ANDREA TRIPALDI curatore MIA MADRE
Racconto fotografico di Davide Concardi
MIA MADRE 140 anni dopo la grande svolta di Porro
Pittura // Scultura // Fotografia // Video // Storia // Moda // Cinema // Poesia // Musica
14-29 maggio 2016
Spazio per le arti contemporanee Palazzo del Broletto | Pavia
Monica Anselmi Luca Bossaglia Nadia Buroni DassĂšYAmoroso Vinny Maio Jacopo Milanesi e Laura Collodi Dario Molinari Daniele Montera Matteo Pusceddu Lex Rosas Daniel Schiraldi
COLOPHON Ideatore e Curatore Andrea Tripaldi Progetto grafico Dario Marino Ufficio stampa Associazione Pavia Città Internazionale dei Saperi Chiara Argenteri Patrocinio Comune di Pavia - Settore Cultura e Turismo Università degli Studi di Pavia Fondazione Medicina a Misura di Donna Onlus Partner Musei Civici del Castello Visconteo Sistema Museale d’Ateneo, CSV Pavia Rotary Club Pavia Minerva, IPSIA Pavia Luigi Cremona Liceo Volta Pavia Sponsor Plano, Soci del Sole Artisti Vinny Maio, Daniele Montera, Lex Rosas, Daniel Schiraldi, DassùYAmoroso, Monica Anselmi Nadia Buroni, Jacopo Milanesi e Laura Collodi, Ada Verbena, Dario Molinari A.P.S. On-Off ringrazia per il contributo storico-scientifico: Valentina Cani, Lidia Falomo, Patrizia Contardini Maria Carla Garbarino www.onoffproject.it info@onoffproject.it
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“In nome della madre si inaugura la vita” Erri De Luca
Testo introduttivo alla mostra Con “Mia Madre. 140 anni dopo la grande svolta di Porro” arte e maternità si fondono e si confondono in un connubio perfetto, in cui l’arte diventa nutrimento e la maternità arte, attraverso immagini storiche, fotografie, abiti, sculture di ceramica, ferri chirurgici, dipinti di giovani artisti ed elaborati prodotti dai ragazzi del Liceo Volta e dalle ragazze dell’Istituto Professionale per la Moda “Luigi Cremona” di Pavia. L’esposizione è ideata e curata da Andrea Tripaldi, e organizzata dall’Associazione ON-OFF in collaborazione col Settore Cultura del Comune di Pavia – Musei Civici del Castello Visconteo, e con l’Università degli Studi di Pavia – Sistema Museale di Ateneo, e si inserisce nel progetto “Nati con la cultura”, un’iniziativa che vuole dare ad ogni neonato l’opportunità di nutrirsi d’arte, fin dalla nascita.
“Mia Madre. 140 anni dopo la grande svolta di Porro” intende ripercorrere e scandagliare, attraverso dipinti, sculture, fotografie, video ed altre testimonianze figurative, l’iconografia e la rappresentazione della maternità, simbolo di amore più puro, più radicato e più appassionato. Siamo felici di ospitare nelle nostre Sale questa bella mostra, che ci aiuta a riflettere sull’importanza e sul valore dell’amore materno. Un’iniziativa, questa, che assume ancora maggiore valore essendo inserita in una più ampia forma di collaborazione culturale tra la nostra Amministrazione e APS On-Off, che ha permesso l’arrivo ai Musei Civici di Pavia del progetto “Nati con la cultura”. Una straordinaria esperienza di avviamento all’arte e alla cultura nei primi anni della vita lodevolmente promosso da un’associazione giovanile. All’Associazione va il nostro plauso e il nostro incoraggiamento per il futuro. Giacomo Galazzo Assessore alla Cultura
