PLaNCK! 22 - Viaggi spaziali

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POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – 70% NE/PD € 25,00 - copia singola € 7,00 Autorizzazione del Tribunale di Padova numero 4093 del 21 novembre 2013 ISSN 2284-0761 - ISBN 978 88 5495 159 4 - Quadrimestrale - Numero 22 - gennaio-aprile 2021

NUMERO

22 Da piccolo

farò lo scie nziato!

AL CENTRO O I IL CALENDAR 2021

E in p iù.. MARI . una storia EE a UNA M MAX IN... fumetti! IS DA SA SIONE LVAR E! www.planck-magazine.it

VIAGGI SPAZIALI


In questo numero

04 La nostra squadra 10 Perché andiamo nello Spazio? 12 Il “garage” dell’esplorazione spaziale 14 Oltre il Sistema solare: a caccia di esopianeti! 16 Primo indizio: l’acqua! 18 Immagini... Spaziali! 20 Un viaggio spaziale, passo dopo passo

23 Dossier: la piu’ grande avventura del genere umano 24 Pronti per iniziare il viaggio? 28 Arrivare primi sulla Luna: la sfida tra due superpotenze 30 Spazio alle donne! 32 Missione fallita 34 Piccola guida per aspiranti astronauti 36 Vivere su un altro pianeta, tra scienza e fantascienza 44 Prossima destinazione: Marte! 46 Spegnere il Sole? Pessima idea 48 Sonde spaziali. Ecco come costruirle 52 Messaggeri dallo Spazio 54 La tecnologia spaziale nella vita di tutti i giorni 56 C’è traffico, lassù! 58 Verso l’infinito... e oltre!

Il cielo è di tutti Cento anni fa nasceva un signore che si divertiva a giocare con le parole e un giorno scrisse una poesia sul cielo: “Qualcuno che la sa lunga mi spieghi questo mistero: il cielo è di tutti gli occhi, di ogni occhio è il cielo intero… Il cielo è di tutti gli occhi, ed ogni occhio, se vuole, si prende la luna intera, le stelle comete, il Sole… Spiegatemi voi dunque, in prosa od in versetti, perché il cielo è uno solo e la terra è tutta a pezzetti”. Questo signore si chiamava Gianni Rodari e aveva capito che sulla Terra siamo tutti uguali. Anni dopo, un astronauta di nome Luca Parmitano gli ha dato ragione dicendo: “Mai come nello spazio ti accorgi che i confini non esistono. Sono solo dentro le menti delle persone”. Care lettrici e cari lettori di PLaNCK!, avete capito perché è importante esplorare lo Spazio? Perché ci aiuta a costruire un mondo migliore qui, sulla Terra. Buona lettura! Buona lettura!

Rubriche Tocca a te! 60 Sfida sulla base spaziale PLaNCK! 1

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Fumetto 05 Le avventure di Marie e Max: Una missione da salvare!

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P La NC K

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50 La matematica dell’Apollo 11 51 Errori marziani

Comitato Scientifico Università di Padova

PLaNCK! è un progetto dell’associazione Accatagliato via S. Sofia 5 - 35121 Padova www.accatagliato.com accatagliato.info@gmail.com

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In più...

Storia della scienza

Dipartimento di Fisica e Astronomia prof. Alberto Carnera, prof.ssa Ornella Pantano, prof. Giulio Peruzzi, prof.ssa Cinzia Sada, prof. Antonino Milone Dipartimento di Scienze Chimiche dr. Massimo Bellanda, dr.ssa Laura Orian, dr. Giacomo Saielli, dr.ssa Elisabetta Schievano

CLEUP sc “Coop. Libraria Editrice Università di Padova” via Belzoni 118/3 - 35121 Padova tel. 049 8753496 www.cleup.it - www.facebook.com/cleup ISSN 2284-0761 ISBN 978 88 5495 159 4

Andrea Frison

Scienza da leggere Piccoli collaboratori Lo chiediamo a voi! Parole di scienza

Coordinatrici editoriali: Agnese Sonato e Marta Carli Direttore Responsabile: Andrea Frison Redazione: Agnese Sonato, Marta Carli, Andrea Frison, Marco Maggioni, Serena Maule, Kira Karelina, Sarah Libanore, Martina Tardivo, Marco Barbujani, Gianluca Pozza, Bianca Maria Scotton, Laura Paneghetti, Francesco Zani

38 PLaNCK!: un progetto speciale! 40 Il poster con il calendario 2021

Fumetto

Disegnatrice e colorist: Bianca Maria Scotton Assistente colorist: Gioia Beghin Sceneggiatrici: Bianca Maria Scotton e Agnese Sonato Versione inglese: Laura Paneghetti Segreteria di redazione e pubbliche relazioni: Serena Maule Progetto grafico: Stefano Pozza, Andrea Frison e Francesco Zani Impaginazione: Francesco Zani A questo numero hanno collaborato: Adrian Fartade, Ilaria Ampollini, Francesco Coghi, Arianna Ricchiuti Per alcuni contenuti di questo numero è stata chiesta consulenza a: Leopoldo Benacchio e Barbara De Toffoli

www.planck-magazine.it redazione@planck-magazine.it

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Marie e Max in...

UNA MISSIONE DA SALVARE!

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IL “GARAGE” DELL’ESPLORAZIONE SPAZIALE di Agnese Sonato (redazione)

Quando pensiamo all’esplorazione spaziale la prima cosa che ci viene in mente probabilmente è una missione in cui alcuni astronauti partono a bordo di una navicella. Certo, può essere così, ma esistono tanti modi e tanti strumenti con cui possiamo esplorare lo spazio.

