Q4 Variante Generale al PRG, Comune di Jesi - Assessorato Urbanistica, by Planum I/2013

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Comune di Jesi Assessorato Urbanistica - Ambiente

Q4

Variante Generale al Prg Piano idea e Progetto comunale del suolo Patrizia Gabellini Bertrando Bonfantini Francesca Chiari Andrea Di Giovanni Giovanni Ginocchini Marina La Palombara Letizia Leoni Laura Milani Maurizio Organetti Marco Pastore Daniela Vitali Marco Zannoni

Politecnico di Milano Dipartimento di Architettura e Pianificazione Via Bonardi 3 - 20133 Milano


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Il programma di mandato di questa Amministrazione Comunale prevede una serie di politiche per il governo del territorio che trovano l’apice nella Variante Generale al Prg. L’obiettivo del nuovo strumento è di apprendere dagli esiti dell’esperienza della gestione del “Piano Secchi”, interpretare le attuali domande, attivare reti locali e sovralocali, promuovere nuove politiche di governo del territorio. Si è pertanto predisposto un “programma per l’adeguamento del Prg vigente in una prospettiva strategica ed ecologica”: un piano che unisce alla dimensione attinente la regolazione degli usi del suolo, quella a più ampio respiro connessa alla pianificazione delle politiche di governance, collocate in un orizzonte di sostenibilità, inteso come presupposto imprescindibile per ogni sviluppo durevole. Si è cercato di realizzare questa forte scelta sia istituendo per la prima volta a Jesi “l’Assessorato al Territorio” (con deleghe all’Urbanistica ed all’Ambiente) sia integrando la tradizionale progettazione urbanistica “di regolazione”, con due strumenti di tipo volontario, volti appunto ad assicurare il carattere ambientale-partecipativo e strategicoprogettuale delle scelte stesse: Agenda 21 Locale ed il Piano Strategico. Di qui, stante il carattere sperimentale dell’impresa, per molti aspetti innovativa e multidimensionale, volta ad interpretare il territorio ed il suo sviluppo piuttosto che a descriverlo, l’altra decisione importante assunta dall’Amministrazione: quella di affidare l’incarico ad un team di progettazione, composto di giovani professionalità e dal mondo universitario con la collaborazione di professionisti e degli uffici comunali. Gli intenti, forse ambiziosi, erano diversi: dotare il governo locale di una politica caratterizzata dalla governance dove l’accesso alla decisione coinvolgesse la società civile, specialmente le sue parti più deboli, attivando anche nuovi metodi e tecnologie di democracy; innescare una governance urbana abbinata ad una concurrency virtuosa tra la capacità di carico urbanistico e la sostenibilità degli interventi; aumentare trasparenza, equità, redistribuzione attraverso l’uso di nuovi strumenti quali la perequazione territoriale ed urbanistica; costruire politiche per una città non autoreferenziale ma collegata in un’area vasta che partendo dalla Vallesina si proiettasse verso l’Europa; attivare politiche capaci di recepire ed intercettare i piani programmatici UE del periodo 2007-2013; condurre la comunità locale all’assunzione diretta di responsabilità definite a livello europeo e mondiale (ad esempio, il rispetto degli obiettivi della carta di Aalborg e del protocollo di Kyoto). Fra Agenda 21L, Piano Strategico, Variante Generale al Prg, numerosi sono stati i momenti di dialogo, confronto, approfondimento: interviste; focus group, work shop, tavoli tematici; incontri con quartieri, circoscrizioni, centri sociali, scuole, associazioni, altri Comuni, Provincia, Regione; organizzazione e partecipazione a mostre, eventi, convegni. Da poco conclusa la fase progettuale (nel luglio del 2006 si è adottata la Variante) si possono avanzare giudizi positivi sulla qualità delle

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decisioni, segnalando alcuni elementi interessanti che hanno elevato il grado delle scelte dell’Amministrazione e permesso l’accesso a finanziamenti importanti di cui Jesi non aveva mai beneficiato prima. In questi anni di lavoro, infatti, si sono attivati numerosi progetti e politiche tutti inseriti dentro il quadro di coerenze assicurato dal Piano Idea e dal Progetto Comunale di Suolo (le due fasi della Variante Generale) che hanno fatto sintesi degli input provenienti da Piano Strategico ed Agenda 21L. Una dinamica di lavoro legata ai progetti e non alle procedure che ha permesso l’utilizzo di strumenti innovati quali, ad esempio: la Società di Trasformazione Urbana per la riqualificazione per la zona di Campo Boario; un laboratorio di progettazione partecipata per il quartiere Prato; il programma ministeriale “Contratti di Quartiere II” per la riqualificazione della parte antica di città; il progetto nazionale SISTEMA per la copianificazione d’area vasta; l’azione regionale strategica “Corale” per la realizzazione dell’area produttiva ecologicamente attrezzata di Zipa Verde, il programma regionale di azioni per lo sviluppo sostenibile con l’ecoinsediamento di Via Appennini Alta. Questa esperienza di pianificazione strategica che attiva politiche, che si relaziona a soggetti locali e sovralocali, a reti lunghe e corte, ci ha insegnato a guardare sempre avanti e darci obiettivi ambiziosi, a metabolizzare i traguardi, a rilanciare nuove sfide; in altre parole a dar vita ad un processo continuo di definizione di obiettivi condivisi, verifica dei risultati, riformulazione di nuovi obiettivi e via così. E’ un metodo di lavoro, questo, che può aiutarci a rispondere e governare anche quelle rilevanti “sfide” (operative e culturali) poste da parte di soggetti privati (vedi Quadrilatero SpA) che tendono ad imporre una visione di territorio quale strumento di produzione di profitto, finendo anche per negare la centralità degli Enti locali nella pianificazione del proprio territorio. Lo sviluppo del nostro territorio non potrà che essere sostenibile e si giocherà sulla ricerca di un equilibrio dinamico tra la dimensione locale e quella internazionale ; una sfida che se non colta schiaccerà la nostra comunità tra gli estremi del campanilismo e della globalizzazione. Una sfida che andrà vinta sia puntando sul nuovo disegno di città e la strategia che l’ha tracciato, sia sulla coesione e competizione di un territorio che supera la dimensione locale relazionandosi con l’area vasta, in un contesto di apprendimento e mediazione in linea con le strategie comunitarie di Lisbona. Jesi marzo 2007

Il Sindaco Fabiano Belcecchi

Assessore al Territorio Urbanistica-Ambiente

Daniele Olivi


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Relazione integrata

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La Variante generale del Prg come Piano idea e Progetto comunale del suolo. Indice integrato

La Variante generale del Prg di Jesi è stata costruita attraverso un processo scandito da tappe importanti per le quali sono stati predisposti numerosi documenti: - il Piano idea, costituito da una relazione generale, 18 manifesti in formato Uni A0, 13 dossier, Indirizzi normativi e Vas (consegnato il 28 luglio 2004 e approvato dal Consiglio comunale il 25 marzo 2005); - i 3 Approfondimenti del Piano idea, su La città pubblica, La mobilità, La politica abitativa, costituiti da altrettante relazioni corredate complessivamente da 38 tavole in formato Uni A3 (consegnati singolarmente e discussi tra aprile e giugno, sono stati approvati in Consiglio comunale il 22 luglio 2005); - una Bozza del Progetto comunale del suolo, costituita da una relazione, 2 tavole fuori formato (cm 84 x cm 84) e 39 in formato Uni A3 (consegnata il 30 novembre 2005). Piano idea, Approfondimenti e Bozza hanno svolto ruoli diversi e complementari. Il primo ha costruito un’immagine di Jesi attraverso indagini e interpretazioni, ha indicato le linee generali di assetto, gli orientamenti progettuali e gli indirizzi normativi da seguire per la redazione del Progetto comunale del suolo; i secondi hanno affrontato le questioni controverse e hanno operato le prime verifiche progettuali allo scopo di precisare alcuni orientamenti del Piano idea; la Bozza ha completato il quadro delle principali trasformazioni previste, verificando ipotesi già formulate dal Piano idea o contenute nei tre Approfondimenti e conducendo nuove esplorazioni progettuali orientate alla individuazione dei requisiti di qualità irrinunciabili (in alcuni casi prospettando alternative). La Bozza ha anche fornito prime indicazioni sui criteri di azzonamento e sul modello di perequazione. Il Progetto comunale del suolo chiude il processo di formulazione della Variante generale, ricomponendo le scelte via via maturate e condivise e completandole con la definizione delle regole per l’uso dei suoli e degli immobili. Mentre il Piano idea (con la sua relazione, i suoi manifesti, i suoi dossier e gli indirizzi normativi) è parte integrante della Variante generale e ne costituisce la componente struttural-strategica, gli Approfondimenti e la Bozza sono documenti che preparano il Progetto comunale del suolo e da questo vengono riassorbiti. Restano come allegati, analogamente ad altri studi predisposti dopo il Piano idea: “Scenari abitativi”, “Il patrimonio comunale. Dossier 14”, “La perequazione urbanistica nel nuovo piano regolatore generale”. Piano idea e Progetto comunale del suolo, insieme, formano la Variante generale del Prg di Jesi, secondo le indicazioni della Delibera programmatica del Consiglio comunale che ha avviato l’operazione nel 2002. Se ne propone, dunque, un indice integrato. Questa relazione del Progetto comunale del suolo rinvia integralmente alla prima parte della relazione del Piano idea titolata “Eredità e pro-

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cesso”; ne completa la parte “Profili”; aggiusta e specifica la terza parte, le “Idee del Piano”; aggiunge una quarta parte dedicata a “Regole, capacità e standard”. In particolare, per ciò che riguarda i Profili, la relazione del Progetto comunale del suolo aggiunge i paragrafi dedicati a “Scenari demografici e abitativi” e a “Offerta e domanda di servizi e attrezzature”. Per ciò che riguarda le Idee del Piano, mantiene gli “Orientamenti” e riscrive gli altri paragrafi tenendo conto degli Approfondimenti e della Bozza, ma anche degli eventi maturati nell’arco di tempo intercorso dalla redazione del Piano idea, i quali hanno interessato la Città storica (finanziamento del Contratto di quartiere II sul centro antico, conclusione del concorso per la sistemazione di Corso Matteotti, proposte del Laboratorio Prato di urbanistica partecipata, redazione della Variante per il Campus Boario e di un’altra proposta per il Contratto di quartiere II) e i Completamenti a ovest (redazione delle variante Appennini alta). Questa terza parte porta un nuovo titolo: Il progetto della Variante generale. I manifesti del Piano idea completano Profili e Progetto, mentre gli Indirizzi del Piano idea costituiscono un corredo del capitolo Regole, capacità e standard. Dalla integrazione della relazione del Piano idea con questa del Progetto comunale del suolo deriva il seguente indice integrato della Variante generale del Prg.


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Indice

1.

Eredità e processo

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1.1 1.2 1.3 1.4 1.5

Un’operazione articolata e innovativa Il processo che accompagna la costruzione del nuovo piano Il coordinamento con il Piano strategico e Agenda 21 Le componenti della Variante generale: Piano idea e Progetto comunale del suolo Apprendere dagli esiti del “Piano Secchi”

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2.

Profili

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2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7

Popolazione Domanda e offerta edilizia Scenari demografici e abitativi Offerta e domanda di servizi e attrezzature Economia e lavoro Paesaggio agrario Relazioni territoriali

23 26 30 35 43 48 49

3.

Il progetto della Variante generale

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3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 3.8 3.9 3.10 3.11 3.12

Orientamenti del Piano idea Figure della ristrutturazione La città storica Il Foro Boario L’asta ferroviaria La dorsale ovest Le addizioni a est Le frazioni La campagna abitata La rete della mobilità integrata La città pubblica La rete ecologica

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4.

Regole, capacità e standard

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4.1 4.2 4.3 4.4

Partizioni del territorio e Situazioni nel territorio Il modello generale di perequazione Capacità e standard Indirizzi del Piano idea

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1. Eredità e processo

1.1 Un’operazione articolata e innovativa

Con la delibera programmatica del 15 novembre 2002 il Consiglio comunale di Jesi ha deciso di “Intraprendere insieme l’adeguamento del Prg, l’elaborazione del Piano strategico ed il processo di Agenda 21” allo scopo di “tenere unito l’insieme delle politiche urbane (ambientali, sociali, economiche, della mobilità, delle opere pubbliche) al progetto della “città degli abitanti”, lavorando congiuntamente sul capitale territoriale e sul capitale sociale”. La complessità dell’operazione decisa dall’Amministrazione comunale per produrre una Variante generale al Prg vigente si è tradotta in una serie di attività coordinate che hanno avuto lo scopo di maturare insieme assetto urbanistico, strategie di sviluppo e salvaguardia ambientale, ma anche di creare le condizioni affinché l’evento eccezionale della costruzione del nuovo strumento urbanistico cominciasse a incidere sull’attività amministrativa ordinaria introducendo elementi di graduale passaggio verso nuove regole, aprisse un confronto tra le molteplici iniziative in corso e che continuamente maturano all’interno dei differenti assessorati e uffici. La costruzione del piano urbanistico all’interno di questo articolato processo, ha fatto sì che l’operazione di descrizione e interpretazione, volta a “misurarsi con i nuovi problemi e le nuove domande della città”, avvenisse lavorando contemporaneamente: - con gli strumenti di indagine propri dell’urbanista, - con le interviste, i focus group e i tavoli di lavoro del Piano strategico, - con il report ambientale e i forum di Agenda 21, - con la sistematica attività di accompagnamento degli Uffici comunali nella verifica e valutazione delle varianti parziali e delle decisioni urbanistiche in corso, - con il contributo di consulenze specialistiche fortemente finalizzate all’attività del gruppo di progettazione1. Si è ritenuto un elemento distintivo e qualificante, coerente con le acquisizioni della riflessione urbanistica più avanzata, strutturare il lavoro in modo che la costruzione di una immagine della città avvenisse col concorso di saperi tecnici e di saperi comuni, utilizzando i procedimenti analitici tradizionali e le tecniche più nuove dell’ascolto, che essa crescesse assieme all’azione e si ridefinisse nell’azione, conferisse alle attività conoscitive un carattere esplicitamente orientato verso le scelte da fare. La costruzione dei dossier, col concorso dei diversi gruppi di lavoro e attraverso le diverse attività avviate, è sembrata il modo più consono

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per valorizzare l’articolazione delle competenze. Nati come prodotto intermedio, via via aggiustato e implementato, i dossier sono diventati parte integrante di questa relazione illustrativa del Piano idea per la Variante generale del Prg di Jesi2.

1.2 Il processo che accompagna la costruzione del nuovo piano

È noto che uno dei principali problemi coi quali deve confrontarsi la costruzione di un nuovo strumento urbanistico generale è quello di conciliare i propri tempi, inevitabilmente dilatati, con quelli brevi e ininterrotti della macchina amministrativa e, più in particolare, con le decisioni che procedono legittimamente in attuazione del piano vigente. Solo dopo l’adozione del nuovo piano è prevista, infatti, qualche forma di salvaguardia, ma di solito il tempo passato dall’avvio dell’operazione non è breve e molte novità sono intervenute nel cosidetto “stato di fatto” fotografato all’inizio. Insomma, uno scollamento inevitabile che nei casi peggiori fa apparire già vecchio il piano appena nato. Sono ormai molti anni che dal punto di vista teorico si è acquisita come necessaria l’intersezione tra formulazione e implementazione del piano; più difficile è tradurre questa consapevolezza in un diverso modo di procedere. A Jesi, già il Prg vigente, impostato nella seconda metà degli anni ‘80 in un clima di sperimentazione, coglieva e cominciava ad affrontare questo problema. Le “schede progetto”, che hanno introdotto nelle Norme tecniche di attuazione indicazioni morfologiche desunte da planovolumetrici che in molti casi traducevano progetti e proposte avanzati da soggetti pubblici e privati mentre il piano era in costruzione, sono l’esito di quel tentativo. Esito tanto rilevante, per il tipo di esigenza che coglieva, da affermarsi progressivamente e da diventare elemento distintivo di tutti i nuovi piani, pur con forme visive e normative differenti. La necessità di confrontarsi con il processo ininterrotto delle scelte che maturano nel territorio è dunque condivisa e ha trovato negli ultimi 15 anni proprie espressioni tecniche e giuridiche, appositi strumenti. Si può infatti riconoscerla come tema dominante della pratica urbanistica degli anni ‘90. Le tante, diverse esperienze, hanno anche verificato quel che pochi urbanisti attenti avevano sottolineato già a partire dagli anni ‘60: sono decisive volontà e capacità di creare condizioni favorevoli perché la costruzione del nuovo strumento generale si inserisca nel complesso e articolato sistema di produzione delle politiche urbanistiche e urbane, così che il “pianificar facendo”, reso noto alla fine dello scorso decennio dal Prg di Roma, promuova i fatti rispetto alle intenzioni. Ma, soprattutto, è apparsa evidente l’importanza del diretto coinvolgimento della macchina amministrativa, laddove autonomia e consuetudine nei comportamenti, tipiche prerogative burocratiche, si scontrano con la dinamica “invadente” di un nuovo piano e la pratica degli uffici di piano, esterni alla macchina e a tempo determinato, pur facilitando l’elaborazione dello strumento lo lasciano, poi, inevitabilmente orfano. Le prime attività avviate a Jesi, raccogliendo la richiesta dell’Amministrazione di garantire “pareri e verifica di compatibilità con gli indirizzi della nuova pianificazione su eventuali varianti da sottoporre al Consiglio comunale fino all’adozione della nuova proposta di Progetto


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del suolo comunale” (Decreto sindacale del 19 novembre 2003), considerate su questo sfondo, diventano parte integrante del lavoro di adeguamento del Prg vigente. Le varianti parziali, infatti, sono state individuate come occasione per aprire il confronto tra il gruppo incaricato della Variante generale e gli uffici competenti, non solo quelli dell’Assessorato all’Urbanistica e ambiente, in quanto tra varianti, piani e strumenti attuativi del Prg, piani di settore promossi e gestiti dai diversi settori dell’amministrazione, si stabilisce un rapporto senza soluzione di continuità3. A partire dalle varianti, dunque, si è andata progressivamente dipanando una rete di connessioni logiche e funzionali che ha trasformato il “parere” inizialmente previsto in una consulenza generale per le attività amministrative in corso, saldamente ancorata alla costruzione del nuovo piano. Le varianti parziali considerate sono relative a: - schede progetto del Prg vigente da adeguare alle nuove condizioni attuative (Fater, S.Maria del Piano 1, Pieralisi), - piani di recupero d’iniziativa privata in sottozone A7 collocate in ambiti cruciali per la trasformazione urbana (Area Freddi, Cartiera Ripanti), - articoli delle norme tecniche per aree con particolari caratteristiche (A7) o situazioni problematiche (localizzazione industrie insalubri, edificazione in zone agricole), - aree per le quali si è proposto un significativo cambiamento della destinazione d’uso vigente (via Appennini Alta, Zipa 4, Banca Marche) o da sottoporre a salvaguardia (vincolo idrogeologico per le aree di pendio lungo la provinciale in direzione di Roma), - piani di recupero di iniziativa pubblica da aggiornare per rendere economicamente sostenibile l’insieme degli interventi previsti (Foro Boario). Lo studio delle varianti alle schede progetto è stato modo per “apprendere dagli esiti del Piano Secchi” (come chiedeva la Delibera programmatica) e ha suggerito una linea di lavoro nella prospettiva della perequazione urbanistica che si è confermata con l’esperienza maturata nella ridefinizione dei piani di recupero per le sottozone A7 e nella relativa Variante normativa (si veda il dossier Varianti). Lo studio delle varianti che comportano interventi di urbanizzazione importanti, sia dal punto di vista delle quantità messe in gioco sia delle destinazioni d’uso previste, è stato decisivo per impostare il ragionamento sulla “forma” della città e del territorio e per considerare assieme il riassetto della mobilità. L’interesse dell’Amministrazione a costruire una Società di trasformazione urbana per dare seguito al piano di recupero del Foro Boario, approvato alcuni anni fa in una prospettiva “pubblicista” e da rivedere in una prospettiva “partenariale”, ha offerto l’occasione per precisare il ruolo della grande area di cerniera tra città alta e città bassa e il rapporto con la grande operazione di ristrutturazione urbana promossa dal Prg vigente e realizzata solo in parte (si veda il dossier Foro Boario). Altre occasioni di lavoro, maturate in questo processo di accompagnamento dell’attività continua di governo della città, sono state decisive per l’impostazione del Piano idea. La preparazione della delibera del Consiglio comunale sulla localizzazione a Jesi del nuovo scalo-merci, nei pressi dell’Interporto, ha reso necessari una ricostruzione della vicenda e un primo approfondimen-

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to dei problemi territoriali indotti da un insediamento di questa natura, lavoro arricchito dai due tavoli del Piano strategico dedicati al “Corridoio Esino”, radicando l’immagine di Jesi come città partecipe di relazioni territoriali di scala diversa, investita da dinamiche “metropolitane”, soggetto coinvolto in politiche urbane complesse e variamente intersecate (si veda il dossier Interporto 1). La partecipazione al bando del Contratto di quartiere II è stata occasione per studiare e progettare parti significative del centro antico e mettere a fuoco come la parte di città di impianto romano sia la componente più delicata di una “città storica” ampia e differenziata al suo interno (si veda il dossier Contratto di quartiere). I problemi connessi alla mobilità, molto sentiti nella città e dominanti nell’agenda politica, hanno posto all’attenzione del gruppo di lavoro della Variante generale una serie continua di questioni specifiche che ha suggerito una ricognizione generale sulle caratteristiche dei principali assi stradali, sulle scelte del Piano del traffico (si veda il dossier Mobilità 1), sui progetti in corso di realizzazione o per i quali è prossima la definizione esecutiva. Si sono così create le condizioni per un lavoro intensivo sul sistema di funzionamento della città e sul ruolo di alcuni fondamentali assi stradali. Questo procedere discreto, sensibile alle contingenze e all’agenda politica, ha progressivamente costruito una mappa dei temi, sollecitando l’identificazione precoce di aree e settori cruciali (per la presenza di situazioni irrisolte, per le decisioni amministrative in corso, per gli interessi economici attivi), indirizzando le indagini e gli studi di approfondimento. Questo stesso modo di procedere, qualora si ritenesse che un piano debba/possa essere un inedito assoluto, potrebbe far pensare che l’operazione per la costruzione della Variante generale sia stata di semplice ricucitura di quanto già pensato e deciso. Argomenti diversi possono convincere, invece, che è inevitabile e necessario lavorare “tra” le cose e confrontarsi con l’eredità, che “mettere insieme” comporta un progetto e genera immagini nuove. Un primo argomento attiene al carattere ampiamente incompiuto della grande trasformazione promossa dal piano urbanistico degli anni ‘80 che, se non accompagnata, adeguata, completata, rischierebbe di lasciare la città in uno stato di ampio e diffuso disagio. Il nuovo piano di Jesi, in questo senso, deve raccogliere l’eredità del Prg vigente. Un secondo argomento ha a che fare con la constatazione che, sempre, in ogni si-tuazione, un nuovo strumento urbanistico deve stabilire un rapporto con cantieri e progetti avviati, espressioni delle dinamiche e possibilità locali, e che risulta più fertile esplicitare questo rapporto, discuterlo, palesare scelte di continuità o discontinuità.

1.3 Il coordinamento con il Piano strategico e Agenda 21

L’adeguamento del Prg vigente in una prospettiva strategica ed ecologica costituisce elemento qualificante l’intera operazione. Esso si è tradotto nell’avvio contemporaneo dei lavori per la Variante generale, per il Piano strategico e Agenda 21, ma soprattutto nel procedere combinato e consonante della costruzione dei tre strumenti. Fin dalle prime mosse i gruppi di lavoro della Variante al Prg e del Piano strategico hanno lavorato affiancati, confrontando le ipotesi generali, scambiandosi materiali, ragionando sulla preparazione e l’esito delle interviste, programmando e conducendo assieme alcune operazioni, condividendo la costruzione di una nuova immagine di Jesi. L’individuazione dei temi per i focus group prima e dei tavoli poi, la col-


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laborazione nella conduzione del tavolo di lavoro sul Corridoio Esino (il tavolo con le più evidenti implicazioni territoriali), hanno segnato in maniera evidente il Piano idea, radicandolo nelle azioni e nei progetti del Piano strategico. In particolare 3 dei 4 progetti individuati dal Piano strategico - Corridoio Esino, Una politica complessa per la città storica, Governance di area vasta - stabiliscono col Piano idea un rapporto di reciprocità. Corridoio Esino. Con Corridoio Esino si indica un territorio di importanza strategica, sia con riferimento alla regione Marche, sia nel quadro dei collegamenti e delle dotazioni logistiche di livello nazionale e internazionale. Il progetto del Piano strategico si propone di favorire e strutturare le relazioni tra i soggetti coinvolti, con l’obiettivo di raggiungere un’ipotesi condivisa di sviluppo del Corridoio che integri le diverse progettualità in campo nel rispetto del patrimonio di risorse paesistiche e ambientali. Una politica complessa per la città storica. Il centro della città è oggetto di un forte investimento simbolico: esso rappresenta ancora il cuore di Jesi, il deposito dei valori culturali e identitari della città. Il progetto ha l’obiettivo di disegnare una strategia integrata e complessa di rigenerazione e rilancio delle parti antiche della città, secondo una nozione di “città storica” che ne ampli i confini valorizzandone le risorse e affrontandone le criticità. Governance di area vasta. Il rango e il sistema di relazioni territoriali in cui Jesi è inserita sono più complessi di quanto lascerebbe supporre la dimensione demografica della città. Obiettivo del progetto è creare un sistema di pilotaggio dei processi di trasformazione dell’area vasta di Jesi promuovendo modalità strutturate di concertazione tra soggetti diversi attorno ad alcuni nodi delle politiche territoriali. Con il gruppo di Agenda 21 si sono concordati tempi e modi per finalizzare esplicitamente l’attività alla costruzione del nuovo piano, si è condivisa la prima scelta degli indicatori per la Valutazione ambientale strategica della Variante, si sono scambiati informazioni e dati ora ricomposti nel Rapporto ambientale4. Le preoccupazioni sullo stato dell’ambiente e la qualità diffusa, sollevate da alcuni indicatori, costituiscono lo sfondo di molte scelte del Piano idea. Il Piano di azione locale si applica a tre questioni cruciali per il piano urbanistico: agricoltura e sviluppo rurale; risparmio energetico e individuazione di fonti rinnovabili; mobilità integrata e sostenibile.

1.4 Le componenti della Variante generale: Piano idea e Progetto comunale del suolo

Il Piano idea è un documento di natura programmatica, che “a partire dalla valutazione delle qualità del patrimonio urbano, delinea, per il territorio comunale, una strategia, partecipata ed equa, di sviluppo sostenibile e indirizza gli esiti sulla morfologia del territorio”. Prevede concertazione interistituzionale, pratiche di partecipazione, valutazione degli impatti delle trasformazioni sull’ambiente quindi riduzione del rischio, analisi e valutazioni volte a favorire la trasparenza, pratiche di perequazione urbanistica. Questa individuazione dei caratteri del Piano idea si trova nella proposta per una nuova legge urbanistica regionale formalizzata nell’aprile 2003 col titolo Norme per lo sviluppo sostenibile e il governo del terri-

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Gli indicatori del Rapporto Stato Ambiente di Agenda 21


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torio, proposta sulla quale si sono basati sia la Delibera programmatica dell’Amministrazione comunale di Jesi sia l’Atto di indirizzo della Variante al Prg del 12 settembre 2003, cui fa riferimento il prodotto tecnico qui illustrato. Quella proposta di legge ha subìto modifiche successive e altre versioni sono state elaborate, senza essere ancora giunte all’approvazione. Tempi e contenuti specifici della nuova legge urbanistica regionale sono dunque incerti. Tuttavia, la consonanza della prima proposta con il dibattito in corso da anni sulla necessità di riformare lo strumento urbanistico comunale, distinguendo due principali componenti aventi l’una carattere programmatico e l’altra carattere operativo-regolamentare, e l’individuazione della natura struttural-strategica della prima componente, hanno suggerito di mantenerla come fondante dell’operazione intra-

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presa a Jesi, anche nelle denominazioni, sicché “Piano idea” resta a indicare l’orientamento del nuovo piano5. “Piano idea”, infatti, è anche una locuzione assai interessante introdotta nel dibattito urbanistico per la prima volta da Ludovico Quaroni, a metà degli anni ‘60 quando progettava il Prg di Bari, sollevando la questione della natura doppia e ambigua del piano regolatore. Nell’accezione di Quaroni, che qui più interessa, il Piano idea fissa l’idea di insieme del piano, quella che dovrà poi concretarsi in un mezzo capace di precisare i margini e le finalità entro le quali e per le quali deve operare chiunque sia chiamato a contribuire all’edificazione della città; è uno strumento programmatico, “abaco” di verifiche successive che saranno prerogativa del “Piano norma”, (altra espressione di Quaroni) il quale rappresenta la dimensione regolamentare, legata alla molteplicità degli interessi e delle azioni. In quanto documento che ha il fine di comunicare la figura della città, di rendere comprensibili le scelte anche ai cittadini affinché possano giudicarle e condividerle e di istruire il piano regolamentare nelle sue diverse declinazioni, anche in quella nuova dei progetti integrati e dei programmi complessi, il Piano idea assume una forma particolare, diventa un insieme composto di disegni di varia natura, in gran parte schematici, tesi a mostrare pesi, quantità e qualità delle relazioni territoriali, accompagnati da testi sintetici che intendono guidare alla loro lettura. Al Piano idea segue il “Progetto comunale del suolo” (altra espressione della prima proposta di legge regionale che è stata conservata) il quale, pur avendo maggiore somiglianza con il piano urbanistico che regola giuridicamente l’uso dei suoli, è stato redatto in modo da rendere evidente la relazione di coerenza col Piano idea, da accogliere la scelta di un regime dei suoli perequativo, da dare una convincente soluzione per le regole morfologiche, prendendo atto della crisi irreversibile delle zone omogenee come definite dalla legge 765 del 1967. “Apprendere dagli esiti del ‘Piano Secchi’” è rilevante anche da questo punto di vista. La storia problematica delle schede progetto, la tavola allora denominata “Progetto di suolo”, forse non abbastanza nota e poco utilizzata, sono state un riferimento imprescindibile.

1.5 Apprendere dagli esiti del “Piano Secchi”

L’Atto di indirizzo con il quale l’Amministrazione comunale ha dato avvio al lavoro per la Variante generale del Prg chiedeva di “Apprendere dagli esiti del ‘Piano Secchi’”, considerandolo “la cornice di riferimento” per il nuovo piano: questo spiega la decisione di denominare “Variante generale” un atto di pianificazione che, per le diverse condizioni territoriali e istituzionali entro le quali si redige, assume inevitabilmente i caratteri di un piano nuovo. Il Prg vigente, che in città è per tutti il “Piano Secchi” data l’autorevolezza del suo progettista e il significato importante che quella operazione urbanistica ebbe fuori dal contesto locale, costituisce un’eredità con la quale confrontarsi da diversi punti di vita: a) l’incidenza sulla struttura urbana; b) il sistema di valori introdotto; c) il quadro normativo delineato; d) le quantità messe in gioco. a.L’incidenza sulla struttura urbana. Sembra evidente che quel piano


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ha segnato una svolta profonda nei processi insediativi di Jesi, riuscendo a interpretare le incipienti dinamiche di riconversione produttiva che avrebbero di lì a pochi anni reso disponibili nella città ampie aree dismesse da riconvertire a nuovi usi. Un fenomeno che all’inizio degli anni ‘80 cominciava ad essere evidente nelle principali città europee e che a Jesi, piccola città industriale, andava delineandosi. La localizzazione dei vecchi opifici nella parte bassa della città portava il nuovo piano a privilegiare decisamente infrastrutture e nuovi insediamenti a sud, a frenare la dinamica espansiva sulla collina che aveva segnato gli anni ‘60 e ‘70 caratterizzandosi con interventi per ampi comparti residenziali. La trasformazione interna della città, attraverso operazioni di ristrutturazione urbanistica e cambiamento delle destinazioni (dagli impianti produttivi a nuovi insediamenti con residenza, commercio e servizi sociali), ha investito dunque in maniera massiccia questo versante urbano, spostando il baricentro e gli equilibri generali tra le parti. In particolare, il sistema della mobilità e le relazioni con il centro storico venivano radicalmente modificati. L’asse di attraversamento principale della città, la vecchia statale a nord del centro storico, doppiata dal viale della Vittoria agli inizi del secolo per sostenere lo sviluppo sulla collina a nord-ovest, lasciava il passo al cosidetto “asse sud”, una successione di tratte esistenti e nuove da mettere a sistema per raccordare il nuovo insediamento industriale della Zipa con la parte artigianale della città bassa. Il sistema infrastrutturale lineare negava quello delle circonvallazioni sbilanciate a nord, impostato dal piano degli anni ‘60 e funzionale ad un’idea della città con il centro storico come “nocciolo” eccentrico e i vecchi borghi attorno alla stazione come una sorta di riserva atrofizzata. Il centro storico, che doveva aprirsi in maniera qualificata verso questa nuova realtà insediativa, importante a sud come a nord, veniva interessato da una serie di risalite che reinterpretavano il sistema antico degli attraversamenti pedonali nord-sud e che sul viale della Vittoria aveva già trovato altre risposte nei ponti. Un Prg con queste caratteristiche ha segnato la ristrutturazione profonda dell’insediamento urbano. Ciò spiega le sue difficoltà ad essere compreso e condiviso fino in fondo. Alcuni problemi rimasti aperti per il nuovo piano sono legati a questo profondo rivolgimento non del tutto assorbito e non del tutto compiuto. b.Il sistema di valori introdotto. A una grana più fine, forse quella maggiormente considerata, il “piano Secchi” ha significato per la città l’identificazione di parti urbane e rurali con caratteristiche, valori e problemi differenti, per le quali declinare altrettanti progetti di qualità basati sulla lettura tipologica e morfologica e sulla sistemazione minuziosa degli spazi aperti (quello che fu allora chiamato per la prima volta “progetto di suolo”). Ha significato il riconoscimento e la progettazione dei sistemi del verde e dei luoghi centrali come fondamentali elementi di connessione e qualificazione. Ha affermato una logica di risparmio del suolo in una precoce attenzione per i valori ambientali e paesaggistici. Questo è il lascito più condiviso del piano, un sistema di valori portato nella società jesina al quale si richiama l’Atto di indirizzo ritenendolo ancora fertile. “Una città composta per parti”, “La città nella città”, “Progettare i margini”, “Attraversamenti” sono espressioni sintetiche di questo sistema di valori sulle quali il Piano idea ha lavorato, interpretandole rispettivamente come:

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- riconoscimento e valorizzazione dei caratteri di diversità tra le parti, piccole e grandi - riqualificazione delle parti interne alla città costruita, completando il processo di ristrutturazione - salvaguardia della distinzione tra città e campagna evitando la dispersione degli insediamenti - rafforzamento delle diverse forme di connessione, infrastrutturale e funzionale, tra le parti. c.Il quadro normativo delineato. Problemi sono sorti nella gestione quotidiana del Prg, in particolare nell’attuazione delle norme morfologiche, un’altra novità per Jesi e, agli inizi degli anni ‘80, per l’urbanistica italiana. Una trasformazione della città prevalentemente giocata al suo interno, con operazioni di ridisegno parziali che, messe insieme le une con le altre, devono garantire un miglioramento del funzionamento generale e della forma urbana, non si riescono a guidare solo con indici di edificabilità e con procedure regolamentari. Le indicazioni su alcuni aspetti d’impianto dei nuovi interventi, sui raccordi con l’intorno, ciò che si esprime con indicazioni di forma, fanno parte integrante dell’urbanistica contemporanea. È evidente che questo comporta misura, monitoraggio continuo degli effetti e capacità di aggiustamento, visione d’insieme dello scacchiere sul quale si muovono come pedine i singoli operatori, raccordo dei singoli progetti e piani attuativi, di iniziativa privata e pubblica. Qui sta la difficoltà di gestione del “piano Secchi”, condivisa con quella di molti altri piani italiani della stessa generazione. Il Prg di Jesi ho sofferto della propria precocità e del sovrapporsi di atteggiamenti di rigore astratto e di insofferenza per le limitazioni, così che un numero alto di varianti, sostanziali e non, ha investito le “schede progetto” e gli articoli delle Norme tecniche. Questo processo segnala difficoltà vere, attinenti alla regia di processi che hanno una complessità inconfrontabile con quelli della nuova urbanizzazione di aree agricole, e attinenti a una normativa risultato di aggiunte e modifiche secondo ottiche diverse. d.Le quantità messe in gioco. Per quel che riguarda le quantità, un primo bilancio riguarda le schede progetto. 15 delle 28 schede del Prg vigente sono state attuate, 11 in variante rispetto al piano adottato nel 1987. Si tratta per la maggior parte di interventi di nuova edificazione a carattere residenziale, tutti localizzati a nord lungo il margine che segna l’aggregato urbano (Colle Paradiso 1, Colle Paradiso 2, Colli, Erbarella alta, Tornabrocco). Di nuova edificazione sono anche le aree industriali Zipa 2 e Zipa 3, al limite della zona produttiva. 3 schede riguardano la grande distribuzione: centro commerciale Fornace, centro commerciale Gallodoro, centro commerciale Sima. 2 schede completano nuclei urbani (Spina e Minonna). Sono arrivate tardi le operazioni di ristrutturazione, quelle che caratterizzavano il piano e che probabilmente hanno trovato condizioni economiche, politiche e culturali ancora non del tutto mature. Solo di recente si è manifestato l’interesse degli operatori per interventi in zone di recupero, anche al di fuori delle schede progetto, in sottozone A dove il Prg prevede la possibilità di interventi di ristrutturazione.


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Schede progetto realizzate e residuo

Residenza Sul: 123.999 mq; V: 371.997 mc Commercio/direzionale (mq) Sul: 75.871 mq (comm.); 21.165 mq (dir.) Industria Sc: 122.897 mq

(fonte: Sit e Servizio Urbanistica Comune di Jesi, 2003)

Note: 1. La necessità di valorizzare il ruolo delle consulenze specialistiche, ovvero la loro efficacia rispetto alla qualificazione del processo di costruzione del piano in tutte le sue fasi e articolazioni tematiche, ha suggerito di attivarle quando fosse maturo il problema da approfondire. Ne è conseguita la previsione di impegni limitati nel tempo, variamente scaglionati e, soprattutto, evidentemente legati all’attività del gruppo di progettazione. D’altro canto, in un’ottica di valorizzazione delle competenze già note e attive su aspetti di evidente rilevanza per il piano, si sono aperti rapporti con alcuni consulenti “storici” dell’Amministrazione, allo scopo di verificare le condizioni per una prosecuzione mirata della loro consulenza e di acquisire lavori già fatti. La centralità delle questioni connesse alla mobilità ha reso indispensabile un lavoro comune con Sintagma, la società incaricata dall’Assessorato ai Lavori pubblici per il Piano del traffico, e con il progettista delle nuove tratte dell’Asse sud, l’ingegner Maurizio Bocci. L’Amministrazione comunale, fin dalla costruzione del Prg vigente, si è avvalsa della collaborazione dello Studio Geologico Tecnico di Ricci e Stronati che ha prodotto studi e sondaggi per la realizzazione di opere rilevanti nel territorio di Jesi. Si è ritenuto importante acquisire e aggiornare questo patrimonio di dati e conoscenze producendo il quadro delle pericolosità e della fattibilità a fini edificatori. Dopo l’adozione del Prg vigente, a partire dal 1990, l’Assessorato ai Lavori pubblici ha affidato all’architetto Sergio Morgante il progetto generale dei sistemi verdi Gorgolungo-Pallavicino e Paradiso-Piccitù, quindi i progetti esecutivi e la direzione lavori per i parchi “Il Cannocchiale” e “Il Ventaglio”, la piazza e il verde dell’area ex-Saffa, il parco “Erbarella”, quello del Vallato e dell’Esedra. Dal 1999 ad oggi, in seguito alla realizzazione di alcuni interventi, si sono registrati alcuni significativi cambiamenti che hanno suggerito di chiedere all’architetto una rilettura-verifica del progetto generale del 1990. I risultati di questo lavoro hanno consentito l’individuazione di aree cruciali per la sistemazione dello spazio di dominio pubblico. Per la redazione della Bozza del Progetto di suolo si è avviata la collaborazione con il professor Stefano Stanghellini allo scopo di costruire un modello di perequazione urbanistica. Per la redazione delle Nta ci si è avvalsi della consulenza dell’avvocato Mario Viviani. 2. Una prima restituzione di alcuni dossier (Interporto, Mobilità 1, Varianti, Un contratto di quartiere nel centro storico di Jesi, Spazi di dominio pubblico, Popolazioni e forme territoriali, Relazioni territoriali e sviluppo locale) è avvenuta nel documento Jesi Variante generale al Prg. Relazione preliminare, Milano, gennaio 2004. Il dossier “Un contratto di quartiere nel centro storico di Jesi” ha avviato l’operazione di costruzione del progetto presentato per il bando di Contratto di quartiere II, presentato nell’aprile 2004 col titolo Abitare il centro antico di Jesi. Il dossier “Interporto” ha alimentato il confronto avvenuto nei due tavoli di lavoro promossi dal Piano strategico sul Corridoio Esino (29 aprile e 20 maggio 2004) e le elaborazioni cartografiche sono entrate a far parte integrante del documento Jesi Piano strategico, Milano, giugno 2004. Il dossier “Il patrimonio comunale” ha preso forma in appoggio alle attività dell’Approfondimento 1 del Piano idea su La città pubblica. 3. La collaborazione con l’Assessorato ai Lavori pubblici ha avuto tre momenti particolarmente significativi: la gestione comune delle risorse ottenuta attraverso una prima, sperimentale applicazione di perequazione

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urbanistica sulla scheda progetto Fater, intesa come “trasferimento dello standard”; la riqualificazione dello storico viale Trieste. Nel primo caso la collaborazione è iniziata col confronto preliminare sui criteri da adottare per l’esecutivo di un progetto di sistemazione dello spazio pubblico da tempo formulato, allo scopo di convogliare le risorse provenienti dalla perequazione in un’operazione di ampio respiro che proseguiva atti precedenti e apriva ad atti successivi; nel secondo caso la collaborazione ha portato ad allargare il progetto all’area della stazione, legandolo a quello del parcheggio di interscambio, al sottopasso e alla sistemazione del fondale del viale (si veda il dossier Riqualificazione viale Trieste). Lo stesso Assessorato, per la conduzione del Laboratorio Prato di progettazione partecipata, si è avvalso della collaborazione di tre architetti componenti dei gruppi di lavoro del Piano idea e del Piano strategico. 4. Rapporto stato ambiente, giugno 2004 5. La proposta per la legge Norme per lo sviluppo sostenibile e il governo del territorio, del 25 maggio 2004, non mette in discussione le linee di fondo seguite dalla prima, ma diventando molto più scarna le semplifica e perde qualche ambizione, soprattutto tende a omologarsi rispetto ad altre leggi regionali già approvate e vigenti. “Piano idea” viene così sostituito da “Piano strutturale” e “Progetto comunale del suolo” da “Piano operativo comunale”. Il piano strutturale viene definito come “un documento che, a partire dalla valutazione delle qualità del patrimonio urbano e territoriale, delinea, per l’intero territorio comunale, una strategia, partecipata ed equa, di sviluppo sostenibile e ne valuta e indirizza gli esiti sulla morfologia degli insediamenti e del territorio. Il piano strutturale costituisce il quadro di riferimento per le politiche comunali in materie quali ambiente, trasporti, edilizia pubblica, servizi sociali. Non conforma lo stato di diritto dei suoli e non conferisce diritti edificatori. Stabilisce obblighi per l’amministrazione comunale per la redazione del piano operativo e degli strumenti urbanistici attuativi” (primo e secondo comma dell’art. 14). Un’ulteriore versione è stata elaborata nel novembre 2005.


Jesi Relazione integrata

2. Profili

2.1 Popolazione

Caratteristiche tipiche dei paesi a sviluppo maturo e demograficamente senili La serie storica degli andamenti demografici mostra la continuità, negli anni ‘70, della fase di crescita demografica dei due decenni precedenti; il punto di arresto della fase espansiva nel 1978; la prima ed intensa fase di regressione negli anni compresi tra il 1979 e il 1982; l’azione di una seconda e articolata fase di flessione fino al 1996; la recente fase stazionaria con una popolazione residente che si attesta attorno ai 39/40 mila abitanti. Il recupero negli ultimi due anni non può ancora interpretarsi come indicatore certo di ripresa. Popolazione residente: serie storica 1971-2002 in valori assoluti

(fonte: Istat e Uff. Anagrafe Comune Jesi)

Al 31 marzo 2004 la popolazione jesina conta 39.855 unità, di cui 20.710 femmine pari al 51,96% del totale e 19.145 maschi corrispondenti al rimanente 48,04%. L’età media è di 45,6 anni, in particolare 47,3 per le donne e 43,7 per gli uomini, un’età più elevata di quella che i dati del Censimento 2001 riportano per la popolazione italiana: 41,7 anni; 43,1 per le donne e 40,1 anni per gli uomini. L’indice di vecchiaia, misura del rapporto tra la popolazione di 65 anni e più (9.892 individui) e la popolazione fino a 14 anni di età (4.556 in-

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dividui), risulta essere per Jesi pari al 217,12%. Il Censimento del 2001 restituisce un indice del 127% a livello nazionale, di 168,93% per la regione Marche e di 159,52% per la provincia di Ancona. L’indice di dipendenza strutturale totale o di carico sociale esprime il numero di persone non autonome per ragioni demografiche (giovanissimi e anziani) ogni 100 persone che, si presume, debbano sostenerle con la loro attività. Tale indice è per Jesi di 56,87 a fronte di un dato regionale, al Censimento 2001, di 53,17 e provinciale di 52,84. La percentuale di popolazione jesina che non ha ancora compiuto i 6 anni di età è del 4,78% mentre il dato provinciale è di 4,99% e quello regionale di 5,04%. La popolazione con età maggiore di 64 anni risulta essere il 23,9% e quella compresa tra i 26 e i 40 anni il 22,54% del totale. Jesi possiede le caratteristiche tipiche dei paesi a sviluppo maturo e demograficamente senili: una bassa mortalità di tutte le classi di età, un basso tasso di natalità, una crescente incidenza della popolazione anziana e, all’interno di questa, della componente femminile. La piramide d’età della popolazione risulta un ibrido tra una prevalente forma a campana, dai contorni arrotondati e con base media, tipica di uno stato demografico stazionario, ed una forma a bulbo, con base più stretta, caratteristica delle popolazioni in fase di regresso demografico. I prossimi due decenni risultano rilevanti per la dinamica demografica di Jesi. L’attuale trend stazionario è destinato ad involvere rapidamente se, nel frattempo, il tasso di nascita e di immigrazione non modificheranno la struttura delle età della popolazione residente. Composizione della popolazione residente per età

(fonte: Sit Comune di Jesi, marzo 2004)

Nel 2004 risultano iscritti alla anagrafe comunale 1.672 cittadini stranieri, pari al 4,2% del totale della popolazione. La comunità immigrata più numerosa è quella albanese con 226 membri, seguita da quella tunisina con 216. Nella fascia tra le 200 e le 60 unità si posizionano le comunità rumena, nigeriana, marocchina, dominicana, cinese e bangladescia. (si veda il dossier Popolazioni e forme territoriali)


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Stili di vita “metropolitani” Le famiglie (anagrafiche) dal Censimento 2001 risultano 15.450, con un numero medio di 2,52 componenti (nella provincia la media è di 2,58). La popolazione che vive in famiglie con 1 e 2 componenti costituisce il 33,26%, quella che vive in famiglie medie di 3 e 4 componenti il 55,42%. In provincia questi valori sono rispettivamente 30,94% e 55,91%. Popolazione residente per numero di componenti del nucleo familiare

(fonte: Istat 2001)

Le coppie senza figli sono 4.009 (il 34,5% dei nuclei familiari) e quelle con figli 6.310 (il 54,3%). In provincia i valori percentuali sono rispettivamente più bassi e più alti (32,7%, 56,1%). Se si considera la percentuale di coppie non coniugate come un altro degli indicatori di stili di vita “metropolitani”, si può osservare che a Jesi è di 4,05, contro il 3,37 della provincia. Geografie sensibili La distribuzione territoriale della popolazione nelle diverse parti della città non è omogenea. Anche dal punto di vista della caratterizzazione demografica, il territorio jesino può essere scomposto in quattro grandi parti: la città alta (la parte residenziale di collina), la città storica (il centro allargato di Jesi), la città della piana (la dinamica componente di valle proiettata in un sistema di relazioni regionali), la campagna e le frazioni (la parte rurale e i nuclei insediativi che vi si distribuiscono). Nei dati del Censimento 2001 la città storica e la città alta incidono ciascuna per poco più di un terzo della popolazione totale. Nella città della piana (poco meno di 6.000 abitanti), nella campagna e nelle frazioni (circa 4.500 abitanti) vive il restante 25%. Nel “centro allargato”, costituito dalle nove parti della città storica, in circa 6.000 alloggi vivono 14.000 persone. La popolazione anziana, con età superiore ai 74 anni, incide per circa il 14% e la sua distribuzione è relativamente omogenea: agli estremi si collocano la zona dell’Ospedale (con il 18%) e l’ambito di viale Cavallotti, dove la percentuale scende al 12%. Anche i circa 1.000 stranieri che vivono nella città storica costituiscono una presenza diffusa e distribuita, ma con alcuni addensamenti. Tra gli scostamenti più rilevanti rispetto alla media del “centro allargaLa popolazione di Jesi per parti di città

(fonte: Anagrafe Comune di Jesi, marzo 2004)

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to” (7%) sono significativi quello dell’ambito di viale Cavallotti, dove la componente straniera scende all’1,5%, così come le “punte” di San Giuseppe (11%) e Corso Matteotti (14%). Gli abitanti del centro allargato, la popolazione anziana, la componente straniera

(fonte: Istat 2001)

Nel nucleo centrale della città e nei borghi, la concentrazione di popolazione anziana risulta coerente con l’attuale stato di conservazione del patrimonio edilizio; la consistente presenza di bambini indica piuttosto l’affezione da parte dei figli per la casa di proprietà familiare e la disponibilità di alloggi di piccolo taglio e in affitto, accessibili per le giovani coppie. Le caratteristiche del patrimonio edilizio spiegano anche la propensione da parte dei membri delle principali comunità di immigrati a risiedere nella città storica.

2.2 Domanda e offerta edilizia

Distribuzione e composizione del patrimonio immobiliare I dati del Censimento 2001 forniscono alcune informazioni di base per l’intero territorio comunale dalle quali partire. In valori assoluti il numero delle abitazioni occupate è sostanzialmente pari a quello delle famiglie: 14.305 abitazioni e 14.328 famiglie occupanti. 10.561 abitazioni, il 73,8% del totale, sono in proprietà, usufrutto o riscatto, in media con il dato provinciale (74%). Dunque una quota non trascurabile di abitazioni - il 26% circa - è occupato con titolo di godimento in affitto. L’epoca di costruzione di questo patrimonio risale per circa il 30% al periodo precedente la seconda guerra mondiale e di questo il 20,8% è antecedente al 1919. È decisamente preponderante la quota di abitazioni occupate di dimesioni ampie: l’84% del patrimonio è costituito da 4, 5 e 6 stanze (anche questo è un dato sostanzialmente in media con quello provinciale: 85,2%). Le abitazioni non occupate e occupate occasionalmente risultano 1.533, il 9,7% dell’intero parco alloggi costituito da 15.838 abitazioni (nella provincia questo dato ammonta al 18,6%). 299 sono sul mercato per la vendita (112), per l’affitto (116), per l’una o l’altro (71). Complessivamente una quota pari all’1,9% del totale di abitazioni è in turn over. Delle restanti 1.234 abitazioni la metà circa (608) viene utilizzata


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per vacanza, lavoro, studio o tenuta a disposizione per altri motivi. Il resto è un patrimonio congelato, presumibilmente degradato. Il non occupato temporaneamente (i 299 alloggi sul mercato) e stabilmente (626 alloggi) ammonterebbe dunque a 925 alloggi (5,8% del totale) e di questi 391 sarebbero nella città storica. I dati raccolti col Censimento dal Comune, anche se non ancora ufficiali, consentono di disaggregare ulteriormente questo dato e di conoscere anche la distribuzione e le dimensioni delle abitazioni per parti di città. Nell’area urbana gli alloggi non occupati si concentrano lungo Viale della Vittoria, a San Giuseppe, a nord di Corso Matteotti e di via Roma, nell’area del Verziere a cavallo della linea ferroviaria. In campagna l’inoccupato interessa il settore ovest del territorio comunale. In particolare, nel centro allargato il patrimonio abitativo non occupato incide per circa il 6%. Maggiori (anche in valori assoluti) sono le quote di inoccupato negli ambiti San Giuseppe (116 alloggi, 9%), Viale della Vittoria (76 alloggi, 8%) e Corso Matteotti (31 alloggi, 12%). I valori più bassi contraddistinguono l’ambito di Viale Cavallotti (3%). Distribuzione degli alloggi non occupati nella città storica

(fonte: Istat 2001)

La distribuzione degli alloggi (al gennaio 2001) nei macroambiti esterni al centro urbano6 mostra come quella di “Colline nord-est” sia la parte di campagna maggiormente abitata con i suoi 1.178 alloggi e quella di “Colline sud-ovest” la meno abitata con 151 alloggi. Nel centro urbano, Viale Cavallotti (1.390), San Francesco (1.388), P.zza Bramante/Erbarella (1.301), San Giuseppe (1.274) e Colle Paradiso/Tabano (1.235) sono gli ambiti con maggior numero di alloggi; al contrario, Ospedale vecchio (184), Corso Matteotti (258), Mura orientali - parco del Vallato (243), Colli (243) e Santa Maria del Piano (148) quelli col minor numero. Gli alloggi di maggiori dimensioni, mediamente con più di 4 stanze, si trovano all’esterno del centro abitato dove prevalgono abitazioni unifamiliari, negli ambiti denominati Colline nord-ovest (4,53 stanze/alloggio), Colline sud-ovest (4,48) e Colline sud-est (4,23). Nel centro abitato, ovvero nella città compatta, sono ampi gli alloggi degli ambiti Ospedale vecchio (4,57), S.M. Kolbe (4,34), Colle Paradiso/Tabano (4,4), Colli (4,27), Ospedale (4,18), dove si concentrano gli interventi degli anni di grande espansione. Gli alloggi di dimensioni minori prevalgono negli insediamenti storici e a sud, dove si trovano gli interventi più recenti: Verziere (3,47), Santa Maria del Piano (3,3), Stazione-Prato (3,33), Centro antico (3,21), San Giuseppe (3,14), Mura orientali-parco del Vallato (2,93).

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San Francesco, con 3,93 stanze per alloggio, si colloca in posizione mediana. L’attività edilizia nel periodo 1987-2003 Lo spoglio sistematico delle pratiche edilizie che gli uffici comunali competenti hanno sbrigato dal 1987 al 20037 offre un interessante spaccato dell’offerta edilizia negli anni recenti, della sua entità e caratterizzazione in termini di destinazione d’uso, del suo andamento nel tempo e della distribuzione sul territorio. La forte attività complessiva a cavallo del 1987-88 (prima dell’introduzione della salvaguardia del Prg adottato) è seguita da una progressiva diminuzione (fino al 1993) e da una improvvisa ripresa dopo l’approvazione del Prg in Regione. L’attività, sostenuta fino al 1997, ha un nuovo picco nel 2000 poi registra un calo. Le pratiche interessano prevalentemente la città di collina, in corrispondenza dei margini con la campagna; l’area sotto il centro storico, a ridosso dell’asse sud; la Zipa; la campagna, a monte della superstrada Falconara-Fabriano. Le pratiche riferite alle operazioni più consistenti sono relative agli usi industriali, artigianali e commerciali (complessivamente il 60% della volumetria richiesta nell’intero periodo è ascrivibile ad essi). Dal 1998 in poi dominano le destinazioni commerciali. L’incremento progressivo dell’entità delle operazioni segnala un processo di “modernizzazione” dell’attività edilizia, ovvero di concentrazione degli operatori. I volumi relativi alle “Civili abitazioni” si concentrano lungo due principali direttrici (nord/sud verso il fiume Esino ed est/ovest lungo la provinciale Falconara-Fabriano), sui margini della città collinare, nella campagna a sud/ovest. Volumi concessionati e autorizzati dal 1987 al 2003 per destinazioni d’uso, per anno

AR abitazioni rurali AU altri usi CA civile abitazione (fonte: Sit Comune di Jesi)

UA uso artigianale UC uso commerciale UI uso industriale


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Gli interventi artigianali più numerosi si attestano lungo la ferrovia con accentuazioni verso la Zipa. Altri interventi si sono collocati in corrispondenza della centrale elettrica, di via Roma e nel quartiere di S.M. del Piano. La localizzazione delle nuove attrezzature commerciali ricalca sostanzialmente quella dell’artigianato, privilegiando gli attestamenti sulle principali strade d’accesso. Se si esclude l’area della Zipa, si trovano nuovi insediamenti industriali nell’area del Verziere e del cascamificio, a ridosso del tracciato ferroviario. (si veda il dossier Quantità edilizie) Volumi concessionati e autorizzati dal 1987 al 2003 per destinazione d’uso

(fonte: Sit Comune di Jesi)

Numero di alloggi e vani abitabili concessionati e autorizzati

(fonte: Sit Comune di Jesi)

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Un sondaggio sulla domanda di casa Un sondaggio effettuato presso 7 agenzie immobiliari di Jesi restituisce un’immagine concorde sulle caratteristiche della domanda abitativa, che riflette il tipo di offerta esistente e le tendenze espresse dal mercato immobiliare negli anni recenti: - si registra una domanda decisamente preponderante di alloggi piccoli e medio-piccoli, con 2-3 locali, dai 45 ai 70 mq (la percentuale delle domande di questo tipo viene stimata tra l’80 e il 90% di quella totale che si rivolge alle agenzie); - questa domanda accomuna diverse componenti: coloro che non possono accedere ad alloggi più grandi per motivi di budget; i piccoli nuclei familiari; coloro che intendono acquistare per investimento; coloro che decidono di comperare a causa di un mercato dell’affitto scarso, con prezzi alti e anche selettivo nei confronti dell’affittuario (è il caso degli stranieri, che cominciano ad accedere al mercato della casa in proprietà); - è in declino una domanda per appartamenti ampi, oltre i 100 mq; - c’è una domanda minoritaria (alcuni la stimano attorno al 20% di quella totale) di abitazioni indipendenti, non soddisfatta dall’offerta di edifici nuovi e neppure di edifici da ristrutturare (la soluzione “casa isolata” in campagna risulta inaccessibile per i costi troppo elevati); - non viene soddisfatta la domanda di alloggi da ristrutturare, sia per i costi alti, sia per le caratteristiche degli alloggi, troppo piccoli nel “centro storico” comunemente inteso, troppo grandi in campagna; - la domanda privilegia decisamente le aree centrali o particolarmente accessibili e si “adatta” ad allontanarsi solo a causa dei prezzi.