Fra le molte transizioni della conoscenza che Pavia ha regalato al mondo una delle più rilevanti è lo straordinario intervento messo a punto nel 1876 da Edoardo Porro, all’epoca professore di ostetricia e primario dell’Ospedale San Matteo. Fino a quel momento il parto cesareo era quasi invariabilmente fatale per il destino della madre. L’intervento costituiva lo spettro che si aggirava nella mente di ogni ostetrico e, come scrisse Luigi Mangiagalli, successore di Porro sulla cattedra pavese, «quasi sinonimo di morte per la donna» a cui si ricorreva come a «una extrema ratio che incuteva terrore». Nella Clinica ostetrica di Pavia «non una madre era stata salvata in un secolo col taglio cesareo». Lo stato dell’arte era in questa situazione quando arrivò con una forza travolgente l’intervento inventato da Porro, una procedura che facendo uso dell’astuzia operatoria, fu per la prima volta in grado di programmare la salvezza di entrambi gli attori del parto, la madre e il bambino. Non si trattò nel caso di questo intervento di un perfezionamento o di un semplice progresso sulla via che portò al moderno parto cesareo. Al contrario fu una svolta, l’inizio di un nuovo percorso, perché per la prima volta ci si rese conto che il parto in condizioni difficili cessava di essere una tragedia ma diventava il momento più luminoso della vita. Da quel momento anche il parto cesareo poteva terminare con una doppia salvezza, quella della madre e del bambino che portava in grembo. Con Porro si mise per la prima volta all’ordine del giorno l’idea che le donne con il bacino malformato o con difficoltà nei meccanismi di contrazione uterina, potessero salvarsi assieme al loro figlio. La mostra Mia madre inserisce questa meravigliosa storia pavese all’interno di un percorso che fonda medicina ed estetica, perché la scienza possiede una profonda bellezza, e l’arte può essere una via straordinaria che ci avvicina alle verità più profonde dell’esistenza. Paolo Mazzarello Presidente del Sistema Museale di Ateneo
“La gravidanza è un processo che invita a cedere alla forza invisibile che si nasconde nella vita” Judy Ford
Invariabilmente fatale. Questo era il destino delle donne che giungevano alla fine della gravidanza in situazioni ostetriche difficili e che dovevano sottoporsi al parto cesareo. La storia cambiò drammaticamente nell’aprile 1876 quando giunse nella Clinica Ostetrica dell’Ospedale San Matteo di Pavia una gravida venticinquenne, Giulia Cavallini. Le visite accertarono subito una situazione drammatica. La donna era alta un metro e quarantotto centimetri, aveva un bacino gravemente malformato che rendeva del tutto impossibile il parto per le vie naturali. La situazione clinica della gravida fu affrontata come una sfida scientifica e umana dal medico che subito si assunse il compito di operarla, Edoardo Porro, professore di ostetricia all’Università di Pavia. Invece di arrendersi, come tutti gli ostetrici avrebbero fatto in simili condizioni, sottoponendo la gravida al classico taglio cesareo per salvare almeno il feto, Porro riuscì a ribaltare il tragico destino della donna con l’astuzia operatoria, una semplice innovazione chirurgica che permise di salvare lei e il suo bambino. Per la prima volta, con un intervento pensato e programmato scientificamente, il parto cesareo terminava con un pieno successo e consegnava alla medicina mondiale una procedura ostetrica subito adottata in tutti gli ospedali del mondo. Ma quella di Porro fu una svolta radicale nella storia dell’ostetricia, la più importante mai realizzata in Italia: finalmente era capovolto il tragico destino di molte donne, il parto cesareo poteva terminare con una doppia salvezza, quella della madre e del bambino che portava in grembo.
