo, ma anche all’inclusione sociale che permette ai fruitori di riappropriarsi dello spazio. Questo lavoro di ricerca pone le sue basi su un’approfondita analisi che riguarda le caratteristiche intrinseche del luogo e degli attori che quotidianamente o sporadicamente lo vivono. Careggi è una struttura ospedaliera che ospita la facoltà di medicina e si trova a Nord di Firenze. Numerose sono le potenzialità di questo luogo, immerso nelle colline fiorentine e costeggiato ad Ovest dal torrente Terzolle. Il progetto è il risultato di uno studio che comprende più campi semantici: in primo luogo le trasformazioni di Careggi attraverso i secoli, con la lettura dei cabrei, delle carte storiche e delle ortofoto. Dopo aver analizzato la componente storica ed aver compreso le dinamiche che hanno portato alla configurazione attuale, ho preso in considerazione i Piani ed i Programmi vigenti, tra cui il P.U.M.S. (Piano Urbanistico per la Mobilità Sostenibile). Questo strumento mi ha permesso di leggere le possibili trasformazioni della mobilità e di analizzarne i pro e i contro. Infine ho categorizzato ed analizzato gli spazi aperti all’interno dell’area di studio, questa analisi qualitativa e quantitativa mi ha consentito di delineare gli obiettivi alla base del masterplan. Lo studio di tutti questi elementi rende possibile la valorizzazione del

DTM orografico del paesaggio intorno a Firenze


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carattere paesaggistico che connota Careggi e il potenziamento delle sue caratteristiche, attraverso strategie per l’implementazione di aree verdi e spazi aperti sostenibili.


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1.2 Spunti progettuali

University Hospital Brussels OMGEVING Landscape Architecture Brussels, 2012

Dopo aver introdotto il termine campus e aver definito a grandi linee il suo significato, è necessario studiare il modo in cui vengono progettati gli spazi aperti in relazione alla tematica del Campus Universitario Ospedaliero. Questo lavoro permette di evidenziare i punti di forza e debolezza dei progetti, non necessariamente copiando pedissequamente un progetto, ma ricordandosi di tener sempre in considerazione il contesto culturale e paesaggistico in cui viene realizzato. Di seguito sono riportati alcuni esempi di Campus, che hanno funto da spunti progettuali. Il primo esempio è l’Ospedale Universitario di Bruxelles, progettato dallo studio di architettura del paesaggio OMGEVING e che nel 2012 si è deciso di espandere e rinnovare il campus universitario. L’obiettivo era quello di migliorare le connessioni del campus attraverso un’organizzazione sostenibile, modellando lo spazio per creare spazi ricreativi e di socializzazione. Il progetto prevedeva: - una zona di contatto centrale che oggi collega le funzioni principali e consente a dipendenti e visitatori di spostarsi in sicurezza; - una griglia di alberi allineati agli edifici, alle strade e ai parcheggi. Ritagli casuali nella griglia degli alberi forniscono spazi aperti e soleggiati; - una limitazione del traffico automobilistico ai bordi del campus, la cui diretta conseguenza è stata quella della creazione di due parcheggi. Ciò sottolinea un impegno nella creazione di due parcheggi separati sia per i visitatori che per i dipendenti; - la creazione di diversi giardini accanto agli edifici che caratterizzano gli spazi a seconda del diverso tipo di unità di ricerca. I giardini tematici creano un’atmosfera pacifica e diversificata dentro e intorno l’ospedale. All’ingresso principale dell’ospedale è stato creato un piazzale spazioso, con vegetazione e un parcheggio per i visitatori, inoltre è stata creata una lunga tettoia in acciaio che collega l’ingresso con il pronto soccorso. Da un piccolo spazio inutilizzato – adiacente all’entrata principale – è stato ricavato un piccolo giardino in cui visitatori, personale sanitario e utenti possono passeggiare e pranzare in mezzo alle piante fiorite.


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Il secondo esempio è il Novartis Campus, realizzato dallo studio di architetti paesaggisti PWP a Basilea in Svizzera e completato nel 2007. Il progetto prevedeva la trasformazione di un sito di 51 acri accanto al fiume Reno da paesaggio industriale, costeggiato da vecchi binari ferroviari, in un campus di ricerca in gran parte pedonale. La progettazione e la costruzione degli edifici si sono basate su elevati standard ambientali, che prevedevano l’uso a basso consumo energetico, piantagioni autoctone, deflusso delle acque e realizzazione di tetti verdi. Il paesaggio era stato gravemente degradato dai suoli inquinati, le infrastrutture sotterranee riempivano gli spazi aperti tra gli edifici. L’architetto paesaggista ha guidato un team composto da professionisti di tutte le discipline per trasformare l’intera area in un campus adatto ad una comunità ed ecosostenibile. La prima parte del progetto prevedeva la rimozione del suolo tossico e la sostituzione con del suolo proveniente da aree limitrofe. La perfetta riuscita degli intenti progettuali è possibile riscontrarla negli spazi aperti che vengono utilizzati dai dipendenti per il pranzo, il riposo, il passaggio e la partecipazione agli eventi. Questi luoghi infatti sono sfruttati per diversi tipi di attività e cambiano in base alle stagioni. Inoltre, essendo Basilea una delle principali capitali d’arte del mondo, gli utenti si trovano a passeggiare in una galleria all’aperto di installazioni d’arte. Uno spazio particolarmente importante è la piazza del Foro, modellata su una piazza storica per onorare le radici di Basilea. È una piazza in pietra centrata su un boschetto di trentacinque querce, utilizzate per definire gli spazi comuni e sacri, queste infatti sono una specie simbolica per le popolazioni celtiche che vivevano nella città. il cortile dell’edificio della sede centrale è stato progettato come luogo per riunioni informali, pranzi di gruppo ed eventi aziendali. Un lungo specchio d’acqua è circondato da betulle himalayane, queste sono pavimentate con granito frantumato e decomposto che permette all’acqua di filtrare nel sottosuolo. I percorsi sono creati attraverso lastre di marmo bianco che uniscono i vari ingressi degli edifici. Sono state applicate nel progetto scelte attraverso cui ridurre il consumo energetico complessivo del campus, ridurre e riutilizzare il deflusso delle acque piovane ed utilizzare prodotti locali. Per ridurre al minimo le esigenze di irrigazione sono state utilizzate querce autoctone; le piantagioni di tetti verdi fungono da isolanti per edifici e riduttori di acqua piovana; la roccia del fiume è stata utilizzata per filtrare il particolato dall’acqua piovana; i materiali esistenti sono stati riciclati e utilizzati come componente del suolo strutturale sotto la pavimentazione del Foro. Il terzo esempio è il Magneten Sensory Garden, progettato dal team Al Gruppen a Frederiksberg in Danimarca nel 2015. Il progetto prevede la

Novartis Headquarters – Forum PWP Landscape Architecture Basilea, 2007


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Magneten Sensory Gardenby Al Gruppen Frederiksberg, 2015

realizzazione di un giardino sopraelevato e schermato che funge da oasi verde per persone con bisogni speciali: uno spazio ridotto, un giardino che offre una stimolazione sensoriale attentamente progettata per i bisogni degli utenti. Questo spazio fornisce cure per adulti con disabilità fisiche e mentali. La particolarità del progetto sta nella presenza di aree in cui è possibile fare delle sessioni individuali, spazi più grandi per attività di gruppo e aree per attività fisiche. Una parte importante del progetto si basa sulla limitazione strategica degli input sensoriali: troppe impressioni rendono impossibile agli utenti di provare qualsiasi cosa, ma uno spazio calmo e controllato può fornire un’unica impressione sensoriale specifica. L’idea di realizzare un giardino sopra un ponte nasce dalla mancanza di spazio all’interno della città di Copenaghen, per questo si è pensato di sfruttare lo spazio sottostante come parcheggio, riuscendo così a conciliare la richiesta di un giardino e di un parcheggio per gli utenti e i dipendenti. Il giardino è composto da tre aree: un orto, un bonfire garden e un giardino fiorito. I tre giardini sono di dimensioni variabili e ognuno stimola sensi diversi. Nel primo è presente una serra, intorno a questa vi sono ortaggi, alberi, alberi da frutto e cespugli che producono alimenti edibili. Il bonfire garden e la serra costituiscono i due punti di raccolta e svolgono un ruolo importante nelle attività invernali. La serra comunque ha bisogno di cure costanti per la semina (individuale), il diserbo (in gruppo) o più semplicemente per assaggiare i frutti maturi. Nel secondo gli utenti possono partecipare ad una conversazione e sentire l’odore del legno. Il terzo invece è l’area più intima, in cui rigogliose piantagioni sprigionano un ricco assortimento di colori ed odori per stimolare i sensi. Queste caratteristiche cambiano in base alle stagioni. Quando si arriva al parcheggio, il giardino sopraelevato si eleva sopra la superficie asfaltata: i pilastri e la schermata si intrecciano con gli alberi del parco vicino, creando così uno spazio continuo con il paesaggio circostante.


CAPITOLO 2

Le trasformazioni del paesaggio attraverso i secoli



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Il paesaggio attuale che connota Careggi ha subito durante il corso dei secoli delle trasformazioni, che hanno portato inevitabilmente alla perdita delle caratteristiche peculiari di paesaggio agrario. Questo capitolo si pone come scopo quello di indagare, attraverso fonti scritte, iconografiche e cartografiche, chi ha influito su questi cambiamenti e perché. La definizione di paesaggio agrario cui si fa riferimento e su cui si pongono le basi di questo lavoro è quella di Emilio Sereni, secondo cui il termine denota «quella forma che l’uomo, nel corso ed ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale» (Sereni, 1961, p.29). Tuttavia lo studioso afferma anche che non è possibile applicare la succitata definizione al nostro paese, se non con riferimento ad età anteriori a quella della colonizzazione greca e del sinecismo etrusco. Infatti, a causa della saltuarietà che contraddistingue le culture italiane, esiste un impedimento affinché la forma assuma una sua sistematica stabilità e consistenza. Il lavoro di ricerca pone le sue basi su un solido studio dei cambiamenti che si sono avvicendati nel corso dei secoli fino ai tempi moderni. Attraverso lo studio delle fonti cartografiche è stato possibile integrare le nozioni apprese durante la lettura dei volumi sulla storia dell’area di Careggi. Essendo questo lo stato dell’arte, mi sono interrogata su quale potesse essere il migliore strumento da usare per scoprire quali colture si fossero susseguite nel corso dei secoli, giungendo alla conclusione che il più autorevole sarebbe stato il cabreo. Attraverso l’utilizzo di questo strumento, che mi ha permesso di scoprire quali fossero gli

Veduta della Villa di Careggi Giovannozzo Giovannozzi, 1696


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La Real Villa di Careggi G. Zocchi, 1744

usi del suolo nell’età medievale, mi è stato possibile ricostruire la suddivisione dei terreni agricoli. Il cabreo costituisce un documento a carattere privato che contiene un elenco di beni appartenenti a grandi amministrazioni ecclesiastiche o signorili. In Toscana i più antichi risalgono al XVI-XVII secolo. Sono costituiti da una parte figurativa e da una descrittiva dei singoli appezzamenti di ogni podere o unità colturale, con indicazioni relative ai tipi di coltivazione e agli edifici (case, mulini, stalle etc.). Grazie ad essi è possibile infatti rilevare la parte estimativa dei terreni: l’indicazione degli edifici e delle coltivazioni arboree, che comprendevano anche le superfici destinate alle coltivazioni erbacee, rappresentano i capitali immobilizzati nel fondo. I cabrei utilizzati – Pianta di tutti i poderi che sono attorno al Palazzo in una sola tenuta e Pianta della Fattoria di Careggi – interessano il periodo che intercorre tra il XVII sec. e la fine del XVIII sec. Grazie ad essi è stato possibile effettuare una lettura delle trame agricole e della divisione interna dei poderi. È importante sottolineare che il secondo cabreo, avendo finalità amministrative con dettagli di carattere fisico (morfologia dei terreni montuosi), non rappresenta le destinazioni d’uso del suolo. La mancanza di queste informazioni può essere compensata dai dati presenti nel cabreo Pianta generale della Real Villa di Careggi realizzato tra il 1770 e il 1780, in cui si leggono sia le trame agricole e le diverse destinazioni d’uso, sia la divisione dei poderi. Tra il 1896 e il 1897 viene eseguito il rilievo di Firenze dall’Istituto Geografico Militare, restituito nella carta Firenze e dintorni. In questa vengono segnate le planimetrie degli edifici, le destinazioni d’uso del suolo – la maggior parte dei terreni erano vigneti – le strade principali e quelle secondarie che dividono i poderi ed i toponimi. Podere il Moro e Podere il Signore sono alcuni dei toponimi che si ripetono e persistono a distanza di cento anni. Alla Villa Medicea inoltre viene attribuito un secondo nome “Sloane” in riferimento al proprietario di quell’epoca. La minuziosità dei dettagli nell’area antistante la villa, rende possibile la lettura del giardino e dei viali che dalla strada principale conducevano all’interno della proprietà. Il grande salto temporale di un secolo tra cabrei e carta dell’IGM è dovuta ad uno strappo all’interno del Catasto lorenese (1776-1834) in corrispondenza dell’area di Careggi. Il XX sec. dal punto di vista cartografico è quello più proficuo in termini di quantità del materiale: le attrezzature iniziano a svilupparsi e a diventare sempre più precise. Tra i documenti consultati dei primi del ‘900 vi è la Planimetria dello Spedale da costruirsi nella Tenuta di CAREGGI, in cui


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viene raffigurato il progetto, mai realizzato, per l’Arcispedale di Santa Maria Nuova. I rilevamenti aerofotogrammetrici del 1923, ’36 e ’54 mostrano la progressiva diminuzione delle aree a coltura che lasciano il posto ai padiglioni ospedalieri. In particolare nella carta topografica del 1978 non viene segnalata la presenza di alberature per dare maggior rilievo alle costruzioni edilizie. Le ultime due ortofoto, rispettivamente del 1996 e 2020, concludono il processo di edificazione e sottolineano il deturpamento del paesaggio agrario fiorentino. Ad oggi l’intera area ospedaliera sembra aver perso completamente il contatto con le aree agricole limitrofe, che invece per tanti secoli hanno caratterizzato il suo aspetto. Gli unici due elementi che hanno mantenuto la loro costanza nel tempo sono il torrente Terzolle ed i viali alberati, presenti dal cabreo del Giovannozzo fino all’ortofoto di oggi.

