INTOWN
N째31 TRIMESTRALE
autunno 2012
Tempo di vendemmia: le migliori enoteche
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5 SI DICE CHE… …E’ in via Solferino 48 …Ha aperto il 18 settembre …nel progetto ci sia in mezzo anche Andrea Berton a dirigere la linea della cucina …sia un think tank creativo e gastronomico …sia una cucina moderna, essenziale, con qualche pezzo d’arte qua e là È Pisacco Ristorante e Bar www.pisacco.it www.facebook.com/Pisacco.it
È fine estate ed è tempo di vendemmia. La passione per il vino, in costante crescita, torna a essere protagonista. Nuove aperture e indirizzi storici conquistano i palati esigenti di novelli sommelier e avventori curiosi alla scoperta di ogni segreto di bianchi, rossi e rosè, di cantine note e produzioni limitate, pregiati e selezionati, regalando emozioni in ambienti di design, o più rustici, ma sempre votati all’eccellenza della proposta. Aperto appena due mesi fa il Sorso (3. via Clusone 3, tel. 388.3445988, www.sorsomilano.it) rispecchia la tendenza di realizzare wine bar di pregio, che strizzano l’occhio alle sofisticate esigenze di mondanità milanesi, corredate da un’ampia cantina, presto sede di degustazioni con esperti, e abbinati ad un servizio di cucina di alta qualità. Altro nuovo approdo per gli amanti del buon vino La Bottega del Vino (4. piazza Lega Lombarda 1, 349.8716998, www.labottegadelvinomilano.com), enoteca scenografica con area ristorante, con bancone in entrata dominato da una parete di bottiglie, tante italiane e molte francesi, aperto anche per aperitivi con stuzzichini, da gustare in un ambiente curato, tra pareti simil grezze e tavoli particolari. Il locale è della stessa proprietà dello storico N’Ombra de Vin (via San Marco 2, tel. 02.6599650, www.nombradevin.it), da quarant’anni meta privilegiata per conoscere il meglio della cultura enologica italiana e internazionale, liquori compresi, abbinati a una cucina tradizionale rivisitata. L’ambiente raffinato e la cornice particolare – il locale ha sede nell’antico refettorio dei frati agostiniani – ne fanno una meta molto modaiola. Recentissimo anche Maestro Martino (viale Caldara 131, tel. 02.43127609, www.maestromartino. org), elegante winebar che sposa“cultura del vino, dell’olio e della tavola buona e sana”, ispirato al cuoco rinascimentale autore del primo ricettario in volgare, dove sono in vendita anche conserve, oli, patè, utensili e libri di argomento enogastronomico. In pieno centro ha inaugurato Signorvino (Galleria Pattari 2, tel. 02.89092539, www.signorvino.it), una splendida location dove vini di tutte le regioni d’Italia si possono gustare abbinati a piatti tipici facilmente riconoscibili anche da un pubblico internazionale di passaggio in città, con il plus di essere direttamente affacciati sul Duomo. Ottimo cibo e selezione di etichette per il piacere del buon bere. Infine due indirizzi da non perdere: La Cantina di Manuela (via Procaccini 41, tel.02.3452034, www.lacantinadimanuela.it), ultima delle botteghe vinarie aperte da Franco Rossi è una location curata e familiare, dall’atmosfera antica, che propone una cucina strutturata con eccellenti piatti ideati dallo chef Alessio Algherini, da accompagnare ad una ricchissima e selezionata gamma di vini. Mentre Enocratia (5. via Sant’Agnese 14, tel. 02.36525816, www.enocratia.com), all’interno di un antico palazzo, propone un emozionante viaggio del palato tra accostamenti di cucina e territori, vino e cibo, in tre diversi ambienti con volte e mattoni a vista, arredi insoliti e ricercati.
