Uruk 0.2

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URUK O V E R V I E W

FREEPRESS

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A R C H I T E C T U R E

periodico trimestrale - Anno 2 n째0.2 - Aprile 2011

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www.urukmag.it


URUK 2

Overview on architecture

Editoriale

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Uruk n° 02 2011 Aprile

Direttore Responsabile Giuseppe Guerrera

focus 1. Architetture

Potenza.Paesaggio e luce Progetto di Vincenzo Melluso

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gela.una via e tre piazze Progetto di Roberto Collovà

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focus 2. Architetture

uniforme vs universale-comune 16 Testo di Marco Scarpinato palermo.Porta del Mediterraneo 18 Progetto di Kengo Kuma e Marco Scarpinato Nuuk.isola di luce Progetto di BIG Bjarke Ingels Group

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Amsterdam.Nuovo mulino Progetto di NL Architects Granada.qal,at al-hanra

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Progetto di Alvaro Siza Vieira e Juan Domingo Santos

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Redazione Tania Culotta, Francesco Finocchiaro, Orazio La Monaca, Mariagrazia Leonardi, Lucia Pierro, Carmelo Vitrano Art direction e impaginazione Francesco Guerrera AutonomeForme Editor dei testi Lucia Pierro Traduzioni Elizabeth Fraser | Inglese Copertina Francesco Guerrera Illustrazione di copertina Marco Baratti Si ringrazia Fanny Bouquerel per avere curato i contatti con gli studi: BIG, NL Architects, Juan Domingo Santos, Henning Larsen Architects, 3xN Architects e Nieto Sobejano Arquitectos. Si ringraziano i fotografi Fernando Alda e Nunzio Battaglia per aver concesso la pubblicazione delle loro fotografie. Produzione delegata AutonomeForme Palermo | Milano

Stampa Litocon srl | Catania Stampato in Italia

Cross section

Gibellina.epicentro Testo di Lucia Pierro

Vice direttore Marco Scarpinato

36 Uruk | Overview on architecture

, 38 Liverpool.il museo e la citta Progetto di 3XN Architects

Redazione Via Alloro, 43 90133 Palermo +39 091 586425

reykjavik.harpa concert centre 42 Progetto di Henning Larsen Architects e Olafur Eliasson

info@urukmag.it www.urukmag.it

Cordoba.Madinat al zahara Progetto di Nieto Sobejano Arquitectos

Nessuna parte di questo periodico può essere riprodotta con mezzi grafici e meccanici. Tutti i diritti riservati.

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In corso di registrazione presso il Tribunale di Palermo.

noticeboard

From the series men and trees Nunzio Battaglia

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EDITO RIALE Paesaggi dell’architettura contemporanea Con questo numero di URUK continuiamo ad esplorare e documentare l’evoluzione del lavoro degli architetti che si è definitivamente svincolato dal determinismo modernista del progetto di architettura per approdare al relativismo critico del progetto di paesaggio. Il progetto è pensato prioritariamente in relazione a ciò che percepisce la comunità locale, e non al pensiero unico del progettista che determina una trasformazione secondo un principio insediativo astratto. Esiste una nuova modernità che si evolve secondo strategie proprie della cultura della nostra epoca. Ogni comunità esprime una cultura locale, che è connessa con la cultura universale. In questo momento la cultura universale esprime disordine, incertezze, una mescola di situazioni mutevoli, ibride, difficilmente classificabile e descrivibili. Il progetto di paesaggio sa individuare soluzioni appropriate perché utilizza strumenti diversi, quelli del relativismo critico. Che cos’è il relativismo critico? E’ quello che facciamo ogni giorno. Mettiamo in relazione le diverse componenti della nostra vita e le ordiniamo in una composizione provvisoria, che il giorno dopo potrà o non potrà mutare. Dipende da noi, ma anche da tanti altri soggetti. Per questo il progetto di architettura, inteso secondo canoni e schemi appartenenti al recente passato, è ormai insufficiente. Gli elementi della composizione nel progetto sono materiali ed immateriali, fisici ed astratti, economici e sociali, ordinati da regolamenti e di iniziativa personale. << e-e >> contro << o-o >> 1. Questo porta disfunzioni perché non siamo abituati a governare la nuova strategia, così come si evince dalle testimonianze dei progettisti che abbiamo intervistato. (Quelli più vicini a noi, qui in Sicilia, anche se credo che questa situazione sia ricorrente in ogni località nel mondo). Facciamo un esempio. Di recente l’amministrazione di un piccolo comune dell’Italia del nord ha bandito un concorso per la costruzione di un parco pubblico. Le componenti che concorrono a determinare la soluzione sono in gran parte di natura immateriale, cioè culturale. Il supporto fisico, le funzioni, le risorse economiche sono quasi secondarie in prima istanza rispetto al complesso delle componenti di cui tenere conto. Proviamo ad elencarne alcune, senza entrare nel merito delle richieste della committenza. 1- La proposta deve riguardare il paesaggio, inteso come elemento caratterizzante la qualità della vita della popolazione. Devono pertanto sapersi cogliere e analizzare le relazioni esistenti tra fattori naturali e antropici capaci di esprimere quelle caratteristiche in cui la comunità si riconosce. 2- La soluzione dovrà tenere conto della gestione futura del parco, cioè delle spese di manutenzione e gestione a carico dell’Amministrazione. 3- Allegata al bando c’è una corposa relazione paesaggistico ambientale che descrive le caratteristiche orografiche, meteo climatiche, idrografiche, etc. e indica come dato da tenere in conto, l’attività di Governace dell’amministrazione comunale. Ed esattamente: 1- il protocollo sottoscritto in cui ci si impegna ad utilizzare criteri ambientali per gli acquisti. In particolare per alimenti, autoveicoli, carta per la stampa, etc. 2- il protocollo della sostenibilità ambientale; 3- la rete INFEA (INformazione Educazione Ambientale); 4- Agenda 21; 5- Bandiera arancione, 6- Rete ricettiva a marchio Ecolabel Europeo. [continua a pagina 4


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potenza.paesaggio e Luce vincenzo melluso

[segue Editoriale da pag. 3

Come si vede, in questo caso, il parco non è il luogo altro dove riprodurre in un ordine o in un disordine, la natura. Ma è la natura e la nuova cultura ecologica che si vuole strutturi la città. Infatti lo scopo (Parco urbano e centro città è il titolo che han-

Landscapes of contemporary architecture In this issue of URUK, we will continue to explore and document an evolution in the work of architects who have abandoned the determinism of the modernist project for the critical relativism of landscape design. (….) This means that a project is

no dato al concorso) è di dare un nuovo centro alla città. Solo che gli amministratori

conceived in conjunction with the perceptions of the local community and not solely

non vogliono una piazza di pietra ma un giardino. Il cambiamento è straordinario.

based on the ideas of the architect who designs according to an abstract principle

In tutto il mondo, oggi la cultura universale chiede questo, dunque anche una picco-

of architectural composition.

la comunità vuole questo: la natura che sostiene la città con la sua rete ecologica, per formare una rete ecologica urbana. é una rivoluzione culturale dirompente che

A new modernity that is evolving from the strategies of modern culture. Each community has a local culture which is connected to a universal culture. Today the universal culture expresses confusion, uncertainty, a mixture of changing

gli architetti stanno praticando, mentre nelle facoltà di architettura si è indifferenti

situations, a hybridity, difficult to describe and classify.

a questo cambiamento e nei corsi di progettazione ci si esercita a partire da una

Landscape design can find appropriate solutions because it uses a different

cultura dell’abitare superata.

instrument, that of critical relativism. What is critical relativism? It is what we do

Non c’è più la campagna. Non c’è più la città. é tutto periurbano. Come dice Donadieu: “…anziché cercare invano di controllare la crescita della città attraverso reti di cinture, fronti e spazi verdi, perché non costruire, invece, il tessuto urbano a partire dagli spazi agricoli e boschivi?”2

every day. We relate the different components of our lives and we organise them into a provisional order, which may or may not change the day after. It depends not only on us but also on many other things. This is the reason that architectural design, developed according to the norms and patterns of the recent past, is no longer enough. Elements in the composition of a project are both tangible and intangible, physical and abstract, economic and social, ordered by regulations and personal initiatives. <<and-and->> vs <<or-or>>. All this leads to dysfunction as we’re not used to managing this new strategy, as is clear from the testimony of the designers we interviewed. (Those closest to us, here in Sicily. But I think that this situation can be found in any part of the world). Here is an example. Recently the administration of a small town in northern Italy launched a competition to create a public park. The components that contribute to determining the solution are largely immaterial, that is cultural. The physical infrastructure, functions and economic resources are almost secondary in respect to all the other components to be taken into account. Here are just a few. 1 - The proposal must relate to the landscape as a characterising element for

1 | Si vuole espressamente citare la tesi di Robert Venturi: “Sono per la ricchezza piuttosto che per la chiarezza del significato; per la funzione implicita come per la funzione esplicita; preferisco <<e-e>> ad <<o-o>>: bianco e nero, ed a volte grigio, a bianco o nero….More is no less”. Cfr. Robert Venturi, “Complessità e contraddizioni nell’architettura”, Dedalo, Bari, 1980 2 | Pierre Donadieu, “Campagne urbane, Una nuova proposta di paesaggio della città”, Donzelli, Roma, 2006

the quality of life of the population. The project must capture and analyse the relationship between natural and anthropogenic (human) factors that are able to express those characteristics in which the community recognises itself. 2 - The solution must take into account the future management of the park as in the maintenance and management costs. 3 - Attached to the application there is an extensive report describing the environmental characteristics of the landscape, it’s topography and hydrography, the weather conditions etc.


focus 1. Architetture

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6 Giuseppe Guerrera: Vogliamo fare un numero dedicato alla cultura universale

Una liturgia che, stando ai principi del Concilio Vaticano II, doveva svelarsi in modo

in rapporto alla cultura comune e non importa parlare della Sicilia. Quello che ci

perentorio per essere chiaramente riconoscibile alla comunità dei fedeli in uno spa-

interessa è la relazione tra la cultura universale, che appartiene a tutti noi, e la sua

zio liturgico capace di questa interpretazione e forza. Offrire forma a questo orienta-

declinazione nella nostra comunità che, in questo caso, è l’ambito culturale siciliano

mento è stata per me una sfida straordinaria.

e come questo rapporto tra universale e comune influisce sul nostro lavoro. Nel caso

specifico come questo rapporto ha influito sul progetto della chiesa.

GG: L’antefatto che hai descritto come ha strutturato il progetto?

La seconda questione riguarda il tema specifico del tuo progetto per Potenza: c’è

VM: Personalmente non mi ero mai misurato con questo tema e ne ho anche sentito

una cultura universale legata alla ritualità, alla sacralità e alla riforma della liturgia

il peso. Pensare un’architettura che ha l’ambizione di suggerire uno stato d’animo

con le indicazioni del Concilio Vaticano II. La terza questione riguarda come questo

legato alla fede religiosa è certamente una grande sfida.

rapporto influisce sulla comunità locale. Come questa innovazione della riforma litur-

Un altro aspetto da ricordare è che, sebbene questo progetto trovi nella chiesa un

gica e modifica dell’area presbiteriale si confronta con la comunità locale, con la par-

punto nodale, il concorso richiedeva la definizione di un Complesso Parrocchiale.

rocchia, i fedeli, se viene o non viene apprezzato lo sforzo di avanzamento del pro-

Il programma funzionale si presenteva complesso e articolato ed era necessario

getto. Quali sono gli antefatti del progetto della Chiesa di Gesù Maestro di Potenza?

confrontarsi con la struttura della città e con i suoi spazi. Questo programma ha

Vincenzo Melluso: L’antefatto è che la C.E.I., la Conferenza Episcopale Italiana,

caratterizzato tutti i concorsi di quegli anni della C.E.I., inoltre la scelta delle aree pri-

bandisce a partire dalla fine degli anni Novanta una serie di concorsi ad inviti, con

vilegiava quasi sempre ambiti di nuova costruzione, spesso posti in aree periferiche,

l’obiettivo di avviare un’ampia e articolata riflessione critica su quanto era stato

prive di significativi connotati insediativi. Nel mio caso un’area marginale di Potenza,

realizzato in Italia, dal dopoguerra in poi, intorno all’architettura di culto. Tale azione

densamente abitata e priva di qualsiasi identità urbana.

si fondava su un giudizio che assegnava una valutazione poco lusinghiera degli esiti

della produzione architettonica degli ultimi decenni.

GG: La comunità locale, religiosa (il vescovo, il parroco) è stata coinvolta o no nel

Mi sembra utile ricordare in tal senso quanto scritto da mons. Giancarlo Santi, l’allora

programma?

Direttore dell’Ufficio Nazionale per i Bei Culturali ecclesiastici della C.E.I., nonché

VM: La comunità locale è stata coinvolta nella misura in cui la scelta dei luoghi di

animatore fondamentale dei primi concorsi: «Pur con tutte le distinzioni del caso,

progetto era concordata dalla C.E.I. con le Diocesi locali. Inoltre, il Vescovo doveva

infatti, quando si parlava di chiese nuove, un po’ da tutte le parti, anche dall’alto,

garantire la disponibilità dell’area e questo significa che, se si decide di fare una

piovevano giudizi negativi o comunque l’insoddisfazione era il sentimento più diffu-

chiesa in un luogo preciso, tale determinazione è frutto della verifica di varie istanze

so. Non erano sempre luoghi comuni o giudizi qualunquistici. In questa situazione

della comunità e delle istituzioni. C’é da aggiungere che essere scelti come sede per

l’idea di indire una serie di concorsi è sembrata buona: il concorso si prospettava

i concorsi della C.E.I. rappresentava una dato qualificante per tante Diocesi. Inoltre i

come uno strumento capace di stimolare le Diocesi a uscire da una palude in cui

progetti vincitori venivano finanziati quasi interamente dalla C.E.I.

erano finite e, globalmente, per rilanciare con rigore e pazienza la ricerca nel cam-

po dell’architettura per il culto cattolico» (in Nuove Chiese Italiane, Edizioni Electa,

GG: Come si sviluppa questo lavoro con il liturgista, l’artista e l’architetto?

Milano, 1999). Da questo commento di mons. Santi traspare un bilancio complessi-

VM: Devo dire che con Erich Demetz, l’artista e amico altoatesino, non fu subito

vamente poco convincente.

facile. Quando lo invitai a partecipare ebbe delle iniziali forti resistenze. Demetz è

una persona molto misurata e solida dal punto di vista morale, attenta ai valori le-

GG: Non convincente rispetto all’architettura, rispetto alla rappresentazione dell’edi-

gati alla dimensione umana ed ebbe un atteggiamento molto cauto, evidenziandomi

ficio sacro o ad altro?

di non essere credente e, cosa a me ovviamente nota, di essere fortemente legato

VM: Penso da vari punti di vista, quelle che citi sono le questioni tra le più deter-

ad una ricerca astratta. La sua iniziale titubanza nasceva dalla consapevolezza che

minanti, poi c’è anche il problema di un’incapacità di riconoscersi nell’architettura

l’interpretazione iconografica più comunemente diffusa degli spazi liturgici si fonda

contemporanea dedicata al culto e anche il tema delle trasformazioni introdotte dal

su una rappresentazione figurativa. A mio avviso, infatti, quanto si può osservare re-

Concilio Vaticano II rispetto ai nuovi canoni liturgici.

lativamente agli apparati iconografici nelle recenti chiese testimonia esiti ancora più modesti, spesso stucchevoli, di quelli legati all’architettura. Anche in questo senso i

GG: Nell’architettura del Novecento mi vengono in mente le opere in Italia di

concorsi della C.E.I. possedevano una strategia molto chiara, rivolta a fare emergere

Michelucci e di Alvar Aalto, ma anche quelle di Le Corbusier.

una più rigorosa interpretazione.

VM: Possiamo dire che questi progetti sono l’eccezione che conferma la regola.

Con il liturgista, mons. Crispino Valenziano, noto e raffinato ermeneuta, il confronto

Anzi probabilmente, come spesso capita, quando non c’è una forte consapevolezza

sui temi di progetto si è subito avviato attraverso una forte sollecitazione a cimen-

e capacità di entrare nel merito di alcune delle questioni affrontate dai progetti che

tarmi su una prima idea formale, senza darmi delle preliminari indicazioni.

citi, si verifica una trasposizione in negativo rispetto alla strada innovativa che essi

Mi diede solo alcuni sintetici orientamenti, una sorta di abbecedario rispetto al tema.

tracciano. Le chiese che hai citato esprimono una interpretazione che poteva prefi-

Quest’apparente distanza mi diede qualche preoccupazione. Conoscendo il suo

gurare l’acquisizione di alcuni codici interpretativi legati ai caratteri della modernità,

spessore intellettuale, temevo, in un certo senso, il confronto su questioni estrema-

nel modo di relazionarsi e interpretare le istanze religiose e ai meccanismi liturgici.

mente complesse e cariche di valori non sempre facilmente decifrabili.