LA NAVICELLA SPAZIALE

È un veicolo che per uscire dall’atmosfera terrestre usa dei razzi chiamati “razzi vettore”. Siamo abituati a pensare alla navicella spaziale come a un veicolo su cui viaggiano gli astronauti, ma in realtà ci sono più tipi di navicelle: alcuni viaggiano con a bordo un equipaggio, altri no. Ad esempio, la “sonda” è una navicella spaziale senza equipaggio che viaggia verso corpi celesti esterni alla Terra, per raccogliere informazioni usando gli strumenti che ha a bordo. Alcune sonde spaziali sono degli “orbiter”, cioè dei veicoli che entrano nell’orbita di un corpo celeste e continuano a girargli intorno per lungo tempo. A volte, quando le navicelle spaziali arrivano vicino al loro obiettivo, sganciano una loro parte per farla atterrare sul corpo celeste stesso. Questa parte si chiama “lander” e può portare con sé un “rover”, cioè un veicolo che poi servirà per muoversi ed esplorare il corpo celeste.

va La missione Cassini-Huygens ave no, delle come obiettivo lo studio di Satur tita nel sue lune e dei suoi anelli. È par lanciata 1997 e finita nel 2017. La sonda che si era composta dall’orbiter Cassini, e no, è messo a girare intorno a Satur ato su dal lander Huygens, che è atterr Titano, una delle sue lune.

Questo è il primo rover atterrato su Marte a gennaio 2004: il suo nome è Spirit. 12


IL SATELLITE

Quando si parla di esplorazione spaziale e di satelliti per nuove missioni, il termine corretto da usare è “satellite artificiale”. Infatti esiste anche il “satellite naturale”, cioè un qualsiasi corpo celeste che orbita attorno a un corpo celeste più grande. Il satellite naturale della Terra è la Luna: per questo i satelliti naturali vengono anche chiamati “lune”. Il satellite artificiale, invece, è uno strumento costruito dall’essere umano che viene messo in orbita intorno alla Terra o a un altro pianeta e permette di svolgere meglio molte attività sul pianeta attorno a cui ruota. Ad esempio è grazie ad alcuni satelliti che ruotano attorno alla Terra che funzionano i navigatori oppure che l’ora dei nostri smartphone si regola da sola.

LA STAZIONE SPAZIALE

È una struttura costruita dall’essere umano per far vivere un equipaggio per settimane, mesi o anche anni nello spazio. La stazione resta nell’orbita della Terra o di un altro corpo celeste per tutto il tempo necessario alla missione, senza mai atterrare sul corpo celeste.

Parole di scienza (pagina 63) ATMOSFERA, CORPO CELESTE

zionale Sulla Stazione Spaziale Interna i che oggi orbita a 400 chilometr dalla Terra vivono dai due ai sei rca astronauti che si occupano di rice a am chi si scientifica. Questa stazione costruita “internazionale” perché è stata ziali di in collaborazione tra agenzie spa diversi stati.

Sullo sfondo: la Via Lattea fotografata all’osservatorio astronomico di La Silla nel sud del deserto dell’Atacama, in Cile, in Sud America.

Se vuoi sapere che cos’è un’orbita, vai a pagina 20. 13


PRIMO INDIZIO: L’ACQUA! “C’è vita al di fuori del nostro pianeta?”. Questa è la domanda che si pone “l’astrobiologia”, la scienza che indaga l’esistenza di vita oltre la Terra, nei pianeti che girano attorno al Sole o ad altre stelle. L’astrobiologia riunisce studiosi di diverse discipline che, con metodi diversi, danno ognuno il proprio contributo. Così, ad esempio, mentre i biologi si chiedono quali specie terrestri potrebbero vivere in condizioni estreme come quelle di Marte, i geologi si interrogano sulle caratteristiche degli ambienti adatti alla vita. Ma proviamo a capire meglio che cosa cerca l’astrobiologia, dove e come lo fa.

di Martina Tardivo (redazione)

L’ACQUA, UN INDIZIO PREZIOSO!

I pianeti sui quali si cerca la vita sono, di solito, quelli nella“zona abitabile”, che in inglese si chiama“Goldilocks Zone”. È una zona né troppo vicina, né troppo lontana dalla stella attorno a cui i pianeti orbitano. Qui è più probabile che ci sia acqua liquida. Ebbene sì, niente impronte che suggeriscono il passaggio di strani omini verdi: l’indizio più importante per chi cerca vita è la presenza di acqua! L’acqua è fondamentale per qualsiasi forma di vita, semplice o complessa, per come la conosciamo sulla Terra. La presenza di acqua su un pianeta non ci garantisce che ci sia o ci sia stata vita, ma perlomeno ci suggerisce che in quei luoghi ha senso cercarla.

COME SI CERCA

E allora... pala alla mano, scaviamo finché non troviamo l’acqua? No, non è così semplice! Innanzitutto, non tutti i pianeti si possono raggiungere: in alcuni casi gli scienziati devono accontentarsi di analizzare gli spettri della luce da cui si possono ricavare informazioni preziose su elementi presenti sul pianeta.