Veduta della zona di Careggi Alinari, 1890


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2.1 Le origini di Careggi

La villa di Careggi F. Furini, 1638-42 Palazzo Pitti, Firenze

L’area collinare di Careggi costeggiata dal torrente Terzolle è stata da sempre considerata un luogo particolarmente salubre tanto da essere scelta come sede di un ospedale sin dal 1218, periodo in cui i monaci di Altopascio fondarono l’ospizio del Pellegrino, come citato nel libro di Katia Manetti. Fu sede di numerose ville i cui nuclei di fondazione risalgono al XV secolo, tra cui: Villa la Quiete, Villa Lemmi e la Villa Medicea, che ai tempi di Lorenzo il Magnifico ospitò l’Accademia Platonica. Nel 1417 Giovanni di Bicci dei Medici acquista da Tommaso Lippi un palazzo per i figli Cosimo e Lorenzo attorno al quale era presente una corte, una loggia, un pozzo, una cantina, una cappella, una stalla, una colombaria, una torre e un orto murato. Vicino, inoltre, erano presenti due case da lavoratore con terre lavorate a vigne, olivi, alberi da frutto situati nella zona di Santo Stefano in Pane. Successivamente vennero acquistate case e terreni nei dintorni di Careggi, creando così un’estesa fattoria. Alla morte di Giovanni di Bicci furono necessari lavori di ampliamento e risistemazione della villa, che saranno curati da Michelozzo. I lavori vennero svolti in due fasi: la prima ebbe come obiettivo tutto l’edificio, la seconda invece la costruzione delle due logge al piano terra nel lato ovest. A metà del Quattrocento, su incarico di Cosimo de Medici viene fondata l’Accademia Neoplatonica da Marsilio Ficino. In breve l’Accademia divenne un ritrovo di artisti, filosofi, umanisti e letterati dell’epoca, il cui obiettivo era quello di emulare l’antica accademia ateniese di Platone. Tra gli esponenti principali si annoverano Cristoforo Landino, Bartolomea Scala, Agnolo Poliziano, Leon Battista Alberti, Giovanni Pico della Mirandola ed anche membri della famiglia medicea come Lorenzo il Magnifico e Giuliano de Medici. Nel 1492 muore Lorenzo il Magnifico e vengono redatti due inventari, nei quali la proprietà viene descritta sottolineando la separazione tra il palagio vero e proprio, destinato alla vita familiare e una costruzione adiacente adibita ai diversi servizi. Nel mezzo un ampio cortile scoperto fungeva da cerniera tra il palagio e l’ingresso principale su strada che conduceva da Firenze a Castello. Sul lato a Sud del palazzo si estendeva l’orto, in cui specie vegetali ornamentali condividevano lo spazio con alberi da frutto e spezie. La villa e il giardino erano organizzati secondo i precetti albertiani del “giardino suburbano” in cui non potevano mancare «prati fioriti, campagne soleggiate, boschi ombrosi e fresche sorgenti e ruscelli limpidissimi, specchi d’acqua


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ove bagnarsi» (Galletto, 2018, p.35). Nella fattoria di Careggi le vigne e i frutteti si fondono con le aree ornamentali, seguendo criteri di armonia ed equilibrio del De agricoltura vulgare di Crescenzi. Al primo piano la loggetta diventa un elemento di rottura che domina le due parti del giardino il prato e l’hortus, cercando contemporaneamente un rapporto con il paesaggio circostante verso il Terzolle. Durante il corso del Cinquecento la villa è soggetta a diversi passaggi di proprietà. Nel 1503 alla morte di Piero, figlio maggiore di Lorenzo il Magnifico, la villa passa a Giovanni dei Medici, divenuto poi papa Leone X. Pochi anni più tardi la villa divenne proprietà di Giulio de’ Medici, figlio di Giuliano, e divenuto papa Clemente VII. A seguito di un incendio furono eseguiti lavori di ristrutturazione e modifica. Nel 1566 Cosimo dei Medici, duca di Firenze e Siena, fa realizzare un inventario dei beni, attraverso cui Careggi viene descritto come un palazzo in cui figurano un giardino, due prati e altre appartenenze. Tre anni dopo la villa è ereditata da Don Pietro, figlio di Cosimo, che alla sua morte la donerà a Ferdinando I.


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2.2 I cabrei dal XVII al XVIII secolo e il XIX secolo

Agli inizi del Seicento don Carlo, figlio di Ferdinando I, eredita i beni di Careggi. Egli, dopo esser divenuto cardinale, volge le sue attenzioni alla villa, rinnovando sia l’edificio che il giardino. Appassionato di arboricoltura, si fece mandare da ogni parte del mondo piante, fiori e tuberi per arricchire la collezione botanica all’interno del giardino. La villa venne ammodernata da Giulio Parigi, che nello stesso periodo lavorava all’ampliamento del Giardino di Boboli. L’impianto idraulico della villa e del giardino subirono variazioni e restauri, vennero creati una ragnaia nel giardino e delle uccellare, in quanto il cardinale era appassionato di caccia. Infine si ampliò l’orto e venne realizzato uno stanzone per riporre i vasi. Careggi divenne così luogo di svago, feste e villeggiatura. Queste innovazioni sono rappresentate nell’affresco di Francesco Furini, realizzato nel 1638, che ad oggi si trova nella Sala degli Argenti di Palazzo Pitti. Nel 1666 il giardino e gli altri beni della villa diventano di proprietà di Cosimo III, pronipote del cardinale, che inizia le prime sperimentazioni botaniche, al tradizionale interesse per gli agrumi si affiancano anche interessi per la cosmesi e medicinali. Molti riferimenti a questi interessi botanici sono rappresentati sia tra le colture dell’Ortaccio sia tra le immagini di Bartolomeo Bimbi, ancora presenti all’interno della villa. Alla fine del XVII secolo viene realizzato un cabreo dall’ingegnere e agrimensore Giovannozzo Giovannozzi in cui vengono rappresentati i poderi che compongono la fattoria di Careggi. È possibile

Pianta di tutti i poderi Giovannozzo Giovannozzi, 1696


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delineare l’uso e la sistemazione del suolo, in parte boschivo ed in parte ad ulivi, viti ed alberi da frutto, la suddivisione interna degli appezzamenti di ciascun podere, ognuno dei quali presenta al suo interno strade alberate, i fossi di scolo e la dislocazione degli edifici, raffigurati in due dimensioni. Il palazzo di Careggi nuovo si trova al centro dell’intera proprietà, non lontano dal palazzo e dal podere di Careggi vecchio. Il giardino della villa è suddiviso nel grande giardino murato del giardino di mezzogiorno, nel margine occidentale vi sono disposti il prato delle Sirena, il prato di Ponente e il giardino sperimentale, chiamato Ortaccio su cui si affaccia la casa del giardiniere. La fattoria si estende lungo il torrente Tezolle e confina con i beni del sig. Francesco Doni, con i beni dei PP. della Nunziata, con il podere della Fonde del sig. Ugolini, la proprietà Paperini Pini, i beni della Chiesa di S. Piero a Careggi, i beni del conte Bentivogli e con i bene del conte Salviati. Fa parte della fattoria anche il mulino chiamato “Mulino del fattoio ad acqua” che si trova lungo il Terzolle in prossimità del Terzollina. Nel 1737 muore Giangastone, ultimo membro della famiglia dei Medici, evento che preannuncia l’ascesa della casa dei Lorenza alla guida del Granducato di Toscana. Alcuni anni più tardi Giuseppe Zocchi realizza una vista della villa di Careggi dal Terzolle, con il grande stanzone dei vasi in primo piano chiuso dal giardino recintato da un alto muro. Tuttavia al contrario di ciò che viene raffigurato da Zocchi, la villa viene descritta in progressivo stato di deterioramento e abbandono. Alla fine del Settecento vengono rappresentati due cabrei che mostrano ancora una volta la divisione interna della fattoria di Careggi. Nella Pianta generale della Real Villa di Careggi vi è rappresentata la divisione dei poderi e le trame agricole, da cui si evince la destinazione d’uso del suolo, interamente coltivato a seminativi arborati. Sono indicate inoltre le piante degli edifici e il disegno del giardino antistante la villa. Accanto al palazzo sono stati inseriti la villa del fattore, del giardiniere e i vari servizi. Nella Pianta della fattoria di Careggi viene rappresentato in modo piuttosto schematico la divisione dei poderi, riprodotti con linee geometriche senza alcun riferimento al tipo di coltura e riportando la denominazione dei singoli poderi che compongono

Pianta della fattoria di Careggi Anonimo, fine 1700


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Particolare FIRENZE E DINTORNI IGM, 1896-97

la fattoria. Gli edifici si trovano lungo la strada che porta a Firenze, così come il casale del podere del Condotto. In questa strada convergono la via che va alla Chiesa e la via Erbosa. Di pertinenza della fattoria è la vasta estensione boschiva a “palina”, al confine con il podere dei tra Cammini – di proprietà del cavaliere Ambra, il podere di Monte Piano – di proprietà dei PP. della Nunziata – il podere di Belvedere – di proprietà di Albizini e il podere di Terzollina. Così come gli appezzamenti boschivi riportati in alto che prendono il nome di “bosco da fuoco del Gaetani” al confine con il podere del Pino – di proprietà del Gaetani - e con il podere di Monte Piano. In pianta sono indicati anche i beni del Mulino, posti in prossimità della confluenza del Terzollina al confine con la chiesa di Serpiolle, i beni Grazini e delle Monache di Boldrone. Nel 1848 la villa viene acquistata da Francis Joseph Sloane, personaggio di origini inglese e protagonista della vita intellettuale della Firenze del suo tempo. Appassionato di botanica, divenne uno dei soci della miniera di cuprite di Camporciano presso Montecatini Val di Cecina. Le ricchezze accumulate con l’attività mineraria gli consentirono l’acquisto della fattoria di Careggi e lo portarono a contraddistinguersi tra i filantropi più generosi di Firenze. Decise di trasformare l’antica villa medicea in una dimora consona ad un ricco borghese: fece realizzare un nuovo giardino formale davanti alla limonaia e il nuovo atrio d’ingresso venne definito da un’architettura del tardo barocco. Nel vecchio giardino furono realizzate delle vasche e nuove pavimentazioni accompagnate da piante rare ed esotiche. Il complesso venne recintato da un anello verde secondo gli schemi irregolari del giardino all’inglese, inoltre fu ampliato il piazzale d’ingresso. Contemporaneamente ai lavori nella villa medicea, acquistò ville e immobili attorno a Careggi per rinnovarli e affittarli agli stranieri che soggiornavano a Firenze. Tra queste vengono annoverate villa Le Lepricine a Serpiolle, villa Le Fontanelle a Careggi di Sotto, villa Montepiano in via dei Massoni, villa della Ballodole e Il Peruzzo. Alla morte Sloane, in assenza di eredi, lascia tutto a August Buturlin, bambino di sette anni e figlio del suo caro amico Dmitrij. Durante questo periodo si registrano solo interventi di manutenzione ordinaria con cure particolare al giardino. I giardinieri


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Vincenzo Sodini e Niccolò Badassini si distinsero per la cura delle nuove varietà di rododendri e azalee coltivate nel giardino. In una mappatura dell’IGM del 1869 vengono riportate le sequenze di tutti i terreni e i due antichi percorsi, uno longitudinale e l’altro trasversale, che costituivano il principio ordinatore del giardino quattrocentesco e che collegava la villa al più ampio contesto rurale. Il viottolone sul torrente Terzolle in origine doveva accentuare il distacco tra gli spazi dell’abitazione e quelli rurali.