2.3 Scenari demografici e abitativi

Dallo studio del profilo demografico di Jesi, messo a confronto con quello della provincia di Ancona e dell’Italia, sono emerse alcune caratteristiche proprie dei paesi a sviluppo maturo e demograficamente senili. Da un lato, si è rilevata una bassa mortalità in tutte le classi di età, un basso tasso di natalità, una crescente incidenza della popolazione anziana e, all’interno di questa, della componente femminile. Dunque, una piramide delle età come ibrido tra una prevalente forma a campana, dai contorni arrotondati e con base media, tipica di uno stato demografico stazionario, ed una forma a bulbo, con base più stretta, propria delle popolazioni in fase di regresso demografico. Dall’altro lato, si sono rilevati la presenza di una consistente e diversificata comunità immigrata e l’affermarsi di stili di vita comunemente riscontrati in situazioni metropolitane: nuclei familiari con un numero ridotto di componenti, presenza significativa di famiglie senza figli e di coppie non coniugate (si veda il capitolo “Popolazione” del Piano idea). Allo scopo di delineare scenari futuri, l’evoluzione demografica della città di Jesi è stata successivamente esaminata con riferimento ai processi che stanno trasformando l’Europa, in quanto influenti sulle variabili locali. Le dinamiche demografiche delle regioni dell’Unione Europea evidenziano una tenuta quantitativa e il progressivo invecchiamento della popolazione, ma anche la minor cogenza, in un contesto competitivo, dei fattori classici di sviluppo. Si delinea così un orizzonte frutto di lento incremento naturale e di imprevedibili saldi migratori dipendenti da uno sviluppo economico “territoriale”, ovvero specificamente con-


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notato dai fattori locali. Questi aspetti aprono interessanti prospettive per territori intermedi come le Marche. Le Marche registrano una presenza di anziani sopra i 65 anni considerevolmente più elevata della media europea, ma di recente hanno anche registrato un saldo naturale positivo, pur non avendo mostrato nei decenni postbellici intensi processi di crescita. Una previsione demografica relativamente neutra rispetto alle condizioni attuali (proiezione del trend recente) prospetterebbe un incremento su base regionale entro il 2013 oscillante tra il 3 e il 6%. Il trasferimento “semplice” di questo andamento all’attuale popolazione di Jesi potrebbe significare un’oscillazione da 41.000 a 42.000 abitanti. Massimo popolamento (Italia e dettaglio provinciale)

In sintesi, le considerazioni demografiche utili per impostare politiche urbanistiche e urbane sono che: - a breve, a causa del processo di invecchiamento della popolazione, le trasformazioni qualitative avranno un’incidenza più consistente di quelle quantitative. Si tratta di un aspetto sostanzialmente fuori dalle possibilità di controllo delle politiche locali; - sul dimensionamento quantitativo incideranno prevalentemente i flussi migratori, in parte causati dalla necessità di sostituzione della forza lavoro invecchiata, in parte legati al carattere sovralocale delle scelte residenziali. Quest’ultimo aspetto, soprattutto, può essere influenzato dalle politiche urbane e urbanistiche locali.

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In questa prospettiva è utile osservare gli scambi di popolazione avvenuti negli ultimi anni tra Jesi e i comuni contermini. Andamento della popolazione a Jesi e nell’area vasta

(fonte: Istat, Censimento 2001, primi risultati)

Tipologia dei cambiamenti edilizi e demografici degli anni ‘90 nell’area vasta

(fonte: elaborazioni su dati Istat, Censimenti 1991 e 2001)

Negli anni ‘90, il rapporto andamento dell’offerta abitativa/andamento demografico non rivela una “anomalia” jesina: benché non si registri una situazione particolarmente dinamica, Jesi ha andamenti confrontabili con la media provinciale e rispecchia la condizione tipica dei centri maggiori (Ancona, Falconara), penalizzati rispetto ai territori intermedi (come mostrano le quattro classi di comportamento dei comuni dell’area vasta, i comuni in maggior crescita demografica individuano un’area sita tra Jesi, Ancona e l’aeroporto di Falconara; e si tratta dei comuni minori). Tenendo conto del fatto che le destinazioni preferite dei flussi migratori non sono (tanto) le aree a maggior reddito o valore aggiunto, quanto quelle che mostrano una combinazione di fattori territoriali positivi (convenienze, amenità, valori), si può considerare la possibilità che Jesi nel prossimo quindicennio cresca in virtù della capacità di richia-


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mare gli abitanti che negli ultimi decenni l’hanno abbandonata per la concorrenza abitativa dei comuni limitrofi e di attrarne altri, nuovi. Che, dunque, possa mirare ad attestarsi sui 42.000 abitanti, una soglia compatibile con l’infrastrutturazione primaria e secondaria che in questo arco di tempo è ragionevole poter garantire. Nel decennio ‘91-‘01 a Jesi sono stati realizzati poco più di 1.700 nuovi alloggi, con un trend che non si è ridimensionato in modo rilevante rispetto al passato: infatti, se la produzione edilizia degli anni ‘90 è stata di poco inferiore a quella degli anni ‘80, l’andamento complessivo dei due ultimi decenni è grossomodo paragonabile con quello, elevato, degli anni ‘70. L’offerta consistente non ha tuttavia impedito una flessione demografica, come si è visto. Il fatto che la percentuale di inoccupato sia rimasta nell’insieme allineata con i valori più bassi dell’area va messo in relazione con un significativo aumento dei nuclei coabitativi, dovuto al ridursi della loro dimensione (da 2,8 nel 1991 a 2,5 componenti nel 2001, ora stabilizzato), che ha compensato la perdita di popolazione. Se l’entità assoluta dell’offerta abitativa è rimasta sostanzialmente invariata, la sua composizione è significativamente cambiata nell’ultimo decennio: i pesi relativi manifestano una caduta dell’offerta di edilizia residenziale pubblica (quasi 100 unità all’anno nei primi due decenni per scendere a un quarto nell’ultimo periodo) e la preponderanza dell’offerta privata (alla diminuzione vistosa degli anni ‘80 rispetto al decennio precedente, fa riscontro l’aumento del 70% negli anni ‘90). In particolare, l’offerta recente non sembra in grado di intercettare alcuni segmenti specifici di domanda, molto selettivi: una domanda di “qualità” e di riposizionamento (di ritorno a Jesi per i suoi servizi), volta prevalentemente a edilizia di pregio; una domanda “sociale”, portata da giovani coppie, immigrati e anziani. Aree Peep 1975-2004: tipi di intervento e operatori

(fonte: Comune di Jesi, Servizio IV Urbanistica, Aggiornamento giugno 2005)

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Aree Peep 1975-2004: tipi di intervento e operatori

(fonte: Comune di Jesi, Servizio IV Urbanistica, Aggiornamento giugno 2005)

Le conclusioni più rilevanti sembrano le seguenti: - nell’andamento demografico e nelle dinamiche recenti della produzione edilizia non risulta un gap da recuperare sul versante dell’offerta o, più in generale, uno scostamento significativo di Jesi rispetto al contesto territoriale in cui si inserisce; - la lettura dei processi in atto nell’area vasta mette in luce il carattere ormai integrato del mercato edilizio; - le consistenti variazioni nei trend della produzione edilizia e le tensioni abitative si spiegano soprattutto per la presenza di sub mercati (alta gamma, turismo, investimento...), retti da logiche patrimoniali e finanziarie quasi indipendenti. In questo quadro un incremento della produzione edilizia difficilmente può risolvere tutti i problemi legati all’accesso e alla mobilità abitativa. Si delinea piuttosto l’opportunità di una politica “mirata” rispetto ai segmenti insoddisfatti della domanda, dalla cui efficacia (più che dall’offerta aggregata complessiva) dipende l’innescarsi di effettive capacità attrattive di Jesi nel prossimo futuro, con conseguente miglioramento degli andamenti demografici. Cionondimeno rimane difficile prevedere gli esiti di tale politica. Infatti, sono dubbi gli effetti attrattivi di un’offerta di qualità a Jesi, a fronte dell’affermarsi di modelli abitativi suburbani e di una propensione all’abitare disperso, ovvero del carattere sovralocale delle scelte residenziali. E’ cioè difficile affermare che l’offerta in contesto urbano di case isolate o a schiera con giardino sia certamente competitiva rispetto ad analoga offerta in contesti suburbani, quando possono intervenire altre ragioni di opportunità e di scelta, per esempio condizioni di prossimità spazio-temporale ai luoghi di lavoro o ad attrezzature particolari. D’altro canto, le difficoltà dell’edilizia economica consisto-


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no nell’impossibilità di ricorrere a forme tradizionali di politiche pubbliche per la casa e, quindi, nella necessità di sperimentare interventi innovativi per gli aspetti di promozione, mediazione e uso del patrimonio esistente e nuovo. Aspetti che, ancora una volta, travalicano le possibilità delle politiche locali di modificare in maniera significativa i trend generali, integrati in molteplici e differenti reti relazionali. Sulla base di queste considerazioni e delle conseguenti cautele, tenendo anche conto dei caratteri e dei valori insediativi propri del territorio jesino, la Variante generale del Prg opera alcune scelte fodamentali: quella del contenimento dell’espansione tenendo i margini della città e della sua ulteriore riqualificazione interna; quella del rafforzamento e/o della creazione di nuclei di dimensione tale da consentire stili di vita “intermedi” tra quelli urbani e suburbani (frazioni e villaggi); quella di individuare le condizioni per “abitare la campagna” senza compromettere la produzione agricola e gli equilibri ambientali.

2.4 Offerta e domanda di servizi e attrezzature

Il “progetto del suolo” è l’elaborato del Prg adottato nel 1987 che ha guidato la redazione delle tavole di azzonamento relativamente all’individuazione degli spazi di uso pubblico. Esso ha anticipato alcuni orientamenti recenti circa la pianificazione dei servizi introducendo (con particolare riferimento agli spazi aperti) l’idea dell’uso pubblico per aree di proprietà e gestione private. L’immagine di quell’elaborato consente di cogliere immediatamente due aspetti: - la continuità degli spazi aperti e costruiti, tale da creare un sistema che organizza il territorio nel suo insieme; - la decisa prevalenza degli spazi aperti, verdi e pavimentati. Progetto di suolo nel Prg 1987

Se si considera l’azzonamento che ne è seguito, dal punto di vista della caratterizzazione/distribuzione delle zone e dal punto di vista quantitativo, si osservano altri aspetti interessanti:

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- l’azzonamento del Prg vigente distingue 4 zone: F zone per servizi di interesse generale; S zone per servizi di interesse locale; U zone non edificate, pavimentate e asfaltate; V zone piantumate e coltivate. Ciascuna delle 4 zone si articola in sottozone, ma non tutte rientrano tra gli standard. Restano escluse le sottozone VA alberate, VC campi urbani, VO orti, VP1 parco dell’Esino, VS aiuole spartitraffico e aree di rispetto, UC corti e cortili, UL larghi, FC cimiteri, benché coprano una parte consistente dell’estensione del progetto di suolo e giochino un ruolo rilevante per la sua continuità; - limitandosi alle aree considerate come standard, confrontabili con quelle previste dal decreto interministeriale 1444/1968 e dalla legge regionale 34/1992, emerge il relativo “sovradimensionamento” degli spazi aperti di interesse locale; - il parco dell’Esino, con la sua superficie di 1.370 ettari, potrebbe ampiamente soddisfare la dotazione minima di parchi urbani dovuta per legge (per 40.000 abitanti, il decreto interministeriale richiederebbe 60 ettari) ma, non considerato dal punto di vista dello standard, ne resta incerta la procedura attuativa. Queste osservazioni suggeriscono la necessità per la Variante generale di riconsiderare le perimetrazioni delle aree a standard, la loro destinazione d’uso, il loro rapporto con la normativa vigente e le procedure attuative, confrontandosi col “progetto del suolo” del Prg vigente che ha indicato la strutturazione del territorio jesino attraverso il sistema dello spazio pubblico. Suggeriscono anche di mantenere compiti di connessione e qualificazione ambientale ed ecologica agli spazi aperti, non a standard. Aree a standard previste dal Prg vigente

F > Zone per servizi di interesse generale

FH servizi sanitari e ospedalieri

FI servizi per l’istruzione superiore

FR servizi per la ricreazione, la cultura e il culto

FS servizi sportivi

S > Zone per servizi di interesse locale

SH servizi socio-sanitari

SI servizi per l’istruzione

SR servizi per la ricerca, la cultura e il culto

SS servizi per il gioco organizzato e lo sport

U > Zone non edificate, pavimentate o asfaltate

UP aree per parcheggi pubblici o di uso pubblico

UZ piazze

V > Zone piantumate e coltivate

VG giardini di proprietà e d’uso pubblico

VP parchi di proprietà e d’uso pubblico

VR aree per il gioco e la sosta

VV prati e scarpate


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Standard urbanistico: dotazioni previste dal Prg vigente e realizzate

(fonte: Comune di Jesi - Piano attuativo dei servizi, giugno 1999 e Sistema informativo territoriale, aprile 2004)

Se si esamina lo stato di attuazione del Prg vigente, relativamente alle sole aree di interesse locale computate ai fini dello standard, si può osservare che complessivamente nella città sono stati garantiti 18,40 mq pro-capite per una popolazione di 40.000 abitanti (si è assunta questa soglia di riferimento per agevolare il confronto con lo scenario delineato: 42.000 abitanti) ottemperando agli obblighi del decreto 1444/68, ma non a quelli della legge regionale 34/92, la quale ha portato la dotazione da 18 a 21 mq/ab, aggiungendo 3mq/ab per “verde pubblico”. La distribuzione tra le differenti “voci” che costituiscono lo standard fornisce altri motivi di riflessione. Se per i parcheggi risulta una dotazione di 3,25 mq/ab, quando ne sarebbero richiesti 2,50, e per il verde complessivamente inteso + lo sport/gioco + le piazze il bilancio porta a 10,81 mq/ab, vicini ai 12 richiesti dalla legge regionale, risulta inadeguata la dotazione di aree destinate a scuole e attrezzature di interesse comune, rispettivamente 2,83 mq/ab anziché 4,50 e 1,51 mq/ab anziché 2,00. Questo “squilibrio relativo” permane nonostante risulti alta la percentuale di attuazione del Prg per quanto riguarda scuole e attrezzature di interesse pubblico e, invece, piuttosto bassa quella per giardini, piazze, parchi e parcheggi (sotto la percentuale media di attuazione che si attesta sul 54%). Dunque, nonostante il “riequilibrio aggregato” ottenuto con l’attuazione delle previsioni del Prg, persistono alcune aporie nella dotazione “per legge” delle singole attrezzature di interesse locale. E’ evidente che i conti peggiorano se si riferiscono a una popolazione presunta di 42.000 abitanti, la soglia alta che viene indicata nello studio effettuato sugli “Scenari abitativi” di Jesi. Le carenze rilevabili sulla base di una verifica “burocratica” degli standard previsti e dello stato di attuazione in parte collimano con il “comune sentire” della città, che lamenta un fabbisogno di scuole e di spazi di incontro (attrezzature di interesse collettivo), ma in parte

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sembrano contraddirlo. Infatti, viene da tutti sottolineata una carenza di parcheggi che il bilancio formale non mette in luce, il che mostra la parziale significatività di indicatori quantitativi convenzionali, datati nella concezione e indifferenti alle specificità locali. Su scuole, attrezzature di interesse collettivo e parcheggi dovrà concentrarsi l’attenzione per migliorare la dotazione complessiva, raggiungendo il livello di 21 mq/ab richiesto dalla legge regionale. Lo stato di attuazione del Prg vigente relativamente alle aree di interesse generale è meno soddisfacente. Il Prg, in maniera lungimirante, prevedeva in abbondanza aree per servizi sanitari/ospedalieri e di istruzione superiore, riservava spazi per sport e ricreazione/cultura/ culto non richiesti dal decreto interministeriale, prevedeva il parco dell’Esino, proponendo un livello inconfrontabile con la dotazione minima di standard generali dovuta per legge. Sul bilancio pesa negativamente l’assenza di parchi urbani che, nel decreto interministeriale, incide per 15 mq/ab sui 17,5 mq/ab complessivi richiesti. Quelli che possono essere considerati tali a Jesi, contrassegnati dalla sigla VP, sono conteggiati tra i servizi di interesse locale. Per avere un quadro concreto della “città pubblica”, superando una visione solo quantitativa e aggregata ed entrando nel merito delle situazioni locali, si è operato un censimento (con localizzazione, individuazione degli edifici e delle loro aree di pertinenza) dei servizi e delle attrezzature esistenti di uso pubblico (non necessariamente di proprietà pubblica), di interesse locale e generale, attingendo a fonti diverse. Esso comprende: servizi per l’istruzione; servizi e attrezzature di interesse collettivo (religiose e sociosanitarie); servizi per il tempo libero (sport, cultura e spettacolo, associazioni); servizi di pubblica utilità. Servizi e attrezzature esistenti

(computate a standard)


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Osservando la localizzazione dei servizi di quartiere è possibile individuare tre differenti e caratteristiche modalità di aggregazione: - Aree scolastiche complesse. Asilo nido, scuola materna, scuola elementare e scuola media sono presenti nello stesso isolato o in isolati vicini. A loro volta queste strutture sono localizzate in prossimità di servizi di livello superiore (per esempio il complesso scolastico di viale King-viale Verdi è contiguo alle strutture del liceo scientifico; quello di via Caldini-via Bixio è vicino a diverse strutture assistenziali; le scuole di Monte Tabor sono prossime ai maggiori parchi). Situazione particolare è quella della scuola materna e degli asili di via del Lavoro, da leggere invece in relazione alla zona industriale. Le aree scolastiche complesse sono tipiche della zona nord di Jesi; - Centralità locali. Si tratta di aree dove sono concentrati servizi di diverso tipo - chiesa parrocchiale, oratorio, campo sportivo, scuole primarie - con combinazioni che variano di volta in volta. Casi tipici sono quelli di S. Maria del Piano, S. Giuseppe e Foro Boario (questi ultimi due in stretta relazione), tutti localizzati nella città storica e in particolare nella prima fascia di espansione a ridosso delle mura; - Isole. In corrispondenza di alcune frazioni o lottizzazioni distanti dal centro storico sono localizzate le sole scuole materne e gli asili. Questa piccola concentrazione costituisce la principale dotazione di servizi dell’area. E’ il caso di Appennini alta (dove è presente anche la scuola media) e di Minonna (dove è presente anche la chiesa parrocchiale). Osservando la localizzazione dei servizi di livello superiore, e probabilmente forzando in parte la lettura, è possibile riconoscere nella zona nord una distribuzione per direttrici: - le attrezzature sanitarie e assistenziali sono disposte lungo via Erbarella - via Puccini - via dei Colli (la casa famiglia per anziani, il centro fisioterapico, la casa di riposo per anziani, il centro di salute mentale, l’Ospedale Murri); - le scuole superiori sono prevalentemente localizzate “nell’area di influenza” di via Papa Giovanni XXIII - viale M.L. King/via A. Moro (l’Istituto tecnico Cuppari e la sua succursale per geometri, il liceo scientifico e il suo distaccamento presso il seminario arcivescovile, l’Istituto professionale di industria e artigianato Pieralisi, l’Istituto tecnico industriale Marconi); - gli impianti sportivi sono a ridosso di viale Cavallotti - via delle Nazioni - via Tabano. Le principali aree verdi si attestano a ovest di via XX Luglio - via Paradiso: il Parco del Ventaglio, il Parco dell’Esedra, il Parco del Cannocchiale; i Giardini pubblici tra via Grecia e via Cavallotti. Un cono verde dalla zona di Tornabrocco e di via Erbarella entra nel tessuto urbano lungo via Crivelli, via Gandhi e via La Malfa (includendo la casa di riposo, l’ostello, la scuola superiore Cuppari) quasi raggiungendo il complesso sportivo di via Tabano. Connessioni verdi, in gran parte solo potenziali, tengono insieme il campo da calcio Mosconi, la piscina comunale, il Circolo cittadino, gli impianti sportivi e il Parco del Vallato. Nella città storica ci sono parti fortemente caratterizzate: - nel centro antico di Jesi, nella tratta tra piazza della Repubblica e piazza Federico II, sono concentrati servizi eccellenti di tipo culturale e di pubblica utilità (il Teatro Pergolesi, il Museo Colocci, la curia, il museo e la biblioteca diocesana, la biblioteca e gli uffici comunali, il tribunale);

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- Corso Matteotti può invece essere distinto in due tronchi: il primo, verso via Roma, ospita due corsi del liceo classico (classico e socio-psico-pedagogico) e la Scuola musicale G.B. Pergolesi, oltre alle Scuole medie Savoia; il secondo tronco, invece, è completamente privo di attrezzature di livello superiore perché con destinazione prevalentemente commerciale; - in prossimità e in continuità con l’ospedale civile, nella fascia compresa tra Corso Matteotti e viale della Vittoria, hanno sede altre strutture assistenziali (laboratori di analisi privati, la croce verde, il centro antidiabetico). I cinema sono posti in prossimità di alcune strade di scorrimento (viale della Vittoria, via delle Mura orientali, via Ricci). Lungo l’asse sud trovano sede la croce rossa e il poliambulatorio, lungo via del Lavorovia Ancona si osserva un’interessante concentrazione di attrezzature destinate al tempo libero (palestra Itass, palestra Assistedil, centro sportivo G.B. Pieralisi, palestre Blue Line, centro sportivo Il David, palestra Linea Club). La caratterizzazione e la distribuzione di servizi e attrezzature censiti, così come emerge dalla tavola e dall’elenco che l’accompagna, sono state interpretate. Esito di questa interpretazione (che trascura gli episodi minuti e isolati) è il riconoscimento di interessanti concentrazioni tematiche che potrebbero essere rafforzate mettendo in gioco aree di proprietà comunale, vicine ai servizi e alle attrezzature esistenti o in posizione interstiziale, selezionando alcune indicazioni del “progetto del suolo” del 1987, inserendo progetti in corso e ipotesi in discussione. - Il sistema culturale centro antico-corso Matteotti-Ospedale Nonostante l’assenza di aree a standard, il centro antico presenta molti servizi alla persona e attrezzature di prestigio, connessi da una successione articolata di percorsi e spazi aperti, tipicamente piazze. - Il sistema scolastico viale G. Verdi-viale M.L. King Scuole per l’infanzia, primarie e secondarie, insieme alle strutture sportive del liceo scientifico, formano un sistema scolastico complesso, cerniera di collegamento di due altri sistemi di servizi. - Il sistema ricreativo viale del Lavoro-via Ancona Attrezzature sportive di diverso peso si attestano lungo la strada di scorrimento, a est del centro abitato e a ridosso della Zipa. - Il filamento verde via Papa Giovanni XXIII-Piccitù e il sistema verde Ventaglio-Foro Boario Numerosi servizi di livello superiore (scuole secondarie e attrezzature sportive) sono distribuiti lungo una sola direttrice e tenuti insieme da aree verdi. Se per il “filamento” via Papa Giovanni XXIII-Piccitù il percorso si attesta su una strada interquartiere, nel sistema Ventaglio-Foro Boario (che passa per via Roma, Mura occidentali e l’area del Vallato e che non è ancora così leggibile) il percorso potrebbe essere pedonale e/o ciclabile. - I sistemi di quartiere Kolbe-Monte Tabor e Erbarella I servizi sono tutti localizzati in prossimità di una strada di scorrimento, ma con differenze sostanziali. Nel quartiere Kolbe-Monte Tabor le attrezzature sono distribuite su un unico percorso (via XX Luglio-via Coppi): al calibro della strada e dei parchi urbani localizzati a ridosso si contrappone la scala minuta dei servizi (asili nido, scuole materne). Nel quartiere Erbarella il sistema è più integrato e introverso: via


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Erbarella definisce un margine all’interno del quale sono organizzati i percorsi principali. - Il sistema di quartiere S. Maria del Piano-Prato I servizi tipici di un quartiere come scuola dell’obbligo, parrocchia, campo sportivo, e strutture più complesse come stazione, centri commerciali, centri sportivi, sono variamente combinati e caratterizzano questa fascia a cavallo di tre importanti infrastrutture: ferrovia, asse sud, via Ricci. - I nuclei via Gola rossa e Minonna Sono presenti solo alcuni servizi di quartiere. Sistemi: lettura integrata di servizi e attrezzature esistenti

Un insieme di operazioni ricognitive e il più ampio repertorio di osservazioni raccolto e ordinato dal Piano strategico hanno consentito di individuare “i valori riconosciuti” dello spazio e dei servizi pubblici della città, nonché alcune specifiche difficoltà ed esigenze. I parchi e il verde urbano sono particolarmente apprezzati da ampi segmenti della popolazione jesina per le opportunità di socializzazione e di svago che offrono. Parchi, giardini di vicinato e piccoli frammenti di verde di quartiere si prestano ad usi diversi in relazione a diverse utenze, ma solamente nel caso dei parchi (del Cannocchiale, del Ventaglio, dell’Esedra e di via Cavallotti) la dotazione di attrezzature e di elementi di arredo e la strutturazione dello spazio consentono un uso ampio e soddisfacente per i più. Nel caso dei giardini pubblici destina-

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ti ad un uso locale, lo scarso grado di infrastrutturazione complessiva e di investimento anche simbolico limita le possibili pratiche d’uso: il gioco dei bambini, la sosta per gli anziani, la possibilità di compiere percorsi alternativi a quelli lungo strada. Ricorre con insistenza la richiesta di una maggiore e più efficace integrazione dello spazio verde di uso pubblico con le attrezzature sportive (scolastiche e non). Fra le attrezzature sportive più apprezzate vengono sovente ricordati le palestre e gli impianti sportivi delle scuole e del liceo scientifico in particolare, ma anche il Centro polisportivo Cardinaletti e l’attuale piscina comunale. Tuttavia, per le esigenze dei giovani e di una utenza non specializzata, risultano particolarmente gradite alcune piccole strutture sportive inserite organicamente nei parchi del Cannocchiale (il campo da calcio) e del Ventaglio (lo skatepark). Si tratta di dotazioni integrate e complementari che aumentano le possibilità di fruizione consentendo la compresenza di utenze e pratiche molteplici. Le possibilità d’uso della città pubblica interessano particolarmente giovani, anziani e bambini. Con i giovani si sono attivati momenti di confronto e di scambio orientati a cogliere le opzioni fondamentali, a conoscere le pratiche e i luoghi di interazione già affermati ed emergenti. Se rappresentano la parte più vitale e propositiva della società, i giovani ne costituiscono anche il segmento più fragile e sensibile a difficoltà di varia natura. Le pratiche individuali e collettive che essi stessi ci descrivono come caratteristiche del loro modo di usare lo spazio ed i servizi di uso pubblico (le attività sportive, lo shopping, la musica e le feste, ma anche il semplice ritrovarsi negli spazi disponibili) non si svolgono sempre in maniera completamente soddisfacente: a volte a causa di un deficit delle dotazioni esistenti, in altri casi per la inadeguatezza delle prestazioni fornite, in altri ancora a causa della difficile accessibilità non veicolare. I locali pubblici. Conservano per i giovani di Jesi un ruolo importante rispetto alle possibilità di incontrarsi informalmente e di socializzare. Concentrati soprattutto nel centro e a nord, hanno ancora in molti casi i caratteri più tradizionali del pubblico esercizio e raramente sembrano incontrare le esigenze molteplici (ed in parte mutate) dei giovani. I contenitori del tempo libero. Costituiscono spazi relativamente nuovi all’interno dei quali trascorrere una parte del tempo libero in maniera prevalentemente orientata al consumo di beni e servizi. La localizzazione di centri commerciali e cinema nella parte meridionale della città, lungo le strade principali, ne limita le possibilità di accesso pedonale contribuendo ad alimentare la percezione di questi luoghi di aggregazione come alternativi rispetto a quelli tradizionalmente riconosciuti e frequentati. La separatezza di questi “oggetti” dal resto della città deriva anche dalle loro caratteristiche: le dimensioni fuori scala dei manufatti e dello spazio aperto di pertinenza determinano frequentemente una soluzione di continuità con il contesto. I parchi. Rappresentano un’alternativa sostanziale particolarmente apprezzata rispetto ai grandi contenitori del loisir. I parchi sono tra i luoghi più frequentati, soprattutto per la versatilità degli spazi e l’estensione dell’arco temporale in cui è possibile fruirli. Le attrezzature sportive. Sono utilizzate piuttosto intensamente e con assiduità. Spesso però i giovani ricorrono alle strutture sportive delle scuole o degli oratori, lamentando la scarsa disponibilità di attrezzature utilizzabili liberamente per gli sport più comuni. Le strutture sportive annesse ai complessi scolastici, pur apprezzate, forniscono un servi-


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zio limitato a causa della ridotta fascia oraria di apertura. Le scuole. Sono distribuite sul territorio in maniera relativamente omogenea e tendono ad assumere un importante ruolo di riferimento al di là della funzione istituzionale per la quale sono concepite. Come recapiti del tempo libero sono sede di attività organizzate o spontanee, sportive o culturali, perfino di incontri. Gli oratori e i centri sociali. Conservano a Jesi la funzione ludico-formativa che è loro propria. Concentrati principalmente nella parte mediana e bassa della città, rappresentano una dotazione pubblica complementare ad altre più scarse nella città storica. I giovani esprimono in modo peculiare l’esigenza di spazi per la cultura con accesso libero e una gestione non connotata politicamente o culturalmente. I centri sociali esistenti rispondono solo in parte a questa domanda e non soddisfano coloro che non si riconoscono nelle idee di una parte. Le discoteche invece, assenti a Jesi, sono luoghi frequentati nel fine settimana, ma che non offrono possibilità di espressione culturale ed artistica e di gestione autonoma. E’ emersa da più parti la richiesta di un luogo disponibile ad accogliere feste e spettacoli (musicali e di diverso tipo). Negli incontri con la seconda Circoscrizione è invece stato segnalato il problema della polarizzazione dei luoghi di incontro per gli extracomunitari. Se i giovani si fanno più esigenti ed esprimono una domanda di luoghi ed occasioni (di incontro e di attività) più articolata che nel passato, sarebbe errato considerare sostanzialmente soddisfatte le esigenze della parte più anziana della popolazione. I servizi e le numerose associazioni loro dedicate, che si concentrano in prevalenza nei centri sociali, sono il principale riferimento e luogo di incontro. In occasione degli incontri con le Circoscrizioni, in particolare con gli abitanti del quartiere Minonna. poi ancora durante i colloqui svolti nel corso del Laboratorio di progettazione partecipata Prato-Stazione, essi hanno espresso l’esigenza di una mobilità lenta, pedonale e ciclabile. Un’analoga domanda è emersa chiaramente dal lavoro che il Piano strategico ha condotto con le scuole di primo grado della città. Bambini e genitori hanno segnalato la difficoltà di compiere percorsi sicuri e soddisfacenti fra casa e scuola e, contestualmente, il ricorso frequente e quasi indispensabile all’automobile per accompagnare a scuola i minori. Percorsi sicuri e agevoli sono anche al centro dell’attenzione degli abitanti con difficoltà di movimento, i quali chiedono marciapiedi di dimensioni sufficienti al transito di carrozzine, parcheggi riservati, abbattimento delle barriere architettoniche per accedere ai luoghi pubblici, spazi verdi fruibili.

2.5 Economia e lavoro

Il confronto delle dinamiche occupazionali del comune di Jesi con quelle della provincia di Ancona (49 comuni e 448.473 abitanti) e dello Jesino, l’area dei 20 comuni che fanno parte del Centro per l’impiego e la formazione (108.598 abitanti, 24,2% della popolazione provinciale), mostra andamenti positivi8.

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Crescita occupazionale sopra la media provinciale, tiene anche l’industria I dati 1991-2001 evidenziano un’interessante dinamica di crescita occupazionale (+15,3%), risultato di un netto rafforzamento del settore terziario (+22,4%, marcatamente superiore al dato provinciale +15,0%, e dello Jesino +15,6%) e di una buona tenuta dell’industria manifatturiera (+1,5%). La dinamica comunale nella manifattura si misura con la netta crescita dello Jesino (+6,9%) e il notevole rafforzamento dell’area anconetana (+12,0%). Questi andamenti positivi sono accompagnate da un rafforzamento della dimensione media delle unità locali: un dato in controtendenza rispetto a gran parte del Paese. Addetti alle unità locali suddivise per macrosettore (a Jesi, nello jesino e in Provincia di Ancona)

(fonte: Istat 2001)

Il peso specifico di Jesi è interessante: mentre in relazione alla provincia il suo peso in termini occupazionali rimane sostanzialmente immutato (da 9,43% nel 1991 a 9,58% nel 2001), in rapporto al contesto Jesino esso tende ad aumentare (da 43,09% a 45,20%). Un dato significativo se si pensa alla concorrenza sviluppata da alcuni comuni nell’offerta di nuove aree industriali (ad esempio Monsano e Maiolati Spontini). E’ vero che il numero degli occupati nel settore manifatturiero mostra una flessione di Jesi nei confronti degli altri centri (da 31,08% a 29,51%), ma tale dato è ampiamente compensato dall’incremento di peso nel settore terziario (da 55,12% a 58,43%). Percentuale di addetti per macrosettori (Jesi, jesino, Provincia)

(fonte: Istat 2001)

Il rafforzamento delle attività terziarie non è “post-industriale” La composizione settoriale degli addetti al 1991 e al 2001 mostra il riequilibrio tra industria e servizi, a vantaggio di questi ultimi (la cosiddetta ‘terziarizzazione’): il peso degli addetti al terziario sul totale degli addetti passa dal 64,4% del 1991, al 68,4% del 2001, ma l’indebolimento industriale di Jesi (dal 29,9% al 26,1%) ha un segno più accentuato rispetto a ciò che accade nell’intera provincia (che mantiene un 33,3% di addetti alla manifattura) e nell’area Jesina (39,1%). Jesi svolge un ruolo di riferimento territoriale, sia in relazione alle modalità


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insediative e gestionali della sua manifattura (l’area del Consorzio Zipa è un modello regionale), sia per quanto riguarda alcuni servizi tipicamente urbani nei quali la città evidenzia un primato non solo recente. È questo il segno di uno sviluppo dei servizi fortemente connesso alla base produttiva industriale. Profilo ancora multisettoriale, ma solo la meccanica segna un rafforzamento Il profilo multisettoriale che caratterizza da anni il contesto manifatturiero di Jesi esce, almeno in parte, ridimensionato. Il comparto della meccanica (rappresentato dalle sottosezioni DJ, DK, DL e DM) è tra i pochi ad avere un segno positivo. I 2.677 addetti in questo comparto al 2001 rappresentano una quota ormai maggioritaria degli addetti all’industria manifatturiera (il 59,21%, rispetto al 44,79% del 1991). Altre manifatture mostrano segni percentuali negativi e talvolta una riduzione consistente anche in valori assoluti (-298 addetti nelle industrie alimentari, -250 nel tessile, -135 nelle industrie conciarie, -82 in quelle chimiche). Percentuale di addetti attività manufatturiere per settori (Jesi, jesino, Provincia)

(fonte: Istat 2001)

Un distretto del consumo per la Bassa Vallesina Gli anni ‘90 segnano una ristrutturazione del settore commerciale caratterizzata dall’affermazione dei supermercati e dei grandi magazzini e da una relativa specializzazione merceologica del centro storico. I dati sull’occupazione del settore registrano un +3,8% (un tasso di crescita quasi triplo rispetto a quello dello Jesino e maggiore di quello provinciale) e quelli relativi alle unità locali confermano una dinamica positiva per Jesi (+5,3%) a fronte di un segno negativo dello Jesino (-3,2%). La formazione di un vero e proprio distretto del consumo, imperniato su grandi piattaforme di vendita, sembra incidere profondamente sul territorio circostante. Jesi polo bancario regionale e centro di servizi per un territorio più ampio Le varie attività di servizio mostrano interessanti segnali di rafforzamento. È il caso delle attività bancarie e finanziarie (sezione J) che segnano un +39% di addetti (360 unità) e un +94% in termini di unità locali (passando da 73 a 142 nel decennio). In città, Banca Marche ha il suo centro direzionale oltre a 7 agenzie; la Banca Popolare di Ancona è presente con il proprio direzionale, 5 agenzie e uno sportello presso l’area Zipa. Sono inoltre presenti una ventina di banche regionali e nazionali, e la sola Unicredit ha 4 sedi. Jesi si conferma quindi polo bancario regionale, in linea con la vocazione storica di una città sede originaria di molti istituti marchigiani. Le altre attività di servizio alle imprese (sezione K) mostrano un note-

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vole rafforzamento sia in termini di addetti, +157,5% (1.660 unità), sia in termini di unità locali, +120% (456 unità). In questo dato pesa certamente l’ampia gamma di servizi considerati: da quelli ‘poveri’ (servizi immobiliari, di noleggio auto e macchinari), fino ai servizi a maggior contenuto di informazioni e di saperi (le attività di ricerca e sviluppo, quelle professionali). Le dinamiche occupazionali riscontrate in queste attività sono superiori, in termini percentuali, a quelle dello Jesino e dell’intera provincia. Un’agricoltura in bilico Il censimento Istat del 2000 rileva un totale di 759 aziende agricole, inferiore di 73 unità rispetto al dato del 1990. La superficie agricola totale si è ridotta di 450 ha dal 1990 al 2000, passando da 9.136,27 ha a 8.687,12 ha. Le colture cerealicole, in particolare frumento duro, sono quelle prevalenti, rappresentano infatti l’84% dell’intera superficie coltivata. La tradizione agricola di Jesi era legata all’orticoltura, nella pianura in prossimità del fiume, grazie anche alla disponibilità di acqua per cui si ottenevano produzioni quantitativamente e qualitativamente elevate. Dal 1990 al 2000 tale attività si è notevolmente ridimensionata passando da 268 a 158 aziende. La viticoltura ha subito un netto calo sia in termini di superficie vitata, da 374,35 ha nel 1990 a 186 ha nel 2000, sia di aziende, da 530 a 300. L’olivicoltura, in controtendenza rispetto al comparto viticolo, è in crescita con un incremento della superficie dal 1990 al 2000 di circa il 50%. Altro comparto di notevole rilevanza è quello zootecnico con interessanti allevamenti di bovini da carne, da latte ed avicoli. La maggior parte delle aziende che insistono sul territorio è a conduzione diretta del coltivatore. La manodopera viene reclutata internamente alla famiglia anche se i singoli componenti di solito svolgono attività remunerativa in altri settori. Un dato sintomatico è quello derivante dall’analisi delle aziende per classe di età del capoazienda. 360 aziende, circa la metà del totale, sono condotte da persone con più di 65 anni, solo 51 hanno il capoazienda con meno di 40 anni: il rischio è quello di un “invecchiamento” del settore. L’agricoltura biologica non è molto diffusa, mentre c’è un discreto interesse nei confronti dell’agricoltura a basso impatto ambientale, grazie anche ai finanziamenti comunitari. La presenza di un solo agriturismo nel comune di Jesi, nonostante la rilevanza ambientale e paesaggistica del territorio, denota scarso interesse verso tale attività da parte degli operatori del turismo rurale. In sintesi, emerge una situazione agricola caratterizzata da tante aziende di piccole dimensioni, inferiori a 5 ha, legate ad un’agricoltura convenzionale e non specializzata, che privilegia le colture a seminativo; di diverse aziende di medie dimensioni, fra i 20 e i 50 ha, con indirizzo produttivo misto, gestite da agricoltori professionali sensibili alle richieste del mercato ed agli aiuti della Comunità europea; da poche grandi aziende oltre i 100 ha, specializzate e tecnicamente avanzate. Aziende per classe di superficie

(fonte: Istat 2000)


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Superficie aziendale secondo l’utilizzazione (in ettari)

(fonte: Istat 2000)

Aziende per forma di conduzione

(fonte: Istat 2000)

Parallelamente a questa esiste una realtà agroalimentare con aziende di prestigio nazionale nel settore vitivinicolo e zootecnico che riescono a gestire l’intera filiera produttiva, passando dalla produzione alla vendita diretta al consumatore. Le aziende più importanti sono Agrivinicola Montecappone, Umani Ronchi, Fazi Battaglia, Colonnara, Moncaro, nel comparto vitivinicolo; Fileni e Garbini (gruppo Arena) nell’allevamento di avicoli (la sede della Fileni è stata spostata da Jesi a Cingoli per varie ragioni, da alcuni viene definita come la più grande azienda agricola italiana). Queste aziende, oltre ad avere interessanti fatturati, assorbono una quota rilevante del mercato occupazionale (Garbini e Fileni occupano circa 2.000 persone). La presenza dello zuccherificio Sadam, della centrale del latte Cooperlat, del gruppo Pieralisi, leader mondiale nella produzione di macchine per frantoi, della Angelini, della New Holland, per la fabbricazione di trattori, crea un indotto che si ripercuote sulle attività e sull’economia di tutta la Vallesina. Il Comune di Jesi, pur non essendo sede fisica di alcune delle attività condotte dalle aziende citate, ha un ruolo centrale nella loro economia. La politica comunitaria prevalente, la cosiddetta Pac, non ha favorito il legame tra impresa e territorio, in quanto ha spinto lo sviluppo dell’agricoltura regionale in direzione di una omologazione e standardizzazione dei modelli produttivi, allineandoli a quelli del centro-nord Europa (agricoltura estensiva e specializzata). Questo modello si discosta sensibilmente dalla tradizione agricola regionale caratterizzata dalla diversificazione delle produzioni, provocando una diffusa destrutturazione delle aziende che si sono progressivamente specializzate nella coltivazione di seminativi a basso impiego di lavoro (occupazione part-time) e ad elevato uso di capitali (meccanizzazione). (si veda il dossier Economia e forme territoriali)

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2.6 Paesaggio agrario

Competizione per l’uso del suolo Una realtà agroalimentare con poche aziende specializzate e tecnicamente avanzate, di prestigio nazionale nel settore vitivinicolo e zootecnico, coesiste con un insieme di piccole aziende legate a un’agricoltura convenzionale e in sofferenza per l’invecchiamento dei conduttori. I processi di riduzione della varietà colturale, favoriti dagli incentivi al seminativo della politica agricola comunitaria, sono all’origine dei processi di impoverimento organico dei suoli, da un lato, e dell’estensione dei fenomeni erosivi e franosi, dall’altro. Alcune riconosciute “qualità di Jesi”, legate al paesaggio agricolo, alla cultura e al turismo, mostrano segni di sofferenza. La crescita scarsa dell’offerta turistica e ricettiva indica che la “scoperta” turistico-culturale delle Marche avvenuta negli anni ‘90 vede Jesi ancora debolmente attiva. La scarsa presenza di aziende agricole biologiche (nonostante l’espansione del biologico costituisca uno degli obiettivi primari dell’Unione europea) e di 1 sola azienda operante nel settore agrituristico sono segnali che vanno nella stessa direzione e che assumono un valore significativo se considerati assieme al ridimensionamento del comparto ortofrutticolo per il quale Jesi ha ricoperto un ruolo leader. Questo impasto contraddittorio mette la campagna al centro di una competizione che favorisce forme d’uso a macchia di leopardo, accostamento di usi del suolo ricchi (industrie di trasformazione, allevamenti, cave ...), impoveriti (case coloniche e usi agricoli non competitivi...), innovativi (colture biologiche, agriturismo). Tre grandi partizioni Il territorio di Jesi, che si estende su una superficie di circa 10.400 ha, è per l’83% campagna. La campagna jesina è punteggiata da un consistente patrimonio edilizio le cui regole insediative e la cui tipologia conservano ancora, in gran parte, una coerenza con la forma del paesaggio agrario. Se la funzione residenziale tende a prevalere nella parte settentrionale compresa tra la valle del Granita e Monsano, nel fondovalle e nella parte meridionale del comune prevale la funzione produttiva in un quadro di maggiore rarefazione degli insediamenti. Consistente e diffusa è anche la presenza di edifici abbandonati. Il territorio è percorso da una fitta rete di strade pubbliche e da un’altrettanto fitta ramificazione di percorsi prevalentemente privati. L’insieme definisce un sistema estremamente articolato nato in funzione dell’uso agricolo e oggi disponibile a usi diversi: la viabilità di attraversamento, l’accessibilità agli spazi della residenza e del lavoro, la fruizione del paesaggio. La rete si configura quindi come un sistema a doppia velocità formato dai principali percorsi, asfaltati, e dalle strade di penetrazione, bianche. L’assetto della vegetazione arborea esistente, la differenziazione delle colture e delle associazioni vegetali mostrano come la continuità ambientale affidata alla vegetazione di fondovalle e delle vallicole secondarie venga a mancare in corrispondenza delle grandi infrastrutture di fondovalle e delle zone industriali, come la consistenza e diversificazione del patrimonio arboreo sia indebolito nelle aree dedicate all’agricoltura intensiva. Nella estrema diversificazione colturale e conseguente varietà del paesaggio agrario spicca l’assenza di consistenti colture viticole che invece connotano i comuni vicini. La variabilità geomorfologica incide fortemente sull’uso del suolo e concorre alla caratterizzazione di tre paesaggi agrari: -il paesaggio collinare a nord del centro abitato, dove emerge la ridotta dimensione aziendale con fondi frammentati dalla presenza di più


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colture (seminativo, vite, olivo etc.); - il paesaggio di pianura segnato dalla presenza del fiume, dove la maglia poderale si allarga ed i fondi sono di dimensioni più grandi. La coltura prevalente è quella cerealicola, ma sono ancora presenti le colture orticole, frutteti e vivai; - il paesaggio collinare a sud del fiume, dove, più che in pianura, l’indirizzo produttivo dominante è quello cerealicolo. La vitalità delle attività rurali è garantita dalla distribuzione uniforme e diffusa della popolazione e delle abitazioni. I tre quadri ambientali, di secolare formazione, sono oggi sottoposti a differenti ma ugualmente profonde tendenze alla modificazione: a nord il territorio agricolo tende ad accogliere oggetti e attività che hanno relazione diretta con la città, quindi proliferazione puntiforme di insediamenti e funzioni legate alla residenza e al lavoro. Nella piana la competizione con le grandi funzioni produttive, commerciali, con gli spazi delle infrastrutture e della logistica tende ad erodere consistenti parti del territorio agricolo e a trasformare radicalmente il paesaggio con impatti significativi anche sull’equilibrio ambientale. A sud, l’impoverimento del paesaggio prodotto dall’accorpamento delle particelle e da una gestione agronomica tesa verso il massimo sfruttamento dei suoli, ha avuto come esito un indebolimento del sistema ecologico e della stabilità geologica con conseguente vulnerabilità.

2.7 Relazioni territoriali

Dotazioni e prestazioni Preliminarmente si può affermare che il rango di una città ha a che fare con un determinato insieme di strutture e di attività che nel corso del tempo l’hanno dotata di un certo livello di attrezzature. Ma poi occorre considerare che le dotazioni sono un indicatore assai parziale se non viene posto in relazione con i comportamenti effettivi delle diverse attività ad esse riferite, ossia con le loro prestazioni. Ad esempio: un centro sportivo rappresenta certamente una dotazione della città, ma osservare anche le prestazioni sportive presenti a Jesi consente di esibire - per quanto riguarda discipline come il basket o la pallavolo - la significativa presenza di alcune squadre nelle maggiori serie nazionali; alcune imprese nel ramo della viticoltura sono una dotazione del patrimonio produttivo jesino, ma i risultati raggiunti da alcune qualità di Verdicchio dei Castelli a livello internazionale aprono ad una maggiore comprensione del rango internazionale di Jesi. Lo spettro di attività considerate per individuare il rango di Jesi è assai ampio e viene proposto accorpando le diverse funzioni secondo insiemi che hanno un carattere autoevidente (funzioni culturali, direzionali, produttive, distributive e sociali). Come ogni suddivisione e classificazione anche questa risponde a criteri discrezionali, ma presenta almeno il vantaggio di non limitare lo spettro di attività a quelle esclusivamente di tipo economico o ‘strategico’ (nel senso di attività e attrezzature eccellenti a supporto del sistema produttivo urbano). Una classificazione ampia di questo genere sembra più rispondente ad una concezione ricca della sviluppo, che tende a qualificarsi proprio nella possibile valorizzazione di ‘capitali’ compositi (capitale sociale, capitale fisso, capitale culturale, capitale imprenditoriale ecc.).

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Tipi di funzioni e livelli territoriali: dotazioni/prestazioni di Jesi

Jesi presenta un set di dotazioni piuttosto originale e diversificato, evidenziando però sottodotazioni in campi e settori, alcuni dei quali rappresentano un consistente limite per un rafforzamento della città e del suo ruolo territoriale. Tale giudizio riguarda, solo per fare alcuni esempi: il campo della ricettività e delle sue possibili articolazioni (quindi non solo alberghiera in senso stretto); il campo della formazione e della ricerca; almeno parzialmente, il campo delle attrezzature sportive; le attività direzionali e dei servizi al sistema produttivo, come quelle legate al settore fieristico/espositivo o - in forma meno pronunciata - a quello connesso delle attività convegnistiche e congressuali.


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Jesi presenta alcune eccellenze invidiabili e peculiari che appaiono ancora poco sostenute da un sistema locale in grado di valorizzarle. Ad esempio: il paesaggio rurale e l’economia della campagna (percorsi enogastronomici, le strade del vino, un turismo di qualità); il ruolo territoriale della città storica (e non solo di un tradizionale ‘centro storico’) che può qualificarsi in un modello economico e culturale integrato a quello dei Castelli; alcune esperienze nel campo della formazione qualificata (dalla scuola di cucina, ai primi percorsi universitari). Ma, per altri versi, anche il denso tessuto civile e associativo locale non sembra ancora pienamente valorizzato all’interno delle politiche culturali e nelle nuove politiche di welfare locale. Queste note invitano a guardare al rango dimensionale e funzionale della città in termini dinamici e transcalari; ogni riduzione esclusiva dei processi in corso ad una sola delle componenti richiamate rischierebbe di essere fuorviante, incapace di misurarsi con l’articolazione e la varietà dei mutamenti in corso e difficilmente in grado di cogliere le opportunità che si possono aprire di fronte ai tanti attori della governance territoriale. Il reticolo degli attori della governance territoriale

Comune cerniera fra diversi sistemi territoriali Alcune politiche di coordinamento tra realtà locali mostrano che Jesi è un comune cerniera. È il comune capofila dei 19 che gestiscono in forma associata lo Sportello unico per le attività produttive e partecipa al CIS-Consorzio intercomunale servizi della Vallesina per l’informatizzazione; fa parte del Distretto industriale della meccanica dell’alta e media valle dell’Esino (16 comuni) e rientra in uno dei 10 Sistemi turistici locali; ha partecipato al Patto territoriale delle valli ed è tra i promotori del Patto territoriale agricoltura di qualità; è nel Prusst dell’area urbana di Ancona; è comune capofila per la media Vallesina firmatario del Protocollo d’intesa fra i comuni dell’alta, media e bassa Vallesina per la costruzione di progetti coordinati di Agenda 21.

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Si tratta di altrettante reti di relazione, non coincidenti l’una con l’altra, che concorrono a delineare l’identità plurima di Jesi e la sua posizione baricentrica nella regione. Progetti importanti di scala interregionale e nazionale investono il suo territorio: il progetto Quadrilatero infrastrutturale Marche-Umbria e, soprattutto, il progetto di spostamento da Falconara dello scalo merci all’interno del riordino del Nodo di Falconara. Il Piano di inquadramento territoriale della regione Marche (approvato nel febbraio del 2000) considera di importanza nazionale il telaio costituito dalla autostrada A14, dalla SS16 Adriatica e, trasversalmente da nord a sud, dalle direttrici Fano-Siena-Grosseto, Ancona-Perugia (tramite la SS76 Vallesina), Civitanova-Macerata-Foligno, Ascoli-RietiRoma. Proponendo il potenziamento della direttrice Ancona-Perugia, indica come strategici i collegamenti tra porto di Ancona, autostrada A14, interporti di Jesi e Orte, superstrada Cesena-Orte, aeroporto di Falconara, rete ferroviaria della dorsale costiera adriatica. Un’impostazione sovralocale del Piano idea Il rango e il sistema di relazioni territoriali in cui Jesi è inserita sono più complessi di quanto lascerebbe supporre la dimensione demografica della città. Rispetto alla Jesi di soli 10-15 anni fa, la città di oggi sembra mostrare un salto di scala nell’organizzazione territoriale che prende corpo sia nel mutamento degli assetti insediativi in fase di definizione, sia in nuove dinamiche relazionali, non più circoscrivibili all’interno della città compatta. Si possono individuare almeno tre forme di questo salto di scala: - un salto di scala - territorialmente contiguo - verso il mare. È il prender corpo di quello che è stato chiamato il Corridoio dell’Esino (a partire dal Piano territoriale regionale) e che rimanda alla tradizionale immagine del “pettine” marchigiano formato dalla dorsale Adriatica e dal sistema longitudinale delle valli. Ma solo rispetto a pochi anni fa, la Bassa Vallesina assume i tratti ancor più marcati di una piattaforma infrastrutturale e produttiva strategica per l’intero territorio regionale. Da Jesi verso il mare, la conurbazione tenderà nei prossimi anni a saldarsi, imponendo scelte calibrate sia da un punto di vista ambientale (il Pit suggerisce di affiancare biocanali di rigenerazione ambientale alla viabilità a scorrimneto veloce), sia per quanto riguarda le opportunità di riqualificazione urbana dei diversi centri; - un salto di scala - territorialmente discontinuo - verso nuovi rapporti reticolari. È il prender corpo di un reticolo urbano marchigiano (e centro italico), espressione di nuove dinamiche territoriali determinate sia dal mutamento nei rapporti reciproci tra le città (ad esempio, nel mutamento dei pesi demografici ed economici; ma anche nei profili più o meno attivi delle loro amministrazioni locali), sia dai reticoli relazionali che si formano a partire da una più spiccata territorializzazione di alcune funzioni importanti (ad esempio: l’università che attiva strategie di decentramento selettivo, ma anche agenti territoriali più tradizionali, come la Zipa che ha storicamente attivato una strategia policentrica); - un salto di scala - territorialmente proiettato - attraverso reti lunghe. Sono le forme e i modi con i quali oggi le città stanno nel mondo, si connettono ai circuiti dello scambio economico e culturale nazionale e globale. Anche qui è possibile rilevare mosse ed effetti di natura diversa. Essi possono riguardare: gli scambi e i gemellaggi tra amministrazioni e città europee (Jesi è gemellata con una città francese e una tedesca); la partecipazione di Jesi


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a reti associative le più diverse (culturali, economiche, sportive ecc.) e alle differenti scale: nazionali o transnazionali; le strategie di marketing di un prodotto di qualità (il Verdicchio dei Castelli viaggia nel mondo con il marchio ‘Jesi’ stampato su ogni bottiglia). Ma Jesi e il suo sistema locale sta nel mondo anche grazie al ruolo propulsivo di alcune aziende multiplant (si pensi ad un’azienda leader come Pieralisi e alla sua localizzazione in più continenti). Certo tali mosse transcalari riguardano innanzitutto i singoli attori economici, ma sarebbe un errore non cogliere il loro ruolo effettivo e/o potenziale di emissari di una località. Anche in questo modo Jesi si relaziona al mondo. Le proposte della Variante generale al Prg, delineate nel loro carattere programmatico attraverso il Piano idea, si collocano in questa prospettiva: intendono confrontarsi con i problemi locali e con quelli territoriali, aprendo al confronto sulle scelte inerenti alle centralità, alle dotazioni e prestazioni di infrastrutture e servizi, all’ambiente e alla campagna, all’offerta di aree per residenza e attività economiche. Se il Prg degli anni ‘80 ha segnato la ristrutturazione della città “composta” entro i confini comunali, questo nuovo intende ridisegnare le relazioni con il territorio allargato. (si vedano i dossier Relazioni territoriali e sviluppo locale; Contributi per l’Agenda strategica. Le geografie dello sviluppo).

Note: 6. Le analisi relative a distribuzione, composizione e grado di occupazione del patrimonio immobiliare sono state effettuate sulla base di 28 macroambiti, i quali raggruppano più sezioni di Censimento Istat 2001 secondo criteri di omogeneità morfologica e tipologica e/o tenendo conto del modo consueto col quale gli abitanti di Jesi sono soliti riconoscere parti della città. I macroambiti sono: 1 - Centro antico, 2 - Corso Matteotti, 3 - Ospedale vecchio, 4 - Viale della Vittoria, 5 - Viale Cavallotti, 6 - Mura orientali-Parco del Vallato, 7 - Stazione-Prato, 8 - Via Roma, 9 - San Giuseppe, 10 - S.M. Kolbe, 11 - San Francesco, 12 - P.zza Bramante/Erbarella, 13 - Piccitù, 14 - Colli, 15 - Colle Paradiso/Tabano, 16 - Ospedale, 17 - Verziere, 18 - Santa Maria del Piano, 19 - Minonna, 20 - Cascamificio, 21 - Ex Smia, 22 - ACTIG, 23 - ZIPA 1/2/3, 24 - Colline ambito nord/ovest, 25 - Colline ambito nord/est, 26 - Colline ambito sud/ovest, 27 - Colline ambito sud/est, 28 - Valle dell’Esino. 7. Poiché i dati dovevano essere elaborati e inseriti nel Sistema informativo, si è deciso di considerare prioritariamente il periodo che inizia dalla data di adozione del Prg vigente. 8. I 20 comuni dello Jesino sono: Camerata Picena, Castelbellino, Castelplanio, Chiaravalle, Cupra Montana, Filottrano, Jesi, Maiolati Spontini, Mergo, Monsano, Montecarotto, Monteroberto, Monte San Vito, Morro d’Alba, Poggio San Marcello, Rosora, San Marcello, San Paolo di Jesi, Santa Maria Nuova, Staffolo.

