Filastrocche per Zenone 2015

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Pierugo Chini

Filastrocche per Zenone semplici versi per magiche pitture

ALTER LIBRO AREZZO MMXV



Filastrocca del Pittore C’è ad Arezzo un gran pittore che tu trovi a tutte l’ore nel suo studio alla Badia, sempre in buona compagnia degli amici e conoscenti che a trovarlo van contenti e non perdono occasione di una nuova discussione, per passare un’ora almeno a parlar del più e del meno. Giunchi Emilio lui si chiama, ma vantarsi lui non ama, nome d’arte si è poi dato quel d’un santo rinomato perché nei suoi quadri appone nota firma di Zenone!

Nel suo studio alla Badia tutto quanto è fantasia: tanti libri, quadri belli, soprammobili e pennelli, foto, poster e attestati, cari oggetti colorati, e il caffè, la macchinetta, per gli amici bolle in fretta.


Qui Zenone si ritira a dipinger se gli gira e il pennello entra in azione se gli vien l’ispirazione. Ed allora, suore e frati si rincorrono sui prati, abbazie e monasteri, contadini nei poderi, che lavorano di lena van poi al desco per la cena.

Ed inoltre riti agresti fatti con antichi gesti fattorie e casolari, borghi ameni e salutari; balli, campanili e chiese sotto un cielo di turchese; leopoldine campagnole che si stagliano nel sole. Tutto inneggia a vita sana sotto il cielo di Toscana.

Poi ci son le nevicate, bianche valli son fatate, dove regna l’armonia e si vive in allegria.


I suoi quadri, scherzi a parte, sono vere opere d’arte: tutti pien di fraticelli, fiori, nuvole e alberelli. Tu li guardi e lieto in viso, sembri entrato in Paradiso.

Questo è il mondo che Zenone nei dipinti suoi propone, mondo magico incantato, puro, limpido e sognato. Scende pace in fondo al cuore, ben lontani dal clamore, che la vita mai non sia fatta sol di frenesia. Lunga vita sia al maestro, tenga d’arte sempre l’estro.



Neve sul borgo Con la neve appar più bello il vetusto paesello e sovrastan le colline le sue case contadine.

Due capponi, là sull’aia, ha spennato la massaia; saran cotti sulla brace e mangiati in santa pace

Il più alto è il campanile che toscano è nello stile, mentre accanto la chiesetta, sul bel borgo antico, svetta.

Un bel gotto di vinello e scaldarsi al focherello: questa è l’ora del ristoro, poi si tornerà al lavoro.

Sono i vicoli innevati, i paesani rintanati, tutti intorno al fuoco acceso perché è freddo e il gelo è sceso.

Gesti semplici di gente che sa viver saggiamente, questo è il mondo di Zenone che ci dona un’emozione.

Fuor dal borgo quattro frati che passeggiano beati, se ne vanno al concistoro a discutere fra loro.


Dopo le nozze Finalmente è giunto il giorno, Menco e Tonia son sposati, grande festa tutt’intorno fan parenti ed invitati. Grande tavola è imbandita per un tosco desinare e con allegria infinita si dan tutti un gran da fare. C’è chi porta le cibarie, rosso vino in damigiana, le vivande le più varie, polli arrosto ed una nana. Fa gli auguri alla coppietta il compare col panciotto, gli sposini han però fretta della prima notte a letto. Sullo sfondo il casolare addobbato coi festoni, dove è intenta a cucinare, la massaia i cibi buoni. Sotto un cielo un po’ rosato, l’erba verde del bel prato, dove vedesi financo un par d’oci e un gatto bianco.




La pieve di San Polo Il curato ha radunato della pieve in sul sagrato, dal contado tanta gente, perché sia messa al corrente del lavor che è stato fatto sul restauro alla cappella che una volta terminato renderà la chiesa bella. I lavori or son sospesi per mancanza di sostanze (sono stati i soldi spesi per pagar le maestranze.) O fedeli di San Polo, il restauro s’ha da finire, non lasciatemi da solo la cappella a ricostruire. E un aiuto ora vi chiedo, nelle tasche di frugarvi, l’occasione avete, credo, generosi di mostrarvi. Tutta rotta è nel di dietro, in rovina anche davanti, se ora vi tirate indietro il cantiere non va avanti.


Fiori di campo È arrivata primavera, là, nei campi è tutto in fiore, sul calare della sera, fantasia multicolore. Blu, risalta sul balcone, pieno il vaso d’ogni fiore che il pennello di Zenone ha dipinto con amore. Tanti i fiori nel mazzetto, fiordalisi e margherite, i papaveri e il mughetto, degni sono di Afrodite. Degni sono dell’Olimpo nella lor semplicità, sono solo fior di campo, ma ci dan felicità.