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2.3 Careggi nel XX secolo

FIRENZE E DINTORNI IGM, 1923

Agli inizi del Novecento la villa venne ceduta a Carlo Segrè, giornalista e professore di letteratura che trovò in Careggi un ambiente ideale per isolarsi e scrivere. Fu anche un collezionista di mappe del XVII secolo raffiguranti i possessi di Careggi esposti durante la Mostra del Giardino italiano del 1931. Alla morte di Segrè, la moglie vende la villa, i fabbricati annessi e il parco all’Arcispedale di Santa Maria Nuova. Alcuni anni prima, nel 1902, attraverso la Delibera del 14 Giugno si diede l’avvio al progetto di costruzione di un nuovo ospedale fuori città, approvato dal Consiglio di Amministrazione dell’Arcispedale di Santa Maria Nuova. Il primo progetto di massima venne stilato con la Delibera del 1907 e venne individuata l’area tra il Romito e Rifredi ad est del Torrente Terzolle. Dopo l’acquisto dei terreni di proprietà della famiglia Boutorline-Misciatelli il progetto generale dell’Ospedale fu presentato all’Esposizione Internazionale di Torino nel 1911, aggiudicandosi il diploma d’onore da parte della giuria grazie agli innovativi aspetti tecnologici-progettistici. Nel 1912 venne adottato il sistema a padiglioni, affermatosi nell’edilizia ospedaliera a partire dalla metà dell’Ottocento, dal capo del progetto l’ingegnere Italo Guidi. Questo tipo di composizione permette una complementarietà tra gli spazi che allo stesso tempo rimangono divisi, inoltre gli spazi aperti sono interconnessi grazie ad una rete continua. L’ingegnere capo ultimò il piano regolatore della futura area ospedaliera, il primo di una serie che con gli aggiornamenti si è protratto fino ai nostri giorni. Un anno più tardi si è avviata una collaborazione tra l’Università e l’Arcispedale per riunire le proposte per un nuovo insediamento sanitario. Con la Prima Guerra Mondiale l’Ospedale, oltre ad accogliere malati, soldati feriti e profughi, continuò a sviluppare la sua struttura grazie alla


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manodopera dei prigionieri di guerra. Inoltre lo sfruttamento dei poderi della Tenuta di Careggi, fornendo prodotti agricoli e caseari, consentirono all’Ospedale di autosostenersi nel periodo bellico e nei decenni successivi. Gli anni Trenta rappresenteranno una fase essenziale nello sviluppo edilizio con il miglioramento del servizio assistenziale ai malati e le suore che, trasferitesi nella Scuola Convitto per Infermiere, portarono parte del patrimonio mobile e storico-artistico accumulato nel corso dei secoli. Pochi anni più tardi si costruì un nuovo convento per ospitare i frati Cappuccini e furono completati alcuni edifici di rilevanza storica come Villa Monna Tessa, la Biblioteca, le Cliniche universitarie, San Luca ed altri ancora. Nel 1940 l’Italia entra nella seconda Guerra Mondiale e la Croce Rossa di Firenze realizza a Santa Maria Nuova un ospedale nei locali del padiglione chirurgico lasciati liberi per il trasferimento di questa specializzazione a Careggi. Tre anni più tardi il comando delle forze armate tedesche requisisce l’Istituto Regina Elena per encefalitici presso Quinto, nel comune di Sesto Fiorentino ed adibirlo ad ospedale militare per aviatori tedeschi. Nel 1944 inizia l’occupazione tedesca di Careggi, che dura solo pochi mesi in quanto a nel settembre dello stesso anno le truppe alleate entrano nell’ospedale, istituendo il Publich Health Offices Florence comandato dal Maggiore R.O. Hume. Alla fine dell’anno ai vertici della dirigenza dell’Arcispedale si istituisce la Commissione Sanitaria Straordinaria con il compito di esaminare, verificare e riportare le condizioni degli edifici sanitari in tutte le loro necessità pratico-funzionali e medico-sanitarie. Nel secondo dopoguerra, grazie ai risarcimenti dei danni subiti, si completarono alcune strutture come l’Istituto Anatomico. Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta l’architetto Detti si occupò di riprogettare gli spazi, intensificando l’attività edilizia. A seguito delle riforme sanitarie, alla fine degli anni Settanta, Careggi e il CTO si separarono da Santa Maria Nuova, diventando nel corso degli anni Novanta l’Azienda OspedalieroUniversitaria.

FIRENZE IGM, 1936


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2.4 Oggi

Nel 2003, a seguito di un accordo tra le Aziende Ospedaliere di Careggi e l’Università, il consiglio comunale ha deliberato l’approvazione del Piano Unitario. Tale piano rappresenta lo strumento urbanistico attuativo per il rinnovamento dell’area di Careggi. Dal 2013 ad oggi l’area appartiene alla Regione Toscana che si sta impegnando per la ristrutturazione dell’intero complesso. Dal punto di vista paesaggistico la struttura a padiglioni propria dell’area interna all’ospedale è una buona base di partenza per realizzare un campus con l’accezione moderna e secondo i criteri di sostenibilità ambientale ed ecologica. Questa infatti permette di creare non solo percorsi continui per pedoni ma anche spazi verdi connessi tra di loro, per permettere agli utenti di poter usufruire degli spazi in modo sicuro.


33 VOLO GAI IGM, 1954

Carta topografica d’Italia alla scala 1:25000 IGM, 1978

Ortofoto IGM, 1996

Ortofoto 2020



CAPITOLO 3

Lo spazio aperto



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“Cosa è lo spazio?” o meglio “cosa è per me lo spazio?”. Con la seconda domanda la risposta si indirizza verso un tipo di riflessione soggettiva, pregna degli studi affrontati fino ad ora. Cercherò dunque di dare una prima risposta, che appartiene al mio bagaglio culturale per metterla poi in relazione al pensiero di professori e studiosi della materia. Secondo me lo spazio è quella cosa che mi circonda, si espande, mi illumina ed al tempo stesso è pieno di oscurità, ma soprattutto è vuoto. Lo spazio aperto è tutto ciò che non è un edificio. Si potrebbe dire che a volte è come l’aria, trasparente, infinito, altre volte invece vi sono delle presenze che rendono questo spazio ostico, duro e impenetrabile. La forma degli spazi aperti dipende dalla relazione che intesse con gli oggetti circostanti, dunque può essere delimitato, ritagliato e a seconda del modo di vivere prende forme diverse. Allora lo spazio diventa un materiale che può essere plasmato a seconda della sua funzione. A favore della mia tesi riporto alcune parole del filosofo Merleau Ponty tratte dal libro Fenomenologia della percezione «lo spazio non è l’ambito in cui le cose si dispongono, ma il mezzo in virtù del quale diviene possibile la posizione delle cose. Ciò equivale a dire che anziché immaginare lo spazio come una specie di etere nel quale sono immerse tutte le cose o concepirlo astrattamente come un carattere che sia comune ad esse, noi dobbiamo pensarlo come la potenza universale delle sue connessioni». Sono due le concezioni di spazio che si sono affermate in occidente: una è rappresentata da uno spazio omogeneo su cui agiscono forze esterne, l’altra è uno spazio in cui vi sono forze che agiscono dall’interno. La prima


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è la visione delle amministrazioni, la seconda è più simile alla percezione quotidiana del singolo fruitore. Nel corso dei secoli si trasforma il modo di pensare e progettare gli spazi aperti; nell’Ottocento, per esempio, si inizia a pensare in modo più sistematico all’articolazione delle città, sono caratterizzate da strutture a griglia, reticolati ortogonali infiniti che creano un nuovo ordine, portano igiene e contribuiscono a rafforzare il controllo militare delle città. Per l’uomo delle società moderne gli spazi non sono più omogenei, presentano fratture e le parti sono qualitativamente differenziate tra di loro. Nell’immaginario romantico il genius loci prende possesso di un luogo e vi rimane fin quando riesce a trovare un equilibrio tra civiltà e i segni di una civiltà che sono diventati parte del suo essere. Questa figura può essere interpretata come una forza innovativa capace di reinventare il territorio urbano contemporaneo e capace di far dialogare soggetti diversi tra loro. Alexander Pope spronava i suoi contemporanei a guardare la natura, ad interrogare il genio del luogo per costruire un paesaggio “naturale” per l’aristocrazia settecentesca. Queste idee tanto travolgenti di natura modellata vengono accolte e riadattate nella costruzione dei parchi e dei giardini nelle città borghesi ottocentesche. Nella città contemporanea, soggetta a continue trasformazioni, si scontrano le visioni generali dall’alto e le pratiche vissute dal basso: la costruzione di un paesaggio nel quotidiano diventa estremamente difficile. La scorretta interpretazione di “bene pubblico” insieme all’affermazione del movimento cittadino impegnato a favore del “bene comune” mettono in atto una vera e propria sfida: riuscire a orientare i processi di rigenerazione di insediamenti urbani verso una prospettiva capace di avvalersi delle forme di cittadinanza attiva e di responsabilizzazione collettiva. Uno degli obiettivi che si prefigge questo lavoro è quello di reinventare i luoghi minori. La mancanza di qualità paesaggistica in alcune tipologie di spazio aperto urbano deriva dall’applicazione di una progettualità inconsapevole o meno capace di far fronte ai bisogni della collettività. In questo senso i vuoti minori sono spazi generati da cattivi progetti, in cui non esiste una sensibilità applicata alla scala del dettaglio. Parcheggi completamente asfaltati, aree di sosta qualitativamente scadenti sono tutti luoghi trattati come superfici di scarto e non pensati come occasioni di fare paesaggio urbano. Nel caso dell’area di Careggi, molti sono gli spazi inutilizzati che possono essere riorganizzati e recuperati come tessere funzionali di un unico paesaggio omogeneo. Una proposta è la possibilità di utilizzi plurimi e coesistenti per il fatto che, attuando diverse attività in tempi differenti, i vuoti minori possono essere riconvertiti in una grande risorsa urbana. In alternativa è possibile creare eventi temporanei che promuovono forme di riappropriazione dello spazio pubblico, come mostre all’aperto. Il secondo obiettivo è integrare il complesso degli spazi aperti in modo omogeneo e continuo. Questo progetto riguarda i vuoti che caratterizzano il paesaggio di Careggi: superfici permeabili e impermeabili, ambiti con


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o senza la presenza di vegetazione, spazi trascurati e vissuti. Affinché un sistema di spazi possa funzionare come sistema integrato di paesaggio occorre creare una sequenza di spazi fruibili, occorre lavorare sull’organizzazione della struttura fisica, ecologica, culturale e sociale e sulla tessitura delle trame connettive. Creare una costellazione di spazi aperti diventa un progetto che si basa sulla visione sistemica, in cui ogni tassello è importante per creare uno spazio di qualità per i fruitori. Il primo e più importante oggetto dovrà essere il disegno, la forma dello spazio pubblico, cioè della rete stradale, delle sedi del trasporto pubblico delle piazze e spazi della sosta di persone e veicoli, dei giardini e delle aree verdi. Il lavoro preliminare alla progettazione degli spazi aperti consiste nel loro studio qualitativo e quantitativo. Attraverso la gerarchizzazione degli spazi aperti si identificano in modo puntuale i compiti ed i ruoli contenuti nelle diverse categorie di spazi aperti che configurano il paesaggio, definito da Guido Ferrara come «l’aspetto sensibile dell’ecosistema urbano». Il censimento degli spazi aperti prende spunto dalla lista stilata dal professore Ferrara e riadattata in alcuni casi in base alle esigenze e alle diverse caratteristiche del luogo. I dati presentati sono quantitativi, in questo caso il lavoro vuole evidenziare e classificare la quantità degli spazi aperti. Gli spazi sono stati così classificati: 1. Spazi aperti per le attività produttive agricole o non urbane - Aree agricole - Aree a pascolo o incolto - Boschi 2. Spazi aperti propri di attività produttive di tipo secondario e dei relativi servizi - Aree in trasformazione 3. Spazi aperti per la salvaguardia ambientale - Zone e vincoli di rispetto 4. Spazi aperti per infrastrutture e vie d’acqua - Parcheggi di pertinenza dell’ospedale - Aree verdi di pertinenza dei parcheggi - Parcheggi di pertinenza delle abitazioni - Strade carrabili - Tramvia - Torrente Terzolle - Aree verdi di pertinenza del Torrente - Rotatorie


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5. Spazi aperti proprio dei servizi sociali - Ospedale - Scuole - Impianti sportivi 6. Spazi aperti per la ricreazione e il tempo libero - Giardini e parchi di quartiere - Giardini privati 7. Spazi aperti per la mobilità pedonale e assimilati - Sentieri per pedoni - Marciapiedi - Piste ciclabili 8. Campi gioco e attrezzature sportive di base - Campi gioco per ragazzi - Campi sportivi di base 9. Musei all’aperto - Giardini storici pubblici e privati La gerarchizzazione degli spazi aperti interni al perimetro dell’area di studio, mi ha permesso di definire quali e come sono distribuiti gli spazi aperti all’interno del perimetro dell’area di studio. Il secondo passo è analizzare il contesto in cui è immersa l’azienda ospedaliera, per comprendere meglio quali sono le relazioni che quest’area intreccia con i tessuti circostanti. Durante la fase progettuale infatti si deve tener conto del dialogo che si crea con il contesto, poiché il perimetro dell’area preso in considerazione non fa di questa un’isola. La creazione di spazi omogenei interni deve essere il punto di partenza per trovare un collegamento con gli spazi esterni. A tal fine sono stati realizzati degli ideogrammi che permettono di identificare il tipo di paesaggio ed il contesto in cui si trova l’area di Careggi. 1. Reticolo idrografico: la presenza costante del Torrente che fa riferimento all’analisi storica dei capitoli precedenti. Un punto paesaggistico assai controverso, in quanto da un lato è sicuramente un luogo di alto valore ecologico per la biodiversità, dall’altro è visto come elemento separatore delle strutture. 2. Sistema storico-paesaggistico: questo ideogramma rappresenta il sistema delle ville limitrofe l’area di studio che in alcuni casi sono inglobati all’interno, inoltre mette in evidenza i fondali scenici in cui si possono vedere Monte Morello e Monte Giovi.


