Pocket Salute - Edizione Roma - Dicembre 2010

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Il primo free-press del benessere - Anno II n°4 Dicembre 2010 Con il Patrocinio della Provincia di Roma e della Regione Lazio reg. trib.di Pescara n.24/08 del 7/11/2008

LA GUIDA MENSILE DEDICATA AL TUO BENESSERE

edizione Roma

Dicembre 2010

disturbi del sonno le regole contro l’insonnia

camouflage

i segni che si vogliono nascondere

pressione arteriosa

differenze e cause della variabilità

papilloma virus fate il vaccino anti HPV

balbuzie

i modelli comportamentali

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speciale Malattia di Parkinson: sintomi, diagnosi e terapia

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solidarietà in primo piano ABIO - Associazione per il Bambino In Ospedale Promuove l’umanizzazione dell’ospedale e sdrammatizza l’impatto del bambino e della sua famiglia con le strutture sanitarie. www.abioroma.org AIPD - Associazione Italiana Persone Down L’Associazione non ha fini di lucro e vuole essere soprattutto un punto di riferimento per le famiglie, gli operatori socio-sanitari e della scuola che si occupano di questo handicap. www.aipd-roma.it ALZHEIMER Roma L´Associazione persegue la missione di offrire sostegno alle famiglie con un malato di Alzheimer. Collabora con Istituzioni sanitarie e accademiche, sia nazionali che locali. www.alzheimeroma.it ANFFAS Roma Onlus L’Associazione si propone di assicurare il benessere e la tutela delle persone con disabilità intellettiva e relazionale e delle loro famiglie, operando primariamente per rendere concreti i principi della pari opportunità, della non discriminazione e della inclusione sociale. www.anffasroma.it Il Sorriso di Beatrice ONLUS L’Associazione nasce con l’intenzione di trasformare un evento tragico quale è stato la scomparsa di Beatrice in motivo di gioia e speranza per tutti coloro che vivono la drammatica esperienza della malattia oncologica. www.ilsorrisodibeatrice.com UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare Onlus Scopo essenziale è difendere i diritti e migliorare la qualità di vita di tutte le persone affette da malattie rare. La Federazione fa parte di un Network Europeo di tredici Alleanze Federative Nazionali tra associazioni di pazienti di altrettanti Paesi della Unione Europea. www.uniamo.org

editoriale del mese Cari Lettori, il Natale è alle porte e fervono i preparativi per le feste: addobbi, regali e, soprattutto, dolci tentazioni, specie per i più piccoli. Ebbene sì, da una ricerca condotta dalla Leeds Metropolitan University, diretta dal dottor Paul Gately e pubblicata dal “Daily Telegraph”, emerge un monito preoccupante: “Genitori, state attenti a cosa mettete in tavola. Durante le feste di Natale, gli eccessi culinari portano ai bambini fino a 6000 calorie, 4 volte la quantità consigliata”. Il quadro tracciato da Gately e compagni è quello di un troppo alimentare. Il tipico pranzo natalizio, infatti, include tacchino arrosto, patate al forno, e vari tipi si salsicce. Il tutto innaffiato da salse e condimenti vari. Considerando l’insieme si arriva così facilmente a 956 calorie e 48 grammi in più. Se poi “Aggiungete i classici dessert di Natale, colazione e altre merende, raggiungerete un livello calorico estremamente superiore al livello raccomandato per ragazzi e bambini” spiega il dottor Gately. I bambini sono i più vulnerabili: “6000 calorie sono più’ di due volte la razione giornaliera raccomandata per i ragazzi tra i 15 e i 18 anni, e addirittura quattro volte quella raccomandata per le bambine fino ai 5 anni”. Anche gli adulti devono però stare attenti: il massimo consigliato, infatti ammonta a 2.775. “I pranzi pantagruelici sono tipici di Natale, ma non sono seguiti da un corretto smaltimento delle calorie in eccesso. Chi ingrassa durante le feste potrebbe metterci settimane o mesi a smaltire il grasso in eccesso, oppure non potrebbe liberarsene mai”, conclude pessimista Paul Gately. Insomma, godiamoci queste feste senza rinunciare alla tradizione culinaria delle nostre nonne e mamme ma proviamo semplicemente ad utilizzare condimenti meno grassi e a ridurre le singole porzioni e, soprattutto, regaliamoci delle belle passeggiate con i nostri bambini o una divertente gita in montagna. Buon Natale a tutti Voi, Serena Zimuel, Direttore Editoriale

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psicologia trova-facile: guida alla psicologia 06

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la Malattia di Parkinson Rivista gratuita mensile Edizione Pescara-Chieti Reg. Tribunale di Pescara n.24/08 del 7/11/2008 reg. ROC n.18668

la scuola incontra la salute

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i costi sociali dei malati di ictus

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salute la variabilità della pressione

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umore nero? carenza di sole...

