E pose la sua dimora in mezzo a noi

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sperienze di ita

EV

Periodico della Comunità

Piccolo Gruppo di Cristo

“... e pose la sua dimora

in mezzo a noi”

n. 150 - anno XXXI Dicembre 2010


In questo numero...

Ireos ci invita a vivere l'Avvento come un tempo di conversione e di cammino verso l'eternità. I racconti di alcuni fratelli e sorelle, che durante i mesi estivi hanno vissuto esperienze di pellegrinaggio o soggiorni in luoghi di missione, ci aiutano a coglierne il valore, quando viviamo questi momenti alla presenza del Signore che ci educa. Significativi alcuni interventi relativi alla settimana estiva della Comunità che ne mettono in rilievo il grande significato. Ma di questo vi parleremo anche nel prossimo numero. Vi proponiamo infine una esperienza di solidarietà vissuta in un condominio di Rozzano, alle porte di Milano.

Giosuè

Sommario 4

Avvento: Cammino verso l’eternità

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In Turchia da pellegrini

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Un viaggio davvero speciale La strada verso Santiago Assunto a tempo indeterminato

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Immagini e ricordi di un Pellegrinaggio

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Il mondo a Lourdes

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Il Signore ci ha chiamato a Fiumalbo

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Servire con gioia

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A metà strada

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Risotto condominiale

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Proposizioni del sinodo

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È accaduto


Il Fondatore

L'AVVENTO È UN TEMPO DI CAMMINO VERSO L'ETERNITÀ IL PERICOLO DELLA CHIUSURA INTERIORE

In questi ultimi mesi mi sono impegnato a osservare spiritualmente le realtà della Chiesa in generale e del Gruppo in particolare. Per questo sono stato attento a non allontanarmi da Gesù, ma a restare piuttosto dentro il suo Spirito. Ho cercato di essere "persona preghiera" e di usare insieme le facoltà che Dio concede all'anima e al corpo: l'udito per ascoltare i valori e i disvalori di ciò che viene detto o taciuto e il tono della voce con cui viene detto; la vista per vedere i comportamenti e i gesti che, con il loro linguaggio, esprimono gli atteggiamenti; il contatto non superficiale, ma di profonda comunione, per cogliere ciò che ogni persona vive ed esprime nella sua realtà umana. Osservando così il Gruppo, sono arrivato alla constatazione di un pericolo molto serio: che chiunque pensi di essere il custode della vocazione del Gruppo nel suo valore spirituale e nel suo aspetto organizzativo. Se questo atteggiamento prevalesse, sarebbe in grado di distruggere il Gruppo, ma per grazia di Dio nel Gruppo sono presenti anche veri valori che lo preservano dal fallimento. In particolare occorrono umiltà e obbedienza a Dio e ai propri superiori, che hanno il compito di favorire il cammino, sia personale, sia di tutto il Gruppo, verso la santità. Spero che non sia la mia immodestia a dirvelo: osservo che in Gruppo siamo

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come rinchiusi in una stanza buia, intabarrati e avvolti di ombre che diffondiamo. Ovvero, non siamo in vera comunione se diamo la precedenza ai nostri personali punti di vista e se chiunque pensa di essere il vero e unico conoscitore della vocazione. Io ho sempre il dubbio di non aver ben compreso ciò che vuole da me il Signore: spero e tento di ascoltarlo e seguirlo, ma non sono sicuro di aver fatto tutta la sua volontà. Rimango triste, perciò, quando osservo che ci sono persone che si sentono sicure di conoscere la volontà di Dio nel Gruppo, mentre tutti dobbiamo chiedere allo Spirito Santo di sorreggerci e guidarci a compierla, come Gesù stesso che nell'orto del Getsemani pregò perché si compisse non la propria volontà, ma la volontà del Padre. L'OCCASIONE DELL'AVVENTO E DEL NATALE

Certamente l'occasione di questo periodo di Avvento deve sollecitarci a realizzare tutto il progetto che Dio ha su di noi. La Chiesa ci offre i vari tempi liturgici per meglio seguire il Signore e, in particolare, il Natale ci richiama l'amore del Figlio di Dio che da purissimo Verbo si incarna e diventa uomo per insegnarci a vivere la carità trinitaria e per donarci, morendo e risorgendo per noi, la salvezza e la gloria eterna. Per me desidero che il tempo di Avvento non si limiti a quello liturgico, ma si estenda a tutto il periodo che vivrò fino alla mia "nascita" in Cielo.


L'attesa della nascita di Gesù è simile al tempo che mi separa dalla mia vita in Paradiso: e non solo per me, ma per tutti. È necessario pregare e vigilare per restare fedeli. Siamo chiamati ad "andare incontro a Gesù con le lampade accese", portando luce, pace e serenità a tutto il popolo di Dio. Per fare questo, dobbiamo accettare di consumarci come l'olio della lampada. Questo è carità. L'olio che si consuma è il segno non solo dell'impegno a servire il prossimo, ma anche del tempo che passa: perciò abituiamoci a considerare che, quando Dio vorrà, la nostra vita terrena si concluderà e saremo giudicati su come avremo vissuto nella santità. Con la nascita di Gesù, Betlemme non è più la Betlemme di prima, ma è una città nuova che richiama i pastori, attira i Magi ed emana una luce nuova. Perciò, è bello osservare i presepi allestiti nelle varie chiese, ma il vero presepe per noi è rendere presente oggi, in questo tempo secolarista, ateo, egoista, la grazia portata da Gesù nel mondo. Anche il Piccolo Gruppo deve essere la grotta in cui accogliere Gesù e riscaldarlo con le fasce usate da Maria, con il fuoco acceso da Giuseppe e con il calore stesso dell'asino e del bue: ognuno di noi singolarmente, e tutti noi insieme, dobbiamo essere la culla ove giace Gesù: lasciarci fare da lui come lui vuole e accoglierlo nel calore delle virtù evangeliche. Il Signore ci richiama a essere evangelici ed evangelizzatori, e a percorrere e a far percorrere la via della santità fino a questa Grotta. Avremmo perciò bisogno di brillare come la stella che guidò

i Magi, mentre spesso ci lasciamo spegnere come in una pallida e fioca luce della sera. UNA FRATERNA CORREZIONE PER VIVERE MEGLIO LA CONSACRAZIONE

Se siamo sinceri, tutti dobbiamo riconoscere che siamo peccatori. Ugualmente vogliamo chiedere a Dio la grazia di poter migliorare per non essere oscurità, ma luce splendente che rende visibile la presenza di Dio nel mondo. Non è sempre facile, ma è importante cercare di trasformarci in Gesù, nostro fratello Dio. Capita infatti che uno si senta libero di comportarsi come vuole: si dice di essere del Signore, ma in realtà lo si intende come ci fa più comodo. La povertà come sobrietà austera Innanzitutto, il nostro voto di povertà spesso non corrisponde a una vita effettivamente sobria e austera. Ad esempio, non viviamo una sobrietà austera quando i nostri pasti non sono abitualmente modesti. Il cibo non deve mancare, deve essere sufficiente a nutrirci per restare in buona salute, ma non si corrisponde al voto quando in tavola ci sono tante portate e si può sempre scegliere ciò che si preferisce. Il cibo serve per nutrirsi e non per soddisfare il piacere del palato, anche se non ci si deve costringere a mangiare ciò che ci disgusta e ci può recar danno. Quindi, si abbia cibo sufficiente e semplice, che non ci renda schiavi del voler soprattutto quello che ci pare e piace. Se possibile, è meglio consumare il pasto insieme, piuttosto che da soli per i propri capricci, o per il piacere di uno spettacolo o di una partita, trascurando la bella comunione familiare che si

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Il Fondatore vive quando ci si trova tutti uniti attorno a un tavolo. Quando certi cibi non sono ben tollerati, vanno evitati, ma sovente, specialmente da piccoli, si fanno i capricci per avere ciò che più piace. Perciò fin da piccoli i figli devono essere educati a mangiare ciò che viene loro offerto. Quando un bambino capisce che in casa c'è la possibilità di scegliere fra cibi diversi, è più facile che faccia capricci e pretenda ciò che preferisce: ma i genitori non devono essere troppo accondiscendenti, ma proporre, tranne che in caso di allergie o intolleranze, una sola scelta nei cibi. Similmente, se avanza il pane o altro cibo, noi adulti dobbiamo dare il buon esempio e il giorno dopo consumare quello, prima di offrire il pane fresco o una nuova pietanza. Se questa è un'abitudine alimentare dei grandi, lo diventerà anche per i figli. A meno che i bambini non abbiano particolari problemi, non è bene che siano sempre accontentati nei loro desideri, soprattutto quando sono capricci: così imparano il valore dell'essenzialità. Pensiamo a quante persone nel mondo non hanno il necessario e noi non riusciamo a educare i nostri figli ad accontentarsi. Ricordo che quando ero piccolo, a Spilimbergo, la mia nonna Maria mi dava ogni giorno per merenda una fetta di polenta avanzata con un po' di formaggio o di salame. Una volta, per educarmi, me la diede senza companatico e, siccome io aspettavo il resto, mi disse: "Nini, se hai fame, questa ti basta". Quel gesto, come tanti altri di mia nonna, mi ha profondamente educato. La sobrietà austera è uno stile di vita che va messo in pratica non solo per il