Volemose Bene via della Moscova 25, tel. 02.36559618 Ultimo nato tra i vari ristoranti che propongono cucina romana in città. Per chi ama l’atmosfera e l’ambiente un po’ caciarone delle tipiche trattorie della capitale, dove gustare splendidi supplì, saltimbocca, carciofi alla giudia, pasta cacio e pepe o alla gricia e tutto il meglio delle specialità gastronomiche del Lazio. www.volemosebenemilano.it
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affinità elettive/dimenticate il food design, qui si parla di progettualità e sintonia. Come quella tra lo chef Andrea Berton e l’architetto Tiziano Vudafieri. E il nuovo ristorante Pisacco a Milano è solo l’inizio /a cura di Andrea Berton, foto di Marco Ferrari
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Tiziano Vudafieri: Ero un grande fan della sua cucina, la vera esperienza è stata scoprire Andrea dall’altra parte: innanzitutto vedere come lavora un cuoco del genere, ma anche cosa vuol dire mettere a punto un piatto di spaghetti al pomodoro… ti dici “li faccio abbastanza bene anch’io”, invece la qualità è un’altra cosa, ieri sera c’era gente (al Pisacco, ndr) che diceva: “non ho mai mangiato degli spaghetti al pomodoro così”. Andrea Berton: l’obbiettivo era quello! TV: ho capito solo adesso il parallelo che si può fare tra la cucina e il design, tra il suo lavoro e il mio. Non parlo di food design, non è presentare il cibo in maniera carina. Non ne posso più del food design. Intanto in inglese “design” significa progetto, non stile. Quindi parliamo di food e progetto, come progetto del cibo e progetto del luogo. Lui è un cuoco… AB: di progetto! TV: beh su questo non ci sono storie! Ci sono luoghi che non assomigliano per niente a lui, alla sua cucina, mentre ce ne sono altri che sono identici a lui. Per questo c’è un legame profondo: trovare un posto preciso come lui significa individuare un posto che ha un’attenzione al dettaglio maniacale come lui… Non è detto che un cuoco debba essere come lui, né un designer debba essere come me, che dei dettagli me ne frego abbastanza, mi interessa di più la fotografia generale – non è giusto o sbagliato, è solo un’altra maniera di vedere le cose –. Andrea ha fatto della precisione la sua forza; ha un grande talento culturale in cucina, nel senso che sta facendo la cosa giusta per questi anni, questo è sicuro! Nel fare un ristorante abbiamo avuto anche discussioni accese e quello di cui mi rendo conto – ed è la sua forza – è che lui il minimo dettaglio lo trasforma in un problema immenso. A me del minimo dettaglio non interessa molto. AB: in cucina però è un po’ diverso… TV: certo… lui è come uno skipper in Coppa America che dà un ordine e in una frazione di secondo gli altri devono eseguire, non si discute, poi se sbaglia la virata sono fatti suoi. Io ho tempi di recupero più lunghi, magari quello che avresti dovuto fare in tre settimane lo devi fare in una, però resta pur sempre una settimana… lui ha quattro minuti. AB: in cucina hai i minuti contati, sincronismi diversi.. però c’è un qualcosa di complementare: il design o la realizzazione di un progetto di architettura ha tempi e movimenti che devono essere calcolati sulla carta, mentre in cucina sono calcolati sull’azione. C’è un’assonanza tra le due cose, c’è un parallelo tra design e cucina. Non solo nel design come realizzazione del piatto finito, bensì nello sviluppo di quello che è il percorso costruttivo del progetto. Secondo me l’insieme ci porta a capire che sia nella cucina sia nell’architettura c’è sempre una progettualità, che deve essere rispettata e portata avanti. Un piatto prima di renderlo vivo e assemblarlo, te lo immagini e te lo disegni: questa è la progettualità della cucina. Poi lo sviluppi, metti insieme gli ingredienti, per dargli una forma intrigante, anche a livello visivo. TV: che tu ci pensi o no, è quello che sottolinea il modo in cui è stato costruito quel piatto e magari ti suggerisce anche il modo in cui mangiarlo. Per esempio, i piatti di Andrea che io stesso un paio di anni fa consideravo un pochino troppo “laccati” come presentazione, adesso sono ancora più precisi, ma naturali in maniera pazzesca. Ho visto un’evoluzione significativa. Quello che diceva Andrea è simile nel mio lavoro: la cucina di Andrea è la cucina di Andrea, non è quella di Bottura né quella di Alajmo. Ecco, se lui ogni mese cambia menu anche totalmente, ma guardi il suo lavoro sul lungo termine c’è un progetto, c’è un segno; così io progetto i negozi per Tod’s, per Roger
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Club Sandwich vegetariano dall’interpretazione architettonica: ha l’effetto di due torri inclinate, è omaggio alla città di Milano che sta crescendo in altezza. Ogni piano ha un ingrediente diverso seguendo una precisa logica che contribuisce a creare la dinamica del piatto Andrea Berton