Così non è stato, c’è stata invece una corsa a proporre progetti “stravaganti”, spesso

Ho poi incontrato Valenziano in varie occasioni, durante il progetto e, poi, nella fase

autoreferenziali, equivocando sostanzialmente gli esiti delle ricerche più rappresen-

di realizzazione. Teneva sempre a dirmi, durante i nostri incontri, che non avrei dovu-

tative legate alla modernità. Così la stessa comunità ha preso le distanze e si è ma-

to aspettarmi da parte sua soluzioni, ma solo elementi per ragionare e riflettere sulle

nifestata una difficoltà ad identificarsi nelle esperienze dell’architettura moderna.

questioni, per poi arrivare attraverso una mia personale interpretazione alla scelta

Negli anni Sessanta interviene il Concilio Vaticano II, attraverso il quale vengono

spaziale e figurativa dell’architettura.

riordinati e chiariti i meccanismi liturgici organizzandoli in un sistema che doveva

Mons. Valenziano insisteva molto sulla importanza delle tre “eminenzialità” per la

costituire il caposaldo per la definizione di uno spazio dedicato alla liturgia, quindi

costruzione dello spazio liturgico: il battistero, l’aula/ambone, il bema e, inoltre, esal-

alle varie forme di celebrazioni, che sono cosa diversa dal proporre uno spazio esclu-

tava il ruolo della luce. In tal senso mi sembra interessante ricordare un passaggio

sivamente evocativo.

del suo libro “Architetti di chiese”:«Infatti la luce è la matrice generativa dello spazio

La C.E.I. nel 1998 avvia questa nuova stagione di concorsi con l’ambizione di proce-

e dei luoghi ed è la chiave musicale dell’armonia, proporzioni e rapporti; dello spazio

dere in una riflessione più ampia e più alta e lo fa con un atteggiamento interessan-

e dei suoi luoghi. “In principio”, al passaggio iniziale di ogni caos in cosmo, mitico

te. Solitamente si pensa alla Chiesa come a un’enclave fortemente conservatrice,

o fisico, primordiale o riordinativo, è la luce; sulla scia del primordiale ordinamento,

poco aperta al confronto e al cambiamento, in parte forse lo sarà. Ma, con questi

ogni architetto vede che la luce è “cosa buona” nel primo giorno della prima settima-

concorsi, la C.E.I. avvia un’azione politica coraggiosa, di riflessione e di rigenerazio-

na nella quale vedrà ogni altra cosa buona quasi variazione della luce stessa (Genesi

ne. Una iniziativa straordinaria che poteva essere un riferimento anche per le istitu-

1,1 - 2,2): immaginarsi quando si tratta di un riordinamento fisico “per” la luce quale

zioni laiche. Riflettevo - in quegli anni - rispetto agli esiti dell’architettura civile, che

è l’edificazione “per” la liturgia».

in Italia la comunità laica non manifestava lo stesso interesse a confrontarsi e aprirsi

Ho colto in questo brano la spinta a perseguire una ricerca formale e figurativa che

verso le migliori istanze dell’architettura moderna.

concettualmente, direi anche intimamente, mi appartiene.

Ritornando all’antefatto, un aspetto fondamentale della strategia concorsuale era che ogni architetto invitato fosse affiancato da un consulente liturgico e da un arti-

GG: Questa luce non ha né una centralità né una verticalità. Ricordandomi le chiese

sta. Bisognava, infatti, risolvere non solo la struttura architettonica ma dare anche

classiche e anche più recenti, c’è un sistema di captazione della luce tradizionale,

organicità alle scelte iconografiche connesse alla liturgia e qui si apre, tra le altre

connesso al tema della verticalità. Qui, invece, c’è l’irregolarità in pianta e una disto-

cose, anche il tema della dedicazione della Chiesa. Il liturgista era centrale, poiché

nia rispetto a qualsiasi simmetria anche in alzato.

dava delle indicazioni per comprendere i vari aspetti, spesso raffinati e sofisticati,

VM: La strategia dello svelamento segna tutto l’impianto del complesso. La sua

della ritualite delle celebrazioni. Aspetti difficili da interpretare anche per i più assi-

struttura è costituita da tre elementi che si confrontano con le questioni urbane,

dui fedeli.

nel tentativo di riordinarle dando gerarchie e dialogando con la città e il paesaggio.


7 GG: Il progetto svela una nuova modalità di gestione dello spazio interno e di relazione con la città, che interpreta la nuova ritualità. Tu dici sia la struttura interna dell’aula, sia il battistero, sia le altre parti hanno un’influenza con le relazioni che il complesso parrocchiale ha con gli spazi urbani e dialogano con la città senza avere un carattere monumentale. Questo mi pare un grande avanzamento anche rispetto ad altri progetti elaborati nell’ambito di questi concorsi che, per lo più, sviluppano il tema della monumentalità. VM: Questo è un complesso parrocchiale e può, a mio avviso, non avere un carattere eccessivamente monumentale. Progettando un edificio religioso c’é il pericolo di essere autoreferenziali. Io ho tentato di non incorrere in questo rischio, anche se il programma funzionale era molto ampio. Ho scelto per questo di affrontare il progetto legandolo ai caratteri del luogo nel tentativo di riconfigurare questo frammento di città. GG: Parliamo del tema del confronto con la comunità. VM: Il progetto ha trovato un momento di confronto dopo l’esito del concorso. A parte l’occasione del sopralluogo, nessuna iniziativa in tal senso era prevista preliminarmente. Il progetto si è comunque sforzato di essere anche interprete delle questioni legate alla dimensione urbana, offrendosi come struttura in grado di dare nuovo carattere e riconoscibilità a quella parte di città, a beneficio dell’intera comunità. Ho sempre ritenuto che, avendo il supporto di mons. Valenziano, le scelte progettuali fossero in linea con le istanze della comunità che si riconosce nella fede cristiana di rito cattolico. Il progetto, lo ricordo ancora, è l’esito di un concorso ed è quindi stato verificato e valutato da una commissione composta da membri della C.E.I., tra questi mons. Giancarlo Santi, e da rappresentanti della città di Potenza; in questo senso, per quanto mi riguarda, vi è stato un importante e qualificato momento di confronto. La commissione espresse un parere estremamente lusinghiero, apprezzando in particolare la sinergia tra le scelte architettoniche e i temi liturgici e iconografici. Esaurita la fase concorsuale, la realizzazione del progetto veniva affidata dalla C.E.I. alla gestione della Diocesi locale e, da questo momento, per quanto mi riguarda, iniziano i problemi e si evidenzia quella che definisco una forte contraddizione. Ritengo infatti che, in operazioni ambiziose come questa, chi ha consapevolezza e determinazione del compito che si è prefissato debba esercitare fino in fondo il suo ruolo, altrimenti, il progetto perde la sua forza culturale e politica. Bisogna inoltre ricordare che questi progetti erano definiti “pilota”, dovevano cioè rappresentare un riferimento per la comunità e per i progettisti in modo tale da scardinare dei meccanismi consolidati. Dopo la prima presentazione pubblica, dopo il conferimento dell’incarico per il progetto esecutivo, in più occasioni ho sollecitato la Diocesi ad organizzare incontri

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Chiesa e centro parrochiale gesù maestro Il progetto è l’esito del concorso nazionale ad inviti promosso dalla C.E.I. nel 1999 architetto invitato Vincenzo Melluso PROGETTO Vincenzo Melluso [Capogruppo] Vincenzo Napoli LUOGO Potenza CONSULENTI Crispino Valenziano | Liturgista Erich Demetz | Artista COMMITTENTE Arcidiocesi di Potenza CRONOLOGIA 1999 (Concorso), 2001-2003 (Progetto Esecutivo)

Alle pagine 4 e 5 Il complesso da via delle Medaglie Olimpiche Interno dell’aula liturgica A pagina 7 Immagine del modello Vista verso la sala polivalente e il campanile Planimetria generale In queste pagine Il modello di studio BozzettI dell’artista Demetz: l’affresco dell’aula liturgica, due soluzioni del portale d’ingresso, il “Telamone” del sagrato, le fermate della via Crucis Interni dell’aula liturgica Modello di studio con l’affresco del presbiterio Sezione longitudinale

2005/... (Realizzazione) Foto degli interni Alberto Muciaccia

Vincenzo Melluso (1955), si laurea presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo nel 1981. È professore ordinario di Composizione Architettonica e Urbana presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo. Nella sua attività di studioso è stato impegnato ad approfondire e promuovere esperienze legate all’architettura moderna e contemporanea. Ha svolto conferenze nell’ambito dei programmi di varie istituzioni culturali e universitarie ed è stato guest-critic presso le Facoltà di Architettura di Torino, Mendrisio (CH), Venezia, Ithaca/NY (USA) e presso il Politecnico TUW di Vienna. Nel 2006 viene selezionato per il Premio “Medaglia d’oro all’architettura italiana” e per il Premio Internazionale di Architettura “ECOLA. European Architectural Award Plaster”. Nel 2009 viene selezionato per il concorso internazionale ad inviti per la riconfigurazione di Piazza del Ponte a Mendrisio (Svizzera). La sua attività progettuale è stata spesso all’attenzione della critica, presentata su varie pubblicazioni e riviste ed illustrata nell’ambito di numerose mostre, in Italia ed all’estero. Svolge attività professionale a Palermo.


9 con la comunità. Avevo la preoccupazione che certe scelte, in fase di realizzazione, potessero trovare delle resistenze e volevo che la forza del progetto, nella sua complessità e interezza, fosse espressa anche attraverso il confronto pubblico con l’architetto, il liturgista e l’artista. Tutto questo non è mai avvenuto. Il cantiere si è avviato nel 2003 e oggi il complesso parrocchiale non è ancora ultimato anche a causa di una inadeguata gestione dei fondi. Di fronte alle aspettative espresse dal concorso promosso dalla C.E.I., si contrappone una comunità locale che, attraverso alcuni suoi interlocutori, non riesce a cogliere le istanze suggerite dalla stessa C.E.I. Oggi il completamento del complesso è incerto ed alcuni interventi, frutto dell’iniziativa autonoma ed estemporanea della Diocesi, mettono a dura prova il possibile buon esito dell’opera. Contraddicendo quindi le originarie strategie e ambizioni dell’iniziativa concorsuale. Un aspetto mi piace ricordare e spero che possa in qualche misura preludere a una svolta positiva per il progetto. È legato ad un piccolo, ma significativo episodio, verificatosi durante i lavori di realizzazione dell’aula liturgica: gli operai, con estrema semplicità, avevano collocato all’interno dello spazio ancora interamente nudo una croce incisa in un pezzo di corteccia di sughero, collocandola esattamente nella parete presbiteriale. Fu un segnale estremamente eloquente, lo spazio nell’essenzialità di quella fase suggeriva già l’ordine liturgico interno. Una bella e singolare conferma dell’adeguatezza del progetto. [English version on www.urukmag.it


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Gela.una ,via tre piazze Roberto collova

Giuseppe Guerrera: Vorrei chiederti dell’esperienza del concorso. Come hai condotto il progetto e quali sono stati gli esiti? Roberto Collovà: Ho scelto fino dall’inizio di lavorare alla questione urbana. Il bando descriveva un diffuso degrado ambientale e sollecitava a prelevare dal centro storico i “materiali per costruire” una nuova qualità della città. Abbiamo cercato di individuare le potenzialità urbane del centro storico di Gela e i modi in cui esse potessero generare relazioni con la struttura della periferia e con la geografia della città; mi sembrava un passaggio obbligato, per una modernizzazione necessaria. A fronte dell’enorme periferia costituita da un’edilizia disordinata, sconnessa e non finita, era prioritario individuare un certo numero di “innesti” in posizioni strategiche, tra l’interno e l’esterno e del centro storico, proprio per avviare nuovi processi e comportamenti diversi. Lavorare ad alcuni importanti aspetti strutturali e generativi del centro storico e della periferia mi è sembrata la strategia urbana più appropriata a formare le nuove figure della città. Questa operazione ci ha indotto a cercare anche le “qualità della periferia” più prossima al centro storico. Prelevare regole, materie e opportunità, ad esempio dalle strade, per fare rispondere il centro storico in una maniera più adeguata agli usi contemporanei e viceversa, per sviluppare le sia pure minime qualità della periferia. Questa particolare attenzione ci ha evitato le sirene dell’arredo urbano; sapevo di non dovere e di non volere sviluppare prioritariamente quest’aspetto. Ai fini della gara si è trattato di una scelta rischiosa perché, sebbene il bando mettesse la questione urbana al centro delle finalità del concorso, penso che essa non fosse sufficientemente tematizzata e questo poteva indurre - per esempio attraverso il tipo e la scala dei disegni richiesti - un’idea di rinnovamento del centro storico troppo legata al disegno delle pavimentazioni. La nostra scelta è stata radicale e adottata come la principale strategia del concorso: abbiamo considerato la questione del disegno della pavimentazione, completamente subordinata agli interventi di trasformazione urbana.


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In queste pagine La piazza Salandra e il dettaglio della pavimentazione Planimetria del primo stralcio Schema complessivo dell’intervento Alle pagine 12 e 13 Tipologia delle pavimentazioni e sezioni tipo Dettaglio della pavimentazione del Passaggio che conduce al Bastione Planimetria del Passaggio che conduce al Bastione Studio del corpo illuminante impiegato nell’intervento Alle pagine 12 e 13 Sezione costruttiva di Piazza Roma Piazza Roma. Pianta Piazza Roma. Assonometria Assonometri del primo stralcio


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13 La piazza Salandra e i suoi spazi contigui sono stati interpretati, verso l’interno, come un punto di accesso-percorso alternativo da est, a fianco al corso principale, che mira verso la cupola della matrice; mentre verso l’esterno come un passaggio graduale alla periferia, attraverso il riuso di alcune rampe pedonali realizzate negli anni precedenti. Le rampe in cls sono entrate a fare parte del progetto; sebbene ordinarie, ci sono sembrate appropriate alla nostra strategia di integrazione; producono una specie di coda che esce dal centro storico e va a raccordarsi con altri percorsi, scalinate e strade a valle, nel corpo della periferia. Per la piazza Umberto l’individuazione dell’operazione urbana ha un legame più radicale con l’intero impianto della città. Nel tempo, la funzione urbana dell’asse del corso Vittorio Emanuele, che si muove sul crinale della duna, si è indebolita ed è stata integrata da una nuova direzione ruotata di 90 gradi, che scavalca la duna, passando per la piazza Umberto. Questa direzione raggiunge a sud il mare con un sistema di scale e di rampe mentre penetra nella periferia verso nord. La rotazione è molto importante perché genera il tracciato di un potenziale viale, anch’esso un vero e proprio “innesto” per il tessuto sconnesso della periferia e per la sua riqualificazione. Per piazza Roma il programma suggeriva di demolire il mercato esistente e di costruire delle piccole botteghe. L’ipotesi urbana si fonda su un’articolazione interna aperta all’accesso pedonale da valle attraverso un varco nelle mura storiche. L’interno della piazza su due livelli permette di posizionare otto botteghe nello spessore del dislivello e forma una piazza-giardino alta che si affaccia su quella lastricata bassa, con la mediazione di una lunga sala urbana, aperta ma coperta, su cui si aprono le botteghe. L’accesso pedonale da valle è permesso da un sottile varco nelle mura storiche e compare sulla piazza con un piccolo edificio di uscita di fronte alle botteghe. La questione della pavimentazione è stata affrontata distinguendo tra quelle che possiamo definire ordinarie e/o tradizionali, che usano le lavorazioni di un sapere tramandato e diffuso, come ad esempio il basolato di pietra lavica o calcarea, in genere posto a spina di pesce. Infatti nel concorso non ci sono disegni di pavimenti ma solo tracciati e regole per costruirli. Il processo di assimilazione del progetto nel tempo della costruzione, ha cercato paradossalmente di farci lasciare indietro le ragioni urbane a favore dell’arredo urbano. Non a caso la piazza Roma, a un certo momento, è stata fermata e poi realizzata da un Ufficio Tecnico dell’Amministrazione Comunale, forse perché era l’unico punto in cui si costruiva anche un edificio che introduceva una riqualificazione urbana rilevante. Il risultato attuale è, a dir poco indecente e offensivo rispetto al concorso stesso. GG: Tutte queste questioni, indicazioni, ragionamenti come sono entrate in relazione con la comunità locale? Come hai tradotto in un’occasione come questa l’esperienza universale dell’architettura della città per fare un avanzamento culturale a beneficio di una comunità che però, spesso, è restia ad accettarle e resiste in quasi tutte le operazioni di rinnovamento? RC: Penso che la partecipazione si dovrebbe fare prima. La partecipazione è un processo di legittimazione serio che si può scegliere di fare prima di bandire un concorso o di affidare un incarico. Dovrebbe essere un percorso politico di mediazione, che serve a individuare i problemi, e contribuisce a definire i temi; il coinvolgimento non serve perché i cittadini decidano che tipo di pietra usare o che disegno fare, non è in questo che i cittadini devono essere competenti. Ci può essere anche un politico intelligente che, attraverso le sue relazioni, interpreta i bisogni latenti di una città. La partecipazione dovrebbe essere fatta di discussioni con i cittadini, gli imprenditori, e le altre parti sociali che hanno interessi legittimi nella messa a punto di programmi pubblici; discussioni che, a un certo punto, devono essere interrotte per fare posto ad altri sistemi di scelte e di decisioni che riguardano competenze di altri, più specifiche, dunque anche dell’architetto, che ha la responsabilità di portare a termine l’opera. In mancanza della partecipazione preventiva, la procedura del concorso è, per legge, un processo di legittimazione che permette di garantire che la scelta fatta è la migliore. Se c’è una giuria di undici persone che, con competenze diverse, si trova d’accordo sul vincitore dopo aver esaminato 150 concorrenti, il senso di tutto questo è che dovrebbe seguire un atto di fiducia da parte dei cittadini, mediato dai politici, attraverso il riconoscimento pubblico della validità della proposta che hanno sollecitato promuovendo il concorso. GG: Com’è stato il rapporto con i politici e gli amministratori locali? RC: Se vince un progetto che punta sulla questione urbana è legittimo immaginare l’esistenza di amministratori sensibili che capiscano perché il progetto è stato premiato, e scoprano che può essere l’occasione per integrare le diverse parti della città con il centro storico e avviare un reale ed esteso processo di riqualificazione. L’ingegnere Mauro, allora dirigente tecnico e parte della Commissione del concorso sembrò interessato all’idea di costruire la torre, da me proposta fuori concorso, sul podio che guarda la valle e che oggi ospita un distributore di carburante. Credo che avvertisse le potenzialità della strategia del progetto vedendovi anche, la possibilità di coinvolgere interessi che potessero mettere in moto un processo finanziario privato a vantaggio di una qualità pubblica. Purtroppo non posso dire che in seguito ci siano state amministrazioni davvero conse-


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una via, tre piazze progetto del Corso Vittorio Emanuele e delle piazze Martiri della libertà, Umberto, S.Francesco,

Roberto Collovà laureato alla Facoltà di Architettura di Palermo nel 1970, vi insegna oggi come

Salandra, S.Lucia e della via Bresmes a Gela (Cl) | Realizzazione della prima parte.

professore ordinario. Tra le sue realizzazioni: la Ricostruzione delle Case Di Stefano a Gibellina, con T. La Rocca e M. Aprile (finalista al Mies Van der Rohe Award 1990), il Teatro all’aperto di Salemi con M. Aprile

Progetto Arch. Roberto Collovà Sicurezza e Assistenza alla d.L.

e F. Venezia. Incaricato con Alvaro Siza di alcuni progetti di recupero del Centro storico di Salemi, realizza la Chiesa Madre e la Piazza Alicia, dal 1985 al 1990, e i Negozi della Fotottica Randazzo in Sicilia. Ha

Arch. Francesco Nicita

curato per Acierno/Woodesign le serie di mobili Disegno e Skyline.