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la gestione integrata del diabete 27

benessere

Direttore responsabile Daniele Giangiulli redazione@pocketsalute.it

trova-facile: guida al benessere

Direttore editoriale Serena Zimuel serena.zimuel@pocketsalute.it Redazione: Roberta Armentano, Giovanna Filoso, Valentina Peter, Simona Piccirilli

antibiotici e loro uso

Direttore commerciale Giulia Mincarini giulia.mincarini@pocketsalute.it Editore, Redazione e Pubblicità Editore POCKET IDEA s.rl. Via Cavour 4/2, San Giovanni Teatino (CH) Infoline: 085 4460163 www.pocketidea.it Foto e illustrazioni © 2010 Microsoft Office Online, © 2010 Fotolia, © 2010 iStockphoto © Proprietà letteraria riservata. E’ vietata la riproduzione, anche parziale, di testi, immagini o disegni pubblicati, senza l’autorizzazione scritta della Direzione e dell’Editore. Le opinioni degli autori impegnano la loro responsabilità e non rispecchiano necessariamente quelle della Direzione della rivista. All’interno dei contributi possono essere citati nomi di prodotti, anche farmaceutici, pubblicati nel rispetto delle opinioni degli autori e per completezza d’informazione sui temi trattati.

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strutture residenziali per anziani 39 43

bellezza una ricca insalata di salute

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trova-facile: guida alla bellezza

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segni che si vogliono nascondere 45

sesso il cibo della gravidanza

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trova-facile: guida alla sessualità 56 fate il vaccino anti HPV Pocket Salute, Roma con il patrocinio di:

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guida pratica alla psicologia

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superare la balbuzie Prof. Marco Santilli

Associazione Italiana La Nuova Parola

Via Cavour 4/2, San Giovanni Teatino (CH) N° verde: 800 090732 Cell. 340 8671477 Sito web: www.marcosantilli.it moltiplicatore si annida nella relazione con i genitori favorito principalmente dalla distanza comunicativa disfluente/genitori: la relazione è rifiutata perché il genitore non riesce a considerare le richieste emotive/ relazionali del ragazzo disfluente. Questo capita nella maggior parte dei casi dove la condizione familiare presenta delle carenze tra i coniugi stessi.

BALBUZIE E MODELLI COMPORTAMENTI FAMILIARI IAlcuni stili educativi dei genitori possono avere funzioni moltiplicative nella balbuzie in quanto possono sviluppare ansia di prestazione nei figli. L’interazione genitore-figlio è rilevante nello sviluppo di una disabilità del parlato come la balbuzie. E’ importante nella gestione delle emozioni, nello sviluppo dell’autostima, nel percorso di crescita del proprio “io” e nel rapporto con i coetanei e i futuri partner. Modello dell’attaccamento insicuro. Il bambino disfluente risente molto di tale modello i quanto assorbe forti emozioni di separazione e notevoli difficoltà nella fase di esplorazione del mondo circostante. La causa di ciò è da ritrovarsi nel comportamento genitoriale “non coerente” rispetto alle domande e agli atteggiamenti del ragazzo disfluente. Il genitore alterna momenti di grande vicinanza, durante i quali rende il ragazzo sereno, ad altri nei quali manifesta assenza, non disponibilità o impazienza. Modello dell’attaccamento insicuro-evidente. Si riconosce un bambino disfluente quando mostra un atteggiamento oppressivo e rabbioso. In tal caso l’effetto