Attrezzi chirurgici e utensili utilizzati da Porro per l’intervento chirurgico Museo per la Storia dell’Università di Pavia
Visionari. Mancano pochi giorni al 24mo congresso europeo EBCOG che porterà dal mondo in Italia, a Torino, dal 19 al 21 maggio circa 2000 specialisti in ginecologia ed ostetricia, per confrontarsi ed esplorare le più recenti frontiere della ricerca scientifica, partendo dagli stili di vita come alleati alla scienza, nutrizione in primis. Per la prima volta per un congresso medico, il Master dell’inaugurazione sarà una donna del mondo dell’arte, a significare che anche la partecipazione culturale attiva, come acclara anche la biologia, può contribuire al ben-essere: fin dai primi passi, come dimostra il Passaporto Culturale che ogni nuovo nato al Policlinico di Pavia riceve in segno di cittadinanza con il libero accesso della famiglia ai musei nel primo anno di vita della creatura. Una raccomandazione per una buona crescita. In questo ambito, oggi un nuovo appuntamento unisce scienza ed arte. La ricerca artistica, come quella medica, apre nuove strade di pensiero ed azione mettendo in connessione mondi di esperienza e conoscenza, per guardare l’invisibile oltre i confini di ciò che è dato. La via verso l’inedito intrapresa 140 anni fa da Edoardo Porro ha portato al moderno parto cesareo, ha salvare vite delle madri e dei loro piccoli. Il cambiamento è sempre un fatto culturale. Oggi i giovani del territorio di Pavia, attraverso l’arte ci invitano ad aprire gli occhi, partendo dal tema della maternità, a livello individuale e collettivo. Con le sfide e le opportunità del nostro tempo, di fronte ad un’umanità in cammino dalla quale nessun muro può proteggere, tutti siamo chiamati alla generatività, ad un atto di co-responsabilità che ha legami con la genitorialità: immaginare, partorire una nuova società, materna e a prendercene cura. Una società capace di accogliere, di includere, mettere al centro le potenzialità più dei disagi, valorizzare le differenze. La cultura mette in moto e in relazione le più grandi energie rinnovabili del nostro tempo: le persone. Catterina Seia Vice presidente Fondazione Medicina a Misura di Donna
Una mostra sul tema della maternità avrebbe potuto suggerire l’esposizione di una serie davvero amplissima di dipinti a testimoniare come l’iconografia della madre sia stata soggetto privilegiato per i pittori di tutti i tempi, trattato nei diversi stili artistici e nelle più varie composizioni figurative. I Musei Civici pavesi raccolgono - specie nella Pinacoteca Malaspina - antiche e preziose rappresentazioni della madre per eccellenza, la Madonna, colta sia nella tradizionale e rassicurante unione con il figlio bambino, entrambi sereni e sorridenti, sia nell’altrettanto nota ma dolorosa immagine della Pietà, sia ancora nella versione, paesaggisticamente suggestiva, della drammatica fuga della famigliola verso l’Egitto. Quale dipinto rappresentativo per la mostra “Mia madre” abbiamo però scelto un’opera “moderna”, partecipante nel 1936 al concorso nazionale Frank, concorso istituito a metà Ottocento per premiare i migliori allievi della Civica Scuola di Pittura di Pavia che avessero prodotto un’opera su di un tema di storia locale; l’anno successivo alla soppressione della Scuola, per volontà del Podestà, si tenne un’edizione straordinaria aperta anche ad artisti non pavesi, che dovevano cimentarsi su una tematica consona ai valori della propaganda fascista. Cesare Breveglieri - pittore milanese interprete in altre occasioni di delicati soggetti intimisti, legati alla quotidianità, affatto antiretorici – ottenne un premio-acquisto per questa “Madonna della madre prolifica”, soggetto chiaramente ispirato alla campagna demografica del Duce, e il dipinto entrò così nelle collezioni comunali. Lodata dalla giuria del concorso per “l‘incisiva e modernissima composizione”, l’opera presentava “in una concezione ed una fattura assolutamente novecentista i temi cari alla religione e all’arte”; più d’una sono le madri rappresentate all’interno di una stanza: la madonna che avvolge in un panno il bambino, una donna attorniata dai suoi quattro figli di varia età ma anche un cagnolino teneramente steso a fianco della sua genitrice. La mostra oggi allestita al Broletto è un omaggio alla maternità, intesa -come oggi è giusto che sia- a 360°, e un’occasione per rilanciare e far meglio conoscere l’offerta del “Passaporto Culturale” e di libero ingresso ai Musei a tutti i nuovi nati a Pavia, i quali potranno invitare la loro famiglia a frequentare il Castello e a godere delle bellezze lì custodite. Susanna Zatti Direttore dei Musei Civici del Castello Visconteo di Pavia