Collaboratori

Ottiene riconoscimenti a concorsi di progettazione: 1° premio nel 1989 per la “Diagonal” di Barcelona

Ing. A. Molica Bisci, arch.ti R. De Simone, M. Di Gregorio, M. Enia, S. Perrotta, S. Urbano

(con J. P. Pranlas); 1° premio nel 1993 “Una Via, Tre Piazze”, Gela (in corso di realizzazione dal 2006);

Impresa realizzatrice

dal 1999 al 2001 è invitato a Milano per i concorsi “L’Arengario-Museo del Novecento” (menzione),

Società consortile a.r.l. Piazza Salandra C.V.E. Realizazione corpi illuminanti O-Luce / Milano

“Biblioteca Europea di Informazione” e “Bocconi 2000”; nel 2003 è invitato a Brescia per il concorso “Museo dell’Industria e del lavoro Eugenio Battisti” (menzione). Nel 2007 vince il concorso per il

Committente

masterplan di una Città di villeggiatura a Santa Cesarea Terme in Puglia. Collabora come fotografo e

Comune di Gela

pubblicista con diversi editori e riviste di architettura italiane e straniere. Ha tenuto lezioni e conferenze

Cronologia

a Barcelona, Siviglia, Kassel, Parigi, St. Etienne e alla Triennale di Milano, L’Accademia di Francia a Roma,

1993 (concorso) 2006-2011 (primo stralcio) Foto Arch. Roberto Collovà

la Fondazione Gulbenkian a Lisbona. Ha insegnato al Master en urbanisme de las ciutats a Barcelona, alla Escola tecnica de architectura di Las Palmas de Gran Canaria, alla Escola autonoma de architectura di Lisbona, all’Ecole d’architecture de Nancy, alla Facoltà di architettura dell’IUAV a Venezia. Dal 2002 al 2007 è professore all’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera Italiana a Mendrisio. Nel 1991 ottiene il premio IN-ARCH per il Design ed è invitato ad esporre i suoi progetti alla Biennale di Venezia; nel 1992 è nominato esperto della Fundaciò Mies van der Rohe per la selezione del Premio ‘92 e ‘94; incaricato nel 1995 del progetto degli Impianti sportivi alla Bandita (Palermo) con Alvaro Siza e Ove Arup, Premio Gubbio nel 1996; nel 2003 è finalista del premio Medaglia d’Oro dell’Architettura Italiana della Triennale di Milano; nel 2005 è membro della giuria del Mies van der Rohe Award; nel 2009 advisor del BSI Swiss Architectural Award 2008.


15 di piazza Salandra si apre credo nel 2005. Sono dovuti passare quasi due anni per risolvere il contratto in danno con un’impresa inadempiente; da oltre due anni l’opera si sta realizzando con un’altra impresa e finiremo tra poche settimane. Ma non è un problema di denaro, almeno non lo sarebbe stato se avessimo realizzato l’opera dal ’93 al ’96, com’era possibile e come avrebbero fatto in qualunque altro paese europeo. In genere gli amministratori nuovi eletti usano sconfessare il lavoro dei predecessori: si tratta di un costume tipicamente italiano. Con il sindaco Crocetta, all’inizio, non è stato così; abbiamo infatti inaugurato i lavori, con la costruzione di un frammento di pavimentazione in mostra nel corso; il sindaco si è fatto carico del lavoro e lo ha promosso, tentando anche di recuperare errori precedenti. Durante la gestione precedente, infatti, Crocetta era stato contro il progetto, probabilmente per ragioni estranee al progetto stesso, e aveva sostenuto uno schieramento di cittadini che lo osteggiava; poi, quando è stato eletto, con mia grande meraviglia, lo ha quasi adottato facendone, in un primo periodo, un punto di qualità della sua amministrazione. Alle prime difficoltà però ha mostrato incertezza e vulnerabilità rispetto ai cittadini prima coinvolti nell’opposizione al progetto; ciò ha fatto saltare definitivamente la piazza Roma, attuando una vera e propria mutilazione fisica e della concezione dell’intera trasformazione. Credo che in questo caso, e sono amareggiato nel dirlo perché stimo Crocetta, si sia trattato di una forma di cinismo dovuta alla preoccupazione della perdita di consenso. Se si fa abbattere un muro solo perché ad un gruppo, spesso esiguo ma ostile, di cittadini non piace, se si fanno referendum improvvisati su questioni così complesse, non solo si indebolisce l’Amministrazione Comunale, ma si delegittimano i tecnici più bravi e responsabili, e si intacca l’autorevolezza e la credibilità dello stesso sindaco. GG: Come stanno reagendo gli abitanti. Come stanno interpretando questa nuova opera. L’accettano, la contestano, si sono appassionati? RC: Se qualcuno percepisce l’opera contro di se, perché è stata prevista senza averlo consultato allora è probabile che sarà contro. Il problema riguarda la costruzione di questa percezione da parte di una politica fragile e tentennante che non sa difendere la qualità di quello che ha messo in moto perché non ne sa leggere la forza e le potenzialità. Non sono gli abitanti la questione. I cittadini possono anche aver capito male, possono avercela con i giovani che sporcano e si ubriacano negli spazi pubblici e, per questo, non volere il cambiamento; non è una cosa edificante ma la paura dell’estraneo è tipica del nostro tempo. In questo caso confondono il ruolo dell’architettura con le questioni di gestione e di ordine pubblico. GG: Questo disegno della pavimentazione è interessante perché c’è il desiderio di dare un movimento ad un suolo che è perfettamente piano, per cui la percezione è quella di un paesaggio costruito con la pavimentazione. Com’è nata questa scelta? RC: All’inizio abbiamo scelto lavorazioni ordinarie rimandando all’esecuzione alcune decisioni speciali. Le strade sono pavimentate a spina di pesce. Nel concorso c’è una sola esemplificazione di pavimentazione dal disegno non ordinario, che creava tatticamente un precedente di principio per una situazione che certamente si sarebbe presentata, anche se non sapevo dove. La questione del movimento pedonale nella città è diventata molto importante nel tempo a questo riguardo, tanto da modificare la sezione stradale. La strada è stata ritracciata allargando le fasce laterali e lavorando ad una sezione continua. Usando strategicamente le norme sulla pedonalizzazione abbiamo lavorato diffusamente con un dislivello di 2,5 cm tra le parti carrabili e quelle pedonali. Così la circolazione dei disabili non è stata affrontata con le usuali rampette ai semafori ma con una forma di continuità tra superfici carrabili e marciapiedi, come in una situazione “naturale”. L’unico punto diverso, e perciò con un disegno rimasto aperto fino a tempi recenti, è il nuovo “passaggio” che, infatti, non era affrontabile in modo ordinario. Lo sapevo guenti alla sfida che quella pro-tempore aveva lanciato. Si sono avvicendate gestio-

dall’inizio, perché in quel punto c’è una specie di ferita, uno spazio nuovo generato

ni fragili, senza la necessaria forza politica e senza una vera determinazione, così il

da un crollo.

processo si è indebolito nel tempo, finché finalmente il progetto si è rimesso in moto

Il convento, il cui angolo crollato è stato ricostruito infelicemente e ospita una scuola,

nel 2001 per iniziativa di un tecnico di buona volontà, il geometra Fischetti, al tempo

aveva come appendice una cappella, che ha lasciato la sua impronta sulla parete

responsabile della Ripartizione Urbanistica.

opposta, dove facciamo una lunga fontana-sedile. Inoltre la topografia del passaggio

La RUP del primo stralcio in esecuzione, l’architetto Galanti, sostiene da anni respon-

ha lievi cambi di quota, monta al centro e scende sia verso la piazza che verso la

sabilmente e con continuità l’esecuzione del 1° stralcio del progetto.

scalinata.

Per il resto bisogna dire che non sono solo i cambiamenti politici ad avere influito

All’estremità esterna abbiamo costruito un bastione-terrazza, sul quale sarà impian-

sull’estrema lentezza di questa realizzazione, ma un certo modo di fare le cose, un

tato un albero di carrubo, affiancato da due scale che costituiscono parte del nuovo

costume culturale, sia politico sia tecnico.

sistema urbano di accesso al centro storico. Il bastione è concettualmente un fram-

E’ molto più facile che il progetto rallenti a causa della omessa difesa dagli ostacoli e

mento del muro assente, costruito sul loro antico tracciato. L’innovazione sta nell’ave-

dagli incidenti burocratici, che non attraverso azioni direttamente ostili. Basta lasciare

re confermato un uso contemporaneo con un passaggio che, una volta non c’era. Ho

scorrere gli anni come se fossero settimane, basta lasciare mettere in discussione

capito che non potevo agire secondo regole ordinarie e mi sono chiesto quale dovesse

senza ragione procedure e decisioni che sono state legittimamente prese, basta non

essere la natura del nuovo “passaggio”: una strada, un sentiero o un terreno naturale?

rispettare le norme sulla trasparenza e i tempi dei procedimenti di approvazione, e

La risposta sta nel fatto che il “passaggio” ha un po’ di ciascuna di queste materie;

allora ostacoli e nemici di ogni genere arriveranno puntuali, ma si dirà sempre che la

per questa ragione la struttura del disegno si fonda sul tracciato e sulle nuove trame

causa è esterna e imprevedibile. Così nessuno è veramente responsabile.

riferite a queste tre differenti nature.

E’ un paradosso: il concorso è del 1992, circa sei anni dopo avviene la demolizione dei

[English version on www.urukmag.it

capannoni del mercato di piazza Roma, segue nel 2000, il primo atto ostile al progetto in Consiglio Comunale, con la sola difesa tecnica e quasi nessuna politica; il cantiere


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UNIFORME VS UNIVERSALE-COMUNE marco scarpinato

I progetti che seguono, quello di BIG, NL Architects, Alvaro Siza, 3xN, Henning Larsen Architects, Nieto Sobejano e quello da me sviluppato con Kengo Kuma sono il frutto della partecipazione a concorsi di progettazione e sembrano ripercorrere le pagine di Josè Saramago e del suo “Il racconto dell’isola sconosciuta”.

Uniform Versus Universal-Commun The projects that follow are those which I developed with Kengo Kuma and others from BIG, NL Architects, Alvaro Siza, are the result of design competitions and they echo the pages of José Saramago’s “Racconto dell’isola sconoscuita.”

“E voi, a che scopo volete una barca, si può sapere, domandò il re. Per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta, rispose l’uomo. Sciocchezze isole sconosciute non ce

“And you, why do you want a boat, if I may ask” said the king. “To go

ne sono più, sono tutte sulla carta. E qual è quest’isola sconosciuta di cui volete

in search of the unknown island” replied the man. “Nonsense there

andare in cerca. Se lo potessi dire allora non sarebbe sconosciuta”1.

aren’t any unknown islands left, they are all on paper. And which is this unknown island you want to go looking for? If you can tell me then it isn’t unknown.”

Alcuni progetti sono questo: isole sconosciute che, per paradosso, hanno bisogno comunque di un foglio di carta per essere rappresentate.

Some projects are like that: unknown islands which, paradoxically, still

La scoperta dello sconosciuto di cui parla Saramago è la metafora del coraggio del

need to be represented on a sheet of paper.

viaggio. Un viaggio che, nel nostro caso, si svolge all’interno del dialogo tra le culture. In questo senso, il presente numero di Uruk, si fonda sul testo di François Jullien

The discovery of the unknown spoken of by Saramago is a metaphor for the courage of travel. A journey which, in our case, takes place within a dialogue between cultures. In this sense, this issue of Uruk is founded on

“De l’universel, de l’uniforme, du commun et du dialogue entre les cultures” che

the text by François Jullien, “De l’universel, de uniform, du commun et

pone la questione del dialogo tra le culture come condizione essenziale per opporsi

du dialogue entre les cultures” which raises the question of a dialogue

all’uniformazione diffusa.

between cultures as an essential condition to counter the spread of uniformity.

I tre temi: l’universale, il comune e l’uniforme sembrano racchiudere le questioni che sono oggi centrali nella nostra disciplina. In particolar modo “lungi dal co-

The three themes: the universal, the common and the uniform seem to enclose the issues that are now central to our discipline. In a particular

stituirne la pacifica realizzazione, l’uniforme rappresenta quel duplicato corrotto

way, “far from being a peaceful realisation, the uniform represents

dell’universale che la globalizzazione sta oramai diffondendo ovunque”2. Proprio

duplication of the universal corruption that globalization is now spreading

l’ambiguità dell’uniforme è l’opposizione sempre più precisa che si fa ad esso, ci

everywhere.” The ambiguity of the “uniform” is that its opposition is

pone degli interrogativi sul ruolo dell’architetto. Ci chiediamo quindi se si possa e si debba lavorare in contesti diversi da quelli di appartenenza.

always better defined and this raises questions about the role of the architect. We wonder therefore whether it is possible or desirable to work in contexts other than our own.

L’isola e noi che vi siamo nati e vi viviamo mettono sempre più in crisi l’impossibiltà

It is the critics who insist on proclaiming the impossibility of a dialogue

al dialogo che molti critici si ostinano a proclamare.

that are pushing the island and us who were born there further into

La ricerca del progetto in Italia negli ultimi anni appare una guerra che mette la

crisis. The research project in Italy in recent years has become a war

cultura architettonica italiana in trincea. Noi riteniamo che solo la collaborazione, lo

with the Italian architectural culture in the trenches. We believe that only

scambio e quindi, finalmente, il dialogo, permettano di raggiungere nuovi obiettivi arricchendo il nostro operato.

cooperation, the exchange of ideas, and finally, dialogue, enable us to reach new goals and enrich our work. The projects presented in this second focus are the minimum, the

I progetti che presentiamo in questo secondo focus sono dei progetti minimi, es-

essential. Esentially made of light and of relationships with the

senziali: fatti sopratutto di luce e di relazione con il paesaggio. Il progetto di NL

landscape. The project from NLArchitects, for example, can be read as

Architects, ad esempio, può essere letto come una reinterpretazione dell’idea del

a reinterpretation of the idea of the traditional Dutch windmill: but in

tradizionale mulino a vento olandese; in questo caso le pale divengono un’isola che, attraverso il movimento di rotazione, spettacolarizza il paesaggio urbano cir-

this case the blades become an island, that through their rotation, the surrounding urban landscape becomes a spectacle. These projects demonstrate that the dialogue between the cultures of

costante.

which Jullien spoke, is essential to respond adequately to the demands of

Questi progetti dimostrano che il dialogo tra le culture di cui ci parla Jullien è un

contemporary life.

elemento essenziale per rispondere in maniera adeguata alle istanze della contemporaneità. “Io credo che tra questi due prodotti sclerotizzati dell’immaginazione - lo Stesso e

“I believe that between these two sclerotic products of the imagination -The Same and The Other - it is indeed possible to find a completely new possibility. [...] In short, the opportunity we must seize in response the sterilised uniformity accelerated by globalisation is the ability to move

l’Altro - sia in effetti possibile trovare una possibilità completamente nuova. […] In

between different intelligibilities and promote, through them, a common

definitiva, l’opportunità che dobbiamo cogliere in reazione all’uniformazione steri-

intelligence – a method that has nothing to do with a unique culture […]

lizzante accelerata dalla globalizzazione è proprio la possibilità di circolare tra intel-

Through the mechanism that it introduces, this auto reflection will be the

ligibilità diverse e promuovere, attraverso di esse, una intelligenza comune – modalità che tuttavia non ha nulla a che vedere con la cultura unica […] Attraverso il

only way to detach yourself from that reflection of an image of yourself that uniformity spreads all over the world.”

meccanismo che istaura, questa autoriflessione sarà l’unica a potersi distaccare da

The journey described by Saramago seems to follow in the footsteps of

quel riflettere la propria immagine che l’uniformità diffonde oggi in tutto il mondo”3.

‘The Adventure’ of Antonioni, a film shot in Sicily in 1960. A story that, despite describing a desert island, tells us that on the island there and

Il viaggio di cui ci parla Saramago sembra ripercorrere l’”Avventura” di Antonioni, un film girato in Sicilia nel 1960. Una storia che, nonostante descriva un’isola deserta, ci dice comunque che l’isola c’è e che soltanto in essa si può, contempora-

only there you can simultaneously pretend to be isolated and protect yourselves from the outside world while still being open, and when necessary, hospitable. What is happening these days in Sicily, seems to contradict the traditional Sicilian hospitality, the same openness that my

neamente, fingere di isolarsi e proteggersi dal mondo esterno essendo, nei fatti,

grandmother demonstrated - with her Greek parents - who kept a room

comunque aperti e, per necessità, ospitali.

ready for guests, Maltese, Egyptians, Tunisians, Greeks, Turks, salesmen

Gli sbarchi di questi giorni in Sicilia, con la cronaca della presunta invasione dal

who were travelling with their products to exchange them for those in

nord Africa, contraddicono la tradizionale ospitalità siciliana e quella disponibilità che, in un tempo non tanto lontano, i nostri nonni esprimevano tenendo aperta nella propria casa una stanza per gli ospiti: maltesi, egiziani, tunisini, greci, libanesi, turchi viaggiavano, infatti, con i propri prodotti per scambiarli con quelli siciliani, in un grande melting pot che non si capisce come possa, oggi, essere finito. Quella ospitalità era, soprattutto, un dialogo tra culture fatto di racconti da ascoltare seduti in un giardino profumato di zagara e gelsomino.