Ballo al Circolino In paese ci si annoia si va tutti al concertino e sarà una grande gioia far due salti al Circolino. C’è Beppin con la chitarra, la cantante è la Rosina, si farà una gran gazzarra, ballerem fino a mattina. La mazurca della nonna, una polka o un bel trescone ognun stringe la sua donna mentre ascolta la canzone. Non si fan balli moderni, solo danze popolari, non ci importa degli scherni, noi non siamo rockettari. Gente semplice noi siamo, quattro salti in allegria tra gli amici che più amiamo, basta stare in compagnia. Dopo il ballo una bevuta tutti al bar del Circolino, tra risate e una battuta, una birra o un vinsantino.


Il teatrino Nella piazza del paese è arrivato il teatrino, marionette tanto attese gioia son d’ogni bambino. Con la mamma o coi nonnini vanno i bimbi ad ammirare i vivaci burattini molto buffi a recitare. C’è un omin dietro nascosto che con grande saper fare tira i fili e con un gesto fa i pupazzi saltellare. Tutti han le bocche aperte a vedere le scenette, anche il nonno si diverte al teatrin di marionette. Non abbiam più questo mondo che era magico e incantato, che era semplice e giocondo, ma Zenon l’ha ricordato.




Meditazione Vanno i frati all’ora nona nello studio a meditare, la campana lenta suona, Dio,li invita,a ringraziare. Del Vangel, salmi e versetti studian diligentemente, di Francesco i bei fioretti leggon poi devotamente. Dopo la meditazione, leveran laudi coi canti, poi in silenzio un’orazione, volgeranno a tutti i santi. Sta calando già la sera sulla quiete del convento, vola in Cielo la preghiera per l’umano pentimento.


La grande nevicata Neve sugli alberi spogli, tutto bianco è il casolare, i mariti con le mogli son sull’aia a lavorare. Taglian legna per il foco, l’asinello ch’è affamato s’è mangiato a poco a poco tutta l’erba ove era il prato. La bufera è ormai passata, si ritorna senza meno al lavoro di giornata mentre il ciel torna sereno.




Tiro alla fune Otto son gli allegri frati che al bel gioco della fune si cimentano sui prati come la gente comune. PerchĂŠ dopo aver pregato, escon tosto dal convento, tanto han desiderato di passare un bel momento. Come tanti ragazzini, per i campi ben curati fanno un poco i birichini in letizia e spensierati. Al paesello, i francescani, per il vespro torneranno, pregheranno a giunte mani, che Dio salvi dal malanno.


Nozze a San Domenico San Domenico coi sposi ed i loro genitori, ci son pur due bianchi frati che li guardano beati, il curato e il chierichetto s’è mangiato un bel confetto. Fiori tiene la ragazza, splende il sole sulla piazza. Giorno che va ricordato e Zenon l’ha immortalato!




I coristi Nella chiesa silenziosa, s’alza un coro di bambini, cantan tutti senza posa, sembran tanti cherubini. Cantan tutti a perdifiato e Zenon l’ha pitturato.


Inverno C’è la neve e un grande gelo, grigio e scuro appare il cielo, cinque frati son comparsi a far legna per scaldarsi. Molto freddo fa al convento e il lavoro scorre lento, con la mano intirizzita non si muovono le dita. Non si può dire il rosario, manco leggere il breviario, scalzi i piedi son gelati, penitenza fanno i frati. Ma ora serve che un bel foco dia tepore almeno un poco, perché ormai giunge la sera ed è tempo di preghiera.




Festa campagnola Alla fattoria di Gosto per passare un bel momento, le domeniche d’Agosto ci si va a ballare un lento.

Qui si balla a perdifiato, ma il più bravo è sempre Gino che la fama ha conquistato, di provetto ballerino.

Fisarmonica è suonata da Tonin che grande ha l’estro, con la tromba sua dorata Meo, di musica è maestro.

Questo è un giorno di ristoro, e nessuno a casa resta, dopo giorni di lavoro, ci si veste per la festa.

Là sull’aia si scatena la Pierina con Beppino, pure danza con gran lena la Maria con il suo Gino.

Festa di semplicità che a vederla ci consola dal gran caos della città, festa schietta e campagnola.

Che sia un valzer o un ballo lento, la mazurka od il trescone, per le coppie è un bel cimento, di una gara l’occasione.