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cibo, ma anche per il vestiario, i divertimenti, le ferie, eccetera. Ad esempio, ci si deve preparare a stare accanto alle persone ammalate, anziane, non autosufficienti, anche quando questi impegni ci costano molti sacrifici. La casa, poi, non deve essere un posto ove uno entra o esce quando vuole, ma il centro di una condivisione che è la famiglia. L'obbedienza come umile e serena accoglienza Esaminiamo poi il nostro voto di obbedienza, che non è tale se poi non si accolgono con umiltà e serenità gli impegni che ci vengono dati. A volte, però, non avere incarichi, o essere rimasti senza quelli che avevamo precedentemente, ci rende critici: troppo facilmente crediamo di essere stati messi, in tal modo, all'ultimo posto e, oltre tutto, questo ci pare umiliante (o fastidioso); e così non ci rendiamo conto di svilire e annullare il valore della vocazione. È il Signore che, a suo piacere, si serve dei responsabili per assegnarci a questo o a quel posto; quando ciò accade non si deve criticare, ma gioire di poter crescere nelle virtù. Il rapporto primario è con il Signore e si obbedisce a lui tramite chi è stato chiamato a guidarci. Non dimentichiamo che in Comunità, nei termini stabiliti dalle Costituzioni approvate dalla Chiesa, è il Responsabile Generale che rappresenta Dio, anche quando a noi sembra che i responsabili ci facciano pesare le loro incapacità. LA GIOIA DI CRESCERE CON GESÙ, STANDO ALL'ULTIMO POSTO

Vivere il dono della santità a volte non


è facile, ma alla fine la fatica porta alla gloria del cielo. La "persona preghiera" è tale se con serenità e abbandono ogni momento si mette nel cuore di Dio per essere vero tempio dello Spirito Santo. Io per me desidero essere totalmente di Dio e perciò gli chiedo che il sangue di Gesù scorra in me, ossia che la mia vita viva nella sua, all'interno della Chiesa cattolica. Penso di avervi parlato stando accanto a Gesù bambino, così che questi pochi esempi vengano dalla greppia del piccolo Figlio di Dio. Molte altre virtù le vedremo se sapremo seguire Gesù nella sua crescita fisica e caritativa. Tutti insieme preghiamo per aiutarci a crescere nelle virtù, a vivere nel Signore e a essere per tutti esempi di fedeltà alla vocazione. Vi prego di aiutarmi a mettermi gioiosamente all'ultimo posto e, da lì, volervi bene sempre di più. Signore, fammi essere quel cristiano santo che tu vuoi che io sia! 25 novembre 2010 Ireos D.

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In viaggio

In Turchia da pellegrini, sulle orme dei primi apostoli e di don Andrea Santoro Il 3 agosto scorso don Pierpaolo Felicolo è partito da Roma per raggiungere la Turchia con 12 ragazzi, dai 21 ai 26 anni, del gruppo giovanile della parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio. La meta dichiarata del viaggio, durato 12 giorni, era quella di visitare Trebisonda-Trabzon, la città in cui ha svolto la sua attività missionaria don Andrea Santoro, ucciso proprio a Trabzon il 5 febbraio del 2006, e Istanbul, capitale di un Paese che ha ricevuto il messaggio cristiano dagli apostoli, in primis da San Paolo. In Turchia i cristiani sono una minoranza: 70/80 mila, appena il dieci per cento del totale della popolazione. Il 3 giugno scorso nel sud del Paese è stato ucciso anche un vescovo, monsignor Luigi Padovese, che svolgeva la funzione di Vicario apostolico per l'Anatolia. Don Pierpaolo, che cosa significa a distanza di tre mesi, siamo a Natale, fare memoria di quel viaggio? Fare memoria per me vuol dire ricordare, perché c'è il rischio nel tran tran della vita quotidiana di dimenticare. Che cosa non dimentico? Di sicuro la permanenza di una settimana nella grande città di Trabzon, ospitati nel monastero di Sancta Maria Kilisesi. Qui si era stabilito don Santoro, dopo una prima permanenza a Urfa (Anatolia), e aveva sistemato la chiesa. Ciò che mi ha impressionato di più è la diversità culturale tra noi e la gente del posto. La realtà di Trabzon t'insegna a dialogare, perché costringe a uscire dal nostro modo di comprendere le cose per capire come l'altro le coglie, per 8

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mettersi nei suoi panni e quindi riuscire a dialogare nella maniera più opportuna. Vi siete confrontati con un ambiente totalmente islamico? Sì e quindi c'è la necessità di dialogare senza perdere la nostra identità, perché noi siamo cristiani. Si tratta di stabilire un rapporto di amicizia nel rispetto reciproco, ma questo vuol dire cercare di capire come gli altri pensano, non soltanto vedere con le proprie categorie. Noi, per essere chiari, non siamo andati lì da turisti, ma da pellegrini, un piccolo gruppo di cristiani, pochi per non dare nell'occhio. Trabzon, con i suoi 900 mila abitanti e una famosa squadra di calcio, è una città molto diversa da Istanbul e più difficile: nella capitale si sentono le campane, ci sono almeno quattro chiese, c'è una convivenza maggiore tra cristiani e musulmani. A Trabzon invece non siamo passati inosservati, ci identificavano come i cristiani, altri cristiani dopo don Andrea Santoro, in una realtà islamica caratterizzata dalla fierezza di essere cittadini turchi e nazione turca. Hai conosciuto don Santoro? Certo. E' stato parroco per almeno sei anni fino al duemila ai Santi Fabiano e Venanzio, la parrocchia con cui collaboro e conosco molto bene anche la sua mamma. In questo viaggio c'era anche Giulia Pezone, impegnata come me coi giovani della Parrocchia, ma lei, con altre due persone rappresentava l'Associazione Finestra per il Medio Oriente, fondata proprio da don Santoro.


A Trabzon avete incontrato altri giovani? No, non in modo ufficiale. Direi che noi li osservavamo e loro ci osservavano. E questo, credete, è già molto. Noi vestivamo tutti con un certo stile, rispettoso delle tradizioni locali: pantaloni lunghi nonostante il caldo e il livello d'umidità allarmante, nessun ombelico in vista, niente alcolici né fumo. Tutte le sere alle 19 c'era la Messa e questo lo abbiamo fatto sapere subito alla comunità cattolica del luogo. Veniva chi voleva. E' stato commovente celebrare l'eucarestia la domenica con i cattolici del posto. Ho concelebrato con un gesuita turco, di origine musulmana, poi convertito e da poco ordinato prete. Alla Messa era presente una decina di cristiani. Come ci ha spiegato Ruggero Franceschini, che ha sostituito come Vicario apostolico monsignor Luigi Padovesi, "Da noi non aspettatevi le chiese piene, questa non è la Turchia, ma piuttosto una presenza discreta, orante, rispettosa delle proprie tradizioni e della propria cultura, questi sono i cristiani e questo siamo chiamati a essere. Era lo stile di don Andrea, che con caparbietà e tenacia è voluto andare lì ed è diventato seme che muore. Essere presenza e niente più." Noi pellegrini abbiamo cercato di riproporre questo stile. Com'è andata a Istanbul? Bene, perché abbiamo avuto un bellissimo incontro con il Patriarca Bartolomeo I, un vero uomo di Dio, di grande fede e aperto al dialogo. Si preparava a raggiungere, per la Festa dell'Assunzione di Maria, il monastero di Sumela a lei dedicato, che si trova a un'ora da Trabzon. Per l'occasione il governo turco, che l'ha trasformato in un museo, avrebbe concesso la possibilità

di celebrarvi una Messa dopo ottantotto anni, davvero un grande evento. Il patriarca di Costantinopoli ha invitato i giovani a guardare in alto e a sognare in grande e anche come Chiesa ci ha parlato del suo sogno di unità. Come vedi il futuro? Dopo questo viaggio, si è acuita la mia attenzione e sensibilità nei confronti dei cristiani e delle minoranze che pagano un alto prezzo per aderire al Vangelo. Il 14 novembre scorso l' ufficio che io dirigo, che si occupa della pastorale delle migrazioni, in collaborazione con l'ufficio missionario, ha promosso con il consenso di tutta la diocesi una giornata di preghiera in una parrocchia romana. Lo abbiamo fatto in solidarietà con i cristiani iracheni, dopo l’attentato nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad che è costato la vita a 58 persone e ne ha ferite una settantina. I cristiani sono nel mirino purtroppo e occorre pregare per loro e per il Medio Oriente. La Redazione