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3. Copertura arborea: la presenza di vegetazione all’interno del perimetro è estremamente importante in quanto ci permette di avere una prima idea riguardo le superfici permeabili. 4. Sistemi agricolo e boschivo: attraverso la lettura delle carte storiche è stato possibile leggere l’antico volto della fattoria di Careggi, ad oggi sembra impossibile trovare un punto di connessione con il sistema agricolo-boschivo. 5. Linea ferroviaria e tramviaria: l’ospedale di Careggi e la scuola di Medicina e Chirurgia sono due poli attrattori a scala metropolitana, per questo è stato ritenuto opportuno inglobare nelle analisi anche quelle sulla mobilità. 6. Percorsi carrabili: designano tutte le strade carrabili interne ed esterne all’area di studio. 7. Percorsi ciclo-pedonali: designano i percorsi per la mobilità dolce che attraversano l’area di studio. 8. Superfici permeabili: questo dato rappresenta la presenza di superfici permeabili in rapporto all’edificato.


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3.1 Criticità

Attraverso l’analisi delle criticità e delle potenzialità degli spazi aperti è stato possibile effettuare uno studio qualitativo degli spazi interni all’area di studio. Tali criticità mi hanno permesso di individuare le strategie progettuali che non consentono all’area di poter essere un vero campus ospedaliero-universitario. Lo studio sulle criticità è stato realizzato in due fasi: la prima si è basata sulla ricerca e creazione di macro-categorie che evidenziassero i principali problemi, mentre nella seconda si è effettuata una ricerca più approfondita delle tematiche con la proposta di strategie di intervento, al fine di creare un campus in linea con le regole progettuali già descritte nel primo capitolo di questo lavoro. La prima macro-categoria è la “frammentazione degli spazi” in cui si evidenzia la discontinuità tra le strutture che si crea a causa della linea tramviaria, delle carreggiate e del torrente. Poiché alcune aree di Careggi non riescono a dialogare tra di loro, sembrano escludere la possibilità di dialogo tra gli spazi, aspetto questo che crea disagi dal punto di vista della fluidità dei percorsi per la mobilità dolce. Il torrente Terzolle costeggia il lato ovest e rappresenta un elemento del paesaggio con rilevante valore ecologico. A causa dello stato di abbandono e degrado in cui versa, ad oggi costituisce un’ulteriore barriera del complesso ospedaliero, perdendo dunque il suo potenziale connettivo. Per rimediare a quanto detto si possono attuare diverse strategie che concorrono a ridurre la frammentazione degli spazi ed a incrementare la fruizione, tra queste vi sono la riqualificazione e messa in sicurezza degli argini del torrente e la realizzazione di un percorso pedonale. La seconda macro-categoria è la “saturazione degli spazi aperti” che fa riferimento ad uno dei motivi per cui non è possibile identificare l’area come un campus. L’elevata presenza di auto congestiona spesso le sedi stradali, che si ritrovano ad essere spesso asfissiate dai mezzi in sosta e in movimento. I principali viali di attraversamento – Viale Gaetano Pieraccini e Viale San Luca – sono soggetti a traffico elevato, a causa del quali si creano lunghe code che costituiscono un disturbo alla mobilità pedonale. Per ovviare alla presenza delle auto per prima cosa è necessario la creazione di parcheggi scambiatori fuori dal perimetro dell’ospedale e l’attivazione di una navetta che riesca a collegare tutta l’area. Inoltre dovrebbe cambiare la gestione della mobilità interna che garantisce l’accesso ai mezzi di soccorso, a quelli di servizio e alle auto private per l’accompagnamento dei disabili. Infine è necessario abolire la dicotomica distinzione tra sede pedonale e veicolare, il pedone deve poter camminare in sicurezza. La


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terza macro-categoria riguarda l’“elevata impermeabilità delle superfici” in cui emerge la poca permeabilità all’interno dell’aera. La maggior parte dei parcheggi interni sono ricoperti da asfalto e non sono presenti alberature. La mancanza di permeabilità porta considerevoli danni sia per quanto riguarda lo smaltimento delle acque, sia per il microclima dell’area: durante il periodo estivo la prolungata esposizione al sole e la presenza dell’asfalto determinano un significativo aumento delle temperature. È necessario dunque riconvertire le superfici attraverso sistemi sostenibili di drenaggio urbano che limitano il funzionamento del drenaggio naturale, catturando temporaneamente l’acqua piovana e rilasciandola lentamente. Ciò riduce la velocità di deflusso idrico nella rete principale di smaltimento e consente la gestione delle acque superficiali direttamente all’interno del sito. Questa infrastruttura, se adeguatamente integrata nel progetto, non presenta costi elevati e difficoltà di realizzazione e allo stesso tempo, migliora sostanzialmente la biodiversità fornendo benefici sociali, economici e creando luoghi di qualità. La quarta macro-categoria “carenza di segnaletica idonea” individua l’assenza di una segnaletica che ostacola l’orientamento all’interno dell’area ospedaliera, aumentando la dispersività. Tra le strategie proposte vi sono l’inserimento di elementi facilmente riconoscibili antistanti i padiglioni, l’implementazione della segnaletica e la facilitazione dell’orientamento tramite la gerarchizzazione spaziale delle vie con l’inserimento di diverse alberature. L’ultima macrocategoria riflette le necessità dei fruitori spesso ignorate riguardanti le “aree di sosta inadeguate”. All’interno di Careggi si riscontra la mancanza e l’inadeguatezza di spazi ricreativi, dove presenti, dedicati agli accompagnatori, agli studenti ed a tutto il personale medico. Alcune aree sono disposte in luoghi inaccessibili ai disabili o realizzati senza rispettare alcuna norma. È importante dunque creare una rete di percorsi con adeguati spazi ricreativi, migliorare le aree già esistenti ed implementare gli spazi aperti su cui la comunità può attuare processi di partecipazione attiva.


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3.2 Potenzialità

In questo capitolo gli spazi aperti interni dell’area ospedaliera di Careggi vengono classificati in base alle loro potenzialità. È bene dunque sottolineare che una voce non esclude l’atra, come nel caso degli spazi aperti inutilizzati antistanti i padiglioni che si intersecano inevitabilmente con le aree verdi, spesso soggette ad un forte stato di degrado. Criticità e potenzialità sono i due volti di una stessa medaglia, perché per un paesaggista è necessario conoscere entrambi per poter progettare in modo adeguato, tenendo sempre in considerazione quali sono le esigenze dei fruitori. Le strategie di intervento sono la base di partenza per gli obiettivi identificati all’interno del masterplan. Il primo tema è quello dei percorsi: per raggiungere Careggi è possibile utilizzare sia la tramvia che collega il luogo dalla stazione di Santa Maria Novella, sia la pista ciclabile. Inoltre all’interno dell’ospedale è possibile usufruire del servizio di bike sharing. Anche il torrente rappresenta un percorso in grado di collegare l’area ad Ovest. Infatti attraverso la progettazione di passerelle e camminamenti è possibile trasformare la percezione che si ha di questo elemento paesaggistico. Il sistema su cui è stato creato l’impianto di Careggi, ovvero a padiglioni, è efficace per la creazione di percorsi pedonali che possono intersecarsi creando uno spazio continuo e sicuro. L’elevata presenza di spazi aperti antistanti gli ingressi dei padiglioni delineano luoghi che possono essere riconvertiti ed usati per le pause dal personale medico o dagli studenti, attraverso il semplice inserimento di sedute e alberature. La seconda tematica si occupa di delineare quelli che sono gli spazi verdi. Alcuni di questi riescono ad aumentare il livello della percezione visiva del fruitore, non solo dal punto di vista estetico, ma anche psicologico. Tuttavia in alcuni tratti vengono interrotti dalla presenza di parcheggi o strade ed altri sono poco curati e difficili da raggiungere. La manutenzione e il miglioramento delle aree esistenti, la creazione di una rete continua, l’abbattimento delle barriere architettoniche, la creazione di spazi per la comunità, per la riabilitazione e per la promozione del benessere fisico sono alcune delle strategie progettuali volte al miglioramento degli spazi. Alcuni di questi spazi svolgono un preciso servizio ecosistemico: i tetti verdi che rivestono le superfici di alcuni padiglioni concorrono a migliorare il microclima; i parcheggi con superfici permeabili e con alberature offrono ombreggiamento e mitigano le temperature. Il terzo tema riguarda i giardini storici, Careggi nasce come podere signorile, in cui sono sorte nel corso dei secoli diverse ville e si sono succedute diverse trame agricole


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e cambiamenti di uso del suolo. La presenza ad oggi di giardini e ville storiche all’interno di un complesso ospedaliero-universitario potrebbe giovare alla comunità. Si potrebbero creare dei percorsi che connettono le ville, attraverso una segnaletica adeguata, si potrebbero creare eventi culturali abbattendo così le barriere culturali e facendo conoscere la storia di un luogo che sembra ormai averla dimenticata.

NOTA: Gli studi degli spazi aperti sono stati effettuati attraverso rilevamenti sul campo e sopralluoghi, tenendo conto di quelle che sono le esigenze di tutti i fruitori che quotidianamente o sporadicamente vivono all’interno dell’area ospedaliero-universitaria.


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CARTA DELLE CRITICITÀ

Discontinuità tra le strutture

Flussi traffico di maggiore intensità

Discontinuità con il torrente

Parcheggi con superfici impermeabili Mancanza gerarchia spaziale

Sede stradale congestionata da auto in sosta o in movimento

SEZIONE B-B’ - SCALA 1:200

Mancanza spazi ricreativi

Marciapiede dissestato Parcheggio non autorizzato

Estratto tavola 5

Barriere architettoniche Ostacoli


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CARTA DELLE POTENZIALITÀ

Mobilità sostenibile

Superfici permeabili

Presenza del torrente

Tetti verdi

Spazi aperti inutilizzati

Connessioni pedonali

Aree verdi

Assi stradali ampi

Giardini storici SEZIONEC-C’ - SCALA 1:200 Rampa per disabili

Estratto tavola 6

Alberature stradali Asse stradale ampio

Aree verdi



CAPITOLO 4

Analisi degli strumenti urbanistici vigenti



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L’articolo 22 della legge 24 novembre 2000 n. 340 istituisce appositi Piani Urbani di Mobilità (PUM) intesi come progetti di sistema della mobilità comprendenti l’insieme organico degli interventi sulle strutture di trasporto pubblico e stradali, sui parcheggi di interscambio, sulle tecnologie, sul parco veicoli, sul governo della domanda di trasporto attraverso la struttura del mobility manager, i sistemi di controllo e regolazione del traffico, l’informazione all’utenza, la logistica e le tecnologie destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci nelle città. Nel 2007 il Ministero dei Trasporti ha emanato le linee guida presenti nel “Piano Generale della Mobilità” in cui viene evidenziato che un riferimento essenziale per una corretta pianificazione della mobilità e dei trasporti è costituito dalla stratta connessione che questa deve mantenere con la politica del territorio nelle sue diverse componenti: insediativa, ambientale e paesaggistica. Con successivi documenti di indirizzo e di definizione l’Unione Europea ha inoltre promosso l’adozione di Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile (PUMS), emanando nel 2014 specifiche linee guida europee in cui il PUMS diventa il principale strumento attraverso cui raggiungere gli obiettivi comunitari nel campo di energia e clima. Il PUMS è uno strumento di pianificazione strategica che ha un orizzonte temporale di medio-lungo periodo – 10 anni – e sviluppa una visione di sistema della mobilità urbana, proponendo il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. In questa ottica è necessario potenziare le azioni di mobilità sostenibile finalizzati all’abbattimento di emissioni inquinanti, alla riduzione dei fenomeni di congestione stradale e all’aumento della sicurezza stradale. Il Piano segue inoltre un approccio trasparente e


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partecipativo che prevede il coinvolgimento attivo dei cittadini e di altri portatori di interesse nella definizione delle proposte progettuali. Dunque il PUMS diviene lo strumento per attuare i principi dello Sviluppo sostenibile nel campo della mobilità secondo modelli socialmente, economicamente ed ambientale più sostenibili, ottenuti declinando obiettivi e strategie generali di intervento sulla base delle peculiari caratteristiche di ciascun ambito territoriale. Attraverso il D.M 4 agosto 2017 sono stati redatti le aree tematiche e i macro-obiettivi del PUMS, che comprendono: - Efficacia ed efficienza del sistema della mobilità - Miglioramento del trasporto pubblico locale - Riequilibro modale della mobilità - Riduzione della congestione - Miglioramento dell’accessibilità di persone e merci - Miglioramento dell’integrazione tra lo sviluppo del sistema e della mobilità e l’assetto e lo sviluppo del territorio - Miglioramento della qualità dello spazio stradale e urbano - Sostenibilità energetica e ambientale - Riduzione del consumo di carburanti da fonti fossili - Miglioramento della qualità dell’aria - Riduzione dell’inquinamento acustico - Sicurezza della mobilità stradale - Riduzione dell’incidentalità stradale - Diminuzione sensibile dei costi sociali derivanti dagli incidenti - Diminuzione sensibile del numero di incidenti con mori e feriti tra gli utenti deboli - Sostenibilità socio-economica - Miglioramento della inclusione sociale - Aumento della soddisfazione cittadina - Aumento del tasso di occupazione - Riduzione dei costi della mobilità. Il Consiglio metropolitano di Firenze ha avviato il procedimento per la redazione del PUMS metropolitano e di verifica della VAS con la deliberazione n. 121 del 19 dicembre 2018 e ha approvato il cronoprogramma delle attività. Con atto dirigenziale n. 390 /2019 e stato costituito il gruppo di lavoro della Città metropolitana, che si è avvalso nella redazione del Piano della collaborazione del Comune di Firenze e della Regione Toscana e di professionalità esterne. L’approccio partecipativo ha previsto il coinvolgimento attivo dei cittadini e di stakeholders, la città metropolitana di Firenze si è affidata alla Società Avventura Urbana per la progettazione e la realizzazione del processo di partecipazione attiva che si è articolato in due fasi. La prima “ascolto del territorio” attraverso cui restituire un quadro della percezione collettiva del sistema della mobilità del territorio. La seconda fase di “orienteering strategico” è servita per contribuire a formulare delle linee strategiche per il PUMS.


