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Artù n°53 - Novembre - Dicembre 2012
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Il genio di Berton
rivive da Pisacco 46
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Pisacco
di Fiorenza Auriemma La presenza del nome di Andrea Berton, da poco orfano del Trussardi alla Scala, ha fatto sì che di Pisacco si cominciasse a parlare ben prima della sua apertura, verso metà dello scorso mese di settembre. Sarà davvero il nuovo locale del grande (e non solo per via dell’imponente statura) chef? E con che formula? Insomma, erano in tanti a non vedere l’ora che si alzassero per la prima volta le serrande di questo “bistrot contemporaneo”, come viene definito da chi l’ha voluto, pensato e realizzato. In effetti, Berton c’è. Ma non proprio come alcuni anticipavano e auspicavano. Ovvero, non è fisicamente dietro ai fornelli. Però, la sua presenza è comunque evidente e fondamentale, oltre al fatto che non è raro incontrarlo seduto a uno dei tavoli del locale. Perché lo chef che ha portato il Trussardi al traguardo delle due stelle firma e sovraintende la linea di cucina di Pisacco, affidata poi nella quotidianità al giovanissimo Matteo Gelmini, approdato qui dopo aver lavorato all’Eat’s Bistrò dell’Excelsior di Milano. Come a Milano è ovviamente anche Pisacco. E non in una “Milano” qualunque, bensì nella parte forse meno nota e nobile – all’altezza del numero 48, verso Corso Como – della storica e centralissima Via Solferino, arteria strategica e rinomata anche per ospitare tra l’altro la sede del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport. Dopo il mistero iniziale, le intenzioni sono quindi ora più che chiare: offrire ai milanesi, e non solo, un luogo piacevole ed easy, dove la cucina è curata – a cominciare dalle materie prime –, ma la formula è al passo con in tempi: e quindi informale, veloce, conviviale ed economicamente abbordabile. È interessante notare come questa tendenza al bistrot si stia lentamente, ma inesorabilmente, facendosi strada nella metropoli meneghina, prendendo spunto dal collaudatissimo modello francese per declinarlo in
varie ed eventuali modi, tutti comunque all’insegna dell’italianità. Tornando a Pisacco, il progetto nasce da un’intuizione collettiva. Infatti, alle spalle ha una famiglia “allargata”, che comprende manager, collezionisti d’arte, avvocati, architetti. Tutti uniti dalla passione per una cucina italiana semplice e attuale. In sostanza, si tratta del primo intervento diretto sul campo di food.different, società di consulenze enogastronomiche i cui soci stavano pensando da tempo a “scendere in campo”, e che quindi hanno colto la palla al balzo quando un fuoriclasse come Berton è tornato di nuovo sul mercato per chiedere la sua collaborazione. Dal suo sì al trovare la location adatta e ad aprire, il passo è stato breve: dove ora c’è Pisacco, nel corso degli ultimi anni si sono succeduti altri ristoranti, con formule e intenti diversi, l’ultimo dei quali di nome Bisbiglio. Ecco perché gli interventi necessari sono stati minimi, accelerando i tempi per poter arrivare al giorno del battesimo. Articolato su due piani, Pisacco è per ora aperto tutti i giorni a pranzo, e sei a cena (con l’intento però di essere presto a disposizione anche la domenica sera), passando dall’aperitivo. Che si può prendere seduti ai due grandi tavoli che all’ingresso hanno preso il posto del bancone bar, proprio con l’intento di rendere di nuovo conviviale un appuntamento – quello con l’aperitivo – che negli ultimi anni ha preso strade differenti e a volte confuse. Vediamo nel dettaglio chi sono i “padri” di Pisacco, oltre ad Andrea Berton (che, per inciso, ha detto la sua in modo sostanzioso per la realizzazione Artù n°53
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della nuova cucina, dove è avvenuto l’intervento maggiore per consentire alla brigata di lavorare con strumenti all’altezza delle esigenze più moderne), ci sono Giovanni Fiorin, professionista della gestione e servizio nell’ospitalità; Diego Rigatti, avvocato, sommelier e competente gourmand, e l’architetto Tiziano Vudafieri, firma dell’interior per noti brand del lusso. In più, Gabriella Ciancimino, che ha realizzato il wall drawing, ovvero le decorazioni alle pareti. In sostanza, una squadra di professionisti che – fatta eccezione per Berton – di solito si occupa di altro, ma che non per questo non aveva le carte in regola per lanciarsi in questa nuova avventura. E in un momento non propriamente favorevole per la ristorazione. Forse la scommessa di Pisacco sta proprio qui: mettere a punto un format che sia in linea con la realtà dei tempi, senza nulla togliere a colonne portanti che possiamo riassumere in poche parole: qualità del cibo e del servizio a prezzi contenuti. Quindi, resterebbe deluso chi prendendo posto a uno dei tavoli
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– sia al piano terra, sia in quello inferiore che gode di una rilassante vista sul giardino interno ricavato dove in origine c’era un tratto della Conca delle Gabelle, la più antica di Milano, quando il naviglio della Martesana confluiva in città verso piazza San Marco – si aspettasse di poter consultare un menu lungo, complesso e articolato. Perché volutamente la proposta culinaria di Pisacco è molto compatta e comprende quattro antipasti, tre primi, quattro secondi, tre contorni e quattro/cinque dolci. Il tutto scritto su un foglio di carta con una curiosa intestazione che ricorda una e-mail (per aggiungere un tocco innovativo al gettonatissimo menu vergato a mano sulla lavagna) e con un ricambio mensile – tranne il piatto del giorno, che cambia appunto quotidianamente – ma con una costante: puntare sui “fondamentali” per offrire piatti della tradizione italiana – curati sia nella scelta delle materie prime, sia nella preparazione e presentazione – però aggiornati e sfiziosi. Ecco quindi che nel menu delle prime settimane, i più gettonati tra gli antipasti sono stati la carne cruda tagliata al coltello condita con una delicata maionese alle erbe e un ovetto di quaglia sodo, e il calamaro alla plancia con crema di cipollotto e lime che si scioglie in bocca tanto è morbido. Mentre tra i primi hanno spopolato gli spaghetti al pomodoro e basilico con crema di mozzarella di bufala e il minestrone al pesto, reso più intrigante dalla presenza di tre cappesante incipriate con un trito di capperi; tra i secondi, standing ovation per l’hamburger Berton e anche per il merluzzo nero con indivia belga e peperoni. E i prezzi? Anche qui – come anticipato – siamo nel new deal della ristorazione meneghina: 8 euro per l’antipasto, tra gli 8,50 e i 9,50 per i primi, tra i 12 e 14 euro per i secondi e 6 euro per i dolci. Scelta questa che – abbinata alla concretezza dell’offerta, alla piacevolezza del luogo e al nome di Berton – si è rivelata fin
da subito vincente: tutto esaurito, o quasi, compreso il vezzoso tavolino in vetrina con vista su Via Solferino. Resta ancora un mistero da svelare: che cosa vuol dire Pisacco? Non c’è una risposta, è la risposta che ci è stata data. Perché di fatto ha tanti possibili significati: è una parola semplice, sembra un cognome, ha assonanza con un personaggio famoso, permette di fare giochetti mentali per memorizzarlo, ha un che di italianità ecc. ecc. Insomma, è un brand a tutti gli effetti.
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