S.Sofia, Instanbul -foto di Antonio Plescia Esperienze di vita

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In viaggio

Un viaggio davvero speciale

Monte delle beatitudini

Ho trascorso lo scorso mese di settembre in Israele-Palestina o come si dice in Terra santa e per otto giorni ho condiviso quest'esperienza con mio marito Sandro e mio figlio Giovanni. Molti sanno che Sandro vi si reca come guida biblica della Diocesi di Milano almeno due volte l'anno per accompagnare i gruppi che desiderano fare un breve pellegrinaggio alle sorgenti della nostra fede. Ma se per ogni cristiano il luogo dove è vissuto Gesù rappresenta un forte richiamo, per noi c' è anche il fatto che nostro figlio Giovanni è nato e vissuto per tre anni a Betlemme, prima che noi lo adottassimo. Premetto questo per far capire il legame particolare con questa Terra e 10

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la gente che l'abita. Che cosa ha significato per Giovanni tornarci quest'anno, dopo undici anni di lontananza, per suo padre, e per me starci per la prima volta un mese intero? Innanzitutto abbiamo vissuto un pellegrinaggio famigliare, accompagnati e guidati spiritualmente da due missionari salesiani, i fratelli Gianazza, che tanto ci avevano aiutato nell'adozione di Giovanni e che si considerano i suoi zii. Nostro figlio ha visitato i luoghi santi, ha rivisto persone che lo avevano conosciuto da piccolo, le suore dell'Orfanotrofio ad esempio, e ha chiesto che fossimo noi due a decidere, suo padre in particolare, l'itinerario. Sandro ed io pensiamo che sia stato per lui un momento importante per rinsaldare le sue radici medio-orientali e quindi per costruire un'identità più consapevole, anche se a chi lo incontrava ha detto chiaramente di sentirsi italiano e soprattutto milanese. E ci auguriamo e pregheremo affinché trovando radici in se stesso riscopra una fede autentica. Il secondo significato esplicito del viaggio era per me quello di trascorrere un periodo di ritiro. Dopo otto giorni infatti, Sandro e Giovanni sono tornati a casa, mentre io sono rimasta a Betlemme, ospite della Comunità salesiana del posto. Sapendomi in pensione, mi avevano chiesto se avevo piacere di stare un po' con loro. Così nei venti giorni successivi di permanenza ho partecipato ai loro momenti quotidiani di preghiera, meditazione e messa. Questo piccolo gruppo di missionari consacrati, per lo più italiani, ma anche libanesi, cileni e indiani, a


Betlemme gestiscono una scuola superiore, un oratorio maschile e uno femminile e un forno per il pane. Il sabato e la domenica raccolgono intorno alla chiesa la gente della zona, come una qualsiasi nostra parrocchia. Non cono- Lago di Tiberiade scendo io l'arabo, non avendo capacità manuali e tecniche specifiche, mi hanno affidato nei venti giorni della mia permanenza il riordino di una libreria che da anni continuava a incamerare, insieme alla polvere, tanti libri di vite dei santi, di spiritualità e teologia, riviste, tesi e vario materiale cartaceo. Ci ho lavorato dalle tre alle cinque ore al giorno, seguendo delle indicazioni e dei criteri dati, ne ho approfittato per leggere e ho cercato di fare del mio meglio, sempre mettendo al primo posto la preghiera, e senza tuttavia rinunciare agli incontri che di volta in volta mi venivano proposti. Ho incontrato diverse piccole comunità di suore, caratterizzate al loro interno dalla multietnicità, che operano a servizio della comunità locale, e mi sono fatta un'idea della minoranza di famiglie cristiane rimaste nella zona, che si sono riunite in occasione di un matrimonio, della visita del Patriarca e per pregare nel Convento del Carmelo di Betlemme per il sinodo sul Medio Oriente, che si sarebbe svolto di lì a poco. Mi ha emozionato soprattutto partecipare alla processione per la festa dell'Esaltazione della Croce, che ogni anno il 14 settembre si tiene

a Mi'lia, nel nord d'Israele. Sono partita in pullman alle cinque del mattino con una ventina di ragazze e ragazzi scout, per lo più adolescenti, più i loro capi, adulti di una trentina d'anni, qualcuno con moglie e figlia piccola al seguito. Il permesso individuale concesso o meno a ogni singolo cittadino arabo palestinese dal governo israeliano, e indispensabile per uscire da Betlemme, è arrivato solo all'una di quella stessa mattina. Nel baule c'erano gli strumenti musicali perché i capi scout sono anche una delle bande musicali locali. La processione si è snodata nella serata per la cittadina di Mi'lia e ogni casa cristiana era illuminata da una croce. Conoscendo la difficoltà a uscire da Betlemme, di fatto una prigione a cielo aperto, ma anche con belle ville e case in costruzione, la banda dei nostri Scout, presente con i gonfaloni della città, è stata applauditissima dai fedeli che seguivano la processione dai lati della strada. La Festa religiosa ha anche rappresentato l'occasione per i ragazzini di trascorrere la mattina al mare e di tuffarsi nelle acque calde del Mediterraneo a Haifa Carmel. Non posso non aggiungere qualcosa sul muro, ormai lungo centinaia di chilometri e ancora in costruzione. Separa villaggi e cittadine palestinesi da insediamenti ebraici che si moltiplicano Esperienze di vita

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In viaggio come funghi e occupano terre palestinesi incolte e adibite a pascolo. Qualcuna è stata venduta agli ebrei da qualche palestinese che è stato ben ricompensato. Per l'esodo dei cristiani, Betlemme si è ancora di più islamizzata in questi anni e molti missionari aiutano la popolazione più povera anche culturalmente che in maggioranza è proprio di religione musulmana. Le strade per i cittadini israeliani sono vietate alla popolazione araba, costretta a interminabili controlli e a circonvallazioni per raggiungere le proprie città e i villaggi. Giovanissimi i soldati e le soldatesse di guardia armata ai ceck point. Una brutta conseguenza del muro è che molti, troppi matrimoni anche tra cristiani avvengono tra consanguinei e per questo s'è verificato un aumento esponenziale di malattie genetiche tra i nati dopo il duemila. L'ho saputo visitando il Charitas Baby Hospital di Betlemme che ospita bambini seriamente malati, ma anche

ragazzini sani che vengono ricoverati solo perché molto denutriti. Che cosa dirvi ancora? Che i Salesiani, così come tante altre Comunità di Terra santa hanno tanto bisogno di volontari, ad esempio accolgono durante l'estate molti giovani che vogliono dare una mano e avere uno scambio di idee con la gente del posto. È possibile inoltre essere ospitati in conventi e romitaggi, anche solo per pregare. Quindi spero che la mia esperienza sia d'incoraggiamento ad altri fratelli e sorelle che sentono quest'esigenza. Vilma C. P.S. In fondo al giornale trovate una sintesi delle proposizioni del Sinodo sul Medio Oriente, suggerimenti di libri e siti Internet sulla Terra santa.

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LA STRADA VERSO SANTIAGO

Zaino in spalla, scarpe ben strette, la frescura del mattino, il sole ancora pallido. Pronti via in cammino! Inizia così la giornata del pellegrino e sono cominciate così le nostre giornate destinazione Santiago. Una proposta del Decanato di Lecco fatta ai giovani per vivere assieme, durante il periodo estivo, un'esperienza di gruppo un po' particolare. Gruppo composto da 21 giovani capitanati da don Carlo e don Simone che un po' per curiosità, un po' per poter vivere diversamente il tempo estivo o avere spazi di silenzio, si è incamminato lungo i 700 chilometri (alternando tratti a piedi con spostamenti in pulmino) del percorso Iacobeo. L'itinerario scelto è stato quello francese che partendo dal borgo di Roncesvalles, nel mezzo dei Pirenei si snoda lungo l'altopiano

spagnolo fino ai monti della Galizia. Tra le tappe intermedie, Santo Domingo della Calzada, Burgos e Leon, città dense di storia, di bellezza e di spiritualità. La mattina cominciava presto per poter sfruttare al meglio le ore fres c h e d e l l a g i o r n a ta e d o p o u n a rapida colazione via verso la meta del giorno. Quattro-cinque ore di camminata immersi nella bellezza della natura con paesaggi sempre nuovi e diversi, dai verdi boschi dei Pirenei alle ampie vallate desertiche della Castilla, ai piccoli paesini che incrociavamo lungo la via. Poi ci si fermava per condividere assieme il pranzo e riposare le gambe stanche. Camminare nella natura è un'opportunità per poterla pienamente gustare, per poter cogliere la bellezza di un ambiente non troppo intaccato dall'uomo. Momenti di silenzio si alternavano a intense chiacchierate: camminare insieme aiuta ad accogliere l'altro, rispettare il suo passo più lento, vivere assieme la fatica del caldo e il desiderio di arrivare. Peregrinare: letteralmente "per agros ire" = andare per campi … i campi della nostra vita, cercando d i r i p e r c o r r e r e i pa s s a g g i d e l l a storia di ciascuno e ogni tanto guardando indietro per sorprendersi del percorso compiuto. Il pellegrino si deve mettere in una condizione di ricerca, di attesa, deve portare con sè l'essenziale: il di più pesa. Durante il percorso ci si deve adattare, ci si deve mettere in gioco, essere Esperienze di vita

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In viaggio disposti ad accogliere gli imprevisti ma soprattutto lasciare spazio all'azione del Signore. Il pellegrino è colui che cerca, aspetta, custodisce nel cuore il desiderio della m e ta , s i m e t t e i n m o t o m a h a i propri spazi di riposo, i suoi tempi, capisce i propri limiti e deve saper calibrare le proprie forze.