Questa mostra dal titolo: “Mia Madre. 140 anni dopo la grande svolta di Porro” è dedicata alla mamma, a mia madre, alle nostre madri. Silenziose e discrete che s’alzano per prime la mattina e rincasano per ultime la sera, capaci di leggere gli sguardi e interpretare i silenzi, di dare voce ad un battito, di incoraggiare, di sperare. Madri. Donne che abitano sulla soglia del mondo per proteggere la vita perché nelle loro mani è stato messo il brevetto della maternità. Le opere magistralmente esposte ce lo trasmettono e ce lo comunicano in maniera chiara ed esaustiva. A volte durante il percorso espositivo si incontra il buio. Ma come nella vita, dentro ogni labirinto oscuro c’è nostalgia della luce, proprio come nel ventre di una donna. Attraversare le stanze oscure della vita non è da tutti: solo alle madri è data la chiave per entrare e fabbricare la vita. Vita che a volte sa di dolore o assenza, come certe maternità, come alcune opere ci trasmettono, ma restano sempre belle: perché una mamma è bella sempre anche con le cicatrici che parlano di sogni e pensieri, con gli zigomi stanchi che raccontano le ferite di una vita, con i calli alle mani perché certe carezze erano pesanti da regalare. Somiglia tanto ad un’officina la maternità. A quei laboratori dove entra un pezzo di argilla ed esce una scultura; a quegli atelier dove un rotolo di tela diventa un vestito; a quelle camere oscure dove un rullino diventa fotografia; a quella bottega dove la tela diventa quadro. Già. La bottega della maternità: si entra donna e si esce mamma. Eppure chi nasce donna non nasce madre: potrebbe un giorno diventare madre. Per farlo, però, c’è un prezzo da pagare e ogni madre lo sa: la pancia che si gonfia, il seno che s’allarga, la bilancia che avanza. Gli svenimenti, la fiacchezza, l’ansia. Il timore di non tornare più quella di prima. Questo Porro lo aveva capito. Perciò “salvò anche la madre”. Questa mostra aiuti tutte le madri ad accettare di sformarsi per organizzare la vita o a rinnovarsi a farlo: il guadagno è scoprirsi o riscoprirsi madre laddove prima c’era solo una donna. Uscite da quella bottega, tutto cambierà: si è dato alla luce il capolavoro più bello. A mia madre, alle nostre madri il grazie per averci dato il benvenuto su questo splendido palcoscenico della storia che è la vita. Andrea Tripaldi Ideatore e curatore del progetto
Jacopo Milanesi e Laura Collodi Mia Madre ed io, 2016
Mia madre ed io Nella mia testa è ancora vivo il ricordo di quando, da bambino, vidi per la prima volta i figurini disegnati da mia madre; enormi fogli con linee sottili e spesse che davano forma a figure e vestiti. Il tratto nero sulla carta bianca rimase indelebile nella mia testa; ero in continua contemplazione del contrasto generato tra i due colori, ma ciò che più mi affascinava era il modo in cui questa contrapposizione desse vita a forme, oggetti e figure. Ho imparato molto da mia madre; oltre agli insegnamenti fondamentali per crescere e rispettare sé stessi e gli altri, ho acquisito la sua mano e la sua passione per il disegno. Utilizzavo una quantità industriale di fogli per potermi esprimere, forse nascosto nel mio desiderio di scarabocchiare era racchiuso anche il suo; purtroppo la precoce morte del padre l’ha costretta ad andare a lavorare giovanissima, e quindi non ha potuto seguire la strada del disegno e lavorare in quel settore. Proprio per questo motivo l’intero lavoro è il frutto di quattro mani; le mie e quelle di mia madre. Infatti quando ho pensato al progetto di questa mostra, mi è subito venuto in mente di creare qualcosa con mia madre e realizzare un’opera che fosse nostra, che ci rappresentasse e che esprimesse il nostro essere creativi. Il risultato finale non comprende solo ed esclusivamente il telo dipinto, ma anche il video che documenta il nostro operare insieme. Forse, più di tutto, questo è il vero lavoro. A un semplice livello di lettura dell’opera si osserva la figura di una donna incinta che si staglia sulla superficie della tela bianca, le lunghe braccia e le grandi mani avvolgono lo spettatore come solo un abbraccio materno sa fare. La madre stilizzata è archetipo della maternità, facendoti crescere nel grembo ti fornisce ogni tipo di sostentamento per lo sviluppo. Un secondo livello di lettura può far notare come la donna rappresentata non sia altro che una semplice madre, una persona che prima ancora di essere mamma è un individuo con i propri pregi e i propri difetti, una donna da seguire e da ascoltare, ma anche da sostenere e con cui avere momenti di confronto.