E in quest’aia rusticana, sotto il caldo solleone, coglie l’aria di Toscana il pennello di Zenone.


L’antica farmacia Alla farmacia dei frati, tra mortai e altri strumenti tutti sono indaffarati a crear medicamenti. Gli alambicchi son sul fuoco lentamente a distillare, pure gocce, a poco a poco, d’elisir di erbe rare. Su nel bosco le han cercate e raccolte con pazienza, poi le hanno preparate con antica conoscenza. Nell’antica farmacia, tra pozioni, dosi, e unguenti, c’è un sentore d’alchimia miscelando gli ingredienti. Sol prodotti naturali di un’avita tradizione, niente aggiunte artificiali, solo cose sane e buone. Nelle ricette dei frati è la gente fiduciosa, i malanni ben curati di guarire speranzosa.




I cardinali Da ogni parte son venuti i prelati d’alto ceto, cardinal vecchi e canuti, la congrega ora è al completo. Son venuti da lontano per andare al concistoro, son venuti in Vaticano a discutere fra loro. C’è tra loro grande intesa nel parlar di teologia son dottori della Chiesa e combatton l’eresia. Della fede i difensori, son del Papa i generali, rosso e porpora i colori, son le guide pastorali. Sul terrazzo prospiciente non si sa cosa abbian visto, forse un, che tra la gente, assomiglia a Gesù Cristo. Quando il Papa sarà eletto torneranno qui, peraltro, perché come dice un detto, morto un se ne fa un altro.


Fratelli d’Italia Oggi è festa nel convento la bandiera è sul balcone, si festeggia, gran momento, l’unità della nazione. Sanno i frati, che Francesco, dell’Italia è il patrono, l’umil santo duecentesco che le stimmate ebbe in dono e per la sua dedizione a sorella povertà, ci dà una gran lezione con la sua semplicità. Riunita intorno al santo la nazione non si sperde, la bandiera è nostro vanto, quella bianca rossa e verde.




Matrimonio a Santa Maria Santa Maria delle Grazie, antica chiesa aretina, che lievi colonne corinzie la loggia rendon divina. In questo luogo che incanta, c’ è di sposarsi l’usanza, per una foto si posa, lo sposo ha in braccio la sposa. Son commossi ma contenti cari amici ed i parenti, agli sposi fan gli auguri di seren giorni futuri. Stanno sopra il verde prato che è davanti al porticato, son dai frati benedetti, tiran riso ed i confetti. Sullo sfondo la collina di colori è un’esplosione, sembra una cartolina, ma dipinta l’ha Zenone.


L’albero della cuccagna Finalmente è giunto il mese della festa del patrono, c’è la sagra giù in paese, si fa festa e c’è frastuono.

Un bel cacio e i salcicciotti, ma conteso è soprattutto dai più baldi giovanotti, d’otto chili un bel prosciutto.

Ci son tante novità, tanto amate, qui in campagna, non è roba da città, l’albero della cuccagna.

Chi ha staccarlo riuscirà, gran baldoria con gli amici e merenda, poi farà, col buon vin, prosciutto e fichi.

C’è da arrampicarsi in cima ad un palo scivoloso e chi in alto giunge prima avrà un premio appetitoso.

Queste usanze contadine sono ormai dimenticate, ma Zenon, con gusto fine, sulla tela l’ha mostrate.

Stanno in vetta a penzoloni ogni sorta di cibarie, dai salami ai provoloni, rocchi e mortadelle varie.




Domenica in Piazza Sant’Agostino E’ domenica ed è festa, all’uscita dalla chiesa, sulla piazza un pò si resta di rincasare in attesa.

Le suorine cappellone, quando passano per via, assomiglian a un’aquilone che in cielo vola via.

Tutti, col vestito buono, voglion far bella figura, cercano di darsi un tono, stanno attenti alla postura.

Col cappello inamidato devon stare attente al vento, che se soffia fortemente le solleva in un momento.

Se ne tornano al convento i due frati francescani, con il loro passo lento e il rosario tra le mani.

Or si sono ammodernate e non han più quel cappello, ma Zenon l’ha ricordate coi color del suo pennello.

Da piazza Sant’Agostino, dopo aver preso la messa, tornan pure pian pianino due suorine e la badessa.