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Quando però sul pianeta è possibile inviare della strumentazione, la cosa si fa ancora più interessante. Grazie a strumenti che “fotografano” la superficie, si possono cercare indizi del passaggio di acqua, come ad esempio strutture che assomiglino ai letti dei fiumi. Svolgendo analisi chimiche sulle rocce e sul terreno, è possibile capire se questi sono stati in contatto con l’acqua. Spesso però è anche molto importante scoprire cosa succede sotto la superficie, perché l’acqua, e quindi la vita, potrebbero trovarsi in profondità! Un altro aiuto arriva dagli strumenti che “annusano” l’atmosfera e capiscono che sostanze sono presenti in essa. Grazie a questi, ad esempio, nell’atmosfera di Marte sono stati trovati idrogeno e metano: l’idrogeno viene associato alla presenza di acqua, mentre il metano potrebbe essere una traccia dell’attività di qualche forma di vita.

Per questo articolo abbiamo collaborato con Barbara De Toffoli, ricercatrice dell’agenzia spaz iale tedesca, la DLR. A lei abbiamo chiesto: «Per ché cerchiamo la vita fuori dalla Terra?» Ecco la sua risposta... «Perché siamo curiosi! Non sappiamo quali conseguenze possa avere la scoperta della vita oltre la Terra, ma questo non rende il tutto meno importante. Se non foss imo curiosi e non ci facessimo domande come que sta, non esisterebbe la ricerca, e quindi l’evoluzione!»

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UN VIAGGIO SPAZIALE, PASSO DOPO PASSO di Marta Carli (redazione)

Facile, no? Un razzo! In realtà c’è bisogno di qualche passaggio in più… scopriamolo assieme agli astronauti che raggiungono la Stazione Spaziale Internazionale!

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SI FA PRESTO A DIRE “RAZZO”!

Il razzo che porta alla Stazione Spaziale è composto da tre pezzi, detti “stadi”: gli astronauti si trovano nel più piccolo, vicino alla punta, in una “capsula” chiamata “Sojuz”. I due pezzi più grandi contengono carburante e potenti motori.

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LA PARTENZA E LA MESSA IN ORBITA

Quando finisce il conto alla rovescia, i motori si attivano: il razzo è spinto verso l’alto con una forza che vince quella di gravità e così decolla. Man mano che il razzo sale, il carburante si esaurisce e le parti inferiori si staccano. Quando raggiunge l’orbita desiderata, a circa 200 chilometri di quota, si spegne l’ultimo motore. Sono passati solo nove minuti dal decollo, ma la Stazione Spaziale si trova ben più in alto, a circa 400 chilometri di quota…

ORBITA: COS’È?

Quando un oggetto ruota attorno a un corpo celeste si dice che è in orbita attorno a esso: ad esempio la Terra è in orbita attorno al Sole, mentre la Luna, la Stazione Spaziale Internazionale e moltissimi satelliti artificiali sono in orbita attorno alla Terra. Per rimanere in orbita a una certa altezza bisogna avere una velocità ben precisa.


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L’INCONTRO CON LA STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE

Per “incontrare” la Stazione Spaziale, la Sojuz deve fare due manovre. Nella prima manovra, sale di quota e si mette in orbita a circa 300 chilometri di altezza dal suolo. Qui gli astronauti verificano di poter procedere in sicurezza. Poi, con una seconda manovra, raggiungono finalmente la quota a cui orbita la Stazione Spaziale e infine regolano la velocità della Sojuz per agganciarsi alla Stazione in modo sicuro e nel punto giusto. Queste operazioni richiedono da un minimo di sei ore a un massimo di due giorni.

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L’AIUTO DELLA MATEMATICA

Per fare queste manovre serve la matematica e soprattutto la geometria. Prima del lancio, una squadra di persone esperte svolge i calcoli necessari. I risultati vengono inseriti in un computer di bordo, in costante collegamento con la base di terra: durante le manovre, è possibile correggere i calcoli in base alla posizione effettiva della navicella.

CATHERINE JOHNSON

Nel film Il diritto di contare si racconta la storia di Catherine Johnson, una matematica afroamericana che, con i suoi calcoli, giocò un ruolo fondamentale nella storia dei viaggi spaziali.

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IL RIENTRO A TERRA

Il viaggio di ritorno dura circa tre ore e mezza. Dopo essersi staccata dalla Stazione Spaziale, la Sojuz scende di quota e si divide in tre parti: solo una, il “modulo di discesa”, tornerà sulla Terra. Gli astronauti toccano Terra a soli cinque chilometri all’ora perché vengono frenati dall’atmosfera e da un sistema di paracaduti e piccoli razzi. La discesa però non è molto tranquilla: sembra di essere sulle montagne russe!

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DOSSIER

LA PIÙ GRANDE AVVENTURA DEL GENERE UMANO

Andare nello spazio è qualc osa che ci affascina da sempre e… qualc uno ci è anche riuscito! Ma chi ci è anda to? Chi ha lavorato ai programmi spaziali che hanno portato l’essere umano ne llo spazio? Tutte le missioni sono anda te a finire bene? E quali sono i nuovi pr ogrammi spaziali, di cui sentiremo se mpre più parlare nei prossimi anni? Scoprirete tutto questo nelle prossime pa gine!

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I “PRIMI PASSI” NELLO SPAZIO

Intorno al 1960 c’era una vera e propria “corsa allo spazio” in cui si sfidavano le due superpotenze che avevano vinto da poco la Seconda guerra mondiale: gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica, uno Stato esistito dal 1922 al 1991 e che comprendeva Stati che oggi sono nell’Europa dell’Est e Asia del Nord, tra cui la Russia. e Durante la Seconda guerra mondiale (dal 1939 al 1945) gli Stati Uniti suoi i e nia l’Unione Sovietica combatterono insieme contro la Germa alleati. Quando la guerra finì, però, i due Stati cominciarono a non andare più tanto d’accordo: iniziò la “Guerra fredda”, una guerra senza veri e propri combattimenti, ma in cui ognuno cercava continuamente di dimostrare di essere la potenza economica e militare più importante del mondo. Ed esplorare lo spazio era un traguardo mai raggiunto fino ad allora, quindi riuscirci sarebbe stato simbolo di grande successo e potere.

