Parco Adamello Brenta

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GIACOMO GALLARATI SCOTTI

Il Parco Nazionale dell’Adamello e del Brenta

Estratto dalla

RASSEGNA FAUNISTICA

n. 4 Anno IV - Roma 1937 XVI

TIP. ENZO PINCI ROMA


Composizione ex novo del testo del 1937 a cura di Editrice Rendena. Abbiamo mantenuto inalterato il contenuto; abbiamo solo sostituito le foto in bianco e nero con foto a colori [una scansione dell’originale non era a nostro parere soddisfacente] conservando però la tipologia delle inquadrature. La cartina scala 1:200.000 allegata al fascicolo originale che portava in didascalia “Delimitazione approssimativa dell’auspicato Parco Adamello-Brenta” è stata da noi sostituita con l’attuale planimetria: la stessa coincide a grandi linee con quanto Gallarati Scotti desiderava.

rendena.eu


GIACOMO GALLARATI SCOTTI

Il Parco Nazionale dell’Adamello e del Brenta

I

L Senatore Carlo Bonardi, nel «Popolo di Brescia» del 25 agosto, ed io stesso nel «Corriere della Sera» del 20 dicembre 1937, abbiamo cercato di richiamare l’attenzione del grande pubblico intellettuale sull’opportunità turistica e faunistica di istituire un Parco Nazionale di grande stile nel Gruppo dell’Adamello e del Brenta. Grazie alla larga ospitalità concessami dal Principe Francesco Chigi della Rovere e sicuro del consenso di numerosi studiosi specialisti in materia, posso oggi rivolgermi in questa apprezzatissima Rivista, con più ampio respiro, alle schiere meno numerose ma più fattive dei naturalisti biologi in genere e dei faunisti in ispecie. Noi lo sappiamo: nell’alta risonanza che hanno nel Mondo intero i meravigliosi progressi delle applicazioni tecniche nei campi della Fisica, Chimica, Mineralogia e Geologia, ben debole suona la voce del pensatore biologo che cerca di fare presente alla coscienza dell’Umanità quale e quanta importanza abbia — per l’economia dell’Uomo sulla terra — la esatta conoscenza scientifica dei nessi biologici nella Natura. Oppure, per quanto «meccanizzata», per quanto apparentemente stravincente in quello che essa ama chiamare «la lotta contro le forze brute della Natura», l’Umanità — come specie vivente sulla terra — ricade pur sempre integralmente sotto le Leggi fondamentali della Natura stessa. Quella che essa considera come vittoria in una lotta contro forze avverse, è invece piuttosto sfruttamento sempre più rapido e logorante di riserve naturali, alterazione profonda dell’equilibrio tra attività umana e Natura ambiente. Alterazione profonda che rischia di far perdere al pensiero umano perfino la chiara nozione di ciò che, in base ad assidui stu-


di, potrebbe divenire uno stato di equilibrio biologico assai stabile dell’Umanità nella Natura, uno stato di pacifica sopportazione e di eventuale rotazione tra umana cultura e vita selvatica. La coscienza della necessità e del dovere di risparmiare per quanto possibile le riserve viventi della Natura è ormai già profondamente radicata nell’anima umana; la scomparsa definitiva, irrimediabile di forme viventi dalla superficie della terra (siano esse razze umane, specie animali o vegetali) è stata sempre e sarà sempre accompagnata da espressioni di esecrazione all’indirizzo dei colpevoli diretti e di chi poteva e non seppe o non volle impedire l’inconsulta distruzione, la quale lascia un senso di amaro rimpianto anche in chi non è particolarmente versato nelle discipline biologiche. La coscienza naturalistica si sveglia in tali occasioni, esige che ulteriori sviluppi del male siano prevenuti ed attende dai naturalisti competenti le proposte di adeguate misure al Potere esecutivo. Opportune restrizioni nelle leggi venatorie dei vari paesi, convenzioni internazionali in materia cinegetica, istituzione di Parchi a protezione parziale o totale, sono i risultati di tale risveglio e di tali proposte. Molte centinaia di tali Parchi funzionano, in parte già da decenni, in Europa e nell’America settentrionale, ed il loro numero aumenta con rapidità, specialmente nella Germania moderna. Il celebre «Yellowstone-Park» negli Stati Uniti d’America occupa una superficie circa uguale all’intera Liguria; parecchi Parchi esistono in Asia ed in Australia; in Africa se ne contano oltre 140, uno dei quali, il meraviglioso «Kruger-Park» nel Transvaal, occupa una superficie di 2.900.000 ettari. Scientificamente questi grandi «Parchi Nazionali» sono veri e propri «Laboratori della Natura», indispensabili all’investigatore per attingervi notizie positive sull’equilibrio biologico naturale indisturbato, o almeno moderatamente sorvegliato dall’uomo, per trarne attendibili induzioni sulle possibilità di convivenza tra l’Uomo e la Natura selvatica. Moralmente essi sono la scuola migliore per favorire la comprensione dell’Etica biologica che è «la religione del rispetto alla vita in tutte le sue estrinsecazioni terrene». All’Italia incombono anche in questo campo ardui ma gloriosi compiti, già in parte risolti o in via di soluzione, mediante