1 | José Saramago, “Il racconto dell’isola sconosciuta”, Einaudi, Torino, 1998 e 2003 2 | François Jullien, “L’universale e il comune. Il dialogo tra le culture”, Editori Laterza, Roma-Bari, 2010 3 | Ivi

Sicily stayed there, such a big melting pot that you can’t understand why it appears not to happen today. This hospitality was, above all, a dialogue between cultures.


focus 2. Architetture

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In questa pagina Fernando Alda, Del Monumento a la Ciudad, de la Ciudad al Mar Da Marettimo verso Levanzo e Favignana


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paleRmo.Porta del mediterraneo kengo kuma e MArco SCarpinato

Il vuoto e il silenzio

void and silence This text reflects on some aspects of the architecture of Kuma and on the

Introduzione Il presente scritto riflette su alcuni aspetti dell’architettura di Kengo Kuma e sulla

particular relationship he maintains with the Mediterranean. The Japanese concept of space is related to the culture of the peoples of this cradle

relazione peculiare che egli intrattiene col Mediterraneo. Il suo modo di intendere

of ancient cultures through similarities and differences. In neighbouring

lo spazio si relaziona con quello dei popoli di questa culla di culture millenarie sia

peoples we seek the similarities, the differences in those further away.

attraverso similarità sia attraverso differenze . Nei popoli vicini si cercano di mas-

Both aspects, when they are gathered, make a synthesis of knowledge

1

sima le prime, in quelli lontani le seconde. Entrambi gli aspetti una volta riuniti portano a compimento quella sintesi di saperi che rimanda ad una archetipica unità

that refers to an archetypal unity of world culture, so vast that it is not seen as something belonging to the whole human race. This text tries to consider the work of the Japanese from an unusual

della cultura mondiale, tanto vasta da non essere purtroppo intesa come qualcosa

point of view. To do so this text: 1) brings out the significance of spatial

appartenente all’intero genere umano, ma forse in modo riduttivo e sbrigativo a

variation that occurred during the passage of the Greek theatre in the

singoli popoli.

Roman times; 2) provides a design strategy; 3) narrates the beginning of

Questo breve testo tratta dei temi tra loro apparentemente differenti ma interconnessi che servono a considerare l’opera del giapponese da un punto di vista inconsueto. Per fare ciò questo testo: 1) fa affiorare il significato della variazione spaziale

the process of commodification and consequent loss of sense of reality when Edo became Tokyo; 4) explains the difference between the practice of In-scription to the Western and the de-scription in Eastern; 5) finally, it reflects on the meaning of silence and emptiness in architecture.

avvenuta durante il passaggio del teatro greco a quello romano e la conseguente differenziazione simbolica avutasi; 2) introduce una strategia progettuale; 3) narra

The Greek theatre for Kuma. Around the end of the twentieth century

dell’inizio del processo di mercificazione e conseguente perdita di senso della realtà

Kuma drafts a project for the dancer-choreographer Harukira Isshu that

nel momento in cui Edo diventa Tokyo; 4) spiega la differenza che intercorre tra la pratica occidentale dell’in-scrizione e quella orientale della de-scrizione; 5) infine riflette sul senso del silenzio e del vuoto in architettura.

rethinks the relationship between stage and spectator, between space and scene. He thought about the draft of a stage as a demarcated space and distinct from the seats, it had seemed a small task. He concentrates on the theatrical space, in the relationship between performers and audience and

Il teatro greco Intorno alla fine del XX secolo, Kuma disegna -per il danzatore-coreografo Harukira Isshu- un progetto attraverso il quale ripensa la relazione esistente fra palco e spettatore, fra spazio e scena.

trying to reverse it. “There are various possible forms of inversion: I chose a topological type, which involved the reversal of stage and seating. The dancers are dancing, not on stage, but in the area of the empty seats, while the audience sits in the space normally used as a stage. Reversing the stage and the

Egli racconta che pensare al progetto di un palco come spazio demarcato e distinto

seats does not mean much if the two areas have an equal spatial value,

dai posti a sedere, gli era sembrato un compito limitato. Si interessa quindi allo

but in modern theatre they do not have the same value.The stage is a

spazio teatrale, alla relazione fra performers e pubblico, e più che confermare la

special place because it is raised above the level of seats, like when you


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Rifunzionalizzazione artistica delle due gru Progetto Kengo Kuma (Capogruppo) Marco Scarpinato, Salvator-John Liotta Luogo Palermo Collaboratori KKAA (Roberto Aparico Ronda, Cristiano Lippa, Maurizio Mucciola, Maria Chiara Piccinelli), AutonomeForme (Fabrizio Mucera, Lucia Pierro, Carmelo Vitrano) Consulenti RAMBOLL (Alberto Ferrari, Hans Kragh, Tomas Meyer Geertsen, Jorgen Vamdborg Pedersen) | Strutture, Impianti e Opere marittime Electronic Shadow (Nazine Mestaoui e Yacine Aït Kaci) | Artista Drago Stambuk, Ambasciatore della Croazia in Giappone | Consulente per la poesia Committente Autorità Portuale di Palermo

Kengo Kuma è uno dei principali architetti giapponesi contemporanei. Si è laureato all’università di Tokyo. Dal 1985 al 1986 è stato Visiting Scholar presso la Columbia University di New York e all’Asian Cultural Council, nel 1990 ha fondato lo Spatial Design Studio. Dal 1998 al 1999 è stato professore alla Facoltà di Enviromental Information della Keio University, e ha fondato lo studio Kengo Kuma & Associates. Dal 2001 è professore presso la Keio University. Tra i suoi progetti: la nuova sede della Louis Vuitton di Tokyo, lo Hanging Garden a Fukusaki (2004) il Museo d’Arte della prefettura di Nagasaki (2005), la casa-prototipo della Grande Muraglia nelle vicinanze di Pechino. Tra i numerosi i riconoscimenti: il Gran Premio dell’Istituto di Architettura giapponese (2000) e il Premio internazionale “Spirit of Nature - Wood Architecture Award” per l’uso del legno nella progettazione (2002). Per la giuria Kuma “ha la capacità di combinare con successo elementi tradizionali e nuovi producendo un’architettura schiettamente moderna e, al tempo stesso, rispettosa del contesto in cui si colloca”. MARCO SCARPINATO laureato alla Facoltà di Architettura di Palermo. Successivamente si è specializzato in architettura dei giardini e Progetto del paesaggio. Fondatore di AutonomeForme con sede a Palermo che, nel 2011, ha aperto una sede a Milano con Salvatore Barbiera, Giordano Cazzola e Marco Strucchi. Incentra la sua attività sull’individuazione di nuove strategie urbane collaborando con: Herman Hertzberger, Henning Larsen Architects, 3xN Architects, Eddea Arquitectos, Gustafson-Porter, Andreas Kipar, Sla. Vive e lavora tra la Sicilia e i Paesi Bassi. Salvator-John A. Liotta laureato alla Facoltà di Architettura di Palermo, vive dal 2005 in Giappone. Architetto e ricercatore postdoc presso il laboratorio di Kengo Kuma all’Università di Tokyo, collabora con Domus, Compasses, Presst/letter, Mark.

In quest pagina Vista delle due Gru Planimetria generale che evidenzia il rapporto con il Castello a Mare


20 pre-esistente relazione, cerca di invertirla.

put a classical building on a podium. This ensures a privileged status to

“Vi sono varie possibili forme di inversione: quella per la quale ho optato è stata

any performer and object that is on the stage.”

di tipo topologico, cosa che coinvolgeva il ribaltamento di palcoscenico e posti a sedere. I ballerini non danzano sul palcoscenico ma nell’area vuota dei posti a se-

According to Kuma, the symbolic status of the stage is supported by the presence of the proscenium arch that it frames and defines. The frame produces an asymmetrical effect because it appears as a frame only

dere, mentre il pubblico siede nello spazio normalmente usato come palco. Invertire

when it is viewed by the public. “Reversing the stage and seating requi-

il palco e i posti a sedere non significa molto se le due aree sono spazialmente di

res an accurate calculation. In this case I chose to cover the proscenium

uguale valore, ma di certo nel teatro moderno esse non lo sono. Il palco è uno spa-

arch with a film of vinyl material. This choice makes something that is

zio privilegiato in quanto esso è rialzato rispetto al livello dei posti a sedere, come

more than a simple inversion possible: it is relativism and the dissolution

quando si pone un edificio classico su un podio. Questo assicura un carattere privilegiato ad ogni performer e oggetto che si trova sul palco”2.

of the privileged status of the stage.” The process of separation between the stage and the seating accelerates the transition from the Greek to the Roman theatre. In fact, the early

Secondo Kuma, lo status simbolico del palco è avvalorato ulteriormente dalla pre-

Greek theatres were open to their environment. The circular stage occu-

senza dell’arco del proscenio che lo incornicia e definisce. Questa cornice produce

pied the lowest level surrounded by rows of seats arranged in concentric

un effetto asimmetrico: in quanto essa appare come una cornice solo quando è

circles. Seats and stage were not in opposition, but they were in the

osservata dal pubblico. “Invertire palco e posti a sedere richiede un calcolo accurato. In questo caso ho scelto di ricoprire l’arco del proscenio con pellicola di vinile,

same fluid space and connected to the landscape. That unit was partially destroyed by the addition of a wall behind the circular stage. Behind the wall there was a curtain (skene) where the actors

materiale che risulta intervenire in ogni futura interazione fra i due spazi e rende

were preparing to enter the scene. Following the curtain was replaced

possibile qualcosa che è più di una semplice inversione: si tratta di una relativizza-

with a solid and permanent structure which was still called the skene.

zione e dissoluzione dello status privilegiato del palcoscenico”3.

Sometimes, the wall in front of the skene was used as a backdrop for

Il processo di separazione ed elevazione del palco sullo spazio dei posti a sedere

the stage, giving at the subjects and objects next to it a new character,

accelera nel passaggio dal teatro greco a quello romano. Infatti, i primi teatri della Grecia erano aperti all’ambiente circostante. Il palco di forma circolare occupava il

of privilege. The next step was to shift the focus from the circular stage at the lowest level of the proskenion in front of the skene. This was how to draw a clear line between the stage and the seats. The skene was

livello più basso all’interno del teatro circondato dalle file di posti a sedere organiz-

later enlarged and also acquired an elaboration of palatial facade which

zate in circoli concentrici. Posti a sedere e palco non erano in opposizione ma erano,

became the prototype for the Roman theatre.

letteralmente, uno stesso spazio fluido e connesso al paesaggio.

“The development of the Roman theatre was not simply a question of

Quell’unità fu parzialmente distrutta dall’addizione di un muro alle spalle del palco circolare. Dietro al muro vi era una tenda (skene) dove gli attori si preparavano a

spatial change, because the theatre has a temporal component to consider: it has an internal path and a sequence, evident in the way they introduce the audience in the seating. In Greece, the audience came from

entrare in scena. In seguito la tenda fu rimpiazzata con una capanna in legno, e infi-

the level of the circular stage (called the orchestra), which stopped at the

ne con una struttura in mattoni che, seppur diventata una struttura solida e perma-

level of the stage and only then could they access the seats. In Rome,

nente, fu comunque continuata ad essere chiamata skene. Eventualmente, il muro

however, the spectators found the entrances located at the top. This

di fronte alla skene iniziò a funzionare come sfondo per il palco, dando a soggetti e

sequence has an effect on the structure of space, and creates distance

oggetti a esso prossimi un carattere nuovo, di privilegio. Il passaggio successivo fu

between the stage and the audience.”

di spostare il punto focale dal palco circolare al livello più basso del proskenion di

Design strategies. Objectification has long been one of the strategies

fronte allo skene. Questo, di fatto, fu come tracciare una linea netta fra palco e pol-

through which the West has promoted its modern architecture. We can

trone. Lo skene fu in seguito allargato e acquistò anche un’elaborazione di facciata

say that it was a winning strategy with which it “conquered” the world.

palaziale che diventò il prototipo per il teatro romano.

The objectification has a vision that justifies the current economic sy-

“Lo sviluppo del teatro romano non era semplicemente una questione di cambiamento spaziale, in quanto il teatro ha anche una componente temporale da tenere

stem: to turn everything into object and consumer goods. Kuma claims that this attitude does not help to establish a relationship with its context and the surrounding environment.

in considerazione: esso ha un cammino interno e una sequenza, evidenti nel modo

Kuma warns that another architectural strategy is desirable and especial-

in cui introducono gli spettatori nell’area dei posti a sedere. In Grecia, gli spettatori

ly feasible. For this reason in his later works he has used different tactics

entravano dal livello del palco circolare (chiamato orchestra), sostavano innanzi-

to not produce “architecture-object. “. The ideas that are the foundation

tutto nel palco in basso -così affermando la continuità fra palco e auditorium- e

of his way of making architecture is based on the Japanese tradition that

solo dopo potevano accedere ai posti a sedere. A Roma, in contrasto, gli spettatori discendevano verso le loro sedie dalle entrate poste in alto. Questa sequenza ha

prefers the ‘weak’ buildings, spaces inclusive rather than exclusive, and materials that express an awareness of the brevity, the contingency of the fatality and the resulting weakness associated with it. Hence the

un effetto decisivo sulla struttura dello spazio e serve a creare distanza fra il palco

need to produce spaces that facilitate authentic relationships and not

e gli spettatori”5.

mediated by objects. Tales from the prosperity of Edo-Tales from the prosperity of

Strategie progettuali L’oggettificazione è stata a lungo una delle strategie attraverso le quali l’Occidente

Tokyo. In a recent article Kuma reflects about the loss of reality in architecture. He describes the drift towards the spectacular architecture

ha diffuso l’architettura moderna. Anzi, si potrebbe dire che è stata la strategia vin-

and how it has allowed the rise and the success of the archistar system.

cente con la quale ha “conquistato” il mondo. L’oggettificazione è pervasiva nel suo

Kuma reflects on the instruments used by Le Corbusier and on his having

conseguire un preciso obiettivo che giustifica l’attuale sistema economico: trasfor-

opened a process of objectification of the architecture through an use

mare tutto in oggetto e bene di consumo. Kuma sostiene che questa attitudine non

of the immagine as tool of design and communication. Conversely the

permette di stabilire una relazione sana con il contesto e l’ambiente circostante. Kuma avverte che un’altra architettura è non solo auspicabile ma soprattutto prati-

Japanese architect believes that architecture should aim for the ground to retrieve the detachment from reality. To understand the meaning of this speech is useful to look at the “Tales from the prosperity of Edo”

cabile. In tal senso, nei suoi ultimi lavori ha usato diverse tattiche che gli permetto-

and the “Tales from the prosperity of Tokyo” by Terakado Sekinen and

no di evitare di trovarsi coinvolto nella produzione di “architetture-oggetto”. Le idee

Hattori Busho, respectively bestsellers of 1800’s and early 1900’s. These

alla base del suo modo di fare architettura affondano le proprie radici nella tradizio-

two texts show the differences in prosperity between the pre-modern

ne giapponese che preferisce le costruzioni “deboli” ai monumenti, spazi inclusivi piuttosto che esclusivi e materiali che esprimono la consapevolezza della brevità, la

Edo and Tokyo which is opens to the world and begins to participate in the modern Western states. The process of modernization will invest all fields: economic, social and cultural leading Tokyo to become one of the

contingenza della fatalità e la conseguente fragilità ad essa legata. Da qui la neces-

capitals of the world. The modernization changes the spaciality of the

sità di produrre spazi che facilitano rapporti autentici e non mediati dagli oggetti.

capital of Japan: Water transport is replaced by that on land, buildings, wood and paper are replaced by those made of brick and glass.

Racconti della prosperità di Edo, Racconti della prosperità di Tokyo In un suo recente scritto5 Kengo Kuma riflette a proposito della perdita di realtà in architettura. Traccia la deriva del manufatto architettonico verso la spettacolariz-

The peoples of the “Tales from the prosperity of Edo” met in the theatre, outdoor parks, or even in homes, or in places where there was an atmosphere which would facilitate communication between people..By contrast, people who populate the “Tales from the prosperity of Tokyo,

zazione e ragiona su come essa abbia influito nel decretare l’avvento e il succes-

use objects as symbols of modernity and visit the new developments of

so dell’archistar system. Kuma riflette sugli strumenti adoperati da Le Corbusier e

Tokyo to wonder at all this technology..The interaction between just peo-

sul suo aver inaugurato un processo di oggettificazione dell’architettura attraverso

ple had passed to an interaction between people and things.The concept

un uso dell’immagine assunta a strumento di progettazione e comunicazione dello spazio. Per converso l’architetto giapponese ritiene che l’architettura debba radi-

of the city is focused on material values​​. The city is not an entity composed of places and opportunities to meet, but is made by ​​ flows of people, information and goods that intersect randomly in its space. It is the same

carsi al suolo per recuperare il distacco dalla realtà.

dynamic of modernisation that invests the cities in developed countries

Per comprendere meglio il senso di questo discorso, di come l’immagine abbia pre-

and in the Mediterranean basin: a crucial step in what we define as a first

valso sulla sostanza e gli oggetti sulle relazioni diviene utile guardare ai “Racconti

stage of today’s globalization.

della prosperità di Edo” e ai “Racconti della prosperità di Tokyo” degli autori Tera-

In Edo, a city made of canals, waterways and shadows, people lived a

6

widespread sociality, in the new Tokyo there are a large number of places


21 where the strangers meet in a non-genuine atmosphere through the

kado Sekinen e Hattori Busho, rispettivamente due best seller di inizio 1800 e 1900.

mediation of things.

