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PINK BASKET N.37
from PINK BASKET N.37
by Pink Basket
COVER STORY di Simone Fulciniti
GIOVANE E TALENTUOSA, DA 2 STAGIONI IN POLONIA, MARTINA FASSINA RIESCE A TRASFORMARE I MOMENTI DIFFICILI IN OCCASIONI PER CRESCERE E MIGLIORARE. HA IDEE AD AMPIO RAGGIO E LAVORA SODO PER RAGGIUNGERE I TRAGUARDICHE HA PIAZZATO NEL CENTRO DEL MIRINO: EUROLEGA E NAZIONALE.
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Se c’è una cosa che non le manca è il coraggio. Il coraggio di provare, di rischiare, di uscire dalla comfort zone ed esplorare quello che la pallacanestro ha da offrire in giro per l’Europa. E così, Martina Fassina, dopo essersi messa in luce sui palcoscenici italiani, anche importanti, dopo aver vinto uno scudetto, due supercoppe, dopo aver collezionato tre medaglie di diversi metalli con le nazionali giovanili, ha deciso di volare all’estero, seguendo il suo sogno più grande. E negli ultimi giorni, con la sua AZS Lublin, ha raggiunto un traguardo storico per la Società nel campionato polacco.
Martina, partiamo dalla fine...
Siamo arrivate seconde in campionato. Ed è stata una bella soddisfazione, perché il Club non aveva mai ottenuto un risultato del genere: vincere una medaglia. Rafforzata dall’aver battuto in semifinale la squadra più vincente degli ultimi anni. Bello davvero. La finale l’abbiamo persa 3-0, ma sono state tutte partite tirate contro un’avversaria davvero fortissima. E molto esperta: Polkowice.
Parliamo di questa avventura in Polonia...
È arrivata in un momento difficile della mia vita. Avevo fatto un anno a Schio senza trovare molto spazio, e sentivo voglia di riscattarmi: per me stessa in primis, per capire se ero in grado di affrontare certe situazioni, e per mostrarlo agli altri. Ho sempre avuto il pallino di andare all’estero: sia come esperienza cestistica, sia personale, e adesso sono molto contenta di averla fatta. Anche se inizialmente è stato un salto indietro di categoria, non essendo Lublin squadra di Eurolega come Schio; ma mi è servito molto per crescere come persona e come giocatrice. Ho vissuto esperienze nuove, visto cose interessanti e costruttive. E quest’anno ho partecipato all’Eurocup, facendo bene. Siamo arrivate tra le prime otto.
Una scelta singolare...
Avevo chiesto ai miei agenti di guardare all’estero. Senza troppe pretese sul dove andare; non mi interessavano posti belli, caldi, o cose del genere. L’allenatore di Lublin mi aveva visto agli europei under 20, dove guidava la Nazionale polacca. Mi conosceva e ha mostrato interesse per me. Gli agenti hanno fatto un grande lavoro: un club eccellente, mi hanno accolto benissimo tanto le ragazze quanto lo staff. Insomma sono stata fortunata ad avere un’occasione di questo tipo.
I primi tempi, come sono stati?
All’inizio ero a mille, contentissima per la nuova esperienza, emozionata. Poi sono arrivati down, dove manca la famiglia, mancano gli amici. Ma se devo essere sincera pensavo di subire l’impatto di più. Sicuramente il clima all’interno della squadra mi ha aiutato. La cosa più difficile è stata cercare di reagire alle partite andate male, ricominciare dagli allenamenti per trovare fiducia in me stessa. Ma si deve andare giù per risalire. Infatti quest’anno sono stata più continua a livello di prestazioni.
Il punto più alto dell’ultima stagione?
Sono rimasta davvero colpita dal modo in cui abbiamo reagito in Eurocup contro Villeneuve D’ascq, in Francia. Era al meglio delle due partite. Entrambe in trasferta. Arrivavamo dalla quarantena. Io no per fortuna. La prima l’abbiamo persa di 10, ed ero a terra. Avevo giocato male, senza ritmo. Invece il giorno successivo abbiamo giocato di squadra, veramente bene, e loro non se l’aspettavano. Una bella soddisfazione, soprattutto a livello personale. Durante una stagione puoi avere degli alti e bassi, certo, ma riuscire a cambiare mentalità nell’arco di 24 ore è davvero un’impresa che mi ha resa fiera di me stessa.