Vivier, poi faccio una casa in Cina poi qualcos’altro, li guardo, mi sembrano tutti diversi, invece tutti mi dicono che nel lavoro degli ultimi cinque anni si vede una linea, una continuità. AB: si capisce che è il tuo lavoro. TV: ho un pensiero, una sensibilità, delle priorità, come lui ha le sue. AB: è un altro dei motivi per cui le due professioni si avvicinano. Tiziano realizza progetti diversi a seconda della location o delle esigenze del cliente però hanno un’impostazione, una linea guida che li identifica; lo stesso vale per la cucina. L’architettura di un ambiente è importante, il contenitore deve avere una logica, dalle sedute al tavolo, a quelli che possono essere altri aspetti che vedi mentre sei seduto ma che non ti distolgono dal piatto, anzi lo valorizzano. Tiziano riesce a creare questo tipo di simbiosi, di sintonia. TV: ad esempio, il negozio di Vuitton assomiglia a Vuitton non a Prada, no? Casa tua deve assomigliare a te, non a qualcun altro, c’è poco da fare! Quindi se tu vivi un’esperienza come quella di una cucina del genere e sei nel posto sbagliato, avverti una dissonanza pazzesca, non ne capisci il senso. Credo che Pisacco assomigli a quello che è e a quello che vuole essere: un posto fresco, veloce, leggero, un po’ giusto un po’ sbagliato, con un’atmosfera molto positiva – tutti ce lo dicono –, un posto dove subito si avverte che costa poco,
si mangia bene, perché trasmette tante piccole verità. Ma se fosse Andrea a cucinare non avrebbe alcun senso: non solo perché la cucina non gli basta, quello è ovvio... AB: rispecchia la mia filosofia, ma adattata a quello che è questo posto. TV: se hai un’esperienza di un tipo di cucina e sei in un posto che assomiglia a quella cucina hai fatto bingo! L’esperienza diventa totalizzante. AB: avere sintonia tra le due realtà – cucina e design – è creare un unico elemento che avvolge a 360° il cliente quando vive l’esperienza. Per questo le due realtà devono combinarsi assieme. C’è una crescita pensata assieme passo dopo passo, per arrivare, una volta finito il contenitore, a realizzare il piatto. Insieme si può ottenere molto di più e non considerare questo aspetto è sbagliato. Il cibo deve essere la parte protagonista di un ristorante, ma devi anche avere la capacità di capire l’importanza di una progettualità nel design, nell’arredo, tutti elementi che racchiudo la piacevolezza di andare al ristorante e che racchiudono l’esperienza che ti consente di farti avvolgere totalmente. TV: se facessi un ristorante per Andrea oggi, conosco bene la sua cucina; se l’avessi fatto anche solo un anno fa, probabilmente non dico che avrei sbagliato, ma non sarebbe stato così preciso al primo colpo. La conoscenza così ravvicinata di questi mesi mi ha fatto capire che l’uomo è davvero la sua cucina… beh, adesso me lo vedo già il ristorante! AB: non potrei mai lavorare con un architetto che non conosce quello che faccio o a cui non piace la mia cucina. L’architetto è come un tuo collaboratore quotidiano, anche se non presente fisicamente; collabora con te tutti i giorni perché ti ha costruito la macchina per andare avanti. Poi Tiziano oltre a essere un bravo architetto è anche un bravo cuoco, quindi parte già avvantaggiato... TV: sì, la cucina è una delle cose della mia vita.. insieme alla moda e al design… mi viene in mente una cosa, era l’’80-’81, ero studente di architettura a Venezia e insieme a un amico matto come me organizzai delle cene di prova a casa: si chiamavano “ipercromatico party” e consistevano nel mettere tonnellate di coloranti alimentari nei cibi. Avevamo iniziato con il blu di metilene e avevamo fatto un riso blu. Ragionavamo sul fatto che se lo mangiavi a occhi chiusi era un semplice riso al burro, ma se lo guardavi non potevi non pensare che sapesse di qualcosa. Avevamo fatto le prove bendati per capire la percezione. È da allora che ruoto intorno alla cucina.. E ora, con Andrea e altri due amici (Diego Rigatti e Giovanni Fiorin, ndr) abbiamo creato food.different, una società che segue progetti legati all’universo del food, di cui Pisacco è solo l’inizio... AB: quando l’ho visto realizzare il ristorante (Pisacco, ndr) ci mette un’anima, una passione, vedi che lo vive direttamente come una cosa sua. Non c’è distacco, ti rendi conto quando hai a che fare con un architetto statico a cui manca la spinta per fare la differenza e rendere tutto più vero. Come quando cucini: se ci metti la passione, l’anima, si vede.
Disegno realizzato da Paul McCarthy, maestro dell’arte contemporanea, di una “lampada da tavola” che avremmo dovuto costruire: una sorta di fuoco da wild west con la presa elettrica. E’ un oggetto concettuale che parla molto di design e convivialità, di quanto il valore simbolico degli oggetti sia più importante dello stile Tiziano Vudafieri
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