Questi due testi permettono di annotare le differenze di prosperità fra una Edo7

The frequent use of water in the work of Kuma must certainly be attributed to the presence of water in the spatial structure of Edo. Several

pre-moderna e una Tokyo che si apre al mondo e comincia a partecipare alla mo-

studies show that the disappearance of this element from the urban lan-

dernità degli stati occidentali. Il processo di modernizzazione investirà tutti i campi:

dscape has accelerated the decline of public spaces. This has contributed

economico, sociale e culturale portando Tokyo a essere -in un secolo di storia com-

to the loss of meeting places, to the abandonment of traditional values ​​

plessa e travagliata- una delle capitali del mondo. La modernizzazione incide sul

and to the decline of humanity of the pre-modern Tokyo. A town made of ​​

cambiamento spaziale della capitale del Giappone: al trasporto su acqua è preferito

relations that are not mediated by objects. The water has a great ability

quello su terra, agli edifici in legno e carta vengono preferiti mattoni e vetro, l’infor-

to create an atmosphere of easy communication and festivity.

mazione viene affidata ai giornali.

In-scribe / de-scribe. To understand the work of Kuma as anti-object, it

La gente che popola i “Racconti della prosperità di Edo” si riuniva a teatro, nei

is useful to look at the tools of the Eastern and Western traditions: instru-

parchi all’aperto o anche nelle case di compagnia, ovvero in luoghi dove si creava

ments that are different in substance and intent.

un’atmosfera atta a facilitare la comunicazione fra le persone8. Per contrasto, la

Where historically the West wrote with a chisel and erected temples and

gente che popola i “Racconti della prosperità di Tokyo”, è gente che consuma ogget-

obelisks in stone, the East used the brush, wood and paper to create its own landscape.

ti come simboli della modernità e che va in giro a visitare le nuove costruzioni che

Where the West has expressed ideas related to eternal life, to the

nascono a Tokyo e a meravigliarsi di tanta tecnologia9. L’interazione fra le persone,

permanence and immutability, the East declared its preference for the

era diventata interazione fra persone e cose. Il concetto di città si focalizza quindi

transience of existence, for the decentralized pluralism and the imperma-

su valori materiali che ne fanno un’entità non più composta da luoghi ed occasioni

nence of time. It is immediately visible that the two systems are based

di incontro, ma da flussi di persone, informazioni e merci che si intersecano casual-

on cognitive tools and very different materials.

mente. Di fatto, si tratta della stessa dinamica di modernizzazione che - seppur con

The West is expressed graphically through engraving, the fountain pen and the cutted canes, all instruments affecting hard, scratching, scraping

tempi e modi differenti - ha investito le città dei paesi avanzati del mondo e del

which leave their marks.

bacino Mediterraneo: un passo determinante nella definizione di quello che a poste-

In the East, however, we use the only object that supports the whole

riori si può definire come un primo stadio della odierna globalizzazione.

theory of writing: the brush, accompanied by sumi (India ink). These

Se nella Edo composta da canali, vie d’acqua e ombre, la gente viveva una diffusa

tools belong to the calligrapher that smoothes its stone and waits for

socialità, nella nuova Tokyo vengono a crearsi un largo numero di luoghi dove gente

the diluition of the ink before soaking the brush that strokes the paper, which then absorbes it. Where the West has historically practiced the art

sconosciuta si incontra in modo non autentico grazie alla mediazione delle cose.

of the inscription, the East has prefered description. In one system there

Paragonata al mondo di Edo, fatto di relazioni di vicinato, Tokyo era un mondo di

is a vigorous activity that is expressed through the tension of the muscle

stranieri, persone che erano state prima tagliate fuori dal loro contesto e poi riuni-

strain, in the other system there is a relaxed physicality that manifests

te nello spazio urbano grazie al nascente network di informazioni simbolizzato da

itself in softness. In the West, the practice of sharpening the tools of

giornali e telegrafo.

writing to get the precision of the sign refers to the art of aggression. In

Il ricorrente uso dell’acqua nell’opera di Kengo Kuma va certamente ricondotto alla

the East, the practice of softening, scrubbing and waxing to make the gesture of the brush fluid refers to reflection and peace.

presenza dell’acqua nella struttura spaziale tradizionale di Edo. Tra l’altro diver-

Where European and American architects build by inscribing, Kuma - and

si studi10 evidenziano quanto la scomparsa di questo elemento dal paesaggio ur-

his Oriental colleagues - build by describing. Rather than impose them-

bano sia stata determinante nell’accelerare il declino degli spazi pubblici. Ciò ha

selves on a place they perceive it and bring it to light.

contribuito alla perdita di luoghi atti a produrre incontro, all’abbandono dei valori

Void / Silence. The void has a historical role of undeniable importance in the way of feeling for both Mediterranean and Japanese. This section discusses the symbolism of the void and how it is useful to explain the

tradizionali e, più in generale, al declinio di quell’umanità presente nella Tokyo premoderna fatta di relazioni non mediate dagli oggetti. In tal senso l’acqua ha una grande capacità di dare vita a un’atmosfera di facile comunicazione e festività.

similarities and differences of architecture in these two different realities. The philosopher Nishida Kitaro, emphasises the fact that Japanese cul-

In-scrivere/de-scrivere

ture is based on the absolute void (Zettai Mu) rather than on the being

Per capire l’opera di Kengo Kuma in chiave anti-oggettuale, risulta utile guardare

(Yuu), and on the intuitivity contained in the shapeless and unsaid things rather than on their substance and finity of the European and American culture. The architect Kazuo Shinohara claims that the West tries to make

agli strumenti di lavoro che, nelle loro rispettive tradizioni, Oriente e Occidente hanno prodotto: essi risultano diversi sia nella sostanza sia negli intenti.

sense of things, while the Japanese try to remove the sense of the things,

Dove, storicamente, l’Occidente ha scritto le sue lettere a colpi di scalpello, innal-

like a cleansing process.

zato obelischi e templi in pietra, l’Oriente ha usato il pennello, il legno e la carta

Every culture has its own way of expressing affection. In the West it is

per costituire il proprio paesaggio. Dove l’Occidente ha espresso idee legate alla

spatially by using a diagram, this way could be represented as a step

durata eterna, alla permanenza e immutabilità, l’Oriente dichiara la sua preferenza

forward in another way it is an invasion, where meaning is “given”. The Eastern peoples and the Japanese in particular, do not express their

per la transitorietà dell’esistenza, un pluralismo decentrato e l’impermanenza tem-

feelings, two lovers could end their days without ever having said “I

porale11. Appare immediatamente visibile come questi due sistemi facciano perno

love you. “ Because feelings are expressed through silence. Spatially

su strumenti cognitivi e materiali utilizzati come supporto filosofico profondamente

this attitude shows a step back. Where the Romans add an “invasive”

differenti.

action to a sentiment, the Japanese silently retreat leaving the space for

L’Occidente si esprime graficamente con il bulino, lo stilo, la penna stilografica e le

the expression of the others. This is the way they confer meaning on the

canne recise, tutti accomunati dall’essere strumenti duri che incidono, scalfiscono,

void, purifying it from any interference and signification. Love and architecture in Japan come together from the same modus

raschiano o solcano il piano sul quale lasciano il proprio segno. In Oriente, invece,

operandi: they create a void leaving a space around what they consider a

viene usato un oggetto che quasi da solo sostiene tutta la teoria della scrittura: il

“place “ where it can condense something sacred. The vacuum seems to

pennello, accompagnato nella sua lunga storia dal sumi (inchiostro di china). Que-

be the translation in the space of love and silence. The void is perceived

sti mezzi trovano collocazione in un mondo dove il calligrafo liscia la sua pietra e

in Japanese architecture, has substance but is not visible. One could say

aspetta che l’inchiostro si diluisca prima di impregnarne il pennello che accarezza

that in the work of Kuma the silence is not absence but a sacred presence, he allows architecture to give form to the invisible.

la carta che poi lo assorbirà12. Accomunati dal fatto di essere pratiche di esistenza, esse differiscono in quanto, dove l’Occidente ha storicamente praticato l’arte

Conclusion. The ability of the Japanese people to create relationships

dell’in-scrizione, l’Oriente ha praticato quella della de-scrizione. Mentre in un siste-

and their curiosity enables for fruitful cooperations. These themes

ma c’è un’attività vigorosa che si esprime tramite la tensione dello sforzo musco-

describe the possible relationship between Kuma and the Mediterrane-

lare, nell’altro c’è una fisicità rilassata che si manifesta attraverso la morbidezza.

an, the proof is the collaboration between Kuma and AutonomeForme.

In Occidente l’abitudine di aguzzare gli strumenti della scrittura e renderli taglienti

The attempt to recover the spirit of a connecting fluid that is present in the origins of the Greek theatre shows that the roots of the anti-object

per ottenere la precisione del segno rimanda a quella che può essere definita arte

question are to be found not only in the two different cultures, but also

dell’aggressione13. In Oriente, invece, la pratica di ammorbidire, strofinare e ince-

in a specific attitude and the willingness of the project. It is evident that

rare per rendere fluido il gesto del pennello rimanda ad un’arte della riflessione e

the beginning of the process of commodification and consequent loss of

della pace, palpabile negli oggetti in dote al calligrafo14.

a sense of reality are common to all nations involved in the process of

Dove gli architetti europei ed americani costruiscono in-scrivendo, Kuma -e altri

modernization in the means of mass communication and of the social transformations of the twentieth century. In this context, the respective instruments that define the practice of the

suoi colleghi orientali- si esprimono de-scrivendo. Invece che imporsi al luogo, lo captano, lo percepiscono e lo portano alla luce.

West and East of the In-scription and the De-scription, are reflected in the production of meaning that silence and emptiness has in architectu-

Vuoto/Silenzio

re. The differences are mutually reinforcing and have an impact upon an

Il vuoto riveste un ruolo storico di innegabile importanza nel modo di sentire sia

architecture that is capable of producing a new synthesis of knowledge.

mediterraneo che giapponese. Questo paragrafo tratta del simbolismo inerente a


22 quest’ultimo e di come il vuoto si riveli essere una metafora utile per spiegare le similarità e differenze del fare architettura in queste due realtà. Il filosofo Nishida Kitaro enfatizza il fatto che la cultura giapponese sia basata sull’assolutezza del vuoto (Zettai Mu) piuttosto che sull’essere (Yuu), e sull’intu-

LA GRU NORD RIVOLTA AL MARE

itività insita nelle cose informi e non dette piuttosto che sulla loro concretezza e finitezza15 per come invece accade nella cultura europea e americana. Non a caso l’architetto Kazuo Shinohara16 sostiene che in Occidente si cerca di dare un senso alle cose, mentre in Giappone si cerca di levare il senso della cose, come in un processo di purificazione. Ogni cultura ha un proprio modo di esprimere affezione. In Occidente, spazialmente, con un diagramma, questo modo di fare potrebbe essere rappresentato come un’avanzata, come il fare un passo avanti, l’altro viene invaso, gli viene “dato” un significato17. Gli orientali, e i giapponesi in particolare, non usano dirsi nulla riguardo ai sentimenti e non vi sarebbe da meravigliarsi se due amanti finissero i loro giorni senza essersi mai detti “ti amo”. Per via di differenze culturali, i sentimenti vengono

LA GRU SUD RIVOLTA A PALERMO

espressi attraverso il silenzio. Spazialmente questo atteggiamento indica l’indietreggiare, come se amare significasse fare un passo indietro18. Dove i latini aggiungono un’azione “invasiva” ad un sentimento, i giapponesi arretrano silenziosamente e, sottraendosi, lasciano spazio all’altro di esprimersi. Questo è il modo che hanno di semantizzare il vuoto, purificandolo da qualsiasi interferenza e significazione. In questo senso amore e architettura in Giappone si coniugano a partire dallo stesso modo di operare: creando il vuoto, lasciando spazio attorno a quello che ritengono un “luogo” dove possa condensarsi qualcosa di sacro. Il vuoto sembra essere la traduzione spaziale dell’amore e del silenzio. Il vuoto nell’architettura giapponese è percepibile, ha sostanza, ma non è visibile. Si potrebbe dire che nei lavori di Kuma il silenzio non è assenza ma presenza sacra: tramite esso, egli permette all’architettura di dare forma all’invisibile.

“PORTA FELICE” E LA NUOVA “PORTA DEL MEDITERRANEO” 53,8 m

Okuno Takeo19 associa il vuoto al Ma, ovvero lo spazio, e il Ma all’essere fra le cose (Kankeiso) e nota come molte parole di uso comune in giapponese portino il Ma in se come parte composta (che viene pronunciato anche kan, ken, gen). Jikan (tempo), kukan (spazio) ningen (le persone) seken (società). Tutti questi termini

26. m

implicano una sensibilità relazionale, una sorta di senso dello stare nel mezzo di qualcosa o in una realtà fra le cose, piuttosto che in una realtà che si delinea come opposizione contro qualcosa. In tal senso, le relazioni umane diventano una forma di negoziazione dello spazio fra le cose e fra le persone e le cose20.

0m 6,96 m

14,1 m

Conclusioni La capacità dei giapponesi di relazionarsi e di essere curiosi rende possibile collaborazioni proficue in un senso e nell’altro. I temi trattati seppur tra loro differenti risultano comporre una dimensione possibile del discorso architettonico che relaziona Kengo Kuma e il Mediterraneo, prova ne è la collaborazione fra Kuma e lo studio AutonomeForme. Qui il tentativo di recuperare lo spirito di connessione fluida presente nel teatro greco delle origini evidenzia come le radici della poetica dell’anti-oggetto siano da ricercare non solo nelle due differenti culture, ma anche in una precisa attitudine e volontà progettuale. Risulta evidente come l’inizio del processo di mercificazione e la conseguente perdita di senso della realtà siano stati comuni a tutte le nazioni coinvolte nel processo di modernizzazione dovuto ai mezzi di comunicazione di massa e delle trasformazioni sociali del Novecento. In questo contesto, i rispettivi strumenti che definiscono la pratica occidentale dell’inscrizione e quella orientale della de-scrizione si rivelano riflessi sulla produzione di senso che il silenzio e il vuoto determinano in architettura. Le differenze in atto si rafforzano reciprocamente e vanno ad incidere su un’architettura capace di produrre una nuova sintesi del sapere. [Salvator-John Liotta

In queste pagine Concept del progetto La Gru Sud ospita il teatro all’aperto rivolto alla città e il giardino La Gru Nord ospita funzioni legate al benessere, alle attività culturali e la piscina rivolta verso il Mare Mediterraneo Diagramma funzionale e Diagramma della circolazione della Gru Sud Diagramma funzionale e Diagramma della circolazione della Gru Nord

1 | In Lettre à un ami japonaise Jacques Derrida scrive di aver coniato un neologismo –différance– che aiuta a svelare il carattere dinamico della differenza, persistente e incancellabile condizione di possibilità della presenza e dell’identità (Derrida 1972). L’identità non è data, essa si determina soltanto quando messa in relazione ad altro, che differisce da sé. 2 | Kengo Kuma, Anti-Object:The Dissolution and Disintegration of Architecture, AA Publishing, 2008, p.82-83 3 | Ibid. 4 | Ibid. 5 | Kuma, K. Recent Projects, 2009, A.D.A. Edita, Tokyo, p.174 6 | Vedi Maeda, A. Text and the city, Duke University Press Books, 2004, p.80 7 | Edo era il modo nel quale veniva chiamata Tokyo. All’inizio dell’era Meiji (1868) l’imperatore si trasferì da Kyoto a Edo, che venne rinominata Tokyo 8 | Maeda, A. Op. Cit. p. 80 9 | Uno degli esempi emblematici portati da Ai Maeda è una delle stampe delle famose vedute di Tokyo: la banca nazionale Mitsui, dall’aspetto Occidentale. Essa rappresenta la transizione verso un’architettura iconica sconosciuta ai giapponesi: questa costruzione era il simbolo dei nuovi valori di cui era portatore la modernità. 10 | Cfr. Jinnai, H., Tokyo: A Spatial Anthropology, University of California Press, 1995 e anche Liotta e Miyawaki A Study on the History of “Cinema-City” in Tokyo, Journal of Architectural Institute of Japan (AIJ), Vol°74, n° 637, March 2009, Pp. 617-625. 11 | Cfr. Barthes, R. Le Plaisir du Texte, Seuil, Paris, 2000, P. 59,60. 12 | Shelton, B., Learning from the Japanese City, 1999, New York, Spon Press. 13 | Barthes, R., Variazioni sulla Scrittura, 1999, a cura di Carlo Ossola, Torino, Einaudi, p.60. 14 | Barthes, Op. Cit. p.60. 15 | Cfr. Wei-hsün Fu, C. Japan in traditional and postmodern perspectives, Suny Press, New York, 1995, p.55. 16 | Wilson, P. Western Objects, Eastern Fields, AA Publishing, E.G. Bond Limited, London 1989, p.18. 17 | Gli haiku giapponesi non hanno mai un soggetto agente che svolge un azione verso qualcuno o qualcosa. Bensì si ha la spersonalizzazione, il decentramento delle sensazioni, che permettono di constatare le cose del mondo, più che quelle dei singoli. si tratta di un processo da ricondurre alla filosofia Zen. 18 | Il regista Eizo Tanaka scriveva: “In Occidente si crede che un primo piano assicuri empatia con le emozioni provate dall’attore. Convenzionalmente pensiamo che sentiamo più fortemente quello che l’eroina e l’eroe sentono quando sono mostrati le loro enormi immagini sullo schermo. Il cinema giapponese si e’ sempre mosso in direzione opposta: nel mostrare una qualsiasi lei che riceve la lettera con le cattive notizie, la ripresa invece che restringersi mostrando le lacrime sul suo viso e generando quell’empatia così comune nel cinema occidentale, si allarga mostrando lei sola, sotto un cielo che la schiaccia e un albero solitario, come e’ lei in questo momento. Il cinema giapponese ha una relazione diametralmente opposta a quella occidentale”. (citato in Richie Donald, “Japanese Cinema, An Introduction”, Oxford University Press, New York, 1990). 19 | Okuno Takeo, ‘Ma’ no Kozo (Structure of ‘Ma’), Tokyo, Shueisha, 1987, p. 332. 20 | Wei-hsün Fu, C. Japan in traditional and postmodern perspectives, p.66.