DOSSIER La più grande avventura del genere umano

4 ottobre 1957

Per la prima volta un oggetto costruito dall’essere umano, il satellite Sputnik dell’Unione Sovietica, vola nello spazio per orbitare attorno alla Terra.

12 aprile 1961

Jurij Gagarin è il primo uomo a volare nello spazio con la missione Vostok 1 dell’Unione Sovietica.

16 giugno 1963

Valentina Tereškova è la prima donna a volare nello spazio con la missione Vostok 6 dell’Unione Sovietica.

Jurij Gagarin nel 1961

18 marzo 1965

Valentina Tereskova nel 1963

Aleksej Leonov, con la missione Voschod 2 dell’Unione Sovietica, è il primo uomo a “passeggiare fra le stelle”, cioè a uscire dalla navicella per restare sospeso nello spazio.

Aleksej Leonov nel 1974

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ARRIVARE PRIMI SULLA LUNA otenze La sfida tra due superp Il 2 novembre 2020 gli appassionati di viaggi spaziali hanno festeggiato un anniversario importante: i vent’anni dall’arrivo del primo equipaggio a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. L’equipaggio era composto da tre astronauti: uno era americano e due erano russi. Oggi sappiamo tutti che l’esplorazione spaziale è possibile grazie alla collaborazione tra Stati diversi. Una volta, però, non era così. Due Stati in particolare facevano a gara per arrivare primi nella “corsa allo spazio”: erano proprio gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica.

di Marta Carli (redazione) e Andrea Frison (redazione)

La “Guerra fredda” e la gara per la Luna

Durante la “Guerra fredda” Stati Uniti e Unione Sovietica si fronteggiarono senza mai sparare un colpo ma costruendo armi sempre più potenti e… facendo a gara a chi arrivava per primo sulla Luna. Ma perché tutto questo interesse? Perché la scienza è fondamentale nello sviluppo tecnico ed economico di uno Stato, e quindi lo fa diventare più prestigioso. I primi a “scattare” nella corsa allo spazio furono i russi, che nel 1957 lanciarono in orbita il primo satellite e nel 1959 fecero atterrare la prima sonda sulla Luna. Nel 1961, poi, fu la volta del primo uomo a volare nello spazio: l’astronauta russo Jurij Gagarin, mentre nel 1963 toccò a una donna, Valentina Tereškova. Gli Stati Uniti, però, un po’ alla volta cominciarono a riguadagnare terreno fino al sorpasso: lo sbarco del primo uomo sulla Luna, il 20 luglio 1969, con la missione Apollo 11, a bordo della quale c’erano Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins.

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Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins


La fine della corsa

Dopo lo sbarco sulla Luna, l’interesse per i viaggi spaziali si spense, anche perché le missioni erano molto costose. La Guerra fredda invece continuò per altri vent’anni. L’esplorazione dello spazio, però, non si fermò: gli scienziati capirono che dovevano aiutarsi tra loro e già nel 1975 si svolse la prima missione di collaborazione tra Stati Uniti e Unione Sovietica. In quell’anno la navicella americana Apollo e la navicella russa Sojuz si agganciarono tra loro nell’orbita attorno alla Terra. E oggi, astronauti di tutto il mondo lavorano insieme nella Stazione Spaziale Internazionale.

DOSSIER La più grande avventura del genere umano

L’equipaggio del progetto Apollo-Sojuz del 1975. In arancione sono vestiti gli astronauti americani, in verde quelli sovietici

Verso la Luna... e oltre!

Dal 2017 è in corso il programma spaziale Artemis per portare “la prima donna e il prossimo uomo” sulla Luna. Questa volta l’obiettivo non è andare sulla Luna per “arrivarci per primi”, non si tratta di una “conquista di potere”: stavolta l’obiettivo è andare sulla Luna per creare una base nello spazio dove potrebbero vivere gli astronauti per un po’ di tempo. L’idea è che da lì si possa partire, ad esempio, verso Marte: i ricercatori, infatti, hanno visto che la Luna sarebbe l’ideale come base per altre missioni spaziali. Il programma Artemis è anche un esempio di collaborazione tra agenzie spaziali: a realizzarlo sono l’agenzia degli Stati Uniti, quella europea, quella giapponese e quella del Canada.

Il logo del programma Artemis

Per sapere qualcosa in più sulla “Guerra fredda” e i primi anni dell’esplorazione spaziale vai a pagina 24

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SPAZIO ALLE DONNE! di Agnese Sonato (redazione)

Chi sono i protagonisti dell’esplorazione spaziale? Nella maggior parte dei racconti sono uomini, anche se non sono sempre stati loro ad andare nello spazio e neppure ad aver lavorato ai progressi scientifici nell’esplorazione spaziale. Ci sono state anche tante donne, anche se spesso sono passate inosservate e le loro storie sono state raccontate poco.

LE PRIME A VOLARE NELLO SPAZIO

All’inizio dell’esplorazione spaziale è stata l’Unione Sovietica a dare più spazio alle donne. La prima donna ad andare nello spazio fu, infatti, la sovietica Valentina Tereškova, nel 1963, mentre la prima per gli Stati Uniti d’America è stata Sally Ride, vent’anni dopo, nel 1983.