Modello relazionale disorientante nelle regole affettive. Il ragazzo disfluente non riesce ad avere relazioni affettive e comunicative fino in fondo data la figura genitoriale molto attaccata a sè stessa e alle proprie problematiche. Il comportamento di ricerca dell’attenzione da parte dei genitori porta il ragazzo a sperimentare modelli disorganizzati e antigeni di relazione con i genitori stessi. Modello dell’attaccamento sicuro. La disponibilità comunicativa della coppia genitoriale con il ragazzo balbuziente non deve essere vista come una presenza soffocante, morbosa, assillante. E’ necessario sviluppare l’autonomia attraverso accessibilità e affidabilità che si manifestano con un accudimento tranquillizzante di ansie e paure ma ponendosi un “pò più lontano” dal figlio rispetto alla sua esplorazione del mondo circostante. La persona disfluente sviluppa in questo modo autostima e sicurezza che viene poi trasferita nel mondo emotivo-verbale riuscendo a sbloccare la fluenza motoria ed esplorativa del mondo comunicativo. Un modello di rapporto familiare genitorefiglio che sviluppi senso di autostima, autonomia e forza emotiva, può abbassare il livello di disfluenza motoria e psicologica. Questi modelli affettivorelazionali incidono sulla disponibilità del parlato di un ragazzo e modulano l’ansia di prestazione verbale.

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a cura della redazione

Valentina Peter

IL DOLORE DELL’OTALGIA

L’otalgia è una forma di dolore che colpisce il padiglione auricolare. Può presentarsi in forma acuta e continua o espandersi dall’orecchi alla testa e il collo.

Dolori particolarmente forti sono causati dalla più grave forma di otite acuta, detta otite purulenta.

Le cause possono essere principalmente due: lesioni infiammatorie localizzate in parti come faringe, laringe o cavo orale, oppure nevralgica.

L’otite si può formare in qualsiasi momento; può comparire come conseguenza di un colpo d’aria o in caso di male compensazione durante un’immersione subacquea.

L’otalgia provocata da un’otite esterna è, generalmente, molto fastidiosa, ma meno intensa di quella provocata da un’otite media. Quest’ultima provoca un’otalgia intensa, continua e sorda, tanto da togliere il sonno. Al dolore di orecchio sono associati l’ipsacusia (diminuzione dell’udito), l’otorrea (pus nella porzione esterna dell’orecchio) e il prurito. L’otalgia può essere auricolare, ossia associata all’orecchio o non auricolare, ossia secondaria ad una malattia di un organo lontano dall’orecchio. Processi patologici, che non interessano direttamente l’orecchio, possono determinare un dolore auricolare in modo riflesso o per irritazione di rami nervosi; ad esempio in caso di faringiti, tonsilliti o carie dentaria.

Nei lattanti il pianto e l’inappetenza sono due segni importanti. La causa più comune di otalgia nei bambini, l’otite media acuta, richiede un’immediata visita medica e un’adeguata terapia antibiotica per prevenire delle sequele gravi. Nel bambino più grande e nell’adulto, l’otalgia si presenta come dolore acuto e insistente, che si accentua con la deglutizione, la masticazione, i movimenti del capo e la posizione sdraiata. L’otalgia può essere curata mediante preparati analgesici o anestetici locali oppure mediante antinfiammatori. E’ fondamentale consultare un medico o uno specialista.

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Giovanna Filoso, fonte: http://www.ordinemediciroma.it

a cura della redazione

IL MONDO DELLA SCUOLA INCONTRA QUELLO DELLA SALUTE Successo a Roma per i due giorni di confronto fra il mondo della salute e della scuola presso il ministero della Salute. Oltre 200 rappresentanti regionali e operatori si sono confrontati su quanto è stato fatto e quanto ancora occorre fare per promuovere stili di vita sani fin dai banchi di scuola. “Guadagnare salute” è una strategia nazionale per la prevenzione delle malattie croniche che mira a creare le di ‘guadagnare’ autonomia di giudizio, capacità di scelta, condizioni che consentano ai cittadini di “guadagnare” rispetto e amore per la vita. I protagonisti del progetto stili di vita sani. sono stati gli studenti e il loro benessere. Per raggiungere questo obiettivo si punta a campagne informative e allo sviluppo di processi di ricerca e di azioni congiunte da parte della scuola e della sanità, una strategia che è stata alla base del progetto. “La prevenzione - ha spiegato Fazio - è fondamentale che venga messa in opera e insegnata a partire dai giovani e dai giovanissimi. Dobbiamo prendere consapevolezza che l’Italia avrà una sempre maggiore percentuale di anziani, per questo dobbiamo puntare al massimo sull’educazione delle nuove generazioni. Potremo così allontanare il più possibile il rischio di insorgenza di malattie quando i piccoli di oggi saranno anziani. Mi impegnerò per far sì che questa materia venga inserita nei piani di studi scolastici. La scuola è un anello fondamentale per arrivare a bambini e famiglie e promuovere stili di vita sani”. E’ in quest’ottica che si pone la specificità del progetto “Scuola e Salute”, che è frutto di una collaborazione interistituzionale. Questo processo ha consentito di migliorare l’integrazione sanità-scuola per la promozione della salute, attraverso la condivisione di metodi e strategie, favorendo l’azione congiunta a livello territoriale, anche attraverso il trasferimento di buone pratiche per creare condizioni che consentano ai bambini e agli adolescenti