23

CIRCOLAZIONE

CIRCOLAZIONE

ASCENSORE

CIRCOLAZIONE INTERNA

SCALA EMERGENZA

ASCENSORE

CIRCOLAZIONE INTERNA

SCALA EMERGENZA

PROGRAMMA BAR/CAFFE’ PISCINA

PROGRAMMA FOYER PALCO GRADINATA PARCO RISTORANTE PIATTAFORME MOBILI

SOLARIUM AREA FITNESS CAMERINI E SERVIZI AREA YOGA GIARDINO AREA LETTURA GALLERIA D’ARTE


24

nuuk.isola di luce BIG Bjarke Ingels Group

Nuova national gallery della groenlandia Posti su un ripido pendio che domina i più bei fiordi della Groenlandia, i 3.000 mq della National Gallery serviranno da icona culturale e architettonica per il popolo della Groenlandia. Il nuovo museo coniugherà l’arte storica e contemporanea del

Nuova national gallery della groenlandia Located on a steep slope overlooking the most beautiful of Greenland’s fjords, the 3000 m2 National Gallery will serve as a cultural and architectural icon for the people of Greenland. The new museum will combine historical and contemporary art of the country in one dynamic institution. “The Board has a clear vision: to

paese in un’istituzione dinamica. La proposta è stata scelta in modo unanime tra i

work for the establishment of an internationally oriented highly professional insti-

6 progetti del concorso a cui hanno partecipato il norvegese Snøhetta, il finlandese

tution that communicates the continuous project of documenting and developing

Heikkinen-Komonen, e i groenlandesi Studio Granda Islandic e Nuuk Tegnestuen.

the Greenlandic national identity through art and culture. Our dream is a national gallery where historic and contemporary art meets circumpolar pieces, Nordic and world art in general. Our dream is an institution that stimulates our curiosity,

“Il Board ha una chiara visione: lavorare per la creazione di un orientamento inter-

awake our excitement with its thought-provoking design and where we all feel at

nazionale di una istituzione altamente professionale che comunica il continuo pro-

home. As a projection of a geometrically perfect circle on to the steep slope, the

getto di documentare e sviluppare l’identità nazionale della Groenlandia attraverso

new gallery is conceived as a courtyard building that combines a pure geometri-

l’arte e la cultura. Il nostro sogno è una galleria nazionale dove l’arte storica e contemporanea incontri pezzi internazionali, unendo opere nordiche e opere di ogni parte del mondo. Il nostro sogno è un’istituzione che stimola la nostra curiosità,

cal layout with a sensitive adaption to the landscape. The three-dimensional imprint of the landscape creates a protective ring around the museum’s focal point, the sculpture garden where visitors, personnel, exhibition merge with culture and nature, inside and outside.

risveglia il nostro entusiasmo con il suo design. Selezionando un architetto di spic-

The Danish functionalistic architecture in Nuuk is typically square boxes which

co come BIG, sono sicuro che le nostre possibilità di realizzare questo sogno siano

ignore the unique nature of Greenland. We therefore propose a national gallery

buone.“, Tuusi Josef Motzfeldt, National Gallery of Art della Groenlandia.

which is both physically and visually in harmony with the dramatic nature, just

Come la proiezione di un cerchio geometricamente perfetto sul ripido pendio, la

like life in Greenland is a symbiosis of the nature. We have created a simple, functional and symbolic shape, where the perfect circle is supplied by the local topography which creates a unique hybrid between the abstract shape and the spe-

nuova galleria è concepita per essere un edificio a corte che combina una pura

cific location. The slope opens up the sculpture garden towards the city and the

disposizione geometrica con un adattamento sensibile al paesaggio. L’impronta tri-

view, framing both the sculpture garden and museum functions. A rough looking

dimensionale del paesaggio crea un anello di protezione intorno al punto focale del

external façade of white concrete will patinate over time and adjust to the local

museo, il giardino delle sculture, dove i visitatori, il personale, e le opere si fondono con la cultura e la natura, dentro e fuori.

weather, while the circular inner glass façade will consist of a simple and refined frame which contrasts the rough nature and compliments the beautiful view. The circular shape of the gallery enables a flexible division of the exhibition into different shapes and sizes, creating a unique framework for the museum’s art.

“L’architettura danese funzionalistica di Nuuk è tipicamente basata su “scatole

Visitor access to the exhibition happens through a covered opening created by

quadrate” che ignorano la natura unica della Groenlandia. Proponiamo pertanto

a slight lift in the façade into a lobby with a 180 degree panorama view towards

una galleria nazionale che è, sia fisicamente sia visivamente, in armonia con il ca-

the sculpture garden and the fjord as well as access to the common museum functions, including ticket counters, wardrobe, boutique and a café.


25

A-A

DELIVERY ACCESS

32

31

33

30

34

B-B 35

29 DELIVERY

28

0

GOODS R ECEP TION 109m2

C-C

WC 6m2

PHOTOGRAPHY STUDIO 39m2

WAR DROBE 6m2

KITCHEN 28m2

AUDITORIUM 119m2

26

1

WC 6m2

2

IT ROOM 6m2

PROMENADE TO COLONIAL HARBOUR

TU APA

NN G

UIT

27

MEETING R OOM 28m2

SKYLIGHTS FOR WORKSHOPS

25

3

DELIEVERY ACCESS BUS STOP

ADMINISTRATION OFFICE 70m2

24

4 PARKING

SCULPTURE GARDEN - 3.50m

ENTRANCE PLAZA

23

5

DIRECTOR 28m2

AREA FOR EXTENSION

DOCUMENTATION &ARCHIVE 33m2 SCULPTURE GARDEN

OUTREACH

22

6

WC 5M2

GRAPHICS WORKSHOP 38M2

WASH ROOM 5M2

21

7 STORAGE 5M2

OUTLOOK PLATEAU

LIBRARY OPEN SHELVES 82m2

20

LIBRAR Y R EADING 54m2

19

18

B-B

8

9

10

- 3.50m 11

17 12

16 15

14

A-A

13

C-C


26


27 rattere drammatico del luogo, proprio come la vita in Groenlandia è una simbiosi con la natura. Abbiamo creato una forma semplice, funzionale e simbolica, dove il cerchio perfetto è posto sulla topografia locale, creando un ibrido unico tra la forma astratta e il percorso specifico “, Bjarke Ingels, fondatore e partner di BIG. Il pendio apre il giardino delle sculture verso la città e la vista inquadra il giardino delle sculture e le funzioni del museo. La ruvida facciata esterna di cemento bianco sarà patinata nel tempo e si adeguerà alle variazioni meteorologiche locali, mentre la facciata circolare in vetro all’interno sarà composta da una struttura semplice e raffinata che contrasta con la natura aspra e dialoga con la splendida vista. “L’edificio con la sua ruvida semplicità e armonia con il paesaggio diventa un simbolo della corrente artistica della Groenlandia indipendente ed una espressione architettonica“. Andreas Klok Pedersen, Partner & Project Leader di BIG. La forma circolare della galleria consente una suddivisione flessibile delle esibizioni in diverse forme e dimensioni, creando un unica cornice per l’arte del museo. L’accesso dei visitatori allo spazio espositivo avviene attraverso un ingresso coperto definito da un ascensore posto in facciata che giunge in una hall con un panorama a 180 gradi verso il giardino delle sculture e il fiordo, dando l’accesso alle funzioni pubbliche del museo, tra cui le biglietterie, il guardaroba, la boutique e una caffetteria. La nuova galleria aumenterà le attività in prossimità del fiume attirando l’intera area e interconnettendola con un percorso che, come il museo, forma degli slittamenti nel terreno. La gente del posto e i visitatori potranno ammirare la forma chiara della galleria, che appare come una scultura o un pezzo di land-art. [trad. Lucia Pierro/AF

Nuova national gallery della Groenlandia Progetto BIG Bjarke Ingels Andreas Klok Pedersen, Jakob Henke Luogo Nuuk. Groenlandia Collaboratori Daniel Selensky, Ji –young Yoon, Gul Ertekin, Aleksander Tokarz, Alessio Zenaro, Johan Cool, Nicklas Antoni Rasch Consulenti TNT Nuuk, Rambøll Nuuk, Arkitekti, MIR, Glessner Group Committente Nunatta Eqqumiitsulianik Saqqummersitsivia Superficie 3.000 m2

Bjarke Ingels, Bjarke Ingels apre lo studio BIG-Bjarke Ingels Group nel 2005 dopo essere stato il cofondatore di PLOT Architects nel 2001 e aver lavorato per un periodo presso lo studio OMA a Rotterdam. Attraverso una serie di progetti ed edifici premiati, Bjarke Ingels è diventato uno dei più rappresentativi architetti della nuova generazione. Il suo lavoro combina analisi, sperimentazione, responsabilità sociale e ironia. Nel 2004 ha ottenuto il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia per il progetto Tavanger Concert house e l’anno seguente ha ricevuto il premio Foum AID per il progetto VM House. Fin dalla sua ultimazione, l’edificio per residenze Mountain ha ottenuto numerosi premi Bjarke Ingels è stato considerato uno dei 100 personaggi più creativi dalla rivista New York based Fast Company. Bjarke Ingels è stato visiting professor alla Facoltà di Architettura della Rice University e alla Scuola di Architettura, Pianificazione e Conservazione della Columbia University. Attualmente è visiting professor presso la Harvard University dove sta affrontando un tema congiunto con la Business School of Design.

Alle pagine 30 e 32 Due immagini della nuova National Gallery inserita nel paesaggio della Groenlandia Pianta del museo Planimetria generale In queste pagine L’interno del museo si affaccia nella corte interna e permette di osservare il paesaggio esterno Esploso del museo Diagrammi del concept del progetto


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Amsterdam.nuovo mulino Nl architects

Multi mill Il porto di Amsterdam ha incaricato gli storici dell’arte Roos Burger e Yvon Yzermans dello sviluppo di un centro culturale in Houthavens West per migliorare l’attrattività

Multi mill The Port of Amsterdam commissioned Roos Burger & Yvon Yzermans, two collaborating art historians, to develop a cultural facility in Houthavens West. The Port wants to improve the attractiveness of the area to the public by realizing a

dell’area realizzando un luogo di incontro tra la città e il porto. L’idea di NL Archi-

cultural meeting place in the transforming area between city and port. The idea of

tects è di costruire un palcoscenico flessibile che può accogliere varie forme artisti-

NL Architects is to construct a flexible ‘base’ that can facilitate various art forms

che: teatro, cinema, moda, scultura, suono e arte della luce, danza, video, musica...

like: theater, film, fashion, sculpture, sound and light art, dance, video, music...

Roos Burger e Yzermans Yvon cureranno gli eventi all’aperto. L’”oggetto” sarà posizionato a Haparandadam sulla riva del fiume IJ. L’introduzio-

Roos Burger & Yvon Yzermans will curate the outdoor events. The ‘object’ will be positioned on the Haparandadam on the banks of the IJ River. Introducing a cultural stage in this vibrant environment is exhilarating: the view

ne di un palcoscenico in questo ambiente vivace è ludica: la vista è ispiratrice, lo

is inspiring, the backdrop dynamic. This stretch of land in Amsterdam is so recent

sfondo è dinamico. Questo tratto di terra ad Amsterdam è così recente che oggi non

that it doesn’t even show up on Google Earth! But the Haparandadam will be ‘on

compare nemmeno su Google Heart, ma Haparandadam sarà presto sulla mappa...

the map’ soon…

Il porto di Amsterdam è in continua trasformazione per l’ampliamento della scala delle attività spostatesi da est a ovest - verso il mare. Accanto al già esistente settore portuale l’area sta assumendo una complessa ‘ecologia urbana’ con un insieme

The Port of Amsterdam is in a perpetual process of transformation. Due to scale enlargements harbor activities migrate from east to west - towards the Sea. This opens up large areas for new developments. Beside the already existing port industry the environment becomes more and more a complex ‘urban ecology’. This

di funzioni: vita, educazione, lavoro, cultura e tempo libero. Houthavens, l’ex ‘porta

implicates an amalgam of functions: living, education, working, culture and leisu-

di legno’, sarà trasformata in una zona residenziale e l’industria creativa troverà un

re. The Houthavens, the former ‘wood port’, now will be turned into a residential

biotopo importante nell’intorno. Il porto sta diventando l’alter ego di Amsterdam.

area. And of course the creative industry will find an exciting biotope around

La versatilità della posizione è l’ultima sfida dell’Architettura: come può un unico congegno spaziale ospitare tutte queste funzionalità in modo credibile?

here. Although this old part of the port is being domesticated, it still forms an ‘edgy’ alternative for the increasingly cultivated inner city. The port is becoming the energetic alter ego of Amsterdam.

Il disegno è composto da tre ali collegate a una piattaforma centrale. Le ali hanno

The versatility of the assignment is the ultimate challenge for Architecture: how

forme specifiche per un uso specifico. Le braccia possono ospitare sfilate di moda,

can one single spatial given host all these functionalities in a credible way?

cinema e teatro. Il design evoca un programma variabile che, oltre ai modi di uso

The sketch consists of three wings that are connected to a central platform. The

evidenti, vuole catalizzare inattese forme di ‘abitazione’. L’idea è quella di un oggetto adattabile che può essere usato come palcoscenico e come luogo espositivo. Il multiforme piano girevole permetterà di realizzare performances con mutevoli

wings have specific shapes that cater for specific usage. The ‘arms’ can support fashion shows, cinema and theatre. The design will evoke varied programming; besides the evident ways to deploy the object, it hopes to catalyze unexpected ‘inhabitation’. The idea is to develop an adaptable object that can be used both as

sfondi. Il rapporto con il contesto può cambiare e la vista “da” e “verso” il conteni-

a stage and as a stand.

tore è dinamica. Ruotando il piano, una specifica funzione può essere “attivata”. In

The design is intended as a revolving structure. The turning multi-form plateau

questo modo la piazza di fronte all’oggetto può essere inquadrata in modi diversi.

will allow performances with changing backgrounds. The relationship with the

La posizione sulla punta del molo è eccezionale. La struttura attiverà una ampia zona pavimentata che da spazio puramente funzionale si trasformerà in una piat-

context can be changed at will; the view to and from the bowl will be dynamic. By turning the plateau a specific function can be ‘switched on’. As such the square in front of it can be ‘charged’ in different ways. The location at the tip of the jetty is

taforma culturale!

exciting. The object will activate the fairly large paved area; from a purely functio-

[trad. Marco Scarpinato/AF

nal square it will transform into a cultural stage!


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30 Kaleidoscope theater

Union

3 functions theater

theater

cinema

cinema

fashion show

fashion show

Multi mill. Teatro polifunzionale Progetto NL Architects Luogo Amsterdam Collaboratori Gen Yamamoto with Ines Quinteiro Antolin, Marc Bitz, Qili Yang, Liping Lin, Lorena Valero Minano and Matthieu Morea Committente Porto di Amsterdam e Roos Burger & Yvon Yzermans Cronologia 2010

Alle pagine 34 e 35 Il palcoscenico flessibile permette una moltiplicità di attività Il modello tridimensionale dell’intervento Planimetrie delle differenti configurazioni spaziali In queste pagine Due sequenze del funzionamento del palcoscenico flessibile e delle relazioni con l’ambiente circostante Il diagramma espone le relazioni che l’intervento innesca con il contesto Diagramma concettuale del palcoscenico flessibile

Nl architects è un studio con sede ad Amsterdam. I quattro soci dello studio, Pieter Bannenberg, Walter van Dijk, Kamiel Klaasse e Mark Linnemann hanno frequentato la Tecnology University di Delft. Il pendolarismo tra le due città ha contribuito alla ricorrente fascinazione verso il tema della mobilità e della strada. Spesso i loro progetti si concentrano sugli aspetti ordinari della vita quotidiana, compreso il “non apprezzato” o “negativo”, che vengono esaltati o deformati, al fine di portare alla luce il potenziale inaspettato delle cose che ci circondano. Tra i loro apprezzati e premiati progetti si ricordano il Parkhouse / Carstadt, il WOS 8, il Mandarina Duck Store di Parigi, Il Basket bar a Utrecht, il Forum centre di Groningen e molti altri. I membri dello studio tengono lezioni, workshop e conferenze presso le varie istituzioni e università dei Paesi Bassi e all’estero. Attualmente lo studio è formato da più di trenta persone provenienti da tutto il mondo.