Valentina Tereskova Sally Ride

Sette delle tredici “ragazze del Mercury 13” (©NASA) 30

“LE RAGAZZE DEL MERCURY 13”

Il primo programma spaziale degli Stati Uniti che aveva come obiettivo mandare un equipaggio di esseri umani in orbita intorno alla Terra è stato il Mercury 13, che durò dal 1958 al 1963. A un gruppo di donne non fu permesso di diventare astronaute per questo progetto, anche se avevano superato i test con cui la NASA, l’agenzia spaziale degli Stati Uniti d’America, selezionava le persone adatte a diventare astronaute. Queste donne, chiamate “le ragazze del Mercury 13”, non si diedero per vinte e una di loro, Jerrie Cobb, scrisse anche una lettera al presidente John Fitzgerald Kennedy per denunciare quello che era successo. Ma non cambiò nulla. Il motivo era che la NASA aveva deciso di far diventare astronauti solo piloti militari laureati in ingegneria. Ma le donne non potevano essere militari e a quel tempo studiare ingegneria era, ingiustamente, considerato adatto solo agli uomini.

Jerrie Cobb (©NASA)


DOSSIER La più grande avventura del genere umano

UN RUOLO PER TUT TI

DONNE CALCOLATRICI

Ci sono tante donne che, per la loro bravura nella matematica, fisica e ingegneria, hanno svolto calcoli fondamentali al successo delle più importanti missioni spaziali degli Stati Uniti. Ad esempio “Harvard computers” è il nome con cui sono chiamate quelle donne che alla fine del 1900 lavoravano all’Università di Harvard, negli Stati Uniti, per l’astronomo e fisico Edward Charles Pickering. Con il nome “calcolatrici umane della NASA” vengono chiamate invece le donne che hanno lavorato a calcoli importanti per la missione Apollo 11. Di queste donne si è iniziato a parlare solo molto tempo dopo, quando i programmi spaziali erano già finiti.

Oggi c’è molta più attenzione a includere le donne negli equipaggi delle missioni spaziali e a riconoscere i ruoli che hanno nella ricerca spaziale. La cosa importante comunque è ricordarsi di dare spazio a chi ha avuto un ruolo importante nello sviluppo della scienza, senza guardare se si tratta di un uomo, una donna o qualcuno di uno Stato diverso dal nostro. E questo vale sempre, non solo per l’esplorazione spaziale.

PER I PIÙ GRANDI

Il libro Lunatiche scritto da Valeria Palumbo racconta le storie di donne dietro grandi scoperte astronomiche e programmi spaziali.

Le “Harvard computers” al lavoro e con Edward Charles Pickering.

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PICCOLA GUIDA PER ASPIRANTI ASTRONAUTI

di Arianna Ricchiuti (Divulgatrice scientifica di EJR-Quartz per l’ESA) e Loredana Bessone (Insegnante di astronauti per l’ESA)

Ti piacerebbe volare nello spazio? In questa guida troverai consigli e curiosità per prepararti a una missione sulla Stazione Spaziale Internazionale, proprio come un vero astronauta.

Studiare le scienze, mantenersi in buona salute e amare l’avventura: ecco gli ingredienti fondamentali per fare uno dei lavori più affascinanti e difficili al mondo, l’astronauta. La “ricetta” però richiede anche molte qualità personali, come saper lavorare in squadra, oltre a un grande impegno nell’imparare le lingue. Hai tutto ciò che serve? Allora non ti resta che fare domanda presso l’Agenzia Spaziale Europea, chiamata anche ESA, che apre le selezioni circa ogni dieci anni. La competizione è durissima: su diecimila partecipanti solo i migliori sei ottengono il titolo di “candidato astronauta”! Si parte con l’addestramento di base, che dura un anno ed è un po’ come tornare a scuola: ci sono lezioni in classe e gite presso le agenzie spaziali, ma anche esercitazioni che aiutano ad abituarsi alle condizioni che troverai poi nello spazio. Ad esempio, esistono alcuni voli che, grazie ad una speciale manovra del pilota, consentono di provare l’assenza di peso per venti secondi a bordo di un aereo. Questi si chiamano voli parabolici. Altro che montagne russe! Poi ci sono i corsi in piscina: galleggiare in acqua infatti ricorda un po’ la sensazione che si ha quando si fluttua nello spazio ed è utilissimo

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Samantha Cristoforetti impara a muoversi con la tuta da astronauta in una grande piscina. (©NASA/ESA)


per capire come muoversi con la tuta da astronauta. Completata questa prima fase sarai ufficialmente nominato “astronauta”: congratulazioni! A questo punto arriva la parte più entusiasmante: è l’addestramento premissione, che comprende attività in ambienti estremi in giro per il mondo. Da una base sottomarina in Florida alle foreste innevate in Russia, dalle misteriose grotte dell’Italia fino agli imponenti vulcani di Lanzarote, isola dell’oceano Atlantico. In questa fase imparerai a fare l’esploratore, ma anche a condividere poco spazio e molto tempo con i compagni. Dopo qualche anno ti verrà assegnata una missione sulla Stazione Spaziale Internazionale, il laboratorio scientifico che orbita attorno alla Terra e ospita regolarmente equipaggi di astronauti. Nell’arco di due anni, istruttori qualificati ti insegneranno tutti gli esperimenti e le attività che andrai a fare a bordo della Stazione, mostrandoti gli strumenti da usare e le procedure da seguire. Nello spazio non si improvvisa nulla, nemmeno come pulire il bagno di bordo!