Il circo E’ tornato giù al paese, pieno d’attrazioni,il circo, ci starà per tutto il mese, sopra il verde in mezzo al parco. Han montato tre tendoni, dalle strisce bianche e rosse, le bandiere sui pennoni dalla brezza sono mosse. E’ il circo un’attrazione per i grandi ed i piccini, è di svago un’occasione per i nonni e i nipotini. Ci son tanti bravi artisti, nani, clowns e giocolieri, ci son pure i trapezisti che volteggiano leggeri. Luccicanti ballerine, i pagliacci e i saltatori, una festa senza fine, pien di gioia e di colori. Non c’è neanche un animale, non leoni tigri o scimmie, sfruttar loro è immorale: Viva il circo senza bestie!




Danzano lieti i frati Danzano lieti i frati, son bimbi in girotondo, bianchi, nei verdi prati, sembran di un altro mondo. Basta “ora et labora”, bisogna anche giocare, in ciel l’aurora è rosa, i campi come il mare. Gioiosa primavera, tutto al Creato inneggia, e con letizia vera, il monaco festeggia. Lontano la chiesetta accanto a un casolare, la valle benedetta un paradiso pare. Quest’armonia effonde alta spiritualità, che intimamente scende in gran serenità.


Inverno Siam nel pieno dell’inverno, molto freddo c‘è al convento, ha mandato il Padreterno tanta neve,gelo e vento. Quindi molta legna serve pel camin del monastero, son finite le riserve e il riscaldamento è a zero. Ma si sa che i nostri frati di pazienza ne hanno molta, presto al bosco sono andati, tanta legna hanno raccolta. E ora portan la fascina per accendere un bel foco, salgon lieti l’erta china, si riscalderanno un poco. Fracescani sono i frati usi a fare penitenza, ma se sono riscaldati avran meno sofferenza.




Gatto italiano Non è un “gato” spagnolesco e non è uno “chat” francese, e nemmeno un “katze” tedesco e neanche un “cat” inglese. Italiano è questo gatto, di una classe superiore, bello, ha l’occhio stupefatto, e la fascia tricolore. Ha la fascia tricolore come un sindaco alla festa, mascotte, speranza e amore, dell’Italia che s’è desta. Sopra il prato, verde mare, che di margherite olezza, sta il gatto a ricordare della patria la bellezza. Ma non fate quella faccia se il micion, cosa mai vista, vi fa tosto una linguaccia: è una fantasia di artista.


All’eremo Sulla cima del monte, al romitorio è pace, tra queste alture sante dintorno tutto tace. Bianco il saio dei frati si fonde con la neve, sui viali immacolati il passo è lento e lieve. Sempre in solitudine sono in meditazione, la beatitudine è in ogni loro azione. Ha il monaco una cella dove vive in preghiera, accanto è la cappella molto semplice e austera. E’ sul sagrato posta, di legno una gran croce, che l’eremo sovrasta, come faro di luce. Vive lontan l’asceta dal caos della vita, sul mondo che va in fretta, a meditar c’invita.



Il chiostro Spira brezza in primavera sopra il chiostro del convento, stanno i monaci in preghiera, l’ora è del Ringraziamento. Fa cornice il colonnato dietro la statua del Santo, le fiorite aiuole a lato spiccano sul verde manto. E nel mezzo, dalla fonte di antica pietra scolpita, sgorga pura acqua di monte, simbolo eterno di vita. S’erge sopra il monastero l’alta torre campanaria, semplice, di aspetto austero, spande il suo din don per l’aria. Sullo sfondo gli alberelli sfiorano un cielo rosato, c’è tanta pace sui colli, è la beltà del Creato.



Nozze a Notre Dame Quell’elite di aretini che industriali eran dell’oro, guadagnando bei quattrini eran ricchi (bontà loro). Ma da bravi “parvenu” eran dei provincialotti, si tenevano un pò su ma restavano un po gretti. Compensavan la cultura acquistando cose belle e per far bella figura si riempivano di quelle. Fosser quadri oppur tappeti, ville o un’auto prestigiosa, fuor dai schemi consueti facean vita lussuosa. E con modi un po’ spocchiosi facean cose stravaganti, sempre in posti assai costosi ché di soldi ne avean tanti.

“Chic”, in quegli anni era, a Parigi di recarsi e in “charmant” atmosfera si sceglieva di sposarsi con il rito più elegante come in un sogno irreale, nella chiesa più importante, Notre Dame, la cattedrale. Ma la crisi sopraggiunta ha ridotto questi eccessi, si fa poca spesa o punta e maluccio siamo messi. I quattrini più non hanno e in miseria son parecchi, nozze ricche non si fanno, ma si fan coi fichi secchi.