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32

, granada.Qal at al-hamra ALVARO SIZA vieira con juan domingo santos

L’ATRIO DI ACCESSO PER I VISITATORI La struttura architettonica dell’Alhambra è il risultato della sovrapposizione di una geometria regolare su un territorio con una topografia articolata. All’inizio vi furo-

visitors entrance The architecture of the Alhambra is the result of the superposition of a regular geometry above an articulated topography. At first there were the Arab palaces, orthogonal residences shaped by a sequence of closed

no i palazzi arabi, residenze ortogonali plasmate da una sequenza di cortili chiusi

courtyards connected with each other and, later, the palace of Carlo V, a

collegati tra loro e, più tardi, il palazzo di Carlo V, un edificio meraviglioso costru-

beautiful building built around a circular courtyard placed on the Islamic

ito intorno a un cortile rotondo disposto sulla struttura urbana islamica. Entrambi

urban structure. Both represent architecture as a demonstration of the

rappresentano l’architettura come altra rappresentazione dell’occupazione di un territorio attraverso la realizzazione di una geometria di pieni e vuoti.

occupation of a territory through the creation of a geometry made of solid and void. The designer involved into a project related to the Alhambra is torn

Iniziando un intervento collegato all’Alhambra il progettista si sente diviso tra la

between fascination for its architecture (including how it has evolved

fascinazione della sua architettura, tra come si è evoluta nel tempo, e il desiderio di

over time) and the desire for disinhibition that is visible in the Machuca’s

disinibizione presente nel progetto di Machuca per il Palazzo di Carlos V. Ma questo

draft for the Palace of Carlo V. But this is an intervention designed in a

è un intervento concepito in un contesto di radicale trasformazione, il simbolo di un profondo cambiamento del potere. Si desidera ora e soprattutto dare ordine agli accessi e servizi complementari di qualità aperti a un grande flusso di visitatori per

context of radical transformation, the symbol of a profound change of power. Now we want to organise the access and complementary facilities which are open to the flow of the visitors of the Alhambra. The New Gate of the Alhambra should be framed in a delicate balance between nature

i quali l’Alhambra è un mito in cui è universale il desiderio di visitarla.

and architecture tha time has not compromised. The Palace of Carlo V is

La Porta Nuova della Alhambra dovrebbe essere inquadrata in un delicato equilibrio

a clear and radical expression of the new power. The architect, with his

tra natura e architettura che il tempo non ha ancora compromesso.

skill, has established a building apparently unrelated to the Alhambra

Il Palazzo di Carlo V costituisce una evidente e radicale espressione del nuovo potere. La maestria dell’architetto permise che un corpo apparentemente estraneo a

(for expression and size) that increases quality, without breaking or dissolving its character but rather re-creating the spirit of this architectural complex that is not fragmented. He did this through the relationship

ciò che era l’Alhambra – di espressione autonoma e di tale differente scala – aumen-

between two expressions, based on internal and external continuity and

tasse la qualità, trasformando senza rompere o dissolvere ma piuttosto ricreando il

discontinuity between the paths and open spaces of various scales. This

carattere di un complesso architettonico non frammentabile. E lo ha fatto attraver-

principle of continuity, albeit into a different historical context, leads to

so la relazione tra due espressioni, basandosi sulla continuità interna ed esterna, e sulla discontinuità tra percorsi e spazi aperti di diversa scala. È questo principio di disinibita continuità, anche se in un diverso contesto storico, che porta allo sviluppo del progetto e ad un di processo di immersione e liberazione nello “spirito del luogo” e nelle attuali esigenze del programma.

the development of the project and allow a process of immersion and liberation of program’s requirements in the “spirit of place”.


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Nuovo ingresso de la ALHAMBRA Progetto Alvaro Siza Vieira Juan Domingo Santos Luogo Granada. Spagna Collaboratori Hans Ola Boman, Daniel Gutiérrez Peinado, Jose Pedro Silva, Ina Valkanova, Carmen Moreno Alvarez, Isabel Diaz Rodriguez, Claire De Nutte, Carlos Gor Gòmez, Julien Fajardo Consulenti Gop Engenharia. Jorge Amorium Numes Da Silva, Maria Raquel Bento Fernandez, Alexandre Ferreira Martins, Alvaro Raimundo, Raul Bessa | Strutture Abaco Ingenieros. Patricio Bautista Carrascosa | Impianti José Navarro Navarro | Architetto tecnico Rafael M. Navarro Cerrilo, Enrique Deckler Colomer | Agronomo Modello fisico Alvaro Negrello Renderings 3D LT Studio Montaggio audio video Transversal Arte Y Estrategia S.L.

Alvaro Siza vieira (1933) Dopo aver frequentato la Scuola di Belle Arti di Porto (1949-1955), si iscrive alla Facoltà di architettura (ESBAP), dove successivamente intraprende l’attività di insegnante. Ha insegnato in varie università: negli Stati Uniti, in Svizzera e in Sud America. Partecipa ad importanti concorsi internazionali e collabora con l’IBA a Berlino. Ha realizzato molte opere prestigiose, tra cui: il Padiglione portoghese dell’Expo di Lisbona ‘98 e il Museo d’Arte Contemporanea di Santiago di Compostela. Le sue opere sono state pubblicate dalle principali riviste d’architettura internazionali, in diversi studi monografici ed esposte in ogni parte del mondo. A partire dagli anni Ottanta, ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi internazionali, tra cui il premio Mies van der Rohe, la medaglia d’oro della Fondazione Alvar Aalto, l’Arold W. Brunner Memorial Prize, il Pritzker Prize, il Praemium Imperiale. Le università di Valencia, Losanna, Palermo, Santander, Lima e Coimbra gli hanno attribuito lauree ad honorem. JUAN DOMINGO SANTOS architetto e docente alla ETSA di Granada. Visiting professor in varie università internazionali tra cui il Politecnico di Losanna e La Columbia University. Ha sviluppato progetti di spazi culturali e musei in varie città spagnole. Nominato al Premio Mies van der Rohe (2007). Il suo lavoro è stato esposto alla Biennale di Venezia, al MoMA di New Jork e in altri prestigiosi contesti ed è stato pubblicato in riviste e volumi.


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IL GIARDINO BELVEDERE SULL’ALHAMBRA

THE BELVEDERE GARDEN OF The Alhambra

Essendo ancora difficile la transizione tra l’ambiente costruito dell’Alhambra e lo

The transition between the built environment of the Alhambra and the

spazio agricolo immediato, la soluzione porta a un equilibrio tra l’uso e la funzione,

immediate agricultural areas is still difficult, so the project leads to a

formalizzato attraverso il giardino, una scelta intrinseca alle caratteristiche dell’Al-

balance between the use and function that is formalized through the

hambra. La stratigrafia architettonica recente dimostra infatti che ogni qualvolta è

garden, this is a choice that is inherent in the intrinsic characteristics the

stato necessario trasformare il monumento, il giardino è rimasto come riferimento

Alhambra. The recent architectural stratigraphy shows that whenever it

nel paesaggio. La proposta per il nuovo accesso dell’Alhambra ha come riferimento le piattaforme

was necessary to expand or transform the Monument, the garden was present as a reference into the landscape. The proposal for the new gate of the Alhambra is inspired to the platforms gardens of the Generalife, a

dei giardini del Generalife, una sequenza di terrazzamenti agricoli che si adagiano

series of agricultural terraces which stay on the topography surrounding

sulla topografia che circonda il monumento. Questa immagine sembra una soluzio-

the Monument. This image of panoramic terraces on the landscape is an

ne adeguata per il progetto perché consente di associare l’architettura a una occu-

appropriate solution for the project because it allows to combine the ar-

pazione fisica del territorio mantenendo le forme e i sentieri originali. L’architettura dell’atrio si sviluppa come una successione di piattaforme con patii di ombra e di

chitecture with a physical occupation of the territory, keeping the original shapes and the paths. The architecture of the new atrium is developed by a series of platforms with patios for shade and water that are placed

acqua posti a livelli diversi che, progressivamente, giungono alla Plaza de la Alham-

at different levels. This patios come up to the Plaza de la Alhambra, an

bra, uno spazio di transizione privo di edifici, per consentire la visione della Torre del

area of transition on the monumental area that allows the view of the

Agua, della Puerta de los Siete Suelos e della muraglia del recinto.

Torre del Agua, La Puerta de Los Siete Suelos and the wall of the monu-

L’idea della porta di accesso al monumento è vincolata alla costruzione del giardino

mental enclosure.

elevato, un belvedere sopra le mura e le torri dell’Alhambra coperto da una pergola di edera e vite. In questo livello è la grande hall, una sala sotterranea all’altezza

The idea of the gateway to the monument is related to the construction of a large garden, a belvedere on the walls and towers of the Alhambra, with a pergola covered with ivy and vine. At this level there is a large

della Plaza de la Alhambra, costruita intorno al cortile di luce e acqua (impluvium)

hall, a large underground room built around a courtyard with light and

che ricorda altri patii dell’Alhambra come quello dell’Alberca o Arrayanes. In questa

water (impluvium): a space that reminds others patios of the Alhambra

sala, l’ingresso della luce naturale segue la tradizione araba che definisce atmosfe-

such as the patios Alberca Arrayanes. This room is characterized by the

re diverse attraverso la gradazione della luce. La proposta incorpora elementi pre-esistenti del sito, come la vecchia strada di

natural light, according to Arab tradition which allows the setting of different atmospheres through the gradation of light. The proposal incorporates pre-existing elements of the site, as the

cipressi nel cimitero o un vecchio muro ricoperto di vegetazione che cambia colore

old road of cypresses in the cemetery and the old wall covered with

con le stagioni, ed elementi che si articolano nello spazio del nuovo atrio attraverso

vegetation that changes the color with the seasons. Elements that are

una sequenza di cortili, come accade nella costruzione dei palazzi islamici. L’implu-

articulated in the new atrium through a sequence of courtyards that

vium, il patio dei cipressi, il cortile di edera e la Piazza dell’Alhambra, costruiscono

have the same spaciality of the Islamic buildings. The impluvium, the

una sequenza di luoghi di diversa scala. Un muro e una pozza d’acqua risolvono il passaggio entro questi quattro cortili prima di entrare nel monumento. Per favorire

patio of the cypress trees, the courtyard with ivy and the Square of the Alhambra, set a sequence of places with different sizes. A wall and a pool of water within the passage organize these patios before entering in the

la permeabilità tra questi spazi, il muro emerge di 50 cm sopra l’acqua della vasca

Monument. In order to promote the permeability between these spaces,

e s’inclina per consentire la vista dei cipressi del Generalife.

the wall is above of 50 cm on the water and tilts to allow the view of the

[trad. Marco Scarpinato/AF

cypress trees of the Generalife.


35

Alle pagine 28 e 39 Due viste della zona di ingresso Planimetria generale Pianta del secondo livello Sezioni In queste pagine Il giardino sopraelevato Planimetria dell’inserimento territoriale Plastico del progetto


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Gibellina. Epicentro Lucia Pierro

BELICE/EPICENTRO della memoria viva BELICE/EPICENTRO della memoria viva a Gibellina è un nuovo spazio culturale che raccoglie le storie e memorie della Valle del Belice segnando sia il momento di con-

GIBELLINA: BELICE / EPICENTRO of the living memory BELICE / EPICENTRO of the living memory at Gibellina is a new cultural space that brings together the stories and memories of the Valle del Belice and both marks the moment of conclusion of a project developed

clusione di un progetto sviluppato nell’arco di due anni con i vecchi e nuovi abitanti

in two years with the old and new inhabitants of Valle del Belice yet is

del Belice, sia l’inizio di un nuovo percorso di consapevole rilancio culturale e turisti-

the beginning of a new path of a conscious revival of culture and tourism

co di un territorio che racconta un momento speciale della storia siciliana e italiana.

of this area that tells the story of a special moment in Sicilian and Italian

Sono in pochi quelli che sanno che la valle del Belice, prima ancora del terremoto

history. There are very few who know that the valley of Belice, even before the earthquake of 1968, indeed since the 50’s, was shaken by a

del 1968, sin dagli anni 50, fu scossa dal moto rivoluzionario di un attivissimo la-

revolutionary movement with activist workshops in social revolution

boratorio di pratiche di lotta civile e partecipazione, conosciuto e frequentato dalle

and recognised and frequented by the social and cultural avant-garde

avanguardie sociali e culturali di tutta Europa. In quegli anni, in cui in Sicilia regnava

throughout Europe. In those years, when illiteracy still reigned in Sicily,

ancora l’analfabetismo, la gente del Belice, fu, infatti, capace di lottare contro la mafia e il latifondo chiedendo la costruzione di dighe e infrastrutture minime per garantire l’acqua e la sopravvivenza di una società ancora basata sull’agricoltura.

the people of Belize, were, indeed, able to fight against the Mafia and the estates, requesting the construction of dams and a minimum infrastructure to ensure the survival of a society that was still based on agriculture. The soul of this non-violent revolution, consisting of marches,

L’anima di questa rivoluzione non violenta, fatta di marce, digiuni e scioperi alla

fasts and strikes, was Danilo Dolci and his colleagues of the Centre

rovescia, furono Danilo Dolci e i suoi collaboratori del Centro Studi per la piena oc-

for Full Employment: men and women able to build relationships with

cupazione: uomini e donne capaci di tessere relazioni con intellettuali e attivisti di

intellectuals and activists from across Europe to ask for a ransom for the

tutta Europa chiedendo il riscatto delle popolazioni dimenticate della Sicilia. Dopo il terremoto, le rivendicazioni e le lotte popolari s’intrecciano con le vicende

forgotten people of Sicily. After the fatal earthquake people’s struggles are intertwined with the history of reconstruction, with crooks and urban experimentation, artistic

della ricostruzione, con il malaffare e le sperimentazioni urbanistiche, le utopie ar-

utopias and political corruption. Life in shacks, and then, in the new

tistiche e la corruzione politica.

towns has largely eradicated the rapports and the traces of an essentially

La vita nelle baracche e, poi, nelle città nuove ha in gran parte cancellano le relazio-

rural society and thus, the history of Belize has remained strong and

ni e le tracce di una società essenzialmente rurale e così, quella del Belice è rimasta una storia intensa e propositiva ancor oggi poco conosciuta dagli stessi siciliani che, troppo spesso, amano cullarsi nel mito gattopardiano di una realtà immutabile che

proactive yet almost unknown to the same Sicilians who, too often, like deluding themselves with the Gattopardian myth of an established reality that (thankfully) has not always been true! This history of rescue inspired the project “ Le Terre che Tremarono –

(per fortuna) non è sempre stata così!

cultura dell’ospitalità e sviluppo del turismo sostenibile nella Valle del

Da questa storia ha preso il via il progetto “Le Terre che Tremarono – cultura

Belice”1 to develop in the Valle del Belice sustainable and community-

dell’ospitalità e sviluppo del turismo sostenibile nella Valle del Belice”1 volto a svi-

orientated tourism, involving the local people in the design and

luppare un turismo sostenibile e comunitario che coinvolge gli abitanti del territorio nella progettazione e nell’accoglienza, avendo chiaro che occorre investire nella

reception, keeping in mind the need to invest in the constitution of a community conscious of its identity and its history to attract and accommodate travellers attentive and willing to confront an unknown

costituzione di una comunità consapevole della propria identità e storia per attrarre

reality. During the two-year project that involved 15 municipalities of

e ospitare viaggiatori attenti e desiderosi di confrontarsi con realtà sconosciute.

the Belice Valley (Santa Ninfa, Poggioreale Salaparuta, Roccamena, Santa Margherita Belice,Sambuca di Sicilia, Menfi, Montevago, Gibellina,

Durante i due anni del progetto che ha interessato 15 Comuni della Valle del Belice (Santa Ninfa, Poggioreale, Salaparuta, Roccamena, Santa Margherita Belice, Sambuca di Sicilia, Menfi, Montevago, Gibellina, Salemi, Partanna, Vita, Camporeale,

Salemi, Partanna, Vita, Camporeale, Contessa Entellina, Calatafimi, Segesta) the partners worked with the local people by involving them in mapping, workshops, interviews and through them, have got to know people and places, collected stories, documents, and objects created

Contessa Entellina, Calatafimi Segesta) i partner hanno lavorato con gli abitanti

works that are displayed in BELICE / Epicentro, a space that should not be

del luogo coinvolgendoli in mappature, laboratori, interviste e con essi hanno co-

viewed as a “museum” but rather as an ever changing place, designed

nosciuto luoghi e persone, raccolto storie, documenti, creato opere ed oggetti che

to enrich the new contributions of those who live or cross the Belice.

sono stati organizzati nel contenitore BELICE/EPICENTRO, uno spazio che non deve essere visitato come un “museo” quanto, piuttosto, come un luogo in continua evo-

Everyone can, in fact, make a contribution and share pieces of personal stories within this story of a living memory that becomes collective. The BELICE / EPICENTRO space offers visitors videos, stories, drawings,

luzione, strutturato per arricchirsi dei nuovi contributi e le testimonianze di chi vive

photographs and documents that tell stories, whether they are important

o attraversa il Belice.

and little-known, struggles, and common mobilisation before and after

Ognuno potrà, infatti, apportare il proprio contributo e condividere dei pezzi di storie

the earthquake of 1968. A story made of words, images and signs

personali all’interno di questo racconto di una memoria viva che diventa collettiva. Lo spazio BELICE/EPICENTRO propone ai visitatori video, racconti, disegni, fotografie, documenti che raccontano storie, siano esse importanti e poco conosciute, di

that begins in the 1950’s, with Danilo Dolci, spans three fundamental decades not only of local history but also of Italy for in those years, Belize was a laboratory for innovative social action whose experience in this characterise the new mobilisation of the people of the south, it is

lotte e mobilitazione popolare prima e dopo il terremoto del 1968. Una storia fatta

worthwhile to get to know to understand the key to finding new forms of

di parole, immagini e segni che inizia negli anni 50, con Danilo Dolci, e attraversa

mobilisation and future projects.

un trentennio fondante della storia locale e italiana, perché, proprio in quegli anni, il Belice fu un laboratorio sociale la cui esperienza, in questo presente caratterizzato dalle nuove mobilitazioni dei popoli del sud, vale la pena di conoscere anche per trovare la chiave di nuove progettualità future. Il progetto “Le Terre che Tremarono” e lo spazio BELICE/EPICENTRO rappresentano un modello pilota di intervento territoriale basato sulla gestione innovativa dei siti culturali, la creazione e la gestione partecipata di un territorio che diventa ecomuseo. Questo spazio di cultura e aggregazione coinvolge infatti gli abitanti nella ricerca storica, nella valorizzazione del patrimonio immateriale e nella creazione di una cultura dell’accoglienza.