la istituzione di adatti Parchi di protezione, ed in parte ancora da risolvere con lo stesso mezzo, tanto nella Madre Patria quanto nelle sue Colonie e nel suo Impero d’Africa. Basta menzionare, a guisa di assaggio, soltanto alcune specie animali tra le più vistose e meglio note, che tuttora occorre mettere al sicuro da eccessiva decimazione o salvare da minacciosa, imminente estinzione: l’Orso bruno delle Alpi, il Cervo nel Continente ed in Sardegna, il Daino in Sardegna, il Capriolo nelle sue caratteristiche forme delle Alpi, dell’Italia centrale, della Calabria e del Gargano, il Muflone in Sardegna, il Cinghiale in Liguria ed in Piemonte, nell’Italia centrale e nella meridionale, l’Avvoltoio degli agnelli in Sardegna (che forse ricomparirà così un giorno anche nella catena alpina), l’Antilope di Mendez e la Gazzella del deserto in Libia, lo Stambecco nubiano in Eritrea, lo Stambecco del Semien in Etiopia, l’Asino selvatico nella regione del Barca, il Damalisco del Hunter nell’Oltregiuba, che esiste ancora tutt’al più in pochissimi esemplari. Ma come fra tutti i monti di Europa giganteggiano le Alpi, le cui vette più eccelse, le cui valli più romite, i cui dirupi più orridi sono in mano dell’Italia, così giganteggiano per questa i compiti protettivi proprio nella zona alpina, in emulazione e collaborazione colle altre Nazioni che, con l’Italia, ne condividono il possesso. Vivo è l’interessamento degli studiosi della materia (Committee of International Wild Life Protection) all’azione protettiva della Natura in Africa per opera dell’Italia, che vi è detentrice unica di varie unità biologiche; intenso è l’interesse dell’Europa all’azione dell’Italia entro la Madrepatria, come lo dimostra fra l’altro un’ampia e dettagliata pubblicazione del dott. Schoenichen, Direttore dell’Ufficio statale per la conservazione dei monumenti naturali in Prussia, sui Parchi Nazionali del Circeo e d’Abruzzo («Bilder aus den italienischen National-Parken am Circeo und in den Abruzzen», Neudamm, 1935); ma l’interessamento che il mondo scientifico e naturalisticamente colto prende all’azione protettrice dell’Italia nella catena alpina, più che vivo, più che intenso, è compartecipe come all’opera più bella, più grandiosa, più gigantesca che nel campo protettivo della Natura possa compiersi in Europa. Infatti la proposta di istituire un Parco di protezione del Trentino occidentale nel «Gruppo di Brenta», che Guido Castelli ha


Gruppo di Brenta.

avanzato con ampio corredo di studi e documentazioni nella sua monografia a «L’Orso bruno nella Venezia Tridentina» (volume edito in Trento alla fine del 1935 con alto senso di comprensione ed opportunità, a cura e spese dell’Associazione Provinciale Cacciatori di Trento) non ha riscosso soltanto l’entusiastico plauso di molti Scienziati italiani, fra i quali l’Arcangeli, il Principe F. Chigi Della Rovere, il Colosi, il Corti, il Dal Piaz, il De Beaux, il Duse, il Fenaroli, il Luigioni, il Pierantoni, il Piersanti, ma ha suscitato anche la entusiastica adesione di moltissimi studiosi stranieri, sommo fra i quali il Prof. Stehlin dell’Università di Basilea, che scrive in «Schweizer Naturschutz»: «... Tutto il libro del Castelli è un grido di allarme ed un caldo appello per la realizzazione della necessità della protezione integrale dell’Orso bruno delle Alpi nel Gruppo di Brenta» ... Senonchè varie località importanti per il salvataggio dell’Orso, inquantochè esso vi soggiorna più o meno stabilmente o vi compare assai regolarmente, sono situate al di fuori del Gruppo di Brenta! Senza insistere sull’alta Val Muranza, sull’alta Val Furva, sulle più elevate convalli di Val d’Ultimo, su Val di Pejo, Val del Monte e Val della Mare, d’altronde già comprese nel Parco Nazionale dello Stelvio, occorre prendere in serissima considerazione le valli d’origine del Sarca e del Chiese. Val di Genova, dal-