Bimbi in girotondo Nel cielo scuro invernale, sulla campagna innevata, all’imbrunire serale la scena è illuminata da bambini in girotondo pien di fiori al vaso attorno, a simboleggiare un mondo che attende un nuovo giorno dove pace e fratellanza regnino in tutto il pianeta, non più guerre e intolleranza ma l’armonia piu completa. Bimbi biondi e un altro bruno di paesi assai diversi, senza pregiudizio alcuno sono lì a divertirsi; con la gioia e l’innocenza ci ricordano l’amore, sono la nostra speranza per un futuro migliore. Ed il vaso di Zenone, bel bouquet di primavera, vola come una canzone a un’umanità più vera.


Il frate scooterista Se n’è uscito dal convento il priore scooterista, corre forte come il vento, sogna d’esser sulla pista.

Va al vicino paesello dove sta un altro convento, va a trovare un confratello che non vede più da tanto.

Un monello gli va dietro e un’oca gli va incontro; frena, e appena per un pelo, riesce ad evitar lo scontro.

Ma se becca la “stradale”, pur se un frate è il conducente, una multa madornale prenderà sicuramente.

Se ne va il nostro frate a intraprendere un viaggio, se ne va un dì d’estate con la “vespa”della Piaggio.

Corre troppo e senza casco non potrebbe circolare, col “caval di San Francesco” cioè a piedi dovrà andare.

Con la “vespa” della Piaggio e con la tonaca al vento mostra avere un bel coraggio, guida infatti a più di cento.

Ma non van più a piedi i frati, e nemmen col somarello; or si son motorizzati, han lo scooter,van con quello.



Il monaco volante Se ne va in molgolfiera, lieto il frate francescano, se ne va librato in aria sopra il verde agro toscano. I palloni colorati hanno strisce rosse e blù, son dal vento trasportati su nel cielo fin lassù. Dall’azzurro più profondo dove regna libertà, piccolino appare il mondo, i monti, i prati e le città. E l’omino che cammina sulle strade in miniatura appar come formichina immersa nella natura. Sull’aerostato si sente più vicino al suo Signore il buon monaco volante che letizia ha dentro il cuore. Su per l’immenso creato sul volto appare un sorriso, il francescano è beato, è vicino al Paradiso.




L’antica abbazia Sorge l’antica abbazia sopra la verde pianura e vi conduce una via piena di fiori e verzura. Monaci dal bianco saio colgono i fiori sul prato, Marzo è seguito a Febbraio e Primavera ha portato. I campi, verdi tappeti frutto di un duro lavoro, e sullo sfondo, i boschetti isole son sul pianoro. Pini e cipressi circondan l’amena fertile valle, sopra la messe feconda danzano uccelli e farfalle. Rossa la cupola s’erge sotto l’azzurro del cielo, tetto alla chiesa che emerge, faro che irradia il Vangelo. Mistico centro di fede, spande spiritualità, fin da lontano si vede quest’oasi di santità.


La mietitura Caldo il sole di Giugno le messi ha maturate, Giugno, la falce in pugno, ha le spighe dorate.

Grano, come oro fino, nei sacchi vien portato fino al vecchio mulino per esser macinato.

Le genti contadine le falci hanno arrotate, le lame adamantine brillano al sol d’estate.

È cosa sopraffina il grano che si muta in candida farina dentro i sacchi di yuta.

Si falcia il frumento, sudor nella calura, è solenne momento l’attesa mietitura.

Al forno ove è impastata come da rituale, diviene lievitata, un pane senza sale.

Si lega poi il covone per essere trebbiato, è come un sacro dono offerto dal creato.

Tradizioni toscane che vanno scomparendo, le tele di Zenone le stanno riscoprendo.



I girasoli Ritti sugli alti steli sopra i campi fecondi, si ergono i girasoli grandi, belli e giocondi. Ha una grande corolla che il sole va inseguendo e una tinta orogialla, questo fiore stupendo. In fondo all’aureo manto, case a gruppo in risalto, sotto un cielo d’incanto, d’un azzurro cobalto. Pini e cipressi a lato al borgo fan cornice, sulla piana adagiato di Toscana felice.




Gli zampognari Giunti son gli zampognari, son venuti qui al villaggio, hanno i tipici calzari e i calzoni di fustagno. Un insolito cappello ed i pifferi di legno, pellicciotti hanno d’agnello, del Natale sono il segno. Con l’inverno sono scesi giù dai monti alla pianura, poi passati i freddi mesi, torneranno alla pastura. Suonan nenie pastorali con le antiche cornamuse, cantilene primordiali, melodie ormai disuse. Per le feste di Natale per le vie della città, rito ch’è tradizionale pieno di sacralità. Dolce suono ha la zampogna, incantato il bimbo ascolta, d’aver tanti doni sogna: è il Natale d’una volta.