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Schema delle connessioni Estratto tavola 4


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4.1 Attuazione delle linee guida del PUMS

Dopo aver analizzato e studiato le line guida del PUMS, ho focalizzato la mia attenzione sull’area di Careggi. In particolare l’azienda ospedalierouniversitaria è ritenuta uno dei poli di eccellenza di rango metropolitano, ciò vuol dire che funge da attrattore per un consistente numero di persone. Mi sono domandata dunque quali fossero i mezzi di trasporto pubblico con cui si può arrivare a Careggi e quali le strategie volte all’implementazione e al miglioramento di una struttura urbana più sostenibile. Solo dopo aver trovato risposta a questi quesiti ho preso in considerazione all’interno del mio progetto delle linee guida che potessero essere in relazione con quelle adottate dal PUMS.


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4.1.1 Tram

La linea che collega Villa Costanza a Careggi prende il nome di T1 Leonardo. I risultati ottenuti con la messa in esercizio della linea 1 che collegava Scandicci e Santa Maria Novella, con il successivo prolungamento fino a Careggi sono estremamente positivi. Dopo il prolungamento infatti nel 2014 la linea è giunta a trasportare 21 milioni di passeggeri annui, a fronte di una stima pari a 14 milioni di passeggeri annui. Il Piano prevede la realizzazione della Linea 2.2, questa prevede un’estensione a nord della Linea 2 che attraversa la piana di Castello fino a raggiungere il Polo universitario di Sesto Fiorentino per completare il collegamento dei quattro poli universitari (Careggi, Sesto Fiorentino, Novoli e Centro). La nuova Linea 5 – Isolotto-Careggi – prevede un collegamento trasversale tra la Linea 1 in corrispondenza di Via Foggini e la Linea 3 a piazza Dalmazia, incrociando la Linea 2 al termine del viale Redi e la Linea 4 in corrispondenza di via delle Cascine. In questo modo i poli di Careggi, Novoli e delle Cascine sono messi in contatto con la direttrice di prosecuzione dell’autostrada Firenze-PratoPistoia. Questa linea viene creata in risposta all’espansione residenziale ad ovest. L’andamento prevalentemente radiocentrico della rete tramviaria è derivato dall’analisi delle “linee di desiderio”, vale a dire l’andamento reale delle origini-destinazione che caratterizzano la domanda di mobilità dell’area urbana fiorentina. Questa è la diretta conseguenza della struttura urbana, caratterizzata da un nucleo centrale di grande attrattività e da un sistema di centralità urbane minori distribuite lungo tutto il territorio metropolitano. Il Piano Strutturale (PS) di Firenze distingue la Linea 5 come elemento che ricuce trasversalmente i tessuti urbani e che potrebbe svolgere una funzione di smistamento trasversale fra le diverse direttrici di penetrazione, rendendo più flessibile il sistema del trasporto pubblico.


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4.1.2 Passante Urbano

Il PS del 2010 ha teorizzato la sostituzione del precedente progetto di Circonvallazione Nord, un tracciato prevalentemente sotterraneo nel percorso Varlungo – Fiesole – Careggi – Castello con un Passante Urbano prevalentemente sotterraneo capace di riconnettere il viadotto di Varlungo con il viale Guidoni, attraversando le zone di Campo di Marte, Statuto e Corsica. La realizzazione di questa nuova strada fa parte di una strategia che mira a smistare i flussi in base alle destinazioni finali in aree periferiche, senza costringere i fruitori a raggiungere l’anello dei viali ottocenteschi, dove ad oggi le auto circondano il centro storico con mura quasi più insormontabili di quelle demolite dal Poggi. Quest’opera consente di collegare in maniera efficace diversi quartieri della città e ne permette, inoltre, un veloce attraversamento. Queste strategie sono volte alla riduzione sensibile del traffico sui Viali di circonvallazione, permettendo così di recuperarne la qualità urbana, destinandoli come sede preferenziale per il trasporto pubblico e per la mobilità ciclabile e pedonale. Inoltre, favorendo il decongestionamento dei diversi assi principali che confluiscono sui viali, il Passante permetterebbe di realizzare condizioni più favorevoli per il trasporto pubblico urbano, che non dovrebbe più farsi strada a fatica tra le auto, ma potrebbe beneficiare di percorsi riservati. È stata studiata anche la possibilità di interscambio modale con treno e tram in numerosi punti, il percorso inoltre può essere facilmente collegato con i viali ottocenteschi in modo da realizzare un sistema di mobilità intermodale ed interconnesso che incrementi l’accessibilità non solo dei quartieri esterni ma anche del centro storico. Le interconnessioni ipotizzate sono con viale Corsica, via Vittorio Emanuele, viale Mazzini, via Campo d’Arrigo e via Lungo l’Affrico. Un’altra strategia per la mobilità cittadina è la diramazione nord del Passante, che si stacca dal ramo principale all’altezza di via Bolognese raggiungendo Careggi con un tracciato interamente sotterraneo, garantendo un efficace deflusso verso il polo sanitario del traffico proveniente dalla parte est della città. La funzionalità intermodale del Passante deve essere garantita dalla localizzazione di parcheggi scambiatori in prossimità dei punti di incrocio con le linee tramviarie e ferroviarie (Rovezzano, Campo di Marte, Careggi, Corsica, Belfiore e Novoli). La valutazione dell’ipotesi del Passante deve tener conto degli effetti derivanti dal trasporto pubblico locale con particolare riferimento al servizio ferroviario metropolitano ed alla realizzazione del sistema tramviario. La grande complessità realizzativa del Passante Urbano e il potenziale impatto che tale opera può avere suggeriscono di


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non includerlo tra le opere di priorità del PUMS. Qualora gli interventi sulle reti portanti del trasporto pubblico raggiungano i livelli di efficacia sperati, la riduzione della domanda di trasporto privato potrebbe rendere questo intervento eccessivamente oneroso.


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4.1.3 Potenziamento della viabilità esistente e parcheggi scambiatori

Numerosi sono gli interventi di potenziamento della viabilità esistente necessari a superare criticità locali o a recuperare margini di capacità stradale inutilizzati per effetto di punti singolari o soluzioni strutturali inadeguate. Di seguito si citano gli interventi riguardanti l’area di Careggi. Occorre valutare il miglioramento funzionale di via di Careggi, via Cosimo il Vecchio e via dei Massoni, accompagnato da interventi di traffic calming per rendere compatibile la circolazione con i necessari livelli di sicurezza per i pedoni e di comfort per le residenze. Per quanto riguarda i parcheggi scambiatori è stato pensato di espandere i parcheggi di relazione esistenti nell’area ospedaliera (Pieraccini-Meyer) e se possibile, l’utilizzo di parte dei parcheggi realizzati nella recente espansione del polo ospedaliero, specializzando le funzioni per la sosta di interscambio.


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4.1.3 Bicipolitana

La Bicipolitana è una rete di piste ciclabili interconnesse, protette e continue, che attraversano la città in tutte le direzioni, collegando i punti di maggiore interesse. Le linee sono identificate da un colore e visualizzate su una mappa. Il progetto della Bicipolitana prevede la realizzazione di 8 linee, contraddistinte da diversi colori: - la linea rossa e la linea verde sono le due linee portanti diametrali, - rispettivamente da nord-ovest a sud-est e da sud-ovest a nord-est che si incrociano in corrispondenza di Viale Belfiore; - la linea blu e la linea azzurra corrono lungo l’Arno, rispettivamente in riva destra e riva sinistra; - le linee gialla, verde scuro, arancione e viola svolgono invece una funzione di ricucitura trasversale, le prime tre nella zona ovest della città, la quarta nella zona est e sui Viali dei Colli.

MOBILITÀ CICLISTICA - BICIPOLITANA

Osmannoro - Sorgane Canova-Indiano - Rovezzano Ugnano - Varlungo Sud Le Piagge - Girone Torregalli - Careggi Vittorio Veneto - Salviatino Ponte a Greve - Castello Due case - San Donato

Castello

Due case Rifredi F.S. Osmannoro

Peretola

Le Piagge Ugnano

Il Barco San Donato

Argingrosso

Fonte: P.U.M.S.

Cure Cascine

Biblioteca Nova

Fortezza

Ponte a Greve

Torregalli

S. Frediano

Salviatino Stadio

S.M.N.

Rovezzano

S. Croce

Girone Varlungo

Boboli Sorgane



CAPITOLO 5

Masterplan



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Il concetto di sostenibilità è stato coniato nel 1987 dalla commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo all’interno del rapporto Brundtland. Si tratta di uno sviluppo che «(…) soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere le possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni». Questa definizione si basa su tre pilastri che sono stati declinati in ambiente, economia e società. In particolare lo sviluppo sostenibile dell’ambiente pone le sue basi sulla necessità di mantenere integro l’ecosistema e dunque, proprio per questo motivo, l’obiettivo del lavoro non è solo di incrementare le aree verdi, ma di migliorare quelle già esistenti in modo che tutto il sistema delle reti degli spazi sia accessibile e fruibile (da parte di persone e animali). I temi economico e sociale vengono riletti e riadattati, dal momento che si parla di una comunità ristretta. In questo caso dunque si riferiscono all’economia – che nel rapporto si traduce come la capacità di generare reddito ed occupazione in modo duraturo e soddisfacente – tutte quelle scelte progettuali che vedono la selezione dei materiali e della vegetazione a filiera corta, dando così opportunità alle piccole realtà di Firenze di poter contribuire in modo significativo alla progettazione degli spazi di Careggi. Infine si parla di società come collante che riesce ad unire tutte le tematiche presentate, grazie alla comunità è possibile progettare e soprattutto tener in vita spazi aperti di qualità. Muoversi, Sostare e Condividere sono le tre tematiche su cui si basa la progettazione del masterplan per l’intera area dell’azienda ospedalierouniversitaria. Attraverso tre linee guide, che inevitabilmente si intersecano


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Muoversi

Sostare/Condividere

con i tre pilastri dello sviluppo sostenibile, si creano le basi per realizzare un progetto che prevede la trasformazione dell’area in un campus ospedaliero. Il primo tema riguarda i flussi interni – Muoversi – che vengono completamente ripensati: gli utenti che usufruiscono di mezzi come biciclette, monopattini ed i pedoni hanno accesso a tutta l’area interna del campus, la sede stradale viene strutturata in modo tale da consentire la massima sicurezza alle categorie più deboli. È necessario, infatti, garantire l’accesso anche ai mezzi di soccorso, a quelli di servizio e ai portatori di handicap. Per incentivare i fruitori a non utilizzare mezzi privati, si è pensato di creare un servizio di navette elettriche, in modo da evitare le emissioni di CO2, e dislocare i parcheggi al di fuori del campus universitario. La superficie dei parcheggi interni verrà riconvertita per aumentare la superficie permeabile e attraverso il ridisegno del suolo verranno messi a dimora nuove alberature. Questo processo porterà al miglioramento del microclima interno, all’aumento della salubrità dell’aria, al miglioramento della percezione esteticopaesaggistica e al naturale deflusso delle acque meteoriche. Si parla, dunque, usando un’espressione ossimorica, di mobilità sostenibile in cui le arterie principali vengono decongestionate dal traffico, diminuiscono gli ingombri dai marciapiedi e parallelamente aumenta il benessere dei pedoni, rendendo gli spazi più sostenibili dal punto di vista ecologico. L’obiettivo è la creazione di reti di connessioni pedonali continue attraverso la ricucitura del tessuto e l’abbattimento delle barriere architettoniche. Il torrente Terzolle diventa un’importante infrastruttura blu attraverso la riqualificazione delle sponde e la progettazione di camminamenti e passerelle pedonali. Viene reintegrato nel sistema degli spazi aperti come corridoio ecologico, contribuendo positivamente al delicato equilibrio dell’ecosistema urbano ospitando diverse specie vegetali e animali. Il secondo tema – Sostare – riguarda la creazione di nuovi spazi in cui gli studenti, il personale sanitario e gli utenti possono soffermarsi. Il primo passo è la conversione dei percorsi in superfici drenanti che creano una rete continua di spazi verdi. Questo oltre a favorire l’incremento di nuovi habitat, riduce il rumore e aumenta il benessere psico-fisico della comunità. La caratterizzazione spaziale e funzionale delle strutture e dei percorsi viene inoltre suggerita dall’inserimento di specie arboree di