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Jesi Relazione integrata

3. Il progetto della Variante generale

3.1 Orientamenti del Piano idea

Gli orientamenti che qualificano il Piano idea, consonanti con le linee espresse nell’Atto di indirizzo dell’Amministrazione comunale e più direttamente connesse all’eredità del “Piano Secchi”, sono già stati sinteticamente accennati: - riconoscimento e valorizzazione dei caratteri di diversità tra le parti, piccole e grandi; - riqualificazione delle parti interne alla città costruita, completando il processo di ristrutturazione; - salvaguardia della distinzione tra città e campagna evitando la dispersione degli insediamenti; - rafforzamento delle diverse forme di connessione, infrastrutturale e funzionale, tra le parti. L’idea che organizza le scelte della Variante generale coerentemente con quegli orientamenti, aprendo però nuove prospettive e introducendo altri temi, è quella di un nuovo rango di Jesi, non più “piccola città composta”, ma “capoluogo del Corridoio Esino”, che riconquista una posizione di eminenza anche per la sua qualità urbana e territoriale. Questo decisivo spostamento del punto di vista si riflette su tutte le scelte che vengono di seguito riassunte e che saranno dettagliate nei capitoli successivi. Conferire un ruolo territoriale al centro storico riconoscendo una “città storica” allargata, centro della Vallesina. La valorizzazione del centro storico è una domanda che emerge con chiarezza e vigore dal lavoro del Piano strategico, l’urgenza della quale si conferma considerando che il centro di Jesi, benché interessato da un Piano particolareggiato negli anni ‘80 e recentemente da un Piano di recupero, oltre che da importanti opere di restauro e riqualificazione avvenute nel corso degli anni ‘90, non è stato ancora oggetto di una riflessione “strategica” tendente a ricomprenderlo in un disegno generale per la città e il territorio, e presenta alcuni tipici fenomeni di degrado e di valorizzazione unidirezionale. Tenere i margini e la figura urbana completando a ovest la città addensata sulla collina, separando con corridoi ecologici le addizioni nella piana a est. Jesi è una bella città di piccole dimensioni, il cui carattere di compiutezza deriva dalla persistente distinzione tra la parte urbana densa e la campagna con manufatti radi, dalla presenza di “frontiere” naturali e artificiali che ancora rendono riconoscibile l’impronta urbana. Ma la frontiera, per reggere, deve essere uno stato d’animo e oggi questo


Jesi Il progetto della Variante generale

stato d’animo sembra vacillare. Occorre dunque radicarlo attraverso una convincente ridefinizione dei confini della città e l’individuazione di regole per nuove quote insediative. “Tenere i margini e la figura urbana” è uno dei modi per declinare il tema generale della sostenibilità dal punto di vista dell’uso del suolo e degli equilibri ambientali. Dare una prospettiva ecologica ai luoghi dell’abitare. Caratterizzare e combinare le “nicchie” residenziali dei diversi abitanti di Jesi, mettere in cantiere una nuova “Zipa verde” con attrezzature ecologiche certificate e industrie avanzate sono orientamenti che riprendono altre raccomandazioni dell’Atto di indirizzo e che concorrono alla declinazione della sostenibilità. Una partnership progettuale con il Consorzio Zipa potrebbe creare le condizioni di radicamento delle nuove pratiche d’intervento; workshop progettuali e concorsi di progettazione portare idee innovative e soluzioni di qualità delle quali promuovere la progressiva diffusione. Ridefinire l’assetto della mobilità riconoscendo alla superstrada il ruolo di cardine nella rete complessiva, doppiando il sistema di attraversamento urbano, creando un sistema di collegamenti interquartiere a ovest. L’aumento esponenziale degli spostamenti genera traffico in tutte le città italiane e l’aumento della dotazione pro-capite di auto private ingombra ovunque lo spazio stradale. La forma, l’economia, la storia di ogni città danno a questo problema generale una connotazione specifica. Affrontare la questione, dominante nell’agenda politica jesina, significa in primo luogo cogliere gli aspetti locali, specifici. A Jesi incide in maniera determinante il conflitto irrisolto tra due principali impianti stradali e di funzionamento della città: quello per anelli di circonvallazione del piano regolatore degli anni ‘60 e quello per assi di attraversamento longitudinali del Prg vigente. Il secondo è subentrato al primo interrompendolo e non è ancora diventato una compiuta alternativa. L’attivazione dell’Interporto, l’ampliamento della Zipa, il nuovo insediamento di Fontedamo, i completamenti residenziali previsti a ovest e a sud hanno implicato un ridisegno complessivo della rete, della sua gerarchia e dei suoi nodi. Riqualificare lo spazio di dominio pubblico raccordando, ripermeabilizzando, diversificando, decidendo le priorità per valorizzare la dotazione di aree a standard e rendere riconoscibile il sistema delle centralità locali. La progettazione dello spazio pubblico e collettivo costituisce motivo generale dell’urbanistica contemporanea e specifico dell’urbanistica jesina. Il Prg vigente, infatti, aveva “inventato” una tavola apposita denominata “Progetto di suolo” che non è riuscita ad esercitare il ruolo propulsore che intendeva avere. L’attuazione di molte previsioni del Prg ha semmai reso più forte la necessità di un progetto del suolo, il quale dovrà essere aggiornato e trovare strumenti adeguati di realizzazione. Molte condizioni sono cambiate e non in modo favorevole. Tuttavia è stata approfondita la ri flessione sul welfare locale, adatto al contesto e alle risorse economiche, politiche e sociali mobilitabili, e molte esperienze si sono fatte o sono in corso. Ci si potrà riferire a questo patrimonio, accumulatosi negli ultimi anni, per ricostruire un progetto dello spazio pubblico jesino.

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Jesi Il progetto della Variante generale

3.2 Figure della ristrutturazione

Il progetto di trasformazione della Variante generale include le “eredità” del Prg vigente, in particolare suoi piani e programmi attuativi relativi a parti strategiche della città. Alcuni di questi, non ancora giunti ad approvazione definitiva, sono stati ampiamente “rilavorati” durante il processo che ha preceduto, accompagnato e seguito la formulazione del Piano idea, allo scopo di renderli coerenti col disegno generale che andava prendendo forma. L’affinamento delle scelte e la ricomposizione degli approfondimenti e delle singole soluzioni maturate nel tempo, messo a confronto con gli orientamenti e le prime definizioni progettuali del Piano idea, porta in evidenza le connessioni e i nodi che caratterizzano la nuova struttura urbana. Componenti della nuova struttura urbana sono: 1. la città storica estesa e diversificata, con un nucleo romano e settecentesco caratterizzato dalla residenza e dalle funzioni pubbliche; 2. il Foro Boario, con il suo serbatoio di città pubblica, dove si completa il disegno del Prg vigente per la città attestata sull’asse sud; 3. l’asta ferroviaria, dove una catena di interventi sui “terrains vagues” che si susseguono lungo la ferrovia raccorda le parti cresciute al di qua e al di là di essa, prevedendo una “mixité” di destinazioni d’uso private e pubbliche; 4. la dorsale ovest con il suo corredo di completamenti residenziali e di grandi spazi pubblici che segnano il margine della città; 5. le addizioni a est di industria e residenza, attestate nei punti di maggiore accessibilità e scandite dai corridoi ecologici; 6. le frazioni, rafforzate quando godono di condizioni di accessibilità tali da sostenere un carico urbanistico aggiuntivo; 7. la rete della mobilità integrata, una maglia stradale gerarchizzata, una metropolitana regionale, una trama di percorsi pedonali e ciclabili che si diffondono nella città; 8. la città pubblica, con un sistema diversificato di attrezzature e servizi che raccorda tutte le parti della città, a nord come a sud, e che si rafforza nella sua componente sportiva e socio-sanitaria per accogliere una domanda sovralocale; 9. la rete ecologica, che delimita e qualifica le nuove addizioni, supporta la mobilità lenta e le pratiche sportive non agonistiche, stabilisce relazioni tra la città, la campagna e il fiume.

3.3 La città storica

Il “centro storico” è stato a lungo identificato con la città premoderna e, tipicamente, con la città murata, parte riservata al restauro, al museo, alla contemplazione, talora alla “messa in scena” dell’identità della comunità insediata. Uno spazio sottratto e protetto. Nei piani urbanistici più recenti la nozione di centro storico è stata sottoposta ad una progressiva revisione, per cui la “storicità” si configura sempre più come concetto convenzionale e relativo, non tanto legato alla natura intrinseca dei beni territoriali quanto all’attribuzione di senso di cui tali beni sono oggetto. La storicità diviene una chiave interpretativa attraverso la quale si riconoscono parti del territorio urbano con qualità differenziali, per le quali si chiede al progetto urbanistico un atteggiamento di particolare attenzione. Parlare di storicità diventa un modo per richiamare sinteticamente un sistema di valori riconosciuti e condivisi, per sottolineare la presenza di fattori qualitativi che sta al


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Le nove parti della città storica

piano interpretare e valorizzare. Introdurre l’idea di “città storica” diventa uno dei modi per poter trattare il tema della qualità urbana. Già con la proposta per il Contratto di quartiere II, presentata durante la fase di elaborazione del Piano idea come sua anticipazione, scegliendo il titolo “Abitare il centro antico di Jesi” si è voluto aprire un discorso sulle diverse componenti di un territorio urbano al quale si riconoscono qualità e valori particolari, non omogenei, candidati ad assumere ruoli diversi. Benché sia considerata fondamentale la presenza di manufatti storici, singoli o aggregati, le parti della città storica di Jesi vengono individuate a partire dalle qualità generali che le contraddistinguono e dalle sollecitazioni specifiche che esse rivolgono al progetto. Anche alimentandosi dei processi di riconoscimento e nominazione attivati dal Piano strategico attraverso le pratiche d’ascolto della società insediata, il Piano idea ha individuato come componenti la città storica di Jesi 9 parti, di cui solo le prime due hanno a che fare con la tradizionale nozione di centro storico. Esse sono: 1. Centro antico; 2. Corso Matteotti; 3. Ospedale; 4. Viale della Vittoria; 5. Viale Cavallotti; 6. Mura orientali-Parco del Vallato; 7. Prato-Stazione-S. Maria del Piano; 8. Via Roma; 9. S. Giuseppe. Questo centro allargato è l’ambito strategico nel quale arricchire e qualificare la relazione tra la città stabilizzata di collina (espressiva della sfera locale) e la città dinamica di valle (proiettata alla scala regionale). Un articolato insieme di interventi, in parte avviati o già decisi durante il processo di costruzione della Variante generale, viene messo a sistema per valorizzare i caratteri distintivi di ciascuna parte e per offrire una gamma di opportunità, come si conviene al nodo forte

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della Vallesina. Ciascuna parte si definisce per un peculiare spettro di azioni e interventi, molti dei quali costituiscono “anticipazioni” rispetto alla Variante generale: strumenti di programmazione complessa (il Contratto di quartiere II, finanziato), schede residue del piano vigente e altri strumenti di pianificazione attuativa (il piano di recupero Campus Boario), opere pubbliche e interventi di settore (manufatti stradali, parcheggi, risalite; proposte di pedonalizzazione di Corso Matteotti e di regolazione del traffico). Di essi La Variante generale governa il senso complessivo e guida la messa a sistema. Punti essenziali del programma per il nuovo centro di Jesi sono un’adeguata dotazione di parcheggi di attestamento, la moltiplicazione delle risalite e degli attraversamenti, la facile praticabilità e la valorizzazione dei relativi percorsi come elementi costitutivi dello spazio pubblico urbano. L’infittimento delle relazioni trasversali è condizione per rafforzare la residenza, per mantenere le funzioni pubbliche, per favorire l’integrazione delle attività commerciali attestate su corso Matteotti, su viale della Vittoria e sulle vie Gallodoro-del Prato-XXIV maggio, dando continuità a situazioni che oggi appaiono separate e parzialmente in competizione. Centro antico Nel nucleo di origine romana edifici, lotti, tracciati e spazi urbani si presentano come un insieme unico fortemente integrato. Il programma urbanistico è volto alla valorizzazione e al riuso delle numerose eccellenze architettoniche; al recupero di una residenzialità diffusa che tragga vantaggio e si diversifichi socialmente anche per l’inserimento di residenza destinata agli studenti universitari; alla riqualificazione e valorizzazione dello straordinario patrimonio di spazi aperti. Il finanziamento del Contratto di quartiere II costituisce l’occasione per avviare la riqualificazione nel nucleo antico. Essa interessa il comGli edifici e gli spazi interessati dal Contratto di quartiere II


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plesso edilizio e i chiostri di Sant’Agostino, palazzo Pianetti vecchio (ex carceri), palazzo Santoni, palazzo Bisaccioni e un edificio su largo Saponari, con l’obiettivo di realizzare 32 alloggi pubblici, una quota significativa di spazi per associazioni con finalità sociali e di promozione del lavoro e dell’economia locale, nuove botteghe, un centro per anziani, opere diffuse di riqualificazione dello spazio aperto, con un’attenzione specifica per le prestazioni ambientali. Corso Matteotti; Ospedale Insieme al nucleo di origine romana, corso Matteotti è tradizionalmente inteso come il centro storico di Jesi. L’appropriata valorizzazione di importanti contenitori storici e la riqualificazione dello spazio aperto, con una estesa pedonalizzazione, contraddistinguono il progetto per questa parte che pone al centro dell’attenzione il tema del commercio diffuso e di qualità. La parte innervata dal tratto finale di corso Matteotti costituisce la “naturale” conclusione morfologica del centro storico. I progetti e le azioni che sollecita sono legati a una riattribuzione di ruolo che ne riscatti l’attuale carattere “minore” e debole. In questo senso viene interpretata la ristrutturazione urbanistica dell’area dell’Ospedale e proposta la valorizzazione del Fatebenefratelli. In questa direzione si è mossa la proposta di Completamento del Contratto di quartiere II “Abitare il centro antico di Jesi” che prevede un asse dei servizi che dall’Arco del Magistrato si allunga fino all’Arco Clementino. Alcuni grandi contenitori, prevalentemente di proprietà e di uso pubblico, che insistono su Corso Matteotti e che richiedono importanti interventi di recupero, potrebbero essere al centro di un’operazione coordinata volta al loro migliore utilizzo e, nel contempo, alla valorizzazione del centro della città storica e del patrimonio comunale. Il destino del complesso del San Martino è da tempo oggetto di un confronto serrato; è acquisita l’inadeguatezza del Palazzo comunale e di Palazzo Ricci ad ospitare la sede comunale; l’Appannaggio ha grandi potenzialità per il suo impianto e la sua posizione; il vecchio ospedale Fatebenefratelli, dopo la trasformazione dell’area adiacente sulla quale insiste la struttura ospedaliera in via di trasferimento, richiederà una strategia. Punti di partenza del programma sono l’inadeguatezza del Palazzo comunale e di Palazzo Ricci e le ingenti risorse per le opere necessarie e ormai indilazionabili. Scelta di fondo quella di mantenere la sede comunale nel centro storico, in quanto “impresa” con un indotto importante per la sua vitalità. Il Comune oggi occupa due palazzi collegati fra loro attraverso una serie labirintica di raccordi, distribuendosi su circa 7.000 mq disposti su 4 piani. Mantenere in un’unica sede gli spazi amministrativi (gabinetto del Sindaco, sala di Consiglio e di Giunta, uffici assessorili, di segreteria e direzione) e quelli tecnici richiederebbe un contenitore di dimensioni analoghe o, meglio, maggiori per ampliare gli spazi destinati al pubblico. L’unico contenitore capace di offrire grandi spazi all’interno del centro storico è la sede del vecchio ospedale Fatebenefratelli, la cui superficie utile totale è di circa 8.500 mq. Edificio inaugurato nel 1757, è compreso nell’elenco dei beni di valore storico. Si tratta di una possibilità interessante, confortata da esperienze di altre città che hanno ritenuto la destinazione pubblica degli edifici storici una garanzia per la qualità del loro recupero. La considerazione che i tempi del suo svuotamento non saranno rapidi, che il complesso è di proprietà

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dell’Asur, suggerisce di esplorare altre soluzioni per gli uffici comunali. Il Fatebenefratelli, per la sua mole e la sua posizione strategica, rimane comunque un candidato eccellente per funzioni prestigiose, di rilevanza urbana e d’area vasta. Palazzo Comunale - Palazzo Ricci: in rosa chiaro le parti alienabili

Considerando, ancora una volta, le scelte fatte da altre amministrazioni comunali pressate dalla medesima esigenza di Jesi di trovare spazi adeguati per la propria sede, si può osservare la tendenza a dividere le sorti degli spazi politico-amministrativi da quelle degli spazi tecnici e aperti al pubblico. L’Urbanistica e i Lavori Pubblici da un lato, i Servizi Sociali dall’altro, rappresentano un importantissimo “front office” con i cittadini e i professionisti, destinato a rafforzarsi. Queste unità, ora collocate nel Palazzo Ricci e negli ultimi piani del Palazzo comunale, sono le candidate più adatte per un primo decentramento funzionale (gli uffici da sempre scambiano tra loro e va confermata la necessità di tenerli vicini). Questo primo importante decentramento consentirebbe di vendere e ristrutturare Palazzo Ricci, per abitazioni e uffici in posizione certamente ambita. Gli uffici dei Servizi sociali, invece, potrebbero trasferirsi fuori dal centro storico. La ristrutturazione di Foro Boario, che prevede la realizzazione di un nuovo edificio a usi multipli sull’area comunale di via Don Minzoni, ad esempio, costituisce un’alternativa interessante. Altre si potrebbero individuare. Allo scopo di favorire processi di recupero e nel contempo rastrellamento di risorse importanti per la pubblica amministrazione, si può pensare ad una nuova caserma dei Carabinieri a Porta Valle, nell’area individuata all’interno dello stesso piano per Foro Boario, di fronte alle mura e collegata con il centro antico attraverso Costa lombarda,


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Vecchio ospedale Fatebenefratelli

dunque dotata di buona accessibilità. L’attuale sede dei Carabinieri all’interno del chiostro dell’Appannaggio, una volta resasi disponibile, potrebbe trovare una più adeguata destinazione. I contenitori del centro storico Il rapporto Un “piano idea” per la città storica di Jesi (aprile 2005) ha individuato una trentina di contenitori storici in quello che comunemente viene riconosciuto come il “centro storico” di Jesi (le tre parti di città storica che col Piano idea sono state denominate Centro antico, Corso Matteotti, Ospedale). Col termine “contenitore” ci si riferisce alle emergenze edilizie e ai complessi unitari di carattere monumentale che spiccano per i loro caratteri architettonici e tipologici e che nel Prg vigente sono interessati da indicazioni specifiche, “personalizzate”. La Variante generale ne ha valutato il possibile riutilizzo perseguendo due principali politiche: da un lato, proprio in ragione della loro eccezionalità, li candida ad accogliere, come veri e propri condensatori, attività di rango per la centralità urbana e territoriale di Jesi; dall’altro, li propone come risorsa per promuovere la stanzialità residenziale nel centro storico (con meccanismi e modalità analoghi a quelli introdotti dal Contratto di quartiere “Abitare il centro antico di Jesi”). Per gran parte dei contenitori si ritiene adeguato l’utilizzo attuale o lo spettro di usi previsti dagli strumenti urbanistici vigenti (per alcuni complessi sottoutilizzati, come palazzo Colocci, il problema consiste nell’individuare efficaci modalità d’innesco di un recupero che porti nella direzione auspicata); per alcuni di questi si propongono invece significative novità, delle quali si è in parte già detto: - il complesso dei chiostri di Sant’Agostino, palazzo Pianetti (ex carceri), palazzo Santoni, palazzo Bisaccioni sono entrati nel programma complesso promosso dal Contratto di quartiere II per l’abitabilità del centro antico; - il San Martino, oggetto nel tempo di differenti ipotesi d’intervento, costituisce una risorsa per accogliere attività vitali, di interesse pubblico, tali da garantire la riqualificazione della parte terminale

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di corso Matteotti. La proposta di Completamento del Contratto di quartiere II lo candida a ospitare attività didattiche, uffici pubblici, commercio al dettaglio e laboratori artigianali, residenza; - il Fatebenefratelli, anch’esso sul tratto terminale di corso Matteotti, dovrebbe essere studiato in relazione alle decisioni che matureranno sul San Martino; - Palazzo Ricci, qualora si decidesse lo spostamento degli uffici comunali, potrebbe subire una riconversione residenziale. In sintesi, il quadro degli altri contenitori (dal Contratto di quartiere è rimasta esclusa la ex-chiesa di Sant’Agostino), capisaldi del centro storico di Jesi, è il seguente: Edifici di culto - Duomo (all’interno del Complesso del Duomo e dell’Arcivescovado) - Chiesa di San Pietro - Chiesa di Sant’Anna (all’interno del Complesso della Chiesa di Sant’Anna) - Santuario delle Grazie (all’interno del Complesso del Santuario delle Grazie) - Chiesa di San Giovanni Battista - Chiesa dell’Adorazione Edifici di proprietà privata a destinazione residenziale (o parzialmente residenziale) - Palazzo Onorati - Palazzo Ripanti Valeriano - Palazzo Ripanti Emilio - Palazzo Marcelli - Palazzo Franchetti (Torrione del Montirozzo) - Complesso di San Domenico (ex saponeria) - Complesso della Chiesa di Sant’Anna - Palazzo Bettini - [parte di] Palazzo Pianetti-Tesei Edifici di proprietà pubblica a destinazione residenziale (o parzialmente residenziale) - Palazzo Colocci - Palazzo Carotti - Complesso palazzo Pianetti: ex convento - Complesso di San Nicolò Edifici di proprietà privata a destinazione speciale (non residenziale) - Palazzo Ripanti Emilio - Sede arcivescovile (nel Complesso del Duomo e dell’Arcivescovado) - Complesso del Santuario delle Grazie Edifici di proprietà pubblica a destinazione speciale (non residenziale) - Palazzo comunale - Sant’Agostino: ex chiesa - Palazzo della Signoria - Complesso di San Floriano - Palazzo Carotti - Complesso palazzo Pianetti: ex chiesa di S. Bernardo - Convento di Santa Chiara (ex palazzo dell’Appannaggio) - Palazzo Pianetti-Tesei


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- Complesso di Santa Nunziata - Teatro Pergolesi Viale della Vittoria Elemento distintivo di questa parte della città storica è il viale stesso, eccezionale emergenza dello spazio pubblico jesino. La sua riqualificazione e valorizzazione quale strada di attraversamento urbano costituisce uno dei temi dominanti del Piano idea. Riprogettazione della sezione, progressiva riduzione della sosta lungo le carreggiate, ridefinizione degli innesti da nord sono i principali interventi volti a migliorare le condizioni di mobilità. A questi si accompagnano le trasformazioni urbanistiche, fisiche e funzionali, che interessano le parti di città storica appoggiate sul viale. L’approfondimento delle linee d’intervento indicate nel Piano idea ha portato alla puntuale individuazione degli elementi che caratterizzano il viale e dei problemi da affrontare in sede progettuale. Gli spazi carrabili. La sezione carrabile attuale, misurata tra le alberature di fronti opposti, risulta variare tra 13 e 15m con un minimo in prossimità del sovrappasso di via Gramsci. I bordi laterali della carreggiata (cunetta, aiuole per alberature) sono irregolari e degradati lasciandone indefiniti i limiti e il numero di corsie per senso di marcia. Probabilmente i successivi manti di asfaltatura hanno accentuato un’originaria, leggera, curvatura a “schiena d’asino”, utile per lo scolo laterale dell’acqua. Anche questa conformazione concorre alla riduzione della capacità veicolare della strada. Le fasce laterali. Ampie circa 6,5 m, 2 dei quali destinati a marciapiede, sono oggi complessivamente disordinate e con ridotta funzionalità. Nelle fasce si trova una moltitudine eterogenea di materiali organizzati e spontanei, attorno ai quali si svolgono altrettante attività: - alberature - parcheggi - percorsi pedonali (marciapiede) - aree per il carico e scarico - ingressi pedonali alle abitazioni private - ingressi alle attività commerciali - ingressi carrabili - aree per l’attraversamento pedonale - aree di sosta pedonali - spazi per l’alloggiamento di arredi e attrezzature: cassonetti dei rifiuti, cabine telefoniche, fermate autobus, pubblica illuminazione, segnaletica stradale - spazi per la manutenzione e la manovra degli arredi - spazi per l’affissione di cartellonistica pubblicitaria. La composizione dei materiali e l’interazione delle attività conferiscono agli spazi un funzionamento multidirezionale, non soltanto longitudinale (a fascia appunto): la linearità dei percorsi pedonali, ad esempio, risulta interrotta e/o ostacolata da un insieme di situazioni ed eventi che hanno andamento trasversale. Polifunzionalità, linearità e trasversalità, continuità e discontinuità, ripetizione e unicità, orizzontalità e verticalità sono, dunque, aspetti da considerare nella riprogettazione di questa fondamentale componente del viale. Gli spazi della sosta. Attualmente i posti auto disponibili lungo il viale, comprendendo entrambi i fronti, risultano 630. Questo numero, però, non sembra corrispondere all’effettiva capacità di parcamento offerta dal viale, la quale deve tenere conto della rotazione consentita dal disco orario che, su entrambi i lati, ammette un tempo di sosta limitato.

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Una stima più verosimile della capacità deve considerare il numero dei ricambi giornalieri. E’ tuttavia utile distinguere i tipi di sosta che oggi si sommano e confondono: quella diurna, operativa e occasionale, effettivamente temporanea e regolabile col disco orario, e quella prolungata: sia dei residenti nelle ore notturne, sia di coloro che svolgono attività, lungo il viale o nel centro storico, nelle ore diurne. Questa sovrapposizione di domande fa sì che durante il giorno la ricerca di parcheggio diventi elevata, caotica, spesso conflittuale, e la presenza di auto appaia continua e compatta da viale Cavallotti a via Erbarella, su entrambi i fronti, rendendo impossibile passeggio, shopping, sosta pedonale…, quel complesso di attività di cui possono avvantaggiarsi negozi, pubblici esercizi, artigianato di servizio, uffici e residenze che oggi caratterizzano il viale. Le ragioni di questo sovraccarico vanno ricercate nella posizione del viale rispetto al centro storico e nel suo carattere di cerniera tra le varie parti di città (aspetti costitutivi), ma anche nella concentrazione di attività relativamente disomogenee, alcune delle quali polarizzanti come l’ospedale e i distributori di benzina, e nella mancanza di un’offerta alternativa e convincente di parcheggi per la sosta prolungata, incompatibile con la dinamica di funzionamento della strada (aspetti sui quali è possibile agire). Le intersezioni con le vie laterali. Sul viale, che raccorda la città di collina con il centro storico e con la città bassa, confluiscono a pettine le strade di “discesa”: via san Francesco, viale Papa Giovanni XXIII, via Erbarella. Caratteri orografici e morfologici, fra cui l’edificazione di cortina, riducono le possibilità di progettazione delle rotatorie, elementi fondamentali per la sostituzione dei semafori e la conseguente fluidificazione dei flussi. In particolare: - la carenza di spazio costringe a rotatorie di ridotte dimensioni, riducendone la funzionalità; - la regolarità delle corsie di marcia, altra condizione di fluidità, incontra difficoltà nella dimensione ridotta delle rotatorie; - rotatorie di dimensioni maggiori implicano demolizioni e riprogettazioni della cortina edilizia e compromettono la continuità delle fasce laterali; - gli attraversamenti pedonali, che trovano nelle risalite al centro storico il loro recapito, sono problematici. Gli interventi in corso e previsti. Il viale ha funzionato bene fino a quando è riuscito a conciliare usi statici e dinamici, usi longitudinali e trasversali. Oggi questi equilibri sono in crisi per una somma di eventi: dismissioni, modifiche funzionali, aumento del traffico e della sosta, progressiva aggiunta di oggetti ai bordi (dai cassonetti alle fermate dei mezzi pubblici, alle cabine telefoniche, ai cartelloni pubblicitari…). La stagione di trapasso che investe la strada e il suo intorno determina la compresenza di abbandono e degrado con vitalità e nuove soluzioni. Per molti versi la condizione di questa parte della città storica è simile a quella della parte che si trova a sud del centro storico, entrambe ancora pienamente coinvolte dai processi di trasformazione, cantieri aperti con un futuro ampiamente malleabile. Le trasformazioni che stanno investendo il viale e che sono previste nei prossimi anni ne modificheranno profondamente i caratteri ed è probabile che agiranno anche come acceleratori di alcuni processi diffusi di sostituzione funzionale e come incentivo per operazioni di adeguamento e sostituzione fisica, necessarie ma non ancora decollate. Le operazioni più consistenti interessano il lato sud (nuovi complessi: Mercantini, Freddi, vecchio ospedale) e caratterizzeranno il viale con la presenza di residenza, uffici, commercio e pubblici eserci-


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zi, portando una quota consistente di parcheggi interrati (con accessi sul viale stesso) destinati ad assorbire la domanda prodotta dagli interventi stessi, ma anche a catturare parte della domanda di sosta prolungata che si genera lungo la strada e nel centro storico. Queste nuove, grandi “fabbriche” produrranno concentrazioni di interessi e di flussi (di persone e veicoli), accentuando la differenza fra i due lati del viale. Di questo occorrerà tenere conto nella riprogettazione delle fasce laterali. I fronti edilizi. Dal punto di vista edilizio e architettonico il viale propone forme e tipi molteplici senza particolari emergenze, anche se nella parte terminale ad ovest, lato nord, le costruzioni assumono caratteri di maggior pregio e omogeneità. La presenza di numerosi punti di discontinuità dei fronti, con sacche degradate, accentua la confusione formale. La riqualificazione del viale passa, dunque, anche attraverso una serie di operazioni puntuali sui fronti. Studio di Viale della Vittoria

Per tutto quel che si è detto, la riqualificazione della parte denominata “viale della Vittoria” richiede uno sguardo di prospettiva, che tenga conto delle importanti trasformazioni in atto che investono le funzioni e le pratiche d’uso, i manufatti edilizi, i movimenti veicolari e pedonali lungo la strada e in attraversamento. La proposta di riqualificazioneristrutturazione fatta dal Piano idea, inserita in un discorso sulla rete stradale complessiva ed espressa in termini ideogrammatici, volta a sottoporre all’attenzione pubblica la necessità di recuperare e mettere in valore le potenzialità, uniche nella città, di questa infrastruttura, dovrà articolarsi e specificarsi tenendo conto del pezzo di città storica che interagisce direttamente con la strada. Si configura la necessità di un grande progetto integrato per il quale va individuata una specifica modalità di costruzione. Verificata la crucialità e la complessità della posta in gioco, la Variante generale del Prg, dopo aver individuato il ruolo del viale nella rete complessiva, indicato i nodi e i requisiti fondamentali per la ristrutturazione, suggerisce la messa a punto di una particolare forma di concorso locale, atta a confrontare proposte che nascano da una conoscenza

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approfondita del contesto e dall’impegno civile delle sue componenti professionali, che diano continuità al lavoro del piano urbanistico e sappiano trovare il consenso della città. Viale Cavallotti Gli elementi di pregio di questa parte della città storica sono il sistema delle ville di inizio ‘900, il manufatto stradale su cui esso si organizza (viale Cavallotti), una sequenza continua e articolata di spazi e attrezzature collettivi, secondo la trasversale di via Grecia-viale Verdi. I temi del progetto si legano al presidio delle qualità generali d’impianto, anche evitando l’attraversamento a raso di viale della Vittoria, e alle possibilità di valorizzare il rapporto con la dorsale di spazi pubblici. Mura orientali-Parco del Vallato Questa parte, dominata dal grande spazio aperto del vallato Pallavicino, gioca un ruolo fondamentale per il rafforzamento delle relazioni urbane trasversali. Margine della città alta e nuovo bordo interno della città bassa (con le trasformazioni delle aree ex Sima, Saffa e Fater), la parte già si caratterizza per un’interessante dotazione di servizi e attrezzature (circolo cittadino, piscina e impianti sportivi), attestamenti e percorsi. Nella piena valorizzazione del parcheggio di via Zannoni, della torre-ascensore Mura orientali e della complementare risalita di via Castelfidardo-via delle Conce risiedono le possibilità di integrazione tra corso Matteotti e il sistema di valle. Prato-Stazione-S. Maria del Piano Questa parte di città storica otto-novecentesca, distesa e aperta, è caratterizzata da una pregiata maglia ortogonale di manufatti stradali con basse cortine edilizie che si chiudono a formare corti e cortili. Agire sullo spazio pubblico consente di riqualificare il quartiere e di promuovere trasformazioni che hanno rilevanza generale. In particolare, la riqualificazione di via XXIV maggio si colloca all’interno del progetto strategico di riorganizzazione della mobilità (Asse sud); quella del viale Trieste costituisce elemento essenziale nella valorizzazione delle relazioni trasversali tra parti di città (dal centro antico alla città nuova oltre la ferrovia). Le operazioni condotte dal Laboratorio Prato di progettazione partecipata, attivato per affrontare le controverse questioni legate al funzionamento di via XXIV maggio, la tratta più difficile del cosidetto “asse sud”, hanno fatto emergere alcuni principali problemi: - velocità troppo elevate e transito di mezzi pesanti lungo le strade del quartiere, con situazione particolarmente critica su via XXIV maggio; - sosta veicolare disordinata e invasiva dovuta anche a spazi insufficienti; - difficoltà dei percorsi pedonali e degli attraversamenti della strada principale; - mancanza di attrezzature pubbliche, scarsa qualità e scarsa cura, illuminazione inadeguata. Le proposte progettuali hanno riguardato tutti questi aspetti, in particolare con soluzioni condivise per la ristrutturazione di via XXIV maggio e per la creazione di un sistema articolato e continuo di spazi pubblici di quartiere. Avendo riconosciuto alcuni caratteristici “ambienti dell’abitare” (il corridoio urbano costituito da via XXIV maggio e via del Prato; le stanze urbane nelle strade trasversali; il cortile di quartiere creato dalla sequenza di spazi aperti lungo via Guerri e via Mazzoleni; i luoghi notevoli


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in largo dei Cordai, largo Grammercato e viale Trieste) si sono definiti gli orientamenti fondamentali per l’assetto urbanistico del quartiere che nella Variante del prg vengono ripresi: - conferma del ruolo di strada urbana di scorrimento per via XXIV maggio e, nel contempo, riorganizzazione della sosta veicolare e progettazione di percorsi pedonali longitudinali e trasversali tesa a consentire una sicura compresenza dei diversi utenti; - trattamento differenziato delle strade trasversali, con soluzioni e manufatti prevalentemente orientati agli usi pedonali e, conseguentemente, tali da creare condizioni più rispettose di transito e di sosta degli autoveicoli; - coinvolgimento nel processo di riqualificazione del quartiere degli spazi e dei percorsi lungo via Guerri, da ristrutturare con l’obiettivo di ampliare le possibilità di fruizione pedonale e lenta, rafforzando la dotazione di spazi riservati alla sosta dei veicoli, soprattutto dei residenti; - manutenzione e cura di alcuni “luoghi notevoli” del quartiere, prevedendo anche una moderata ristrutturazione degli spazi funzionale alla conservazione del loro carattere introverso e delle pratiche d’uso ancora diffuse e possibili. Via XXIV maggio: schema delle principali relazioni orizzontali e verticali

Via Roma Il recupero di una migliore abitabilità di questo borgo lineare, con segni manifesti di degrado diffuso, si lega alle trasformazioni delle aree Pieralisi e Cartiera Ripanti, e al riassetto complessivo della mobilità (depotenziamento di via Roma come strada interquartiere). Il progetto

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sull’area Pieralisi offre la possibilità di una rivitalizzazione della parte alta di via Roma, con nuove botteghe sul fronte stradale. La trasformazione del complesso dell’ex Cartiera può migliorare la relazione del quartiere con il parco del Ventaglio, le scuole e il parcheggio, da un lato, via Zara e la chiesa che vi si affaccia, sul lato opposto. San Giuseppe Questa parte comprende i borghi storici con sviluppo lineare lungo via Garibaldi e del Setificio e il quartiere di edilizia operaia realizzatosi a partire dagli anni ‘30 del ‘900, organizzato intorno alla via San Giuseppe. È ricompresa nel vasto settore di ristruttrazione urbana che il Piano idea ha identificato come “Foro Boario”. Il progetto si volge al recupero minuto e diffuso, ma anche alla ristrutturazione urbanistica. Infatti, la creazione di una società di trasformazione urbana per la gestione delle trasformazioni del Foro Boario può costituire l’innesco di un incisivo processo di riqualificazione, capace di riverberare i suoi effetti sull’intera parte.

3.4 Il Foro Boario

Foro Boario è un ampio settore centrale della città (oltre 20 ettari abitati da circa 2.300 abitanti), con una forte accessibilità (è compreso tra le due strade di attraversamento urbano, viale della Vittoria-viale del Lavoro e Asse sud, è servito dalla stazione delle corriere ed è vicino a quella ferroviaria), carico di memorie di un passato remoto e recente, dotato di un articolato sistema di spazi aperti e di attrezzature di uso pubblico diffusamente frequentate da abitanti di diverse età. Un quartiere caro agli Jesini e una cerniera tra la città alta e la città bassa. Foro Boario è anche l’ultima ampia porzione di Jesi dove si sommano edifici da risanare e ristrutturare, aree sotto o male utilizzate da riusare e valorizzare, collegamenti da riconnettere e riqualificare, usi diversi da rendere compatibili, differenze fisiche e sociali da conciliare. La ristrutturazione di questa parte di città ha ormai una storia lunga, contrassegnata da una serie di atti amministrativi. Il Piano di recupero d’iniziativa pubblica, denominato Campus Boario, che l’Amministrazione comunale ha approvato nel 2002, ne coglieva il ruolo cruciale e metteva al centro la sistemazione dello spazio pubblico. Il Piano idea ha ripreso e rielaborato quella indicazione ampliando il significato e le relazioni territoriali dell’intervento, rivedendo alcune destinazioni d’uso e le quantità, introducendo alcuni accorgimenti che intendevano adeguare la proposta alle nuove condizioni: mancanza di risorse pubbliche per la gestione diretta dell’operazione; realizzazione di un parco pubblico lungo il torrente Granita sull’area destinata dal Piano di recupero alla costruzione di nuovi edifici. Il problema della fattibilità economica dell’intervento aveva suggerito di percorrere alcune strade con esiti complementari: 1. aumentare l’offerta di interventi remunerativi, includendo altre aree per residenza, commercio e uffici (l’area dell’ex Cascamificio e l’area occupata dalla scuola dismessa nel medesimo settore urbano) che potessero compensare quella sottratta dal parco; 2. ridurre i costi delle opere pubbliche previste, proponendo interventi più leggeri per la sistemazione dello spazio pubblico aperto, dei percorsi, dei parcheggi; 3. ipotizzare una procedura in grado di mobilitare risorse economi-


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che e finanziarie private: una società di trasformazione urbana. Le scelte di fondo erano il rafforzamento della residenza e la continuità degli spazi di relazione, due condizioni per tenere insieme componenti tanto diverse. Il sistema degli spazi e delle attrezzature pubblici e d’uso pubblico si qualificava per la sua varietà e articolazione: dal verde di arredo sotto le mura al parco con orti del Granita; dal nuovo percorso pedonale con sovrapasso su via del Setificio al viale alberato con pini ormai secolari, alla passeggiata lungo viale Trieste; dai parcheggi in superficie per la sosta breve a quelli interrati per la sosta prolungata, alla fermata del trasporto pubblico extraurbano; dal campo di calcio a quello di bocce sotto la copertura del vecchio foro; dalla scuola alla chiesa… Dopo il Piano idea, che aveva indicato Foro Boario come il grande progetto di ristrutturazione urbana che ereditava e completava il disegno del Prg vigente di spostare l’attenzione a sud, altri fatti sono intervenuti a modificare il quadro: l’approvazione dell’Approfondimento sulla mobilità ha previsto una diversa organizzazione degli spostamenti automobilistici all’interno del quartiere San Giuseppe; osservazioni e controdeduzioni al Piano di recupero hanno apportato alcune modifiche rendendone necessaria la riadozione. La Bozza del Progetto comunale del suolo è intervenuta a questo punto del percorso per portare a sintesi i differenti lavori, con particolare attenzione per l’assetto viabilistico e i collegamenti pedonali e per la distribuzione-caratterizzazione dei parcheggi, aspetto cruciale ai fini della riqualificazione dell’area. L’attraversamento automobilistico del quartiere San Giuseppe garantisce i collegamenti urbani nord-sud su questo versante della città: la soluzione attuale - via del Setificio a senso unico in una direzione e via San Giuseppe a senso unico nell’altra - dovrà essere razionalizzata e riqualificata. Sulla base di questa constatazione la Bozza del Progetto comunale del suolo, sviluppando le scelte fatte con l’Approfondimento sulla mobilità, ha proposto il mantenimento del binomio via del Setificio-via San Giuseppe, una nuova rotonda per il raccordo di via del Cascamificio con via Don Minzoni (Asse sud) e due rotonde per il raccordo di via San Giuseppe e via Garibaldi con viale del Lavoro e viale della Vittoria. In particolare, poi, esso ha indicato una modifica dell’incrocio davanti alla chiesa di San Giuseppe per consentire lo sbocco della via omonima su viale del Lavoro, in corrispondenza del nuovo tratto stradale che dovrà doppiare via Erbarella. La via San Giuseppe, a un solo senso di marcia, può essere oggetto di un’opera di riqualificazione secondo le buone pratiche che si sono ormai affermate nella progettazione di strade che attraversano le cosidette “zone 30”. Via Granita, che prosegue nel sovrappasso pedonale sul torrente, resta strada di penetrazione residenziale (cul de sac) che può chiudersi con una semplice “pipa”. Via Mugnai, oltre a servire i residenti delle case esistenti e previste, distribuisce i movimenti indotti dalla palestra Carbonari: la collocazione di un parcheggio in testa alla strada garantirebbe 60 posti auto consentendo anche l’inversione di marcia. Per non interrompere la continuità dello spazio aperto e del percorso ciclo-pedonale che dal Torrione, attraversando l’intera area, arriva al corridoio ecologico del Granita, e anche per limitare i costi di sistemazione degli spazi aperti pubblici, la Bozza propone di ribassare il percorso ciclo-pedonale sottopassando via del Cascamificio e via del Setificio, ambientandolo in una cavea sistemata a prato.

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Coerentemente con la Bozza è stata formulata un’osservazione programmatica alla versione del Piano di recupero ripresentata per l’adozione, così che anche questo strumento attuativo del Prg vigente possa configurarsi come anticipazione coerente con le linee della Variante generale. L’osservazione è stata occasione per precisare anche alcune caratteristiche del nuovo edificio residenziale previsto a ridosso del parco del Granita: si auspica che la progettazione contempli una soluzione per il piano terra adatta ad ospitare usi di tipo collettivo e a stabilire rapporti di continuità con lo spazio pubblico circostante. Queste indicazioni per il Piano di recupero sono completate dalle proposte che la Variante formula sul Cascamificio (si veda il capitolo successivo, riferito all’Asta ferroviaria), le quali, perseguendo l’idea di fare del torrente Granita un importante corridoio di fruizione pubblica, prospettano una modalità di raccordo, proprio attraverso il parco del Granita, con il settore cresciuto attorno alla vecchia fabbrica, al di là di via Don Minzoni. Foro Boario: viabilità e parcheggi

3.5 L’asta ferroviaria

Con “Asta ferroviaria” viene indicato l’insieme delle trasformazioni che si collocano a ridosso della ferrovia: aree già interessate da schede progetto del piano vigente ma non decollate (Cartiere vecchie e Consorzio agrario), aree occupate da edifici dismessi (Cascamificio), strade e parcheggi connessi (via di Roncaglia e via Latini), nuove stazioni della metropolitana regionale (Zipa e Ponte Pio). La congestione e il disordine che si sono determinati su questa porzione del territorio comunale, a causa del ritardo di alcune trasformazioni e di un processo di completamento che è andato avanti caso per


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caso, assieme alle prospettive che si aprono, per le tendenze di proprietari e operatori a riqualificare l’esistente e per la possibile dismissione dell’attuale scalo ferroviario (sostituito da quello nuovo previsto in adiacenza all’interporto), rendono necessario un discorso unitario. Le operazioni indicate di seguito tendono a promuovere una conversione verso usi misti, con importanti inserti di edilizia residenziale e servizi, un complessivo diradamento e il miglioramento della qualità con aree a verde e a parcheggio pubblico, una nuova accessibilità con la ristrutturazione di via Roncaglia-via Latini. Consorzio agrario L’area del Consorzio agrario interessata dalla scheda progetto del Prg vigente è limitata alla parte compresa tra via Ricci, via XXIV maggio, viale Trieste, stazione. Non viene considerata l’ampia area adiacente, in parte occupata da capannoni e da silos, che il trasferimento del Consorzio renderebbe disponibile. Su questa seconda parte, che misura circa 12.500 mq e che può diventare molto interessante se avverrà lo spostamento dello scalo merci, si indica una possibilità di intervento con destinazioni d’uso miste e si localizzano un’ampia area di parcheggio e uno spazio aperto di uso pubblico. Viene invece aggiornata la proposta per la parte centrale, dove il piano vigente prevedeva, oltre a residenza e a terziario, la collocazione della nuova autostazione. Scelta per l’autostazione una nuova localizzazione vicino alla multisala e al parcheggio di interscambio (triplicandone la superficie individuata circa vent’anni fa), la Variante destina l’area prevalentemente a residenza, con uffici e commercio di dettaglio. La trasformazione dovrebbe contribuire alla qualificazione del quartiere, migliorandone l’abitabilità, attraverso l’apertura su viale Trieste degli spazi interni del nuovo insediamento, così da offrire altre possibilità di passeggio e di sosta. Verrebbe mantenuta la continuità della cortina edilizia su via XXIV maggio e via Trieste, ricostruita quella su via Ricci, aprendo invece verso il piazzale della stazione. La prosecuzione di via Roncaglia darebbe un altro accesso all’intera area, attestandosi sui nuovi parcheggi. Cartiere vecchie La proposta di rivedere complessivamente le ipotesi formulate dalla scheda progetto del piano vigente e sviluppate da un successivo Piano degli insediamenti produttivi (non ancora decollato per ragioni diverse, fra le quali una consistente presenza di abitazioni in buono stato di conservazione), è stata orientata dalla necessità di riqualificare complessivamente il settore urbano, dando una prospettiva al disagio attuale (congestione e bassa qualità) e alle conseguenti tensioni trasformative che vanno emergendo. La Variante propone di destinare l’area in parte ad un completamento artigianale (nuovi capannoni adiacenti a quelli già esistenti sui margini est ed ovest), in parte ad un completamento residenziale (in posizione mediana, dove già sono presenti abitazioni), lasciando al centro un’area verde e attrezzata che si costituirebbe come “polmone”. La sistemazione della fascia ferroviaria consentirebbe di servire l’insediamento con parcheggi e percorsi pedonali. Cascamificio Il recupero dell’area dell’ex-Cascamificio deve confrontarsi con alcuni problemi derivanti dalla sua posizione, ossia con una difficile accessibilità. Infatti, è da escludere l’interruzione dell’attuale guard-rail di via Don Minzoni per le conseguenti ripercussioni negative che questo

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avrebbe sulla fluidità del traffico, aggravate dal fatto che, a distanza di poche centinaia di metri, si succedono ben tre rotonde: quella prevista in corrispondenza di via del Cascamificio e via della Filatura, quelle di via Ricci e di viale Trieste. Andrà anche posta attenzione alle destinazioni d’uso, evitando funzioni fortemente attrattive e congestionanti, e all’idoneo utilizzo degli immobili di valore storico che insistono sull’area. A partire da queste considerazioni e dalla necessità di ridurre la densità fondiaria attuale (per cui non potrà essere recuperata l’intera volumetria esistente) la Variante propone: - un intervento misto, per metà a destinazione residenziale; - lo spostamento dell’accesso principale sulla nuova strada che, dando continuità a via Roncaglia-via Latini, dovrà raccordarsi alla rotatoria prevista all’imbocco di via del Cascamificio. Ingresso e uscita da via Don Minzoni, fatta salva la continuità del guard-rail, saranno possibili solo mantenendo il senso di marcia; - la fruibilità della piazza collocata al centro dell’insediamento, portando i parcheggi all’esterno, su via Don Minzoni, e prevedendone una parte interrata; - un’area pubblica che colleghi l’insediamento con il retrostante parco del Granita e con i percorsi che portano all’area del Foro Boario. Riqualificazione di via Roncaglia - via Latini


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Via Roncaglia - via Latini Via Roncaglia si raccorda a uno svincolo che porta alla superstrada. Questa connessione diretta conferisce alla strada potenzialità interessanti. Il Piano idea si era limitato a indicarne una possibile prosecuzione, la Bozza e la Variante precisano quella indicazione e trasformano questa strada in un’utile infrastruttura di servizio per la parte di città chiusa tra la ferrovia e gli edifici affacciati sull’Asse sud, una strada posta sul retro che può alleggerire l’asse sud dal traffico di penetrazione (fluidificando quello di attraversamento della città che resta sua prerogativa). Operazioni puntuali di risagomatura della sede attuale possono garantire una sezione costante di 8 metri senza abbattere gli alberi che la fiancheggiano e oltrepassare le recinzioni; il prolungamento fino alla nuova rotonda su via Don Minzoni offre un’accessibilità alternativa sia all’area del Cascamificio sia a quella del Consorzio agrario, con numerose possibilità di sosta nei parcheggi pubblici previsti.

3.6 La dorsale ovest

Il carattere di compiutezza della città sulla collina deriva dalla persistente distinzione tra la parte urbana densa e la campagna. Mentre a est gli interventi realizzati in attuazione del Prg vigente hanno sostanzialmente esaurito la possibilità di aggiungere quote insediative (per il raggiungimento della scarpata, la presenza di un’area archeologica, la fascia di tutela del torrente Granita), a ovest la proposta di urbanizzare Appennini alta, valorizzando le aree di proprietà comunale, è stata interpretata dal Piano idea come intervento di completamento del margine, sostenibile in quanto lo stesso Piano ha previsto l’adeguamento dell’infrastruttura stradale sulla quale dovrà appoggiarsi. La Variante generale identifica come “dorsale ovest” la successione di strade (via Paradiso-via degli Appennini-via Fausto Coppi-via XX luglio) che consente di scendere dalla parte alta di Jesi collegandosi direttamente con l’Asse sud e, attraverso il cavalcavia ferroviario e la nuova strada del Verziere, di raggiungere direttamente via Marconi e quindi la superstrada. La dorsale ovest come collegamento fluido (previa ristrutturazione della sezione di via Coppi e di alcuni nodi) in grado di raccogliere il traffico generato dagli insediamenti residenziali esistenti e dai nuovi quartieri previsti nella parte ovest della città, non solo Appennini alta, ma anche il Verziere. Appennini alta Da questa parte della città di collina non esiste un bordo costruito continuo, mentre importanti penetranti verdi garantiscono un rapporto visivo città-campagna. Il sito di Appenini alta, la zona degli impianti sportivi, il Parco del Ventaglio più a sud, sono varchi dove il paesaggio agrario collinare si avvicina con le sue forme e le sue pratiche d’uso, riuscendo in alcuni tratti ad entrare nello spessore della città. La “penetrazione” del verde assume forme diverse nelle tre situazioni: avviene con due grandi attrezzature pubbliche che la città in questi anni ha saputo darsi; può avvenire con l’affaccio sulle colline di un’edilizia rada e di pregio perché parte di un quartiere realizzato con criteri bioecologici. La Variante parziale denominata “Appennini alta” ha preso forma in questo processo: il suo dimensionamento, la sua configurazione e la

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sua caratterizzazione sono coerenti con gli indirizzi del Piano idea. In particolare, la Variante e il Ppe in corso di redazione propongono un insediamento residenziale ecologicamente attrezzato, con edifici rispondenti a principi di bio-architettura, che completi e raccordi i servizi presenti (scuola di via della Gola Rossa) e l’elemento architettonico di pregio (Chiesa del Crocifisso), mantenendo aperto un cono visivo verso la valle. I caratteri del nuovo quartiere rispondono anche alle indicazioni del Ptc, il quale colloca l’area interessata nell’ambito “B” della bassa collina (adiacente però all’ambito “V” delle pianure e dei terrazzi alluvionali): l’impianto si adegua alle forme del territorio e agli elementi diffusi del paesaggio agrario (vegetazione spontanea sui salti di quota), localizzando i nuovi edifici prevalentemente nella parte più bassa, sulle strade esistenti, dove segna il bordo della città. Il piano esecutivo di “Appennini alta 1” (questa la sigla identificativa nella Variante generale) va dunque inteso come un’attuazione anticipata della Variante generale e la progettazione dell’ambito limitrofo, Appennini alta 2, dovrà seguire i medesimi criteri. PPE Appennini alta

Verziere Via del Verziere sopporta un traffico pesante e di attraversamento inadatto alla sezione ridotta e pericoloso per l’insediamento residenziale addossato ai lati. Le caratteristiche diverse delle due tratte, artigianale ad ovest verso il cavalcavia ferroviario, residenziale a est, verso via Marconi, hanno suggerito un diverso tipo di intervento. Nella prima tratta il Piano idea ha proposto l’allargamento della carreggiata in sede, così da dare continuità al cavalcavia e servire adeguatamente gli impianti produttivi presenti; nella seconda tratta ha proposto, invece, la realizzazione di una nuova strada di sezione adatta per un traffico interquartiere, disimpegnata da rotonde ai due estremi, in modo da consentire il declassamento della “vecchia” via del Verziere e la sua riqualificazione come strada locale al servizio delle sole abitazioni che


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vi si affacciano. L’asola che si crea a seguito dell’adeguamento infrastrutturale si presta a un intervento di completamento residenziale con caratteristiche ambientali adatte al delicato bordo urbano. L’Approfondimento sulla mobilità, sopralluoghi e verifiche delle preesistenze edilizie e della suddivisione colturale del suolo, l’opportunità di includere le due aree a nord dell’attuale via del Verziere, dove insiste anche il capannone dell’Upa (Unione produttori agricoli) il cui trasferimento consentirebbe il riordino dell’intero settore, hanno permesso di delineare con maggior precisione le caratteristiche del nuovo insediamento. Durante le attività di indagine, promosse allo scopo di mettere a punto il modello generale di perequazione, sono state raccolte informazioni importanti per “dar corpo” all’orientamento generale espresso nel Piano idea: mantenere una densità bassa al fine di lasciare ampi varchi di campagna e favorire la costruzione di case con orti e giardini, assecondando anche una domanda di “casa in campagna” non isolata. La constatazione che: - esiste una domanda rilevante di case singole che non trova risposta a Jesi e che solo in parte viene soddisfatta nei comuni limitrofi; - sono richieste case a schiera, ma anche bifamiliari o quadrifamiliari; - sono particolarmente ambiti nuclei abitativi binati in cui la prossimità fra famiglia d’origine e giovani coppie si risolve all’interno dello stesso edificio; - le cooperative si candidano per la realizzazione del nuovo insediamento in ragione della congruenza fra i caratteri tipologici dell’insediamento e i valori di mercato delle aree, più bassi che in altre parti di città; suggerisce alcune caratteristiche delle abitazioni: - edifici bassi con aggregazioni di unità in numero limitato; - lotti di ampie dimensioni; - una relazione quanto più possibile diretta fra l’edificio e la campagna circostante; - il ricorso ad alcune tecniche della bioarchitettura date le caratteristiche del sito e gli obiettivi generali (l’insediamento ricade in quella che il Ptc identifica come “fascia di continuità ambientale”); - una disposizione dei tipi lungo via del Verziere secondo un ordine di densità crescente in direzione di via Marconi, al fine di segnalare gradualmente l’ingresso nella città. Il nuovo quartiere del Verziere non nasce solo per dare risposta alla domanda di abitazioni. La sua progettazione e realizzazione è occasione per qualificare un margine urbano difficile e oggi slabbrato. La presenza della ferrovia e della nuova strada, la vicinanza di campagna e fiume dovranno essere condizioni fondative per l’impianto e l’adeguata sistemazione dei percorsi e degli spazi aperti, non solo di quelli d’uso pubblico (computati ai fini degli standard), condizioni per l’abitabilità. Da questo punto di vista i principali obiettivi di forma e organizzazione del Verziere sono: - la sistemazione dell’area compresa fra le case e l’attacco della nuova strada su via Marconi, con i dispositivi (alberature, terrapieni, scarpate, ...) necessari a garantire l’ambientazione della strada (che dovrebbe essere collocata in semitrincea) e la fruibilità del verde;

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Verziere: una vista generale

- la realizzazione di spazi aperti, anche attrezzati per il gioco e lo sport, che scandiscano l’insediamento, definendo le relazioni paesaggistiche ed ecologiche con la campagna e consentendo le pratiche fondamentali di socialità alla scala del quartiere; - la realizzazione dei collegamenti pedonali con la città a nord della ferrovia e con il quartiere Prato in particolare, per garantire scambi fisici e funzionali tra le due parti (utilizzando come filtro gli spazi lungo via Guerri); Verziere: una simulazione delle schiere (e schemi di possibili tipi edilizi)


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- la realizzazione di attraversamenti pedonali della nuova strada che consentano una relazione più facile del quartiere Verziere nel suo insieme con la campagna di valle e con il fiume (il riferimento può essere alle forme di “convivenza” fra loisir e produzione già sperimentate nei parchi agricoli delle aree di frangia metropolitana).