Vaso di fiori Sullo sfondo, un casolare circondato da alberelli, è un’immagine da amare, colorata dai pennelli di Zenon, che in primo piano, pinge il vaso pien di fiori, viola, gialli, rossi e ciano, i suoi vividi colori. Gelsomini e blu verbene, fiordalisi e le petunie, fulve bocche di leone, malve rosa e le gardenie. Tenui spighe di asfodeli e borragini cobalto, i papaveri più belli, bianchi anemoni in risalto. In natura sono nati, grati doni del Creatore, variopinti e profumati, furon colti con amore. Tra le verdi foglie immersi, sono purità infinita, esplosion di color tersi, sembran dir “Viva la vita!”



Ritorno al paese Sta calando già la sera al paesello in cima al poggio, bel tramonto, in Primavera, nella dolce aura di Maggio.

Un filare di cipressi corre lungo lo stradello, i cespugli sono mossi da un leggero venticello.

Sono stati al Santuario i fratin dal passo lento, che ancor dicono il rosario mentre rientrano al convento.

Le colline son fiorite, e i peschi son rosati, fitte son le margherite che biancheggiano sui prati.

C’è la moglie col suo sposo che nei campi han lavorato, certo un poco di riposo se lo sono meritato.

Rossi, i tetti, han le casine e una torre in alto svetta, son dimore contadine strette attorno alla chiesetta.

Primo piano al calessino col caval che trotterella, se ne tornan pian pianino, i due sposi in carrozzella.

Pace con serenità, s’ode agreste una canzone, vita di semplicità rievocata da Zenone.



La processione Vanno lenti in processione i fedeli del villaggio e con molta devozione sono in pellegrinaggio. Son diretti al Santuario che sta dietro alla collina, sulla neve di Gennaio, cantano il “Salve Regina”. Tutti in fila nella valle, son guidati da tre frati, con la croce sulle spalle e pel freddo un po’ stonati. Dietro agli uomini le donne, tra due cascinali gialli, color scuri hanno le gonne, sono avvolte negli scialli. Hanno le pezzole in testa e per due vanno in colonna, della Vergine è la festa e a pregar van la Madonna. Vanno a chiedere le grazie, chè bisogno ce n’è molto, che non vengano disgrazie e ci sia un buon raccolto.




La leopoldina Pittoresca è la coppietta, nell’amen paesaggio agreste, che pedala in bicicletta per lo stradone campestre.

Si erge solida sull’aia, alta, domina il contesto con la grossa piccionaia e i suoi archi a tutto sesto.

E’ una coppia contadina che ritorna dalla Messa, sullo sfondo è la chiesina con la canonica annessa.

E’ questo, uno scorcio aprico della campagna toscana, un caro paesaggio antico coi cipressi sulla piana.

Son vestiti per la festa, lui, il panciotto di velluto, lei, con la pezzola in testa, lilla,di fine tessuto.

La Toscana è un paradiso, di bellezze naturali, vivon qui con il sorriso, genti argute ed ospitali.

Dietro a loro, un po’ speciale, c’è una vecchia “leopoldina”, casa tipica rurale della campagna chianina.

E Zenon da buon toscano, ama e dipinge con cura questo mondo schietto e sano con la sua fine pittura.


La bancarella di libri Di Zenone una pittura ben ritrae una bancarella che diffonde la cultura come luce irradia stella.

Non gli e-book immateriali ma sol carta da sfogliare, non parole digitali ma volumi da toccare.

Libri ormai dimenticati son di nuovo riscoperti, vecchi tomi impolverati saran presto ancora aperti.

E un buon libro apre anche il cuore, mette in moto fantasia, con il cane è il migliore vero amico che ci sia.

La lettura, è risaputo, dell’apprendimento è il mezzo, per il quale è un grande aiuto trovar libri a basso prezzo.

Alla vecchia bancarella sempre un libro c’è per tutti, per la moglie o la sorella, per i belli o per i brutti.

Perché il libro, certamente, anche se internet impera, aprirà sempre la mente alla conoscenza vera.

Ci son tanti libriccini per il dotto e lo studente, per i grandi ed i piccini c’è di che nutrir la mente.



La fattoria Sopra la fertile piana si erge una fattoria, nel cuore di Val di Chiana posto più bel che ci sia.

Bianche son le margherite e i papaveri son rossi, molte piante son fiorite alla fresca ombra dei fossi.