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Durante il percorso si ha ben in m e n t e l a m e ta e u n a v o l ta r a g giunta si capisce che non è quello l'importante, ma lo è molto di più la strada percorsa e quella che si intraprenderà una volta tornati. Letizia P.


ASSUNTO A TEMPO INDETERMINATO

Katia e Valter a Santa Cruz

Lei, Katia, è arrivata in taxi! A un incontro di ragazzi della Operazione Mato Grosso*… Figuratevi noi volontari!! Eravamo lì anche per 'festeggiare' il fatto che il giorno dopo io sarei partito per il Brasile, per la prima esperienza di qualche mese. Quella sera io avevo altro per la testa, ma lei dice che mi ha notato con un interesse particolare… É diventata poi amica della mia ragazza, che le raccontava tutti i miei difetti… Quando sono tornato, la mia ragazza aveva trovato un altro e Katia stava per partire a sua volta per la Bolivia. Ci siamo scritti per anni, trovando una profonda sintonia. Un giorno le ho scritto, solo: 'ti penso e ti aspetto'. Pochi mesi dopo abbiamo chiesto al Signore di sedersi a mensa con noi, di benedire e assicurare il nostro amore. Nato per posta. Avevo sentito crescere nelle sue lettere boliviane l'affetto per quella gente, le fatiche del loro vivere, il suo essere tutta spesa e sparsa come seme fra quelle persone. Una volta ci ha mandato una foto del gruppo di donne del villaggio. Solo io ho trovato che c'era anche lei, tanto si era immedesimata e

resa una di loro, pure con le stesse trecce tradizionali di lì. E uno sguardo di felicità (e stanchezza sana), un brillare degli occhi, che mi è rimasto dentro, nel profondo. Tutto ciò avveniva circa trenta anni fa. In mezzo c'è poi stata una vita, il matrimonio e tante strade percorse. Qualche anno vissuto in missione insieme in Brasile. Il rientro 'forzoso' in Italia, l'incontro con il Piccolo Gruppo: tanta ‘grazia ricevuta’! Questa estate siamo tornati per la prima volta in quella Bolivia. Dopo così tanto tempo c'era un entusiasmo e un affetto nelle persone di là nel rivedere Katia !! Ma non vi immaginate quanto, quanto vivo, sentito, condiviso. Neanche Katia si aspettava tanto. E io godevo di lei e per lei. Quanto è stato bello, intenso e vero quello che ha vissuto allora, per dare questo ritorno oggi! E quanto è stato grande il dono che ho ricevuto io nell'essere scelto come marito da lei, anche dovendo lei rinunciare per questo proprio a quella Bolivia tanto amata. C'era un gran vento in quei giorni, il 'sur', che viene dal polo e spazza capanne e città, facendo calare la temperatura in poche ore di dieci o venti gradi… Ma era niente rispetto al vento delle emozioni dentro! Ero muto, impossibilitato anche solo a formulare pensieri. Solo emozione, contemplazione, ringraziamento. E anche lei alla fine non stava più tanto nella pelle. Mi ha detto 'sono contenta di non essere morta dalle emozioni'. Sorrisi, capanne, affetto, la strada che ancora non c'è, la miseria invece sì, Esperienze di vita

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In viaggio ancora… Ma perché vi racconto tutto ciò ? Un po' per dire a chi è giovane, che dare un periodo della propria vita ad un servizio 'a tempo pieno' ti può portare alla lontana ad avere una gioia come quella descritta. Ma soprattutto, subito, il fatto di stare appunto a tempo pieno 'a servizio' ti fa sperimentare in concreto quanto sia bello e liberante il non mettere se stessi e le proprie preoccupazioni al centro. ' I tuoi occhi non

avranno tempo di guardare te stesso, ma solo di brillare nella gioia e nel pianto degli altri'. Occupati del povero e il Signore si occupa dei fatti tuoi... e meglio di te! Poi ti restano per la vita certe impostazioni. Non cerchi più il superfluo quando hai condiviso certe miserie. Sai bene che i soldi che hai non sono tuoi, come tutti i talenti, sono per il servizio che sei chiamato a fare. Non cerchi di startene tranquillo nel tuo buon recinto, se sai cosa c'è nella bidonville appena fuori: nomi e volti, mica filmati. Odori e lacrime, sorrisi che conosci, ti prendono per mano e ti restano addosso. Viene spontanea la voglia di vivere tutta la vita 'al servizio'. E cosa c'è di meglio? Di più energetico e liberante ? Ti alzi al mattino con l'energia che il Signore ti dà proprio per quelli che non ne hanno. Hai voglia di partecipare, di costruire questa città dell'uomo, di portare in giro quel saperti amato che hai scoperto. Anche se poi lavori e ti stanchi come tutti e come tutti fai la tua fatica di vivere, ma è dentro che sei diverso. 'Assunto a tempo indeterminato' da una ditta che non fallisce. Operaio di un padrone che ama. Secondo me, partiamo tutti proprio dal fatto concretissimo di 'essere amati', pensati, voluti e accuditi fin dal grembo 16

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materno, da un Padre che ama davvero e che sa anche dirci di amare il fratello. Sa farci trovare i modi, a volte molto imprevedibili per farlo. 'Tu sarai

l'eucarestia fatta comunione per aiutare il mio popolo'. Trovare tempo e modo per ricordarci 'il dono ricevuto' e goderne è la premessa necessaria perché vengano frutti. 'La tua preghiera contemplativa sale

dalla valle operosa'. Gesù stesso osa la gioia per noi e quasi ce la dà come consegna : "Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa"(Gv. 15;11). La 'sua' gioia, in noi. Io e Katia siamo da tempo a Milano, come in missione. Che differenza c'è ? La gioia che viene dall'affidarsi a Lui, da imparare giorno dopo giorno a prendere la vita dalle sue mani, con il suo aiuto. 'Non temere, piccolo uomo….io sarò con te'. Forse la differenza è che 'quella' missione ci ha dato dentro una benzina che non finisce, ci ha aiutati a trovare quella fonte che non delude. Come ci dice il Piccolo Gruppo, 'lavora e prega,

fai opere di bene senza pretendere ricompensa'. Ecco, il servizio civile è una bella occasione per verificare. Presto e a fondo. Poi per tutti noi, anche grandicelli, è bello condividere il fatto che sappiamo nelle nostre esperienze concrete quanto il Signore si fa presente, ama e fa vivere. Questo ultimo viaggio ha avuto per me e per noi due un forte impatto ha cementato più ancora la coppia. Mi ha fatto guardare ancora di più mia moglie come 'dono di Dio' 'carezza di Dio nella mia vita'. E questi sono doni doppi: uno per il dono in sé, uno per la


coscienza che ne prendi man mano. Eppure siamo stati una coppia difficile, abbiamo faticato molto. Ma guarda quanto bene ci riversa oggi (e non solo da oggi!) la firma che abbiamo chiesto al Signore sotto il nostro patto. 'Il Signore è fedele'! 'Ti vedrò… ti por-

terò nella mia casa, mangerai a mensa con me…' Stare fermo nell'adorazione. In un silenzio pieno di tutto il bene ricevuto, delle fatiche e delle gioie, del cammino che Lui ha condotto. A volte mi è impossibile fare altro: sto fermo nell'adorazione, ammutolito nel 'grazie'. 'In ogni cosa rendete grazie'. Ecco, in questo anno che mi porterà, a Dio piacendo, ai voti perpetui, credo di dover proprio ringraziare per questo insegnamento, venuto dalla vita e nella preghiera: ci si può affidare, perché siamo in mani veramente buone e sapienti. 'Se così vuole il Signore, se così tanto ci ama…'! Poi resta il nostro peccato e il nostro limite. Ma credo sia da guardare anche

quello come combustibile di cui la Sapienza sa servirsi. 'Ti solleverò, ti

laverò dai tuoi peccati, dalle tue omissioni'. Grazie dunque al Signore, a mia moglie, ai poveri che incontro. E molto anche a tutti i compagni di strada, fratelli in questa vocazione, che sono altra presenza e forma preziosa dello stesso grande Amore ! 'Dio ci ama. Si, Dio ci ama per davve-

ro.' Valter C. * L' Operazione Mato Grosso è un movimento che da circa quaranta anni sostiene progetti con i poveri e in particolare i giovani in America Latina. Fatto da ragazzi, oggi adulti, e ancora da ragazzi che man mano si aggregano. Non riceve sovvenzioni pubbliche, ma vive del lavoro dei volontari che qui raccolgono soldi appunto con campi di lavoro vari e di offerte di amici. Chi parte in missione si paga il viaggio, perchè 'tutti' i soldi sono solo per i poveri. È un cammino in cui si impara a dare la vita...