Com’è la pallacanestro polacca?
È sempre basket europeo, non sono andata oltreoceano dove la pallacanestro è completamente diversa. Se devo fare un confronto con l’Italia direi che qui tendiamo a giocare un po’ meno di alto-basso, e si punta a tirare molto da tre, anche in transizione veloce. Questa è una differenza.
Schio fu un’occasione mancata?
In realtà sono contenta di aver fatto quell’esperienza. I dati dicono che forse ho sbagliato ad andare a Schio. Ma io penso di aver imparato tanto, dal punto di vista tattico e tecnico. Pierre Vincent è molto bravo e preparato e mi ha insegnato cose che non sapevo, fatto scoprire piccoli dettagli ai quali anche adesso faccio attenzione quando gioco. È stato molto complicato il secondo anno, da un punto di vista mentale. Ma credo che per riuscire a farsi forza occorra un momento basso. E da lì ho capito che ero forte, dovevo farcela, e credere in me stessa.
Come hai iniziato col basket?
Mia sorella, mia cugina e mio papà giocavano tutti. Un affare di famiglia. Andavo a vedere le partite ed ero una di quei bambini che tra un tempo e l’altro vanno a tirare a canestro. Non ho mai pensato di cambiare sport in realtà, mi ha appassionato fin da subito e ancora adesso mi diverto moltissimo alle partite e agli allenamenti.
C’è stato un momento in cui hai pensato che potevi fare carriera?
Non me lo sarei mai aspettato ai tempi delle under 13, quando il gioco era puro divertimento. È stata una cosa graduale, primi raduni della Nazionale, nel Club osservando le compagne americane che vengono per lavorare. Mi ritengo fortunata, perché di lavoro faccio quello che mi piace; e non è così scontato.
La prima vera esperienza?
San Martino, a quindici minuti da casa. Un grande settore giovanile: fanno un lavoro super. Ho giocato un anno a Venezia nelle under 17. E poi sono tornata a San Martino dove ho cominciato in serie A e mi sono messa in luce per la prima volta.
San Martino lancia tante grandi giocatrici. Qual è il segreto?
L’ambiente, accogliente, familiare e positivo. Dove è più facile crescere. Ho lavorato con Larry Abignente, che mi ha aiutata tantissimo: abbiamo fatto un sacco di fondamentali insieme e credo che quelli siano decisivi se vuoi migliorare. Anche Jasmine Keys è partita da San Martino. Hanno investito su una giovane, come hanno fatto con me, e come stanno facendo anche adesso. Danno la possibilità alle giovani di esprimersi e i risultati arrivano.
I tuoi punti di forza?
Non sono specializzata in qualcosa di particolare, né sul tiro e né sulla penetrazione. Penso di poter fare tutto, anche se non in modo eccellente, devo lavorarci. Forse le letture, sono il mio punto forte. Mi piace leggere e giocare di squadra.
Cose da migliorare?
Tante. Il tiro da tre, il ball handling. E in difesa dove mi piacerebbe essere in grado di poter abbassare un po’ il baricentro e riuscire a tenere meglio gli uno contro uno, essere più reattiva sui piedi.
Il canestro più importante realizzato?
A inizio anno, nel corso di una partita di qualificazione per l’Eurocup: eravamo sotto mancavano pochi secondi. Ho segnato. Loro hanno segnato ancora. Ma abbiamo avuto un’ulteriore azione e ci ha pensato la nostra americana. Quel mio canestro lo ricordo con piacere.
Il momento più bello in carriera?
Il secondo posto ai mondiali, e il primo agli europei con la nazionale giovanile. Che fu anche un pezzo importante per la storia del basket femminile italiano. Non era mai successo che si vincesse l’oro nelle under 20. In Repubblica Ceca.