CURIOSITÀ

Quando gli astronauti selezionati nel 2009 parlarono per la prima volta con il loro capo, gli chiesero quale fosse la caratteristica più importante per un astronauta. Lui rispose «Saper leggere le procedure. Il resto è una passeggiata… Anche se spaziale».

DOSSIER La più grande avventura del genere umano

Un gruppo di astronauti si addestra in grotta per prepararsi allo spazio. (©ESA – A. Romeo)

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INTERVISTA a Matteo Massironi

PROSSIMA DESTINAZIONE: MARTE

di Martina Tardivo (redazione)

L’interesse per l’esplorazione del “pianeta rosso”, Marte, è cresciuto sempre più negli ultimi anni, al punto che nel 2023 le missioni attive su questo pianeta saranno ben dodici! Ma come mai tutto questo interesse? E quali sono gli obiettivi delle nuove missioni? Ce lo siamo fatti raccontare dal professor Matteo Massironi del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, coinvolto in diversi progetti dell’Agenzia Spaziale Europea. Professore, che cosa rende le prossime missioni su Marte così importanti?

Sono così importanti perché, oltre a cercare di capire se esiste o è esistita vita sul pianeta, ci daranno informazioni utilissime per portare, in futuro, gli esseri umani su Marte; dopo la Luna, infatti, l’altro grande obiettivo dell’esplorazione spaziare con equipaggio sará proprio il “pianeta rosso”. Le prossime missioni ci permetteranno, quindi, di conoscere meglio l’ambiente marziano e di testare delle nuove tecnologie per risolvere i problemi che rendono l’esplorazione di di questo pianeta molto complessa.

Quali sono le prossime missioni e quando verranno lanciate?

La missione Mars 2020 della NASA, la missione Hope degli Emirati Arabi e la HX-1 dell’Agenzia spaziale cinese sono state lanciate nell’estate 2020, quando Marte si trovava più vicino alla Terra. Il loro arrivo sul pianeta è previsto a febbraio 2021. La vicinanza tra Marte e Terra si verificherà di nuovo nel 2022, quando verrà lanciata la missione ExoMars dell’Agenzia Spaziale Europea in collaborazione con l’Agenzia spaziale russa.

Cosa c’è di nuovo in queste missioni?

Il rover Perseverance della missione Mars 2020, per la prima volta raccoglierà dei campioni che dovrebbero poi essere portati sulla Terra da una missione futura, la Mars sample return prevista per il 2031. Verificheremo così se su Marte sono

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Matteo Massironi


possibili viaggi di andata e ritorno e questo ci sarà utile anche per le missioni umane! L’altra novità consiste in un piccolo drone volante, che accompagnerà Perseverance nei suoi movimenti. Perlustrando l’ambiente circostante, il drone fornirà al rover una visione migliore rispetto a quella che si ottiene dai satelliti che orbitano attorno a Marte e lo aiuterà a muoversi lungo percorsi meno insidiosi. ExoMars, invece, avrà una trivella capace di perforare il suolo fino a quasi due metri. Potrà così estrarre ed analizzare il materiale che si trova a una profondità superiore a quella cui arrivano le forti radiazioni provenienti dallo spazio, dannose per gli esseri viventi, che rendono improbabile la vita sulla superficie di Marte. La missione cinese HX-1 è dotata di uno strumento chiamato “radar sounder”, grazie al quale potremo “osservare” meglio cosa c’è sotto la superficie marziana. Sarà in grado ad esempio di individuare cavità sotterranee, ambienti protetti dove potrebbe trovarsi la vita. La missione Hope, infine, non arriverà sulla superficie del pianeta ma rimarrà in orbita: avrà l’importante compito di studiare i fenomeni atmosferici e il clima su Marte, oltre alla composizione dell’atmosfera, per misurare la quantità di ossigeno e idrogeno.

Per sapere cosa sono i satelliti e i rover, leggi l’articolo a pagina 12. Per capire meglio cos’è un’orbita, leggi l’articolo a pagina 44.

Parole di scienza (pagina 63) ATMOSFERA, RADIAZIONI

SULLO SFONDO: Un selfie scattato dal rover Curiosity della missione Mars Science Laboratory della NASA, lanciato il 26 novembre 2011 e atterrato su Marte il 6 agosto 2012. 45


SPEGNERE IL SOLE? Pessima idea di Sarah Libanore (redazione)

Allaccia le cinture: stai per partire per un viaggio nel Sistema solare! Un viaggio con uno scopo strano: provare a spegnere il Sole con una enorme quantità d’acqua, tanto grande da avere una massa uguale a quella del Sole. Ovviamente non si può trovare tanta acqua tutta insieme, ma in questo viaggio usiamo la fantasia! Pronto per partire? Tre, due, uno, via: comincia l’avventura!

UNA PALLA DI FUOCO?

Visto dalla Terra, il Sole sembra un’enorme palla di fuoco. In effetti ne ha tutte le caratteristiche: è caldo, oltre 5500 gradi in superficie, è luminoso e ha pure un bel colore giallo. Ma una volta nello spazio, dalla tua astronave noti che il Sole appare completamente bianco: a farlo sembrare giallo è l’atmosfera terrestre! La verità è che il Sole non è una palla di fuoco. Il fuoco è prodotto da un processo chiamato “combustione”, che per avvenire ha bisogno di ossigeno e quindi di aria. Per questo l’acqua spegne il fuoco: gli toglie il contatto con l’ossigeno che gli serve per continuare a bruciare. Il Sole però si trova nello spazio, dove non c’è ossigeno. Senza ossigeno non può esserci combustione, quindi nulla può bruciare. Questo significa che il Sole non è una palla di fuoco! Da dove vengono quindi la sua luce e il suo calore?