le grandiose e scroscianti cascate, famosa per il numero di Orsi che vi sono stati abbattuti, risale da sud e da est tra il Gruppo dell’Adamello e la Presanella; Val Nardis rimonta verso nord la Presanella; Val di Fumo dagli abeti giganteschi, dall’inestricabile sottobosco, dagli enormi macigni accatastati a formare innumerevoli antri — ricoveri ideali per l’Orso — incidono il gruppo dell’Adamello da est verso nord. Ond’è che anche dal particolare punto della protezione faunistica appare, più che opportuno, necessario di adottare, come già osserva giustamente il Senatore Bonardi nell’articolo precitato, «un unico regime protettore per il grande massiccio che è costituito dall’Adamello, dalla Presanella e dal Gruppo di Brenta». Si è perciò giustamente pensato di ampliare colle seguenti aggiunte i limiti del Parco originariamente proposti come nella carta allegata. A nord della Presanella, da ovest verso est: dalla Punta di Castellaccio per i Passi di Monticello, di Pozzi, di Bon fino a Piz Montinel. A nord-ovest del Campo di Carlo Magno: una punta che comprende il lago di Malghetto. Ad ovest, sud e sud e sud-est dell’Adamello: il territorio compreso tra Castellaccio, Cima Salimmo, Passi di Avio, del Cristallo, Miller, Cima Valbona, Passo del Frate. Tra il Gruppo dell’Adamello e la Val Rendena, verso nord-est: la Val d’Arnò, le alte Valli di Breguzzo, di San Valentino, di Borzago, i monti Fornace e Costaccia. Tra il Gruppo di Brenta e la Val Rendena da nord a sud: Monte Toff e Monte Iron fino a Faedolo. Ad est del Gruppo di Brenta da sud a nord- est: Castello dei Camosci, Cima di Gess, Malga Ceda fino Gruppo di Brenta visto dalla Paganella (m 2125).


Il Gruppo di Brenta visto da Ovest.

verso il Lago di Molveno, Monte Gallina, Monte Bédole, Monte Corno. Sarebbe così assicurato il raggiungimento dell’obiettivo importantissimo ed immanente della costituzione di questo esteso Parco Alpino: la conservazione della più poderosa fiera di Europa, dell’Orso delle Alpi, che alle Alpi appartiene come decoro naturale ed integrativo della loro grandiosità, della loro aspra e robusta bellezza, come vi appartiene il più bell’erbivoro d’Europa, lo Stambecco, salvato dall’estinzione per merito dei Re d’Italia e coll’istituzione del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Tra i carnivori l’Orso bruno è forse il più vegetariano di tutti: erbe, foglie, germogli, radici, funghi, noci, frutta, bacche, ghiande e granaglie sono i suoi cibi abituali, conditi ogni tanto con miele di api selvatiche, formiche ed altri insetti di vari ordini, molluschi, qualche pesce, topi campagnoli ed all’occasione carogne fresche. Soltanto quando per persecuzioni o molestie patite, o per sospetto di scarsa sicurezza, l’Orso sconfina e non può quindi più dedicarsi con tranquillità alla ricerca del cibo, resagli facile dalla lunga pratica acquisita nei propri domini, esso si trasforma talvolta in rapinatore di pecore e di capre ed in devastatore di campi di frumento, di avena, di patate e di alveari.


Appunto in ciò sta la vera ragione per la quale non si può sperare di salvare questa maestosa specie, proibendone semplicemente l’uccisione! L’Orso, diffidente per natura, deve sentirsi assoluta- mente sicuro e poter vagare molto ampiamente nelle località che egli predilige e che con accorti favoreggiamenti della Flora locale possono essergli rese ancora più gradite. Esso deve essere tollerato anche in eventuali scorribande pacifiche fuori della zona di protezione; deve godere — anche se permanentemente lontano da questa — di tutti i privilegi di selvaggina «nobilissima stanziale», ma non può naturalmente essere tollerato dove, non pratico dei luoghi, mal sicuro di sè ed impaurito, deve raccomandare alla forza ed alla astuzia la conservazione della propria esistenza. Ma anche numerose altre forme caratteristiche ed in gran parte esclusive della Fauna alpina avranno in questo ampio Parco di protezione la possibilità di portare la propria forza numeri-

Val di Tovel «Covo di Orsi». Motivo della foresta presso il Lago di Tovel.