3.7 Le addizioni a est

Fontedamo L’orientamento di non appesantire con altre consistenti aggiunte la città compatta ha indotto il Piano idea a riconsiderare la proposta di variante del piano particolareggiato di Banca delle Marche (benché non arrivata alla fase istruttoria) in una prospettiva generale, come suggerimento di un sito, altamente accessibile, da destinare a un’addizione urbana sufficientemente distante dalla città. Un intervento in questa parte del territorio comunale, servita dalla superstrada, prossima alla Zipa e a Monsano, è stato candidato ad assumere i caratteri di un “villaggio” dotato di servizi sociali e commerciali di base (in prossimità sorgeranno anche le sedi del nuovo Commissariato e della Polizia stradale), abitato da diverse componenti sociali, organizzato in modo da garantire il mantenimento del corridoio ecologico lungo il Fosso Fonte Albino e da offrire differenti tipi di case e di alloggi (non solo le foresterie destinate ai lavoratori e agli ospiti del centro direzionale), possibile anche per il concorso di differenti operatori. Nella Bozza del Progetto comunale del suolo la proposta del villaggio Fontedamo è stata meglio delineata prestando attenzione alle relazioni che dovrà intrattenere con il corridoio ecologico del Fosso Fonte Albino, un ambiente naturale che dovrebbe diventare parte integrante del nuovo insediamento. Confermando le ipotesi di dimensionamento della cittadella direzionale formulate dalla variante del Pp (135.763 mc), con lo sviluppo e i parcheggi di pertinenza a sud di via Ghisleri, si è proceduto alla verifica di possibili traduzioni delle quantità edilizie indicate dal Piano idea per la parte residenziale, coinvolgendo altre proprietà limitrofe, suoli che il Prg vigente classifica agricoli. Data la delicatezza dell’operazione e la volontà di conferire al nuovo insediamento un carattere compiuto (un villaggio che potrebbe essere abitato da 450-500 persone, una popolazione molto vicina a quella che fa di Minonna un ambiente con alto grado di abitabilità), nella Bozza si è data forma a due soluzioniesempio, che nella loro schematicità intendono mostrare gli estremi di un range assai articolato di possibilità (non a caso nel Piano idea si suggeriva di promuovere un concorso, scelta adeguata al prestigio e alla rilevanza dell’intervento). Dunque, due ipotesi di assetto “radicali”: l’una assume la regola d’ordine del complesso terziario, organizzando un quartiere geometrico alla maniera “razionalista”; l’altra differenzia decisamente la parte residenziale e la organizza in aderenza alle forme del terreno, alla maniera “organica”. Le due ipotesi condividono la presenza di uno spazio pubblico interno, un “centro di vita” a cerniera tra la sede della Banca e il corridoio ecologico. Entrambe promuovono la compresenza di differenti tipi edilizi, dunque soluzioni abitative indicate a nuclei con differenti portafogli e con differenti stili di vita. Zipa verde La Zipa non è solo un agglomerato industriale, è parte di una grande città lineare che si estende da Jesi a Falconara, addossata alla ferrovia

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e prossima alla superstrada, arginata dal fiume. Già ora questa città presenta una caratteristica figura “a piastre” che diventerà ancora più evidente quando l’interporto e lo scalo merci andranno ad aggiungersi alla Zipa stessa, all’area industriale di Monsano, all’agglomerato urbano di Chiaravalle, all’aeroporto. Questa figura discontinua segnala la resistenza che un’agricoltura ricca e un sistema ambientale delicato e pregiato oppongono alla saldatura degli insediamenti. Il Piano idea, prendendo in considerazione l’indicazione del Consiglio comunale di una nuova importante addizione industriale, da tutti indicata come Zipa 4, ha subito proposto una diversa denominazione, “Zipa verde”, per sottolineare una scelta preliminare necessaria: promuovere un insediamento che si distinguesse rispetto a quelli già realizzati e segnasse un salto di qualità per la grande area industriale ospitata entro i confini del comune di Jesi, anche in considerazione della vicinanza con l’oasi naturalistica e del corridoio ecologico che cinge l’insediamento attuale. Erano note le attenzioni preoccupate su questo territorio di Regione e Provincia. Infatti, l’atto più recente è stato l’approvazione nel febbraio 2005, da parte del Consiglio regionale, del Piano di risanamento dell’area di Ancona, Falconara e Bassa Valle dell’Esino dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale, inclusiva di tutta la zona industriale del Consorzio Zipa. In precedenza, il Ptcp del 2003 aveva classificato l’area compresa tra l’attuale Zipa e il fiume Esino come “fascia di continuità naturalistica” per le sue caratteristiche di particolare rilevanza ambientale, suggerendo: - potenziamento delle infrastrutture della mobilità di fondovalle; - interruzione della continuità lineare dell’edificato per la salvaguardia, la valorizzazione e il recupero produttivo agricolo delle fasce centrali; - ripristino della vegetazione ripariale e sistemazione con percorsi ciclabili e con parchi attrezzati delle fasce limitrofe alle sponde; - sistemazione idraulica dei corsi d’acqua; - localizzazione dei nuovi insediamenti industriali nei terrazzi alti. Ancora prima, il Pit del 2000, proponendo un “cantiere progettuale” per il corridoio vallivo Esino, aveva posto l’attenzione su due questioni chiave: l’ambiente e le infrastrutture. In particolare proponeva la riqualificazione della direttrice valliva attraverso politiche di sviluppo ecocompatibile capaci di trovare un equilibrio tra forme di uso del suolo e processi ambientali. L’istituzione dei corridoi ambientali, la riqualificazione delle aree agricole perifluviali, il rilancio del trasporto ferroviario, il suggerimento di affiancare canali di rigenerazione ambientale alla viabilità a scorrimento veloce sono alcune significative linee guida del programma del Piano territoriale della Regione. Il Piano idea ha delineato la sua proposta in questa cornice. La sequenza di urbano, campagna, ambiente naturale ha costituito un punto di partenza per immaginare caratteri della nuova Zipa tali da innescare un processo di riqualificazione che possa progressivamente estendersi alle altre parti della zona industriale. La Bozza del Progetto comunale del suolo e, ora, la Variante generale stabiliscono un rapporto di complementarità con la proposta d’intervento ricompresa nell’Arstel-Corale promossa e finanziata dalla Regione, cui partecipa il Comune di Jesi con l’azione “Polo produttivo a basso impatto ambientale - Zipa 4”. Questa azione, infatti, ha l’obiettivo di trasformare in senso eco-compatibile il territorio, procedendo alla progettazione di un’area industriale a basso impatto ambientale, che si caratterizzi come “parco” produttivo, con una contestuale riorganizzazione del-


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l’assetto viario limitrofo per garantire una migliore accessibilità. La progettazione di Zipa verde come eco-distretto comporta l’ancoraggio ad alcuni principi, in particolare: - definizione delle capacità di “carico” e di “assorbimento” del sito, in una prospettiva di risparmio e di alta permeabilità del suolo; - rispetto delle aree naturali e della vegetazione autoctona; - mantenimento dei sistemi naturali di drenaggio delle acque; - garanzia di rispetto dei target di efficienza energetica; - creazione di sinergie ambientali, tramite la corretta collocazione delle industrie all’interno dell’area, in modo da agevolare la fruizione delle reti di servizi e raggiungere la “simbiosi industriale”; - utilizzo di metodi costruttivi di bio-architettura per gli edifici; - ambientazione delle infrastrutture stradali; - ri-utilizzazione dell’acqua prodotta nei processi di fitodepurazione (acquedotto industriale) e del vapore di Jesi energia (teleriscaldamento). Per creare le condizioni di una progettazione esecutiva in grado di elaborare questi principi, e di una variante parziale che anticipi l’attuazione del nuovo piano di Jesi, si è ritenuta necessaria un’esplorazione progettuale tesa a verificare i confini dell’area interessata dall’addizione Zipa verde e le conseguenze in termini di copertura del suolo, degli indici indicati dal Piano idea (analoghi a quelli che hanno guidato la realizzazione degli ultimi comparti industriali Zipa 2 e Zipa3). La Bozza del Progetto comunale del suolo, partendo da un rilievo dello stato del territorio che vede la presenza di edilizia rurale (case sparse che mantengono un uso integrato residenziale-agricolo) e di edilizia urbana (case isolate, recintate, che rappresentano altrettante “isole” residenziali all’interno delle ampie fasce di coltura estensiva presenti nella piana alluvionale), e considerando i confini di proprietà del Consorzio Zipa, ha fatto alcune simulazioni entro un perimetro che ricalca quello del Piano idea raggiungendo la strada provinciale (è proprio nella fascia a ridosso della provinciale che si trova un addensamento di edilizia rurale e residenziale), ma scava il corridoio ecologico e aggiunge il “triangolo” di proprietà del Consorzio, posto tra il corridoio e la ferrovia. Immaginando edifici a un solo piano realizzati sull’area di proprietà del Consorzio, interna al corridoio, la superficie derivante da un indice di copertura 0,30 coprirebbe in maniera intensiva il suolo con una impermeabilizzazione maggiore di quella dell’area industriale esistente. Diverso sarebbe il risultato con una parte di edifici su 2 piani (1/4 della superficie coperta verrebbe liberata per il recupero della superficie utile in altezza): ipotesi ragionevole pensando ai nuovi modi della produzione e ipotesi che avvicinerebbe il nuovo paesaggio industriale a quello esistente. La simulazione, tesa a valutare l’impatto di una “banale” applicazione dell’indice di copertura mutuato dalle recenti lottizzazioni industriali, non ha coinvolto la fascia di territorio compresa tra la proprietà del Consorzio e la strada provinciale, per la quale il progetto Corale dovrà individuare convincenti modalità di inserimento nell’eco-distretto. Né ha coinvolto il triangolo di proprietà del Consorzio posto oltre il corridoio del Fosso Fonte Albino (lo stesso che delimita il Villaggio Fontedamo). Infatti, il secondo aspetto esplorato dalla Bozza fa riferimento agli standard urbanistici. Il Decreto interministeriale 1444 applicativo della legge 765/1967 richiede per ogni 10 mc di costruzione industriale 1 mq di parcheggi (riduce lo standard in zone industriali a questa sola voce). Applicando

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questo standard si può osservare che le quantità in gioco sono rilevanti: circa 4,7 ettari che sarà necessario, per un eco-distretto con le caratteristiche immaginate, destinare a differenti usi pubblici, non solo a parcheggi ma, per esempio, anche ad aree attrezzate per lo sport e lo svago (in grado di ospitare eventi musicali che, per il rumore e i flussi indotti, sono incompatibili con altre parti della città), diversificando le pratiche d’uso degli ambienti di lavoro secondo una tendenza già in atto anche a Jesi. La realizzazione di Zipa verde, dunque, porta una dote importante alla città pubblica. Zipa verde: simulazione sull’area di proprietà del consorzio per valutare la copertura del suolo

prova 1: copertura del suolo Sc/St = 0,30

3.8 Le frazioni

prova 2: copertura del suolo Sul/St = 0,30dx

La presenza delle frazioni è un altro aspetto caratteristico dell’insediamento jesino, che vede la grande figura compatta del centro capoluogo spiccare nella “nuvola” degli edifici rurali e delle case sparse e distanziarsi dai piccoli nuclei. Le dimensioni contenute di questi ultimi e il valore paesaggistico che quasi sempre li contraddistingue comporta estrema cautela nelle previsioni insediative. L’obiettivo di legare strettamente le nuove proposte con il sistema della mobilità e l’infrastrutturazione in generale, è stato criterio per valutare l’opportunità di nuove aggiunte residenziali nelle frazioni. Il Piano idea, stimando la disponibilità dei servizi di base e la buona accessibilità aveva indicato possibilità di completamento a Minonna (sul raccordo della superstrada di Jesi centro), Pantiere e Ponte Pio (sul raccordo di Cingoli), Castelrosino (sulla strada per Macerata). Anche in questo caso il lavoro di approfondimento fatto per la Bozza, con sopralluoghi e simulazioni, ha consentito di verificare e aggiustare le ipotesi iniziali. Castelrosino appare un insediamento estremamente delicato, un filamento che non sopporterebbe aggiunte senza perdere la sua identità e, con essa, il suo valore. A Ponte Pio il completamento di Spina, realizzato sulla base delle previsioni del Prg vigente, ha creato una condizione di saturazione. A Minonna e Pantiere, invece, si sono individuate aree idonee ad accogliere completamenti residenziali qualificati da spazi pubblici interclusi.


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3.9 La campagna abitata

La figura dominante nella pianificazione del paesaggio extraurbano è spesso quella disegnata dai limiti e dai vincoli prodotti dalla sommatoria degli strumenti di pianificazione e di tutela che hanno cercato, di volta in volta, di inibire o contenere i fenomeni più aggressivi. Si tratta di un paesaggio in negativo che a Jesi ha una forma estesa e ramificata che occupa gran parte della piana, al centro della quale si collocano il fiume Esino e l’oasi naturalistica di Ripabianca e le cui diramazioni seguono il corso dei principali fossi e torrenti. L’inserimento del lembo orientale del territorio comunale (18% della superficie totale del Comune), che comprende la zona industriale, nell’area ad elevato rischio di crisi ambientale per la quale la Regione Marche prevede un Piano di risanamento, se da un lato conferisce a questo quadro un carattere di emergenza, dall’altro apre una stagione di programmi e di azioni. La figura astratta della salvaguardia e del rischio acquista senso se agli spazi che delimita viene attribuito un ruolo, se essa si trasforma in un sistema infrastrutturale finalizzato alla creazione o alla restituzione della continuità ecologica. A Jesi questa continuità deve attraversare il territorio da un versante all’altro della valle. Il reticolo delle acque, dove è possibile ricostruirne la continuità e la permeabilità delle sponde, costituisce l’elemento portante del sistema al quale potranno collaborare ampie isole e ambiti di naturalità (come è già l’oasi di Ripabianca), oltre che il diffuso miglioramento delle reti minute (formate da fossi, filari, siepi e boscaglie) e delle isole minori (i laghetti di accumulo). L’agricoltura costituisce un “cuscinetto” importante in un quadro generale di risanamento ambientale. All’efficienza e alla qualità del sistema possono contribuire in modo sostanziale la progettazione secondo criteri di compatibilità ambientale dei nuovi insediamenti produttivi nella piana e dei completamenti edilizi collinari, oltre che una attenta progettazione di strade, ferrovia e Interporto. Le domande di trasformazione che investono le diverse parti, domande di residenza e di impianti produttivi, entrano spesso in conflitto tra loro, con la qualità del paesaggio e con gli equilibri ecologici. La decisione dell’Amministrazione di vietare nuovi insediamenti di industrie insalubri in zone agricole può considerarsi il primo passo verso una attenta valutazione degli impatti determinati da edifici e impianti connessi alle attività agricole e di trasformazione. Tuttavia, affinché le risposte non siano suggerite dalla sola preoccupazione del contenimento dei danni, deve diffondersi la consapevolezza sociale dei valori minacciati, aiutata dalla individuazione di alternative interessanti di uso del suolo e di abitabilità dei differenti ambienti. Il problema delle trasformazioni in senso residenziale di edifici abbandonati, ancor prima di porsi in termini volumetrici si pone in termini infrastrutturali e tipologici. Considerando le inevitabili trasformazioni indotte dai nuovi modi “urbani” di abitare la campagna, gli interventi dovranno essere valutati in relazione alla presenza di un’accessibilità stradale adeguata, alle condizioni ambientali dell’intorno, alle soluzioni tipologiche proposte, alla sistemazione degli spazi aperti contigui ai campi coltivati. Se si pongono queste condizioni, si può osservare che il patrimonio potenzialmente interessato è costituito da una sessantina di edifici, con una sul complessiva di circa 25.000 mq, collocati ad una distanza uguale o inferiore di 50 metri dalla strada pubblica asfaltata, con dotazione idrica ed elettrica nella maggior parte dei casi, dunque in condizioni di buona accessibilità e interessanti per un recupero che, presumibilmente, non implicherebbe nuove urbanizzazioni. Tuttavia, le situazioni ritenute più interessanti per “abitare in campagna” sono costituite dalle frange, da quelle porzioni di territorio colli-

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nare che godono della vicinanza alla città compatta, delle sue infrastrutture stradali e dei suoi servizi, ma anche del rapporto diretto con il grande spazio aperto. Frange dove sono state realizzate abitazioni di tipo urbano in zona agricola, generalmente senza fondo, dopo il 1968 (edilizia per usi turistici) e prima che la legge regionale 13 nel 1990 ponesse limiti severi. A Jesi situazioni di questo tipo si riscontrano a Colle Paradiso, San Marcello e lungo via Acquaticcio. Il calibro ridotto delle strade cui le case sono addossate indice grande cautela nell’aumento del carico edilizio. Per questo si escludono nuove costruzioni e si consentono ampliamenti solo quando la volumetria esistente non superi già i 1.000 mc, una dimensione che può ospitare 2/3 unità abitative. Peraltro, la qualità di questi luoghi consiste nel paesaggio rarefatto che permette rapporti fisici e visuali con la campagna. Edifici rurali abbandonati e collocati in prossimità di strade asfaltate

3.10 La rete della mobilità integrata

Le indagini predisposte per il Piano generale del traffico urbano hanno messo a fuoco il problema dei nodi rafforzando l’idea che a Jesi incida in maniera determinante il conflitto irrisolto tra due principali impianti stradali e di funzionamento della città: quello per anelli di circonvallazione dei piani regolatori degli anni ‘60 e ‘70 e quello per assi di attraversamento longitudinali del Prg vigente. Che i problemi siano in gran parte causati dalla “confusione” del sistema e che sia prioritario procedere alla sua riorganizzazione. A questa interpretazione vanno ricondotte le scelte fondamentali deli-


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neate dal Piano idea: - l’assunzione della superstrada come cardine dell’intero sistema, quindi i nuovi svincoli a ovest e est del centro urbano per dare uno sbocco adeguato sulla provinciale ai raccordi esistenti e un secondo collegamento dell’interporto con la superstrada tramite l’allaccio allo svincolo di Jesi est; - il raddoppio dell’attraversamento urbano, ora di fatto inesistente perché discontinuo, recuperando al ruolo originario viale della Vittoria, così da creare con l’Asse sud completato opportunità di spostamenti da una parte all’altra della città, sia a nord sia a sud del centro storico; - il completamento e adeguamento, attraverso nodi e raccordi, delle strade di penetrazione nella città collinare: 1) via XX luglio-via Fausto Coppi-via degli Appennini-via Paradiso; 2) via Giovanni XXIII-via Aldo Moro; 3) via Erbarella-via Puccini-via Gramsci-via dei Colli, conferendo alla prima di queste sequenze di strade (dorsale ovest) un ruolo decisivo per la redistribuzione dei traffici sulla rete; - la riprogettazione dei nodi di intersezione e dei raccordi delle strade di collegamento interquartiere e delle strade di quartiere con i due assi di attraversamento urbano, sia a nord sia a sud: a nord via Cupramontana-viale della Vittoria-viale del Lavoro; a sud via Zara-via Gallodoro-via del Prato-via XXIV maggio-viale Don Minzoni-via Pasquinelli-viale dell’Industria. Le simulazioni dei flussi al 2020, tenendo conto del nuovo carico insediativo previsto dal Piano idea, hanno messo in evidenza “una buona efficacia degli interventi di progetto”, in particolare l’utilità del potenziamento o della realizzazione della nuova viabilità “di cintura” in quanto contribuisce ad una redistribuzione dei flussi veicolari su più assi viari, oggi non possibile per la mancanza di alternative infrastrutturali, e al contenimento degli incrementi di traffico veicolare nelle aree più urbanizzate. La relazione predisposta da Sintagma, la società incaricata di redigere il piano urbano del traffico, continuava mettendo in luce la ragionevolezza delle singole scelte, anche la riprogettazione dei nodi su viale della Vittoria che, a traffico immutato, comporterebbe la riduzione dei flussi e che, a fronte di un presumibile incremento futuro del traffico, consentirebbe il sostanziale mantenimento della situazione attuale. Alcune proposte del Piano idea erano particolarmente nuove rispetto al dibattito che da anni interessava la mobilità: il progetto per il viale della Vittoria, volto al recupero della sua funzionalità quale strada di attraversamento urbano; l’individuazione di un’asta a ovest per il collegamento diretto della città di collina con l’Asse sud e poi con la superstrada, indicata come un’alternativa a quell’asse nord che per anni si era studiato e discusso sul margine est della città di collina. Viale della Vittoria Il Piano idea restituiva al viale della Vittoria il ruolo originario con una serie di interventi volti a rendere compatibili le esigenze di una città contemporanea con la valorizzazione dell’immagine della grande strada novecentesca avente come idealtipo il boulevard. Quindi chiara separazione delle 4 corsie carrabili, prevedendo sulle 2 esterne il passaggio degli autobus e gli accessi ai parcheggi; riprogettazione delle fasce laterali, oggi disordinatamente invase dalle auto parcheggiate, mantenendo e riqualificando parterre alberati e marciapiedi, con spazio per piste ciclabili e carico-scarico delle merci; individuazione di aree idonee ad ospitare parcheggi coperti, per potenziare l’offerta

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attuale e sgravare il viale dalla sosta prolungata. La discussione che si è aperta sul nuovo ruolo del viale della Vittoria (per il quale si era nel tempo affermata l’ipotesi di trasformazione in strada a 30 km/ora con piazze traversanti), e sui modi della sua ristrutturazione, hanno indotto ad accompagnare il rilievo iniziale con ulteriori elementi di conoscenza puntuale del viale, tali da suggerire soluzioni articolate e specifiche, tenendo anche conto dei differenti caratteri dei due fronti stradali (si veda il paragrafo dedicato a questa parte nel capitolo “La città storica”). Ciò che l’Approfondimento sulla mobilità non ha negato è la necessità di sostituire i semafori con rotatorie (condizione per rendere fluido il traffico e ridurre l’inquinamento); distinguere la sosta temporanea (su strada, là dove ci sono le condizioni per ospitarla in maniera ordinata) da quella prolungata (nei parcheggi coperti); procedere ad una complessiva riprogettazione delle fasce laterali creando le condizioni per la riqualificazione di residenze e attività economiche. La discussione sul viale della Vittoria, tuttavia, si legava a quella sul funzionamento generale del sistema proposto, in particolare sulla mancata conferma del cosiddetto Asse nord, invero di una nuova strada a est che costituisse un’alternativa al viale per il traffico di attraversamento, in particolare per collegare la città residenziale di collina con la zona industriale. Quindi l’Approfondimento sulla mobilità non poteva prescindere da una riconsiderazione del problema. Un nuovo collegamento a est Il lavoro che ha condotto alla formalizzazione del Piano idea non aveva ignorato l’esistenza di proposte e orientamenti sulla realizzazione di un Asse nord, ma aveva ritenuto necessario ripartire da una ricognizione ampia dei problemi relativi alla mobilità, legandoli all’organizzazione complessiva della città e del suo territorio. I problemi emergenti erano: - eliminare la congestione che si determina all’imbocco di via Erbarella con il viale della Vittoria, là dove si concentra il traffico generato dagli spostamenti (prevalentemente casa-lavoro e dunque temporalmente circoscritti) dalla parte alta della città verso la zona industriale e commerciale a est; - garantire un adeguato accesso diretto al nuovo ospedale collocato a nord. Ritenendo che la soluzione di questi problemi non fosse possibile con interventi limitati alle parti di città direttamente coinvolte, il Piano idea aveva cercato risposte lavorando sull’intera rete, sulle gerarchie delle strade, sui ruoli non chiari delle stesse. Ne è seguita la proposta di un insieme sistematico di opere e operazioni, congruente con la durata del nuovo piano regolatore, da realizzare secondo una predefinita successione temporale che consenta di migliorare la situazione già in tempi brevi. Con riferimento ai due problemi urgenti che erano stati posti all’attenzione dei progettisti, il Piano idea proponeva di: - eliminare la congestione sull’ultimo tratto di via Erbarella, dove la strada si restringe: 1) modificando il nodo con ampia rotatoria e, nel contempo, bypassando il restringimento con un progetto che implicava la ristrutturazione dell’area compresa tra via Erbarella e la concessionaria Fiat; 2) ripartendo i flussi di traffico che da nord si incanalano su via Erbarella con due alternative: una data dal nuovo collegamento diretto a ovest Colle Paradiso-via Marconi, teso a scaricare a sud parte del traffico che oggi si convoglia sul viale della Vittoria, un’altra raccordando con rotatoria via Papa


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Giovanni XXIII al viale della Vittoria; 3) fluidificando, attraverso rotatorie e sistemazione della sezione stradale, tutti i raccordi con viale della Vittoria; - garantire l’accesso diretto all’ospedale da ovest (con lo stesso collegamento che dovrebbe intercettare una parte del traffico generato a nord), al centro (tramite via Papa Giovanni III con il prolungamento di via Aldo Moro), a est (con via Erbarella aggiustata all’imbocco). Veniva esclusa la previsione di una nuova strada nella valle del Graniita, proprio a partire dalle preoccupanti considerazioni contenute nella relazione di accompagnamento dello studio redatto da Socialdesign nel 2000 per questo collegamento. Lo studio, considerando “né tanto facile né tanto funzionale” la “bretellina” viale del Lavoro-via Puccini perché darebbe forma ad una “’circonvallazione’ con dimensioni, caratteristiche delle strade e incroci non idonei a sopportare questo cambiamento”, proponeva “un altro ‘dente del pettine’ … con ruoli e funzioni simili a quelli già esistenti (come via XX luglio-via Fausto Coppi, viale Cavallotti, via San Francesco, viale Giovanni XXIII, via dei Colli)”. I giudizi critici della relazione riguardavano: - le caratteristiche dell’area coinvolta: “un ambiente di grande interesse paesistico …[dove] Molte sono le interferenze con la viabilità rurale ed i possibili conflitti (intesi come passaggi ravvicinati) con ville, giardini, edifici esistenti; nella zona è segnalata la presenza di un’area archeologica”; - i costi dell’opera: “l’area è posta in prevalenza su pendio e ciò potrebbe richiedere consistenti sbancamenti”; - la delicatezza delle soluzioni necessarie: “senza opportune cautele e compensazioni, potrebbe avere un impatto ambientale piuttosto forte e aumentare in particolare l’inquinamento acustico; i punti di accesso e recapito sulle principali connessioni con la viabilità non sono ottimali e d’altra parte non esistono alternative migliori. Data l’esiguità degli spazi rimasti disponibili e la volontà di non procedere a demolizioni di edifici esistenti”; - la necessità di considerare l’opera entro una prospettiva più ampia: “che prenda in esame la riprogettazione di un’intera parte della città e ne affronti i suoi molteplici aspetti: tornando a ragionare quindi sulla forma complessiva della città, sul concetto di limite…”. Le reazioni al fatto che il Piano idea non abbia proposto l’Asse nord possono avere ragioni diverse: - problemi accentuati da un aumento della mobilità privata che 20 anni fa non si immaginava di queste dimensioni; - ritardo col quale gli interventi stradali hanno seguito gli interventi di trasformazione immobiliare, in genere essi stessi generatori di nuovi flussi concentrati di traffico, quindi aggravamento delle condizioni di disagio; - radicamento di una cultura che non ha completamente assimilato quella della trasformazione come alternativa all’espansione. Poiché nell’ampio dibattito che si è aperto è emersa una rosa di posizioni e di aspettative, in parte riconducibili ai piani urbanistici che si sono succeduti a Jesi dal secondo dopoguerra, ripercorrere brevemente questi precedenti, osservando le proposte che hanno inciso sull’immaginario della città, è sembrato utile per trovare una soluzione condivisa.

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Piano Cestaro 1946. Già nell’immediato dopoguerra, nel piano regolatore del 1946 firmato dall’ing. Cestaro, quando ancora era assai limitata l’edificazione lungo il viale della Vittoria, era prevista una grande crescita della città a nord, organizzata su una maglia “a pettine” costituita da strade che confluivano in quella destinata a ricongiungersi con viale del Lavoro (prosecuzione di viale della Vittoria prevista nello stesso piano) sul torrente Granita, raccordandosi lì con via San Giuseppe. Questa proposta di 60 anni fa, che ha visto realizzato il prolungamento di viale della Vittoria e ha strutturato la crescita di Jesi in collina, ha tracciato il primo Asse nord, come parte di un impianto viario generale organizzato ortogonalmente e aperto, lasciando in eredità l’idea del raccordo sul Granita. Piano Cestaro 1946: la tavola originale e il confronto con la cartografia attuale

Piano Ortensi, Bonamico, Minnucci 1965. Il piano regolatore del 1965, vent’anni dopo, quando già la collina risultava ampiamente edificata, ha introdotto un cambiamento sostanziale nell’impianto generale e nel tracciato di quello che in città si chiama ancora Asse nord: la strada alta di Cestaro viene ridisegnata, curvandola per farla diventare parte di una circonvallazione che doveva chiudere la città in un anello raccordandosi con viale Cavallotti, con la via Mazzoleni attraverso una nuova strada che tagliava diagonalmente il vallato Pallavicino (la parte iniziale è l’attuale via Contadini), con via del Setificio. L’Asse nord, in questo caso, finiva su viale del Lavoro dove oggi insiste l’area Fiat e aveva un calibro costante, presumibilmente analogo a quello di viale della Vittoria. Il disegno del tracciato risultava abbastanza definito (non era così nel piano regolatore precedente) e si leggeva uno spartitraffico che, dall’incrocio con il viale della Vittoria fino al viale Cavallotti, separava le corsie di una strada con caratteristiche tali da svolgere la funzione di circonvallazione che le si assegnava. A sud, benché continuo, l’anello cambiava natura, assumendo le dimensioni di una strada di quartiere. Coerentemente con questo piano si realizza solo via M.L. King, ma non così via Verdi, più stretta, e via Erbarella, senza lo spartitraffico. Resta ampiamente incompiuta l’anulare a sud e l’Asse nord perde la sua caratteristica unitaria e non si completa. Nella memoria della città si fissa un’altra ipotesi, di significato assai diverso dalla precedente: l’anello di circonvallazione che comprende anche la città a sud della ferrovia.


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Piano Ortensi, Bonamico, Minnucci 1965: la tavola originale e il confronto con la cartografia attuale

Piano Minnucci 1972. Il piano che arriva solo 5 anni più tardi amplia considerevolmente l’area dell’espansione a nord e disegna molte nuove strade, sia confermando in gran parte quelle del piano precedente (le differenze più forti si trovano a sud), sia aggiungendone altre. Il disegno complessivo si complica e si ibrida: a un impianto lineare sotto il viale della Vittoria (si disegna quello che il Piano Secchi chiamerà Asse sud, oltre a una nuova strada sotto la ferrovia, nella parte a est rispetto alla stazione, grossomodo parallela alla ferrovia stessa) si aggiunge in collina un insieme di anulari e di aste, aperte e chiuse. In questo piano coesistono le diverse ipotesi di Asse nord che ancora oggi si confrontano nella città: 1) quella del Piano del 1965, ma con una biforcazione che lo porta a creare un nuovo incrocio con il viale del Lavoro in prossimità del Granita, nello stesso punto individuato dal Piano Cestaro; 2) uno nuovo, più esterno, che si allunga e raggiunge l’area attuale del nuovo ospedale, raccordandosi col precedente nel punto di biforcazione e diramandosi, dalla rotonda del raccordo, in una strada di rango inferiore che, scavalcato il Granita si dirige verso la Zipa. Tutti e due gli Assi nord hanno dimensioni tali da configurarli come strade di livello urbano, diverse da via Erbarella, che questo stesso piano disegna con dimensioni minori declassandola a strada di quartiere. L’azzonamento che accompagna queste previsioni infrastrutturali comprende ampie zone di espansione a est, a ovest e a nord. Piano Minnucci 1972: la tavola originale e il confronto con la cartografia attuale

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Il Prg vigente arriva, dunque, dopo una stagione urbanistica sostanzialmente concorde nel disegnare strade che sostengono la crescita residenziale sulla collina, seguendo orientamenti diffusi nella cultura urbanistica del tempo. La nuova cultura della trasformazione, della costruzione della città nella città, portata da Secchi, si esprime con la decisione di “cancellare” previsioni di espansione e di connessa infrastrutturazione stradale a nord. Puntando su quell’Asse sud che compariva già nel di-segno di Minnucci e che ben si accordava con l’idea dell’intervento sulle aree industriali dismesse e di un assetto stradale aderente ai caratteri geomorfologici, aperto al territorio. Ma l’idea dell’Asse nord ha resistito. Tra il 2000 e il 2001 sono state formulate 4 proposte di tracciato per una strada che dal viale del Lavoro raggiunge l’ospedale, di lunghezza variabile tra 2470 e 3140 metri, due commissionate dall’Amministrazione comunale allo studio Socialdesign, una formulata come tesi di laurea e, quindi, rielaborata dagli stessi relatori: ingegneri Paolo Ciarmatori e Maurizio Bocci. Tra le 4 proposte si trovano differenze non piccole, sia riferite all’andamento, quindi al modo di rapportarsi con le presenze nella valle, sia nei raccordi con la viabilità urbana. Tutte mettono in evidenza difficoltà, impatti e costi, convergendo però su alcune scelte: strada in rilevato, larghezza contenuta tra 8 e 10,50 metri, bordi non costruiti e sistemati a verde. La valle del Granita: i vincoli

Nel documento del Sindaco che ha accompagnato l’approvazione del Piano idea si chiedeva di inserire nel nuovo piano regolatore un tratto stradale che colleghi via Puccini con viale del Lavoro e che fosse realizzato uno studio ampio e approfondito, in modo da poter verificare ogni possibile aspetto relativamente a:


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- impatto ambientale dell’opera; - possibili interferenze delle criticità geologiche e/o di vincoli di natura paesaggistica o archeologica; - elaborazioni e simulazioni delle risultanze sui flussi di traffico relativi al complesso della parte alta della città e allo sbocco su viale del Lavoro (incrocio S. Giuseppe); - elaborazioni e proiezioni di natura finanziaria sui preventivabili costi e sulle possibili forme di finanziamento alternative all’indebitamento dell’ente (es.: perequazione, ecc.). La valle del Granita: gli elementi fisici di interferenza

Con l’Approfondimento sulla mobilità si è cominciato ad esplorare questa richiesta, individuando una fascia entro la quale potrebbe essere compreso il tracciato della nuova strada, con attenzione a: - evitare la zona a vincolo archeologico, tagliando quella soggetta a tutela di interesse artistico e storico e rimanendo sul margine di quella a edificazione condizionata (è evidente che questo comporterà particolari accorgimenti costruttivi dell’opera); - rimanere sulle aree già di proprietà comunale; - allontanare l’imbocco su via Puccini (in rotatoria) dalle case di recente costruzione in modo da non interferire con gli accessi ai box delle stesse; - confermare le dimensioni di strada urbana degli studi precedenti;prevedere una sistemazione paesaggistica dell’intorno; Collegamento via Puccini - viale del Lavoro: gli elementi fisici di interferenza

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Collegamento via Puccini - viale del Lavoro: le proprietà comunali

- raccordare la rotatoria sul viale del Lavoro con via S. Giuseppe e sistemare manufatti e sensi di marcia del quadrante inferiore in modo da rendere possibile il collegamento con la parte bassa della città. I disegni allegati all’Approfondimento hanno inteso mostrare come l’intervento allo studio debba concorrere alla realizzazione di un “sistema di collegamento nord” inserito nella rete infrastrutturale della città di collina e teso a potenziarla. L’insieme integrato delle opere intende migliorare le relazioni della città di collina non solo con la zona industriale, ma anche con la parte bassa di Jesi, relazioni che oggi sono altrettanto penalizzate. Il funzionamento di questo sistema presuppone una successione negli interventi, a partire da quelli indicati nel Piano idea, in particolare l’attivazione del collegamento diretto a ovest. In questo senso si suggerisce anche una soluzione provvisoria per il nodo Erbarella, per avviare la fuidificazione del viale della Vittoria in attesa che si costruisca il nuovo tronco stradale e si completino gli altri interventi, in particolare quelli di ristrutturazione del viale. Funzionamento temporaneo del nodo Erbarella


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L’Asse sud L’attraversamento della città bassa poggia sulla continuità di differenti tratte stradali esistenti, recentemente realizzate e da realizzare, denominate dal Prg vigente e ormai note come Asse sud. Il funzionamento e la riconoscibilità dell’asse dipendono dalla fluidità dell’intero percorso e da una sistemazione delle differenti sezioni stradali adatta ai contesti urbani attraversati: industriali, artigianali, residenziali, commerciali. Infatti, l’Asse sud attraversa parti di città con caratteristiche insediative e pratiche d’uso differenti e la sua sezione variabile è sottoposta a diversi gradi di pressione. Il tratto difficile, perché stretto da insediamenti in gran parte residenziali, è quello che attraversa il quartiere Prato e Grammercato, tra via Ricci e la rotatoria di via Gallodoro. La fluidificazione e riqualificazione dell’Asse sud in questo tratto dipende da un alleggerimento del traffico, dal completamento del sistema di rotatorie, da una sistemazione della sezione volta a mantenere la stessa dimensione delle corsie carrabili e a differenziare le fasce laterali, salvaguardando gli spazi pedonali e l’alberatura, mantenendo i parcheggi solo dove non creano problemi al traffico. La nuova strada prevista per doppiare via del Verziere, riducendo il traffico su questo tratto centrale, potrà favorire la realizzazione del progetto di riqualificazione scaturito dai lavori del Laboratorio Prato di urbanistica partecipata (si veda la parte su PratoStazione-S. Maria del Piano nel capitolo su “La città storica”). Via XXIV maggio: dettagli della ristrutturazione

Il raddoppio di via del Verziere Il Piano idea, indicando il tracciato della nuova strada del Verziere, aveva scelto l’ipotesi più conservativa, prevedendo di utilizzare la strada esistente per lo sbocco su via Marconi ed evitando di interessare le case del borgo che sorge sulla via dell’Esino. Il mancato raccordo diretto con via Ricci sembrava accettabile dal momento che la nuova strada, prosecuzione della dorsale che servirà la città a ovest, svolge

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una funzione di collegamento nord-sud. Il confronto sul Piano idea ha messo in luce una diffusa preoccupazione per l’eccessiva vicinanza alle case del tracciato previsto e per i problemi indotti dal doppio nodo, a distanza ravvicinata, su via Marconi. L’approfondimento che ne è seguito, tenendo conto delle caratteristiche morfologiche dell’area interessata (terrazzo fluviale), dell’ambito di esondazione del fiume, dello stato di conservazione e della scarsa qualità dei primi edifici del borgo, ha individuato un diverso tracciato che si allontana dalle case, lasciando la strada esistente a una funzione di distribuzione residenziale analoga a quella della “vecchia” via del Verziere, e che si raccorda con via Ricci sacrificando alcune case. I rilievi e gli studi avviati hanno portato in evidenza gli aspetti che solo una progettazione dell’opera, spinta almeno alla fase preliminare, potrà trattare in maniera adeguata. La Variante, dunque, indica la fascia che potrebbe includere il tracciato mettendo in evidenzia le aree-problema. L’ipotesi di considerare la nuova strada in continuità con via Ricci per formare un percorso sussidiario dell’Asse sud, destinato a convogliare un traffico di attraversamento est-ovest (e non invece nord-sud come proposto dal Piano idea e confermato dalla Variante), non viene condivisa perché entrerebbe in conflitto (creando nuovi problemi) col carattere già assunto da via Ricci e accentuato in prospettiva dalla realizzazione del Piano di recupero S. Maria del Piano 1 (una delle varianti delle schede di progetto del Prg vigente, messe a punto nell’ultimo anno). Infatti, lungo il tracciato relativamente breve di via Ricci insistono l’accesso alla multisala e al parcheggio scambiatore e verrà realizzato anche quello del nuovo insediamento residenziale S. Maria del Piano. Inoltre, proprio la presenza del parcheggio, la vicinanza alla stazione ferroviaria e il diretto collegamento con la superstrada indicano questa come zona come la più adatta per ospitare il capolinea delle autocorriere (stazione di sosta lunga). Tutti aspetti che suggeriscono di non caricare via Ricci di un traffico di attraversamento urbano, dovendo accogliere i flussi di ingresso e uscita dalla città. Raddoppio di via del Verziere: tracciato

1. nuova rotatoria via del Verziere 2. sottopassaggio strada privata 3. area interclusa da sistemare

4. scarpata del terrazzo fluviale 5. nuova rotatoria via Ricci - via Marconi 6. area di esondazione fiume Esino


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I collegamenti a ovest col nuovo ospedale Il Piano idea ha sottolineando l’importanza dei centri collocati nell’alta Vallesina come bacino di utenza per l’ospedale, muovendo un altro argomento a sostegno della dorsale stradale a ovest. In particolare, prevedeva una nuova strada che, staccandosi da via Appennini, raggiungeva la nuova struttura sanitaria. Una verifica di quella prima ipotesi ha mostrato difficoltà all’imbocco, per la conformazione di via Appennini e le dimensioni del varco, e altre difficoltà nel tracciato, per i salti di quota del terreno. La nuova proposta sposta in alto l’accesso, rendendo diretto l’arrivo dall’Acquasanta. Più a sud, l’accessibilità è garantita da via delle Nazioni (adeguando l’incrocio) e da via M. L. King. Il prolungamento di via Aldo Moro costituirà l’accesso diretto dalla città. Le diverse strade che raggiungeranno l’ospedale dovranno trovare altrettante aree di parcheggio, opportunamente sistemate e alberate. L’articolazione dello spazio destinato alle auto private e ai mezzi pubblici e di soccorso è una condizione decisiva per il buon funzionamento del complesso, per favorire l’orientamento degli utenti, per non compromettere la qualità complessiva del sito, tra i più pregiati di Jesi. I collegamenti a ovest del nuovo ospedale

1. precedente proposta accesso nord 2. nuova proposta accesso nord 3. nuova proposta innesto strada-parcheggio 4. accesso sud e nuovo parcheggio 5. accesso est e ristrutturazione parcheggio esistente

Lo schema generale di funzionamento che risulta dall’Approfondimento sulla mobilità costituisce un superamento di quello presentato nel Piano idea. In questa rete la superstrada mantiene il suo ruolo cardine e il Progetto sistema Corridoio Esino consentirà di studiarne il potenziamento assumendo l’obiettivo di definire uno scenario integrato per la mobilità delle merci e delle persone e di valutarne le condizioni di fattibilità tecnico-economica.

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Elementi della rete stradale

Superstrada

Attraversamento longitudinale

Sistema collegamento nord

Rete città di collina

L’Asse sud condivide con il viale della Vittoria la funzione di attraversamento urbano. Se per il viale della Vittoria sarà necessario un progetto integrato, per l’asse sud si dovrà procedere al completamento e all’adeguamento: completamento della tratta a est, legata all’avvio dell’operazione Zipa verde; adeguamento della tratta centrale per migliorare la vivibilità del quartiere Prato; prolungamento a ovest per ragDiagramma della rete stradale Vent wis adipsusto conum ad do co

Vent wis adipsusto conum ad do co

Dorsale ovest


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giungere il nuovo svincolo di Cingoli. La dorsale ovest si precisa a sud (tracciato del raddoppio di via del Verziere) e a nord (collegamenti con il nuovo ospedale). Il collegamento via Puccini-viale del Lavoro si inserisce in un sistema che distribuisce i flussi di traffico nella città di collina, ma nel contempo collabora alla riorganizzazione complessiva. Parcheggi Nella tavole della Variante generale si sono individuate le principali aree destinate ai parcheggi pubblici, esistenti e di progetto, una cornice necessaria per verificare le relazioni con le altre scelte del piano e per il Piano della sosta, dove dovranno trovare le ulteriori, necessarie, verifiche e integrazioni. Per questo sono stati presi in esame e considerati insieme tre documenti della pianificazione di settore: - Sintagma, Piano generale del traffico urbano, 2000 - Sintagma, Piano della sosta, luglio 2004 - S. Bonelli, P. Morosetti, Piano urbano dei parcheggi privati, 2000. Confrontando e valutando i tre documenti si è operato un montaggio in base ai seguenti criteri: 1. Non sono stati rappresentati gli stalli su strada (parcheggi a nastro a carattere diffuso), ma solo le “colonie” di parcheggi, in quanto destinate ad accogliere la sosta permanente e/o prolungata. 2. Non sono stati considerati i parcheggi proposti dagli strumenti di pianificazione di settore all’interno delle aree che trovano una definizione nel nuovo piano regolatore. Vengono proposte, invece, le soluzioni predisposte in quelle specifiche operazioni. 3. Sono stati eliminati i parcheggi localizzati nelle piazze del centro. Questa opzione fa propria l’impostazione fondamentale del Piano della sosta che propone (ad eccezione di pochi sedimi da riservare ai residenti) di spostare nei parcheggi attestati fuori dalle mura la pressione dei “city users”. 4. I sedimi dei parcheggi sotterranei (privati) proposti dal Pup del 2000 insistono tutti (secondo una scelta che sembra condivisibile), tranne quello in Colle Paradiso, in aree già destinate a parcheggi pubblici di superficie esistenti o di progetto. Dunque questi vengono segnalati “indirettamente” sulle tavole. A proposito della scelta di portare nel sottosuolo la sosta privata, seguendo un orientamento diffuso nelle città più grandi e più dense, è necessario fare alcune considerazioni, possibili proprio grazie a quelle esperienze. Il cantiere per la realizzazione delle strutture sotterranee comporterà, per la durata dei lavori, la temporanea perdita di disponibilità dei parcheggi pubblici di superficie: questo potrebbe determinare conseguenze gravi in aree fortemente sollecitate dalla domanda di parcheggio e prossime ad attrezzature ad elevato carico urbanistico. Questo dovrà indurre a una accurata programmazione dei lavori. Per l’individuazione degli spazi di sosta, riconoscendo il carattere operativo e gestionale del piano di settore, si è ritenuto utile mettere a punto alcuni orientamenti riferiti ad aspetti che investono direttamente la sfera urbanistica e incidono sulle scelte del piano regolatore. Il discorso sui parcheggi deve essere impostato riconoscendo le differenti problematiche che investono la città storica, la città prevalentemente residenziale di collina, la città produttiva di valle. Sembra altrettanto rilevante distinguere l’offerta, in termini di localizzazione e di tipologia (parcheggi a raso, interrati o in elevazione, stri-

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sce lungo strada), considerando tre fondamentali domande di sosta, espressioni di esigenze diverse: - sosta permanente (notturna e diurna, connessa alla residenza); - sosta prolungata (prevalentemente diurna e legata alle attività lavorative); - sosta breve (diurna e legata alla vita quotidiana: commercio, educazione, tempo libero, scarico/carico merci, …). Riorganizzazione della sosta in via XXVI maggio: stato attuale e stato definitivo

Percorsi pedonali e ciclabili Il sistema di servizi di Jesi è tendenzialmente continuo (ma anche differenziato al suo interno) nella parte nord e organizzato per nuclei nelle parti storiche (si veda il capitolo su “la città pubblica”). I percorsi e, in particolar modo i percorsi lenti, pedonali, ciclabili e ciclopedonali, tengono o possono tenere insieme i singoli sistemi e svolgere anche un fondamentale ruolo di connessione tra sistemi. Sono strategici i percorsi individuati all’interno del sistema culturale del centro antico, del sistema via Papa Giovanni XXIII-Piccitù, e Ventaglio-Foro BoarioGranita (che va, per questo, adeguatamente potenziato), oltre a quelli di viale Cavallotti e viale Trieste (quest’ultimo da valorizzare). Anche viale della Vittoria e via Roma, in occasione della ristrutturazione della prima e delle operazioni di trasformazione della Cartiera Ripanti e dell’area Pieralisi per la seconda, rappresentano occasioni decisive per creare/potenziare la trama della mobilità lenta. Viale della Vittoria in particolar modo, con la riprogettazione delle sue corsie e dei parcheggi lungo strada, l’organizzazione delle fermate dei mezzi pubblici e delle risalite verso via Mura Occidentali e corso Matteotti. In questo quadro il sistema delle risalite esistenti e di progetto può assumere tutto il peso che merita. Dall’altra parte del centro storico, verso sud, è opportuna e possibile un’altra operazione di “messa in valore” della trama pedonale esistente a Prato. A differenza dei percorsi da riqualificare, che insistono tutti su parti densamente costruite, i percorsi da creare ex novo si sviluppano generalmente nelle zone verdi o incolte, molto spesso completando un disegno già tracciato dal Prg vigente e riprendendo percorsi rurali, o insistono su aree per le quali si prevedono importanti interventi di trasformazione (nuovo ospedale, per esempio).


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3.11 La città pubblica

I sistemi Come si è visto nel capitolo “Offerta e domanda di servizi e attrezzature”, il patrimonio di interesse pubblico esistente a Jesi rende riconoscibili interessanti concentrazioni che possono essere rafforzate mettendo in gioco aree di proprietà comunale, confermando molte previsioni del Prg attuale, puntando sulle aree di trasformazione come “serbatoi” e volani, completando l’azione di valorizzazione del centro, avviata dal Contratto di quartiere II “Abitare il centro antico di Jesi”, con la realizzazione dell’asse dei servizi che si prolunga fino all’Arco Clementino, secondo la proposta di Completamento del Contratto stesso recentemente formalizzata. I sistemi che incardinano e danno senso al progetto per la Città pubblica sono: - sistema culturale centro antico-corso Matteotti-Ospedale; - sistema scolastico viale G. Verdi-viale M.L. King; - sistema ricreativo viale del Lavoro-via Ancona; - sistemi verdi via Papa Giovanni XXIII-Piccitù e Ventaglio-Foro Boario-Parco del Granita; - sistemi di quartiere Kolbe-Monte Tabor; Erbarella; S. Maria del Piano-Prato; - nuclei di quartiere via Gola rossa e Minonna. Come mostra la tavola 6p Città pubblica, mobilità lenta e situazioni, la strategia si muove su piani diversi, ma il suo inveramento dipende ampiamente dai collegamenti e dagli spazi aperti interstiziali, da un rete leggera che lavora sulle tracce del “progetto di suolo” concepito nel 1987. Nel solco dei sistemi identificati, si possono enucleare alcune delle operazioni significative che la Variante intende promuovere. Operazioni significative in collina, in pianura, alla Zipa Le proposte per la collina riguardano l’area della scuola di Gola rossa e il suo intorno, l’area dell’ospedale, il Polisportivo. Il piano particolareggiato di Appennini alta prevede il “trasferimento” di una parte degli standard urbanistici all’esterno del comparto, per l’ampliamento della scuola esistente. Il disegno di creare uno spazio pubblico attrezzato che dalla scuola arrivi al belvedere sulla collina, includendo la Chiesa del Crocefisso e agganciandosi alla passeggiata centrale del nuovo quartiere eco-sostenibile, potrà realizzarsi con l’operazione di nuova urbanizzazione Appennini alta 2-Piccitù. Nonostante la concentrazione dell’intera edificabilità prevista nel sub-comparto Appennini alta 2, destinando a parco il sub-comparto Piccitù, sarà possibile conservare un cuneo pubblico sul versante Appennini. L’area che circonda il nuovo ospedale, ora destinata a campi urbani, dovrebbe essere sistemata in maniera definitiva allo scopo di consentire il funzionamento e il futuro sviluppo della struttura sanitaria. Ciò comporta una sua articolazione interna, in particolare: - la creazione di un grande parco di rilevanza urbana e territoriale, che agisca da filtro qualificato tra la struttura ospedaliera e la città residenziale che la circonda, che si estenda al Piccitù e all’area posta a nord del Murri; - l’individuazione di un’area, prossima al Pronto soccorso, per la Residenza sanitaria protetta, soluzione che si abbina alla proposta di ristrutturazione dell’area attualmente occupata dalla Casa di riposo Vittorio Emanuele II; - la prosecuzione di via Aldo Moro e un nuovo collegamento da nord (strada dell’Acquasanta), prevedendo altre aree a parcheggio, tra

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loro distinte e accessibili autonomamente (quella attestata su via Aldo Moro dovrebbe servire anche la Rsa); - l’individuazione di tre aree di completamento residenziale, accostate alle ultimi propaggini della città attuale, rispettivamente verso via De Gasperi, via Dunant e via Togliatti, con tipi edilizi simili a quelli dell’intorno. Occasione, quest’ultima, per migliorare l’abitabilità con ulteriori aree di parcheggio. Si tratta dell’operazione di nuova urbanizzazione denominata Ospedale-via Togliatti. Lo spostamento della residenza protetta per anziani nelle vicinanze del nuovo ospedale consente il recupero della Casa di riposo Vittorio Emanulele II e, nel contempo, una sistemazione complessiva dell’area attuale con adeguamento della viabilità circostante. Sulla casa di riposo sono state fatte proposte interessanti dai progetti presentati per il concorso promosso dal Rotary club di Jesi. Con riferimento a quelle proposte si è ritenuto utile operare una sintesi tenendo conto degli altri fattori in gioco. Se l’attuale Casa di riposo resta residenza per i soli anziani autosufficienti, l’area può essere liberata dell’edificio costruito negli anni Settanta (proposta che ha accomunato quasi tutti i progetti) e, con nuovi manufatti, aprirsi a relazioni esterne stabilendo anche rapporti di complementarietà con l’ostello attraverso un’offerta alberghiera aggiuntiva. La ristrutturazione, che dovrebbe investire i diversi edifici presenti nel recinto, potrebbe comportare aggiunte nuove per ospitare attività di servizio e di formazione, commercio e pubblici esercizi. Soprattutto dovrebbe consentire una riprogettazione dello spazio aperto, ricavando parcheggi sotterranei (con ingressi da via Puccini e uscite su via Gramsci), liberando l’angolo all’incrocio tra via Puccini, via Gramsci e via Verdi, dove la fluidificazione del traffico rende necessario collocare una rotatoria. La domanda di nuove strutture sportive (piscine, ma anche palestre e campi da calcio, oltre che campo da rugby) ha aperto il confronto sulla possibilità o meno di soddisfarla integralmente rimanendo all’interno del recinto attuale del Polisportivo Fausto Coppi. Questo ha sollecitato la formulazione di ipotesi molto diverse le une dalle altre, che sono state restituite nella Bozza del progetto comunale del suolo. Tutte, comunque, hanno escluso una “densificazione” del Polisportivo in quanto aggraverebbe la congestione nella zona circostante e accentuerebbe il suo carattere di area specializzata. Nel recinto del Polisportivo verrebbero dunque collocati il Palazzetto della scherma, una palestra, campi da calcio di dimensioni regolamentari, accompagnati dal potenziamento e dalla riorganizzazione dei parcheggi, dalla creazione di un sistema continuo di percorsi pedonali e ciclabili (compreso quello che ora corre a fianco di via Coppi e che verrebbe portato all’interno), dalla generale riqualificazione degli spazi aperti per una loro fruizione quotidiana. Questo completamento leggero si abbina con l’ampliamento del campo di rugby confermandone la localizzazione, con il rinnovo e potenziamento della piscina di via del Mulino, con la previsione di un centro sportivo e ricreativo alla Zipa, destinato a un’utenza territoriale anche per la possibile, futura accessibilità ferroviaria (nuova stazione del servizio metropolitano). A sud, tra via Roma, il centro storico e via XXIV Maggio, dove il tessuto è più denso e compatto, dove si concentrano le attività economiche e le trasformazioni importanti avvenute nell’ultimo ventennio e mol-


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ti cantieri sono ancora aperti o si stanno aprendo, si è determinata una situazione che penalizza la qualità dell’abitare (assenza di luoghi riconoscibili e riconosciuti, presenza di centri funzionali privi di spazi pubblici significativi, percorsi interrotti…). L’infrastrutturazione consistente e continua della città di valle diventa dunque necessaria e non procrastinabile. Alla realizzazione del sistema verde Ventaglio-Foro Boario-Parco del Granita che l’attraversa può contribuire la collana di interventi previsti e già programmati, rendendo possibili collegamenti trasversali, recuperi di spazi interclusi e residuali, inserimento di nuovi servizi e attrezzature. Ciò significa coordinare e rendere congruenti le trasformazioni dello spazio pubblico (quasi sempre coincidente con aree computate a standard) previsto negli ambiti Cartiera Ripanti, Pieralisi, via Guerri, Foro Boario, ma anche il potenziamento e rinnovo della piscina, l’ampliamento e la qualificazione dei parcheggi nel Vallato. In questo disegno che allarga enormemente le possibilità di fruizione dello spazio pubblico, pur lavorando selettivamente con completamenti e “recuperi”, gioca un ruolo decisivo la continuità della rete di passeggiate, percorsi pedonali e ciclabili, risalite. In una città come Jesi, in cui le distanze sono relativamente ridotte, non ha senso dover considerare come alternative la scelta di trascorrere il proprio tempo libero nella città storica o nelle cittadelle commerciali. Mettendo a sistema e riqualificando i percorsi orizzontali e verticali diventerebbe possibile spostarsi “da un centro all’altro”, anche pedonalmente, con un investimento di tempo e di energie adeguato. Esistono già condizioni di collegamento fra il corso Matteotti e i nuovi insediamenti commerciali di via del Prato (Coop e Marionnaud) che, attraverso la risalita di Palazzo Bettini, il Parco del Vallato ed il Circolo Cittadino, consentono di spostarsi fra i due terminali in pochi minuti. E’ possibile anche la connessione fra i tre sistemi commerciali lineari di via XXIV Maggiovia del Prato, corso Matteotti, viale della Vittoria, in una prospettiva di integrazione e complementarietà delle tre aste che si candidano, una volta riqualificate da un punto di vista ambientale e rafforzate economicamente, a divenire luoghi centrali urbani, pur con ruoli e gerarchie differenti. L’avamposto costituito dal sistema ricreativo viale del Lavoro-via Ancona, in vista degli ulteriori sviluppi in questa parte del territorio jesino (l’operazione via Campania-via Don Minzoni può agire da volano per la riqualificazione della Situazione Smia) e dell’articolazione progressiva della zona industriale, suggerisce uno specifico impegno nel rafforzamento della città pubblica all’interno della Zipa, sfruttando le potenzialità offerte dal carattere dilatato degli spazi. La creazione di un nuovo polo sportivo-ricreativo è coerente con l’orientamento, già espresso nel Piano idea, di favorire processi di articolazione funzionale, in particolare di diversificare modi e pratiche d’uso dell’area produttiva, e di operare scelte che realizzino l’immagine di Jesi come città capoluogo del corridoio Esino. Il nuovo polo metropolitano potrebbe occupare il triangolo compreso tra il corridoio ecologico e la ferrovia (si veda il paragrafo dedicato a Zipa verde) e una parte dell’area Zipa oltre il fosso Fonte Albino. Il corridoio compreso tra le due parti ne diventerebbe parte integrante e la fascia di rispetto della linea ferroviaria costituirebbe un’ottima riserva di parcheggi.