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Ecco il Sole fotografato con il progetto SOHO, una collaborazione tra l’Agenzia Spaziale Europea e quella degli Stati Uniti d’America.


La risposta è: dagli atomi, i mattoncini che compongono la materia! Il Sole, come tutte le stelle, è infatti una gigantesca sfera di gas, composta soprattutto da atomi di idrogeno ed elio. La temperatura al suo interno è altissima: oltre quindici milioni di gradi. A questa temperatura gli atomi di idrogeno si uniscono tra loro e formano atomi di elio. Queste si chiamano “reazioni termonucleari” e producono enormi quantità di energia, che noi sulla Terra riceviamo come luce e calore.

PESSIMA IDEA!

Sei partito con un enorme carico d’acqua per spegnere il Sole come se fosse un grande incendio, ma ora scopri che il Sole in realtà non brucia, quindi l’acqua non ti servirà! Anzi, se versassi tutta quell’acqua sul Sole non faresti altro che accrescere la sua massa, aumentando sia la sua temperatura interna, sia le reazioni termonucleari e l’energia liberata. Nel tentativo di spegnere il Sole, lo renderesti 1500 gradi più caldo e sei volte più luminoso! Saggiamente decidi quindi di non versare la tua enorme secchiata d’acqua sul Sole e torni sulla Terra dopo un meraviglioso viaggio spaziale. Un viaggio che può insegnarti due importanti lezioni: spesso le cose non sono come sembrano, e provare a spegnere il Sole non è affatto una buona idea!

Reazioni Termonucleari

Nuclei di elio Energia (luce, calore)

Nuclei di idrogeno

Parole di scienza (pagina 63) ATMOSFERA, RAGGI ULTRAVIOLETTI

Chi ha paura del buio? È un progetto gestito dai tre astrofisici Filippo Bonaventura, Lorenzo Colombo e Matteo Miluzio. Questo articolo è ispirato al loro primo libro Se tutte le stelle venissero giù. E altre domande che non ci fanno dormire la notte.

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MESSAGGERI DALLO SPAZIO di Sarah Libanore (redazione)

Lo spazio è davvero grandissimo: per analizzare le stelle o per capire come è fatto l’Universo, non possiamo inviare i nostri strumenti sul posto, ma dobbiamo trovare dei sistemi per studiarli “a distanza”. In questo ci aiutano alcuni “messaggeri” che vengono creati dai corpi celesti nello spazio, viaggiano per lungo tempo e infine raggiungono la Terra: si tratta della luce, di alcune particelle e delle onde gravitazionali. Analizzandoli, si possono scoprire importanti informazioni sulla loro origine e sul corpo celeste che li ha prodotti.

Questo è il telescopio spaziale Hubble: dal 1990 osserva lo spazio orbitando sopra le nostre teste!

LA LUCE

Le stelle e molti altri corpi celesti emettono luce. Per studiarla si utilizzano i telescopi sulla Terra o nello spazio. Grazie ad essi si possono analizzare anche parti dello spettro della luce non visibili ai nostri occhi: ad esempio, ci sono telescopi che osservano i raggi X prodotti al centro delle galassie.

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In un quadratino di questa dimensione, circa ogni secondo cade una particella prodotta da un raggio cosmico!


LE PARTICELLE

Alcuni corpi celesti, come il Sole, o alcuni fenomeni, come l’esplosione di una stella, producono delle particelle che, viaggiando ad altissima velocità, raggiungono il nostro pianeta. Ne esistono di diversi tipi: alcune, chiamate “raggi cosmici”, quando si avvicinano alla Terra interagiscono con le particelle dell’atmosfera e producono altre particelle “a cascata”. Osservandole, gli scienziati possono capire come era il raggio cosmico che le ha prodotte. Altre particelle, chiamate “neutrini”, sono invece molto difficili da osservare e possono essere confuse con i raggi cosmici. Per questo, gli strumenti per osservarle vengono costruiti in profondità, ad esempio sotto le montagne: la roccia ferma i raggi cosmici, ma lascia passare i neutrini, facendoli arrivare agli strumenti.

Presso i Laboratori Nazionali de l Gran Sasso, in Abruzzo, vengono sv olti molti esperimenti per studiare i neutr ini. I laboratori si trovano sotto la montagna!

LE ONDE GRAVITAZIONALI

Immagina di tenere sollevata una coperta, su cui viene lanciata una palla: dove questa cade, la coperta si incurva e si creano delle onde che partono dalla palla e raggiungono i bordi. Una cosa simile succede quando due corpi celesti si avvicinano, fino a scontrarsi e fondersi insieme. Quando succede, alcune onde, chiamate “onde gravitazionali”, iniziano a viaggiare in tutte le direzioni, come le onde sulla coperta. Quando arrivano sulla Terra, possono essere misurate grazie a strumenti chiamati “interferometri”. Solo da pochi anni possiamo misurare le onde gravitazionali: le prime sono state osservate nel 2015! Parole di scienza (pagina 63) SPETTRO DELLA LUCE, ATMOSFERA, CORPO CELESTE

L’interferometro Virgo si trova vicino a Pisa. Ha la forma di un a grande “L” e ognuno dei suoi bra cci è lungo quasi 3 km!