Cascata del Larès tra Fontanabona e Ragada in Val di Genova.

ca al massimo loro consentito dall’equilibrio biologico naturale; l’agilissimo Camoscio, che oltre alle vette ed ai dirupi tanto ama il bosco tranquillo e profondo; la graziosa Marmotta dall’immobilità statuaria e dai movimenti fulminei che, anche in omaggio alle sue vere affinità zoologiche, ben può definirsi «lo Scoiattolo delle pietraie»; la Lepre alpina, bianca d’inverno e bruna di estate come il grazioso Ermellino suo conterraneo; il maestoso Corvo imperiale, il Gracchio ed il Gracchio corallino dal volo leggiadro, la Nocciolaia elegantemente volteggiante tra la vegetazione vicino al suolo; le più nobili specie di uccelli tra la selvaggina nobile stanziale: il maestoso Urogallo o Gallo cedrone, il Fagiano di monte battagliero, il Francolino di monte, la Pernice di monte o Roncaso, candido d’inverno e chiazzato di estate. Vi troverà sicuro ricovero, costituendovi una riserva di irradiazione nelle zone limitrofe, il Capriolo snello ed aggraziato, che tanto facilmente si abitua alla vicinanza dell’uomo amico: vi si


potrà stabilire il Cervo, regale, veloce, irruente, dal ruggito ansimante che fa echeggiare sonoro nell’alta pace alpestre, quando in autunno lo tormentano l’amore e la gelosia. Ma vi ha di più: il Parco del Brenta e dell’Adamello dovrà essere, compiuti gli studi adeguati, sede di una colonia di Stambecchi delle Alpi, come fuori d’Italia lo sono già i Grauen Hörner, nel Cantone di St. Gallen, il Piz d’Aëla ob Bergün nei Grigioni, il Piz Terza e la Val Tantermozza nel Parco Nazionale Svizzero dei Grigioni, l’Oberland Bernese con parco di allevamento ad Interlaken e sul Harder. Perché non sarebbe savio e prudente di voler continuare a tener concentrato, in territorio italiano, nel solo Parco Nazionale del Gran Paradiso questa superba selvaggina che, fino a pochi secoli fa, era diffusa in tutta la catena alpina e al principio del 1700 viveva ancora sulle Alpi Salisburghesi e Tirolesi. Tolta di mezzo la disturbante «decimazione e sterminio per opera dell’uomo», si potranno in un Parco dell’estensione di quello dell’Adamello e del Brenta fare studi realmente proficui sulle possibilità di equilibrio naturale tra varie specie animali, per esempio: la limitazione dell’invadente Arvicola delle nevi e di alcune altre specie minori, per mezzo delle forze riunite dell’Ermellino, Faina, Volpe, Tasso, Orso, Uccelli rapaci notturni, Poiane, Vipere e Colubridi; l’equilibrio tra Martora e Scoiattolo, tra Biancone e Rettili in genere, tra Astori e Tetraonidi minori nonché Coturnici: le relazioni tra Aquila e Gufo reale da un lato ed Uccelli rapaci diurni e notturni minori dall’altro: le interdipendenze fra grossi Rapaci, Corvi di ed Uccelletti: l’equilibrio tra questi ultimi e gli Insetti ed altri piccoli Invertebrati; l’importanza che ha l’intenso sviluppo di esseri microscopici a spese dei cadaveri vegetali, dei residui e delle feci dei più svariati animali selvatici per l’esistenza e la vita di intere caterve di esseri viventi maggiori, sia animali che vegetali: la vera portata che hanno le ingiurie della grossa selvaggina sulla vegetazione non esclusivamente addomesticata a diretto profitto dell’uomo, la vera posizione dei Picchi nell’economia silvana, quando essi sono tenuti a bada dai Rapaci ed hanno un campo sufficientemente ampio per la loro energica attività. Studi profondi sui libri, ricerche faticose di laboratorio saranno sempre necessarie per risolvere tali problemi, ma le prime osservazioni, le prime indispensabili ricerche vanno fatte sul po-