Sulla grande aia antistante ferve il lavoro rurale, con la carriola il bracciante trasporta l’erba al casale.

E tre oche in mezzo all’aia dal bianco collo allungato, vanno dietro alla massaia che il pastone ha preparato.

Due secchi sono portati traboccanti d’acqua pura, la massaia li ha tirati su dal pozzo alla frescura.

I cipressi sullo sfondo, ritti come sentinelle, tengon d’occhio questo mondo pien di cose sane e belle.

L’asinello a pascolare è sul verde praticello dove falcia la comare d’erbe buone un bel fastello.

Mondo sano e naturale che la tela di Zenone rende puro e ideale nella tosca tradizione.




I cacciatori Scesa è la neve sul borgo, tetti di un bianco accecante, alberi spogli dintorno, tutta la valle è silente.

Son con cura preparati, messi al fuoco del camino, dopo averli impillottati, pepe, sale e rosmarino,

Son sortiti i cacciatori, pronti a fare una battuta, baldi sfidano i rigori della neve che è caduta.

aglio e bacche di ginepro, lardo, una foglia d’alloro, sullo spiedo a fuoco allegro fatti arrosto, bontà loro.

Al laghetto ormai ghiacciato, sono andati con i cani, tanti colpi hanno sparato e hanno preso due germani.

Si va al desco a desinare, vino rosso e una focaccia, si fa a gara a millantare le catture fatte a caccia.

Tardi a casa son tornati, e le mogli ad aspettarli, i pennuti han soppesati impazienti di spennarli.

Poi a fumarsi un buon “toscano” al tepore del camino, c’è stanchezza e piano piano, chiudon gli occhi a un sonnellino.


Neve al paesello Sul poggio pien di neve s’adagia il paesello, bianca la coltre e lieve, ai tetti fa cappello. Plumbeo il cielo che vela un tenue sole fiacco, cammina con cautela, la gente attenta al ghiaccio. Due frati, lentamente, salgon per l’erta china alla pieve silente in cima alla collina. Gli alberi protendono i nudi rami al cielo, i cipressi sfidano i rigori del gelo. E l’innevata altura è avvolta tutta quanta, magia della natura, da un silenzio che incanta. Tornan col calessino al bianco casolare gli sposi, pian pianino, sognando il focolare.




La raccolta delle olive Sono carichi gli olivi stesi sui dolci declivi, son le olive maturate pronte ad essere bacchiate.

L’aurea linfa è travasata negli ziri e imbottigliata per condir come d’usanza ogni gener di pietanza.

Si riempiono le ceste nell’antico rito agreste, su e giù per l’oliveto il raccolto è ormai completo.

Ingrediente principale di cucina naturale, la sua immagine perfetta è una rustica bruschetta.

Al frantoio poi si porta delle olive la raccolta, preparate con gran cura prima della spremitura.

E nel remoto passato, a Minerva consacrato fu l’olivo secolare del mediterraneo mare.

Filtra un olio assai pregiato, puro nettare dorato, base di cucina sana, tradizione di Toscana.

Pianta dell’itala terra, qui, Zenone ben ci narra, come avveniva una volta dei suoi frutti la raccolta.



ZENONE EMILIO GIUNCHI

Studio Via A. Saffi 3 52100 Arezzo Tel. 057524620 Cell. 3381152378 http://artzenone.wordpress.com e-mail: emilio.giunchi@gmail.com


Zenone, uno pseudonimo curioso di Costante Costantini

Quando conobbi il pittore aretino Emilio Giunchi fui incuriosito dal suo pseudonimo “Zenone”, perché l’aveva scelto? I miei ricordi liceali mi riconducevano al filosofo greco che aveva fondato la setta degli stoici. Poi seppi che il nome era quello del Santo celebrato il giorno del suo primo dipinto. Il nostro pittore cominciò a dipingere negli anni ’70 e nel decennio successivo cominciò a mostrare i suoi quadri. Fu subito inserito tra i più interessanti pittori “naïf ” italiani che in quell’epoca erano molto apprezzati. Dunque “naïf ” parola francese che significa: candido, schietto, naturale e primitivo, dichiaratamente autodidatta; chiamati anche pittori dell’istinto, maestri popolari della realtà, estranei agli stili e alla storia. Era un’arte innata, originale, infatti non va confusa con l’arte popolare né col folklore e meno che mai classificata arte infantile, ma fu ripresa anche da artisti famosi, dai simbolisti fino a Gaugain come modello alternativo a quello europeo. Si può dire che la pittura “naïf ” cominciò in Francia con Henry Rousseau che di mestiere faceva l’impiegato del dazio da qui il nomignolo “Il Doganiere” che però non fu né incolto né ingenuo perché osservò bene i movimenti dell’epoca, fece copie di quadri al Louvre ed ebbe molti estimatori fra cui Gaugain, Braque, Apollinaire e Picasso, nonché i “Simbolisti” tutti erano affascinati dalla sua figurazione primitiva ed esotica. La pittura “naïf ” si diffuse poi in tutta Europa ma specialmente nei paesi Slavi con molti artisti. Ma veniamo al nostro Zenone: egli si inserì presto nella folta schiera dei “naïf ” italiani con una pittura pulita che mostrava un idillio naturalistico, una semplificazione degli elementi architettonici sia rurali che cittadini, una festosità dei colori, un gusto primitivo del racconto della vita e della gente con dei risultati molto alti e convincenti.