Per sapere che cosa sono le galassie vai a pagina 54. 53


C’È TRAFFICO, LASSÙ! di Agnese Sonato (redazione)

Lo spazio è immenso, ma quello disponibile per mandare satelliti intorno alla Terra non è infinito, anzi, oggi è addirittura troppo poco. Sembra strano, ma ci sono… “problemi di spazio”.

Ogni satellite può seguire delle orbite ben precise intorno alla Terra e la maggior parte dei satelliti utili per il nostro pianeta si trovano nella cosiddetta “orbita bassa”, una zona compresa tra i 200 e i 1400 chilometri di distanza dal suolo. Mentre nei primi anni, intorno al 1960, gli Stati protagonisti dell’esplorazione spaziale erano solo Unione Sovietica, Stati Uniti d’America, Italia e Canada, oggi ci sono 85 Stati che inviano satelliti nello spazio. Inoltre, mentre una volta era possibile mandare nello spazio un solo satellite alla volta, oggi si riescono a lanciare anche cinquanta satelliti tutti insieme. Ecco che, in totale, oggi ci sono circa 2000 satelliti intorno alla Terra!

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Ma a riempire lo spazio ci sono anche tantissimi… rifiuti. Si tratta di centinaia di pezzi metallici che appartengono, ad esempio, a satelliti esplosi, distrutti o che, una volta finito il loro programma, non sono stati riportati sulla Terra. I rifiuti possono essere piccoli bulloni o pezzi molto più grandi e rappresentano un grosso problema: oltre a occupare orbite che potrebbero essere disponibili per nuovi satelliti, sono anche molto pericolosi. Per esempio un bullone è molto piccolo, ma se viaggia a grandi velocità può anche forare i rivestimenti esterni di satelliti o stazioni spaziali, causando veri e propri “incidenti spaziali”.


Ci sono due riflessioni interessanti da fare sul problema dei rifiuti spaziali... CHI PUÒ ANDARE NELLO SPAZIO?

di tutti e chiunque Lo spazio non ha confini: è da o anche un (un’agenzia spaziale, un’azien esplorarlo. Per farlo cittadino) può decidere di al proprio Stato. basta chiedere il permesso é consente a tutti di ùQuesto è importante perch ne spaziale, anche a fare progressi nell’esplorazio rla meno in questo Paesi di cui, ad esempio, si pa o il Sudafrica. Però campo, come il Mali, l’Etiopia su quali orbite si non ci sono regole precise indi, anche se nello possano o no occupare. Qu chi è più potente e spazio possono andare tutti, missioni spaziali e a più ricco riesce a far partire più giando chi è meno occupare molte orbite, danneg potente e più povero.

COME SI PULISCE LO SPAZIO?

All’inizio dell’esplorazione spaziale non si pensava alla possibilità di arrivare ad avere tanti rifiuti e quindi non si credeva servisse “fare pulizia”, ad esempio riportando sulla Terra i satelliti alla fine della loro missione. Oggi invece si è capito che è una cosa importante da fare ed esistono delle aziende che si occupano proprio di recuperare i rifiuti spaziali.

ALCUNE REGOLE CI SONO

Nel 1967 gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica e il Regno Unito firmarono il “trattato sullo spazio extra-atmosferico” (in inglese si chiama “Outer Space Treaty”) che vieta, ad esempio, di mandare armi nucleari nello spazio o di considerare propri i corpi celesti, come la Luna. A quell’accordo hanno aderito molti altri Stati nel corso della storia. Parole di scienza (pagina 63) CORPO CELESTE

i satelliti Per capire meglio cosa sono . Se vuoi leggi l’articolo a pagina 12 gi invece sapere che cos’è un’orbita, leg l’articolo a pagina 20. Per questo articolo abbiamo collaborato con Leopoldo Benacchio dell’Osservatorio Astronomico di Padova - Istituto Nazionale di Astrofisica.

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LO CHIEDIAMO A VOI di Francesco Coghi (fisico) e Agnese Sonato (redazione)

I capelli dell’astronauta della NASA Karen Nyberg a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, la ISS, sono tutti “per aria”. E non solo i capelli! C’è anche della frutta volante!

Ma perché gli oggetti volano a bordo della ISS?

Scriveteci le vostre risposte all’indirizzo mail: redazione@planck-magazine.it

Nel numero precedente vi avevamo chiesto...

Grazie anche a Riccardo, Carlo, Chiara e Vittoria per averci scritto le loro risposte!

Perché sudiamo quando facciamo spor t? Ci sono arrivate cinque risposte, ciascuna delle quali dà informazioni corrette. Abbiamo scelto di pubblicare quella più completa scritta dalla nostra lettrice Alice di 9 anni. “Quando facciamo sport la temperatura del nostro corpo aumenta, quindi abbiamo bisogno di espellere acqua per “raffreddarci” e regolare di nuovo la temperatura corporea. Se questo non succedesse , la temperatura del nostro corpo aumenterebbe così tanto da provocare seri danni ai nostri organi interni, fondamentali per la vita. Per cui possiamo dire che il sudore è vitale!”

Carlo, 11 anni

Alice, 9 anni

A questa risposta aggiungiamo che, oltre all’acqua, il nostro corpo con il sudore butta fuori anche altre sostanze che a volte… puzzano. Anche questo aiuta ripulire e regolare il nostro corpo.

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Riccardo, 1 2 anni

Vittoria, 9 anni

Ch iara, 9 anni


Nel prossimo numero...

SCIENZA E FANTASIA Maggio 2021 n. 23

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