SantaCruz - villaggio di Sagrado Corazòn Esperienze di vita

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In viaggio

Immagini e ricordi di un pellegrinaggio

Trabzon - strada del centro foto Antonio Plescia

Un'antica usanza russa prevede che prima di una partenza ci si sieda sui propri bagagli e ci si fermi a pensare al luogo che si lascia e a quello in cui si arriverà, pensando ai bei momenti passati e immaginando l'imminente futuro. Questo è quello che ho tentato di fare nella moderna sala d'aspetto del gate dell'areoporto di Istanbul dove aspettavamo l'imbarco. Ma non è facile ordinare i pensieri del cuore. Così ne escono solo immagini ed emozioni che forse toccano solo chi le ha vissute, ma che tenterò comunque di condividere. Un giorno, molti anni fa, don Andrea Santoro mi chiese di andare a trovarlo in Turchia. Con questo preciso scopo ho affrontato questo pellegrinaggio insieme ai giovani di SS Fabiano e Venanzio, parrocchia di cui don Andrea era parroco prima di partire. Con me, oltre alla Bibbia, ho portato il libro Lettere dalla Turchia, che raccoglie le lettere che scriveva per far conoscere e condividere la sua 18

Esperienze di vita

esperienza. Lo sfogliavo spesso nelle pause o nel tempo di meditazione. "Eccomi, don Andrea, mi vedi? Ho accettato il tuo invito. Sono venuto anch'io". Il primo ricordo che mi ritorna nel cuore - proprio così, non nella mente, ma nel cuore - è il colore intenso del Mar Nero sullo sfondo di Aya Sofya (Santa Sofia), omonima della più famosa chiesa di Istanbul, che, come quest'ultima e come la maggior parte delle chiese, in seguito all'invasione turca dei territori un tempo appartenenti all'Impero Bizantino, ha subito interventi di adattamento a moschea per diventare in epoca più recente un museo. Medito la parola di Dio fissando a tratti quei volti di santi e di angeli che l'opera di restauro ci ha restituito dalla copertura di intonaco che doveva riaffermare il divieto di raffigurare immagini di Dio. Quei volti hanno resistito per secoli, in silenzio e nell'oblio, dietro uno spesso strato di calce. Portano segni visibili di questo


tentativo di cancellazione di tutto ciò che è segno di infedeltà al divieto di farsi immagini idolatre. Lascio Haya Sofia con due interrogativi: nella prova, saprò resistere come questi affreschi, che ha reso addirittura più santi? E, ancora: le nostre chiese in Europa non rischiano di essere visitate solo come fossero musei? L'indifferenza dilagante e che nascostamente si insinua nei meandri della nostra sensibilità, tanto da farcene accorgere quando già è diventata robusta e folta come un rovo, è una tentazione del cristianesimo in Europa. A Trabzon celebriamo nella chiesa di Sancta Maria Kilisesi, dove don Andrea fu ucciso. Nella messa domenicale conosciamo un bracciante turco, musulmano convertito al cristianesimo. Ci dice, con lacrime di commozione agli occhi che siamo fratelli oltre che per fede, anche perché lui, come noi, ha avuto don Andrea come parroco. La domenica, per venire a messa, fa molti chilometri a piedi, perché il suo villaggio dista qualche ora di cammino da Sancta Maria Kilisesi che è la chiesa più vicina. Con vergogna, penso a quando, per pigrizia o noncuranza, arrivo che il sacerdote è già quasi sull'altare. Sappiamo anche che da quando si è sparsa voce che è cristiano ha difficoltà di lavoro. Ci chiede di ricordarlo nella preghiera. Invece, non dovremmo essere noi che ad affidarci alle sue preghiere, dato che ci sta insegnando con l'eroicità della fede nella sua semplice, ma difficile quotidianità di contadino? Improvvisamente, ricordo il volto di una ragazza cristiana che ho conosciuto in Svizzera qualche anno prima. Veniva dall'Iraq ed era emigrata

in Germania con la sua famiglia per sfuggire alla guerra e alle persecuzioni contro i cristiani. Mi torna nel cuore la sua testimonianza mentre diceva che quando pregava la maggior parte delle volte la difficoltà o la sofferenza per cui pregava non veniva eliminata, ma si accorgeva che cambiava il suo modo di affrontare quella difficoltà o sofferenza. Prima di lasciare Trabzon non manchiamo di visitare Sumela, un monastero scavato nella roccia, ultimo baluardo dei monaci ortodossi greci fino al definitivo abbandono forzato durante il regime di Ataturk. Un'altra cosa che facciamo è un giro per il mercato di venerdì: è un brulicare di gente e di merce che in qualche modo stordisce. Verso mezzogiorno, il muezzin invita alla preghiera come fa ogni giorno a ore precise del dì e della notte. Questa volta, però, quasi tutti gli uomini lasciano il proprio banco così come è e vanno nella piazza antistante la Moschea Instanbul foto Antonio Plescia

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In viaggio moschea più vicina dove stendono a terra un tappeto per la preghiera, si tolgono le scarpe, si inginocchiano e si prostrano. Poi, in silenzio ascoltano le parole del muezzin che guida la preghiera comunitaria. Anche noi ci fermiamo, in piedi, in silenzio, ad occhi bassi. Nel mio cuore anch'io prego. Prego il Dio di Abramo, padre comune alle tre grandi religioni monoteiste e chiedo di aiutarmi a contribuire alla Pace, quella che viene dall'Alto, come dice una preghiera liturgica ortodossa. O è solo presunzione la mia, io che non sono in grado di vivere in pace con me stesso e con il prossimo che la quotidianità mi mette accanto? Ultimi frammenti di ricordi mi vengono dal tesoro dell'esperienza dei giorni trascorsi a Istanbul. Qui una parte dell'Asia e dell'Europa sembrano confondersi. Strade che sembrano quelle di una città europea si snodano tra quartieri che si contraddistinguono per essere stati abitati da etnie diverse nel corso della storia. Turchi, Greci, Armeni, Levantini, Georgiani hanno lasciato segni indelebili della loro presenza. E, sullo sfondo, case, palazzi, moschee, bandiere turche, mercati, minareti che si estendono a perdita d'occhio. Incontriamo testimoni semplici e silenziosi della presenza cristiana: due Piccole sorelle dell'Agnello, due ragazze armene, un frate francescano che ha conosciuto il patriarca di Costantinopoli Atenagora e Giovanni XXIII e che ne parla come li avesse visti appena due ore prima. Incontriamo anche Bartolomeo I, l'attuale Patriarca di Costantinopoli, faro e voce dell'ortodossia che cerca un dialogo per considerare ciò che unisce più di ciò che ci divide. Ho modo di pregare sulle reliquie di S. Giovanni 20

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Crisostomo, antico predecessore di Bartolomeo I. Crisostomo, osteggiato per il suo rigore cristiano, morì in esilio nel 407. Nonostante avesse avuto una vita piena di sofferenze e di incomprensioni, la tradizione tramanda che le sue ultime parole siano state: "Gloria a Dio per tutto". Qual è, dunque, il senso di questo pellegrinaggio in Turchia, così complessa e diversa, che chiede di essere capita dall'Occidente, ma che nello stesso tempo lo spaventa? In una lettera del gennaio 2002, don Andrea Santoro parla della paura della diversità, della necessità di spezzare la catena di odio, accettando chi rifiuta e amando chi odia. "Una ragazza scrive don Andrea - mi guarda e mi fa: "Qualcuno deve cominciare, tu dici. Perché non cominci tu?". A questo punto mi sono sentito gettare dentro, nel più profondo di me, il Vangelo e ho sentito che mi toccava in prima persona: "perché non cominci tu?". Il Medio Oriente non c'era più e neppure la classe. C'ero soltanto io". Che cosa sono andato a fare in Turchia? Sono andato a imparare a tentare di spezzare catene di morte nella mia quotidianità. Enrico De A.