Passo del Grosté (M 2.442)

sto, osservando con occhio e mente bene aperti i fenomeni della Natura in questo grandioso laboratorio ad essa affidato. Laboratorio all’aria aperta, ottima scuola per educare anche da noi un numeroso stuolo di quegli studiosi che i tedeschi chiamano «Feldzoologen» e gli inglesi «fieldzoologists», i quali sono spesso anche esimi professori universitari ed eccellenti scienziati di museo, studiosi che sentono il bisogno di conoscere l’animale e la pianta vivi nel loro ambiente naturale, di capire — fin dove è possibile — sul posto le relazioni tra vita individuale, vita ambiente e formazione ambientale, comprensione che è il primo massimo incentivo e l’ultimo supremo coronamento di ogni indagine naturalistica. L’inibizione assoluta di ogni esercizio cinegetico nella vasta zona in parola non inciderebbe nè gravemente nè a lungo su quelli che i cacciatori sogliono proclamare i loro diritti acquisiti. Ben presto il Parco di protezione si trasformerebbe infatti in un imponente centro di irradiazione per parecchie specie di selvaggina, che co- mincerebbero a scendere giù per i fianchi dei monti, popolando i boschi e le valli circostanti. D’altronde è da sperare che numerosi cacciatori, in veste d’inermi turisti entro il perimetro del Parco di protezione, si trasformino in eccellenti «zoologi da campo»; che col forzato trionfo dei poteri inibitori si sviluppi in essi forte e gagliarda la tanto auspicata coscienza cinegetica,


che vuole che ogni buon cacciatore sia anche risparmiatore e protettore di selvaggina! Non è qui il luogo per fare accenni nemmeno brevi alla Flora, ricca di essenze boschive e di specie botaniche rare o anche uniche, che ammanta la «naturale unità geologica, faunistica ed arborea dell’Adamello e della Presanella ed il Gruppo di Brenta», vera oasi geologica e morfologica tra le Alpi cristalline centrali. Basti insistere che, anche per la Flora, urge addivenire a provvedimenti atti ad arrestare la disturbante «decimazione e sterminio per l’opera dell’uomo», se si vogliono portare a buon termine gli studi di Sistematica ed assicurare alla Scienza un grandioso campo di osservazione per la sociologia vegetale e per i nessi biologici fra Flora e Fauna! Nè deve qui preoccuparci il modus procedendi in materia legale ed economica per la delimitazione ed il funzionamento tecnico del costituendo Parco di protezione. Basta sapere per certo che sussiste nel caso presente la condizione fondamentale dell’assenza di centri abitati nella massima parte della zona; che questa può essere limitata ad una isoipsa abbastanza elevata; che le restrizioni di imperio possono ridursi all’inibizione completa della caccia e della uccisione o cattura di animali di qualsiasi specie senza speciale permesso, e, almeno in gran parte del territorio, ad Gruppo dell’Adamello: il Carè Alto (m 3465).


una savia ed oculata disciplina forestale collimante cogli speciali scopi del Parco nonché ad un severo disciplinamento della raccolta di piante e di fiori a qualsiasi titolo. Noi siamo comunque convinti che i superiori interessi della collettività possano e debbano avere qui ragione di qualsiasi interesse privato; siamo convinti che questi superiori interessi collettivi essenzialmente, sublimemente culturali, vadano molto al di là di quello che le provincie di Brescia e di Trento sentono indubbiamente come un onere ed un onore da rivendicare in parte a loro stesse, ed assurgano a vero valore e dignità nazionale. Noi pensiamo anzi che proprio in questo fatto stia la lampante e convincente giustificazione del termine di «Parchi nazionali» per zone abbastanza ampie e bene scelte di protezione della Natura. Parchi nazionali nei quali si vuole amministrare saviamente e per il bene di tutto un popolo il bene di tutti, dichiarandolo e rendendolo di fatto inviolabile per tutti ! E nel Parco Nazionale dell’Adamello e del Brenta potranno fondersi in un solo sacro rispetto il culto commemorante l’eroiche gesta di un Popolo in armi ed il culto delle bellezze naturali, che solo possono essere sentiti e praticati da un popolo di forti e di colti sotto la salda guida ed il controllo di un forte Governo. GIACOMO GALLARATI SCOTTI Senatore del Regno


Cartina dell’attuale Parco Adamello Brenta: 2016.


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