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diversa altezza, che determinano una intuitiva identificazione gerarchica degli spazi. Il secondo passo prevede la realizzazione, dove possibile, di tetti e pareti verdi. I vantaggi apportati dai tetti verdi prevedono l’isolamento naturalmente la copertura, l’abbassamento dei consumi per il riscaldamento ed il raffrescamento, la protezione del manto che impermeabilizza la copertura e l’assorbimento e il miglior drenaggio delle acque meteoriche. Le pareti verdi sono un ottimo isolante termico ed acustico, proteggono dalle polveri inquinanti e migliorano la qualità visiva. La presenza di questi spazi, dunque, facilita un migliore bilancio idrico tra suolo e atmosfera, il temperamento del microclima e la corretta gestione dello scorrimento delle acque superficiali. L’incremento delle specie arboree e arbustive nel campus mira soprattutto all’aumento della biodiversità in ambito urbano, in quanto costituiscono un habitat per numerosi insetti, uccelli e piccoli mammiferi. L’ultimo tema – Condividere – fa riferimento all’attivazione di processi di progettazione partecipata. Nella realtà di Careggi lo spazio pubblico cessa di esistere con la saturazione del tessuto edilizio e a causa del degrado in cui versano i pochi spazi esistenti. Uno degli obiettivi è la riqualificazione attraverso la progettazione partecipata. Associazioni, artisti, paesaggistici si uniscono agli utenti che quotidianamente vivono il campus, creando così spazi di qualità. L’approccio paesaggistico si interseca con un programma di progetti artistici in contesti di ricerca sanitaria e scientifica. La gestione degli spazi viene affidata ad artisti, come per esempio nel caso di arte terapia o altri eventi simili. Il fine di questo progetto è il miglioramento della connettività di tutto il campus. L’arte pubblica è una parte fondamentale della promozione della salute e del benessere dei pazienti, dipendenti e visitatori.

Sostare/Condividere

Muoversi


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Perimetro Careggi Perimetro area di studio Torrente Tezolle Aree verdi esistenti Alberature esistenti Spazi aperti condivisi per la sosta e il movimento Spazi aperti per i pedoni

Estratto tavola 7


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CAPITOLO 6

Studio del campione



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L’area scelta per la realizzazione del progetto si trova sul lato Ovest tra il viale San Luca, Via della Maternità e Via Esculapio e comprende anche una porzione oltre il torrente Terzolle in cui si trova l’edificio dismesso della clinica di neuropatologia. Quest’area funge da campione, per questo motivo le scelte progettuali adottate possono essere replicate e, in alcuni casi, riadattate a seconda delle necessità a tutta l’area di Careggi. All’interno dell’area di studio sono presenti padiglioni con diverse funzioni: la clinica chirurgica, il padiglione di maternità e ginecologia, l’ambulatorio di preospedalizzazione, la clinica medica, il pronto soccorso, il padiglione di radioterapia e il padiglione che ospita la scuola di Scienze della salute umana. Padiglioni, diversi per forma, struttura e epoca di costruzione, coesistono con le superfetazioni, ovvero strutture che nascono come luoghi temporanei e che per inerzia diventano parte integrante del tessuto. L’area si estende su una superficie di 4,81 ha di cui è stato calcolato che il 29% (1.39 ha) comprende superfici permeabili – di cui l’11% (0,52 ha) torrente Tezolle e il 18% (0,86 ha) di spazi aperti – e il 71% (3,42 ha) sono superfici impermeabili – di cui il 27% (1,3 ha) sono edifici e il 44% (2,1 ha) spazi aperti. Dai sopralluoghi effettuati emerge un generale stato di degrado poiché buona parte delle strade risultano prive di manutenzione ordinaria. Uno degli obietti dunque è la riconversione delle superfici per aumentare la capacità drenante del suolo e, nel caso degli edifici che non possono essere demoliti e spostati, la creazione di tetti verdi. Gli arredi, in particolar modo le sedute, versano in un grave stato di degrado: nella maggior parte dei casi sono inaccessibili data la presenza di barriere architettoniche,


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sono spesso inutilizzate a causa dell’esposizione al sole e in alcuni casi sono inutilizzabili perché distrutte. La componente vegetale è stata classificata tenendo conto dell’altezza e dello stato fitopatologico. In generale le specie arbustive versano in condizioni non ottimali a causa di malattie che colpiscono le foglie. Le specie analizzate sono: - Acca sellowiana: 4 piante, buono - Buxus sempervirens: 5 piante/siepi, mediocre - Laurus nobilis: 2 piante/siepi, buono - Punica granatum: 2 piante, mediocre - Thuja occidentalis: 6 piante, buono - Viburnum tinus: siepi, mediocre. Le specie arboree dominano e caratterizzano il paesaggio, tuttavia alcune versano in gravi condizioni a causa della presenza di materiali di scarto sopra essi (foto) oppure perché, essendo posti in aree poco assolate, non riescono ad ottenere il giusto fabbisogno di sole. Inoltre la maggior parte delle specie fa parte della famiglia delle sempreverdi, queste portano un costante ombreggiamento che, sommato a quello degli edifici, sembra quasi soffocare gli spazi aperti. Le specie analizzate sono: - Cedrus deodara: 10 piante, mediocre - Cycas: 1 pianta, buono - Cupressus sempervirens: 7 piante, mediocre - Fraxinus ornus: 3 piante, mediocre - Fraxinus excelsior: 1 pianta, pessimo - Magnolia grandiflora: 3 piante, buono - Pinus pinea: 19 piante, buono - Quercus ilex: 28 piante, buono - Tilia platyphyllos: 18 piante, buono

CALCOLO SUPERFICIE (ha) Sup. Totale 4.81

11% 18%

44% 27%

Sup. Permeabile

Sup. Impermeabile

29% (1,39) di cui

71% (3.42) di cui

11% (0,52) Torrente 18% (0.86) Spazi aperti

27% (1.3) Edifici 44% (2.1) Spazi aperti


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ARREDI

Sedute - inaccessibili (presenza di barriere architettoniche) - in stato di degrado - inutilizzate

Sedute - inaccessibili (presenza di barriere architettoniche) - in stato di degrado - fioriere e arredi non adatte ad uno spazio pubblico

Sedute - esposte al sole - inutilizzate

Rastrelliere - assenti nell’area antistante al prontosoccorso - posizionate in luoghi impropri

SUPERFICI

Parcheggio permeabile

Sede stradale

Marciapiede


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6.1 Flussi

La parola flusso rimanda ad immagini di dinamicità, movimento e cambiamento, ed è per questo usata con molteplici accezioni in altrettante discipline. Sin dalla prima tavola dei miei elaborati grafici i flussi hanno caratterizzato e diretto il mio progetto. La concezione del progetto si sviluppa infatti seguendo due linee guida: i flussi dei fruitori ed i flussi dell’acqua. I flussi dei fruitori sono il risultato della elaborazione di dati personali a seguito di sopralluoghi, mentre i flussi dell’acqua della sovrapposizione delle trame agricole del cabreo del 1696 e la loro reinterpretazione. Durante la lettura delle carte storiche, che determinano il progressivo mutamento dell’area di Careggi da paesaggio agricolo a paesaggio urbano, ho realizzato che le disposizioni delle trame potevano essere riutilizzate all’interno del progetto. Queste sono disposte trasversalmente rispetto al torrente Terzolle e all’attuale via della Maternità per consentire un corretto deflusso delle acque ed evitare così ristagnamenti. Il progetto dunque prevede la realizzazione di un sistema di drenaggio urbano sostenibile con aiuole che fungono da rain gardens, capaci di convogliare le acque tramite tubi dreno sotterranei, nel Terzolle. In architettura una nuova corrente di pensiero vede la progettazione come un flusso, interpretandolo sia in vista del risultato finale sia come input iniziale nel processo di concezione. Nel caso del punto di vista del risultato, l’edificio esprime l’idea del flusso attraverso le sue forme fluide, sinuose e frammentate, di cui si trovano esempi nell’architettura di Zaha Adid e Frank Gahry. Nel secondo caso, ovvero nel caso in cui il flusso giochi il ruolo di

Personale sanitario

Pazienti

Utenti Studenti Fornitori


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input, lo studio dei flussi di movimento in alcune tipologie di edifici influisce sulle scelte funzionali che il progettista deve adottare, si pensi ad esempio alle e strutture ospedaliere. Legati al tema dei flussi in architettura sono i temi delle reti, delle connessioni e della mobilità. Nell’affrontare il tema dei flussi in ospedale ci si imbatte in due categorie distinte: ciò che è sanitario e organizzativo e ciò che è architettonico. Date queste premesse, l’obiettivo della mia ricerca è adottare soluzioni progettuali all’interno dell’area di Careggi che permettano la realizzazione di un campus universitario in cui le scelte e le idee progettuali siano determinate dai flussi. Di seguito esporrò la mia personale interpretazione sul tema flussi ed in particolare di quali mi sono interessata per la realizzazione del progetto. In primo luogo ho analizzato quelli che sono i flussi dei fruitori in base agli accessi principali dei padiglioni per poi classificarli in base agli orari in cui sono presenti: - studenti, che vivono gli spazi negli orari previsti dal regolamento di Ateneo (8.30-18.30); - pazienti, che essendo ricoverati all’interno della struttura sono sempre presenti; - personale sanitario composto da medici, infermieri, specializzandi etc., che sono costantemente presenti e con particolare affluenza negli orari di smonto-notte e smonto-giorno; - utenti occasionali, concentrati per di più nelle ore di visita previste dall’Azienda (8.30-12.00/14-18.30); - fornitori, che hanno accesso a determinate fasce orarie. Un secondo tipo di flusso di cui mi sono occupata è quello delle acque. È possibile infatti ritrovarsi in un luogo in cui si ritrovano tracce di un paesaggio naturale situato nei pressi di padiglioni che fungono da giardini per gli utenti. Nel caso di Careggi questo posto è situato al di là delle sponde del Terzolle, in prossimità del padiglione di neurologia dismesso. Ho cercato dunque di reinventare il senso del luogo, descrivendo cosa c’è e cosa non c’è più, mettendolo in relazione con la mia area di studio. La configurazione del terreno, dalla quale si evince la storia della sua trasformazione anche grazie alla lettura dei cabrei, si trasfigura in una mappa con cui poter ripercorrere il percorso storico del luogo. Il progetto assume le sembianze di meccanismi tramite cui la dimensione temporale dei luoghi rappresenta l’applicazione rigorosa del concetto di città ecologica, traslata in “ospedale ecologico” nel caso del mio progetto. Citando dunque le parole di Descombes e facendole mie in quanto linee guida per la realizzazione del progetto, si può affermare che «tutto quello che possiamo fare qui, possiamo farlo solo perché lui è già lì. Il fiume è già lì, il canale è già lì: questo è il progetto architettonico. È nella trasformazione di ciò che è già lì che è l’invenzione. Come sottolinea Patrick Bucheron, tutto ciò che congela le cose le uccide». La concezione del progetto dunque si sviluppa seguendo due linee guida: i flussi dei fruitori ed i flussi dell’acqua. Il primo dato dalla elaborazione di dati


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Concezione del progetto Estratto tavola 9

personali a seguito di sopralluoghi, il secondo dato dalla sovrapposizione delle trame agricole del cabreo del 1696 e la loro reinterpretazione. Durante la lettura delle carte storiche, che determinano il progressivo mutamento dell’area di Careggi da paesaggio agricolo a paesaggio urbano, mi sono resa conto che le disposizioni delle trame potevano essere riutilizzate all’interno del progetto. Queste sono disposte ortogonali rispetto al torrente Terzolle e all’attuale via della Maternità per consentire un corretto deflusso delle acque ed evitare così ristagnamenti. Il progetto dunque prevede la realizzazione di un sistema di drenaggio urbano sostenibile con aiuole che fungono da rain gardens, capaci di convogliare le acque tramite tubi dreno sotterranei, nel Terzolle.