Monastero di Sumela - foto Antonio Plescia


Il mondo a Lourdes Sono da pochi giorni tornata da Lourdes e restano nel mio cuore tante bellissime sensazioni che Maria mi ha permesso di sperimentare: mi piace davvero pregarla, parlare con lei, affidarle tutte le mie speranze, le mie preoccupazioni, i miei sogni… sì perché davvero ne ho ancora! Non sono l'età, la salute, i problemi, le delusioni, le sconfitte quotidiane che mi impediscono, guardando Maria, di vivere con serenità ogni attimo presente, perché me la sento madre compagna di viaggio, madre amica, madre sorella, madre consigliera, in una parola davvero MADRE! Ripenso ad una esperienza che abbiamo fatto in quei giorni e che mi ha fatto molto riflettere. Durante la S. Messa alla Grotta per il gruppo OFTAL ci hanno invitato a sistemarci oltre il Gave, poiché tantissimi erano i pellegrini presenti (circa 2500) e, giustamente, in primo piano erano sistemati gli ammalati nelle loro carrozzine. Noi eravamo lontani dalla Grotta, ma la statua di Maria era ben visibile. Purtroppo il microfono non era in funzione, così che abbiamo a mala pena intuito la parola di Dio e l'omelia del celebrante.Nonostante il tentativo di essere concentrata, la mia mente e i miei occhi erano colpiti da quanto mi accadeva a fianco. Quindi, in questa occasione, ma non solo, ho potuto cogliere, osservando le tantissime persone presenti, che camminavano chiacchierando, indifferenti alla celebrazione euca-

ristica, come anche a Lourdes sia presente il nostro mondo, quello che non è perfetto, quello che esprime la realtà quotidiana con tutte le sue difficoltà ed i suoi limiti. Tanta gente a Lourdes sembra motivata a mettersi davanti a Maria per pregare, per capire la meraviglia dell'abbandono al Signore, ma poi allontanandosi dalla Grotta torna ad essere affannata, parla, fuma, telefona, dimentica che cosa, forse, ha vissuto alla presenza della Madre, si preoccupa di fare acquisti (assolutamente legittimi) ecc. ecc. Osservando questa realtà, la nostra distanza dalla Grotta, ho pensato che anche tante nostre concrete difficoltà spirituali sono forse legate al distaccarci dalla nostra "grotta interiore", dal Signore per fare a fare altro, correndo il rischio di perdere di vista quello che vuole da noi il nostro Dio. Capisco che questo è un rischio che tutti possiamo correre e allora ho chiesto alla Madonna il dono di una fede vera, per ascoltare e cercare di vivere davvero quello che il Signore mi ha chiesto entrando nel Piccolo Gruppo: di essere totalmente sua, di amarlo senza ripensamenti, di metterlo sempre al primo posto nella mia vita, di coltivare tutte le virtù. E ho pregato anche per tutti i fratelli e le sorelle del Gruppo, perché insieme diamo un colpo d'ala alla nostra vita e diventiamo davvero testimoni credibili di una fede che nasce e si appoggia all'amore del Signore per ognuno di noi. Forse così riusciremo davvero a salvarci e a salvare coloro che incrociamo nella nostra vita. Donatella B.

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Settimana comunitaria SETTIMANA ASPIRANTI

Il Signore ci ha chiamati a Fiumalbo Dentro una logica mondana, che ci fa un gruppo di persone di vario genere per età, condizione di vita, situazione lavorativa - la settimana a cavallo fra luglio e agosto, in una località tranquilla e verdeggiante, ai piedi del monte Abetone, vicino ad una stupenda città d'arte come Fiumalbo? Vacanza! cosa sennò? Già…vacanza. La settimana aspiranti - d'ora in poi settimana di comunità - si presenta agli occhi del mondo così, come un tempo di condivisione, di riposo, di svago. In realtà quello che sottende ad essa è molto di più. Essa è un tempo speciale dove la parola “Incontro” è il fulcro, il movente, la ragione del ritrovarsi. Anche quest'anno ho vissuto questo grande dono: una settimana specialissima in cui l'Incontro si è verificato come il tema portante su vari livelli, primo fra tutti quello con il Signore Gesù. Sì, perché l'invito a radunarci insieme, a pregare e a condividere, parte fondamentalmente da Lui. È Lui che chiama a lasciare le nostre cose ordinarie, i problemi e gli affanni, le chiusure e i nostri "devo fare" e ci chiede di volgere lo sguardo del cuore verso di Lui. È il Signore fedele da sempre - che si prende l'impegno di stare con noi ancora una volta, con questa bella modalità, e ci chiede liberamente di correre il rischio di spendere il nostro tempo, le nostre energie per Lui. Ne è valsa la pena? Direi proprio di sì. Perché, come tutte le volte che ci lasciamo andare e ci mettiamo dentro ad un

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Esperienze di vita

cammino di conoscenza del suo amore, non possiamo essere delusi. È la straordinaria esperienza di Lui che nell'abbandono e nell'affido si manifesta come gioia grande, pienezza, pace, vita nuova. In una parola SALVEZZA! Quando sono arrivata devo dire che i volti dei fratelli e delle sorelle - aspiranti e non - erano a volte stanchi, portavano la fatica di un anno di impegni su vari fronti. Ma in tutti si leggeva una aspettativa, un desiderio di novità di vita. "Chissà cosa ha preparato per me…", in fondo è questa la domanda che ci anima quando partiamo per la settimana, è questa fede in un Dio che si prodiga in infiniti modi per dirci tutto il suo bene che ci fa muovere . La Fede. È stata la tematica affrontata durante le istruzioni annuali ed oggetto di meditazione estiva assieme agli aspiranti delle cinque comunità. In chi credo quando affermo di avere fede in Dio? Pian piano abbiamo interiorizzato la questione centrale, ossia


che Dio è Amore, è un Dio che si rivela come comunione trinitaria e desidera che noi, sue creature, viviamo lo stesso rapporto di comunione con la fonte che è il nostro Signore e con i fratelli. Se abbiamo fede in questo possiamo arrivare ad accogliere tutta l'umanità nostra e dell'altro e vivere secondo il fine per cui siamo stati creati: rendere a Lui lode, onore e gloria facendo della nostra esistenza un'offerta a Lui gradita in un'esperienza che ci "trinitarizza". Quello che mi ha colpito delle varie esperienze è stato un denominatore comune: la fede vissuta come un dono gratuito dentro una vicenda personale e un rapporto intimo e unico con Dio. Un rapporto che porta in sè i tratti della vicenda di Giacobbe, il quale si ritrova a combattere con il Signore e dopo questa lotta si riscopre in verità, con un nome nuovo - Israele - che il Signore stesso gli ha dato come segno del cambiamento avvenuto grazie all'ave-

re acconsentito alla messa in gioco di se stesso. Un altro aspetto che mi colpiva durante gli interventi è stata l'esperienza di chi ha maturato e rinforzato la propria fede in Dio Amore in seguito o durante momenti difficili e di prova. "Nella solitudine ho avvertito il Signore che mi parlava"; "Nella sofferenza ho creduto poiché da essa Dio ha tratto il bene"; "Nel dolore ho avvertito la chiamata del Signore" ha detto qualcuno. Riecheggiavano le parole a me tanto care "Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi ristorerò". Il riposo è soltanto Lui! La pace, il frutto dell'amore per eccellenza che vuol dire, a mio avviso, gioia piena, la troviamo se con fede ci mettiamo dentro il suo cuore e lì ci lasciamo trasformare in creature nuove, a Lui gradite. Donatella Z.