1 | Tra le attività svolte nei due anni del progetto: Incontri sul territorio (a cura di LE MAT e CRESM, con i partner e il coordinamento di Saverio Ciaccio); Laboratori di Video (a cura di Rossella Schillaci); Laboratori di Teatro (a cura di Alberto Nicolino con Giulia Fiocca); Laboratori di Scrittura (a cura di Carola Susani); Laboratori di Indagine territoriale (a cura di Maurizio Giambalvo, Linda Giusino, Simone Lucido e Complot_Videobase); Catalogo di video-interviste ai testimoni delle mobilitazioni popolari nella valle del Belice dagli anni 50 a oggi (a cura di Cristina Alga e Rossella Schillaci); Raccolta di fotografie storiche e registrazione audio di storie di vita nei paesi del Belice (a cura di Antonia Giusino); Corso di progettazione di un sistema locale di turismo comunitario (a cura di LE MAT e ECO); Start up di di servizi per il turismo (a cura di ECO e Le MAT) da questo percorso è nata la cooperativa di servizi turistici ADACIU. Il progetto “Le terre che tremarono” è stato sostenuto da Fondazione per il Sud con il contributo di Provincia Regionale di Trapani ed è stato realizzato con le gente del Belice da: CRESM | CLAC – Centro Laboratorio Arti Contemporanee | LE MAT | ECO CULTURE E VIAGGI

1 | The project “Le Terre che tremarono” (The Lands that shakes) and the BELICE / EPICENTRO space represent a pilot model of territorial action, an area of culture and community involving local people in historical research in the enhancement of the intangible heritage, to create a culture of welcome. This is potentially a model for innovative management of cultural sites, creation and participation management of a territory / eco-museum. There were many activities developed in the two years of the project: Meetings on the land (by LE MAT and CRESM and, with the collaboration of partners and coordination of Saverio Ciaccio) | Video Workshops (ed. Rossella Schillaci) | Theatre Workshops (led by Alberto Nicolino in collaboration with Giulia Fiocca) | Writing Workshops (by Carola Susani) | Landscape Investigation Workshops (led by Maurizio Giambalvo, Linda Giusino, Simone Lucido and Complot_Videobase) | Catalog of video-interviews with witnesses of the working class mobilisations in the valley of Belice from the 50’s to today (edited by Cristina Alga and Rossella Schillaci) | Collection of historic photographs from private archives and audio recordings of stories of life in the Belize area (edited by Antonia Giusino) | Course and competitions for a system of local community tourism (headed by LEMAT and in collaboration with ECO) | Start up service cooperative for tourism (headed by the ECO and MAT ) this planning and training initiative working with young people of Belize, created ADACIU a cooperative, which offers the “slow discovery” of this natural area by trekking on foot, horseback or mountain bike, offering guides and hospitality. “Le terre che tremarono” was been supported by the Fondazione per il Sud with the Province of Trapani and it was made with the people of Belize by: CRESM | CLAC - Centro Laboratorio Arti Contemporanee | LE MAT | ECO Culture e Viaggi


cross section

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In questa pagina Immagini di repertorio delle mobilitazioni nella Valle del Belice Immagini dello spazio Belice/Epicentro della memora viva.


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, liverpool.il museo e la citta 3XN architects

Museo della Città di Liverpool Situato tra l’Albert Dock e Pier Head ed accanto a una serie di importanti edifici storici soprannominati ‘Le Tre Grazie’, il museo è collocato in un’area che è inserita nel patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Museum of Liverpool Located at the UNESCO World Heritage Site between the Albert Dock and the Pier Head, and next to a row of prominent historic buildings dubbed ‘The Three Graces’ the museum building is conceived as inclined or elevated platforms, gradually forming a sculptural structure. Fully accessible it will contribute to the public promenade

L’edificio è concepito come una serie di piattaforme inclinate e gradualmente elevate che formano una struttura scultorea; essendo completamente accessibile esso

flow along the Docks. Situated at the Pier Head, the museum will be visible from both the river and the city.

contribuirà ad intensificare il flusso della passeggiata pubblica lungo le banchine.

The nexus of the building, the central staircase is crucial to the mu-

Situato presso il Pier Head, il museo sarà visibile sia dal fiume sia dalla città.

seum, and during the design process it was studied thoroughly in

La scala rappresenta l’elemento centrale del Museo e durante il progetto è stata

sketches, 3-D renders, and in physical models. The atrium serves as

studiata in ogni dettaglio con schizzi, rendering 3-D e modelli fisici. L’atrio funge da

a public ‘living room’ as well as entrance lobby, providing connec-

‘salotto’ e da piazza pubblica e, come hall d’ingresso, offre un collegamento con gli spazi espositivi che sono distribuiti intorno ad esso.

tion to the exhibition spaces which are dispersed around it. The new Museum of Liverpool ambitions to become the World’s leading city history museum, showcasing social history and popular

Il nuovo museo di Liverpool ha l’ambizione di diventare il leader mondiale del proto-

culture and will look at Britain and the world through the eyes of

tipo di Museo di storia della città, mostrando la storia sociale e la cultura popolare

Liverpool. It is estimated that the new museum will attract at least

della Gran Bretagna e guardando il mondo attraverso gli occhi di Liverpool.

750,000 visitors on a yearly basis, and that Liverpool, with the Mu-

Si stima che il nuovo museo attirerà almeno 750.000 visitatori all’anno e che Liverpool, con il suo museo simbolo della rigenerazione urbana, sarà elevata al rango delle principali destinazioni turistiche europee. Inoltre l’edificio è anche un importante luogo che permette alle famiglie locali di conoscere la storia del proprio territorio. L’edificio è costruito con una attenzione alla sostenibilità a tutti i livelli, dalla fase di progettazione, alla fase della costruzione, alla scelta dei materiali fino agli aspetti che riguardano il mantenimento e la durata della struttura. [trad. Lucia Pierro/AF

seum as a symbol of the Liverpool’s ongoing regeneration, will be elevated into the front rank of European tourist destinations, as well as providing a brilliant place for local families to find out about their own history. The opening is scheduled for 2011.


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second floor/level 4 | 1:500

first floor/level 2 | 1:500

ground floor/level 1 | 1:500


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Museo della città di liverpool Progetto 3XN Architects Luogo Liverpool. Regno Unito Consulenti Schønherr, Buro Happold Collaboratori Architecture Project Committente National Museums Liverpool Superficie 12.500 m2 Foto Philip Handforth

3XN Architects è uno studio fondato nel 1986 a Aarhus da Kim Herforth Nielsen, Lars Frank Nielsen (partner fino al 2002) e Hans Peter Svendler Nielsen (partner fino al 1992). L’architettura di 3XN si distingue per l’approccio innovativo e la grande cura del dettaglio. Kim Hherforth Nielsen tiene corsi alla Royal Danish Academy ed alla Facoltà di Architettura di Aarhus;

Alle pagine 16 e 17 Vista aerea dell’intervento Una delle sale espositive Il fronte dall’acqua In queste pagine Vista laterale del museo Sezione longitudinale Il sistema delle connessioni verticali

è esaminatore esterno della Royal Danish Academy of Art ed ha tenuto numerose letture e conferenze alle Architect’s Associations di Oslo, Copenhagen e Stockholm, al Danish Steel Day e alla Associazione Danish Building. È stato giurato in numerosi premi e concorsi tra cui World Architecture Festival 2008; Architectural Review’s Awards for Emerging Architecture 2006; AA-competitions (Architect’s Association of Denmark); PAR’s Prize Committee dal 1996. Le architetture di 3XN hanno ricevuto numerosi premi come la casa a corte a Holstebro, la Casa degli Architetti a Copenhagen, il Museo del vetro a Ebeltof, l’Ambasciata danese a Berlino, il Muziekgebouw di Amsterdam. 3XN ha ottenuto numerosi numerosi premi e riconoscimenti internazionali tra cui i prestigiosi premi RIBA (2005, 2007, 2009), Mipim (2004, 2006). Inoltre lo studio ha vinto numerosi premi in concorsi internazionali. I progetti di 3XN sono pubblicati in tutte le principali riviste di architettura internazionale ed in vari volumi in Danimarca, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Germania, Italia, Francia, Germania, Norvegia. Nel 2007 3XN crea GXN, il dipartimento legato alla ricerca e allo sviluppo degli strumenti digitali, dei nuovi materiali in architettura e delle tecnologie ecosostenibili.


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REYKJAVIK.HARPA CONCERT CENTRE Henning larsen architects - Olafur eliasson

Sala da concerti Harpa Il progetto di Harpa Concert & Conference Centre a Reykjavik trae ispirazione dalle luci del nord e dal drammatico paesaggio islandese.

Harpa Concert & Conference Centre Harpa Concert & Conference Centre in Reykjavik gathers inspiration from the northern lights and the dramatic Icelandic scenery. Situated on the boundary between land and sea, the centre stands

Situato ai confini tra terra e mare, il centro si staglia come una grande scultura

out like a large, radiant sculpture reflecting both sky and harbour

luminosa che riflette il cielo, lo spazio del porto e la vita pulsante della città. Le

space as well as the vibrant life of the city. The spectacular facades

spettacolari facciate sono state progettate nella stretta collaborazione tra Henning

have been designed in close collaboration between Henning Larsen

Larsen Architects, l’artista danese-islandese Olafur Eliasson e le società d’ingegneria Rambøll ed ArtEngineering GmbH.

Architects, the Danish-Icelandic artist Olafur Eliasson and the engineering companies Rambøll and ArtEngineering GmbH from Germany.

Il Centro Congressi e Concerti è una costruzione di 29.000 m2, posta in un luogo

The Concert and Congress Centre of 29,000 m2 is situated in a soli-

solitario che offre una chiara visione del grande mare delle montagne circostanti

tary spot with a clear view of the enormous sea and the mountains

Reykjavik.

surrounding Reykjavik. The Centre features an arrival- and foyer

Il Centro ha un arrivo e una zona foyer nella parte anteriore dell’edificio, quattro sale nella zona centrale e un area privata con gli uffici, l’amministrazione, la sala prove e i camerini nella parte posteriore dell’edificio.

area in the front of the building, four halls in the middle and a backstage area with offices, administration, rehearsal hall and changing room in the back of the building. The three large halls are placed next to each other with public access on the south side and back-

Le tre ampie sale sono poste l’una accanto all’altra con accesso al pubblico sul lato

stage access from the north. The fourth floor is a multifunctional

sud e accessi privati per gli artisti da nord. Il quarto piano è una sala polifunzionale

hall with room for more intimate shows and banquets.

per spettacoli più riservati e banchetti.

Seen from the foyer, the halls form a mountain-like massif that

Viste dal foyer, le sale formano un massa che appare simile alle montagne di roccia basaltica, mentre sulla costa formano un netto contrasto con la facciata espressiva e aperta. Alla base, la più grande sala del Centro, la Concert Hall, rivela il suo interno come un centro di potenti forze. [trad. Marco Scarpinato/AF

similar to basalt rock on the coast forms a stark contrast to the expressive and open facade. At the core of the rock, the largest hall of the Centre, the Concert Hall, reveals its interior as a red-hot center of force.


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Harpa Concert & Conference Centre Progetto Henning Larsen Architects - Olafur Eliasson Luogo Reykjavik Collaboratori Batteriid Arkitekter Consulenti Landslag efh, ArtEngineering GmbH, Mannvit, Hnit Verkis and Rambøll, ARTEC Committente Austurnhofn TR – East Harbour Project Ltd. Superficie 29.000 m2 Foto OsbJÿrn Jacobsen Henning Larsen Architects, (1925), laureato alla Royal Academy of Fine Arts di Copenaghen, alla A.A. di Londra e al MIT di Boston. Ha insegnato alla Royal Academy of Fine Arts di Copenaghen, alla Princeton School e alla Yale School of Architecture. Laurea ad Honorem del Royal Institute of Technology di Stoccolma. Ha fondato l’Istituto di Architettura SKALA e istituito il Premio Henning Larsen. Nel 1959 fonda lo studio Henning Larsen Architects che oggi sviluppa progetti internazionali di uffici, sedi istituzionali, centri di ricerca e universitari, sale da spettacolo e masterplan. Henning Larsen Architects sviluppa soluzioni ecocompatibili e i suoi progetti sono sempre caratterizzati dalla creazione di spazi per la socializzazione. Solo per citare alcuni tra gli innumerevoli progetti della sua profiqua carriera, ricordiamo: Contemporary Arts Centre a Reykjavik; Biblioteca a Frederiksberg; Ampliamento della Gliptoteca Ny Carlsberg a Copenaghen; Centro Direzionale Nordea a Copenaghen; Ministero degli Esteri a Riyad; Masterplan dell’Università di Plymouth; IT University a Copenaghen; Opera House a Copenaghen; Università di Fisica e Astronomia a Stoccolma. Sin dall’esordio della sua carriera, partecipa e ottiene vittorie a concorsi di progettazione internazionali. Il suo lavoro é stato pubblicato in riviste internazionali e in volumi monografici ed é stato esposto in ogni parte del mondo. Olafur Eliasson, (1967) è un artista danese-islandese noto per sculture e installazioni di grandi dimensioni che usano la luce, l’acqua, l’aria. Nel 1995 ha fondato lo Studio Olafur Eliasson a Berlino, un laboratorio per la ricerca spaziale. Nel 2003 rappresenta la Danimarca alla 50° Biennale di Venezia e installa The Weather Project alla Tate Modern di Londra. Eliasson è impegnato in progetti nello spazio pubblico, tra cui il Green river, in varie città tra il 1998 e il 2001, la Serpentine Gallery Pavilion 2007 a Londra e The New York City Waterfalls, commissionato dal Public Art Fund (2008).

Alle pagine 42 e 43 Vista complessiva del Centro con il sistema di facciata in costruzione Immagini di dettaglio della facciata In queste pagine La Sala da concerti Harpa dalla piazza d’ingresso L’involucro esterno Piante dei livelli 1 e 2 Sezione longitudinale


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CORDOBA.MADINAT AL ZAHRA Nieto Sobejano Arquitectos

COmplesso Archeologico Madinat al Zahra La città araba spagnola di Madinat al-Zahra risale al X secolo, considerata come uno dei principali siti archeologici dell’inizio dell’Islam ne è certamente il più esteso e importante scavo europeo. Il museo di Madinat al-Zahra di Nieto Sobejano Arquitectos è costruito a ridosso degli scavi della città per accoglierne i principali reperti. Dinnanzi al magnifico paesaggio la scelta è quella di non costruire ma di comportarsi come farebbe un archeologo, realizzando non un nuovo edificio ma uno scavo, come se il tempo e il paesaggio avessero fino ad allora custodito gli spazi museali. Il progetto contempla la possibilità della crescita futura nei settori del museo e laboratori come se si trattasse di nuovi scavi. Il complesso museale è un’architettura perfettamente inserita nel luogo e nel paesaggio circostante. Articolato in una successione di spazi rettangolari composti da muri, patii e filari d’alberi, il museo richiama infatti un paesaggio più che un edificio. Concepito come una piastra molto bassa, in cui sono ritagliati tre grandi cortili, replicanti le corti di edifici archeologici, il museo, offre ai visitatori un percorso alternato attraverso spazi coperti e vuoti, memori della vicina città di Cordoba. I materiali scelti per il rivestimento delle superfici ricordano i muri di contenimento e le strutture provvisorie tipiche dei siti archeologici. La scelta ristretta dei materiali, la essenzialità delle superfici delle pavimentazioni e degli spazi, che si pongono in continuità con i resti archeologici, insieme alla umiltà con cui si inserisce nel paesaggio di ulivi circostante, rinforzano il messaggio che rappresenta. [trad. Lucia Pierro e Carmelo Vitrano/AF [English version on www.urukmag.it


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Complesso Archeologico Madinat al Zahra, Progetto Fuensanta Nieto, Enrique Sobejano, Miguel Ubarrechena Luogo Córdoba. Spagna Consulenti N.B.35 S.L. | Struttura Geasyt S.A. | Impianti Collaboratori Carlos Ballesteros, Pedro Quero, Juan Carlos Redondo Committente Junta de Andalucía. Consejería de Cultura Foto Fernando Alda

Fuensanta Nieto e Enrique Sobejano (nati a Madrid nel 1957) si laureano all’Escuela Técnica Superior de Arquitectura di Madrid e al Gsap Columbia University di New York. Attualmente insegnano alla Universidad Europea de Madrid e alla Universität der Künste di Berlino; entrambi sono visiting critic in numerose università e istituzioni culturali internazionali. Dal 1986 al 1991 sono redattori della rivista «Arquitectura», edita dal Colegio Oficial de Arquitectos de Madrid. Hanno all’attivo numerosi progetti, molti dei quali insigniti di premi, tra cui: Ampliamento del Rettorato Universitario di Vigo (1995); Sede della Junta Municipal di Madrid (1999); Ampliamento del Museo della Scultura a Valladolid (2000-07); Ampliamento del Museo di Moritzburg (2004-08); Centro tematico del vino a Logroño (2005) Museo interattivo della storia di Lugo (2007). I loro lavori, oggetto di numerose pubblicazioni, sono stati esposti, tra le altre sedi, alla Biennale di Venezia, alla Bienal Española de Arquitectura e al MoMA di New Jork. Ricevono il Prize Nike del Bundes Deutscher Architekten per l’estensione del Museo d’arte a Moritzburg (2010) e il Premio nazionale per la conservazione e restauro del patrimonio culturale per il Museo nazionale di scultura Colegio San Gregorio a Valladolid (2007). Nel 2010 Il progetto per il museo Madinat al-Zahra è tra i cinque vincitori del premio Aga Khan dell’Architettura.

In queste pagine Veduta dell’area archeologica Planimetria a scala territoriale Vista aerea I percorsi di accesso al complesso museale Lo spazio espositivo e il patio interno Sezioni


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From the series Men and Trees nunzio battaglia

Bangkok, 2006. www.nunziobattaglia.it


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