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6.2 Progetto 6.2.1 Verde urbano

Volendo riprendere quanto già affermato nel capitolo precedente, l’ideazione del progetto si basa sull’analisi dei flussi per la creazione delle aiuole, le quali vengono concepite come rain gardens per convogliare il flusso delle acque meteoriche e poterle riciclare all’interno del torrente Tezolle. Ogni aiuola viene specificatamente pensata in base all’esposizione ed al luogo in cui si trova, per esempio le specie presenti nelle aiuole 1 e 2 situate in via della Maternità in prossimità del padiglione della maternità e ginecologia sono piante officinalis con proprietà calmanti. Nella maggior parte degli spazi sono state inserite specie che seguono una scala cromatica, tendente a colori tenui e caldi. Le aiuole sono composte da specie di altezza diverse che svolgono una doppia funzione, per creare giochi di movimento e per nascondere le mura dei padiglioni. Tutte le specie vegetali sono ipoallergeniche. - Anthemis nobilis - Agnocasto - Calamagrostis acutiflora - Calicanto balsamita - Festuca gautieri - Hypericum perforatum - Laurus nobilis - Malva sylvestrys - Osmanthus - Pennisetum setaceum - Salvia leucantha - Syringa vulgaris - Tanacetum balsamica - Valeriana officinalis - Vinca major Le specie utilizzate come rain gardens e che quindi permettono un rapido assorbimento dell’acqua sono divise in due categorie: - Rain gardens di sole - Aster novibelgii - Cosmos bipinnatus - Echineacea purpurea - Iris florentina - Liatris spicata

Vista di progetto, via della Maternità Estratto tavola 11


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- Rain gardens d’ombra - Bergenia cordifolia - Deutzia x rosea - Hosta undulata - Ruscus hypoglossum - Tradescantia virginiana Molte persone trovano una naturale rilassatezza quando si trovano all’interno di un giardino che conoscono, ricordano o immaginano. Per questo motivo ho creato degli spazi in cui poter riposare e passeggiare, rimanendo nelle vicinanze dei padiglioni. I giardini sensoriali sono composti da aiuole in cui sono messe a dimora delle specie officinalis facilmente riconoscibili. Per facilitarne il riconoscimento sono stati posti dei totem in cui da un lato viene inserito il nome della specie e dall’altro il suo disegno. Queste strutture possono essere realizzate attraverso un materiale riciclato simile al DAK-WPC. L’area libera di questi spazi è stata pensata per accogliere un gazebo smontabile e ricomponibile in cui è possibile svolgere delle attività all’aperto come l’arte terapia. Le specie utilizzate all’interno dei giardini sensoriali sono: - Cortadelia selloana - Lavandula - Mentha - Mymosa polycarpa - Origanum majorana - Salvia rosmarinus - Thymus Le bordure delle aiuole svolgono in alcuni punti la funzione di sedute, queste infatti si rialzano dal cordolo permettendo agli utenti di poter usufruire appieno degli spazi di sosta. Sovente vengono poste in vicinanza agli accessi e sotto le alberature del viale principale, evitando così il calpestio e l’eventuale compattamento del suolo. Le sedute sono composte da un materiale ecosostenibile in acciaio zincato e PVC riciclato e riciclabile, il modello è ispirato al progetto MOKO ECO. I materiali utilizzati sono una serie di profili in PVC espanso e farina di legno riciclata e riciclabile al 100%, autoestinguente e resistente alla corrosione causata dagli agenti esterni. Le gambe laterali e la struttura di sostegno sono realizzate in acciaio sagomato al laser e zincato in modo da assicurare una protezione naturale dalla corrosione di lunga durata. Un elemento caratteristico del design di questa panchina è la diversa larghezza che rende al meglio le curve ed i tratti piani della struttura, adagiandosi così alla perfezione in ogni punto e rendendo la seduta assolutamente comoda. I materiali che la compongono rendono la panchina un prodotto dalle incredibili capacità meccaniche e dall’infinita durata in cui la praticità della plastica, il calore del legno e la solidità dell’acciaio collaborano tra loro nel pieno rispetto dell’ambiente. Le sedute svolgono anche la funzione di rastrelliere, queste infatti sono bucate in modo tale da poter inserire la ruota di una


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bicicletta e proprio questi fori permettono il deflusso delle acque dalla pavimentazione all’interno delle aiuole. Per quanto riguarda la gerarchizzazione spaziale, motivo di criticità di cui avevo già parlato nel capitolo 3.1, il progetto prevede la messa a dimora di alberature che definiscono gli spazi a seconda della loro grandezza. Alberature di prima e seconda grandezza (oltre 20 m) verranno poste nei viali principali – via San Luca e via Lungo il Rio Freddo – alberature di terza grandezza nelle strade secondarie o all’interno delle corti. La grande presenza di edifici sembra far nascere negli utenti una sorta di claustrofobia negli spazi aperti, il progetto dunque prevede l’utilizzo di specie arboree caducifoglie che permettono un maggiore soleggiamento in inverno ed un ombreggiamento in estate. Inoltre all’interno delle corti vengono utilizzati piccoli alberi o mantenute le specie già esistenti ed in un buon stato di conservazione fitopatologica. Queste scelte progettuali servono dunque ad ampliare gli spazi aperti che ad oggi sono soffocati dalla presenza ingombrante degli edifici. Le specie arboree di prima grandezza utilizzate sono: 1. Acer campestre Altezza: 20m Ampiezza chioma: 8m Fogliame: deciduo, verde chiaro Esposizione: pieno sole e mezzombra Terreno: adatta ad ogni terreno 2. Carpinus betulus Altezza: 18m Ampiezza chioma: 8m Fogliame: deciduo, verde brillante Esposizione: pieno sole, mezzombra e ombra Terreno: adatta ad ogni terreno 3. Cedrus deodara Altezza: 20m Ampiezza chioma: 15m Fogliame: sempreverde,verde Esposizione: pieno sole, mezzombra, ombra Terreno: gessoso, grasso, sabbioso e argilloso 4. Celtis australis Altezza: 20m Ampiezza chioma: 10m Fogliame: deciduo, verde scuro Esposizione: pieno sole, mezzombra, ombra Terreno: adatta ad ogni terreno, predilizione neutri 5. Fraxinus excelsior Altezza: 30m Ampiezza chioma: 12m Fogliame: deciduo, verde

Vista di progetto, giardini sensoriali Estratto tavola 11


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Esposizione: pieno sole, mezzombra, ombra Terreno: adatta ad ogni terreno 6. Gingko biloba Altezza: 30m Ampiezza chioma: 9m Fogliame: deciduo, verde chiaro Esposizione: pieno sole Terreno: adatta ad ogni terreno 7. Populus alba Altezza: 30m Ampiezza chioma: 10m Fogliame: deciduo, verde e bianco Esposizione: pieno sole, mezzombra, ombra Terreno: adatta ad ogni terreno 8. Tilia platyphyllos Altezza: 30m Ampiezza chioma: 12m Fogliame: deciduo, verde Esposizione: mezzombra Terreno: adatta ad ogni suolo Le specie arboree di seconda grandezza utilizzate sono: 9. Betula pendula Altezza: 15m Ampiezza chioma: 6m Fogliame: deciduo, verde chiaro Esposizione: pieno sole Terreno: acidi, poveri, sabbiosi o ciottolosi 10. Catalpa bignonioides Altezza: 12m Ampiezza chioma: 7m Fogliame: deciduo, verde chiaro Esposizione: pieno sole e mezzombra Terreno: adatta ad ogni terreno 11. Cercis siliquastrum Altezza: 8m Ampiezza chioma: 6m Fioritura: marzo/aprile, di colore rosa Fogliame: deciduo, verde Esposizione: pieno sole, mezzombra Terreno: adatta ad ogni terreno 12. Fraxinus ornus Altezza: 10m Ampiezza chioma: 6m Fogliame: deciduo, verde chiaro Esposizione: pieno sole, mezzombra


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Terreno: adatta ad ogni terreno 13. Pawlonia tomentosa Altezza: 15m Ampiezza chioma: 6m Fioritura: aprile/maggio, di colore indaco Fogliame: deciduo, verde Esposizione: pieno sole, mezzombra Terreno: adatta ad ogni terreno 14. Sorbus aria Altezza: 12m Ampiezza chioma: 5m Fogliame: deciduo, verde Esposizione: pieno sole, mezzombra Terreno: adatta ad ogni terreno Le specie arboree di terza grandezza utilizzate sono: 15. Acca sellowiana Altezza: 5m Ampiezza chioma: 4m Fioritura: giugno/luglio, bianco e rosa Fogliame: sempreverde, scure e lucide Esposizione: pieno sole Terreno: sciolto e ben drenato 16. Lagerstroemia fauriei Altezza: 6m Ampiezza chioma: 6m Fioritura: estiva, rosa Fogliame: deciduo, verde Esposizione: pieno sole Terreno: adatta ad ogni terreno 17. Leptospermum scoparium Altezza: 2m Ampiezza chioma: 6m Fioritura: primavera/estate, di colore rosa Fogliame: deciduo, verde con oli essenziali Esposizione: pieno sole, mezzombra Terreno: adatta ad ogni terreno 18. Punica granatum Altezza: 2.50m Ampiezza chioma: 4m Fioritura: giugno/settembre, arancione Fogliame: deciduo, verde Esposizione: ombra Terreno: argilloso, sabbioso


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19. Pyrus calleryana Altezza: 8m Ampiezza chioma: 4m Fioritura: primavera, bianco Fogliame: deciduo, verde scuro Esposizione: pieno sole Terreno: adatta ad ogni terreno Infine specie di graminacee vengono utilizzate per la creazione di tetti verdi sopra gli edifici piani, questo intervento porta vantaggio da molteplici punti di vista. Si può affermare infatti che, oltre ad un impatto estetico, siano importanti da un punto di vista ecologico. I tetti vengono rivestiti da sedum e graminacee, l’acqua piovana viene drenata attraverso tubi che la trasportano sul rain garden sottostante. Vantaggio tetti verdi: - isolano naturalmente la copertura - abbassano i consumi per il riscaldamento del 23% e per il raffrescamento del 75% - proteggono il manto che impermeabilizza la copertura - assorbono e drenano le acque meteoriche

Il primo schema rappresenta la vegetazione esistente all’interno dell’area di studio (perimetrata in rosso), in verde sono rappresentate le alberature in buono stato di conservazione, mentre in grigio sono gli esemplari da eliminare a causa del loro stato fitopatologico. Nel secondo schema è rappresentato il nuovo impianto arbustivo che comprende sia le aiuole con i rain garden, sia le piante officinali all’interno dei giardini sensoriali. Nel terzo schema è rappresentato il nuovo impianto arboreo.

Schema della vegetazione Estratto tavola 9


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6.2.2 Pavimentazioni

Come analizzato nei capitoli precedenti la definizione di campus prevede uno spazio continuo ed omogeneo in cui mezzi e pedoni coesistono sulla stessa superficie. Il progetto dunque ipotizza l’eliminazione dei marciapiedi e la dicotomica distinzione tra spazio per pedoni e per mezzi. La sede stradale diventa mista, con particolare attenzione per le categorie più deboli: le auto infatti, grazie alla presenza di aiuole e alberature che restringono gli spazi, sono invitate a mantenere una velocità che non superi i 30km/h data anche l’elevata presenza di pedoni. L’obiettivo è incentivare gli utenti a lasciare le macchine al di fuori del campus e procedere a piedi o usufruendo della navetta, premesso che si mettano a disposizione parcheggi scambiatori nelle aree limitrofe. Il cambiamento avviene anche nella struttura delle superfici che possono essere sostituite da una pavimentazione drenante tipo IPM GeoDrena. Questa pavimentazione è formata da graniglia naturale ed offre un’elevata resistenza meccanica, potendo sopportare sia il traffico pedonabile sia il transito veicolare. Inoltre grazie al materiale naturale di cui è composta, è possibile plasmarla con diverse forme geometriche e colori. Offre un’elevata resistenza ai cicli gelo/disgelo, resiste all’azione del fuoco e all’aggressione degli idrocarburi, dei grassi, dei detriti organici, dei rifiuti. Grazie al rapido passaggio di aria e al drenaggio, in caso di pioggia o ghiaccio non c’è formazione di scivolosi veli o lastre superficiali, inoltre l’acqua piovana filtra attraverso materiali atossici e non necessita di trattamenti di recupero ulteriori. Infine ha un’alta capacità di riflettere i raggi solari, non si surriscalda e mitiga così la formazione del microclima più caldo tipico delle aree urbanizzate. Questo tipo di pavimentazione viene scelto per tutta l’area di studio. Per delineare un cambiamento di funzione, come nel caso della pavimentazione dei giardini sensoriali o dei sentieri oltre il torrente Terzolle si usano diverse gradazioni cromatiche della graniglia. Per quanto riguarda la messa in posa può avvenire direttamente sulla pavimentazione esistente che può essere di vario materiale come calcestruzzo, asfalto e pietre naturali, tuttavia in questo caso l’acqua viene assorbita solo dallo strato superficiale. Quando il fondo esistente non è coeso, e gli spessori di progetto superano 2 cm, la graniglia viene posata su un massetto di supporto superdrenante di altezza variabile a seconda del carico meccanico e degli spessori richiesti.