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3.12 La rete ecologica

Una rete ecologica, che si proponga di interagire efficacemente con le altre reti che solcano il territorio (le strade, le linee ferroviarie, gli elettrodotti, ecc), a Jesi può comporsi di core areas, wildlife corridors, buffer zones, restoration areas. Le core areas (aree centrali) sono costituite dall’ampia fascia che comprende il fiume Esino e dalle aree di particolare valore naturalistico, già Sito di interesse comunitario e Zona di protezione speciale; dai wildlife corridors (corridoi ecologici), i numerosi corsi d’acqua secondari che, a differenza dei landscape corridors, non contengono l’habitat necessario allo svolgimento dei processi vitali degli animali ma sono fondamentali corridoi di transito; dalle buffer zones (zone cuscinetto), fasce di rispetto caratterizzate in parte da vegetazione ripariale e in parte da terreno agricolo; dalle restoration areas (area di restauro ambientale), tutti gli elementi verdi di origine naturale o antropica, tipicamente i parchi, e gli specchi d’acqua idonei alla sosta e all’alimentazione dell’avifauna migratrice (anche quelli dell’impianto di fitodepurazione in località Barchetta e quelli dello zuccherificio Sadam, caratterizzati da un processo di rinaturalizzazione al quale è seguito il ripopolamento di numerose specie di uccelli). Considerando le sue componenti, la rete di Jesi si configura come sistema paesistico a supporto di fruizioni percettive e ricreative, per cui il ripristino e la riqualificazione della vegetazione diventano operazioni centrali. I corridoi ecologici ne costituiscono l’elemento portante e la loro presenza nelle aree urbanizzate consente di ristabilire le fondamentali connessioni biologiche e di ripristinare i cicli interrotti dalle attività umane. Riprendendo gli indirizzi del Piano di inquadramento territoriale, la Variante generale non aggiunge vincoli rispetto a quelli già introdotti con il Ppar e il Ptc, ma considera i corridoi ambientali come opere infrastrutturali, da regolare secondo le logiche di programmazione, realizzazione e gestione proprie delle opere pubbliche. Tenendo conto delle singole caratteristiche e dei territori attraversati, individua specifiche forme di valorizzazione per quelli che attraversano il territorio urbano. Fosso Fonte Albino Il fosso attraversa la zona collinare del territorio jesino da nord verso sud per una lunghezza di circa 7.5 km, sfociando nel fiume Esino in località Roncaglia. La sua fascia di naturalità è inserita in zona agricola a nord e segna il margine della zona industriale nel tratto che va dalla strada provinciale alla foce nel fiume Esino, procedendo parallelamente alla linea ferroviaria fino a lambire i laghetti dello zuccherificio Sadam. Il fosso è intubato per 160 metri in corrispondenza della Goldengas. Nel tratto adiacente a Zipa 3 la vegetazione arbustiva, in I principali affluenti del fiume Esino


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forma lineare, costituisce una siepe a prevalenza di canna domestica. Nei tratti a nord e a sud dell’area industriale la vegetazione ripariale, di cui sono ancora visibili alcuni elementi tipici (pioppo, olmo, canna domestica), è degradata. Il Ppar classifica il fosso Fonte Albino come corso d’acqua di 3° classe, cui consegue una fascia di inedificabilità di 40 metri a partire dalle sponde o dal piede esterno dell’argine. La legge 431 del 1985 (Galasso) prevede la tutela di una fascia di 150 metri, all’interno della quale si rende obbligatoria l’autorizzazione paesistica per interventi di tipo edificatorio. Le azioni di rinaturalizzazione delle sponde nei tratti più critici, dove è assente la vegetazione ripariale, e di protezione delle aree boscate e umide hanno l’obiettivo di mitigare gli effetti della frammentazione ambientale provocata dagli insediamenti, in quanto attribuiscono valore al corridoio quale componente essenziale dell’ecosistema fluviale (conservazione delle specie vegetali idrofile e offerta di nicchie specializzate). Il corridoio recuperato può anche svolgere appieno la sua funzione di infrastruttura igienico-sanitaria: fascia tampone per l’abbattimento di carichi inquinanti, filtro verde per scandire e segnare i margini dell’insediamento industriale a sud e del villaggio Fontedamo a nord, componente della connessione ecologica tra i due versanti collinari. Fosso Acquaticcio L’Acquaticcio percorre il territorio del comune di Jesi in direzione ortogonale al fiume Esino per circa 6.3 km. Se in ambito extraurbano attraversa un paesaggio agrario ricco di presenze vegetali e di permanenze storiche, nel tratto urbano si distingue per essere contenuto, in prossimità dell’area industriale, all’interno di un’ampia fascia verde di circa 100 metri. Il fosso è intubato per 142 m nel tratto immediatamente al di sopra della strada provinciale. Il Ppar lo classifica come corso d’acqua di 3° classe e la legge 431 ne tutela una fascia di 150 metri. Nell’adeguamento del Prg vigente al Ppar si era stabilito che tutte le aree non edificate (salvo quelle già incluse in piani attuativi approvati) fossero confermate a verde alberato, a orti e, viste le ampie zone contigue al torrente ancora usate per la coltivazione agricola, a verde di campagna. La Variante generale conferma quella scelta e prevedendo il potenziamento della fascia di rispetto consente di realizzare un corridoio verde urbano con funzione ambientale (zona filtro) e ricreativa (attrezzature per fruizione pubblica), che può agganciare la fascia compresa tra la ferrovia e la Zipa, utilizzata attualmente per gli orti urbani e come area di sosta per la popolazione nomade. Torrente Granita Il Granita scorre per circa 6.3 km nel comune di Jesi, attraversando il centro urbano dove è intubato per circa 1.600 metri. Il Ppar lo classifica come corso d’acqua di 2° classe, con una fascia di inedificabilità di 60 metri. La legge 431 ne tutela una fascia di 150 metri. Il Granita si costituisce come corridoio verde con elevato valore percettivo e nel tratto urbano può diventare un importante parco pubblico lineare (progetto in parte già realizzato nel quartiere San Giuseppe), che si arricchisce per la presenza di orti urbani diffusi lungo il suo percorso. Torrente Gorgolungo Il torrente Gorgolungo attraversa il territorio comunale ad ovest per


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una lunghezza di 10 km. Il Ppar lo classifica come corso d’acqua di 2°/3° classe e la legge 431 tutela una fascia di 150 metri. La Variante generale individua una fascia di inedificabilità di 60 metri. Il carattere ambientale e paesaggistico del contesto suggerisce una sua valorizzazione, anche con percorsi pedonali, quale corridoio di collegamento tra il paesaggio agricolo di collina e il Ventaglio, parco pubblico di città.


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4. Regole, capacità e standard

4.1 Partizioni del territorio e Situazioni nel territorio

La Variante generale del Prg di Jesi suddivide il territorio comunale, ai fini della disciplina urbanistica, in cinque differenti campi, indicati come: “Territorio urbano edificato”, “Territorio urbano di trasformazione”, “Territorio rurale”, “Servizi e attrezzature”, “Infrastrutture e attrezzature per la mobilità”. Questa partizione, e la sua denominazione, fanno riferimento al linguaggio che si è andato progressivamente affermando nelle nuove leggi urbanistiche che hanno introdotto, per l’attuazione, il metodo della perequazione urbanistica e delineato un criterio di suddivisione cui questa possa fare utilmente riferimento (abbandonando quello delle zone omogenee, oppure lasciandolo sullo sfondo). Partizioni e denominazioni che hanno forse il pregio di essere molto prossime al comune senso di riconoscimento del territorio e di potersi meglio agganciare alle nuove dimensioni della pianificazione urbanistica, quella struttural-strategica e quella regolamentare-operativa. Il primo, Territorio urbano edificato, individua l’insieme delle parti strutturate nelle configurazioni spaziali e negli usi, parti interamente o parzialmente edificate con continuità dove si trovano insediamenti da conservare, mantenere, adeguare. Comprende, oltre alla città comunemente considerata “consolidata”, anche la “città storica” e la “città recente”, quest’ultima intesa come l’insieme di parti appena realizzate o in corso di realizzazione. Ciò che accomuna queste tre città, dal punto di vista della disciplina urbanistica (non dei caratteri evidentemente disomogenei), è l’esclusione dal processo di riconfigurazione/ristrutturazione promosso dalla Variante generale, in quanto vi si riconoscono livelli di dotazione e prestazione adeguati per il tempo di validità dello strumento urbanistico. Un giudizio relativo e non assoluto, che si accompagna a una scelta di priorità per la canalizzazione delle risorse nel futuro prossimo. Entro questo territorio sono ricomprese le zone A del piano vigente, con le loro suddivisioni, le B1 e B2, le D1 e D2, classificazioni che il Prg ha utilizzato per identificare e disciplinare le zone residenziali e produttive esistenti e consolidate. È un territorio soggetto a regolazione e a regolazione con tutela. La seconda partizione, Territorio urbano di trasformazione, la quarta, Servizi e attrezzature, e la quinta, Infrastrutture e attrezzature per la mobilità, stanno al cuore della Variante e del progetto di ristrutturazione che essa promuove. Mentre il Territorio della trasformazione individua singoli ambiti, di nuova urbanizzazione, di ristrutturazione e in trasformazione, le altre due partizioni sono trasversali rispetto ai tre Territori e si costituiscono come sistemi e/o come reti. Con riferimento ai criteri di classificazione per zone omogenee del Prg vigente, il Territorio urbano di trasformazione comprende le zone C e le


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D4 di nuovo impianto, ma anche le B3 e D3 da ristrutturare e le zone A oggetto di interventi di riuso che introducono mutamenti fisico/funzionali radicali. Servizi e attrezzature è la “città pubblica”, che ha i propri fulcri nei servizi e nelle attrezzature computati a standard, di livello locale e urbano, ma che si completa con la gamma diversificata degli spazi aperti che concorrono alla formazione della rete ecologica, con gli impianti tecnici e con l’insieme di servizi e attrezzature di pubblica utilità. Comprende le attuali zone S, F, U, V, oltre ad alcune D5. Vi si concentrano le opere pubbliche soggette a interventi di regolazione e trasformazione. Al centro di Infrastrutture e attrezzature per la mobilità sono le strade e le ferrovie con le loro stazioni e attrezzature regolate da normative e procedure particolari, individuate e perimetrate dalla Variante allo scopo di regolarne e trasformarne in maniera accurata e coordinata le pertinenze. In questo sistema rientrano le zone UP del Prg vigente (parcheggi pubblici computati a standard) e alcune voci della zona D5. La terza partizione, Territorio rurale, individua le tante, estese e differenti, parti del territorio comunale dove la presenza dell’agricoltura e l’intricata tela di vincoli e tutele, costruita nel tempo per disciplinare aree a rischio e risorse territoriali fondamentali, porta la Variante a confrontarsi direttamente con le politiche e gli strumenti di pianificazione e programmazione sovralocale, in particolare Pai, Ppar, Ptc, e a tentare una composizione logica di norme e indirizzi che faciliti la gestione urbanistica comunale. È il territorio esterno alla città e alle frazioni in cui possono trovarsi sia insediamenti sparsi di valore storico documentale, sia isole produttive. Detto in zone omogenee, si tratta di tutte le zone E che nel piano vigente sono contrassegnate da puntuali inserti di A e D. Benché sia cambiata la classificazione del territorio per le ragioni esposte, si è considerato il Prg vigente una sorta di catasto da aggiornare. La scelta di riprendere o di confrontarsi direttamente con alcuni criteri dell’azzonamento vigente (mettendo a punto anche un “convertitore” ad uso interno) nasce dalla considerazione che, se non intervengono cambiamenti profondi nelle condizioni (come è avvenuto, per esempio, con il passaggio da una stagione urbanistica di grande crescita ad una di trasformazioni), è ragionevole lavorare sulla classificazione ereditata. Nel caso di Jesi, poi, essa è l’esito di un accurato rilievo degli usi e delle caratteristiche morfologiche dei suoli e degli immobili che costituisce un patrimonio non usuale. Il lavoro di adeguamento e rinnovo del sistema di regolazione operato dalla Variante generale ha perseguito un obiettivo di ripulitura e alleggerimento del palinsesto cartografico e normativo esistente il quale, per rispondere alle esigenze di interpretazione e gestione del Prg via via emerse e per adeguarsi alla folla di provvedimenti legislativi e di piani settoriali o sovracomunali, è diventato piuttosto complicato. Nella prospettiva di una ricomposizione e semplificazione complessiva delle regole, si è cercato di occupare uno spazio normativo essenziale e pertinente per il piano regolatore, evitando di ripetere quanto già disciplinato da leggi nazionali e regionali comunque cogenti per lo strumento urbanistico comunale (ad esempio il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia che definisce i tipi di interventi o la legge regionale 13 del 1990 che norma gli interventi nel territorio rurale), recependo strumenti recentemente approvati (il Piano di recupero generale di coordinamento dei Piani di recupero particolareggiati), tralasciando definizioni di indici e parametri non necessari per il piano e già definiti dal regolamento edilizio (tipicamente


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il volume, un parametro che la Variante sostituisce definitivamente con la Sul - Superficie utile lorda, per regolare tutti i tipi di intervento: residenziali, per attività economiche e servizi). In particolare, si è voluto marcare lo spazio della regolazione urbanistica rispetto a quello della regolazione edilizia, necessario per evitare confusione e contraddizioni e per arrivare non troppo impreparati all’appuntamento, probabile e forse ravvicinato, con una nuova legge urbanistica regionale. In altri termini, si è costruito un sistema regolativo congruente con il carattere di interfaccia assunto dal piano urbanistico comunale nel governo del territorio, in un quadro ormai ampiamente presidiato da leggi, strumenti e provvedimenti generali, settoriali e particolari, di livello nazionale e regionale, e ampiamente coperto dalla pianificazione attuativa di livello locale. Con riferimento alle regole morfologiche, tratto distintivo del Prg vigente, si conviene che una trasformazione della città prevalentemente giocata al suo interno, con operazioni di ridisegno che devono garantire un miglioramento del funzionamento generale e della forma urbana, richieda indicazioni su alcuni aspetti d’impianto e di raccordo. Ma su questo aspetto la Variante introduce alcune novità. Gli “abachi”, che guidano l’edificazione attraverso il riferimento a tradizionali tipi edilizi, e le “schede progetto” che disegnano l’impianto delle aree di trasformazione e di nuova edificazione, caratteristiche norme figurate del piano vigente, vengono sostituite da un sistema di regolazione, sussidiario rispetto a quello delle Partizioni, per alcune Situazioni del territorio urbano dove si concentrano gli ambiti di trasformazione previsti: Appennini, Ospedale, Via Roma, Viale della Vittoria, Prato-Verziere, Smia, Asta Ferroviaria. L’azzonamento a grana fine e per parti, col quale a Jesi sono stati disciplinati gli interventi per quasi vent’anni, ha determinato un tipico problema di “connessione” ed è sembrato necessario individuare un Le Situazioni nel territorio urbano

Ospedale

Smia

Appennini viale della Vittoria

Asta ferroviaria

Prato-Verziere

via Roma


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livello intermedio di governo qualitativo delle trasformazioni urbane in grado di intercettare l’esperienza degli abitanti, il comune modo di riconoscere i problemi alla scala del quartiere o del villaggio, dove si mantiene la giusta distanza dai problemi particolari senza perdere di vista la concretezza dello spazio. La costruzione di questa nuova geografia delle Situazioni ha lo scopo di portare in evidenza i principali problemi legati alle relazioni urbanistiche (assetto complessivo e/o integrazione e funzionamento delle diverse parti), trattabili con indirizzi, prescrizioni specifiche e progettuali che completino o integrino quelli della disciplina generale. Cerca di rispondere all’obiettivo, ritenuto prioritario, di favorire un processo di riqualificazione dell’infrastruttura minuta della città attraverso l’individuazione delle relazioni fondamentali che possono mettere a sistema la città pubblica, il territorio della trasformazione e quello consolidato. Le Situazioni sono rappresentate e disciplinate su un’apposita tavola di progetto: “Città pubblica, mobilità lenta, situazioni”. Poiché la disciplina delle Situazioni intende assorbire lo spazio normativo occupato nel Prg vigente da abachi e schede, i suoi indirizzi, le sue prescrizioni specifiche e progettuali (espresse anche attraverso disegni e simboli grafici) hanno funzione complementare e integrativa delle norme generali e si applicano sia agli interventi edilizi diretti sia a quelli soggetti a piano attuativo. Si tratta di una disciplina che, appoggiandosi sul sistema di spazi che si è convenuto di riconoscere come “città pubblica” (servizi e parcheggi, ma anche centralità locali e fasce ambientali), fornisce indicazioni sulla localizzazione e configurazione di alcune attrezzature pubbliche, traccia la rete della mobilità lenta coordinandola con la mobilità automobilistica e col trasporto ferroviario (percorsi pedonali, percorsi ciclabili, risalite, sovrapassi e sottopassi, accessi), quando necessario fissa essenziali requisiti morfologici degli edifici (allineamenti, altezze, interramenti). L’esplicitazione dell’indirizzo per l’intera Situazione, all’interno dell’articolo ad essa dedicato nelle Nta, dovrebbe favorire la comprensione delle singole regole e la loro corretta interpretazione nel processo di gestione del piano. La sostituzione di abachi e schede progetto con un sistema di regolazione prestazionale è suggerita dalla verifica delle difficoltà a gestire nel tempo un modello, ma anche da considerazioni relative ai processi insediativi che oggi investono Jesi, alle trasformazioni del progetto di architettura, alle modifiche introdotte dalla perequazione urbanistica e dalla legislazione sui programmi complessi. Da un lato, a Jesi si verifica una sostanziale riduzione delle possibilità di completamento (lotti liberi interclusi), così che la determinazione di alcuni indici (rapporto Sul/Sf e rapporto di copertura) può essere ricondotta a specifici e noti casi rendendo superfluo il riferimento a un modello tipologico. Dall’altro, si riscontra una tendenza generale alla combinazione/ibridazione dei tipi edilizi e l’incidenza decisiva, per i requisiti formali e di abitabilità degli edifici, della definizione di alcuni parametri, tipicamente la Superficie utile lorda. Si è dunque prestata molta attenzione alla determinazione degli indici (mediamente abbassati e unificati per le diverse tipologie di intervento) e alla definizione della Sul (tenendo conto dell’insoddisfazione per le soluzioni adottate in alcuni edifici recenti, riconducibili alla inclusione, nel calcolo della Sul, di elementi importanti come, ad esempio, le scale condominiali). Inoltre, l’introduzione di sistemi di perequazione urbanistica nei processi di trasformazione, con le inevitabili incertezze dovute alla relazione con l’andamento del


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mercato immobiliare, ha suggerito di prestabilire pochi elementi fondamentali (quantità assolute e aree di concentrazione dell’edificabilità) in quanto risulteranno determinanti tempi e modi della pianificazione attuativa, peraltro ampiamente autonoma rispetto al piano urbanistico generale che si configura come “cornice”. La Variante generale si distingue nettamente dal Prg vigente anche per la presenza strutturata di una disciplina ambientale che interessa l’intero territorio comunale e che in quello rurale si àncora ai numerosi provvedimenti intervenuti negli ultimi decenni, tali da “coprirlo” di una fitta rete di tutele per salvare gli elementi di pregio e fronteggiare quelli di rischio. L’introduzione di una disciplina specifica per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario è l’aspetto più evidente, ma la “semplice” regola generale, introdotta nelle Norme tecniche di attuazione, di garantire la permeabilità del 50% dei suoli scoperti in tutto il territorio urbano, compreso quello a destinazione prevalentemente industriale, potrebbe indurre nel tempo importanti modifiche del paesaggio. Volendo sintetizzare in termini sincopati le modifiche introdotte dalla Variante generale, si potrebbe dire che le parole Territorio, Ambito, Città, Situazione sono destinate a sostituire progressivamente, nel linguaggio tecnico e amministrativo, le parole Zona, Scheda progetto, Abaco. Questa sostituzione terminologica, oltre a riassumere gli orientamenti illustrati, rende difficile rintracciare l’azzonamento funzionale del territorio e allude alla scelta di favorire processi di riarticolazione degli usi (adottando solo criteri di compatibilità del mix) interessanti a Jesi, dove la separazione tra la città residenziale e quella del lavoro è molto accentuata. Questa opzione si riflette nella gamma, generalmente ampia, delle destinazioni d’uso previste nelle diverse parti del territorio e si rappresenta nella tavola “Ripartizione del territorio comunale”, dove scompare la caratterizzazione funzionale della città di collina e di valle. Il processo di costruzione della Variante generale (dal Piano idea al Progetto comunale del suolo, passando per gli Approfondimenti e la Bozza), le scelte e i caratteri del progetto urbanistico, l’interpretazione della lista di elaborati richiesti dall’Amministrazione comunale e dalla Provincia per l’istruttoria, hanno conferito una forma particolare a questo prodotto urbanistico. Come recita l’articolo 2 delle Norme tecniche di attuazione, la Variante generale, formata dal Piano idea e dal Progetto comunale del suolo (laddove il Piano idea ne costituisce la componente struttural-strategica), è costituita dagli elaborati del Piano idea (Relazione, Indirizzi del Piano idea, 18 Tavole-manifesto, 13 Dossier), dalla Valutazione ambientale strategica del Piano idea, dalla Relazione integrata Piano idea e Progetto comunale del suolo, dalle Norme tecniche di attuazione9, da un corredo di 16 tavole, 6 relative allo stato di fatto (contrassegnate dalla lettera “a”) e 10 al progetto (contrassegnate dalla lettera “p”), a differenti scale e così denominate: 1a - Il tessuto urbano esistente e la viabilità 2a - Servizi e attrezzature di interesse pubblico 3a - Le vulnerabilità, le tutele e i beni culturali 4a - L’uso del suolo 5a - Il patrimonio botanico-vegetazionale 6a - La pericolosità geologica 1p - Prescrizioni e vincoli della pianificazione sovralocale 2p - La rete ecologica


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3p - Le reti tecnologiche (elettrica, idrica, del gas metano, fognaria) 4p - La rete della mobilità 5p - Ripartizione del territorio comunale 6p - Città pubblica, mobilità lenta e situazioni 7p - Le aree di rispetto e rischio 8p - Città storica ed edifici di valore storico documentale 9p - Le aree soggette a strumenti attuativi 10p - Le zone omogenee secondo la legge 34/92 .

4.2 Il modello generale di perequazione

Le decisioni prese dall’Ammistrazione comunale circa i modi per applicare la perequazione urbanistica a Jesi sono restituite nell’Atto di indirizzo del Sindaco per il Progetto comunale di suolo, atto che ha accompagnato l’approvazione in Consiglio comunale degli Approfondimenti nel luglio 2005. Esse sono così espresse: 1. “Il metodo perequativo sarà applicato sia nelle aree d’espansione sia nei casi di trasformazione e recupero. In occasione di iniziative su aree d’espansione i benefici derivanti da tali operazioni saranno ripartiti al 50% tra i soggetti interessati e la comunità locale. L’Amministrazione utilizzerà questi introiti per la realizzazione e valorizzazione della “città pubblica”, per sostenere e sviluppare “l’edilizia sociale”, per abbattere la situazione debitoria dell’Ente”. 2. Per la dotazione di standard “Si ritiene indispensabile che il futuro disegno della città rispetti i minimi normativi: sia quelli d’interesse locale (21 mq/ab) sia quelli d’interesse generale (17,5 mq/ab), per un totale di 38,5 mq/ab”. 3. “Riguardo agli standards, si dovrà utilizzare al meglio le risorse esistenti riconducendole a sistemi di relazioni tra attrezzature, spazi pubblici, verde e mobilità …. Si dovranno fronteggiare eventuali disparità di localizzazione di standards, sia qualitative sia quantitative, risolvendole anche tramite operazioni di trasferimento degli stessi. … Pur rispettando il dettato normativo, dovrà essere rimodulata la ripartizione interna dello standard per rispondere ai problemi di accessibilità, di sosta, di qualificazione pedonale, di mobilità lenta, d’aggregazione, di sport non agonistico; mentre la loro localizzazione dovrà prioritariamente essere incentrata nei sistemi pubblici individuati”. Questi indirizzi danno una particolare configurazione al modello jesino, infatti non esiste “il” modello, ma vi sono diversi modi di interpretare il principio fondamentale della perequazione urbanistica, che consiste nell’attribuzione di un medesimo indice di edificabilità alle proprietà di suoli e immobili che si trovano in analoghe condizioni di stato e di diritto, con la possibilità di “commerciare liberamente” le quote edificatorie corrispondenti. Con riferimento a questi indirizzi, nella Variante generale la perequazione urbanistica è realizzata con l’uniforme attribuzione dei diritti edificatori, espressi in valori assoluti di mq di Superficie lorda di pavimento (Sul) realizzabile sull’intera superficie territoriale (St), alle proprietà comprese negli Ambiti di nuova urbanizzazione e negli Ambiti da ristrutturare del Territorio urbano di trasformazione. L’attribuzione dei diritti edificatori è indipendente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree comprese all’interno degli ambiti interessati e fa riferimento a classi di suoli riconosciute omogenee in riferimento


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alle preesistenti diverse condizioni di fatto e di diritto. Gli ambiti complessivamente interessati sono 13, di cui 9 di nuova urbanizzazione e 4 da ristrutturare; 4 su 13 sono formati da sub-ambiti discontinui, ma anche in questo caso il piano attuativo dovrà essere unitario e garantire che l’edificazione prevista venga concentrata sulle aree specificamente individuate, non campite come sede stradale o come servizi e attrezzature di interesse pubblico. Gli ambiti di trasformazione interessati, rispetto alla dotazione di standard minimi previsti per legge, presentano due condizioni: - una prima, nella quale le aree indicate a standard, perimetrate all’interno degli ambiti, sono in quantità sufficiente a integrare il corredo urbanizzativo minimo prescritto dalle disposizioni vigenti; - una seconda, nella quale le aree indicate a standard non sono in quantità sufficiente e il corredo urbanizzativo minimo prescritto dalle disposizioni vigenti risulterà completo solo con l’individuazione da parte dell’Amministrazione, all’esterno dell’ambito, di altre aree da destinare a servizi e attrezzature pubbliche tra quelle previste per tale uso dalla Variante, o di opere da realizzare. In questa prospettiva la Variante indica quale sia il complemento di opere necessario per la corretta integrazione dei nuovi insediamenti nel sistema urbano. Allo scopo di applicare la perequazione urbanistica nelle operazioni di trasformazione previste, si è ritenuto necessario procedere alla costruzione di una “Mappa dei valori immobiliari”, da cui desumere quelli fondiari10. La Mappa restituisce il quadro conoscitivo dei prezzi espressi dal principale segmento del mercato immobiliare - quello residenziale con riferimento ad ambiti urbani caratterizzati da un adeguato grado di omogeneità. La Mappa, la cui matrice di fondo è la suddivisione in microzone catastali deliberata dal Comune di Jesi, è stata ulteriorMappa dei mercati e dei valori immobiliari

(Aggiornamento novembre 2005)


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mente articolata e precisata con elaborazioni eseguite sui dati e le informazioni fornite da operatori locali (agenzie immobiliari, associazioni dei costruttori, cooperative, Iacp). Dal valore immobiliare, detraendo tutti i costi di trasformazione (costi di costruzione, contributo di costruzione, spese tecniche, oneri finanziari, profitto d’impresa) è possibile derivare, mediante stima del “valore di trasformazione”, il valore dell’“incidenza area”, e quindi delle aree fabbricabili soggette a perequazione urbanistica. In ragione dei differenziali di valore esistenti tra la destinazione residenziale e le altre destinazioni d’uso, è anche possibile desumere il valore delle aree industriali, commerciali, direzionali, ecc. Caratteristiche del quadro conoscitivo sono il fondamento tecnico oltre che la condivisione. La sua formazione, infatti, non si basa solo su informazioni ottenute con rilevazioni dirette (interviste a operatori qualificati, acquisizione di prezzi di compravendita, prezzi di offerta, costi di preventivo e di consuntivo, ecc.), ma anche sull’analisi delle fonti informative indirette o accreditate (Osservatorio dei Valori Immobiliari del Ministero delle Finanze, rivista specializzata “Consulente Immobiliare”). I 24 ambiti urbani che risultano dal quadro conoscitivo, costituenti mercati omogenei (sub-microzone), restituiscono un range di variazione dei valori piuttosto accentuato. Per le costruzioni nuove o ristrutturate i valori massimi (intorno a 3.200 euro/mq) si trovano attorno a Corso Matteotti, Via Piave, Via Paradiso, mentre la gran parte degli ambiti urbani (es. Via Mura occidentali, Via del Prato, Via Roma, Via Marco Polo nella microzona 1; Via Murri e Via Murat nella microzona 2) esprimono valori compresi nell’intervallo di 2.500-2.000 euro/mq. Le zone agricole ed importanti centri come Minonna esprimono invece valori oscillanti tra 1.000 e 1.600 euro/mq. Il quadro conoscitivo conferma dunque la polarizzazione degli interessi immobiliari su alcune parti di Jesi. La Mappa costituirà la base per: a) valutare la sostenibilità economica delle principali operazioni promosse dalla Variante; b) garantire un uguale trattamento dei proprietari di suoli, in analoghe condizioni di fatto e di diritto, nelle transazioni pubblico-privato che i piani attuativi della Variante promuoveranno; c) rendere trasparente il sistema di scambi e compensazioni. Per la Bozza del Progetto comunale del suolo si è operata una prima traduzione tecnica del modello di perequazione delineato, con particolare attenzione al caso più complesso e significativo del modello jesino: il cosiddetto trasferimento dello standard e la ripartizione tra i soggetti interessati e la comunità locale dei benefici derivanti da iniziative di nuova urbanizzazione. L’esercizio ha consentito di individuare una serie di operazioni che potranno costituire un riferimento per la redazione di un apposito atto che definisca le procedure di attuazione della Variante generale. Le operazioni sono: - verifica dei perimetri dell’ambito di intervento, condizione per distribuire precisamente l’edificabilità consentita dallo strumento urbanistico generale (è una scelta di trasparenza quella di esprimere l’edificabilità in valori assoluti, infatti l’eventuale aggiustamento dei confini non avrà ripercussioni sulla capacità edificatoria); - traduzione delle quantità edificabili in edifici tipo, indicati per l’ambito in oggetto; - stima della valorizzazione fondiaria complessiva (considerando il


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valore sul mercato dei diversi tipi edilizi previsti); - quantificazione dei “normali” proventi per l’Amministrazione derivanti da oneri di urbanizzazione secondaria e dal contributo sul costo di costruzione (mentre gli oneri di urbanizzazione primaria saranno scomputati dal costo di realizzazione delle opere); - calcolo dei costi delle opere effettivamente necessarie per sostenere il nuovo insediamento e per garantire la riqualificazione dell’intorno cui l’insediamento si appoggia con il suo nuovo carico urbanistico; - confronto con i proventi per l’Amministrazione; - stima di possibili oneri aggiuntivi legati alle opere indotte dalla nuova operazione urbanistica (opere di complemento); - verifica della convenienza privata nell’operazione, dunque della fattibilità economica.

4.3 Capacità e standard

L’offerta residenziale concentrata Fin dall’inizio del processo di pianificazione per la Variante generale, il Piano idea ha preso in carico i principali interventi in attuazione o in variante del Prg vigente non realizzati o in itinere, coerentemente con la scelta di raccoglierne l’eredità evitando che il carattere incompiuto della grande trasformazione promossa da quel piano lasciasse la città in uno stato di disagio diffuso. Quei progetti incompiuti, reinterpretati e rinnovati nei contenuti e nelle implicazioni complessive, sono diventati parte del Piano idea e, ora, della Variante generale. Per queste ragioni, le quantità che essi mettono in gioco sono considerate componenti fondamentali della capacità residenziale offerta dal nuovo Prg. Nella tabella che segue sono indicate le quantità previste nel Territorio urbano di trasformazione, distinguendo gli Ambiti di nuova urbanizzazione TT1 dagli Ambiti da ristrutturare TT2 e da quelli già in trasformazione TT3. Le operazioni ereditate, con strumenti attuativi che hanno intrapreso l’iter di approvazione senza essere ancora diventati cantieri (Appennini Alta 1, Appennini Bassa, Grotte di Frasassi, Foro Boario, Fater, S. Maria del Piano 1, Pieralisi, Cartiera Ripanti, Vecchio Ospedale, Freddi, S. Maria del Piano 2, Asse sud- Gallodoro 2), si trovano in quest’ultima classe e pesano sul bilancio complessivo della capacità con 72.400 mq di Sul residenziale (un’offerta di alloggi che può variare da 720 a 786) e circa 58.000 mq di Sul per altri usi, prevalentemente commerciali. Considerando separatamente i due contingenti costituiti da nuova urbanizzazione (Appennini Alta 2-Piccitù, Ospedale-Togliatti, Verziere, Fontedamo 1 e 2, Minonna, Pantiere, Cartiere vecchie) e ristrutturazione (Consorzio agrario, Cascamificio, via Campania-via Don Minzoni, via Guerri), ossia gli ambiti che la Variante aggiunge a quelli in trasformazione, si osserva il maggiore peso del primo che, in termini di alloggi, è quasi il doppio: 572/742 contro 312/404. Alla capacità residenziale, negli Ambiti di nuova urbanizzazione e da ristrutturare, si aggiungono i quasi 295.000 mq di Sul per altri usi, sui quali pesano in maniera determinante l’intervento di Zipa verde e quello di Fontedamo 1, con un’offerta industriale e terziario-direzionale. La capacità residenziale che emerge dall’insieme delle operazioni previste e già programmate all’interno del Territorio urbano di trasformazione è di circa 170.000 mq di Sul, corrispondenti a un numero di alloggi, minimo e massimo, rispettivamente di 1.604 e di 1.932. La stima non considera la quota di alloggi che è stata appena immessa


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sul mercato o lo sarà a breve ( Asse sud-via Roma, San Giuseppe 1 e 2, Smia 1, Mercantini, classificati come “Città recente”), circa 350 (per la stima degli alloggi si tiene conto della propensione del mercato verso tagli di dimensioni comprese tra i 90 e i 70 mq netti, quindi grossomodo tra 110 e 85 mq, una dimensione che potrebbe portare a un leggero sottodimensionamento considerando che negli ambiti in trasformazione, dove risulta quasi sempre l’effettivo numero di alloggi, questi valori medi sono inferiori). Se si utilizza il parametro convenzionale “abitanti teorici”, con il rispettivo indice di 40 mq/ab (desunto da 120mc/abitante), si ottiene una capacità complessiva per oltre 4.000 abitanti, una soglia che porterebbe l’attuale popolazione di Jesi a superare ampiamente quella che gli scenari demografici e abitativi più ottimistici ci consegnano (42.000 abitanti) e che lascia spazio per la residenza temporanea e per quella destinata a turn over e investimento (destinazioni caratteristiche del patrimonio residenziale contemporaneo), con margini ulteriori per operazioni che decolleranno in ritardo rispetto al tempo di validità del piano (come si registra per il Prg vigente). In termini di abitanti teorici insediabili, gli interventi più consistenti sono quelli di nuova urbanizzazione del Verziere e di Fontedamo e quello di ristrutturazione in via Campania - via Don Minzoni. L’offerta residenziale diffusa La Variante prevede anche un’offerta residenziale diffusa, diversificata e piuttosto interessante per il tipo di domanda cui si rivolge: la quota di alloggi che possono essere realizzati ex-novo nel centro storico, anche grazie al Contratto di quartiere II (una settantina), quella che può essere recuperata dagli edifici abbandonati in campagna, posizionati in prossimità di strade asfaltate e raggiunti dalla rete idrica (tra cinquanta e sessanta), quella delle “Aree di ristrutturazione” e di alcuni lotti liberi interstiziali della “Città consolidata” (14.280 mq di fondiaria per residenza, 63.200 mq di fondiaria per attività industriali e artigianali), quella desumibile dagli ampliamenti in Aree di frangia. Si tratta di un’offerta rivolta a un mercato minore e, soprattutto, a quella domanda di qualità o di riposizionamento individuata nel capitolo sugli Scenari abitativi. La capacità stimata nel Piano idea forniva un ordine di grandezza per formulare ipotesi circa il sistema delle infrastrutture e dei servizi, consentire confronti con gli andamenti passati, valutazioni e scelte di indirizzo. Per questo gli indici territoriali, riferiti alle aree di trasformazione, avevano un carattere esemplificativo, allusivo dei paesaggi urbani proposti nelle diverse parti del territorio. Quelle stime di massima, che davano valori compresi in un range di 2.400-3.000 alloggi, un ordine di grandezza decisamente superiore a quello registrato dalla produzione del periodo precedente (poco più di 1.700), in seguito a una serie accurata di indagini tese a verificare le ipotesi localizzative e ad affinare i parametri, a partire dall’Approfondimento 2 e dalla Bozza del Progetto comunale del suolo, vengono sostanzialmente confermate, infatti la Variante prevede complessivamente (offerta concentrata e diffusa) 2.200-2.600 alloggi.

Gli standard La ragionevolezza di questo carico insediativo, che tradotto in abitanti teorici porterebbe il comune alla soglia virtuale dei 45.000, oltre qualsiasi ottimistica previsione, ma rassicurante per l’Amministrazione che


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CapacitĂ , standard e opere di complemento

* Alloggi e standard del piano attuativo ** Parcheggi privati ad uso pubblico (legge regionale 26/99 norme e indirizzi per il settore del commercio) che non costituiscono standard


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ritiene di dover agire sul fronte dell’offerta abitativa per la tenuta e la crescita demografica di Jesi, va rapportata con la dotazione di servizi e attrezzature pubbliche. Su questo fronte il bilancio della Variante è il seguente: - mq 1.171.500 di servizi di livello locale (di cui esistenti mq 606.919); - mq 292.000 di parcheggi, esclusi quelli lungo strada, considerati corredo necessario dell’infrastruttura (quelli esistenti, comprese le strisce stradali, sono mq 130.286); - mq 988.962 di servizi di livello urbano (di cui esistenti mq 295.026). Nel bilancio incide in maniera determinante il conteggio degli standard da garantirsi con le operazioni di trasformazione per attività economiche, industriali, artigianali e commerciali, non solo con quelle residenziali. Questi valori, che portano a un aumento medio del 50% la dotazione dei servizi locali, a raddoppiare la dotazione di parcheggi e a triplicare quella di servizi urbani e di interesse sovralocale, oltre a rendere sostenibile l’aumento della popolazione che potrebbe essere indotto dall’offerta residenziale, adeguerebbe la città alla domanda di servizi e attrezzature dell’area vasta che su di essa gravita. In questa direzione va la previsione di trasformare in un grande parco l’estesa area attorno all’ospedale, di creare una importante area attrezzata sportivo-ricreativa con la realizzazione di Zipa verde (entrambe legate a processi di perequazione urbanistica), di destinare a parco sportivo la fascia dell’Acquaticcio, parte di un importante corridoio ecologico. Edilizia sociale Il Piano idea non ha specificato dove potranno realizzarsi gli interventi destinati a soddisfare la domanda economicamente più debole e non lo fa neppure la Variante generale, sia perché si tratta di decisione che deve avvenire attraverso lo specifico strumento attuativo e non può legittimamente essere operata dallo strumento urbanistico generale, sia perché il Piano idea individuava l’obiettivo di non formare comparti di edilizia economica e popolare e di favorire, ovunque possibile, la frammistione di alloggi con dimensioni e caratteristiche tipologiche diverse, in proprietà e in affitto, prodotti da operatori diversi, destinati a differenti gruppi di popolazione urbana. L’edilizia sociale, dunque, deve poter trovare posto in tutte le parti di città e in tutte le aree individuate come residenziali dalla Variante. Ricostruendo il quadro degli interventi realizzati negli ultimi 30 anni in 11 comparti Peep (si veda l’immagine e la tabella alle pp. 32-33), in termini di aree messe in gioco, quantità e operatori attivati, si può constatare che: - nel tempo si è ridimensionata l’estensione delle aree Peep e questo strumento ha cominciato ad essere utilizzato nella città bassa; - l’interesse degli operatori privati, ai quali va attribuita in totale la realizzazione del 27,8% degli alloggi (706 su 2.538), si è concentrato prevalentemente su 3 comparti: Comprensorio 4 (dove l’intervento privato ha superato quello convenzionato di cooperative, imprese e Iacp), F. Piccitù sub A-B (dove l’edilizia privata ha avuto un peso molto vicino a quello dell’edilizia convenzionata: rispettivamente 115 e 138 alloggi), F. Piccitù sub C (dove gli alloggi privati sono poco meno della metà di quelli convenzionati: 107 e 247 rispettivamente); - gli Iacp sono intervenuti realizzando complessivamente 280 allog-


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gi (poco più del 15%) con un peso più consistente a F. Piccitù sub C, il più misto dei comparti (è Iacp il 26,7% degli alloggi convenzionati realizzati) e risultando i soli operatori su Viale del Lavoro; - le cooperative, protagoniste dell’intervento in questi comparti (1.424 alloggi: il 77,7% del totale convenzionato e il 56,1% del totale realizzato), sono i soli operatori nei Peep Paradiso 1, Paradiso 2 e Spina. Emerge dunque il carattere ormai misto di queste operazioni, che vedono intervenire tutti i soggetti (cooperative, Iacp e privati, in convenzione e non) con la creazione di ambienti tipologicamente e socialmente vari. Questi segnali sbiadiscono l’immagine dei Peep di prima generazione e suggeriscono la ricerca di nuovi modi di intervento sulle aree residenziali, adatti a diversificare l’offerta.

4.4 Indirizzi del Piano idea

La natura del Piano idea Il Piano idea è un documento di natura programmatica, che “a partire dalla valutazione delle qualità del patrimonio urbano, delinea, per il territorio comunale, una strategia, partecipata ed equa, di sviluppo sostenibile e indirizza gli esiti sulla morfologia del territorio”. Questa individuazione dei caratteri del Piano idea si trova nella proposta per una nuova legge urbanistica regionale formalizzata nell’aprile 2003 col titolo Norme per lo sviluppo sostenibile e il governo del territorio, proposta sulla quale si sono basati sia la Delibera programmatica dell’Amministrazione comunale di Jesi, sia l’Atto di indirizzo della Variante al Prg del 12 settembre 2003, cui fa riferimento il prodotto tecnico, denominato Piano idea, consegnato il 30 luglio 2004. Quella proposta di legge ha subìto modifiche successive e altre versioni sono state elaborate, senza però giungere all’approvazione prima dello scioglimento del Consiglio regionale. Il quadro legislativo resta dunque quello della legge regionale n.34 del 1992, la quale prevede come strumento urbanistico comunale “esclusivamente” il piano regolatore generale. Tuttavia, è ragionevole ipotizzare il prossimo varo di una nuova legge che tenga conto dei forti cambiamenti intervenuti nella pratica e nella teoria urbanistica italiana, come hanno fatto le Regioni che hanno già rinnovato la disciplina urbanistica. Tutte le versioni del testo regionale marchigiano confermano l’idea di distinguere, per la pianificazione comunale, due principali componenti: l’una di carattere programmatico e l’altra di carattere operativo-regolamentare (la quale può comprendere due strumenti distinti). Più in particolare, si deve sottolineare che, pur cambiando la denominazione della prima componente (“Piano strutturale” anziché “Piano idea”), nelle successive bozze di legge marchigiane viene confermata la natura a suo tempo indicata per il Piano idea e si trovano utili chiarimenti sul suo valore giuridico. Infatti, la proposta del 25 maggio 2004 delle Norme per lo sviluppo sostenibile e il governo del territorio definisce il Piano strutturale “un documento che, a partire dalla valutazione delle qualità del patrimonio urbano e territoriale, delinea, per l’intero territorio comunale, una strategia, partecipata ed equa, di sviluppo sostenibile e ne valuta e indirizza gli esiti sulla morfologia degli insediamenti e del territorio”. “Il piano strutturale costituisce il quadro di riferimento per le politiche comunali in materie quali ambiente, trasporti, edilizia pubblica, servizi sociali. Non conforma lo stato di diritto dei suoli e non conferisce diritti


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edificatori. Stabilisce obblighi per l’amministrazione comunale per la redazione del piano operativo e degli strumenti urbanistici attuativi” (primo e secondo comma dell’art. 14). La proposta successiva, del 4 ottobre 2004, individua il Piano strutturale come “lo strumento di pianificazione urbanistica generale, predisposto dal Comune, con riguardo a tutto il proprio territorio, per delineare le scelte strategiche di assetto e sviluppo e per tutelarne l’integrità fisica ed ambientale e l’identità culturale”. “Il Piano strutturale non ha efficacia conformativa della proprietà, salvi i casi in cui introduca vincoli di tutela ambientale in adeguamento ai piani sovraordinati” (primo e secondo comma dell’art.13). Si registra, dunque, una convergenza su due aspetti che dovrebbero connotare la prima componente del piano urbanistico comunale: la natura struttural-strategica e il carattere non conformativo dello stato di diritto dei suoli. Il Piano idea di Jesi, prodotto sperimentale per l’incertezza del quadro legislativo nel quale è stato elaborato, è stato voluto e resta documento di carattere strategico, strutturale e ambientale, con valore programmatico per le politiche comunali, strumento di indirizzo per il “Progetto comunale del suolo”, l’altra componente della pianificazione comunale che la proposta di legge regionale dell’aprile 2003 prevedeva con funzione regolamentare e che, qualora non intervengano cambiamenti nella legislazione marchigiana, assumerà la forma del piano regolatore generale. Gli indirizzi programmatici In particolare, il Piano idea fissa alcuni fondamentali indirizzi programmatici che dovranno essere tradotti e specificati nel Prg, cioè in uno strumento dotato di valore conformativo nei confronti delle proprietà, che conferisca e disciplini i diritti edificatori. Tali indirizzi sono: Tutela dell’integrità fisica e ambientale. Mantenimento dei margini naturali che rendono riconoscibile la figura urbana di Jesi, completando a ovest la città addensata sulla collina e separando con corridoi ecologici le addizioni nella piana a est. Tutela dell’identità culturale. Riconoscimento di una “città storica”, allargata rispetto all’attuale centro storico, dove regolare gli interventi con particolare attenzione ai valori documentari e identitari, ai caratteri tipologici e morfologici, alla dotazione e articolazione di servizi e attrezzature. Scelte strategiche di assetto. Potenziamento delle infrastrutture della mobilità con ridefinizione del loro ruolo, riconoscendo alla superstrada la funzione portante della rete stradale di Jesi, diversificando il sistema di attraversamento urbano in senso longitudinale, creando un sistema di collegamenti interquartiere a ovest. Sviluppo sostenibile. Assunzione di una prospettiva ecologica per la progettazione e realizzazione dei luoghi dell’abitare, quelli prevalentemente residenziali e quelli dove si svolgono attività lavorative. Scelte strategiche di assetto e sviluppo sostenibile. Riqualificazione dello spazio di dominio pubblico utilizzando al meglio le risorse esistenti, ovvero raccordando per portare a sistema, diversificando e rendendo riconoscibili i luoghi di aggregazione, ripermeabilizzando il suolo dove possibile per contribuire alla continuità ecologica, de-


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cidendo le priorità per attenuare disparità di quantità e qualità tra le diverse parti del territorio. I disegni Il Piano idea è un programma disegnato. I disegni che lo corredano, tutti di carattere schematico, devono intendersi come esplicativi degli indirizzi e indicativi delle soluzioni che dovranno essere approfondite dal Progetto comunale del suolo e conseguentemente tradotte, se del caso, con disegni e disposizioni di valore prescrittivo. Il processo Il carattere programmatico del Piano idea fornisce una cornice e un limite per eventuali stralci attuativi che anticipino, sottoforma di variante del Prg vigente, il Progetto comunale del suolo, stralci riferiti ad ambiti territoriali (per esempio Appennini alta) o a temi (per esempio i corridoi ecologici) per i quali non è necessario attendere l’affinamento e le prescrizioni proprie del Progetto comunale del suolo (Prg). Gli indirizzi particolari Sui corridoi ecologici I corridoi ecologici, per adempiere compiutamente alla loro funzione di garanzia della continuità e diversità biologica, dovranno essere inedificabili e in alcuni casi (quando lo stato delle acque o la sopravvivenza della vegetazione ripariale abbiano raggiunto situazioni critiche) dovrà essere prevista l’inutilizzabilità del suolo anche a fini agricoli, consentendo solo mirate operazioni di manutenzione. Sulla capacità insediativa Il programma di interventi delineato dal Piano idea interessa le aree che hanno caratteristiche tali da stabilire un rapporto diretto con la strategia generale di assetto urbanistico: aree messe in gioco da operazioni infrastrutturali (quartiere Verziere) e aree che, opportunamente dimensionate e progettate, consentono l’attuazione degli indirizzi programmatici (Appennini alta, Foro Boario, Villaggio Fontedamo, Zipa Verde). Gli indici territoriali, riferiti alle aree individuate nel Piano, hanno carattere esemplificativo allo scopo di rendere possibile un confronto tra le densità e i paesaggi urbani immaginati nelle diverse parti del territorio. Devono, perciò, intendersi come indicazione di massima, da verificare alla luce delle modalità di attuazione che saranno previste e del quadro complessivo delle operazioni attivate dal Progetto comunale del suolo. La capacità complessiva stimata nel Piano idea fornisce un ordine di grandezza per formulare ipotesi circa il sistema delle infrastrutture e dei servizi. La capacità complessiva definitiva risulterà dalla verifica e dall’affinamento, nel Progetto comunale del suolo, delle previsioni sulle aree strategiche del Piano idea e dalla somma di tutte le operazioni interstiziali, ottenuta aggiungendo i completamenti, le trasformazioni e i recuperi possibili. Allo scopo di valutare puntualmente il residuo del Prg vigente sarà opportuno utilizzare come sussidio la “partecipazione degli interessati” (anche mediante avvisi pubblici) per censire l’effettivo interesse all’intervento (per esempio entro i prossimi 3/5 anni), sia nelle aree di completamento sia nelle schede progetto non ancora attuate. Sulla perequazione Nella proposta di legge regionale del 4 ottobre 2004, nel capitolo dedicato alla perequazione, si attribuisce ai piani strutturali il compito di


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definire i criteri di perequazione e di compensazione. I commi 2 e 3 dell’art. 5 recitano: “La perequazione è realizzata con l’attribuzione di diritti edificatori alle proprietà immobiliari ricomprese negli ambiti territoriali oggetto di trasformazione urbanistica”. “I diritti edificatori e gli oneri relativi sono attribuiti indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree ed in percentuale del complessivo valore della proprietà di ciascun proprietario. Sono liberamente commerciabili negli e tra gli ambiti territoriali interessati dalle trasformazioni”. Tenendo conto di questo orientamento, delle esperienze maturate in numerosi comuni italiani, articolate e specificate in base ai problemi e alle possibilità di volta in volta riconosciuti, il Piano idea propone alcuni indirizzi generali per l’applicazione di modalità perequative nel Progetto comunale del suolo. - La superficie territoriale (St) è convenzionalmente costituita da tutte le aree perimetrate per un’unica operazione di trasformazione urbanistica, indipendentemente dal concreto uso previsto dal piano attuativo per le aree stesse. - L’eventuale frazionamento in due o più parti di un ambito di pianificazione attuativa, individuato come unitario dal Progetto comunale di suolo, è consentito solo a seguito di una favorevole valutazione di utilità effettuata dal Consiglio comunale sulla base di un progetto preliminare riferito all’intero ambito. - Il Progetto comunale di suolo prevederà anche ambiti unitari di pianificazione attuativa costituiti da sub-ambiti non contigui: questi particolari ambiti non potranno essere comunque frazionati. - L’indice di edificabilità territoriale (It) si applica a tutta la superficie territoriale di un ambito unitario di trasformazione urbanistica. I conseguenti diritti edificatori (espressi in volume o in supericie lorda di pavimento) sono liberamente commerciabili e possono trovare concreta realizzazione solo sulle aree previste come edificabili dal piano attuativo, aree sulle quali i rispettivi proprietari sono tenuti a consentire l’allocazione e l’utilizzazione dei diritti edificatori provenienti anche dalle aree non edificabili. Il piano attuativo deve perciò prevedere, per l’utilizzo delle aree edificabili, indici fondiari minimi in modo da assicurare l’utilizzazione dei diritti edificatori prodotti da aree sulle quali il piano stesso non consente l’edificazione privata. - I diversi indici di edificabilità territoriale saranno calibrati in funzione della posizione dell’ambito di trasformazione nel contesto urbano e territoriale, delle caratteristiche fisiche del suolo e di quelle ambientali e paesaggistiche dell’ambito e del suo intorno, tenendo conto anche degli obiettivi di qualità perseguiti. Sul cosiddetto “trasferimento dello standard” Il “trasferimento dello standard” proposto dal Piano idea, inteso come localizzazione delle aree e/o delle opere a standard al di fuori dell’ambito unitario di intervento, è dovuto alla constatazione che: a) la realizzazione e la manutenzione di un sistema di spazi pubblici richiede una gestione integrata delle aree ottenute tramite esproprio o cessione, delle opere realizzate dall’Amministrazione comunale direttamente e dai privati a scomputo, dei contributi commisurati agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria o al costo di costruzione; b) gli obiettivi di medio e lungo periodo si possono perseguire adottando criteri di priorità per gli interventi e facendo convergere su di essi le risorse che si renderanno disponibili.


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Le operazioni per rendere certo e trasparente il processo di trasferimento dello standard sono: - censimento e caratterizzazione delle aree destinate e da destinare a spazio d’uso pubblico (standard); - costruzione di una tabella dei costi equivalenti alle aree e agli edifici considerati ai fini della cessione dello standard, riferendola a valori certificati; - previsione delle risorse che le trasformazioni private metteranno a disposizione; - utilizzazione programmata delle risorse acquisite sulle aree selezionate per gli interventi a standard prioritari; - monitoraggio dello stato di attuazione e di qualificazione del sistema dello spazio di dominio pubblico. Sull’azzonamento La scelta di riprendere il linguaggio e alcuni criteri dell’azzonamento del Prg vigente nasce dalla considerazione che, se non intervengono cambiamenti profondi di orientamento, da un lato, o di condizioni esterne, dall’altro (come è avvenuto con il passaggio da una stagione di grande crescita ad una di trasformazioni), è ragionevole utilizzare la risorsa costituita dal fatto che operatori e cittadini hanno imparato un linguaggio normativo e gli Uffici hanno accumulato un’esperienza gestionale. Questo consente anche una più sollecita e facile attuazione della variante generale, la quale si configura come nuovo strumento urbanistico. Le novità tenderanno, in particolare, a semplificare l’articolazione delle zone e a individuare distintamente le aree per servizi tra quelle a standard e quelle per usi privati. Con riferimento alle regole morfologiche, tratto distintivo del Prg attuale, si conviene che una trasformazione della città prevalentemente giocata al suo interno, con operazioni di ridisegno che, nel loro insieme, devono garantire un miglioramento del funzionamento generale e della forma urbana, richiede indicazioni su alcuni aspetti d’impianto dei nuovi interventi e sui raccordi con l’intorno. Tuttavia occorre puntare all’essenziale e, soprattutto, fare in modo che le eventuali modifiche da apportare in fase di gestione non rendano necessario il continuo ricorso a varianti. Sull’edilizia economica Il Piano idea non ha specificato dove potranno realizzarsi gli interventi destinati a soddisfare la domanda economicamente più debole. La scelta di non indicare comparti di edilizia economica e popolare è dettata dal principio secondo il quale questa decisione deve avvenire attraverso lo specifico strumento del Peep e non può legittimamente essere operata neppure dal Prg. D’altra parte, il Piano idea individua l’obiettivo di non formare comparti di edilizia economica e popolare e di favorire, ovunque sia possibile, la frammistione di alloggi con dimensioni e caratteristiche tipologiche diverse, in proprietà e in affitto, prodotti da operatori diversi, destinati a differenti gruppi di popolazione urbana. L’edilizia sociale, dunque, deve poter trovare posto in tutte le parti di città; tutte le aree individuate come residenziali dal Piano idea, e successivamente dal Progetto comunale del suolo, possono essere interessate da interventi economici e popolari. Dipenderà dal montaggio delle operazioni di attuazione del Prg, nelle quali potrà giocare un ruolo fondamentale l’uso del patrimonio comunale.


120 Jesi Regole, capacità e standard

Note: 9. Per la redazione delle Nta ci si è avvalsi della consulenza dell’avvocato Mario Viviani. 10. Per questa attività ci si è avvalsi della consulenza del prof. Stefano Stanghellini.


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Norme Tecniche di Attuazione Versione adottata dal Consiglio comunale il 28 luglio 2006

Titolo I

Disposizioni e norme generali

Titolo II Definizioni Titolo III Disciplina generale del territorio Capo I Territorio urbano edificato Capo II Territorio urbano di trasformazione Capo III Territorio rurale Capo IV Servizi e attrezzature Capo V Infrastrutture e attrezzature per la mobilitĂ Titolo IV Disciplina delle Situazioni Titolo V Norme finali

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Indice delle Nta

Titolo I Art. 1 Art. 2 Art. 3 Art. 4 Art. 5 Art. 6 Art. 7 Art. 8 Art. 9

Disposizioni e norme generali Oggetto e contenuto del piano Elaborati costitutivi del piano Articolazione della disciplina urbanistica Zone omogenee Elementi di perequazione urbanistica Standard urbanistici, attrezzature e impianti di interesse generale e opere di urbanizzazione Sostenibilità Attuazione del piano Piani attuativi: norme transitorie

Titolo II Art. 10 Art. 11 Art. 12 Art. 13 Art. 14 Art. 15 Art. 16 Art. 17 Art. 18 Art. 19 Art. 20 Art. 21 Art. 22 Art. 23

Definizioni Superficie territoriale (St) Superficie fondiaria (Sf) Superficie utile lorda (Sul) Indice di utilizzazione territoriale (Ut) Indice di utilizzazione fondiario (Uf) Superficie coperta (Sc) Rapporto di copertura (Rc) Superficie permeabile (Sp) Indice di permeabilità (Ip) Altezza del fabbricato (H) Distanze Rinvio al Regolamento edilizio Destinazioni d’uso Interventi edilizi

Titolo III Disciplina generale del territorio Art. 24 Ripartizione del territorio comunale Capo I Art. 25 Art. 26 Art. 27 Art. 28 Art. 29 Art. 30 Art. 31 Art. 32 Art. 33

Territorio urbano edificato Territorio urbano edificato TE Città storica TE1 Edifici e complessi di valore storico documentale in territorio urbano TE1.7 Spazi aperti della città storica interni ai lotti Città consolidata TE2 Città consolidata con prevalenza di residenza TE2.1 Città consolidata con prevalenza di attività economiche TE2.2 Aree per attività commerciali TE2.2a, direzionali TE2.2b, alberghiere TE2.2c Città recente TE3

Capo II Art. 34 Art. 35 Art. 36 Art. 37 Art. 38

Territorio urbano di trasformazione Territorio urbano di trasformazione TT Ambiti di nuova urbanizzazione TT1 Ambiti da ristrutturare TT2 Aree di nuova edificazione TT1.10 e di ristrutturazione TT2.5 Ambiti in trasformazione TT3


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Capo III Art. 39 Art. 40 Art. 41 Art. 42 Art. 43 Art. 44 Art. 45 Art. 46 Art. 47 Art. 48 Art. 49 Art. 50 Art. 51 Art. 52 Art. 53 Art. 54 Art. 55 Art. 56 Art. 57 Art. 58 Art. 59 Art. 60

Territorio rurale erritorio rurale TR Aree agricole TR1 Aree rurali di pregio TR2 Edifici e complessi di valore storico documentale in territorio rurale TR2.1 Edifici rurali abbandonati di recupero residenziale Sistema delle ville TR2.2 Aree archeologiche in territorio rurale e urbano Paesaggio agrario storico TR2.3 Patrimonio botanico-vegetazionale Aree panoramiche Riserva naturale regionale Sito di interesse comunitario e Zona a protezione speciale (Sic/Zps) Corridoi ecologici TR3 Crinali Versanti Emergenze geologiche Aree rurali di rischio TR4 Dissesto TR4.1 Esondazione TR4.2 Calanchi TR4.3 Isole della produzione in territorio rurale TR5 Aree di frangia TR6

Capo IV Art. 61 Art. 62 Art. 63 Art. 64 Art. 65 Art. 66 Art. 67 Art. 68 Art. 69 Art. 70 Art. 71

Servizi e attrezzature Servizi e attrezzature S Servizi e attrezzature computati a standard S1 Servizi di livello locale S1.1 Servizi di livello urbano S1.2 Fasce ambientali, paesaggistiche e di arredo S2 e corridoi ecologici in ambito urbano Verde privato ecologico S3 Attrezzature di pubblico interesse S4 Impianti tecnologici e servizi tecnici S5 Aree di rispetto dei cimiteri Aree di rispetto dei pozzi d’acqua potabile Distanze di rispetto dagli elettrodotti

Capo V Infrastrutture e attrezzature per la mobilità Art. 72 Infrastrutture e attrezzature per la mobilità M Art. 73 Strade, piazze e larghi M1 Art. 74 Aree di rispetto delle ferrovie Art. 75 Interporto M3.1 Art. 76 Parcheggi a standard M3.2 Art. 77 Stazioni di servizio e distribuzione dei carburanti M3.5 Titolo IV Art. 78 Art. 79 Art. 80 Art. 81 Art. 82 Art. 83 Art. 84

Disciplina delle Situazioni Situazioni nel territorio comunale Appennini (1) Ospedale (2) Via Roma (3) Viale della Vittoria (4) Prato-Verziere (5) Smia (6)


124 Jesi Norme Tecniche di Attuazione

Art. 85 Asta ferroviaria (7) Titolo V Art. 86 Art. 87 Art. 88 Art. 89

Norme finali Situazioni preesistenti in contrasto con il piano Difformità tra elaborati del piano Disposizioni di legge e vincoli sovraordinati Sorgenti di campi elettromagnetici e ponti radio

Allegati 1. Art. 1 Art. 2 Art. 3 Art. 4 Art. 5 Art. 6 Art. 7 Art. 8 Art. 9 Art. 10 Art. 11 Art. 12

Norme per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario Oggetto Obiettivi Identificazione del patrimonio vegetale Boschi Formazioni ripariali (Bosco igrofilo ripariale – Formazione igrofila ripariale del reticolo idrografico minore) Siepi Verde pubblico a funzione estetica e/o ricreativa Individui arborei ad alto fusto Arbusteti Pertinenze coloniche di abitazioni ed edifici rurali nella zona del paesaggio agrario di interesse storico-ambientale Tutela e sviluppo del verde urbano Elenchi delle specie vegetali

2. Art. 1 Art. 2 Art. 3 Art. 4

Criteri di progettazione urbana eco-compatibile Oggetto Obiettivi Criteri di sostenibilità alla scala urbanistica Criteri di sostenibilità alla scala edilizia


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Titolo I – Disposizioni e norme generali

Art. 1 - Oggetto e contenuto del piano Il Prg disciplina, per l’intero territorio comunale, l’uso del suolo e dei fabbricati, la distribuzione delle differenti funzioni e, in genere, l’assetto urbanistico. Art. 2 - Elaborati costitutivi del piano 1. Il Prg è formato dal Piano idea e dal Progetto comunale del suolo. Il Piano idea ne costituisce la componente struttural-strategica. 2. Gli elaborati costitutivi del Prg sono: - Relazione integrata (Piano idea e Progetto comunale del suolo), comprensiva di Indirizzi del Piano idea e tavole del Piano idea - Norme tecniche di attuazione - Tavole di progetto: Tav. 1p, Prescrizioni e vincoli della pianificazione sovralocale (scala 1:10.000) Tav. 2p, La rete ecologica (scala 1:10.000) Tav. 3p, Le reti tecnologiche (rete elettrica, scala 1:10.000; rete idrica, scala 1:10.000; rete del gas metano, scala 1:10.000; rete fognaria, scala 1:2.000) Tav. 4p, La rete della mobilità (scala 1:10.000) Tav. 5p, Ripartizione del territorio comunale (scala 1:5.000; scala 1:2.000) Tav. 6p, Città pubblica, mobilità lenta e situazioni (scala 1:7.500; scala 1:2.000) Tav. 7p, Le aree di rispetto e rischio (scala 1:10.000) Tav. 8p, Città storica ed edifici di valore storico documentale (scala 1:10.000; scala 1:2.000) Tav. 9p, Le aree soggette a strumenti attuativi (scala 1:10.000) Tav. 10p, Le zone omogenee secondo la legge 34/92 (scala 1:10.000) - Tavole relative allo stato di fatto: Tav. 1a, Il tessuto urbano esistente e la viabilità (scala 1:10.000) Tav. 2a, Servizi e attrezzature di interesse pubblico (scala 1:10.000; scala 1:2.000) Tav. 3a, Le vulnerabilità, le tutele e i beni culturali (scala 1:10.000; scala 1:2.000) Tav. 4a, L’uso del suolo (scala 1:10.000) Tav. 5a, Il patrimonio botanico-vegetazionale (scala 1:10.000) Tav. 6a, La pericolosità geologica (scala 1:10.000) - Dossier, Approfondimenti del Piano idea, Bozza del Progetto comunale del suolo, Studio geologico del territorio, Valutazione di incidenza, Rapporto ambientale, Relazione botanicovegetazionale.