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Settimana comunitaria

SERVIRE CON GIOIA Da tempo avevo nel cuore il desiderio di scrivere per trasmettere l'esperienza che vivo ormai da alcuni anni durante la settimana estiva della Comunità. Quest'anno alloggiavamo nella villa Maria Immacolata di Fiumalbo, nei pressi del passo dell'Abetone, sull'Appennino tosco emiliano, un luogo davvero splendido dove ritorneremo anche il prossimo anno. Anzitutto partecipare alla Settimana mi permette di mantenere un contatto con i fratelli aspiranti, di conoscere i nuovi arrivati, di confrontarmi con i fratelli e le sorelle celibi, nonché di vivere momenti di condivisione fraterna con le famiglie presenti. Tutto questo rappresenta per me un dono prezioso: ritorno dalla Settimana sempre ricaricata e riconoscente al Signore per la vocazione nel Piccolo Gruppo di Cristo. Mi viene spontaneo un pensiero: "Questa è proprio la mia comunità, la comunità che amo". Il mio servizio è essenzialmente rivolto ai figli presenti, coordinando il gruppo con la collaborazione che quest'anno mi è stata offerta da Giulia, Adelaide, Chiara ed Elisabetta. Con molta semplicità, per tempo, programmo piccole attività da proporre a seconda dell'età, ma soprattutto ricerco la figura di un Santo che possa accompagnare i nostri brevi incontri di preghiera in cappella, la mattina, affinchè attraverso la sua vita possa "catturare" l'attenzione dei ragazzi e toccare il loro cuore. È sorprendente come anche i più piccoli, stimolati ad intervenire, si aprano 24

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e siano capaci di trasmettere con semplicità verità davvero grandi! Quest'anno la scelta è caduta su Bakhita, la prima extracomunitaria Santa, che Papa Giovanni Paolo II chiamò "sorella universale". La storia di Bakhita, nata nel Sudan nel 1869 e morta a Schio (Vicenza) l'8 febbraio 1947, ha affascinato i bambini che hanno potuto scoprire attraverso la vita di " Suor Moretta" (come tutti la chiamavano a Schio) una bambina e poi una donna coraggiosa che ha subìto umiliazioni, sofferenze fisiche e morali nel corso della schiavitù e che è stata testimone dell'amore di Dio conquistando tutti con la sua dolcezza ed infinita bontà. Da qualche anno tentiamo di mettere in scena per la serata finale la vita del santo incontrato durante la settimana; questo è reso possibile dalla presenza di Franco Mantega, vero regista della rappresentazione e dall'entusiasmo dei piccoli e grandi "attori". La nostra settimana è caratterizzata anche da piacevoli passeggiate all'aria aperta, durante le quali cerchiamo di lodare il Signore per le bellezze del creato, imparando a stare in gruppo, accogliendoci l'un l'altro. Un momento particolarmente atteso è la visita " a sorpresa". Quest'anno abbiamo scelto un museo della fauna appenninica e dei vecchi mestieri del luogo. Elena, che ci ha guidato nel percorso, è stata molto apprezzata e coinvolgente. Mentre scorrevano i giorni, ritmati dalla preghiera, dagli incontri, dai pasti condivisi e dalle passeggiate, osservavo i


miei fratelli dediti con generositĂ e passione ai vari servizi ed imparavo cosa significa SERVIRE CON GIOIA. Letizia D.

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Settimana comunitaria

A METÀ STRADA Sono già passati alcuni mesi dalla scorsa Settimana di Comunità e molti di più ne mancano alla prossima. Nonostante questo il ricordo di ciò che è passato è ancora vivo e le aspettative per quello che sarà provocano una sorta di acquolina del cuore. Abbiamo scelto di partecipare a questa vacanza e ci siamo trovati a condividere con i fratelli un tempo di grazia. Si, perché la settimana comunitaria è proprio questo: un tempo di grazia, privilegiato, per stare con il Signore in mezzo ai fratelli ed insieme ai fratelli davanti al Signore. Per noi, partecipare alla settimana famiglie, è stato il naturale proseguimento del cammino dell'aspirantato durante il quale attendavamo entrambi con gioia questo appuntamento per ritrovarsi anche con i fratelli e le sorelle di Roma e Treviso con i quali condividevamo sì il cammino dell'aspirantato ma, soprattutto, condividevamo Gesù. È l'aver gustato la gioia di questi incontri che ci ha fatto decidere con gran naturalezza che una delle due settimane di ferie l'avremmo trascorsa all'Abetone. Ovviamente le aspettative anche quest'anno non sono state disattese. È bello accorgersi di come l'avere in comune "il Signore" faccia si che tra persone di età, esperienze e condizioni diverse si crei comunque un affetto, una condivisione e un'unità che altrove difficilmente si riescono a replicare. La comunione, uno dei tre grandi temi proposti quest'anno dal Responsabile Generale, è il cemento dei rapporti interpersonali e la settimana comunita-

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ria è appunto l'occasione per eccellenza per poterla costruire e rafforzare. La settimana famiglie è stata, dicevamo, un tempo di grazia, perché ha permesso di intrecciare il tempo del riposo con quello della condivisione e con quello della preghiera comunitaria e personale. Partecipare "non da aspirante" ci ha permesso di sentirci più liberi dal fitto programma giornaliero ma, a conti fatti, il tempo poi spontaneamente dedicato agli incontri mattutini ed alle meditazioni superava spesso quello appunto degli aspiranti stessi! Non sono mancati alcuni piccoli episodi che avrebbero potuto favorire il lamento insito nell'essere umano, ma sono convinto che anche queste vicende possano essere lette sotto una luce diversa. Dove ho lasciato il mio voto di povertà se poi mi lamento del cibo ricevuto? Dove ho scordato il voto di obbedienza se poi non sto alle regole dettate dai responsabili? Tutto ciò ci è servito per riflettere ancora una volta sulla totalità dei voti e del nostro essere consacrati; consacrazione che facilmente riconosciamo riguardare tutta la nostra giornata e tutta la nostra vita ma poi… sembra quasi che si vada "in ferie" anche dal Signore, oltre che dal lavoro o dalla routine di casa. Non è così, lo sappiamo tutti, e il vivere a stretto contatto per sette giorni si rivela pedagogico in questo senso. Il Piccolo Gruppo di Cristo è una comunità fatta da uomini e donne in cammino e l'esperienza della settimana comunitaria fa parte di questo cammino proprio come le domeniche


di comunità o gli esercizi spirituali. Questa nostra piccola e semplice testimonianza non può che essere in fondo un invito all'aderire a questa proposta; ma non per la soddisfazione di essere in tanti o per riempire la casa, ma per un semplice motivo: perché è BELLO! È bello conoscersi un po' di più ed accorgersi di volersi bene. È bello condividere la propria esperienza con chi la sta vivendo. È bello condividere la propria esperienza con chi l'ha già vissuta e con chi la vivrà. È bello stare "insieme-al Signoreinsieme". È stato bello meditare il cantico dei cantici, ma anche semplicemente meditare insieme le letture del giorno. È stato bello camminare insieme per i sentieri, così come passarsi parola sulla piccola gelateria nei vicoli di Fiumalbo. È sempre bello quando si ha un pizzico di dispiacere a fine settimana, perché vuol dire aver aperto il proprio cuore ai fratelli e poi sentirne il vuoto quando ci si lascia. È però un sentimento piacevole perché si sa già che, l'anno successivo, si potrà riempire nuovamente quel piccolo spazio lasciato per loro. Giacomo e Cristina G.

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Condivisione

IL RISOTTO CONDOMINIALE Una bella esperienza di vita… Una mia amica della parrocchia di S.Ambrogio di Rozzano mi ha raccontato quello che avviene in un condominio in via della Cooperazione. Sarà stato il nome della via a promuovere questa esperienza o una comunione umana davvero particolare?…. Donatella B. Una volta a settimana a casa mia si mangia il risotto condominiale. No, non pensate ad una nuova ricetta, è solo che due famiglie del condominio, che hanno deciso di condividere la loro vita familiare, cucinano per altre famiglie uno stupendo risotto: alla salsiccia, allo zafferano, ai carciofi, al radicchio È bello e da non credere, mettersi in coda davanti alla loro porta di casa per andare a prendersi la propria razione di risotto. Questo è solo uno dei diversi gesti solidali che vivo quotidianamente nel luogo in cui abito. Sarà un'isola felice? Sarò fortunato? Non lo so, so solo che quando ricevi sei molto più propenso a dare e tutto diventa normale. Diventa normale avere per casa 5 o 6 bambini, diventa normale avere nonna M. (che non è mia madre e neanche la madre di mia moglie) che, al bisogno, stira per te, diventa normale che S. ti porti il latte della cascina, diventa normale che A. ti prenda Yofran a terapia, che un altro A. ti porti Dario a scuola o che Rosanna ripassi la lezione di storia con D. o che semplicemente ci si ritrovi a bere tutti insieme il caffè. Tutta questa "normalità" ti affina l'udito e riesci più facilmente a sentire, a sentire i bisogni degli altri, e allora magari ti ritrovi un bimbo in affido che ha biso28

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gno di te, provi ad iscriverlo al calcio e anche se non c'è più posto te lo prendono, e allora ci tenti anche con gli scout e addirittura ti comprano loro l'attrezzatura. Ragazzi, io vivo a Rozzano, una cittadina dell'hinterland milanese e devo dire che forse non è poi così brutto questo mondo qui. Qui ho imparato a chiedere ma soprattutto ho imparato ad ascoltare, ascoltare il mio cuore e a rispondere. Ho voluto parlarvi di questa mia esperienza per stimolarvi ad aprirvi agli altri, perché comprendiate che non è un disonore chiedere e avere bisogno, perché tutto ritorna e poi..... Perché volevo sfatare la leggenda metropolitana del grigiore della periferia delle grosse città dove non si dovrebbe conoscere il vicino di casa e dove non dovrebbero esistere i rapporti umani; a casa mia quando Yofran vede la nebbia bassa nei prati dice: "MIZZE!!!" sembra la VALLE INCANTATA.