Pavimentazione carrabile/pedonale/ ciclabile

Pavimentazione giardini sensoriali/ sentieri

Messa in posa su asfalto

Messa in posa su un massetto di supporto superdrenante


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6.2.3 Il giardino oltre il Terzolle

Il giardino realizzato oltre il torrente Terzolle è unito con l’altra sponda tramite una passerella realizzata con materiali riciclati e composta da: - farina di legno (55%); - materiale plastico (polietilene alta densità riciclato grado A 30%); - additivi chimici (15%) agenti Anti-UV, agenti antiossidanti, agenti stabilizzanti, agenti protettivi Anti Funghi. I vantaggi apportati da questo tipo di materiale sono molteplici, tra cui: - necessita di bassa manutenzione, è immarcescibile, idrorepellente e fortemente immune all’azione degli agenti atmosferici negli anni, - alternativa eco-friendly al legno esotico, - antiscivolo, non scheggia; - testato in ambienti marini, resiste ad acqua e sale; - inattaccabile da termiti ed insetti, antimuffa. Nella sponda sinistra, in prossimità di via Lungo il Rio Freddo, sono state inserite delle specie fitodepuratrici (tra cui il Chrysopogon zizanioides) il cui obiettivo principale è risolvere le problematiche relative allo stato ecologico del torrente inquinato. Lungo questa sezione è stato inserito un camminamento ciclo-pedonale, ombreggiato da alberature di prima e seconda grandezza, attraverso cui poter godere del sistema paesaggistico opposto. In previsione di un aumento di portata del fiume sono stati realizzati nella sponda destra dei terrazzamenti con muri cellulari composti da verghe di Salix in grado di colonizzare il terreno e favorire la crescita di specie igrofile. Al fine di garantire un’ulteriore stabilizzazione sono state piantate lungo il primo terrazzamento delle Betula pendula, nel secondo dei Populus alba e nel terzo dei Carpinus betulus. L’accesso viene garantito tramite un sistema di rampe, realizzate tramite movimenti di terra e con percorsi pavimentati per le persone invalide. Il piano erbaceo viene realizzato tramite un prato polifita rustico ipoallergenico con bassi costi di manutenzione. Nell’ultimo piano, oltre alla componente arborea, viene inserito un tappeto erboso di Dichondra argentea capace di resistere al calpestio e che attraverso il suo colore argenteo dona nuovi colori al paesaggio.


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Vista di progetto, camminamento sul Terzolle Estratto tavola 12

Sezione di progetto, Estratto tavola 12



Prospettive e conclusioni



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«Il punto di vista tecnico non si contrappone a quello spirituale; l’uno è materia prima, l’altro elaborazione creativa. Nessuno dei due può vivere senza l’altro». Le Corbusier.

Lo studio degli spazi aperti con le loro criticità e potenzialità all’interno dell’area di Careggi mi ha permesso di sviluppare le linee guida per la creazione di un progetto che trova le sue basi sull’idea di campus ospedaliero-universitario. Dopo aver elaborato all’interno del masterplan le linee guida, ho scelto un campione come base di partenza per sviluppare idee da applicare in tutto il resto del campus. Questo esercizio ha avuto come risultato l’ottenimento di modelli di spazi aperti distribuibili nell’intera area sempre tenendo conto di alcuni accorgimenti volti ad un adeguato funzionamento. Volendo sintetizzare, tre sono i termini chiave che diventano linee guida su cui si basa la progettazione: il movimento, la sosta e la condivisione. I tre temi, strettamente connessi tra di loro, creano una fitta rete che prevede la realizzazione di micro-progetti attuabili in tutti gli spazi e che rimangono sempre connessi tra di loro. Come già espresso nei capitoli precedenti, il campus è uno spazio omogeneo nella cui sede stradale non vi è alcuna distinzione tra pedone e mezzo di trasporto. La presenza di mezzi privati viene disincentivata tramite strategie quali l’inserimento di parcheggi


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nelle aree esterne, il potenziamento di mezzi pubblici sostenibili tra cui navette elettriche o servizi di bike sharing e l’introduzione di zone 30 lungo i percorsi. Muoversi, il primo dei tre temi, favorisce la mobilità lenta: è stata pensata una nuova definizione del traffico veicolare per permettere il transito ma non la sosta. La rete pedonale si infittisce donando agli utenti più vulnerabili maggiore sicurezza e diventa accessibile ad ogni categoria grazie all’abbattimento delle barriere architettoniche. Allo stesso tempo quando si parla di movimento diventa inevitabile fare riferimento al suo opposto: Sostare. L’idea è quella di creare luoghi di sosta multifunzionali, che siano ecosostenibili e che possano dare un contributo funzionale dal punto di vista dello smaltimento delle acque o semplicemente economico. Per questi motivi ho pensato di realizzare delle sedute che fossero prodotte tramite materiali riciclati e che, grazie a delle bucature, permettessero il corretto deflusso delle acque all’interno delle aiuole. Questi spazi in cui sostare, oltre ad essere facilmente accessibili perché si trovano sulla stessa superficie, sono facilmente riconoscibili per il colore diverso della pavimentazione. Inoltre un punto fondamentale della mia ricerca si basa sull’accessibilità culturale ed è per questo che ho deciso di realizzare dei giardini sensoriali, in cui chiunque possa trovare un po’ di ristoro e magari divertirsi ad individuare le specie delle erbe aromatiche che conosce. Gli spazi aperti dunque sono da intendere come luoghi di aggregazione e di Condivisione, il terzo tema. La mia proposta si basa sull’attivazione di processi di progettazione partecipata, mirata all’integrazione degli utenti negli spazi comuni di Careggi. Le diverse associazioni presenti nel territorio si relazionano attivamente con i


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cittadini e, cercando di ascoltare le loro necessità, trovano soluzioni volte al miglioramento dello spazio pubblico. Si cerca dunque di coinvolgere nel processo di progettazione chi vive in prima persona gli spazi. Molteplici sono le iniziative che hanno permesso una lenta riqualificazione delle città, un esempio è nelle strategie adottate nel P.U.M.S. in cui la componente cittadina si è attivata nel processo di sviluppo per un bene comune. In conclusione, l’intero progetto si basa su scelte ecosostenibili, dalla scelta di materiali permeabili per la pavimentazione a quelli riciclati per la creazione della passerella o delle sedute. Di conseguenza l’area di Careggi assume l’identità di Campus, in cui si ha un aumento delle superfici permeabili e un miglioramento estetico-percettivo dei luoghi.



Toponomastica



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Lo studio dei cabrei, oltre ad avermi permesso di ricostruire le antiche trame agricole, mi ha consentito di ricostruire la memoria storicogeografica del territorio attraverso la lettura dei toponimi presenti nelle carte. L’analisi dunque, partendo dai contenuti etimologici e semantici dei toponimi, si pone l’obiettivo di delineare compiutamente le dinamiche territoriali dell’area di Careggi. La toponomastica conserva la memoria di un luogo e ne preserva l’identità nonostante il trascorrere del tempo: essa è un dunque un importante mezzo di conoscenza e di comprensione del territorio. La toponomastica si può considerare dunque un mezzo di riconoscimento e identificazione di un luogo: esso viene spesso associato a elementi naturali o antropici, a caratteristiche del suolo e del suo uso, a particolari personaggi che hanno attraversato i suoi sentieri e le sue vie. La dimensione narrativa della toponomastica emerge nei reconditi significati – talvolta quasi dimenticati - e nelle radici nascoste dei nomi associati ad uno specifico territorio: essi sono il frutto di una complessa stratificazione storica del territorio e nascondono dunque una pluralità di significati i quali, se portati alla luce, possono ricomporsi come tante tessere nel quadro linguistico e semantico generale. Non si pensi però che i toponimi siano elementi rigidi e cristallizzati nel tempo: essi sono per propria natura elementi mobili e mutevoli, che si spostano nello spazio (fatto dovuto alla difficoltà e all’incertezza nella loro localizzazione geografica) e nel tempo (fatto riconducibile alle storpiature linguistiche avvenute nei secoli). Questa mutevole natura porta con sé opportunità e svantaggi: se da un lato infatti è possibile ricostruire diacronicamente l’evolversi dei nomi e dunque del territorio, dall’altro a questo si associa una forte incertezza e nella ricerca della sua forma linguistica originale. Risulta dunque ostico e arduo il compito di ricostruire l’etimo e l’origine di un termine, talvolta impossibile: un esempio celebre è quello del termine “rosa” - citato nel romanzo “Il nome della rosa” dallo scrittore Umberto Eco – la cui etimologia è indefinibile e avvolta dal mistero. Per la ricerca dei toponimi ho utilizzato il libro del Pieri, che riguarda la toponomastica della valle dell’Arno, ed il dizionario della Toscana del Repetti. Di seguito sono riportati i toponimi con le loro diverse etimologie e significati, purtroppo non è stato possibile reperirli tutti, per questo è stata creata la voce “toponimi opachi”. Cabrei: dal lat. Cabreum, capibrevium. Derivato dallo spagn. Cabreo, lat. mediev. capibrevium, da caput breve. In origine fu chiamata così la raccolta dei privilegi e prerogative della monarchia castigliana fatta da re Alfonso XI; più tardi il nome fu esteso a indicare gli elenchi di beni appartenenti a grandi amministrazioni ecclesiastiche o signorili. Questi elenchi contenevano e numeravano le terre e le case, i coltivatori adibiti a ciascun podere, i patti di conduzione e con ciò la quantità di derrate o di denaro che ciascuna famiglia di livellari, di coloni o di servi era obbligata a dare annualmente al proprietario, come pure le giornate di lavoro. L’uso di


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tali elenchi risale all’epoca romana. Careggi: Campus Regis, villa e contrada da cui ha preso il distintivo la parrocchia di S. Pietro a Careggi, nella Comunità del Pellegrino presso Firenze, Giurisdizione e 3 miglia toscane a ponente di Fiesole, Diocesi e Compartimento di Firenze che è 2 miglia toscane a scirocco. Porta questo vocabolo una parte della base meridionale del monte dell’Uccellatojo che scende nel piano di Firenze alla sinistra del torrente Terzolle. È una contrada che gareggia con quella di Fiesole per dolcezza di clima, per delizie campestri, per amenità di situazione e per essere la più copiosa di ville signorili di quante altre fanno corona ai popolatissimi e ridenti contorni della regina dell’Arno. Una però di queste ville signorili, la più magnifica di tutte, ha reso famosa la contrada di Careggi. Fattoria: Il termine deriva da fattore, dal latino factore(m), ‘chi fa, chi opera’, derivato di facere, ‘fare, agire’. L’amministrazione di un dato numero di poderi (o altri beni di campagna), e l’ufficio stesso del fattore che li amministra. Oppure designa la casa dove il fattore risiede e i fabbricati annessi. Oppure l’insieme dei poderi riuniti sotto un’unica amministrazione. Mulino: potrebbe designare un luogo in cui era presente un mulino. Palazzo di Careggi Vecchio: dal latino palatium; qui vi era una costruzione signorile il cui valore è segnalato nel toponimo Careggi. Unito all’aggettivo vecchio, abbastanza usato in toponomastica come elemento di distinzione di un luogo. Il tema vecchio, dal latino vetus -erem. Podere: da podere, passato alsign. di “ciò che si possiede” – fondo, predio, terra, terreno, tenuta. Fondo rustico destinato a coltura o suscettibile di coltura, lavorato da una o più famiglie coloniche in proprio o per contratto di affitto o, un tempo, di mezzadria. Tali poderi, con le rispettive case, costituiscono un esempio di insediamento umano sparso: si trovano o sui colli, o sui poggi, o in pianura vicino ai pozzi o alle risorgive, o sui versanti soleggiati delle regioni montane. Podere del Castagno: potrebbe far riferimento alla presenza di questo tipo di vegetazione, così come alla presenza di un esemplare specifico, noto forse per età. Podere del Fondello: nome locale formato dall’aggettivo profondo che deriva dal latino profundu, fundu. Podere del Moro: nome locale da nomi di piante morus, um, la specificazione dei mori trae origine dal latino morum, “moro”, l’albero del gelso (Morus nigra). Podere del Piano: nomi locale formato dall’ aggettivo pianeggiante, etimologia planu, ulu. Podere di Rinieri: forse con riferimento alla famiglia del mezzadro che lo aveva in conduzione. Podere delle Siepe: nome locale spettante alle condizioni del suolo saepes, siepe-i Podere della Tinaia: era un possesso della Corona conquistato sotto


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il governo Mediceo mediante la colmata dell’Arno vecchio e quindi nel 1786 alienato dopo esservi stata eretta una chiesa parrocchiale sotto l’invocazione de SS. Michele e Leopoldo alla Tinaia, nel piviere. Trovasi in pianura sulla ripa sinistra dell’Arno fra le chiese di Corte Nuova e di Limite, quella sotto la diocesi di Firenze e questa situata alla destra del fiume sotto la diocesi di Pistoia. Podere della Torre: nome locale di varia originazione, dal latino turris, torre-i. Possibile presenza all’interno del podere di una torre Terzollina: nome locale da nome di persona derivati per -ano ed -atico, etimologia tertianu-a-anula, la parola designa un affluente del Terzolle. Podere Poggio Secco: nome locale formato dall’ aggettivo secco, etimologia siccu. Podere delle Fontane: nome locale spettante alle condizioni del suolo, etimologia fonte-ana, fonte-i Podere della Fonte: vedi Podere delle Fontane Fattoria di Monterivechi: forse con riferimento alla famiglia del mezzadro che lo aveva in conduzione. Podere di Monte Piano: nome locale formati dall’aggettivo pianeggiante, etimologia planu-ulu, fa riferimento al Monte Piano presso Careggi. Podere di Belvedere: il senso del toponimo fa riferimento alla vista ed è molto frequente in vari centri. Nome locale formato dall’aggettivo bello dal latino bellum. Belvedere è uno di quei toponimi ubiquitari, cioè presenti e diffusi in tantissime località e comuni. Toponimi opachi: Podere del Condotto Podere del Monte Riucchi Podere del Signore Prato della Sirena Pallottolajo Cafa Podere dei tre cammini



Bibliografia



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Tavole



























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