126 Jesi Disposizioni e norme generali

3. La Relazione integrata illustra e argomenta le scelte del piano e la sua generale impostazione. Le Tavole di progetto e le Norme tecniche di attuazione (comprensive dei relativi allegati) conformano il diritto dei suoli. Le Tavole e gli Indirizzi del Piano idea (parti costituenti della Relazione integrata) e gli Approfondimenti del Piano idea sono documenti programmatici. Le Tavole relative allo stato di fatto, i Dossier, la Bozza del Progetto comunale del suolo, il Rapporto ambientale e la Relazione botanico-vegetazionale definiscono il quadro di indagini, interpretazioni, esplorazioni progettuali e verifiche che supporta le scelte del piano. Lo Studio geologico del territorio e la Valutazione di incidenza, a partire da indagini specifiche, completano la disciplina urbanistica del piano. Art. 3 - Articolazione della disciplina urbanistica La disciplina urbanistica delle diverse parti del territorio comunale è definita dalle norme del successivo titolo III “Disciplina generale del territorio”, eventualmente integrate dagli indirizzi e dalle prescrizioni specifiche e progettuali di cui al titolo IV “Disciplina delle Situazioni”, nonché dalle norme contenute negli allegati 1 e 2 alle presenti Nta, dalle prescrizioni derivanti dallo Studio geologico del territorio in merito a pericolosità geologica e vocazionalità edificatoria, dalla Valutazione di incidenza in merito alle componenti naturalistiche. Art. 4 - Zone omogenee Le zone omogenee ex art. 2 del Decreto interministeriale n. 1444/1968 sono individuate nella tavola 10p secondo le seguenti corrispondenze rispetto all’articolazione prevista dal titolo III delle presenti norme e rappresentata nella tavola 5p: TE1, TR2.1, TR2.2 = zona A TE2, TE3, TT2, TT3, TR5 = zona B TT1.1-TT1.7, TT1.10 = zona C TT1.8, TT1.9, M3.1 = zona D TR1, TR2.3, TR3, TR4, TR6 = zona E S1.2 = zona F Le aree a servizi e attrezzature S non riconducibili alle zone F, le aree M3.2 a standard urbanistico (parcheggi pubblici) e le aree M3.5 costituiscono corredo delle diverse zone omogenee cui le aree stesse sono dedicate, come rappresentato nella tavola 10p. Art. 5 - Elementi di perequazione urbanistica 1.La perequazione urbanistica si applica negli Ambiti di nuova urbanizzazione (TT1) e negli Ambiti da ristrutturare (TT2) del Territorio urbano di trasformazione e si attua con le modalità definite dagli articoli 35, 36, 37 delle presenti norme. È la modalità con cui l’Amministrazione persegue l’obiettivo di rendere urbanisticamente sostenibili le trasformazioni, attraverso un loro adeguato corredo urbanizzativo e opere di complemento che migliorino la qualità del contesto urbano nel quale le trasformazioni stesse intervengono. 2.La perequazione urbanistica è realizzata con l’attribuzione dei diritti edificatori alle proprietà comprese negli ambiti TT1 e TT2. I diritti edificatori sono attribuiti indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree comprese all’interno degli ambiti unitari interessati e, per classi di suoli omogenee riconosciute in riferimento alle preesistenti diverse condizioni di


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fatto e di diritto, in ragione della superficie dell’area di ciascuna proprietà. 3.I diritti edificatori sono espressi in valori assoluti di mq di superficie utile lorda (Sul) realizzabile sull’intera superficie territoriale (St) dell’ambito, sia esso spazialmente continuo o discontinuo. 4.I diritti edificatori sono liberamente commerciabili, fatta salva la loro realizzazione nelle quantità e nei modi previsti nei singoli ambiti. In particolare, essi possono trovare concreta realizzazione solo sulle aree previste come edificabili dal Prg e dal piano attuativo, aree sulle quali i rispettivi proprietari sono tenuti a consentire l’allocazione e l’utilizzazione dei diritti edificatori provenienti anche dalle aree non edificabili, che in quanto destinate a opere di urbanizzazione sono cedute gratuitamente al Comune con la convenzione del rispettivo piano attuativo. 5.La Sul dei fabbricati esistenti compresi all’interno degli ambiti territoriali di trasformazione su cui si applica la perequazione urbanistica e per i quali non è prevista la demolizione senza ricostruzione concorre al computo della Sul complessivamente assegnata all’ambito di trasformazione. L’uso dei diritti edificatori relativi ad aree occupate da fabbricati per i quali è prevista la demolizione senza ricostruzione è condizionato alla previa (o contestuale ma garantita) esecuzione della demolizione stessa. Art. 6 - Standard urbanistici, attrezzature e impianti di interesse generale e opere di urbanizzazione 1.Sono computate come “standard urbanistici” le aree contrassegnate, sulla tavola 5p, con la sigla S1 (quelle indicate come S1.2 costituiscono la zona F) e con la sigla M3.2. 2.Le aree a standard al servizio del Territorio urbano di trasformazione sono cartograficamente individuate nei diversi ambiti di nuova urbanizzazione, da ristrutturare e in trasformazione, fermo restando quanto disposto per gli ambiti TT1 e TT2 dai successivi artt. 35 e 36. 3.Le opere di urbanizzazione primaria e secondaria sono definite dalle vigenti disposizioni di legge nazionale e regionale. I singoli piani attuativi assicurano la dotazione – anche superiore alla minima – adeguata rispetto all’entità e alle caratteristiche degli insediamenti previsti, fermo restando quanto disposto per gli ambiti TT1 e TT2 dai successivi artt. 35 e 36. 4.Non sono computate tra gli standard urbanistici le aree a parcheggio pubblico comprese nella sede stradale (la cui individuazione e disciplina d’uso è soggetta a strumenti e provvedimenti di regolazione del traffico) e le superfici a servizi (pubblici o di uso pubblico o religioso) integrate in edifici in modo tale da non poter essere correttamente distinte ed isolate o dedicate definitivamente all’attuale funzione. Art. 7 - Sostenibilità Principi di sostenibilità ecologico-ambientale orientano la disciplina urbanistica del piano. In particolare, nelle presenti norme essi si esprimono in prescrizioni volte al presidio e alla valorizzazione della rete ecologica in territorio urbano e rurale (di cui alla tavola 2p), alla conservazione e al ripristino di condizioni di permeabilità dei suoli anche negli interventi edilizi diffusi, alla difesa ed all’incremento del patrimonio botanico-vegetazionale (di cui alla tavola 5a e all’allegato 1 alle presenti Nta) anche in contesto urbano. Prescrizioni progettuali ulteriori perseguono specifici obiettivi circa


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le prestazioni ambientali da garantirsi negli interventi di nuova costruzione (protezione dal rumore, esposizione, ombreggiamento, risparmio energetico, bio-architettura...), di cui all’allegato 2 alle Nta, “Criteri di progettazione urbana eco-compatibile”. Art. 8 - Attuazione del piano 1.Il Prg si attua per mezzo di interventi edilizi diretti (attuazione diretta), in subordine al rilascio dei titoli abilitativi previsti dalle leggi vigenti, o tramite la preventiva approvazione di piani urbanistici attuativi (attuazione indiretta). 2.Il Prg individua gli ambiti nei quali è comunque prescritta l’attuazione indiretta con preventivo strumento urbanistico esecutivo di iniziativa pubblica o privata, tra quelli previsti dalla vigente legislazione statale e regionale. 3.Sono piani urbanistici attuativi: - i Piani particolareggiati, di cui alla L. n. 1150/1942 e successive modifiche e integrazioni; - i Piani di lottizzazione, di cui alla L. n. 1150/1942 e successive modifiche e integrazioni; - i Piani per l’edilizia economica e popolare, di cui alla L. n. 167/1962 e successive modifiche e integrazioni; - i Piani per insediamenti produttivi, di cui alla L. n. 865/1971 e successive modifiche e integrazioni; - i Piani di recupero, di cui alla L. n. 457/1978 e successive modifiche e integrazioni. 4.È facoltà dell’Amministrazione comunale programmare e coordinare le trasformazioni previste dal Prg mediante la predisposizione di Programmi pluriennali di attuazione, di cui alla L. n. 10/1977 e sue modificazioni ed integrazioni e alla L.R. n. 34/1992. Art. 9 - Piani attuativi: norme transitorie Nelle aree soggette a strumenti attuativi già adottati dal Consiglio comunale alla data di adozione della Variante generale del Prg si applica il regime previsto dallo specifico piano attuativo (con la normativa di riferimento del Prg vigente al tempo della sua adozione) sino alla data di scadenza. Una volta attuati integralmente i piani oppure una volta scaduti i rispettivi termini di efficacia, salve le disposizioni dettate dalle norme dei Capi I e II del Titolo III, le aree incluse entro i relativi perimetri sono soggette: quelle utilizzate per l’edificazione residenziale alla disciplina della Città consolidata con prevalenza di residenza TE2.1; quelle utilizzate per l’edificazione produttiva alla disciplina della Città consolidata con prevalenza di attività economiche TE2.2; quelle a standard urbanistico alla disciplina dei Servizi e delle attrezzature computati a standard S1 e dei Parcheggi a standard M3.2, secondo il loro uso particolare; quelle per la mobilità alla disciplina delle aree con tale destinazione.


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Titolo II – Definizioni

Art. 10 - Superficie territoriale (St) È la superficie territoriale convenzionalmente costituita da tutte le aree perimetrate per un’unica operazione di trasformazione urbanistica, indipendentemente dal concreto uso previsto dal piano attuativo per le aree stesse. Art. 11 - Superficie fondiaria (Sf) È la superficie destinata all’edificazione, comprensiva del sedime e delle pertinenze degli edifici, al netto delle superfici per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ovvero di quelle computate a standard. Art. 12 - Superficie utile lorda (Sul) È la somma delle superfici lorde di ciascun piano dell’edificio comprese entro il perimetro esterno delle murature, escludendo scale e ballatoi condominiali di accesso, vani ascensori. Contribuiscono al calcolo della superficie utile lorda, con una quota pari al 50% della loro entità, i porticati di uso condominiale, i piani interrati e seminterrati, le logge e le terrazze, i sottotetti utilizzabili. Non contribuiscono al calcolo della superficie utile lorda i porticati pubblici o d’uso pubblico. Art. 13 - Indice di utilizzazione territoriale (Ut) È il rapporto tra la superficie utile lorda (Sul) massima realizzabile in un determinato ambito e la superficie territoriale (St) dell’ambito stesso. In alternativa all’uso dell’indice di utilizzazione territoriale (Ut), le quantità edificatorie realizzabili possono essere espresse dall’indicazione in valore assoluto della superficie utile lorda realizzabile (Sul) in riferimento ad un ambito territoriale univocamente definito e perimetrato. Art. 14 - Indice di utilizzazione fondiario (Uf) È il rapporto tra la superficie utile lorda (Sul) massima realizzabile in un’area edificabile e la superficie fondiaria (Sf) dell’area stessa. Art. 15 - Superficie coperta (Sc) È la proiezione orizzontale delle superfici lorde costruite fuori terra. Art. 16 - Rapporto di copertura (Rc) Il rapporto (o indice) di copertura è il rapporto, che può essere espresso in percentuale, tra la superficie coperta (Sc) e la superficie fondiaria (Sf). Art. 17 - Superficie permeabile (Sp) È la porzione di terreno, lasciata permanentemente libera da costruzioni fuori e dentro terra e non pavimentata, che consente al suolo l’assorbimento delle acque meteoriche senza il ricorso a sistemi


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di drenaggio e canalizzazioni. Art. 18 - Indice di permeabilità (Ip) Esprime il rapporto minimo ammissibile, che può essere espresso in percentuale, tra la Superficie permeabile (Sp) e la Superficie territoriale (St) o fondiaria (Sf), assunta a riferimento. Art. 19 - Altezza del fabbricato 1.Altezza delle fronti (H). È l’altezza di ogni parte di prospetto in cui può essere scomposto l’edificio, misurata dalla linea di terra alla linea di copertura, considerando anche eventuali corpi edilizi arretrati. La linea di terra è definita dall’intersezione della parete del prospetto con il piano stradale o il piano del marciapiede o il piano del terreno a sistemazione definitiva. La linea di copertura è definita, nel caso di copertura piana, dall’intersezione della parete del prospetto con il piano corrispondente all’estradosso del solaio di copertura; nel caso di copertura a falde, dall’intersezione della parete di prospetto con il piano corrispondente all’estradosso della falda di copertura. 2.Altezza max. degli edifici (H max.). È la massima tra le altezze delle diverse parti di prospetto in cui può essere scomposto l’edificio. 3.Numero dei piani. Il numero dei piani indicati, quando non vi siano ulteriori specificazioni, è da intendersi comprensivo del piano terreno con esclusione del piano seminterrato. Art. 20 - Distanze Le distanze tra i fabbricati, tra questi ed i confini dei lotti, tra questi e la strada si misurano sulla sagoma dell’edificio individuata nel modo descritto ai fini della determinazione della superficie coperta. Art. 21 - Rinvio al Regolamento edilizio Per i parametri e gli indici non esplicitamente definiti dalle presenti norme valgono le definizioni contenute nel Regolamento edilizio vigente. Art. 22 - Destinazioni d’uso 1.Ai fini dell’ordinato assetto del territorio nelle sue diverse componenti, sono definite le destinazioni d’uso ammesse e non ammesse nelle differenti parti, ambiti e aree, secondo le disposizioni dei Titoli III “Disciplina generale del territorio” e IV “Disciplina delle Situazioni”. 2.Il Prg distingue le seguenti principali destinazioni d’uso e relative articolazioni: a) abitative: - residenze: abitazioni permanenti e temporanee - abitazioni collettive: collegi, convitti, studentati, conventi, residence b) produttive industriali e terziarie: - industrie e artigianato di produzione: attività produttive di beni e servizi (compresi i relativi laboratori di sperimentazione e ricerca, uffici tecnici); magazzini, attività di spedizione e logistica (raccolta, conservazione, smistamento, manipolazione, movimentazione delle merci); depositi a cielo aperto (di materiali, prodotti e merci); attività di recupero e trattamento di materiali di rifiuto e inerti - artigianato di servizio: attività di prestazione di servizi alla


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persona e all’impresa - complessi terziari: centri di attività terziarie-direzionali, complessi fieristici ed esposizioni merceologiche, centri congressuali e di ricerca - uffici: studi professionali, agenzie varie, attività di prestazione di servizi bancari, assicurativi, finanziari, di intermediazione, di ricerca e simili - esercizi commerciali costituenti grandi strutture di vendita (con superficie superiore a 2500 mq) - esercizi commerciali costituenti medie strutture di vendita (con superficie compresa tra 251 e 2500 mq) - esercizi commerciali di vicinato: negozi per il commercio al dettaglio (con superficie di vendita fino a 250 mq), chioschi, phone center e simili - centri commerciali: medie o grandi strutture di vendita nelle quali sono inseriti più esercizi commerciali - esercizi di commercio all’ingrosso - attrezzature per lo spettacolo, la ricreazione, il tempo libero: cinema, teatri, discoteche, sale da ballo, centri e sale polivalenti, centri per il fitness e la pratica sportiva - attività ricettive: alberghi, pensioni, motel (eventualmente integrati da impianti per convegni e attività didattico-formative), campeggi - pubblici esercizi: esercizi di somministrazione di alimenti e bevande (bar, ristoranti, trattorie, pizzerie) c) agricole: - attività e attrezzature per la coltivazione dei fondi, la silvicoltura, la zootecnia - abitazioni agricole - attività agrituristiche - turismo rurale (country-houses; centri rurali di ristoro e degustazione; centri sportivi, centri di organizzazione del tempo libero e centri culturali) d) di servizio pubblico e di pubblico interesse: - servizi e attrezzature collettive di livello locale: scolastici (fino alla media inferiore), socio-sanitari, sportivi, religiosi, culturali e ricreativi (centri sociali compresi), parchi di quartiere e giardini - servizi e attrezzature collettive di livello urbano: scolastici (università escluse), sanitari e ospedalieri, sportivi (di livello superiore), culturali e ricreativi (centri sociali compresi), parchi urbani - uffici pubblici: sedi di enti, istituzioni, agenzie pubbliche o di interesse pubblico e generale, sedi universitarie - sedi di associazioni: sindacali, politiche, di categoria, culturali, sportive, previdenziali, assistenziali - impianti tecnologici e servizi tecnici urbani: sedi gestionali e impianti tecnologici per acqua, gas, energia elettrica, telefonia, smaltimento e trattamento rifiuti e reflui, cimiteri - attrezzature di pubblico interesse: sedi gestionali e impianti militari, di pubblica sicurezza, di protezione civile e) per la mobilità: - attrezzature stradali - attrezzature ferroviarie - autostazioni - parcheggi - stazioni di servizio e di distribuzione dei carburanti


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3.Con la locuzione “terziario diffuso” si definisce la combinazione delle seguenti destinazioni d’uso: pubblici esercizi; esercizi commerciali di vicinato; uffici; artigianato di servizio; uffici pubblici, sedi di associazioni varie. 4.Il riferimento nelle norme dei Titoli III e IV alle destinazioni principali sottintende la possibilità di prevedere tutte le loro articolazioni. Annessi e garage di pertinenza, quando non specificamente considerati, sono da ritenersi compresi. Usi non contemplati nell’elenco di cui al comma 2 potranno essere assimilati per analogia a quelli indicati. 5.Le variazioni di destinazioni d’uso, comunque in conformità alle previsioni del Prg, sono disciplinate secondo i modi di legge. 6.Nell’accertamento delle destinazioni d’uso legittimamente in atto, l’Amministrazione si avvale delle risultanze dei titoli abilitativi agli atti o, solo in mancanza di detti titoli, della classificazione catastale dell’immobile, ed eventualmente delle risultanze di accertamenti o di indagini comunque compiuti dalla pubblica autorità o, in via sussidiaria, dalle risultanze di atti privati con data certa o di atti di notorietà. Art. 23 - Interventi edilizi Gli interventi edilizi (tipi di intervento) sono quelli definiti dalle vigenti disposizioni di legge nazionale e regionale, in particolare dall’art. 3 del Dpr n. 380/2001, “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”. In particolare: - gli interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma dell’edificio preesistente sono interventi di “ristrutturazione edilizia”; - gli interventi consistenti nella totale o parziale demolizione e ricostruzione che, pur senza superare la volumetria dell’edificio preesistente, non ne mantengono la sagoma sono interventi di “nuova costruzione”; - gli interventi di ampliamento sono interventi di “nuova costruzione”.


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Titolo III – Disciplina generale del territorio

Art. 24 - Ripartizione del territorio comunale 1.La tavola 5p individua con apposita simbologia grafica cinque principali componenti del territorio comunale: - Territorio urbano edificato TE: parti del territorio comunale interamente o parzialmente interessate da insediamenti urbani da conservare, mantenere, adeguare o consolidare; - Territorio urbano di trasformazione TT: parti del territorio comunale interessate da insediamenti urbani da sottoporre a ristrutturazione o destinate a nuovi insediamenti urbani; - Territorio rurale TR: parti del territorio comunale esterne al territorio urbano destinate ad agricoltura, silvicoltura e zootecnia e da mantenere in condizione di naturalità; - Servizi e attrezzature S: parti del territorio comunale destinate a servizi, attrezzature e impianti di interesse generale; - Infrastrutture e attrezzature per la mobilità M: parti del territorio comunale destinate agli spazi e agli impianti per la mobilità e le comunicazioni.

Capo I Territorio urbano edificato

Art. 25 - Territorio urbano edificato TE Il territorio urbano edificato TE si articola in: TE1-Città storica, TE2Città consolidata, TE3-Città recente. Art. 26 - Città storica TE1 1.La Città storica TE1 individua le parti del Territorio urbano edificato nelle quali si riconoscono caratteri fisici di valore architettonico, storico e documentale da preservare. 2.La disciplina urbanistica della Città storica TE1 fa proprie le disposizioni del Piano di Recupero Generale di Coordinamento dei Piani di Recupero Particolareggiati definitivamente approvate con Deliberazione del Consiglio comunale n. 84 del 6/5/2005. Le disposizioni ivi contenute per le zone A sono da intendersi secondo le seguenti corrispondenze rispetto alle sigle di cui alla tavola 5p “Ripartizione del territorio comunale”: TE1.1=A1 (Nucleo di origine romana), TE1.2=A2 (Addizione rinascimentale), TE1.3=A3 (Borghi ed edilizia cresciuta lungo le direttrici storiche), TE1.4=A4 (Addizione del primo Novecento), TE1.5=A5 (Quartiere di edilizia operaia degli anni Trenta), TE1.6=A6 (Edilizia borghese del primo Novecento). 3.La disciplina urbanistica delle zone A7 di detto Piano di Recupero Generale di Coordinamento dei Piani di Recupero Particolareggiati è sostituita dalla presente normativa, fatti salvi i piani attuativi su


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zone A7 già adottati dal Consiglio comunale alla data d’adozione della Variante generale del Prg. Eventuali loro varianti non dovranno prevedere incremento della volumetria assentita. 4.La Città storica TE1 è zona di recupero ai sensi dell’art. 27 della legge n. 457/1978 e s.m.i. Art. 27 - Edifici e complessi di valore storico documentale in territorio urbano TE1.7 1.Le aree TE1.7 individuano singoli edifici e complessi unitari all’interno del territorio urbano costituenti oggetti detentori in sé di valore storico e documentale, beni in parte già individuati con specifico provvedimento dalla competente autorità. 2.Tipi di intervento consentiti: manutenzione, restauro e risanamento conservativo, demolizione (senza ricostruzione) delle sole superfetazioni incongrue rispetto all’impianto originario. 3.Destinazioni d’uso consentite: servizi collettivi di livello locale e urbano, residenze permanenti e temporanee, terziario diffuso, attività ricettive. Art. 28 - Spazi aperti della città storica interni ai lotti Gli spazi aperti interni ai lotti degli edifici facenti parte della Città storica TE1 (corti e cortili, pavimentati e/o trattati a orto o giardino) graficamente individuati sulla tavola 8p non possono essere edificati. Sono consentiti esclusivamente interventi funzionali alla conservazione delle pavimentazioni e/o degli impianti vegetali e quelli volti alla sistemazione e al recupero da preesistenti condizioni di degrado con rimozione degli eventuali manufatti incongrui. Art. 29 - Città consolidata TE2 1.La Città consolidata TE2 individua le parti del territorio urbano completamente o parzialmente edificate e configurate nelle proprie caratteristiche morfologiche e di impianto, con livelli prestazionali di qualità urbana e ambientale tali da non richiedere interventi di trasformazione. 2.Gli interventi nella Città consolidata devono perseguire obiettivi di mantenimento e qualificazione fisica delle dotazioni urbane, di miglioramento delle condizioni di salubrità dell’ambiente urbano, di qualificazione funzionale, di integrazione tra funzione abitativa e attività economiche e sociali con essa compatibili. 3.La Città consolidata TE2 si articola in: Città consolidata con prevalenza di residenza TE2.1; Città consolidata con prevalenza di attività economiche TE2.2. Art. 30 - Città consolidata con prevalenza di residenza TE2.1 1.Destinazioni d’uso ammesse: residenze e abitazioni collettive, attività ricettive (campeggi esclusi), terziario diffuso, cinema e teatri, artigianato di produzione (limitatamente alle attività compatibili con la residenza assentite in via preventiva dall’Asur competente per territorio), servizi e attrezzature collettive di livello locale e urbano, parcheggi, stazioni di servizio e distribuzione dei carburanti (secondo i criteri definiti dall’articolo 77). 2.La superficie utile lorda destinata alla residenza non potrà essere inferiore al 75% della superficie utile lorda dell’intero edificio. Questo rapporto percentuale dovrà essere tenuto presente come indicazione di massima per ogni intervento edilizio, comprese le variazioni della destinazione d’uso. 3.Tipi di intervento consentiti: manutenzione ordinaria, manutenzione


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straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, demolizione e ricostruzione, ampliamento fino alla Sul complessivamente consentita, nuova costruzione nei lotti liberi individuati sulla tavola 5p. 4.I lotti esistenti alla data del 30 aprile 2006 non possono essere frazionati a scopo edificatorio. 5.Gli interventi devono essere coerenti con l’impianto urbanistico circostante per quanto attiene alle caratteristiche morfotipologiche degli edifici, alle altezze, alla sistemazione esterna dell’area. Ai fini della valutazione dell’intervento nel contesto urbano, ogni progetto di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione dovrà essere corredato da un rilievo, cartografico e fotografico, dello stato di fatto delle aree e degli edifici confinanti. 6.Indici urbanistici: rapporto di copertura massimo = 40% della superficie fondiaria; superficie permeabile almeno pari al 50% della superficie scoperta del lotto; indice di utilizzazione fondiario (Sul/Sf) = 0,50 mq/mq. Negli interventi di ampliamento la superficie utile lorda già eventualmente esistente sul lotto è da intendersi inclusa nella Sul complessivamente realizzabile. 7.Gli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia dovranno rispettare le disposizioni dell’articolo 11 ,“Tutela e sviluppo del verde urbano”, delle “Norme per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario”, costituenti parte integrante delle presenti Norme tecniche di attuazione. 8.Strumenti d’intervento: titoli abilitativi di intervento diretto. Art. 31 - Città consolidata con prevalenza di attività economiche TE2.2 1.Destinazioni d’uso: industrie e artigianato di produzione, residenze e uffici connessi all’attività produttiva, artigianato di servizio, complessi terziari, uffici, centri commerciali, esercizi commerciali e commercio all’ingrosso, attrezzature per lo spettacolo, la ricreazione e il tempo libero, attività ricettive e pubblici esercizi, servizi e attrezzature collettive di livello locale e urbano, uffici pubblici, sedi di associazioni, impianti e servizi tecnici urbani, attrezzature di pubblico interesse, parcheggi, stazioni di servizio e distribuzione dei carburanti. 2.La superficie utile lorda destinata ad attività produttive industriali e terziarie non potrà essere inferiore al 75% della superficie utile lorda dell’intero edificio. Questo rapporto percentuale dovrà essere tenuto presente come indicazione di massima per ogni intervento edilizio, comprese le variazioni della destinazione d’uso. 3.La destinazione a complessi commerciali dovrà essere verificata con la specifica programmazione di settore e rispetto alle condizioni di contesto (accessibilità, compatibilità funzionale). La destinazione a complessi direzionali, ricettivi e per lo spettacolo, la ricreazione e il tempo libero dovrà essere verificata dall’Amministrazione comunale rispetto alle condizioni di contesto (accessibilità, compatibilità funzionale). 4.Tipi d’intervento consentiti: manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia, demolizione e ricostruzione, ampliamento fino alla Sul complessivamente consentita, nuova costruzione nei lotti liberi individuati sulla tavola 5p. 5.I lotti esistenti alla data del 30 aprile 2006 non possono essere frazionati a scopo edificatorio. 6.Ai fini della valutazione dell’intervento nel contesto urbano, ogni


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progetto di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione dovrà essere corredato da un rilievo, cartografico e fotografico, dello stato di fatto delle aree e degli edifici confinanti. 7.Strumenti d’intervento: titoli abilitativi di intervento diretto. 8.Indici urbanistici: rapporto di copertura massimo = 45% della superficie fondiaria; superficie permeabile almeno pari al 50% della superficie scoperta del lotto; H massima = ml. 9. 9.Il suolo nei depositi a cielo aperto dovrà avere un trattamento di superficie uniforme ed essere precisamente delimitato, fatte salve le prescrizioni di cui al comma precedente. 10.Per i nuovi complessi direzionali e ricettivi eventualmente assentiti, non si applicano i limiti di altezza di cui al comma 8, fatti salvi gli altri indici urbanistici ivi espressi. La Sul massima realizzabile è determinata in 0,8 mq per mq di superficie fondiaria. 11.Gli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia dovranno rispettare le disposizioni dell’articolo 11 ,“Tutela e sviluppo del verde urbano”, delle “Norme per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario”, costituenti parte integrante delle presenti Norme tecniche di attuazione. Art. 32 - Aree per attività economiche commerciali TE2.2a, direzionali TE2.2b e alberghiere TE2.2c 1.Con la sigla TE2.2a sono individuate aree specificamente dedicate a complessi commerciali e per lo spettacolo, la ricreazione, il tempo libero. Destinazioni d’uso ammesse: centri commerciali, esercizi commerciali in strutture con superficie di vendita media e grande; esposizioni merceologiche; attrezzature per lo spettacolo, la ricreazione, il tempo libero. Sono destinazioni d’uso complementari ammesse: pubblici esercizi. 2.Con la sigla TE2.2b sono individuate aree specificamente dedicate a complessi direzionali. Destinazioni d’uso ammesse: centri di attività terziarie-direzionali; centri congressuali e di ricerca. Sono destinazioni d’uso complementari ammesse: pubblici esercizi, esercizi commerciali di vicinato. 3.Con la sigla TE2.2c sono individuate aree specificamente dedicate a complessi ricettivi. Destinazioni d’uso ammesse: alberghi. Sono destinazioni d’uso complementari ammesse: pubblici esercizi; centri congressuali; centri per il fitness e la pratica sportiva. 4.Tipi di intervento ammessi: manutenzione ordinaria e straordinaria, ristrutturazione edilizia, nuova costruzione. 5.Indici urbanistici: rapporto di copertura massimo = 45% della superficie fondiaria; superficie permeabile almeno pari al 50% della superficie scoperta del lotto; indice di utilizzazione fondiario (Sul/Sf) = 0,8 mq/mq. 6.Strumenti di intervento: titoli abilitativi di intervento diretto. 7.Gli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia dovranno rispettare le disposizioni dell’articolo 11 ,“Tutela e sviluppo del verde urbano”, delle “Norme per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario”, costituenti parte integrante delle presenti Norme tecniche di attuazione. Art. 33 - Città recente TE3 1.Con la sigla TE3 sono individuate le parti del territorio urbano edificato interessate da piani attuativi ancora vigenti realizzati in tutto o in parte, o in corso di realizzazione.


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2.Sulle aree TE3 fino alla scadenza della validità dei rispettivi piani attuativi valgono le norme da essi definite. Allo scadere dei termini di validità di detti piani attuativi le aree entro i relativi perimetri vengono ricomprese: quelle utilizzate per l’edificazione residenziale nella Città consolidata con prevalenza di residenza TE2.1; quelle utilizzate per l’edificazione produttiva nella Città consolidata con prevalenza di attività economiche TE2.2; quelle a standard urbanistico nei Servizi e attrezzature computati a standard S1 e nei Parcheggi a standard M3.2, secondo il loro uso particolare; quelle per la mobilità nelle aree con tale destinazione. La Sul realizzabile non potrà in nessun caso superare quella assegnata dai piani attuativi scaduti.

Capo II Territorio urbano di trasformazione

Art. 34 - Territorio urbano di trasformazione TT Il territorio urbano di trasformazione TT si articola in TT1-Ambiti di nuova urbanizzazione, TT2-Ambiti da ristrutturare, TT3-Ambiti in trasformazione. Art. 35 - Ambiti di nuova urbanizzazione TT1 1.Gli ambiti (spazialmente continui o discontinui) destinati a nuovi complessi insediativi, individuati sulla tavola 5p con specifici perimetri e sigle (da TT1.1 a TT1.10) e qui di seguito elencati, sono interessati da interventi di nuova urbanizzazione edilizia: TT1.1 – Appennini alta 2-Piccitù (ambito discontinuo) TT1.2 – Ospedale-via Togliatti (ambito discontinuo) TT1.3 – Verziere TT1.4 – Fontedamo 1 TT1.5 – Fontedamo 2 (ambito discontinuo) TT1.6 – Minonna TT1.7 – Pantiere TT1.8 – Cartiere vecchie TT1.9 – Zipa verde TT1.10 – Aree di nuova edificazione Gli ambiti TT1.1, TT1.2, TT1.3, TT1.4, TT1.5, TT1.6, TT1.7, TT1.8, TT1.9 sono disciplinati dai commi 2-9 del presente articolo, le aree di nuova edificazione TT1.10 sono disciplinate dal successivo articolo 37. 2.Ognuno dei suddetti ambiti territoriali deve costituire oggetto di un unico piano attuativo che preveda l’applicazione della perequazione urbanistica sull’intera superficie territoriale. 3.La capacità edificatoria (Sul complessiva) realizzabile per ciascun ambito territoriale considerato e perimetrato si concentra sulle aree specificamente individuate, non campite come sede stradale o come standard urbanistici. 4.Gli ambiti di nuova urbanizzazione TT1 sono disciplinati secondo quattro modelli operativi: - un primo modello, nel quale ad un ambito territoriale unitario costituito da aree contigue è assegnata una capacità edificatoria complessiva, definita in valore assoluto di Sul, da realizzare sulle aree non campite dal Prg come sede stradale o come standard urbanistici, dimensionati questi ultimi in quantità sufficiente a integrare il corredo urbanizzativo prescritto dalle disposizioni vigenti e indicato dall’Amministrazione comunale


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come minimo necessario per l’urbanizzazione indotta dagli insediamenti previsti; - un secondo modello, nel quale l’ambito territoriale è costituito da più subambiti non contigui cui è assegnata una capacità edificatoria complessiva (per l’intero ambito) definita in valore assoluto di Sul, da realizzare sulle parti di uno o più dei subambiti non campite dal Prg come sede stradale o come standard urbanistici, dimensionati questi ultimi in quantità sufficiente a integrare il corredo urbanizzativo prescritto dalle disposizioni vigenti e indicato dall’Amministrazione comunale come minimo necessario per l’urbanizzazione indotta dagli insediamenti previsti; - un terzo modello, identico al primo (ambito territoriale unitario costituito da aree contigue), ma con una previsione di standard urbanistici non sufficienti a integrare il corredo urbanizzativo prescritto dalle vigenti disposizioni e indicato dall’Amministrazione comunale come minimo necessario per l’urbanizzazione indotta dagli insediamenti previsti, corredo che risulterà completo con l’individuazione, all’esterno dell’ambito territoriale, di altre aree da destinare a standard urbanistici o di opere da realizzare, specificate al comma 8 del presente articolo; - un quarto modello, identico al secondo (ambito territoriale costituito da più subambiti non contigui), ma con una previsione di aree per standard urbanistici non sufficienti a integrare il corredo urbanizzativo prescritto dalle vigenti disposizioni e indicato dall’Amministrazione comunale come minimo necessario per l’urbanizzazione indotta dagli insediamenti previsti, corredo che risulterà completo con l’individuazione, all’esterno dell’ambito territoriale, di altre aree da destinare a servizi e attrezzature collettive o di opere da realizzare, specificate al comma 8 del presente articolo. 5.Gli ambiti TT1.6, TT1.7, TT1.8 sono disciplinati con il primo modello, gli ambiti TT1.1, TT1.2 con il secondo modello, gli ambiti TT1.3, TT1.4, TT1.9 con il terzo modello, l’ambito TT1.5 con il quarto di cui al precedente comma 4. 6.Per ciascuna operazione disciplinata da piano attuativo le prestazioni dovute dagli operatori privati: a) quanto alla cessione di aree per infrastrutture stradali e, più in generale, per infrastrutture a rete, sono definite in relazione allo specifico fabbisogno accertato con riferimento alle esigenze di allacciamento, di adeguamento e di potenziamento delle reti esistenti; b) quanto alla cessione delle aree per standard urbanistici, sono definite in conformità a quanto disposto dalla vigente legislazione (con riferimento sia alle aree a standard di livello locale -21 mq/ab- sia alle aree a standard di livello generale -17,5 mq/ab-), dal Prg e, in relazione al fabbisogno specifico eventualmente maggiore, dal piano attuativo; c) quanto all’esecuzione di opere, sono definite in relazione al peculiare fabbisogno accertato sia per l’urbanizzazione primaria e secondaria del singolo ambito sia per la realizzazione delle infrastrutture viarie e dei servizi che, sebbene esterni all’ambito, costituiscono complemento necessario per la corretta integrazione dei nuovi insediamenti nel sistema urbano. Comunque la prestazione per contributi di urbanizzazione non può essere inferiore a quella dovuta per interventi diretti (non soggetti a piano attuativo). 7.L’eventuale frazionamento di un ambito di pianificazione


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attuativa, individuato come unitario, è consentito solo a seguito di una favorevole valutazione di utilità effettuata dal Consiglio comunale sulla base di un progetto preliminare e di una verifica di fattibilità economica riferiti all’intero ambito nella sua nuova sottoarticolazione. 8.Quantità e Situazioni TT1.1 – Appennini alta 2-Piccitù: Sul complessiva 7.000 mq, residenziale. I diritti edificatori sono ripartiti come segue: 5.500 mq di Sul sono uniformemente attribuiti alle proprietà comprese nel subambito Appennini alta 2; 1.500 mq di Sul sono uniformemente attribuiti alle proprietà comprese nel subambito Piccitù. L’intera quota di edificazione (Sul) attribuita all’ambito TT1.1 si deve concentrare nel subambito Appennini Alta 2. 5.799 mq di standard urbanistici devono essere reperiti nel subambito Appennini Alta 2 come indicato sulla tavola 5p; l’intero subambito Piccitù è destinato a parco (opera di complemento essenziale all’operazione di trasformazione urbanistica) e costituisce area di cessione all’Amministrazione per effetto del trasferimento dei relativi diritti edificatori. Indirizzi, prescrizioni specifiche e progettuali: Situazione “Appennini” (art. 79 e tavola 6p). TT1.2 – Ospedale-via Togliatti: Sul complessiva 9.500 mq, residenziale. Le aree non destinate all’edificazione, cartograficamente individuate sulla tavola 5p, sono cedute all’Amministrazione per la realizzazione del parco dell’ospedale e delle connesse attrezzature in quanto opere di complemento essenziali all’operazione di trasformazione urbanistica. Indirizzi, prescrizioni specifiche e progettuali: Situazione “Ospedale” (art. 80 e tavola 6p). TT1.3 – Verziere: Sul complessiva 15.600 mq, residenziale. L’edificazione (Sul) attribuita all’ambito TT1.3 dovrà essere così ripartita: 9.200 mq nel settore a nord dell’attuale via del Verziere, 6.400 mq nel settore a sud. 8.190 mq di standard urbanistici devono essere reperiti all’interno dell’ambito come cartograficamente indicato nella tavola 5p. La realizzazione del nuovo tratto stradale del Verziere costituisce opera di complemento essenziale all’operazione di trasformazione urbanistica. Indirizzi, prescrizioni specifiche e progettuali: Situazione “PratoVerziere” (art. 83 e tavola 6p). TT1.4 – Fontedamo 1: Sul complessiva 41.500 mq, di cui 26.000 mq terziario-direzionale e 15.500 mq residenziale. 8.148 mq di standard urbanistici devono essere reperiti all’interno dell’ambito come cartograficamente indicato nella tavola 5p. La realizzazione del nodo stradale all’intersezione delle vie Ghislieri e Fontedamo su via Ancona costituisce opera di complemento essenziale all’operazione di trasformazione urbanistica. TT1.5 – Fontedamo 2: Sul complessiva 2.500 mq, residenziale. L’intera quota di edificazione (Sul) attribuita all’ambito TT1.5 si deve concentrare nel subambito a est della via Ghisleri. 1.302 mq di standard urbanistici devono essere reperiti all’interno dell’ambito come cartograficamente indicato nella tavola 5p. La realizzazione del nodo stradale all’intersezione delle vie Ghislieri e Fontedamo su via Ancona costituisce opera di complemento essenziale all’operazione di trasformazione urbanistica.


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TT1.6 – Minonna: Sul complessiva 1.800 mq, residenziale. Gli standard urbanistici, per complessivi 1.694 mq, sono reperiti all’interno dell’ambito come cartograficamente indicato nella tavola 5p. TT1.7 – Pantiere: Sul complessiva 6.200 mq, residenziale. Gli standard urbanistici, per complessivi 5.967 mq, sono reperiti all’interno dell’ambito come cartograficamente indicato nella tavola 5p. TT1.8 – Cartiere vecchie: Sul complessiva 20.000 mq, di cui 15.000 mq industriale-artigianale, 5.000 residenziale. Gli standard urbanistici, per complessivi 8.180 mq, sono reperiti all’interno dell’ambito come cartograficamente indicato nella tavola 5p. Indirizzi, prescrizioni specifiche e progettuali: Situazione “Asta ferroviaria” (art. 85 e tavola 6p). TT1.9 – Zipa verde: Sul complessiva 143.000 mq, industrialeterziaria. La realizzazione dell’Asse sud e dell’area sportivo-ricreativa cartograficamente individuata sulla tavola 5p sono opere di complemento essenziali all’operazione di trasformazione urbanistica. 9.Permeabilità dei suoli Negli ambiti di nuova urbanizzazione TT1.1, TT1.2, TT1.3, TT1.4, TT1.5, TT1.6, TT1.7, TT1.8, TT1.9 l’indice minimo di permeabilità dei suoli è fissato in ragione del 40% è fissato in ragione del 40% della superficie complessiva destinata all’edificazione (superficie fondiaria). 10.Destinazioni d’uso ammesse TT1.1. – Appennini alta 2-Piccitù Appennini alta 2: residenze, esercizi commerciali di vicinato, servizi e attrezzature collettive di livello locale. Piccitù: parco urbano. TT1.2 – Ospedale-via Togliatti Ospedale: servizi e attrezzature sanitarie e ospedaliere, parco urbano, parcheggi, residenze. Via Togliatti: parco urbano, parcheggi, residenze. TT1.3 – Verziere Residenze, esercizi commerciali di vicinato, servizi e attrezzature collettive di livello locale, parcheggi. TT1.4 – Fontedamo 1 Complesso terziario, residenze, servizi e attrezzature collettive di livello locale, parcheggi. TT1.5 – Fontedamo 2 Residenze, servizi e attrezzature collettive di livello locale. TT1.6 – Minonna Residenze, servizi e attrezzature collettive di livello locale, terziario diffuso, parcheggi. TT1.7 – Pantiere Residenze, servizi e attrezzature collettive di livello locale, parcheggi. TT1.8 – Cartiere vecchie Industrie e artigianato di produzione, residenze, servizi e attrezzature collettive di livello locale, parcheggi. TT1.9 – Zipa verde Industrie e artigianato di produzione (compatibili con l’ecodistretto), complessi terziari, servizi e attrezzature collettive di livello urbano, attrezzature per lo spettacolo, la ricreazione, il


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tempo libero, parcheggi. 14.Prescrizioni particolari TT1.3 – Verziere Nell’ambito di trasformazione TT1.3-Verziere sul fronte sud del nuovo insediamento dovranno realizzarsi fasce arboree di rispetto che costituiscano un’adeguata barriera di protezione sia dalla nuova strada prevista dal Prg sia dalle aree a destinazione agricola, in modo da minimizzare i rischi derivanti dall’esposizione a prodotti fitosanitari eventualmente utilizzati per la coltivazione. TT1.4 – Fontedamo 1 Nell’attuazione dell’ambito di trasformazione TT1.4-Fontedamo 1, per il suo spiccato carattere residenziale, dovranno adottarsi criteri costruttivi e opere di mitigazione (tra cui l’utilizzo di tecniche e materiali di abbattimento acustico e risparmio energetico) e l’insediamento dovrà dotarsi di ampi spazi di verde pubblico e privato, atti a ridurre gli effetti del traffico veicolare e dei fattori inquinanti. Ai fini della mitigazione degli impatti la fascia riservata al corridoio ecologico del Fosso Fonte Albino è ampliata a metri 30 per lato, da destinarsi a vegetazione arboreo-arbustiva anche rada, come rinforzo della fascia ripariale. TT1.5 – Fontedamo 2 Nell’attuazione dell’ambito di trasformazione TT1.5-Fontedamo 2, per il suo spiccato carattere residenziale, dovranno adottarsi criteri costruttivi e opere di mitigazione (tra cui l’utilizzo di tecniche e materiali di abbattimento acustico e risparmio energetico) e l’insediamento dovrà dotarsi di ampi spazi di verde pubblico e privato, atti a ridurre gli effetti del traffico veicolare e dei fattori inquinanti. Ai fini della mitigazione degli impatti la fascia riservata al corridoio ecologico del Fosso Fonte Albino è ampliata a metri 30 per lato, da destinarsi a vegetazione arboreo-arbustiva anche rada, come rinforzo della fascia ripariale. TT1.7 – Pantiere Nella fase attuativa della zona TT1.7-Pantiere, le analisi geotematiche dovranno contenere lo schema della circolazione idrica sotterranea, nonché definire l’eventuale interferenza tra le possibili oscillazioni piezometriche e le eventuali strutture interrate, per gli opportuni correttivi alle modalità d’intervento. Ai fini della mitigazione degli impatti, entro la fascia del corridoio ecologico del Fosso del Lupo e del Vallato il suolo ammette unicamenti usi che lo mantenengano in condizioni di completa permeabilità. TT1.8 – Cartiere vecchie Per l’attuazione delle zone TT1.8-Cartiere vecchie e S5-via Cartiere vecchie, oltre all’obbligatorio rispetto della vigente normativa in materia di tutela delle acque, si prescrive di adottare i più opportuni accorgimenti atti a impedire l’inquinamento, anche accidentale, dei corpi idrici recettori. A tal fine, nelle suddette zone, dovrà prevedersi la posa in opera di piezometri e la realizzazione di pozzi per il controllo periodico della qualità delle acque. TT1.9 – Zipa verde Per l’attuazione della zona TT1.9-Zipa Verde, oltre all’obbligatorio rispetto della vigente normativa in materia di tutela delle acque, si prescrive di adottare i più opportuni accorgimenti atti a impedire l’inquinamento, anche accidentale, dei corpi idrici recettori. A tal fine, nelle suddette zone, dovrà prevedersi la posa in opera


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di piezometri e la realizzazione di pozzi per il controllo periodico della qualità delle acque. In riferimento all’area contraddistinta con sigla S1.2 nell’ambito di trasformazione TT1.9-Zipa Verde, qualora destinata in sede di pianificazione attuativa ad ospitare anche manifestazioni culturali e/o spettacoli all’aperto, tali manifestazioni e spettacoli dovranno essere di volta in volta autorizzati previo parere degli enti competenti in ragione delle possibili ricadute sull’oasi “Ripa Bianca”. Ai fini della mitigazione degli impatti, in sede di pianificazione attuativa la fascia del corridoio ecologico del Fosso Fonte Albino dovrà essere oggetto di riqualificazione e ulteriore protezione, prevedendo nella aree limitrofe usi che mantengano il suolo completamente permeabile, con ricca vegetazione. Nelle aree destinate alla ricreazione si suggerisce in particolare la riproposizione di ambienti umidi e igrofili, per mantenere una connessione con l’ambiente principale del Fiume Esino. Art. 36 - Ambiti da ristrutturare TT2 1.Gli ambiti (spazialmente continui o discontinui) da ristrutturare TT2, individuati sulla tavola 5p con specifici perimetri e sigle e qui di seguito elencati, sono zone di recupero ai sensi dell’art. 27 della legge n. 457/1978 e s.m.i.: TT2.1 – Consorzio agrario TT2.2 – Cascamificio TT2.3 – Via Campania-via Don Minzoni (ambito discontinuo) TT2.4 – Via Guerri TT2.5 – Aree di ristrutturazione Gli ambiti TT2.1, TT2.2, TT2.3, TT2.4 sono disciplinati dai commi 2-9 del presente articolo, le aree di ristrutturazione TT2.5 sono disciplinate dal successivo articolo 37. 2.Gli ambiti TT2.1, TT2.2, TT2.3, TT2.4 devono costituire oggetto di un’unica operazione urbanistica disciplinata da un unico piano attuativo che preveda l’applicazione della perequazione urbanistica sull’intera superficie territoriale. Sono consentiti, a seguito dell’approvazione del piano attuativo, interventi di demolizione con ricostruzione (ferme restando le disposizioni per le aree TE1 della Città storica eventualmente ricomprese all’interno del perimetro dell’ambito da ristrutturare). 3.La capacità edificatoria (Sul complessiva) realizzabile per ciascun ambito territoriale considerato e perimetrato si concentra sulle aree specificamente individuate, non campite come sede stradale o per standard urbanistici. Quando all’interno dell’ambito siano identificate e perimetrate aree con sigla TE1 (Città storica), la Sul complessiva include anche quella degli edifici in esse compresi. Gli edifici esistenti (non costituenti parte della Città storica) ricompresi in aree S2 e S3 nell’operazione di ristrutturazione urbanistica andranno demoliti e non ricostruiti per realizzare orti e giardini e garantire condizioni di continuità ambientale ed ecologica. 4.Gli ambiti da ristrutturare TT2 sono disciplinati secondo tre modelli operativi: - un primo modello, nel quale ad un ambito territoriale unitario costituito da aree contigue è assegnata una capacità edificatoria complessiva, definita in valore assoluto di Sul, da realizzare sulle aree non campite dal Prg come sede stradale o


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per standard urbanistici, dimensionati questi ultimi in quantità sufficiente a integrare il corredo urbanizzativo prescritto dalle disposizioni vigenti e indicato dall’Amministrazione comunale come minimo necessario per l’urbanizzazione indotta dagli insediamenti previsti; - un secondo modello, identico al primo (ambito territoriale unitario costituito da aree contigue), ma con una previsione di aree per standard urbanistici non sufficiente a integrare il corredo urbanizzativo prescritto dalle vigenti disposizioni e indicato dall’Amministrazione comunale come minimo necessario per l’urbanizzazione indotta, corredo che risulterà completo con l’individuazione, all’esterno dell’ambito territoriale, di altre aree da destinare a standard urbanistici o di opere da realizzare, specificate al comma 8 del presente articolo; - un terzo modello, nel quale l’ambito territoriale è costituito da più subambiti non contigui cui è assegnata una capacità edificatoria complessiva (per l’intero ambito), definita in valore assoluto di Sul, da realizzare sulle parti di uno o più dei subambiti non campite dal Prg come sede stradale o per standard urbanistici, dimensionati questi ultimi in quantità sufficiente a integrare il corredo urbanizzativo prescritto dalle vigenti disposizioni e indicato dall’Amministrazione comunale come minimo necessario per l’urbanizzazione indotta. 5.L’ambito TT2.1 è disciplinato con il primo modello, gli ambiti TT2.2 e TT2.4 con il secondo modello, l’ambito TT2.3 con il terzo modello di cui al precedente comma 4. 6.Per ciascuna operazione disciplinata da piano attuativo le prestazioni dovute dagli operatori privati: a) quanto alla cessione di aree per infrastrutture stradali e per infrastrutture a rete, sono definite in relazione allo specifico fabbisogno accertato con riferimento anche alle esigenze di allacciamento, di adeguamento e di potenziamento delle reti esistenti; b) quanto alla cessione delle aree per standard urbanistici, sono definite in conformità a quanto disposto dalla vigente legislazione (con riferimento sia alle aree a standard di livello locale -21 mq/ab- sia alle aree a standard di livello generale -17,5 mq/ab-), dal presente Prg e, in relazione al fabbisogno specifico eventualmente maggiore, dal piano attuativo; c) quanto all’esecuzione di opere, sono definite in relazione al peculiare fabbisogno accertato sia per l’urbanizzazione primaria e secondaria del singolo ambito sia per la realizzazione delle infrastrutture viarie e dei servizi che, sebbene esterni all’ambito, costituiscono complemento necessario per la corretta integrazione dei nuovi insediamenti nel sistema urbano. Comunque la prestazione per contributi di urbanizzazione non può essere inferiore a quella dovuta per interventi diretti (non soggetti a pianificazione attuativa). 7.L’eventuale frazionamento di un ambito di pianificazione attuativa, individuato come unitario, è consentito solo a seguito di una favorevole valutazione di utilità effettuata dal Consiglio comunale sulla base di un progetto preliminare e di una verifica di fattibilità economica riferiti all’intero ambito nella sua nuova sottoarticolazione. 8.Quantità e Situazioni TT2.1 – Consorzio agrario: Sul complessiva 12.500 mq, di cui 7.800 mq residenziale e 4.700 mq mista. Gli standard urbanistici, per complessivi 12.174 mq, sono reperiti


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all’interno dell’ambito come cartograficamente indicato nella tavola 5p. Indirizzi, prescrizioni specifiche e progettuali: Situazione “Asta ferroviaria” (art. 85 e tavola 6p). TT2.2 – Cascamificio: Sul complessiva 7.500 mq, di cui 3.750 mq residenziale e 3.750 mq mista. 5.795 mq di standard urbanistici devono essere reperiti all’interno dell’ambito come cartograficamente indicato nella tavola 5p. La realizzazione del prolungamento di via Latini costituisce opera di complemento essenziale all’operazione di trasformazione urbanistica. Indirizzi, prescrizioni specifiche e progettuali: Situazione “Asta ferroviaria” (art. 85 e tavola 6p). TT2.3 – Via Campania-via Don Minzoni: Sul complessiva 24.000 mq, di cui 20.000 mq residenziale e 4.000 commerciale. 13.740 mq di standard urbanistici devono essere reperiti all’interno dell’ambito come cartograficamente indicato nella tavola 5p. La realizzazione di un edificio scolastico e le sistemazioni stradali entro la Situazione “Smia” costituiscono opere di complemento essenziali all’operazione di trasformazione urbanistica. Indirizzi, prescrizioni specifiche e progettuali: Situazione “Smia” (art. 84 e tavola 6p). TT2.4 – Via Guerri: Sul complessiva 14.000 mq, di cui 2.800 mq residenziale e 11.200 mq mista. 11.767 mq di standard urbanistici devono essere reperiti all’interno dell’ambito come cartograficamente indicato nella tavola 5p. La realizzazione di un sottopasso ferroviario costituisce opera di complemento essenziale all’operazione di trasformazione urbanistica. Indirizzi, prescrizioni specifiche e progettuali: Situazione “PratoVerziere” (art. 83 e tavola 6p). 8.Permeabilità dei suoli Negli ambiti da ristrutturare TT2.1, TT2.2, TT2.3, TT2.4 l’indice minimo di permeabilità dei suoli è fissato in ragione del 40% della superficie complessiva destinata all’edificazione (superficie fondiaria). Destinazioni d’uso ammesse TT2.1 – Consorzio agrario Residenze, attività ricettive, terziario diffuso, servizi e attrezzature collettive di livello locale, parcheggi. TT2.2 – Cascamificio Residenze, attività ricettive, terziario diffuso, servizi e attrezzature di livello locale, parcheggi. TT2.3 – Via Campania-via Don Minzoni Residenze, esercizi commerciali ed esposizioni merceologiche, servizi e attrezzature collettive di livello locale, parcheggi. TT2.4 – Via Guerri Residenze, pubblici esercizi, uffici, attrezzature di tipo commerciale per la ricreazione e il tempo libero, servizi e attrezzature collettive di livello locale, parcheggi. Art. 37 - Aree di nuova edificazione TT1.10 e di ristrutturazione TT2.5 1.Nelle Aree di nuova edificazione TT1.10 sono ammessi interventi di nuova costruzione a seguito dell’approvazione di piano attuativo. Nelle Aree di ristrutturazione TT2.5, oltre a interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, demolizione


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(senza ricostruzione) delle superfetazioni incongrue rispetto all’impianto originario (sempre ammessi con intervento diretto), sono consentiti, a seguito dell’approvazione di piano di recupero, interventi di ristrutturazione edilizia e di demolizione con ricostruzione (ferme restando le disposizioni per le aree TE1 della Città storica eventualmente ricomprese all’interno del perimetro dell’area TT2.5). 2.Ognuna delle aree contraddistinte con sigla TT1.10 e TT2.5 deve costituire oggetto di un unico piano attuativo che preveda l’applicazione della perequazione urbanistica sull’intera superficie territoriale dell’area stessa. Nel piano medesimo le aree scoperte devono essere sottoposte ad uno studio di dettaglio e ad interventi di valorizzazione delle essenze arboree eventualmente presenti e di incremento delle stesse con previsione di messa a dimora di essenze autoctone, secondo le disposizioni dell’articolo 11, “Tutela e sviluppo del verde urbano”, delle “Norme per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario”, costituenti parte integrante delle presenti Norme tecniche di attuazione. Nelle aree TT2.5 il piano attuativo deve definire e regolamentare le specifiche categorie di intervento consentite per ogni edificio. 3.Per ciascuna operazione disciplinata da piano attuativo le prestazioni dovute dagli operatori privati sono disciplinate come da comma 6 dell’art. 35. Ove l’individuazione delle aree per standard urbanistici nell’ambito territoriale oggetto del piano attuativo risulti impossibile o sia considerata dall’Amministrazione non opportuna per ragioni ambientali, di conformazione urbana o funzionali, l’obbligazione dev’essere adempiuta contribuendo, per un valore analogo, all’acquisizione delle aree previste in zone limitrofe e/o alle opere necessarie alla loro funzione non ancora realizzate. 4.Destinazioni d’uso consentite: residenze (permanenti e temporanee), artigianato di servizio, terziario diffuso, servizi e attrezzature collettive di livello locale e urbano, industrie e artigianato di produzione (limitatamente alle attività compatibili con le condizioni di contesto). 5.Indice di utilizzazione territoriale massimo: nelle aree TT1.10 0,20 mq di Sul per metro quadrato di St; nelle aree TT2.5 0,40 mq di Sul per metro quadrato di St. Gli edifici eventualmente esistenti che non siano oggetto di demolizione concorrono al computo della Sul complessiva. Indice minimo di permeabilità: nelle aree TT1.10 e nelle aree TT2.5 40% della superficie complessiva destinata all’edificazione (superficie fondiaria). 6.Per l’attuazione della zona TT1.10-area di nuova edificazione su via del Verziere, oltre all’obbligatorio rispetto della vigente normativa in materia di tutela delle acque, si prescrive di adottare i più opportuni accorgimenti atti a impedire l’inquinamento, anche accidentale, dei corpi idrici recettori. A tal fine, nelle suddette zone, dovrà prevedersi la posa in opera di piezometri e la realizzazione di pozzi per il controllo periodico della qualità delle acque. Art. 38 - Ambiti in trasformazione TT3 1. Gli ambiti in trasformazione TT3, compresi nell’elenco seguente, interessati da interventi di nuova urbanizzazione e ristrutturazione urbanistica, sono, alla data d’adozione della presente normativa, oggetto di varianti parziali specifiche al Prg e/o di piani attuativi


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approvati o in corso di approvazione: TT3.1 – Appennini alta 1 TT3.2 – Appennini bassa TT3.3 – Grotte di Frasassi TT3.4 – Foro Boario TT3.5 – Fater TT3.6 – S. Maria del Piano 1 TT3.7 – Pieralisi TT3.8 – Cartiera Ripanti TT3.9 – Vecchio Ospedale TT3.10 – Freddi TT3.11 – S. Maria del Piano 2 TT3.12 – Asse sud-Gallodoro 2 2.Gli ambiti TT3 restano disciplinati dai medesimi indici e parametri urbanistici, destinazioni d’uso e tipi d’intervento edilizio disposti dai piani medesimi.