Monica Anselmi
Vinny Maio
“La giovinezza appassisce, l’amore viene meno, le foglie dell’amicizia cadono, ma la speranza segreta di una madre sopravvive più a lungo di tutto” Oliver Wendell Holmes
“Immaginare di prendere un po’ di creta e cominciare a darle forma. Così è la maternità, una forma, un’opera d’arte. Arte come quella di diventare madre per darle forma. Ecco la gravidanza. L’espressione del potenziale creativo di ogni donna. Diventare madre significa di per sé creare e dare alla luce. E non a caso il processo fisiologico di apertura fisica e psichica che conduce alla nascita del bambino si chiama travaglio, cioè lavoro. Lavoro, espressione, apertura, creazione, potenza. Le opere di Vinny Maio, come lei stessa spiega, si inseriscono all’interno di una ricerca relativa ai volumi, agli spessori e alle dimensioni. Lì dove la forma assume una presenza spesso invadente, è soltanto l’involucro di un contenuto ben più ampio fatto di emozioni sensazioni pensieri e progetti. Quella che in principio era invadenza si traduce al termine con le sue curve, il suo candore e la sua purezza in un abbraccio, in un’armonia che tutto riequilibra e protegge. Questa è la Maternità.” Vinny Maio
Luca Bossaglia Quando, 2014
Lex Rosas Non ci sono, 2014
Matteo Pusceddu Cattive madri, 2015
Daniele Montera
Ada Eva Verbena Cellula madre, 1983
Dario Molinari Via Lattea, 2012
DassĂšYAmoroso
Untitled (your body was a battleground)” - “Parlami d’amor” Il corpo della donna utilizzato una volta come forma di protesta (in questo lavoro il titolo rimanda a un lavoro di Barbara Krugher del 1989) si trasforma sotto i colpi della sempre ambigua comunicazione moderna. Per vendere o veicolare messaggi bisogna provocare, eccitare, suscitare istinti sessuali. Immagini esplicite e volgari di volti preorgasmici da cui ormai siamo completamente assuefatti e di cui non possiamo fare a meno. Eredita’ della lotta femminista? “Lo voglio! (Le difettose)” - “Le muse inquietanti” Queste due opere hanno come tema la maternità o meglio la “necessità “ di maternità a tutti i costi. L’ossessione alla mancata maternità, il senso di inadeguatezza che vive chi non riesce a generare, il sentirsi in difetto rispetto alle madri. Tutto questo viene vissuto all’interno della nostra società in maniera spesso distorta arrivando fino ad assumere risvolti cupi e corrotti di cui le prime vittime sono proprio i “desiderati”. “Venere in pelliccia” La forza e la debolezza della donna, capace di essere vittima e carnefice al tempo stesso. )
“La Terra è la nostra eterna madre e donna, e come ogni donna fa, anch’essa dona qualcosa alla nostra ricchezza” Ernst Jünger
La memoria è custodita come un segreto nell’anima, ma attraverso gli oggetti può essere risvegliata; ritorna in vita e parla di legami eterni che non si possono spezzare. Tessuti come arte trasmessa e rivelata nell’installazione di Stefano Dassù e Pasquale Amoroso DassùYAmoroso “Demetra” Abito nero con balze e pizzo. Un tributo alla Madre Terra, Madre dispensatrice del grano e dell’agricoltura, costante nutrice della gioventù e della terra verde, artefice del ciclo delle stagioni, della vita e della morte, protettrice del matrimonio e delle leggi sacre. “Persefone” Abito bianco di tulle con foglie nere di tessuto applicate. Un tributo a Persefone, figlia di Demetra e di Zeus che venne rapita dallo zio Ade e fu costretta al matrimonio. A Lei è legata un’affascinante leggenda ed attribuito il cambio delle stagioni, in particolare il rifiorire della natura in primavera e in estate. “Dana” Abito nero di pizzo con balze tartan. Un tributo alla Dea Madre celtica, Dea della terra, dei venti e delle acque. Madre degli dei, generatrice. Ad Ella è attribuito l’origine del tutto.
Daniel Schiraldi Donna alla finestra, 2015
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