Curriculum di Zenone Mostre personali Galleria “Ghelfi”, Orvieto, 1973 Galleria “Scorpios”, Arezzo, 1974 Galleria “Le Muse”, Andria, 1975 Galleria “Scorpios”, Arezzo, 1976 Galleria “San Marco”, Prato, 1977 Teatro Titano, Repubblica di San Marino, 1978 Galleria “Arno”, Firenze, 1979 Sala Consiliare, Comune di Bibbiena, 1994 Galleria “Severini”, Cortona, 1997 Spazio “Motta Alemagna”, Milano, 1998 Galleria “Severini”, Cortona, 1999 Pake, Castelvetro, 2002 Palagio Fiorentino, Stia, 2003 Palazzo Piella, Castelfranco Emilia, 2003 Monastero di Camaldoli, 2004 Arte sotto I portici, Bologna, 2004 Firenze Art Gallery, Firenze, 2005 Milano Marittima, Cervia, 2005 Monastero di Camaldoli, 2005 Arte sotto I portici, Bologna, 2006

Palagio Fiorentino, Stia, 2006 Monastero di Camaldoli, 2006 Arte sotto I portici, Bologna, 2007 Badia Prataglia, 2007 Monastero di Camaldoli, 2007 Arcadia, Los Angeles (California), 2008 Arte sotto I portici, Bologna, 2009 Palazzo Vagnotti, Cortona, 2009 La Rocca, Passignano sul Trasimeno, 2009 Bagno di Romagna, 2009 Galleria Agorà, Piombino, 2010 Monastero di Camaldoli, 2010 Circolo Artistico di Arezzo, 2010 Monastero di Camaldoli, 2011 Bagno di Romagna, 2011 Castello di Capalbio, 2012 Provincia di Arezzo, Atrio d’onore, 2013 Monastero di Camaldoli, 2013 Sala Esposizioni, Bagno di Romagna, 2014

Esposizioni Naïfs italiani a Villa Carlotta, Como, 1975 Pittori sul Naviglio Grande, Milano, 2005

Mostra internazionale Naif, Gualdo Tadino, 2014 Spoleto Festival Art Expò, 2014

Hanno scritto di Zenone Giuseppe Alpini Mario Belardi Egidio Bellisardi Nicola Caldarone Alfredo Cherubini Costante Costantini

Patrizia Fazzi Liletta Fornasari Luciano Gabrielli Gabriella Gentilini Fred Glienna Pier Francesco Greci

Clara Potes Fellow Franco Riccomini Carlo Starnazzi Sheila Tiezzi Luca Tognaccini Piero Zoi

Bibliografia Catalogo Nazionale Naïf n.3, Bolaffi, Torino, 1977 Pittori e Pittura contemporanea, Il Quadrato, Milano, 1977 Catalogo Arte Contemporanea, Conte, Napoli, 1980 Arte Italiana XX Secolo, Due Torri, Bologna, 1980 Catalogo Arte Contemporanea Comanducci, Comed, Milano, 1977 Grande Dizionario degli Artisti Italiani Contemporanei, Accademia di Parma, 1990 Annuario Arte Moderna Italiana, Roma, 1976-1998 Top Arts, RM Edizioni, Ancona, 1997 e 1999 L’Elite, Arte selezione internazionale, Artitalia, Varese, 2004-2010 Catalogo Spoleto Festival Art Expò, 2014


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Libreria Alter Libro Piazza della Repubblica Arezzo tel. 3495157717 Pier Ugo Chini è Piero Giunchi, fratello di Emilio, librivendolo in Arezzo e titolare di Alter Libro.




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