Capo III Territorio rurale

Art. 39 - Territorio rurale TR 1.Il territorio rurale si articola in: Aree agricole TR1, Aree rurali di pregio TR2, Corridoi ecologici TR3, Aree rurali di rischio TR4, Isole della produzione in territorio rurale TR5, Aree di frangia TR6. 2.Le norme generali per il territorio rurale TR di cui al presente articolo sono dettagliate con le integrazioni e limitazioni di cui ai successivi articoli del titolo III. 3.Le nuove costruzioni e il recupero del patrimonio edilizio esistente in territorio rurale sono disciplinati dalle disposizioni della Lr. 13/1990 e s.m.i., con le limitazioni di cui ai successivi articoli. La costruzione di nuove abitazioni rurali su fondi privi di casa colonica di cui all’art. 4 della Lr 13/1990 è comunque subordinata alle condizioni: a) che il fondo privo di abitazione risulti da frazionamento avvenuto da almeno 5 anni alla data della richiesta del titolo abilitativo; b) che sia rispettato l’indice fondiario massimo di densità di 0,03 mc/mq, assumendo a riferimento la situazione della proprietà esistente 20 anni prima della richiesta del titolo abilitativo. 4.I cambi di destinazione d’uso degli edifici non più utilizzati per l’attività agricola, di cui all’art. 6, comma 3 della Lr 13/1990, sono consentiti con le limitazioni prescritte dall’art. 43 “Edifici rurali abbandonati di recupero residenziale”. 5.Non sono ammessi cambi di destinazione di edifici ad uso agricolo nei Corridoi ecologici TR3 e nelle Aree rurali di rischio TR4. 6.Nello svolgimento dell’attività agricola, il cambio delle colture in atto è comunque consentito, purché questo non distrugga o alteri elementi e caratteri paesistico-ambientali sottoposti a tutela e salvaguardia. 7.Nel territorio rurale TR, ove ammesso, l’insediamento di attività industriali agricole (allevamenti zootecnici di tipo industriale; industrie forestali; lavorazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli) è comunque subordinato a una delibera del Consiglio comunale che attesti l’idoneità della destinazione d’uso, valutandone esplicitamente la sostenibilità e compatibilità ambientale e le eventuali opere di mitigazione richieste.


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8.Ai fini della tutela delle risorse vegetali, in tutto il Territorio rurale TR vigono le prescrizioni di cui alle “Norme per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario”, allegato costituente parte integrante delle presenti Nta. 9.Il Prg, recependo le indicazioni del Piano paesistico ambientale regionale vigente, non ammette la possibilità di aprire nuove cave nelle Aree rurali di pregio TR2, nei Corridoi ecologici TR3, nelle Aree rurali di rischio TR4. Le eventuali disposizioni di settore sovraordinate alla pianificazione comunale dovranno comunque comporsi in una programmazione delle attività estrattive che garantisca i requisiti di sostenibilità paesistico-ambientale affermati dal Ppar stesso e definisca tempi e modi di recupero dopo la cessazione delle attività estrattive. 10.Quali elementi strutturanti del paesaggio, per le strade rurali si prescrive il mantenimento delle dimensioni e dell’andamento originari, e delle eventuali pavimentazioni e arredi particolari, fatti salvi gli interventi di adeguamento per motivi di sicurezza viaria. 11.Nei fondi agricoli prospicienti le scarpate stradali le arature dovranno essere interrotte ad una distanza di almeno 2 metri dal piede della scarpata e, in caso di terreno acclive, comunque orientando l’aratura sempre verso monte, onde evitare di compromettere nel tempo la stabilità delle scarpate stesse e conseguentemente del corpo stradale. Art. 40 - Aree agricole TR1 1.Sono le aree del territorio rurale a piena vocazione agricola: vi sono consentite le attività di cui all’art. 1, comma 2 della Lr n. 13/1990, compresi l’agriturismo e il turismo rurale, di cui alla Lr n. 27/1999, e le attività per servizi collettivi che non distruggano o alterino elementi e caratteri paesistico-ambientali sottoposti a tutela e salvaguardia. 2.Sono disciplinate dalle norme di cui al precedente articolo 39. Art. 41 - Aree rurali di pregio TR2 1.Costituiscono elementi di pregio del territorio rurale gli Edifici di valore storico documentale in territorio rurale TR2.1, il Sistema delle ville TR2.2, il Paesaggio agrario storico TR2.3, così come le Aree archeologiche (art. 45), le risorse del Patrimonio botanicovegetazione (art. 47), le Aree panoramiche (art. 48), la Riserva naturale regionale (art. 49), il Sito di interesse comunitario e Zona a protezione speciale (art. 50), i Crinali (art. 52) i Versanti (art. 53), le Emergenze geologiche (art. 54). Costituiscono altresì risorse territoriali da valorizzare ai fini del presidio attivo del territorio rurale gli Edifici rurali abbandonati di recupero residenziale (art. 43). 2.Nelle aree TR2 è consentita solo l’attività agricola con le limitazioni e integrazioni disposte dai successivi articoli specifici. Art. 42 - Edifici e complessi di valore storico documentale in territorio rurale TR2.1 1.Al fine di garantirne la necessaria tutela e valorizzazione, sulla tavola 5p con la sigla TR2.1 si individuano singoli edifici e complessi unitari costituenti oggetti detentori in sé di valori storici, architettonici, paesaggistici e documentali. 2.Le aree TR2.1 sono comprensive dei beni culturali e paesaggistici vincolati di cui al Decreto legislativo n. 42/2004, “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, degli ambiti di tutela degli edifici e dei


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manufatti storici extraurbani di cui all’articolo 40 del Ppar vigente, nonché dei fabbricati rurali di valore storico e architettonico riconosciuti ai sensi dell’articolo 15 della legge regionale 13/1990 e del relativo censimento. 3.Nelle aree TR2.1 sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria che non comporti alterazione alcuna ai prospetti edilizi, restauro e risanamento conservativo, demolizione (senza ricostruzione) delle sole superfetazioni incongrue rispetto all’impianto originario. Sono destinazioni d’uso consentite: attività per la coltivazione dei fondi, la silvicoltura, la zootecnia; abitazioni agricole; attività agrituristiche; turismo rurale; servizi e attrezzature collettive. 4.Nelle aree TR2.1 si applicano le norme di tutela integrale di cui agli articoli 26 e 27 delle Nta del Ppar vigente. Non sono ammesse le opere di mobilità e gli impianti tecnologici fuori terra, indicati all’art. 45 del Ppar, nonché i movimenti di terra che alterino in modo sostanziale e/o stabilmente il profilo del terreno. Sono ammessi gli interventi di riqualificazione produttiva agrosilvo-pastorale dei fondi, la piantata di filari e di alberate, siepi vive, volti al recupero dei caratteri paesistico-ambientali. 5.Il prescritto censimento dei fabbricati rurali (art. 15, comma 1, Lr 13/1990) ha portato all’individuazione di tre categorie di edifici: a) edifici di valore storico e architettonico, di cui al comma 2 del presente articolo (tra cui quelli caratterizzati dalla presenza di bigattiera centrale o laterale); b) edifici con elementi di pregio, individuati con simbologia puntiforme sulla tavola 5p (caratterizzati dalla presenza di elementi morfotipologici di qualche interesse); c) edifici per i quali non sono previste particolari prescrizioni e che restano disciplinati dalle norme generali per le costruzioni in territorio rurale, con le specifiche limitazioni e integrazioni relative agli ambiti entro cui essi ricadono. 6.Sugli edifici con elementi di pregio di cui al comma 5, lettera b (edifici che possono ricadere in qualunque sottoripartizione del territorio rurale TR): a) sono ammessi interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, con le eventuali limitazioni previste per l’ambito del territorio rurale di cui sono parte; b) il titolo abilitativo è subordinato alla presentazione e alla preventiva valutazione da parte dell’Amministrazione comunale di un progetto preliminare corredato di esauriente documentazione, anche fotografica di dettaglio, del manufatto edilizio esistente e degli elementi caratteristici che l’intervento si impegna a salvaguardare, valorizzare e/o riproporre. Art. 43 - Edifici rurali abbandonati di recupero residenziale 1.Ai fini del presidio attivo del patrimonio edilizio rurale, nelle sole parti del territorio rurale classificate come Aree agricole TR1 o come Aree rurali di pregio TR2, gli edifici abbandonati e graficamente individuati con apposita simbologia sulla tavola 5p e i relativi annessi originali (purché consistenti in edifici in muratura chiusi su tutti i lati) possono costituire oggetto di variazione della destinazione d’uso alle seguenti condizioni: a) che sia confermata, a mezzo di specifica documentazione, la circostanza che gli edifici stessi non fossero, neppure alla data del 30 aprile 2006, più utilizzati per la conduzione del fondo od al servizio di azienda agricola;


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b) che la variazione sia realizzata a mezzo di interventi di restauro, di risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia, fatte salve le limitazioni relative agli edifici di cui al precedente articolo 42; c) che le destinazioni d’uso siano le seguenti: residenze, servizi e attrezzature collettive, agriturismo e turismo rurale; d) che l’edificio oggetto della variazione della destinazione d’uso si trovi in prossimità di strada pubblica asfaltata (a non più di 50 metri) e della rete idrica (a non più di 150 metri). 2.L’individuazione cartografica di cui al comma 1 è periodicamente aggiornata in concomitanza della revisione, con cadenza biennale, del censimento degli edifici rurali abbandonati. Art. 44 - Sistema delle ville TR2.2 1.L’ambito TR2.2 individua un sistema di aree di valore paesaggistico costituenti inviluppo di un complesso di ville e rispettivi parchi, proposto per l’apposizione di un vincolo ai sensi del Dl 42/2004. 2.In questo ambito, indipendentemente dal perimetro definitivo eventualmente stabilito dalla competente autorità, non è ammesso alcun tipo di nuova edificazione, se non ad esclusivo uso agricolo. Per gli edifici esistenti sono ammessi interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo. 3.In caso di dismissione integrale o parziale delle attività produttive già insediate alla data del 30 aprile 2006, le aree liberate debbono essere recuperate all’attività agricola. Sono destinazioni d’uso ammesse: servizi collettivi, residenze temporanee. Art. 45 - Aree archeologiche in territorio rurale e urbano 1.Nelle aree archeologiche cartograficamente individuate sulla tavola 5p non sono ammessi interventi di nuova edificazione o di trasformazione dei luoghi e devono essere incentivati lo studio e la valorizzazione delle presenze archeologiche, soprassuolo e sottosuolo. 2.Nelle aree archeologiche: - gli interventi che comportano modifiche del suolo non edificato, mediante movimenti di terreno, sono subordinati alla preventiva autorizzazione della Soprintendenza archeologica; - in territorio rurale è ammessa l’ordinaria utilizzazione agricola dei terreni, fatto salvo che gli scavi o le arature con profondità superiore a cm. 50 devono essere autorizzati dalla Soprintendenza archeologica. Art. 46 - Paesaggio agrario storico TR2.3 1.Peculiarità della maglia poderale, elementi e tracce di particolari tecniche agricole storiche e di insiemi colturali tradizionali, diffusi manufatti agricoli e presenze vegetazionali caratteristiche definiscono forme del paesaggio agrario di interesse storicoambientale che il Prg individua, ai sensi dell’art. 38 delle Nta del Ppar vigente, nelle aree TR2.3. 2.Nelle aree TR2.3 è vietato: a) l’abbattimento della vegetazione arbustiva e di alto fusto esistente, comprese le testimonianze di particolari tecniche agricolo-produttive storiche, escluse le essenze infestanti e le piantate di tipo produttivo industriale. Resta salvo quanto regolamentato dalle Lr n. 6/2005 e n. 7/2003 e successive modifiche e integrazioni, nonché dalle normative silvo-colturali vigenti;


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b) l’inizio di nuove attività estrattive. Per le cave esistenti, in atto o dismesse, sono ammessi interventi di recupero ambientale con le modalità previste dal Ppar vigente; c) la realizzazione di depositi e di stoccaggio di materiali non agricoli; d) i movimenti di terra, che alterino in modo sostanziale e/o stabilmente il profilo del terreno, salvo che per le opere relative ai progetti di recupero ambientale di cui all’art. 57 delle Nta del Ppar. 3.Sugli edifici sono ammessi interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, ampliamenti di edifici esistenti fino a 0,03 mc/mq nei limiti previsti dalla legge. Il rilascio del titolo abilitativo per interventi di ristrutturazione edilizia e ampliamento è subordinato alla presentazione e alla preventiva valutazione da parte dell’Amministrazione comunale di un progetto preliminare corredato di esauriente documentazione, anche fotografica di dettaglio, del manufatto edilizio esistente e degli elementi caratteristici che (anche nella scelta dei materiali da costruzione) l’intervento si impegna a salvaguardare, valorizzare e/o riproporre, in relazione ai caratteri visuali riferiti all’unità di paesaggio, al bacino spaziale di percezione, ai caratteri paesisticoambientali-insediativi presenti. Art. 47 - Patrimonio botanico-vegetazionale In riferimento alla tavola 5a, il Prg definisce un complesso di norme specifiche finalizzate alla salvaguardia e valorizzazione del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario. Tali norme sono raccolte nell’allegato “Norme per la salvaguardia del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario”, che costituisce parte integrante del presente articolato normativo. Art. 48 - Aree panoramiche 1.Le aree panoramiche, comprensive dei punti panoramici e delle strade panoramiche di cui all’articolo 43 delle Nta del Ppar vigente, individuate e cartografate nella tavola 5p, sono soggette alle prescrizioni di base permanenti ivi disposte. 2.All’interno delle aree panoramiche sono vietati: a) gli interventi edilizi di tipo agro-industriale adibiti alla lavorazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli; b) i silos e i depositi agricoli superiori a mc. 300 e/o di altezza superiore a metri 3; c) gli edifici e impianti per allevamenti zootecnici di tipo industriale; d) le nuove attività estrattive, i depositi e gli stoccaggi di materiali non agricoli; e) le discariche per rifiuti solidi e fanghi. 3.All’interno delle aree panoramiche sono ammesse le piantate di filari, di alberate, di siepi vive lungo le strade, le scarpate, i corsi d’acqua, volte al recupero dei caratteri paesistico-ambientali, comunque salvaguardando e valorizzando le aperture visuali. Art. 49 - Riserva naturale regionale 1.La Riserva naturale regionale orientata “Ripa Bianca di Jesi”, istituita con deliberazione del Consiglio regionale n. 85 del 22 gennaio 2003, è delimitata con specifica grafia sulla tavola 5p. 2.L’ambito della riserva, fino all’entrata in vigore della specifica


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regolamentazione di tutela, è soggetta alle norme di salvaguardia di cui ai successivi commi 3 e 4. 3.Nelle aree TR2.4 sono ammessi solo interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia degli edifici. 4.Sono ammessi esclusivamente usi agricoli. Art. 50 - Sito di interesse comunitario e Zona a protezione speciale (Sic/Zps) 1.L’ambito del Sito di interesse comunitario e della Zona a protezione speciale (istituiti rispettivamente con Dgr n. 1709 del 30 giugno 1997 e n. 1701 del 1 agosto 2000) è delimitato con specifica grafia sulla Tav. 5p. 2.L’ambito è soggetto a specifica regolamentazione di tutela. 3.Nell’ambito Sic-Zps sono ammessi solo interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia degli edifici. 4.Sono ammessi esclusivamente usi agricoli. Art. 51 - Corridoi ecologici TR3 1.I corridoi ecologici TR3 sono ambiti territoriali con sviluppo lineare che seguono i tracciati del reticolo idrografico. La loro estensione è definita in fasce di 40, 60 e 100 metri su ciascuno dei lati della risorsa idrica, a partire dalle sponde o dal piede esterno dell’argine, in ragione della classe d’appartenenza di ciascun corso d’acqua (di cui all’art. 29 delle Nta del Ppar), comunque ricomprendendo le formazioni vegetali naturaliformi ripariali e i laghi di cava. A tali criteri è uniformato il trattamento anche delle risorse idriche eventualmente non iscritte nei relativi elenchi. 2.I corridoi ecologici TR3 costruiscono le fondamentali condizioni di continuità tra ambiti territoriali di rilevanza ecologico-ambientale sottoposti a disciplina differenziata (aree tutelate, aree da rinaturalizzare, aree verdi di connessione, ecc.), al fine di realizzare e salvaguardare la rete ecologica di cui alla tavola 2p, facilitando il “transito specie specifico”. 3.I corridoi ecologici, per adempiere compiutamente alla loro funzione di garanzia della continuità e diversità biologica, sono inedificabili. Sugli edifici esistenti alla data del 30 aprile 2006 sono consentiti i soli interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, demolizione senza ricostruzione. 4.Ai sensi delle prescrizioni di base permanenti del Piano paesistico ambientale regionale (art. 29): a) nella fascia contigua di metri 10 a partire dalle sponde o dal piede esterno dell’argine è vietata l’aratura di profondità superiore a cm 50. All’interno del corpo idrico è vietata qualunque trasformazione, manomissione, immissione dei reflui non depurati, salvo gli interventi volti al disinquinamento, al miglioramento della vegetazione ripariale, al miglioramento del regime idraulico limitatamente alla pulizia del letto fluviale, alla manutenzione delle infrastrutture idrauliche e alla realizzazione delle opere di attraversamento sia viarie che impiantistiche. I lavori di pulizia fluviale (eliminazione di piante ed arbusti, di depositi fangosi e l’eventuale riprofilatura dell’alveo) possono essere eseguiti solo nei casi di documentata e grave ostruzione dell’alveo al deflusso delle acque e comunque senza alterare l’ambiente fluviale qualora vi siano insediate specie faunistiche e/o botaniche protette o di evidente valore paesaggistico;


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b) nei corridoi ecologici sono ammessi esclusivamente interventi di recupero ambientale (di cui all’art. 57 delle Nta del Ppar), nonché l’esercizio delle attività agro-silvo-pastorali, le opere di attraversamento sia viarie che impiantistiche e i lagoni d’accumulo a fini irrigui realizzati all’interno degli ambiti di tutela dei corsi d’acqua di 2a e 3a classe. 5.Nei corridoi ecologici è ammessa la realizzazione di percorsi ciclo-pedonali per scopi ricreativi, non bitumati e di ampiezza non superiore a metri 2,50, nel rispetto della vegetazione ripariale esistente. Art. 52 - Crinali 1.I crinali, i pianori significativi ed i relativi ambiti di tutela (di cui all’art. 30 delle Nta del Ppar vigente) sono cartograficamente individuati e delimitati sulla tavola 5p. 2.All’interno degli ambiti di crinale sono vietati: a) gli interventi edilizi di tipo agro-industriale adibiti alla lavorazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli; b) i silos e i depositi agricoli con volume superiore a mc. 300 e/o di altezza superiore a metri 3; c) gli edifici ed impianti per allevamenti zootecnici di tipo industriale; d) le nuove attività estrattive, i depositi e gli stoccaggi di materiali non agricoli; e) le discariche per rifiuti solidi e fanghi. 3.Sono ammessi gli interventi di valorizzazione e recupero ambientale, di cui all’art. 57 delle Nta del Ppar (anche con la piantata di filari, di alberate, di siepi vive lungo le strade, le scarpate, i corsi d’acqua) e gli interventi di riqualificazione produttiva agro-silvo-pastorale dei fondi. Art. 53 - Versanti 1.Le aree di versante con pendenza superiore a 15° sono cartograficamente individuate sulla tavola 5p. 2.Ai sensi dell’art. 31 delle Nta del Ppar vigente, nelle aree di versante sono vietati: a) interventi edilizi di nuova costruzione; b) interventi che producano qualsiasi impedimento al deflusso delle acque; c) i riporti e i movimenti di terreno che alterino in modo sostanziale e/o stabilmente il profilo del terreno; d) le attività estrattive. 3.Sugli edifici esistenti sono ammessi i soli interventi di manutenzione, di restauro e risanamento conservativo (in cui sono da intendersi ricompresi gli eventuali interventi di consolidamento strutturale e di emergenza). 4.Sono ammessi gli interventi di valorizzazione e di recupero ambientale, di cui all’art. 57 delle Nta del Ppar (anche con la piantata di filari, di alberate, di siepi vive lungo le strade, le scarpate, i corsi d’acqua) e gli interventi di riqualificazione produttiva agro-silvopastorale dei fondi. 5.Nelle aree di versante è obbligo per i conduttori di attività agricole di provvedere alla regimazione delle acque superficiali, tramite apposite canalette di scolo, da sottoporre a regolare e periodica manutenzione. 6.Per evitare fenomeni di dilavamento e degradazione dei terreni di


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versante è sconsigliata l’aratura a rittochino (secondo le linee di massima pendenza). Art. 54 - Emergenze geologiche Le aree interessate da emergenze geologiche di cui all’art. 28 del Ppar, cartograficamente individuate sulla tavola 5p, sono soggette alla disciplina di tutela integrale di cui agli articoli 26 e 27 e alle prescrizioni di base permanenti dell’art. 28 del Ppar. È comunque vietato qualunque intervento che possa alterare i caratteri delle emergenze individuate. Art. 55 - Aree rurali di rischio TR4 1.Sono aree rurali di rischio le aree di Dissesto TR4.1, le aree di Esondazione TR4.2, le aree interessate da Calanchi TR4.3. 2.Nelle aree rurali di rischio TR4 è consentita solo l’attività agricola con le limitazioni di cui ai successivi articoli. Art. 56 - Dissesto TR4.1 1.Le aree di dissesto in atto e potenziale TR4.1, individuate in ragione dei diversi livelli di pericolosità (tav. 6a) e conseguente vocazionalità edificatoria dei suoli, si articolano in aree a edificazione inibita TR4.1a, aree a edificazione condizionata TR4.1b, aree a edificazione consentita TR4.1c. 2.Nelle aree TR4.1a (a pericolosita alta e molto alta) non è consentito alcun intervento di nuova edificazione. Per gli edifici esistenti sono ammessi unicamente interventi di manutenzione (compresi gli interventi di consolidamento e di emergenza) con obbligo di verifica e monitoraggio della stabilità dei suoli in un arco di tempo significativo per mezzo di adeguata strumentazione geotecnica. 3.Nelle aree TR4.1b (a pericolosità media) gli interventi edilizi consentiti (manutenzione, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia) e qualunque trasformazione del territorio sono subordinati alla preventiva esecuzione di adeguate e approfondite indagini geologiche nel rispetto del Dm Llpp 11 marzo 1988 e delle vigenti normative nazionali e regionali. Per le opere pubbliche, per gli edifici ad uso pubblico e comunque per tutte le opere di trasformazione urbanistica del territorio, la stabilità dei suoli dovrà essere verificata con adeguata strumentazione e controllata in un arco di tempo significativo. Nelle aree di confine con aree di pericolosità maggiore, si dovranno estendere le indagini a un intorno geomorfologicamente significativo, la cui ampiezza sarà valutata dal tecnico incaricato. 4.Nelle aree TR4.1c (a pericolosità bassa e molto bassa) gli interventi edilizi di nuova edificazione, ampliamento, ristrutturazione edilizia dovranno essere corredati da relazioni geologiche contenenti valutazioni approfondite sulla situazione idraulica ed idrogeologica delle aree e delle zone circostanti. Nelle aree di confine con aree di pericolosità maggiore, si dovranno estendere le indagini a un intorno geomorfologicamente significativo, la cui ampiezza sarà valutata dal tecnico incaricato. 5.Per inibire fenomeni di dilavamento e degradazione dei terreni, nelle aree agricole collinari caratterizzate da pericolosità geologica molto alta, alta e media (TR4.1a eTR4.1b) si dovrà provvedere alla regimazione delle acque superficiali tramite apposite canalette di scolo, da sottoporre a regolare periodica manutenzione; i corsi d’acqua eventualmente cancellati dalla attività agricole, o per altre finalità, dovranno essere ripristinati. Dove l’acclività e il


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tipo di coltivazione lo consentano, dovrà essere evitata l’aratura a rittochino (secondo le linee di massima pendenza), a favore di arature con andamento perpendicolare rispetto alla pendenza del versante. Art. 57 - Esondazione e ambito fluviale TR4.2 1.Le aree di esondazione e ambito fluviale sono comprensive dell’emergenza idrogeologica costituita dall’ambito del fiume Esino (di cui agli artt. 28 e 29 del Ppar vigente), delle aree a pericolosità molto elevata ed elevata all’interno della fascia di territorio inondabile assimilabile a piene con tempi di ritorno fino a 200 anni (di cui all’art. 7 delle Nta del Piano stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico della Regione Marche, 2004), di ulteriori aree di recente alluvionamento (individuate dall’indagine geologica specificamente finalizzata alla redazione del presente Prg). 2.Nelle aree TR4.2 sono vietati interventi di nuova edificazione. Sugli edifici esistenti sono consentiti i soli interventi di manutenzione. 3.Ai sensi delle prescrizioni di base permanenti del Piano paesistico ambientale regionale (art. 29): a) nella fascia contigua di metri 10 a partire dalle sponde o dal piede esterno dell’argine è vietata l’aratura di profondità superiore a cm 50. All’interno del corpo idrico è vietata qualunque trasformazione, manomissione, immissione dei reflui non depurati, salvo gli interventi volti al disinquinamento, al miglioramento della vegetazione ripariale, al miglioramento del regime idraulico limitatamente alla pulizia del letto fluviale, alla manutenzione delle infrastrutture idrauliche e alla realizzazione delle opere di attraversamento sia viarie che impiantistiche. I lavori di pulizia fluviale (eliminazione di piante ed arbusti, di depositi fangosi e l’eventuale riprofilatura dell’alveo) possono essere eseguiti solo nei casi di documentata e grave ostruzione dell’alveo al deflusso delle acque e comunque senza alterare l’ambiente fluviale qualora vi siano insediate specie faunistiche e/o botaniche protette o di evidente valore paesaggistico; b) sono ammessi esclusivamente interventi di recupero ambientale (di cui all’art. 57 delle Nta del Ppar), nonché l’esercizio delle attività agro-silvo-pastorali; non è ammessa la realizzazione di lagoni d’accumulo a fini irrigui. 4.È ammessa la realizzazione di percorsi ciclo-pedonali per scopi ricreativi, non bitumati e di ampiezza non superiore a metri 2,50, nel rispetto della vegetazione ripariale esistente. Art. 58 - Calanchi TR4.3 1.Le aree calanchive TR4.3 non sono edificabili. 2.Non sono consentiti interventi di nuova edificazione ad una distanza dalla perimetrazione cartografica dell’area calanchiva inferiore a metri 100. 3.Non sono consentite coltivazioni a seminativo ad una distanza dalla perimetrazione cartografica dell’area calanchiva inferiore a metri 20. 4.Entro la fascia di 20 metri dalla perimetrazione cartografica dell’area calanchiva dovranno essere realizzate opere di controllo e regimazione della acque (fossi di guardia, ecc.) e dovrà essere messa a dimora vegetazione cespugliosa e d’alto fusto idonea ad esercitare, attraverso l’apparato radicale, un’azione di contenimento e consolidamento del terreno.


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Art. 59 - Isole della produzione TR5 1.Con sigla TR5 sono individuate aree produttive che costituiscono presenze isolate in parti del territorio dominate da caratteri di ruralità. 2.Le aree TR5, in ragione della loro localizzazione, pongono problemi di sostenibilità e compatibilità col territorio rurale in cui sono immerse. 3.Nelle aree TR5 sono ammesse le destinazioni di tipo agricolo, di cui alla Lr n. 13/1990, comprese le attività agrituristiche e di turismo rurale. 4.Le industrie esistenti alla data d’adozione del piano non costituenti attività agricola sono ammesse sino al perdurare dell’attività produttiva: in caso di dismissione totale delle suddette attività dovrà essere favorito il recupero all’attività agricola. 5.L’indice fondiario massimo di utilizzazione è fissato in 0,1 mq di Sul per metro quadrato. La superficie permeabile minima è fissata nella misura del 60% della superficie fondiaria. 6.In territorio rurale TR non è consentita la localizzazione di industrie classificate come insalubri di I e II classe negli appositi elenchi ministeriali. Tali attività (compresi gli impianti di stoccaggio e recupero di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi) dovranno collocarsi nelle aree a destinazione produttiva in territorio urbano edificato TE e territorio urbano di trasformazione TT, verificatane la compatibilità con le attività circostanti e previo parere dei competenti uffici. La localizzazione è subordinata a uno studio geolitologico e idrogeologico di dettaglio e ad una delibera del Consiglio comunale che attesti l’idoneità della destinazione d’uso, ne valuti esplicitamente la sostenibilità e compatibilità ambientale, indichi le eventuali opere di mitigazione richieste e i requisiti tecnologici da garantirsi. Art. 60 - Aree di frangia TR6 1.Con la sigla TR6 sono individuate sulla tavola 5p aree di frangia esterne al territorio urbano edificato che si caratterizzano per la presenza assolutamente prevalente di edifici ad uso non agricolo in contesto rurale e di abitazioni di tipo rurale prive di fondo agricolo. 2.Nelle aree TR6: - per gli edifici rurali con fondo agricolo eventualmente esistenti nonché per gli interventi volti ad attribuire destinazione agricola ai fabbricati esistenti ed alle relative aree di pertinenza si applica la disciplina stabilita per le aree TR1; - per le aree libere non costituenti, alla data del 30 aprile 2006, pertinenza di fabbricati non agricoli esistenti né parte di fondi agricoli in esercizio non sono consentiti gli interventi di nuova costruzione; - per gli edifici esistenti e per le aree costituenti, alla data del 30 aprile 2006, loro pertinenza sono consentiti solo i seguenti interventi: a) per gli edifici residenziali esistenti con volume inferiore ai 1000 mc, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia e di ampliamento; questi ultimi sono consentiti sino ad un massimo di 1000 mc complessivi; b) per gli edifici residenziali esistenti con volume superiore ai 1000 mc e per gli edifici non residenziali esistenti, gli


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interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione senza demolizione e ricostruzione.

Capo IV Servizi e attrezzature

Art. 61 - Servizi e attrezzature S Gli ambiti destinati a servizi e attrezzature S si articolano in: Servizi e attrezzature computati a standard S1, Fasce ambientali, paesaggistiche e di arredo S2, Verde privato ecologico S3, Attrezzature di pubblico interesse S4, Impianti tecnologici e servizi tecnici S5. Art. 62 - Servizi e attrezzature computati a standard S1 1.Le aree S1 si articolano in: Servizi di livello locale S1.1 e Servizi di livello urbano S1.2. 2.Le aree per Servizi di livello locale S1.1 e per Servizi di livello urbano S1.2 concorrono al computo delle quantità minime di spazi destinati a “standard urbanistici”, di cui al Dm n. 1444/1968 e alla Lr n. 34/1992. Art. 63 - Servizi di livello locale S1.1 1.Sulla tavola 5p sono individuate le aree destinate a servizi di livello locale, secondo la seguente sottoarticolazione: Parchi di quartiere, giardini e spazi aperti (S1.1v), Servizi per l’istruzione (S1.1i), Servizi socio-sanitari (S.1.1h), Servizi sportivi (S1.1s), Servizi per la cultura, il culto, la ricreazione (S1.1r). 2.Indici e quantità per S1.1i, S1.1h, S1.1s, S1.1r: Sul realizzabile max = 50% Sf; Sc max = 40%; parcheggi = 1 mq ogni 4 mq di Sul; superficie permeabile = almeno 50% della superficie scoperta; alberature e arbusti secondo le disposizioni dell’art. 11 delle “Norme per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario”, costituenti parte integrante delle presenti Norme tecniche di attuazione. Tali indicazioni potranno essere modificate in ragione delle esigenze delle specifiche attività di servizio, fermo restando il soddisfacimento dei fondamentali requisiti di compatibilità urbanistica e ambientale. 3.Nelle aree cartograficamente individuate con sigla S1.1, senza ulteriore specificazione, sono consentite tutte le sottoarticolazioni, di cui al comma 1. Per le aree a servizi per le quali sia esplicitata la destinazione specifica (S1.1v, S1.1i, S.1.1h, S1.1s, S1.1r), l’eventuale modifica della destinazione, con il passaggio da una ad un’altra delle possibili sottoarticolazioni di S1.1, non costituisce variante al Prg e potrà avvenire con deliberazione del Consiglio comunale che ne motivi le ragioni. 4.Nelle aree S1.1v, in subordine a preventiva verifica di compatibilità urbanistica e ambientale, è consentita la realizzazione di attrezzature leggere per la fruibilità dello spazio pubblico (chioschi, servizi igienici...), anche con l’utilizzo di edifici eventualmente esistenti. 5.Nelle aree S1.1s contrassegnate da asterisco sono ammesse esclusivamente attrezzature sportive scoperte, con eventuali coperture stagionali e annessi essenziali.


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Art. 64 - Servizi di livello urbano S1.2 1.Sulla tavola 5p sono individuate le aree destinate a servizi di livello urbano, secondo la seguente sottoarticolazione: Parchi urbani (S1.2v), Servizi per l’istruzione superiore (S1.2i), Servizi sanitari e ospedalieri (S1.2h), Servizi sportivi e ricreativi (S1.2s). 2.Indici e quantità per S1.2i, S1.2h, S1.2s: Sul realizzabile max = 50% Sf; Sc max = 40% Sf; parcheggi per S1.2h, S1.2s = 1 mq ogni 2 mq di Sul; parcheggi per S1.2i = 1 mq ogni 4 mq di Sul; superficie permeabile = almeno 50% della superficie scoperta; alberature e arbusti secondo le disposizioni dell’art. 11 delle “Norme per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario”, costituenti parte integrante delle presenti Norme tecniche di attuazione. Tali indicazioni potranno essere modificate in ragione delle esigenze delle specifiche attività di servizio, fermo restando il soddisfacimento dei fondamentali requisiti di compatibilità urbanistica e ambientale. 3.Per le aree a servizi S1.2v, S1.2i, S.1.2h, S1.1s l’eventuale modifica della destinazione, con il passaggio da una ad un’altra delle possibili sottoarticolazioni di S1.2, non costituisce variante al Prg e potrà avvenire con deliberazione del Consiglio comunale che ne motivi le ragioni. 4.Nelle aree S1.2v, in subordine a preventiva verifica di compatibilità urbanistica e ambientale, è consentita la realizzazione di attrezzature leggere per la fruibilità dello spazio pubblico (chioschi, servizi igienici...), anche con l’utilizzo di edifici eventualmente esistenti. 5.Nelle aree S1.2s contrassegnate da asterisco sono ammesse esclusivamente attrezzature sportive e ricreative scoperte, con eventuali coperture stagionali non stabili e annessi essenziali. Art. 65 - Fasce ambientali, paesaggistiche e di arredo S2 e corridoi ecologici in ambito urbano 1.Le fasce ambientali, paesaggistiche e di arredo, individuate con la sigla S2 sulla tavola 5p, salvaguardano preesistenze naturalistiche con prevalente sviluppo lineare e/o garantiscono requisiti di ambientazione dell’edificazione di margine e dei manufatti infrastrutturali. Completano la rete ecologica in contesto urbano, consolidandone i caratteri di continuità. Sono aree inedificabili, da valorizzare, quando possibile e opportuno, con percorsi pedonali e ciclabili. Possono ospitare orti e giardini. 2.I corridoi ecologici in ambito urbano sono individuati con apposito segno grafico sulla tavola 5p. Garantiscono la continuità del disegno fondamentale della rete ecologica, in diretto rapporto e connessione con i corridoi ecologici TR3. Le aree libere comprese nei corridoi ecologici in ambito urbano non sono edificabili e devono mantenere permanenti condizioni di permeabilità dei suoli. Possono ospitare orti e giardini. Ove specificamente indicato sulla tavola 5p, sono ammesse destinazioni d’uso a servizi collettivi che non pregiudichino le funzioni ambientali del corridoio. Per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Art. 66 - Verde privato ecologico S3 1.Le aree destinate a verde privato ecologico S3 contribuiscono alle prestazioni ecologico-ambientali dell’insediamento urbano.


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2.Nelle aree a verde privato è consentita solo la conservazione dei volumi esistenti con i relativi spazi a giardino o a orto. 3.Le superfici scoperte ricomprese in aree S3 devono rimanere permeabili. Quando le superfici scoperte ricomprese in aree S3 risultino pavimentate, dovrà attuarsi un parziale recupero della permeabilità con l’utilizzo di materiali adeguati. Art. 67 - Attrezzature di pubblico interesse S4 1.Sono attrezzature di pubblico interesse S4 le sedi gestionali e gli impianti per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza, la protezione civile, le forze armate e le attrezzature assimilabili. 2.Indici e quantità: Sc max = 40% Sf; superficie permeabile = almeno 50% della superficie scoperta. Restano ferme le specifiche normative vigenti in materia. Art. 68 - Impianti tecnologici e servizi tecnici S5 1.Sono impianti tecnologici e servizi tecnici urbani S5 le sedi gestionali e gli impianti per la distribuzione dell’acqua, del gas, dell’energia elettrica, per lo smaltimento dei rifiuti e il trattamento dei reflui, i cimiteri e le attrezzature assimilabili. 2.Indici e quantità: Sul realizzabile max = 50% Sf (per le sedi gestionali); Sc max = 40% Sf; superficie permeabile = almeno 50% della superficie scoperta; si prescrivono impianti arborei di compensazione e mitigazione ambientale per le attività impattanti. Art. 69 - Aree di rispetto dei cimiteri Le aree di rispetto cimiteriale sono individuate cartograficamente sulla tavola 5p e sono soggette a vincolo di inedificabilità di cui all’art. 338 del T.U. delle leggi sanitarie approvato con R.D. 28 luglio 1934, n. 1265. In esse è consentita la realizzazione (in assenza di specifiche attrezzature fisse) di chioschi per la vendita di fiori in regime precario, l’attività colturale agricola senza la costruzione di impianti, la sistemazione di spazi a verde privato o pubblico, la realizzazione di parcheggi pubblici o d’uso pubblico. Per gli eventuali edifici esistenti al 30 aprile 2006 all’interno delle aree di rispetto cimiteriale sono ammessi interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo. Art. 70 - Aree di rispetto dei pozzi 1.Le aree di rispetto dei pozzi di captazione di acque sotterranee destinate al consumo umano sono individuate cartograficamente sulla tavola 5p e sono determinate dalla distanza di rispetto dal punto di captazione definita da un raggio di metri 200. 2.Entro il raggio di 200 metri dal punto di captazione (e comunque fatte salve le disposizioni di cui all’art. 94 del D. Lgs 152/2006) sono vietati: - cimiteri; - cave; - discariche di qualsiasi tipo, anche se controllate; - depuratori e impianti di trattamento dei rifiuti; - condotte, serbatoi, opere e aree di stoccaggio di rifiuti, reflui, prodotti industriali, sostanze chimiche, sostanze radioattive; - aree di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli; - pozzi perdenti e inutilizzati e impianti di fognatura (adottando per quelli esistenti le misure per il loro allontanamento); - accumuli di concimi organici;


Jesi Disciplina generale del territorio 159

- dispersione di reflui, fanghi e liquami anche se depurati, o loro immissione in fossi non impermeabilizzati; - dispersione di acque bianche provenienti da strade e piazzali; - nuove costruzioni, comprese quelle di cui all’art. 3 della Lr n. 13/1990; - spandimento di pesticidi e fertilizzanti; - pascolo e stazzo di bestiame. 3.Entro il raggio di metri 10 misurati dalla testa del pozzo è definita la zona di tutela assoluta, nella quale possono essere insediate esclusivamente l’opera di presa e le relative infrastrutture di servizio. È vietata qualsiasi attività che non sia inerente all’utilizzo, alla manutenzione e alla tutela della captazione. 4.Le costruzioni che, alla data del 30 aprile 2006, si trovano in tutto o in parte all’interno delle aree di rispetto dei pozzi di captazione di acque sotterranee destinate al consumo umano possono essere oggetto di interventi di manutenzione, a condizione che i lavori non investano il suolo. Art. 71 - Distanze di rispetto dagli elettrodotti 1.Sulle aree sottostanti e limitrofe agli elettrodotti ad alta tensione non possono essere realizzati interventi di nuova costruzione, ricostruzione o ampliamento a distanze inferiori a: a) metri 15 dall’asse della linea, per linee fino a 130 Kvolt; b) metri 26 dall’asse della linea, per linee fino a 220 Kvolt; c) metri 36 dall’asse della linea, per linee fino a 380 Kvolt. 2.Sulle aree sottostanti e limitrofe agli elettrodotti a media tensione non possono essere realizzati interventi di nuova costruzione, ricostruzione o ampliamento a distanze inferiori a metri 5 dall’asse della linea. 3.Le aree ricomprese all’interno di questi ambiti di rispetto restano comunque computabili ai fini edificatori. 4.La determinazione definitiva delle distanze di rispetto correlate alle caratteristiche effettive della linea è di competenza dell’Ente gestore, che potrà riferirsi ai rilievi effettuati per l’elaborazione di piani attutivi e permessi di costruire.

Capo V Infrastrutture e attrezzature per la mobilità

Art. 72 - Infrastrutture e attrezzature per la mobilità M Gli ambiti destinati a infrastrutture e attrezzature per la mobilità M si articolano in: Strade, piazze e larghi M1, Ferrovie e scali ferroviari M2, Attrezzature M3. Le aree destinate a Attrezzature M3 si articolano ulteriormente in: Interporto M3.1, Parcheggi a standard M3.2, Stazioni ferroviarie e metropolitane M3.3, Stazione delle autolinee M3.4, Stazioni di servizio e distribuzione dei carburanti M3.5. Art. 73 - Strade, piazze e larghi M1 1.All’interno degli ambiti riservati ai manufatti stradali M1 sulla tavola 5p sono cartograficamente individuati con apposita simbologia i tracciati e i nodi stradali di nuova realizzazione e da ristrutturare. Il disegno dei tracciati e dei nodi ha un valore indicativo. 2.Il progetto della rete della mobilità, nei criteri di riorganizzazione complessiva fisica e funzionale e nell’individuazione delle tratte esistenti, da ristrutturare e di nuova realizzazione, è restituito nella


160 Jesi Disciplina generale del territorio

tavola 4p. Art. 74 - Aree di rispetto delle ferrovie Lungo i tracciati ferroviari la tavola 5p individua cartograficamente i relativi ambiti di rispetto a mezzo di specifiche fasce. Le aree comprese entro tali fasce sono inedificabili. Sugli edifici esistenti sono ammessi interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Le aree di rispetto possono essere utilizzate come sede delle relative infrastrutture e di loro eventuali ampliamenti, nonché di impianti di arredo. Art. 75 - Interporto M3.1 1. L’ampliamento dell’Interporto è subordinato al completamento dei lotti individuati dal relativo Progetto generale di realizzazione e alla costruzione di un nuovo collegamento stradale con lo svincolo “Jesi-Est” della superstrada, come indicato sulla tavola 5p. Sono fatte salve le verifiche di impatto e compatibilità ambientale che l’ampliamento comporta. 2. Per l’attuazione della zona M3.1-ampliamento Interporto, oltre all’obbligatorio rispetto della vigente normativa in materia di tutela delle acque, si prescrive di adottare i più opportuni accorgimenti atti a impedire l’inquinamento, anche accidentale, dei corpi idrici recettori. A tal fine, nelle suddette zone, dovrà prevedersi la posa in opera di piezometri e la realizzazione di pozzi per il controllo periodico della qualità delle acque. Art. 76 - Parcheggi a standard M3.2 1.Le aree M3.2 sono destinate a parcheggi e concorrono al computo delle quantità minime di spazi pubblici destinati a “standard urbanistici”, di cui al Dm n. 1444/1968 e alla Lr n. 34/1992. 2.Nelle aree destinate a parcheggi pubblici M3.2 almeno il 50% della superficie dovrà essere permeabile. Art. 77 - Stazioni di servizio e distribuzione dei carburanti M3.5 Fatte salve le vigenti disposizioni legislative e regolamentari di settore, la localizzazione delle stazioni di servizio e dei carburanti è prevista, in subordine a verifica di compatibilità con le condizioni di contesto e con le caratteristiche e dimensioni degli spazi stradali, sui tracciati di innesto alla superstrada e sulle strade di attraversamento urbano e interquartiere, di cui alla tavola 4p.


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Titolo IV – Disciplina delle Situazioni

Art. 78 - Situazioni nel territorio comunale 1.All’interno del territorio urbano sono individuate alcune “Situazioni” che presentano problemi di assetto complessivo e/o di integrazione e funzionamento delle diverse parti. Per le Situazioni il piano prevede il rafforzamento della città pubblica e la costruzione di una rete di mobilità lenta, definendo una disciplina complementare e integrativa di quella dettata dal Titolo III. 2.Le Situazioni sono graficamente individuate sulla tavola 6p e denominate: Appennini, Ospedale, Via Roma, Viale della Vittoria, Prato-Verziere, Smia, Asta ferroviaria. 3.Le Situazioni sono disciplinate con indirizzi, prescrizioni specifiche e prescrizioni progettuali. Le prescrizioni progettuali e alcune prescrizioni specifiche sono espresse attraverso segni grafici che integrano la tavola 6p. 4.Le prescrizioni progettuali possono essere modificate da soluzioni alternative che, rispettando comunque gli indirizzi e le prescrizioni specifiche, dimostrino pari, o maggiore, idoneità tecnica per la qualità dell’intervento. Art. 79 - Appennini (1) 1. La Situazione include il subambito Appenini alta 2 dell’Ambito di nuova urbanizzazione TT1.1 Appennini alta 2-Piccitù, gli Ambiti in trasformazione: TT3.1 Appennini alta 1, TT3.2 Appennini bassa, TT3.3 Grotte di Frasassi. 2. Indirizzi - L’insieme degli interventi dovrà realizzare un quartiere con caratteri di sostenibilità ambientale, dotato di una nuova centralità. - Gli interventi nel subambito Appennini alta 2 dovranno seguire criteri ecologici e di bioarchitettura analoghi a quelli previsti dal Piano particolareggiato di attuazione nell’Ambito in traformazione Appennini alta 1 e restituiti nell’allegato 2 alle presenti Nta “Criteri di progettazione urbana ecocompatibile”. 3. Prescrizioni specifiche - Dovrà essere realizzato un sistema di percorsi pedonali e, quando possibile, ciclabili che, avendo il proprio centro nella passeggiata di Appennini alta 1 e nella scuola Gola della Rossa, colleghi tutti gli ambiti della Situazione, quelli di nuova urbanizzazione e quelli in trasformazione e, oltre via Appennini, raggiunga il parco urbano previsto intorno all’Ospedale. Art. 80 - Ospedale (2) 1.La Situazione include il subambito Piccitù dell’Ambito di nuova urbanizzazione TT1.1 Appennini alta 2-Piccitù e l’Ambito di nuova


162 Jesi Disciplina generale del territorio

urbanizzazione TT1.2 Ospedale-via Togliatti. 2.Indirizzi - L’insieme degli interventi dovrà realizzare un complesso unitario di servizi e attrezzature di livello urbano, integrando le strutture ospedaliere e sanitarie in un grande parco e dotandole di un sistema articolato di accessi carrabili e parcheggi. - La quota di edificazione (Sul) attribuita all’Ambito di nuova urbanizzazione TT1.2 Ospedale-via Togliatti si deve concentrare nelle aree perimetrali dei due subambiti, identificate sulle tavole 5p e 6p. - L’area per attrezzature pubbliche identificata all’interno del subambito Ospedale, in prossimità del pronto soccorso, è riservata alla nuova sede della Residenza sanitaria assistita. - Fatte salve le altre disposizioni di cui all’articolo 30, la Sul realizzabile nelle aree TE2.1 ricomprese entro il perimetro della Situazione “Ospedale” è limitata alla Sul esistente, con la possibilità di ampliamenti fino a 1000 mc complessivi per gli edifici residenziali esistenti con volume inferiore. 3.Prescrizioni specifiche - Il nuovo tratto stradale per raggiungere l’ospedale da nord (Acquasanta) e il prolungamento previsto di via Aldo Moro dovranno rimanere discontinui. - Il parcheggio previsto a lato del prolungamento di via Aldo Moro dovrà essere ribassato rispetto al piano stradale, permeabile per il 50% e alberato, per integrarsi nel parco. - Un sistema di percorsi pedonali dovrà collegare gli spazi verdi del Murri con i nuovi parchi e tutti i parcheggi. Art. 81 - Via Roma (3) 1.La Situazione include gli Ambiti in trasformazione TT3.7 Pieralisi e TT3.8 Cartiera Ripanti, parte della Città storica con sigla TE1.3 (Borghi ed edilizia cresciuta lungo le direttrici storiche) e un’area TT2.5. 2.Indirizzi L’insieme degli interventi dovrà riqualificare il quartiere di via Roma, trasformando la strada e creando percorsi pedonali trasversali, aumentando la dotazione di spazi e servizi di interesse pubblico. Via Roma dovrà essere ristrutturata come strada a percorrenza lenta. Andrà favorito il ritorno del commercio al dettaglio sui fronti stradali e il consolidamento del terziario diffuso. 3.Prescrizioni specifiche L’edificio diroccato di proprietà comunale, posto nei pressi del cavalcavia, dovrà essere ristrutturato e destinato a usi di interesse pubblico per svolgere un ruolo di “porta” del Parco del Ventaglio. I dislivelli e salti di quota, caratteristici della Situazione, andranno sistemati per ricostruire l’immagine del paesaggio e per ospitare percorsi pedonali. Art. 82 - Viale della Vittoria (4) 1.La Situazione include gli Ambiti in trasformazione TT3.9 Vecchio ospedale e TT3.10 Freddi, l’area della Città recente TE3 denominata Mercantini, parte della Città storica con sigla TE1.3 (Borghi ed edilizia cresciuta lungo le direttrici storiche).


Jesi Disciplina generale del territorio 163

2.Indirizzi L’insieme degli interventi dovrà garantire il recupero e la valorizzazione del viale della Vittoria, consentendone il funzionamento come strada di attraversamento urbano, coerente col sistema generale della mobilità previsto dal Prg. Il perimetro della Situazione costituisce l’area di studio per un concorso di progettazione integrata che dovrà interessare il viale e i suoi fronti, indicando soluzioni per il riassetto della sezione stradale con riferimento a: rotatorie, spazi di sosta, accessi a parcheggi coperti e interrati, attraversamenti e risalite al centro storico, destinazioni d’uso degli immobili prospicienti e retrostanti, tipi di intervento per gli edifici degradati. Le prescrizioni delle tavole 5p e 6p costituiscono riferimento per il bando che dovrà istruire il concorso. Art. 83 - Prato-Verziere (5) 1.La Situazione include l’Ambito di nuova urbanizzazione TT1.3 Verziere, l’Ambito da ristrutturare TT2.4 Via Guerri, gli Ambiti in trasformazione TT3.6 S. Maria del Piano 1 e TT3.11 S. Maria del Piano 2, parti della Città storica con sigla TE1.3 (Borghi ed edilizia cresciuta lungo le direttrici storiche) TE1.4 (Addizione del primo Novecento). 2.Indirizzi - L’insieme degli interventi dovrà consentire l’integrazione del nuovo quartiere e la riqualificazione diffusa del settore urbano cresciuto intorno a stazione e ferrovia, attraverso una serie sistematica di interventi sulla maglia stradale. - La sezione di via XXIV maggio dovrà essere ristrutturata allo scopo di conciliare il ruolo di strada di attraversamento urbano con gli altri usi e l’esigenza di sicurezza. Le strade del quartiere Prato dovranno essere riqualificate recuperando spazi per parcheggi ad uso dei residenti e per la sosta operativa. Gli esiti del Laboratorio di progettazione partecipata Prato-Stazione costituiscono un riferimento per la definizione degli interventi. - L’attuale via del Verziere dovrà essere ristrutturata come strada residenziale, con caratteristiche che inducano la moderazione della velocità. - Nell’Ambito da ristrutturare TT2.4 dovrà essere recuperata una consistente dotazione di parcheggi pubblici. - Andranno favoriti interventi di recupero della Città storica e di riqualificazione-consolidamento del terziario diffuso. - La realizzazione della nuova autostazione dovrà integrarsi con la stazione ferroviaria e le sue attrezzature in un unico nodo intermodale. - Fatte salve le altre disposizioni di cui all’articolo 30, la Sul realizzabile nei lotti delle aree TE2.1 ricomprese entro il perimetro della Situazione “Prato-Verziere” non potrà comunque superare i 1000 mc complessivi. 3.Prescrizioni specifiche - L’Ambito di nuova urbanizzazione a sud della ferrovia (Verziere) dovrà essere collegato con quello di ristrutturazione a nord (via Guerri) attraverso un sottopasso pedonale della ferrovia. - La nuova strada del Verziere dovrà essere ribassata rispetto al piano che ospiterà l’intervento di trasformazione, sfruttando il naturale dislivello, ambientata attraverso la creazione di fasce paesaggistiche e bordi alberati, resa permeabile ai percorsi che portano al fiume.


164 Jesi Disciplina generale del territorio

- I nuovi edifici che sorgeranno nelle aree di urbanizzazione poste a sud dell’attuale via del Verziere non potranno superare i 2 piani e dovranno essere disposti in modo da lasciare aperti ampi varchi visivi verso la campagna. Art. 84 - Smia (6) 1.La Situazione include l’Ambito da ristrutturare TT2.3 via Campaniavia Don Minzoni e la parte di Città recente Smia 1. 2.Indirizzi - L’insieme degli interventi dovrà consentire l’integrazione delle parti recenti e nuove con una generale riqualificazione del settore urbano attraverso l’articolata operazione di ristrutturazione, recuperando spazi e servizi di interesse pubblico, ricreando una rete continua di strade carrabili (con aperture di strade chiuse e regolazione dei sensi di marcia) e di percorsi ciclo-pedonali. - L’edificazione (Sul) attribuita all’Ambito da ristrutturare TT2.3 dovrà essere concentrata nelle aree dei tre subambiti specificamente identificate sulle tavole 5p e 6p. - Via Ancona dovrà essere ristrutturata come strada a percorrenza lenta. 3.Prescrizioni specifiche - Una nuova scuola dovrà essere realizzata nel subambito su Via Don Minzoni. - L’area liberata dalla ristrutturazione del subambito su via Campania, addossata al torrente Granita, dovrà essere sistemata a verde creando una continuità ecologica e paesaggistica col parco del Granita. - Un sovrappasso pedonale dovrà garantire il collegamento della Situazione con l’Ambito in trasformazione TT3.4 Foro Boario e un altro sovrappasso con le scuole poste oltre il Viale del Lavoro. - I nuovi edifici che sorgeranno nel subambito compreso tra via Campania e il Granita non potranno superare i due piani di altezza. I nuovi edifici che sorgeranno nel subambito tra via Campania e via Cartiere vecchie non potranno superare i tre piani di altezza e dovranno disporsi in senso est-ovest in modo da lasciare aperto un varco verso il Granita. Art. 85 - Asta ferroviaria (7) 1.La Situazione include l’Ambito di nuova urbanizzazione TT1.8 Cartiere vecchie, gli Ambiti da ristrutturare TT2.1 Consorzio agrario e TT2.2 Cascamificio. 2.Indirizzi L’insieme degli interventi dovrà consentire la trasformazione dei singoli settori degradati con un’articolazione delle destinazioni d’uso e il recupero di aree verdi e di parcheggi, restituendo alla città la fruizione del “retro” costituito dalla fascia di rispetto della ferrovia e dallo scalo merci. 3.Prescrizioni specifiche - A ridosso dell’asta ferroviaria dovrà essere creata una strada di servizio (prolungamento di via Roncaglia-via Latini) per alleggerire il traffico di accesso agli ambiti di trasformazione altrimenti concentrato su via don Minzoni. - L’area a standard identificata all’interno dell’Ambito Consorzio agrario dovrà costituire un prolungamento di viale Trieste e diventare parte integrante del sistema di spazi pubblici di Prato. La trasformazione dovrà garantire un’apertura


Jesi Disciplina generale del territorio 165

dell’insediamento verso il piazzale della stazione. - La piazza interna all’Ambito Cascamificio dovrà essere collegata col sistema di spazi verdi e percorsi pedonali che caratterizzano il corridoio ecologico del Granita attraverso uno spazio pubblico sistemato a verde. - L’edificazione (Sul) attribuita all’Ambito di nuova urbanizzazione Cartiere vecchie dovrà essere concentrata in modo da lasciare libera al centro un’area da destinare a parco.