Medio Oriente

Le proposizioni del Sinodo, i libri e siti internet Il recente Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, che si è svolto a Roma dal 10 al 24 ottobre sul tema "La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. La moltitudine di coloro che sono diventati credenti aveva un cuore e un'anima sola (Atti 4,32)", si è concluso con la consegna al Sommo Pontefice di 44 proposte, la prima delle quali chiede a Benedetto XVI un suo pronunciamento scritto.Chi fosse interessato può leggere tutte le proposte sul sito del Vaticano; noi ne riportiamo solo alcune.

(prop.2) a Parola di Dio è l'anima e il fondamento di tutta la pastorale; si auspica che ogni famiglia abbia una Bibbia. I Padri sinodali incoraggiano la lettura e la meditazione quotidiana della Parola di Dio, specialmente la lectio divina, la creazione di un sito Internet biblico con spiegazioni e commenti cattolici alla portata dei fedeli, la preparazione di un libretto di introduzione alla Bibbia (Antico e Nuovo Testamento) con un metodo facile per leggere la Bibbia. (prop.4) n un mondo segnato da divisioni e da posizioni estreme noi siamo chiamati a vivere come Chiesa di comunione, restando aperti a tutti, senza cadere nel confessionalismo. Ne saremo capaci se resteremo fedeli al nostro ricco patrimonio storico, liturgico, patristico e spirituale, come pure agli insegnamenti del

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Concilio Vaticano II e alle norme e strutture del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali (CCEO) e al Codice di Diritto Canonico (CIC) e ai diritti particolari delle Chiese. (prop.5) ur denunciando come ogni uomo la persecuzione e la violenza, il cristiano ricorda che essere cristiano comporta la condivisione della croce di Cristo. Il discepolo non è più grande del Maestro (cf. Mt 10, 24). Il cristiano si ricorda la beatitudine dei perseguitati a causa della giustizia che avranno in eredità il Regno (cf. Mt 5,10). La persecuzione tuttavia deve destare la coscienza dei cristiani nel mondo a una più grande solidarietà. Essa deve suscitare parimenti l'impegno a reclamare e a sostenere il diritto internazionale e il rispetto di tutte le persone e di tutti i popoli. Occorrerà attirare l'attenzione del mondo intero sulla situazione drammatica di certe comunità cristiane nel Medio Oriente, le quali soffrono ogni tipo di difficoltà, giungendo talvolta fino al martirio. Occorre anche chiedere alle istanze nazionali e internazionali uno sforzo speciale per mettere fine a questa situazione di tensione ristabilendo la giustizia e la pace . (prop.6) isto che l'attaccamento alla terra natale è un elemento essenziale dell'identità delle persone e dei

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Sguardo ad Oriente popoli e che la terra è uno spazio di libertà, esortiamo i nostri fedeli e le nostre comunità ecclesiali a non cedere alla tentazione di vendere le loro proprietà immobiliari. Per aiutare i cristiani a conservare le loro terre o ad acquisirne di nuove, in situazioni economiche difficili, proponiamo ad esempio la creazione di progetti che si facciano carico di farle fruttificare per permettere ai proprietari di restare dignitosamente nei loro Paesi. Questo sforzo deve accompagnarsi a una profonda riflessione sul senso della presenza e della vocazione cristiana nel Medio Oriente. (prop.8) 'Oriente fu la terra della Rivelazione biblica. Ben presto questa regione divenne meta di pellegrinaggio sulle orme di Abramo in Iraq, sulle orme di Mosè in Egitto e nel Sinai, sulle orme di Gesù in Terra Santa (Egitto, Israele, Palestina, Giordania, Libano), sulle orme di San Paolo e delle Chiese degli Atti degli Apostoli e dell'Apocalisse (Siria, Cipro, Turchia). Il pellegrinaggio ai Luoghi Santi è stato incoraggiato dai Sommi Pontefici. È l'occasione di una catechesi approfondita, attraverso un ritorno alle sorgenti. Permette di scoprire la ricchezza delle Chiese d'Oriente, di incontrare e incoraggiare le comunità cristiane locali, pietre vive della Chiesa. (prop.9) e nostre Chiese si impegnino a pregare e operare per la giustizia

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e la pace in Medio Oriente e si dedichino alla purif icazione della memoria e a favorire il linguaggio della pace e della speranza, invece di quello della paura e della violenza. Si appelleranno alle autorità civili responsabili perché applichino le risoluzioni delle Nazioni Unite relative alla religione, in particolare al ritorno dei rifugiati, allo statuto di Gerusalemme e dei luoghi santi. (prop.10) e nostre Chiese devono creare un ufficio o una commissione che si occupi dello studio del fenomeno migratorio e delle sue motivazioni per trovare i mezzi di contrastarlo. Esse faranno tutto il possibile e per consolidare la presenza dei cristiani nelle loro patrie e questo attraverso progetti di sviluppo per limitare il fenomeno migratorio . (prop.28) 'unità tra tutti i discepoli di Cristo nel Medio Oriente è anzitutto opera dello Spirito Santo. Essa va ricercata in uno spirito di preghiera, conversione del cuore, rispetto, perseveranza e amore, lungi da ogni diffidenza, timore o pregiudizio che sono di ostacolo all'unità. Auspichiamo di vedere le nostre Chiese rinnovare il loro impegno ecumenico attraverso iniziative pratiche: Sostenere il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente; Assicurare una formazione allo Spirito ecumenico nelle parrocchie, nelle scuole e nei seminari, perché valorizzino le acquisizioni del movimento ecumenico; Applicare gli accordi pasto-

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rali conclusi, là dove esistono; Organizzare incontri tra fedeli e pastori per la preghiera, la meditazione della Parola di Dio e la collaborazione in tutti gli ambiti; Adottare una traduzione araba comune del Padre Nostro e del Simbolo niceno-costantinopolitano; Operare per l'unificazione della data di Natale e di Pasqua. Le Chiese Orientali Cattoliche, vivendo la comunione con la Chiesa di Roma nella fedeltà alle loro tradizioni orientali, hanno un importante ruolo ecumenico da giocare. I Padri sinodali incoraggiano queste Chiese a instaurare un dialo-

go ecumenico a livello locale. Raccomandano anche che le Chiese Orientali Cattoliche siano maggiormente implicate nelle commissioni internazionali di dialogo, nella misura del possibile. (prop.29) stituire una festa comune annuale dei martiri per le Chiese d'Oriente e domandare ad ogni Chiesa orientale di stabilire una lista dei propri martiri, testimoni della fede.

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Vilma C.

Suggeriamo infine alcune riviste e libri sulla Terra Santa e anche dei siti Internet e indirizzi di posta elettronica per chi sia interessato a ciò che succede in quei luoghi e più in generale nel Medio Oriente. -

Terrasanta Periodico della Custodia di Terra Santa con cadenza mensile

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Eco di Terrasanta (idem) vedi anche www.terrasanta.net o eco@terrasanta.net

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Christian Information Centre: è l'agenzia dei Francescani che si occupa delle notizie attinenti ai cristiani in Terra Santa vedi anche http://www.cicts.org e-mail: cicts@netmedia.net.il

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Conversando con Gerusalemme (blog di fratel Paperoga in Terra Santa è curato da Andrea Bergamini).

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Terra Santa e Libro Santo Una lectio divina di Antonella Carfagna e Francesco Rossi De Gasperis Bibbia e Spiritualità EDB

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La battaglia per Gerusalemme I quaderni speciali di Limes rivista di geopolitica, quader no uscito a luglio 2010

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Palestina- Lo stato impossibile? Di Gianluca Mazzini edizioni Paoline uscito a Maggio 2010

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Cristianofobia La nuova persecuzione di René Guitton (Premio della Lega Diritti dell'uomo) Edizioni Lindau febbraio 2010

Esperienze di vita

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in redazione: Donatella Bergamini, Adriana Bertoni, Giorgio Casiraghi, Paolo Cattaneo, Rosanna Ceccattoni, Vilma Cazzulani, Antonio Ficara, Angela Gironi, Renato Rossi Progetto grafico: Francesca Ficara Impaginazione: Paolo Cattaneo, Antonio Ficara Redazione: via San Pietro 20 - 20033 Desio


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