Un oro che arrivò dopo un bronzo e un argento. Cosa ti ricordi di quella vittoria?
Eravamo partite malissimo arrivando terze nel girone. Con gli accoppiamenti peggiori. Anche se la strada per arrivare in finale era durissima, ci siamo riunite, abbiamo parlato, ci siamo aiutate, è stata una grande prova di gruppo. E vincemmo contro la Spagna che era favorita. Un cambiamento di rotta decisivo. Con coach Sandro Orlando.
Il grande obiettivo?
Giocare da straniera in Eurolega. Questo è un pallino che ho sempre avuto. Penso alle differenze di responsabilità del ruolo, e l’esperienza all’estero vorrei ripeterla, a livello più alto. Questo è il mio sogno.
La situazione attuale?
Il contratto si è concluso. Preparo le valigie e torno in Italia in attesa di sapere cosa mi riserva il futuro.
Piatto preferito?
Mi piace tanto l’antipasto coi frutti di mare; e la pizza. In Polonia col cibo è stata dura, ancora oggi rimango scioccata per le abitudini diverse. Quando mi sono trovata l’insalata cruda nella pasta con il pollo, ho chiamato subito per ordinare altro cibo. Ho comunque cucinato cose europee con mia mamma che ogni tanto mi mandava i pacchi, con chicche italiane.
Lublino si trova vicino al confine con l’Ucraina. Hai vissuto sensazioni particolari a guerra in corso?
La situazione qui è tranquilla. Stanno facendo un grande lavoro di accoglienza, la palestra in cui giocavamo è stata adibita completamente per i profughi, ci hanno piazzato i lettini: il mio secondo allenatore faceva allenamento per i bambini e ragazzi ucraini, per dare loro una piccola valvola di sfogo. Ai supermercati ci sono box nei quali puoi mettere cibo. Ci sono circa 2 milioni e mezzo di Ucraini in Polonia.
Gusti musicali?
“When I’m gone” di Eminem è la mia canzone preferita. L’ascolto di continuo, in macchina quando vado agli allenamenti, mi carica molto.
Un viaggio da fare?
In Asia, tra Giappone e Vietnam. Mi piacerebbe scoprire una cultura molto diversa da tutte le altre.
Il tuo extra basket?
Ho appena finito la triennale e sto valutando se fare una magistrale o meno. Scienze motorie. Poi leggo. Faccio passeggiate. Cucino.
L’ultimo libro letto?
“Memorie di una geisha” di Arthur Golden; siamo sempre in Giappone.
Il basket femminile italiano lo segui?
Più che altro i risultati. Ho molte colleghe amiche che sento regolarmente, tra le quali Alice Milani che adesso gioca in A2 a San Giovanni Valdarno.
Come lo giudichi da fuori?
Penso che il campionato italiano sia di alto livello. Con due squadre in Eurolega e quattro squadre che hanno fatto l’Eurocup. Tanta roba. Ci mettiamo a fianco della Spagna, Francia e Russia. Anche fisicamente è bello, con gli arbitri che permettono certi contatti. Dovremmo avere una maggiore possibilità di allenarci durante l’estate, una cosa difficilissima. Anche i Comuni potrebbero dare possibilità maggiori per utilizzare le palestre. E continuare a lavorare forte sulle giovanili.
La parola preferita?
Divertimento. Credo che divertirsi sia una cosa fondamentale per tutti. Anche quando ci sono giornate storte, cercare sempre qualcosa che ti faccia capire che sei comunque fortunato. Avere sempre una nota positiva.
E con la Nazionale maggiore?
Ho fatto un raduno l’estate scorsa, mi sono divertita e sono stata bene con tutte. Mi è dispiaciuto non poter andare agli Europei. Ma spero di avere altre possibilità e di poter indossare la maglia azzurra in partite ufficiali. Soddisfazioni difficili da spiegare: rappresenti il tuo paese, e hai una ricompensa emozionante per il duro lavoro che fai durante l’anno.