166 Jesi Disciplina generale del territorio

Titolo V – Norme finali

Art. 86 - Situazioni preesistenti in contrasto con il piano 1. Quando non diversamente specificato nelle presenti norme, l’utilizzazione di aree in contrasto con le destinazioni d’uso disposte dal nuovo Prg, ma legittimamente in atto alla data del 30 aprile 2006, può mantenersi sino all’approvazione del piano attuativo o del progetto di opera pubblica o del titolo abilitativo che diano attuazione al Prg; sino a tale momento, fatti salvi gli interventi di messa in sicurezza, sono consentiti i soli interventi di manutenzione ordinaria funzionali a detta utilizzazione. 2. Quando non diversamente specificato nelle presenti norme, le costruzioni in contrasto con le disposizioni del nuovo Prg, fatti salvi gli interventi di messa in sicurezza, possono costituire oggetto solo di interventi di manutenzione ordinaria. Art. 87 - Difformità tra elaborati del piano Negli eventuali casi di contrasto tra elaborati grafici del Prg di scala diversa, prevalgono le indicazioni contenute nell’elaborato a scala di maggior dettaglio. Negli eventuali casi di contrasto tra le Norme tecniche di attuazione e le indicazioni contenute nelle tavole del Prg, deve darsi prevalenza alle prime sulle seconde. Art. 88 - Disposizioni di legge e vincoli sovraordinati Disposizioni di legge e vincoli e prescrizioni della pianificazione sovraordinata prevalgono sulla disciplina del Prg. In particolare, per tutte le aree interferenti con gli ambiti di rischio idrogeologico, le disposizioni del Piano stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico dei bacini di rilievo regionale (PAI) approvato con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 116/2004 e s.m.i. prevalgono sulle normative comunali. Art. 89 - Sorgenti di campi elettromagnetici e ponti radio Le antenne e gli impianti per le trasmissioni radiotelevisive e per la telefonia mobile potranno essere collocati nelle aree individuate nei piani di localizzazione approvati con deliberazione del Consiglio comunale, nel rispetto del vigente regolamento comunale per il controllo dei campi elettromagnetici e delle vigenti leggi nazionali e regionali in materia.


Jesi Norme Tecniche di Attuazione 167

Allegati 1. Norme per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario Art. 1 - Oggetto 1.Sono oggetto di questo allegato alle Nta della Variante generale del Prg le risorse del patrimonio botanico-vegetazionale, costitutive del paesaggio vegetale, presenti nel territorio del Comune di Jesi ed appartenenti alle tipologie elencate al successivo articolo 3 “Identificazione del Patrimonio Vegetale”. 2.Le singole risorse sottoposte al regime di tutela istituito con la presente normativa sono censite e individuate cartograficamente nell’elaborato Tav. 6a “Il patrimonio botanico-vegetazionale” della Variante generale del Prg. Sono comunque sottoposte al medesimo regime tutte le risorse esistenti pur non specificatamente individuate negli elaborati cartografici di riferimento. 3.Oltre alle norme specifiche istituite con il Piano regolatore generale in adeguamento al Ppar, così come integrate con la presente Variante, sono comunque operanti tutte le vigenti disposizioni nazionali e regionali, con particolare riferimento al Rd 3267/1923, alla Lr 52/1974, Lr. 6/2005. Art. 2 - Obiettivi Le presenti norme hanno come obiettivo la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario del comune di Jesi attraverso: a)la conservazione, la tutela e la valorizzazione delle formazioni vegetali naturali e seminaturali presenti; b)l’ampliamento e la qualificazione delle formazioni vegetali naturali e seminaturali; c)la conservazione, la tutela e la valorizzazione degli elementi diffusi del paesaggio agrario; d)la tutela degli individui appartenenti a specie vegetali protette ai sensi della normativa vigente così come integrata dalle norme della presente Variante al piano; e)il mantenimento e lo sviluppo del reticolo ecologico a scala locale e l’integrazione con quello a scala sovracomunale; f)la valorizzazione delle funzioni ecosistemiche delle formazioni vegetali; g)la realizzazione di trasformazioni territoriali compatibili con la tutela e la valorizzazione delle risorse interessate; h)la conservazione di elementi e tracce dei metodi e tecniche agricolo-produttive tradizionali e storiche. Art. 3 - Identificazione del patrimonio vegetale 1.Per patrimonio botanico-vegetazionale si intendono le formazioni vegetali naturali e seminaturali, nonché gli individui di specie vegetali, singoli o in raggruppamenti formali, presenti nel territorio


168 Jesi Allegati

del Comune di Jesi appartenenti alle seguenti categorie: a)Boschi b)Arbusteti c)Vegetazione ripariale d)Siepi stradali e poderali e)Individui arborei ad alto fusto (appartenenti alle specie botaniche dell’Elenco T1) f)Alberature stradali g)Alberature poderali o filari h)Verde privato o pubblico a funzione estetica e/o ricreativa – parchi 2.Ai fini delle presenti norme la tabella che segue esplicita le corrispondenze tra le categorie di cui al comma 1 e le voci riportate in cartografia, di cui all’elaborato 6a “Il patrimonio botanicovegetazionale” della Variante generale del Prg. Tabella di corrispondenza Unità cartografate nella tavola 6a

Elementi del patrimonio vegetale

Bosco di caducifoglie termofile

Bosco

Boscaglia a prevalenza di Robinia

Bosco

Bosco igrofilo ripariale

Bosco

Arbusteto eliofilo del piano collinare

Arbusteto

Arbusteto mesofilo di mantello del piano collinare

Arbusteto

Arbusteto igrofilo riparialemdegli alvei fluviali

Arbusteto

Formazioni igrofila ripariale del reticolo idrografico minore

Vegetazione ripariale

Siepi

Siepi

Albero ad alto fusto isolato e/o in raggruppamenti formali

Individui arborei ad alto fusto (specie botaniche dellíElenco T1 e T2)

Quercia ad alto fusto isolata e/o in raggruppamenti formali

Individui arborei ad alto fusto (appartenenti al genere botanico Quercus)

Alberatura o Filare

Alberature stradali

Verde pubblico a funzione estetica e/o ricreativa - Verde interstiziale

Verde privato o pubblico a funzione estetica e/o ricreativa - parchi

Verde privato a rilevanza paesaggistica (parchi e giardini)

Verde privato o pubblico a funzione estetica e/o ricreativa - parchi

Art. 4 - Boschi 1.Finalità Le norme di cui al presente articolo, in coerenza con quanto prescritto agli artt. 34 e 37 del Ppar, perseguono le seguenti finalità: promuovere la conservazione delle aree boschive, favorirne la naturale espansione, consolidare il suolo nelle aree perimetrali alle formazioni stesse. 2.Definizioni Richiamata la definizione vigente ai sensi della L.R. 6/2005, art.2, per bosco si intende qualsiasi terreno coperto da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, di origine naturale o artificiale ed in qualsiasi stadio di sviluppo, con un’estensione non inferiore ai 2.000 metri quadrati, una larghezza media non inferiore a 20 metri ed una copertura, intesa come area di incidenza delle chiome, non inferiore al 20 per cento, con misurazioni effettuate dalla base esterna dei fusti. Sono compresi tra i boschi le tartufaie controllate e la macchia mediterranea


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aventi le predette caratteristiche. Non costituiscono bosco i parchi urbani, i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, gli impianti di frutticoltura e di arboricoltura da legno, le tartufaie coltivate, i vivai e gli orti botanici. 3.Divieti a)Le superfici delle aree attualmente a bosco vanno conservate e pertanto in tutto il territorio comunale è fatto divieto di alterare, danneggiare, eliminare anche parzialmente superfici con caratteristiche del soprasuolo che rientrino nella definizione di bosco, fatto salvo quanto previsto dalla L.R. 6/2005. b)È vietato il taglio raso nei boschi di alto fusto. c)Fatto salvo quanto previsto dalla L.R. 6/05, lungo il perimetro dei boschi, si stabilisce una fascia di rispetto della larghezza pari a ml 10, con misurazioni effettuate dalla base esterna dei fusti, nella quale è fatto divieto di: - eseguire arature ad una profondità superiore a cm. 30 e qualunque manomissione del terreno che ne alteri il profilo, comprese le ricariche, con esclusione delle operazioni strettamente funzionali alla difesa dagli incendi e comunque autorizzate dalla competente autorità forestale; - accendere fuochi; - eseguire ogni altra opera o intervento che danneggi la naturale diffusione delle specie di mantello del bosco. d)All’interno di tale fascia di rispetto vanno eseguiti, a cura del proprietario, o in via subordinata del conduttore del fondo, i necessari interventi selettivi per il contenimento delle piante invadenti e/o infestanti appartenenti alle specie individuate nell’Elenco P4. 4.Interventi consentiti a)Sono consentiti i tagli delle superfici boscate secondo quanto previsto dalla vigente normativa forestale a carattere nazionale e regionale; b)Sono consentiti, ed ove possibile favoriti ed incentivati attraverso l’attivazione dell’amministrazione comunale per l’accesso a specifici regimi di sostegno finanziario, gli interventi volti alla adozione di pratiche selvicolturali rispondenti a criteri naturalistici, compresa la conversione dei cedui verso il governo ad alto fusto e l’eliminazione di specie invadenti e/o infestanti non autoctone. Art. 5 - Formazioni ripariali (Bosco igrofilo ripariale – Formazioni igrofila ripariale del reticolo idrografico minore ) 1.Finalità Le norme di cui al presente articolo perseguono le seguenti finalità: prevenire il dissesto idrogeologico, mantenere e migliorare la valenza paesaggistica delle formazioni ripariali, nonché tutelare la funzionalità ecologico-naturalistica degli ecosistemi lineari rappresentati dai piccoli corsi d’acqua del reticolo idrografico minore. 2.Divieti a)È vietato l’abbattimento o il danneggiamento, anche a seguito di inadeguate operazioni colturali, di ogni individuo arboreo o arbustivo delle formazioni riparali, salvo gli eventuali casi in deroga previsti ai punti seguenti; b)Allo scopo di preservare l’integrità floristica della vegetazione ripariale è vietata l’introduzione all’interno delle formazioni


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riparali, e delle fasce di pertinenza di ampiezza come di seguito individuata, ove esistenti, di specie vegetali estranee all’ambiente in forma di specie esotiche, di specie esotiche naturalizzate invadenti o infestanti, di specie autoctone appartenenti a diversa fascia fitoclimatica: - corso d’acqua di classe 1: ml 30 - corso d’acqua di classe 2: ml 20 - corso d’acqua di classe 3: ml 10; c)È vietato produrre alterazioni morfologiche del terreno ed ostacolare il naturale scorrimento del corso d’acqua; d)È vietato ogni intervento di taglio a raso delle specie arboree ad alto fusto e la manomissione dello strato arbustivo ed erbaceo salvo i casi consentiti di cui al punto 2; e)Sono vietati gli interventi di capitozzatura delle specie arboree ad alto fusto salvo per le specie tradizionalmente allevate a “testa di salice” (salici); f)È vietato danneggiare in qualunque modo la naturale rinnovazione di specie vegetali autoctone all’interno del perimetro delle boscaglie igrofile e delle formazioni riparali; g)Nella fascia contigua di m 2,00 a partire dal margine delle sponde o dal piede esterno dell’argine dei corsi d’acqua, è vietata qualunque forma di aratura e di lavorazione del terreno. 3.Interventi consentiti a)Sono ammessi gli interventi di manutenzione e pulizia dell’alveo che prevedano anche l’eliminazione di specie autoctone e/o tutelate, solo nei casi in cui queste costituiscano grave impedimento al regolare deflusso delle acque e sulla base di una specifica progettazione redatta da un tecnico competente, che motivi l’intervento, da sottoporre all’approvazione della competente autorità forestale; b)Sono ammessi gli interventi di reimpianto della vegetazione di sponda con specie autoctone adatte alle condizioni pedoclimatiche, scelte tra quelle indicate nell’Elenco P3, salvo parere negativo da parte dell’autorità competente per motivate ragioni d’ordine idraulico; c)Sono ammessi gli interventi di manutenzione delle sponde che prevedano la sostituzione di specie esotiche infestanti con specie autoctone, sempre che questo non costituisca pregiudizio per la stabilità della sponda stessa, e purché siano eseguiti con tecniche selettive; d)Sono ammessi gli interventi di manutenzione delle sponde e dell’alveo che prevedano il contenimento della vegetazione invadente ed infestante, anche se costituita da specie autoctone, quando questa costituisca pregiudizio al regolare sviluppo di alberi ad alto fusto appartenenti alle specie botaniche tutelate dell’elenco T1, purché l’intervento sia eseguito con tecniche selettive. Art. 6 - Siepi 1.Finalità Le norme di cui al presente articolo perseguono le seguenti finalità: salvaguardare la diversità biologica dell’ambiente rurale e garantire le numerose funzioni ecologiche svolte dalle siepi, comprese quelle di carattere idrogeologico e di conservazione di habitat per la fauna. 2.Definizioni


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Per siepe si intende qualsiasi formazione vegetale lineare chiusa, composta da specie arbustive o da specie arboree ed arbustive, anche mantenute allo stato arbustivo, avente larghezza non superiore a 20 metri e lunghezza di almeno 10 metri. 3.Divieti a)È fatto divieto di abbattere, tagliare a raso, estirpare, sradicare o manomettere con potature inadeguate le siepi ed ogni formazione boschiva lineare; b)Ai fini del contenimento in volume delle siepi, è fatto divieto di impiegare attrezzature meccaniche che provochino lacerazioni a fusti o ai rami degli individui arborei ed arbustivi che costituiscono le siepi stesse. 4.Interventi consentiti a)È consentito l’abbattimento selettivo, all’interno delle siepi, di esemplari appartenenti a specie infestanti, invadenti o esotiche prevedendo la sostituzione con pari individui di specie autoctone, adatte alle condizioni pedoclimatiche, scelte tra quelle indicate nell’Elenco P 3; b)Sono consentiti interventi di manutenzione volti alla riqualificazione, sia in termini floristici che fisionomicostrutturali, delle siepi e delle formazioni vegetali lineari mediante rinfoltimenti e reintroduzioni di specie autoctone adatte alle condizioni pedoclimatiche, scelte tra quelle indicate nell’Elenco P3, ovvero mediante interventi di potatura di tipo fitosanitario o tagli selettivi; c)Sono consentiti gli abbattimenti nei limiti di quanto previsto dalla L.R. 6/2005. Art. 7 - Verde pubblico a funzione estetica e/o ricreativa 1.Divieti a)Le alberature di alto fusto, così come definite all’art. 8, esistenti alla data di adozione delle presenti norme, purché non appartenenti a specie infestanti e invadenti e quando non siano connesse con le normali conduzioni agricole e forestali, nonché le specie pregiate esistenti, devono essere rigorosamente conservate e pertanto ne sono vietati l’abbattimento, il danneggiamento e qualunque manomissione escluse le adeguate pratiche colturali; b)Allo scopo di salvaguardare la completa funzionalità degli esemplari arborei ed arbustivi e le caratteristiche ornamentali di ciascuna specie, nelle aree verdi destinate alla pubblica fruizione sono vietati interventi che prevedano potature drastiche e deturpanti la normale architettura della pianta quali capitozzature, taglio delle branche principali, potature su rami di diametro superiore a cm 15, ecc. Sono fatti salvi gli interventi straordinari a salvaguardia della incolumità delle persone e per ragioni di carattere fitosanitario come di seguito disciplinati, previa ordinanza del Sindaco; c)Nelle aree verdi destinate alla pubblica fruizione è vietato il deposito e lo stoccaggio di materiali di qualunque tipo, esclusi quelli connessi ad attività ed usi esercitati e consentiti nell’area stessa dalla normativa di Piano; d)Nel caso di cantiere che confina o opera su spazi pubblici destinati a verde è vietato il deposito anche temporaneo di materiali utili o di rifiuti e l’occupazione a qualunque titolo delle aree di pertinenza delle alberature; gli alberi interessati dalla cantierizzazione devono essere protetti con adeguate


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strutture (es. recinzione) e comunque per individui di rilievo può essere richiesta l’interdizione del cantiere dall’area di pertinenza e la recinzione della stessa; e)Ai fini dell’applicazione della presente norma, per area di pertinenza delle alberature si intende l’area definita dalla circonferenza tracciata sul terreno avente come centro il tronco dell’albero; per alberi con tronco di diametro fino a cm 15 il raggio di tale circonferenza è almeno di m 2.50. Per alberi con diametro del tronco maggiore di cm 15 e per tutti gli esemplari di particolare pregio o conformazione, l’area di pertinenza interdetta a qualsiasi manomissione o occupazione è pari alla proiezione della chioma sul terreno riferita all’ individuo allevato in forma libera e comunque superiore alla circonferenza di raggio pari a m. 2.50. 2.Obblighi connessi ad interventi consentiti a)In ogni caso di motivato abbattimento, che dovrà comunque essere preventivamente autorizzato ai sensi delle leggi vigenti, è fatto obbligo di reimpianto; b)Gli interventi periodici di ordinaria manutenzione vanno eseguiti a regola d’arte sotto il controllo di un tecnico qualificato; c)Gli interventi di manutenzione straordinaria, compresi quelli giustificati da esigenze di salvaguardia della incolumità pubblica, vanno eseguiti a regola d’arte sotto il controllo di un tecnico qualificato ed accompagnati da idonea progettazione da sottoporre all’approvazione dell’organo tecnico comunale, sentito il parere della competente autorità forestale ed, ove necessario, del Servizio fitosanitario regionale. Art. 8 - Individui arborei ad alto fusto 1.Finalità Il presente articolo dispone norme di tutela per gli esemplari arborei ad alto fusto, appartenenti alle specie indicate nell’Elenco T1, siano essi isolati o in raggruppamenti liberi o formali (filari, alberature, alberate, ecc..), allo scopo di salvaguardare gli elementi caratteristici del paesaggio agrario, fatto salvo quanto previsto dalla L.R. 6/05. 2.Definizioni Per albero ad alto fusto si intende una pianta di origine gamica od affrancata, naturale o artificiale, nella quale sia nettamente distinguibile il tronco dai rami oppure nella quale il tronco si diffonda in rami ad una certa altezza; si considerano ad alto fusto le piante aventi un diametro di almeno 15 cm. a 1,30 metri da terra. 3.Divieti a)È vietato l’abbattimento, la compromissione della vitalità, la mutilazione, il danneggiamento e qualunque manomissione dell’apparato aereo e sotterraneo, salvo i casi di deroga previsti alla lettera seguente; b)Sono vietati gli interventi di capitozzatura e di taglio alle branche principali delle specie arboree ad alto fusto salvo, in zona agricola, per le specie tradizionalmente allevate a “testa di salice” (salici, acero campestre, gelsi); c)È vietata l’aratura nell’area di insidenza della chioma di alberi ad alto fusto siano essi isolati che in formazioni naturali o formali (es. filari); d)Tutti gli individui arborei ad alto fusto esistenti e di nuovo


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impianto, inclusi negli ambiti non insediativi (zone agricole) o al margine con essi ed appartenenti all’Elenco T1, determinano un vincolo di tutela su un’area di pertinenza in cui è vietata ogni tipo di manomissione del terreno, compresa l’aratura e le altre lavorazioni agricole a profondità superiore a cm 25, il ricarico di terreno, l’accensione di fuochi, l’impiego di diserbanti non selettivi; e)Per area di pertinenza si intende l’area definita dalla circonferenza tracciata sul terreno avente come centro l’asse del tronco dell’albero e raggio variabile secondo la seguente articolazione in funzione delle dimensioni della pianta misurate a m 1,30 dal colletto: tronco < cm 15 raggio > m 1.5 cm 15 < tronco < cm 30 raggio > m 2.0 cm 30 < tronco < cm 50 raggio > m 4.0 tronco > cm 50 raggio > m 5.0 4.Obblighi connessi ad interventi consentiti a)Fatto salvo quanto previsto dalla L.R. 6/05, in ogni caso di motivato abbattimento di individuo arboreo ad alto fusto, che dovrà comunque essere preventivamente autorizzato ai sensi delle leggi vigenti, a titolo compensativo, è fatto obbligo di reimpianto all’interno dello stesso lotto di un pari numero di individui di dimensioni paragonabili, se consentito dalle tecniche disponibili, e della stessa specie, se autoctona e adatta alle condizioni pedoclimatiche locali. In caso di impossibilità è fatto obbligo, in via subordinata e previa relazione giustificativa fornita da un tecnico competente, impiantare un numero doppio di individui arborei del diametro di almeno cm 15 scelti tra le specie appartenenti all’elenco T1, purché adatti alle condizioni pedoclimatiche della sede di impianto; in quest’ultimo caso è possibile eseguire la compensazione su area o lotto diverso da quello interessato dall’abbattimento, previa indicazione fornita dal competente Ufficio comunale; b)Nei casi di reimpianto a titolo compensativo su area privata, l’obbligo assunto contempla l’impegno alle cure colturali, alla conservazione delle piante, all’esecuzione degli eventuali risarcimenti delle fallanze, alla garanzia dell’attecchimento per almeno due stagioni vegetative; c)Ogni intervento sugli esemplari arborei, che sia diverso dalla normale e doverosa manutenzione eseguita a regola d’arte, deve essere approvato dal Sindaco previa presentazione di adeguata documentazione tecnica, eventualmente comprensiva della relazione giustificativa di cui al punto precedente, elaborata da un tecnico avente specifiche competenze in materia; è comunque fatto salvo il disposto di cui alla L.R. 6/05. Art. 9 - Arbusteti Nelle aree caratterizzate da formazioni erbaceo-arbustive individuabili come stadio dinamico tendente alla formazione boschiva (bosco) o come aree di prebosco, con copertura dello strato arbustivo, intesa come area di incidenza delle chiome, non inferiore al 20 per cento, viene posta una tutela di carattere orientato volta a favorire l’evoluzione verso formazioni d’ordine superiore, ovvero il mantenimento di habitat essenziali per specie animali e vegetali.


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Art. 10 - Pertinenze coloniche di abitazioni ed edifici rurali nella zona del paesaggio agrario di interesse storico-ambientale 1.Definizione a)Per pertinenza colonica di edificio rurale va intesa quell’area individuabile come a stretto servizio del fabbricato ad uso abitativo e degli annessi rustici ad esso associati; b)Il requisito di ruralità dell’edificio è rivestito in ragione della sua localizzazione in zona agricola e della permanenza di caratteri estetici e formali del fabbricato principale, o degli annessi rustici, riconducibili alla tipologia degli insediamenti colonici della zona. Ai fini della presente norma il requisito di ruralità si mantiene anche nel caso di una destinazione d’uso diversa da quella strettamente legata all’attività agricola. 2.Interventi edilizi in pertinenze di edifici rurali a)Nelle aree di pertinenza di edifici rurali, gli interventi devono garantire, ove presenti, la conservazione e valorizzazione degli elementi qualificanti sia di carattere strettamente architettonico (tipologie costruttive, materiali tradizionali o tipici, manufatti, ecc.) che di carattere paesaggistico e vegetazionale (individui arborei presenti, forme di allevamento delle piante, alberature, ecc.) con valore storico o testimoniale; b)La vegetazione esistente in forma di individui arborei ed arbustivi deve essere conservata, salvo l’eliminazione delle specie riportate all’Elenco P4, ed eventuali abbattimenti o sostituzioni andranno eseguiti nel rispetto della L.R. 7/1985 e successive modifiche ed integrazioni e della normativa introdotta con le presenti Nta., comunque prevedendo interventi compensativi di reimpianto; c)Gli interventi di sistemazione e/o di nuova realizzazione delle aree di pertinenza di abitazioni ed edifici rurali devono tendere alla massima coerenza con i fabbricati rurali presenti e con il paesaggio circostante ponendo particolare attenzione ai rapporti estetici, formali e funzionali tra i vari elementi (edificio principale, annessi rustici, sistemazioni esterne, vegetazione presente nell’area e nell’intorno). 3.Progetto della sistemazione del verde a)Negli interventi edilizi e di sistemazione a carico di edifici rurali e loro pertinenze soggetti a richiesta di autorizzazione, concessione, asseverazione, siano esse a titolo gratuito od oneroso, è fatto obbligo al richiedente di accompagnare alla richiesta ovvero alla dichiarazione di inizio lavori, un progetto, redatto da un tecnico competente, dal quale risulti il rilievo allo stato attuale di tutta la vegetazione presente nell’area di pertinenza, comprensivo di allegato fotografico, e l’assetto della sistemazione finale di tale area in cui vengano adeguatamente descritti gli interventi di piantumazione, di trapianto, di semina, di movimento terra, le linee tecnologiche, le eventuali recinzioni, le piante previste dettagliate per specie, numero, dimensione ed ogni altro materiale impiegato; b)Il progetto del verde costituisce parte integrante della richiesta e va sottoposto alla valutazione dell’organo tecnico comunale. 4.Specie utilizzabili a)Le specie vegetali da impiegare sono quelle della flora autoctona e per la maggior parte indicate nell’Elenco P1; b)L’elenco P1 non è tuttavia da ritenersi prescrittivo in quanto la molteplicità delle condizioni ecologiche o le peculiarità di


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ogni intervento di progettazione paesaggistica potrebbero consigliare l’impiego anche di altre specie oltre a quelle indicate. In tal caso, negli elaborati progettuali, sarà cura del tecnico competente motivare adeguatamente la scelta di specie botaniche diverse. Art. 11 - Tutela e sviluppo del verde urbano 1.In tutti i progetti presentati le alberature esistenti dovranno essere rigorosamente rilevate e indicate, con le corrispondenti aree di pertinenza su apposita planimetria, con relativa documentazione fotografica. I progetti edilizi ed in particolare quelli interessanti il sottosuolo, dovranno essere studiati in maniera da rispettare le alberature di alto fusto nonché tutte le specie pregiate esistenti, avendo particolare cura di non offenderne gli apparati radicali. 2.Parte integrante di ogni progetto edilizio sarà il progetto del verde, redatto da un tecnico competente, dal quale risulti il rilievo allo stato attuale di tutta la vegetazione presente nel lotto e nell’immediato intorno, comprensivo di allegato fotografico, e l’assetto della sistemazione finale di tale area in cui vengano adeguatamente descritti gli interventi di piantumazione, di trapianto, di semina, di movimento terra, le linee tecnologiche, le eventuali recinzioni, le piante previste dettagliate per specie, numero, dimensione ed ogni altro materiale impiegato. Il progetto del verde costituisce parte integrante della richiesta e va sottoposto alla valutazione dell’organo tecnico comunale. 3.In particolare nelle parti del lotto o nei lotti privi di idonee alberature dovranno essere poste a dimora, all’atto della costruzione e in forma definitiva, oppure preventivamente se consentito dal tipo di intervento, nuove alberature di alto fusto, nella misura minima di una pianta ogni 150 mq (di superficie di lotto non coperta), oltre a specie arbustive nella misura minima di due gruppi (almeno 3 individui associati per gruppo) ogni 150 mq di superficie del lotto non coperta. La scelta delle specie deve avvenire almeno all’80% nella gamma delle essenze autoctone e comunque adatte alle condizioni pedoclimatiche della sede di impianto e non meno del 70% delle alberature complessivamente messe a dimora deve essere costituita da latifoglie autoctone. Nel progetto del verde le alberature esistenti dovranno essere rigorosamente rilevate e indicate, con le corrispondenti aree di pertinenza, sulla planimetria dello stato attuale. I progetti edilizi ed in particolare quelli interessanti il sottosuolo, dovranno essere studiati in maniera da rispettare le alberature ad alto fusto, nonché tutte le specie pregiate esistenti, avendo particolare cura di non offenderne gli apparati radicali. 4.L’assetto del verde dovrà essere organizzato in modo da creare degli spazi alberati unitari o comunque opportunamente collegati fra loro, in rapporto specialmente ai fabbricati e alle relative visuali. 5.In presenza di vegetazione la realizzazione di impianti di illuminazione deve limitare al massimo le interazioni dannose con la fisiologia delle piante. 6.L’Amministrazione Comunale potrà autorizzare lo spostamento in loco delle alberature esistenti, sulla base di un progetto di riassetto delle alberature redatto da un tecnico competente (dottore agronomo, dottore forestale, perito agrario). L’abbattimento di alberi ad alto fusto può essere consentito solo in caso di pubblica utilità od interesse pubblico, o per altra motivata giustificazione


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firmata da un tecnico competente che ne assume la responsabilità; in tal caso è d’obbligo il reimpianto compensativo così come specificato alla seguente lettera e) del presente articolo. 7.Nei casi previsti dal comma precedente, è fatto obbligo, a titolo compensativo, di impiantare un pari numero di individui di dimensioni paragonabili, se consentito dalle tecniche disponibili, e della stessa specie, se autoctona e adatta alle condizioni pedoclimatiche locali. In caso di impossibilità è fatto obbligo, in via subordinata e previa relazione giustificativa fornita da un tecnico competente, impiantare un numero doppio di individui arborei del diametro di almeno cm 15 scelti tra le specie appartenenti all’elenco T1, purché adatti alle condizioni pedoclimatiche della sede di impianto; in quest’ultimo caso è possibile eseguire la compensazione su area o lotto diverso da quello interessato dall’abbattimento, previa indicazione fornita dall’Ufficio Tecnico Comunale. 8.L’autorizzazione deve essere preventivamente acquisita e allegata agli elaborati di progetto per qualsiasi tipo di intervento edilizio, sia pubblico che privato, nel quale si renda inevitabile la manomissione delle alberature. 9.Fatto salvo il disposto della L.R. 6/05, gli alberi di alto fusto abusivamente abbattuti senza la prescritta autorizzazione debbono essere sostituiti, a titolo compensativo, da altrettanti esemplari della stessa specie, o di specie autoctona adatta alle condizioni pedoclimatiche, di dimensioni paragonabili e posti nelle precedenti aree di pertinenza; se ciò non dovesse risultare tecnicamente possibile, si dovrà procedere alla messa a dimora all’interno del lotto di un numero almeno doppio di individui con le stesse caratteristiche. In via straordinaria, verificata l’impossibilità tecnica ad attuare un meccanismo compensativo tramite il reimpianto da parte del trasgressore, è data facoltà al Comune di procedere al reimpianto di un numero triplo di individui di dimensioni paragonabili su area o lotto pubblico a specifica destinazione urbanistica e richiedere il pagamento di una somma commisurata alle spese da sostenere, sulla base di una stima fornita da un tecnico competente. 10.Nei casi di reimpianto a titolo compensativo su area privata, l’obbligo assunto contempla l’impegno alle cure colturali, alla conservazione delle piante, all’esecuzione degli eventuali risarcimenti delle fallanze, alla garanzia dell’attecchimento per almeno due stagioni vegetative. 11.La distanza minima della luce netta di qualsiasi scavo dal filo del tronco non può essere inferiore a m. 2.50 per le piante di prima e seconda grandezza e m. 1.50 per gli alberi di terza grandezza e per gli arbusti. In casi di comprovata necessità e su istanza scritta del richiedente indirizzata all’organismo comunale competente è previsto il rilascio di deroghe in difformità alle distanze indicate, con riserva di imporre l’adozione di tecniche ed attenzioni particolari per evitare danni all’apparato radicale come ad esempio: scavi a mano, rispetto delle radici portanti, in prossimità delle piante impiego di attrezzature idonee (spingitubo, ecc.) ed esecuzione di perforazione anziché scavo in trincea. Ove non fosse comunque possibile evitare di rimuovere radici, e comunque previo assenso dell’organismo comunale competente, l’asportazione deve obbligatoriamente essere eseguita mediante taglio netto e seguita tempestivamente dalla disinfezione delle superfici di taglio con adatti anticrittogamici.


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12.È fatto obbligo ai proprietari di giardini ed aree private di qualunque natura e dimensione, ivi comprese le aree di risulta, di garantire i livelli minimi di decoro, igiene e sicurezza mediante l’esecuzione di opportune ed adeguate operazioni di manutenzione e restauro del verde. Nei casi di accertata incuria da parte della proprietà, il Comune, se obbligato ad intervenire immediatamente in ordine ad esigenze pubbliche o su suolo pubblico, potrà rivalersi addebitandone la spesa alla proprietà interessata. 13.Gli interventi anche a carattere manutentorio nei parchi e giardini esistenti che, a giudizio dell’Amministrazione Comunale, rivestono caratteristiche di significatività dal punto di vista storico architettonico ed ambientale, debbono garantire il mantenimento e la valorizzazione, ed ove possibile il ripristino delle originarie caratteristiche; i predetti parchi e giardini, censiti dal Piano Comunale del Verde, sono cartograficamente individuati alla Tavola “Elementi costitutivi del Verde Urbano”. Pertanto la scelta della nuova vegetazione posta a dimora in sostituzione o aggiunta a quanto esistente potrà non tenere conto dei criteri di scelta di cui al comma 3 del presente articolo. Art. 12 - Elenchi delle specie vegetali I seguenti elenchi, richiamati agli articoli precedenti, costituiscono parte integrante della normativa di piano. a) Specie botaniche tutelate: Specie botaniche tutelate Abies alba Acer campestre Acer obtusatum Acer opalifolium Acer platanoides Acer pseudoplatanus Aesculus hippocastanum Alnus glutinosa Alnus incana Arbutus unedo Carpinus betulus Carpinus orientalis Castanea sativa Celtis australis Cercis siliquastrum Cupressus sempervirens Fagus sylvatica Fraxinus angustifolia Fraxinus excelsior Fraxinus ornus Ilex aquifolium Juniperus oxycedrus var. macrocarpa Morus alba Morus nigra Ostrya carpinifolia Platanus acerifolia Pinus halepensis Pinus pinea Pistacia lentiscus Pistacia terebinthus Phyllirea latifolia Populus alba Populus tremula Prunus mahaleb Quercus cerris Quercus crenata Quercus ilex Quercus petraea Quercus pubescens Quercus robur

Elenco T1

abete bianco acero campestre acero napoletano o díUngheria acero opalo acero riccio acero di monte ippocastano (*) ontano nero ontano bianco corbezzolo carpino bianco carpino orientale, carpinella castagno bagolaro albero di Giuda cipresso comune faggio frassino ossifillo frassino maggiore orniello agrifoglio ginepro coccolone (*) gelso bianco gelso nero carpino nero platano (*) pino d’Aleppo pino domestico lentisco terebinto fillirea pioppo bianco pioppo tremulo ciliegio canino cerro cerrosughera leccio rovere roverella e relativi ibridi farnia


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Sorbus aria Sorbus aucuparia Sorbus domestica Sorbus torminalis Staphylea pinnata Taxus baccata Tilia sp. Ulmus glabra Ulmus minor

farinaccio sorbo degli uccellatori sorbo domestico ciavardello bossolo (*) tasso tiglio di tutte le specie olmo montano olmo comune o campestre

L’elenco comprende le specie tutelate ai sensi della L. R. 6/05 ed include alcune ulteriori specie (*) che vanno pertanto assoggettate allo stesso regime normativo.

b)Specie botaniche degli individui arborei ad alto fusto tutelati in zona extraurbana Specie botaniche degli individui arborei ad alto fusto tutelati in zona del paesaggio agrario storico - ambientale Olea europea

Elenco T2

olivo (di età superiore a 75 anni)

L’elenco comprende specie non tutelate ai sensi della L. R. 6/05 ma di interesse da un punto di vista paesaggistico come testimonianza di tecniche o di ordinamenti colturali tradizionali.

c)Specie arboree idonee all’impiego per interventi nelle pertinenze degli edifici rurali nelle zone agricole Specie arboree idonee all’impiego per interventi nelle pertinenze degli edifici rurali nelle zone agricole Acer campestre Celtis australis Corylus avellana Fraxinus excelsior Juglans regia Malus silvestris Mespilus germanica Morus alba Morus nigra Prunus sp.pl Punica granatum Quercus pubescens Quercus petraea Sorbus sp.pl Tilia sp.pl Zyzyphus sativus

Elenco P1

acero campestre bagolaro nocciolo frassino maggiore noce melo selvatico nespolo comune gelso bianco gelso nero fruttiferi vari melograno roverella rovere sorbo domestico tiglio giuggiolo

L’elenco P1 non è da ritenersi prescrittivo in quanto la molteplicità delle condizioni ecologiche o le peculiarità di ogni intervento di progettazione paesaggistica potrebbero consigliare líimpiego anche di altre specie oltre a quelle indicate. Ogni intervento andrà comunque eseguito sulla base di una specifica progettazione redatta da un tecnico competente, da sottoporre alla valutazione dellíorgano tecnico comunale, che motivi adeguatamente la scelta di specie botaniche diverse. Per pertinenza di edificio rurale va intesa quellíarea individuabile come a stretto servizio del fabbricato ad uso abitativo e degli annessi rustici ad esso associati. Il requisito di ruralità dellíedificio è rivestito in ragione della localizzazione in zona agricola e della permanenza di caratteri estetici e formali del fabbricato principale, o degli annessi rustici, riconducibili alla tipologia degli insediamenti colonici della zona. Ai fini della presente norma il requisito di ruralità si mantiene anche nel caso di una destinazione díuso diversa da quella strettamente legata all’attività agricola.


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d)Specie arboree di possibile impiego negli interventi nelle pertinenze degli edifici rurali nelle zone agricole ����������������������������������� ���������������� ����������������������������������������������� Buxus sempervirens Cupressus sempervirens Pinus halepensis Pinus pinea Quercus ilex Taxus baccata

Elenco P2

bosso cipresso comune pino d'Aleppo pino domestico leccio tasso

L’elenco P2 include alcune specie di possibile impiego negli interventi nelle pertinenze di edifici nelle zone agricole purchè sulla base di precise motivazioni e significati díordine paesaggistico. Ogni intervento andrà comunque eseguito sulla base di una specifica progettazione redatta da un tecnico competente, da sottoporre alla valutazione dellíorgano tecnico comunale, che motivi adeguatamente la scelta.

e)Specie arboree ed arbustive idonee all’impiego per interventi di rinaturalizzazione del paesaggio agrario o di restauro ambientale ���������������������������������� ������������������������������������������������ ���������������������������������������������� Acer campestre Acer monspessulanum Colutea arborescens Coronilla emerus Corylus avellana Cornus mas Cornus sanguinea Crataegus monogyna Crataegus oxyacantha Euonymus europaeus Fraxinus ornus Juniperus communis Juniperus oxycedrus Laurus nobilis Ligustrum vulgare Lonicera caprifolium Lonicera xilosteum Lonicera etrusca Malus silvestris Paliurus spina-christi Pyracantha coccinea Prunus avium Populus alba Populus nigra Prunus spinosa Pyrus pyraster Quercus cerris Quercus pubescens Quercus petraea Rosa canina Rosa sempervirens Salix alba Salix purpurea Salix triandra Sambucus nigra Sorbus domestica Sorbus torminalis Spartium junceum Tamarix gallica Ulmus minor Viburnum lantana Viburnum tinus

Elenco P3

oppio, acero campestre acero minore vesicaria cornetta dondolina nocciolo corniolo sanguinello biancospino comune biancospino selvatico berretta da prete orniello ginepro comune ginepro rosso alloro ligustro caprifoglio comune caprifoglio peloso caprifoglio etrusco melo selvatico marruca agazzino ciliegio selvatico pioppo bianco pioppo nero prugnolo pero selvatico cerro roverella rovere rosa selvatica rosa di S. Giovanni salice bianco salice rosso salice da ceste sambuco sorbo domestico ciavardello ginestra comune tamericio olmo campestre viburno-lantana viburno-tino

L’elenco P3 riporta un elenco di specie arboree ed arbustive consigliate per gli interventi di rinaturalizzazione del paesaggio agrario o di restauro ambientale attraverso l'impianto di siepi, fasce lineari di vegetazione, zone a bosco o il recupero di quelle preesistenti. In ogni intervento la scelta delle specie da impiegare, il numero, la loro consociazione e le modalità di piantumazione vanno subordinate a pù specifiche indagini microclimatiche ed ecologiche operate nella sede di impianto. A tale scopo líintervento andrà comunque eseguito sulla base di una specifica progettazione redatta da un tecnico competente da sottoporre alla valutazione dell’organo tecnico comunale.


180 Jesi Allegati

f)Specie arboree non idonee all’impiego per interventi in zona agricola ������������������������������������� ������������������������������� Abies sp. Acer pseudoplatanus Ailanthus altissima Fagus sylvatica Robinia pseudacacia Ulmus glabra

Elenco P4

abete tutte le specie acero di monte ailanto, albero del Paradiso (infestante) faggio robinia, acacia (infestante) olmo montano

Tutte le conifere escluse quelle riportate negli elenchi P1 - P2 - P3. L’elenco P4 indica le specie arboree il cui impiego è fortemente sconsigliato nelle zone agricole in quanto esotiche, esotiche naturalizzate ma invadenti o infestanti oppure autoctone ma estranee alle condizioni pedoclimatiche della zona. Nel caso delle specie infestanti (robinia ed ailanto) dovranno essere adottati interventi selettivi volti al loro contenimento.


Jesi Norme Tecniche di Attuazione 181

Allegati 2. Criteri di progettazione urbana eco-compatibile

Art. 1 - Oggetto 1.Sono oggetto di questo allegato alle Nta della Variante generale al Prg le disposizioni relative alla sostenibilità ambientale, territoriale ed edilizia degli interventi. 2.Oltre alle norme di seguito illustrate, sono comunque operanti tutte le vigenti disposizioni nazionali e regionali, con particolare riferimento a: D.lgs. 192/2005 e successive modifiche ed integrazioni, Delibera C.R. n. 175/2005, Delibera G.R. n. 579/2003 e n.1138/2003. Art. 2 - Obiettivi Le presenti norme hanno come obiettivo la promozione di una cultura della progettazione e della realizzazione urbanistica ed edilizia che favorisca interventi totalmente o parzialmente realizzati nel rispetto di principi e criteri riferibili alla sostenibilità, attraverso: a)la conservazione, la tutela e la valorizzazione dell’ambiente naturale; b)la valorizzazione della rete ecologica in territorio urbano e rurale; c)la conservazione e il ripristino di condizioni di permeabilità dei suoli anche negli interventi edilizi diffusi; d)la difesa e l’incremento del patrimonio botanico-vegetazionale anche in contesto urbano; e)l’individuazione di prestazioni ambientali da garantirsi nello sviluppo insediativo, favorendo la realizzazione di edifici caratterizzati da una maggiore qualità ecologica. Art. 3 - Criteri di sostenibilità alla scala urbanistica I piani urbanistici attuativi, di cui all’art.8 delle Nta, oltre alla documentazione prevista dalle norme vigenti, dovranno essere corredati di: a)progetto bioclimatico: analisi dei dati climatici ed elaborazione di una rappresentazione del contesto ambientale; redazione della mappa solare per l’orientamento dei lotti e l’individuazione della sagoma di massimo ingombro degli edifici, di allineamenti e distanze, di ombre portate, al fine di garantire il diritto al sole; sfruttamento della vegetazione come barriera di protezione agli agenti avversi e per la mitigazione/formazione del microclima; b)progetto della mobilità e della sosta: studio del sistema di percorrenze che privilegi la mobilità dolce e la creazione di “Zone residenziali 30” (sistemi di rallentamento della velocità a 30 km/ h, restringimento dell’asse in prossimità dell’incrocio, incroci che privilegino il passaggio pedonale e ciclabile); impiego di materiali drenanti ed ecologici, oltre che di materiali riciclati, ad esempio per sottofondi o strati di fondazione (Dm 8 maggio 2003 n. 203 e Circolare 15 luglio 2005);


182 Jesi Allegati

c) progetto della permeabilità dei suoli: realizzazione di reti duali di adduzione al fine dell’utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili; realizzazione di sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue; opere di mitigazione del rischio idraulico connesso alle impermeabilizzazioni (infiltrazione e immagazzinamento delle piogge nel suolo, sistemi di laminazione); d)progetto dell’illuminazione pubblica: studio del posizionamento dei corpi illuminanti in modo da garantire un’uniformità della luminanza; utilizzo di lampade a basso voltaggio; impiego di apparecchi illuminanti muniti di dispositivi in grado di ridurre i consumi energetici; riduzione e contenimento dell’inquinamento luminoso; e) progetto di comfort acustico: analisi del clima acustico; impiego di sistemi di mitigazione che privilegino l’ingegneria naturalistica; f)progetto dei lotti: studio dell’orientamento favorevole rispetto agli agenti esterni; diritto al sole; tipologia delle recinzioni; verde di pertinenza; studio degli accessi. Art. 4 - Criteri di sostenibilità alla scala edilizia 1.Orientamento dei fabbricati a)Gli edifici dovranno essere orientati in modo da sfruttare al meglio gli apporti dell’energia solare e i caratteri climatici del luogo; le distanze fra edifici contigui devono garantire, nelle peggiori condizioni stagionali (solstizio invernale 21 dicembre), il minimo ombreggiamento possibile sulle facciate, con riferimento alla costruzione delle maschere solari. b)Gli ambienti nei quali si trascorre la maggior parte del tempo di vita dovranno essere disposti a sud-est, sud e sud-ovest, conformemente al loro fabbisogno di soleggiamento e illuminazione naturale. Gli spazi che hanno meno bisogno di riscaldamento e di illuminazione (servizi igienici, box, ripostigli, lavanderie e corridoi) saranno disposti lungo il lato nord così da formare uno spazio cuscinetto fra il fronte più freddo e gli ambienti più utilizzati. c)Ad ogni alloggio deve essere garantito un doppio affaccio al fine di facilitare la ventilazione naturale. 2.Pareti finestrate a)La massima superficie finestrata dovrà essere collocata con orientamento sud, sud-est e sud-ovest; nel lato sud le pareti finestrate dovranno estendersi per il 15% della superficie pavimentata degli ambienti prospicienti. Questa norma sostituisce quella consueta del rapporto aereoilluminante di 1/8 (corrispondente al 12.5%). Le superfici finestrate a est e a ovest dovranno avere dimensioni minori per garantire condizioni di comfort ottimali sia in inverno (perdite di calore) che in estate (surriscaldamento), fermo restando il rispetto del rapporto aereoilluminante di cui all’art.79 del REC. Le aree finestrate orientate a nord dovranno essere di dimensioni sufficienti per soddisfare le esigenze minime previste dalla normativa vigente. Se di dimensioni superiori sono da prevedersi fisse, con la sola esclusione di quelle necessarie a garantire la ventilazione, e con prestazioni di massimo isolamento. b)E’ prescritto l’uso di dispositivi per l’ombreggiamento di pareti e superfici finestrate verticali esposte a sud e, in particolare, l’uso di schermature (naturali e/o artificiali) ad aggetto orizzontale per la protezione dalla radiazione solare sui fronti sud, di dimensioni calcolabili secondo la seguente formula:


Jesi Allegati 183

Lunghezza aggetto = Altezza finestra/F dove il fattore F è 2.0 (corrispondente alla latitudine del Comune di Jesi di 43° 31’ 46’’ ). c)Per le pareti e superfici finestrate verticali esposte a est e a ovest, allo scopo di contrastare i raggi solari bassi all’orizzonte, dovranno utilizzarsi dispositivi di schermatura (naturali e/o artificiali - persiane e/o serrande) prevalentemente di tipo verticale (per quelli artificiali possibilmente regolabili). 3.Sistemi solari passivi e a guadagno diretto a)Si definiscono serre solari gli spazi ottenuti mediante chiusure con superfici trasparenti unicamente finalizzati alla captazione ed all’accumulo termico dell’energia solare passiva. Le serre devono essere integrate e/o addossate all’organismo edilizio e devono essere soddisfatte le seguenti condizioni: - integrazione con l’edificio, valorizzandolo; - efficacia nella riduzione dei consumi di combustibile per il riscaldamento invernale. Per guadagno energetico si intende la differenza tra l’energia dispersa in assenza della serra (Qo) e quella dispersa in presenza della serra (Q). Deve essere verificato: Qo – Q 3 25% Qo - calcoli, sia per l’energia dispersa che per l’irraggiamento solare, sviluppati secondo le norme UNI 10344 e UNI 10349; - assenza di sistema di riscaldamento; - orientamento verso sud, con una tolleranza di circa 10 gradi; - superficie lorda in ogni caso non eccedente il 5 % della Sul dell’unità immobiliare a servizio della quale la serra viene realizzata; - rapporto tra la superficie vetrata della serra esposta a sud e la superficie del pavimento del locale da riscaldare compreso tra 0.1 e 0.5; - presenza di una massa di assorbimento e accumulo del calore (muro retrostante di collegamento, massetto e pavimentazione della serra stessa e/o altro); - serramenti con buona resistenza all’invecchiamento e al degrado estetico e funzionale; - locali retrostanti con un’apertura verso l’esterno, allo scopo di garantire una corretto rapporto aereoilluminante; - dotazione di opportune schermature e/o dispositivi mobili o rimovibili, per evitare il surriscaldamento estivo; - almeno il 40% della superficie vetrata apribile, per evitare il surriscaldamento estivo. b)Il Muro di Trombe deve rispettare le seguenti condizioni: - rapporto tra l’area del muro di accumulo esposto a sud e l’area del pavimento del locale da riscaldare da 0.33 a 0.75; - superficie complessiva di ciascuna apertura a nastro prevista nella muratura di circa 1 mq per ogni 100 mq di superficie del muro. 4.Energie alternative a)E’ obbligatoria l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda ad uso sanitario in modo da soddisfare il 50% del fabbisogno annuale. b)I pannelli solari devono essere installati sulle coperture piane o a falde, o sulle facciate, purché orientati a sud, sud-est, sud-ovest (miglior orientamento: fra il sud ed i 10°-15° di sud-ovest).


184 Jesi Allegati

c)Gli impianti devono essere integrati nella copertura, se inclinata in modo retrofit, altrimenti in modo strutturale. d)Se istallati su coperture piane, vanno utilizzati pannelli di tipo “piano”, o comunque con inclinazione ottimale purché non visibili dal piano stradale sottostante, evitando comunque l’ombreggiamento reciproco qualora siano disposti su più file. e)I serbatoi di accumulo devono essere posizionati all’interno degli edifici. f)Nel caso in cui i collettori siano impiegati anche per il riscaldamento degli ambienti, la loro superficie deve essere ampliata per ottenere un contributo di almeno il 20% del riscaldamento degli ambienti. g)Il dimensionamento degli impianti solari termici deve fare riferimento alle Norme UNI 10344, UNI 8477, UNI 10349 e successivi aggiornamenti. h)Gli impianti devono essere conformi alle prescrizioni delle norme EN 12975-1, EN 12976-1, EN12977-1 e successivi aggiornamenti. i)L’approvvigionamento di energia elettrica potrà avvenire presso un operatore riconosciuto dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, che fornisca esclusivamente energia ricavata da fonti rinnovabili. 5.Riduzione del consumo di energia a)Gli edifici vanno concepiti e realizzati in modo da consentire una riduzione del consumo di combustibile per riscaldamento, intervenendo sull’involucro edilizio e sul rendimento dell’impianto di riscaldamento, favorendo gli apporti energetici gratuiti. b)Il fabbisogno di energia primaria dovrà essere pari a: S/V < 0.2 = 36 Kwh/mq anno S/V > 0.9 = 103 Kwh/mq anno; dove S, espressa in metri quadrati, è la superficie che delimita il volume riscaldato V verso l’esterno, ovvero verso gli ambienti non dotati di impianto di riscaldamento; dove V è il volume lordo, espresso in metri cubi, delle parti di edificio riscaldate. Per i valori di S/V compresi nell’intervallo 0,2 – 0,9 si procede mediante interpolazione lineare. c)I valori di Trasmittanza termica U di riferimento sono i seguenti: - Pareti perimetrali esterne 0.38 W/mq K - Solai di copertura 0.35 W/mq K - Serramenti (media tra infisso e vetro) 2,6 W/mq K. d)Il rendimento globale medio stagionale dell’impianto termico dovrà essere: hg= (75 + 3 log Pn) % dove log Pn è il logaritmo in base 10 della potenza utile nominale del generatore o dei generatori di calore a servizio del singolo impianto termico, espressa in Kw. e)E’ d’obbligo l’impiego di tetti ventilati. 6.Efficienza energetica a)E’ d’obbligo l’impiego di generatori di calore con marcatura di rendimento energetico pari a tre o quattro stelle, così come definito nell’allegato II del decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996 n. 660, o di caldaie a condensazione. b)La temperatura del fluido termovettore non deve essere superiore a 60°C. c)L’illuminazione artificiale può essere effettuata con lampade ad alto rendimento o comunque a risparmio energetico di classe A. d)Le attrezzature e gli elettrodomestici dovrebbero essere ad alta efficienza energetica, secondo gli Indirizzi delle norme CEE


Jesi Allegati 185

(Classe A – A+), consentendo un risparmio energetico di oltre il 50% rispetto ai modelli meno efficienti. 7.Adozione di regolazioni termostatiche sugli elementi di diffusione del calore a)Allo scopo di ridurre i consumi energetici è obbligatorio installare opportuni sistemi di regolazione locali (valvole termostatiche, termostati collegati a sistemi locali o centrali di attuazione, etc.) che, agendo sui singoli elementi di diffusione del calore, garantiscano il mantenimento della temperatura dei singoli ambienti riscaldati entro i livelli prestabiliti, anche in presenza di apporti gratuiti (persone, irraggiamento solare, apparecchiature che generano energia termica in quantità interessante, etc.). b)Il dispositivo installato sull’elemento di erogazione del calore dovrà risultare sensibile a variazioni di temperature di 1 °C. 8.Utilizzo acque meteoriche a)Tutti gli edifici devono dotarsi di una cisterna per la raccolta delle acque meteoriche, da posizionarsi nel lotto di pertinenza, di dimensioni non inferiori a 1 m3 per ogni 30 m2 di superficie lorda complessiva degli stessi. b)Per la riduzione del consumo di acqua potabile, si prescrive l’utilizzo delle acque meteoriche, raccolte dalle coperture degli edifici, da destinare all’irrigazione del verde pertinenziale, alla pulizia dei cortili e passaggi, al lavaggio auto. c)La cisterna dovrà essere dotata di sistema di filtratura per l’acqua in entrata, di sfioratore sifonato collegato alla fognatura per gli scarichi su strada, in modo da smaltire l’eventuale acqua in eccesso e di adeguato sistema di pompaggio per fornire l’acqua alla pressione necessaria per gli usi previsti. d)Le coperture dei tetti debbono essere munite di canali di gronda impermeabili, atti a convogliare le acque meteoriche dei pluviali nel sistema di raccolta (cisterna). e)Le acque meteoriche possono essere impiegate anche per gli scarichi dei wc. Nel caso in cui le piogge non siano sufficienti a garantire il volume d’acqua di scarico, una sonda di livello posta in fondo al serbatoio potrà segnalare il livello di svuotamento ad una elettrovalvola a tre vie che escluda l’adduzione dal serbatoio e colleghi al sistema d’acqua potabile. f)L’impianto idrico delle acque meteoriche non potrà essere collegato alla normale rete idrica e le sue bocchette dovranno essere dotate di dicitura “acqua non potabile”, secondo la normativa vigente. Tutti i componenti della rete di distribuzione delle acque recuperate dovranno essere contrassegnati in modo indelebile con le scritte e i simboli regolamentari come da norma UNI 9182. 9.Contenimento dei consumi idrici a)Al fine della riduzione del consumo di acqua potabile, devono essere adottati dispositivi (doppio tasto) per la regolazione del flusso dalle cassette di scarico dei wc. b)Si consiglia l’uso di rubinetteria monocomando e/o con frangigetto. 10.Impianto elettrico a)Al fine di ridurre l’inquinamento elettromagnetico si deve prevedere un sistema di distribuzione a stella e l’introduzione di un disgiuntore (Bioswitch) per la zona notte.


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11.Materiali ecocompatibili a)Al fine di migliorare il benessere abitativo e ridurre l’impatto ambientale del settore edile e delle costruzioni, i materiali da impiegarsi nelle costruzioni dovranno essere scelti in base alle loro caratteristiche ecologiche e biologiche, secondo quanto previsto dalle Direttive CEE 106/89 - 880/92 - 1836/93, e dalla Risoluzione Comunitaria 1/2/1993 per lo sviluppo sostenibile. Sarà quindi da privilegiare l’uso di materiali naturali, non di sintesi petrolchimica, di produzione locale o tradizionali, a basso impatto ambientale sia nella fase di produzione che di posa in opera e di dismissione, riciclabili o riutilizzabili, sani, durevoli e sicuri. b)Sono raccomandati i materiali e i componenti bio-eco-compatibili certificati da marchi di qualità ecologica (tipo Ecolabel, Natureplus, ANAB-IBO-IBN, TEST-HOUSE, Angelo azzurro, Cigno bianco, FSC, ecc). Di seguito sono individuate alcune tipologie: • muratura portante continua realizzata in mattoni pieni o alveolati ad alta coibentazione, prodotti con impasto vegetale (es.: segatura o farina di legno, paglia, riso, ecc.) o minerale (es.: vulcante, perlite, ecc.) per limitare l’uso di polistirolo; • struttura mista in muratura e cemento armato con: - utilizzo di metallo a bassa conduttività elettromagnetica (ad esempio acciaio austenitico) nei vani ove è prevista la maggior permanenza delle persone (camere da letto, studio e lavoro) come elemento di interruzione della continuità dell’armatura; - messa a terra del ferro e interruzione della gabbia di metallo (detta gabbia di Faradey che ha, come effetto, quello di annullare il campo elettrico naturale) tramite giunti isolati (interponendo ad esempio del legno o sughero); • strutture orizzontali in laterizio o legno (massiccio o lamellare); • isolanti in fibre vegetali (sughero, fiocchi di carta, pannelli in fibra di legno, canapa, lino, ecc.) e minerali; • intonaci in malta di calce idraulica naturale o argilla, tinteggiati con prodotti a base di calce idraulica naturale, terra cruda, pigmentati con terre, ossidi naturali e silicati, o comunque prodotti vernicianti naturali; • collanti naturali per posa di pavimenti e rivestimenti; • infissi interni ed esterni in legno, trattati con vernici di origine vegetale o cere; • silicone vegetale per la chiusura delle fessure; • condutture in polietilene o polipropilene (con riduzione/o eliminazione del Pvc- contenente cloruro di polivinile).


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Progetto Grafico: Capolinea.it Stampa: Stampanova


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