È stato presentato il volume che raccoglie l’esperienza del progetto “Scuola e Salute” e un kit per insegnare ai bambini la corretta igiene orale fra i banchi di scuola, realizzato nell’ambito del progetto. Il volume non è un manuale che detta regole o stabilisce comportamenti, ma la descrizione e la raccolta di un percorso. Il lavoro raccoglie nella prima parte i contributi sul sistema integrato e sulle buone pratiche, passando dallo scenario internazionale per giungere al territorio locale. Nella seconda parte, il testo descrive ciò che sta avvenendo nelle Regioni italiane, con diversi contributi da ogni parte del Paese. La terza parte raccoglie le buone pratiche che sono state sperimentate a livello nazionale. Si chiama “i-Denti-kit”, invece, lo strumento distribuito durante l’incontro per l’insegnamento dell’igiene orale fra i più piccoli. Composto da materiali didattici di vario genere, poster, spartiti e cd con canzoni sul tema e un mini-sussidiario per gli alunni, è stato pensato proprio per evocare l’importanza dei denti.

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guida pratica alla salute

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oncologia Dott. Sergio Del Bianco Specialista in Oncologia

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TUMORE MAMMARIO: MENO CHEMIO CON IL TEST GENETICO La prognosi delle pazienti con tumore mammario è decisamente migliorata negli ultimi anni. Quando la malattia viene diagnosticata in fase iniziale, oltre il 70% delle pazienti può andare incontro a guarigione. Fino ad oggi, per definire il rischio di ri-ammalarsi, non esisteva un metodo molto preciso: venivano considerati alcuni parametri non sempre attendibili, in quanto non costantemente riproducibili (Recettori ormonali, indici di proliferazione, etc.). E’ stata la possibilità di monitorare l’attività di 70 specifici geni, identificati nell’ ambito dell’ intero genoma, che ha finalmente permesso di identificare (differenziando le pazienti tra “alto rischio” e “basso rischio”), quelle passibili di un trattamento più aggressivo (Chemioterapia). Questo Test (Mammaprint®), partendo da un campione di tessuto tumorale, con l’ ausilio di veri e propri “chip” genetici (i DNA-microarray), è in grado di realizzare un profilo di espressione genica (Genetic signatur) con cui è possibile classificare il tumore con un elevatissimo grado di attendibilità. In tal modo, collocando più precisamente un numero meno elevato di pazienti ad “alto rischio” – 60% contro 85% - espone un 25% in meno di donne operate di tumore mammario, al rischio di una chemioterapia

post-operatoria, con le conseguenti importanti tossicità a breve, medio e lungo termine. Il Mammaprint®, eseguito sul campione inviato dal Patologo al momento delle preparazioni Isto-Patologiche, viene effettuato dai Laboratori di Agendia® (Amsterdam), ed è stato sviluppato in stretta collaborazione con l’Istituto Nazionale dei Tumori Olandese. Al momento, il test è effettuabile anche in Italia, ma non viene ancora erogato dal nostro S.S.N. Casa di Cura “Villa Mafalda” Via Monte delle Gioie 5 - 00199 Roma Casa di Cura “Madonna della Fiducia” Via Cesare Correnti, 5/6 - 00179 Roma

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Fonte: Ministero della Salute www.salute.gov.it

a cura della redazione

Guida per le famiglie alla cura del neonato (parte 2) Perchè piange? Il pianto è una forma di comunicazione del neonato: è importante imparare ad ascoltarlo. Nelle prime settimane di vita del vostro bambino potreste sentirvi in difficoltà nel sentirlo piangere. E’ normale. Proverete a dargli da mangiare, a cambiargli il pannolino, a cullarlo e non riuscirete a consolarlo. Magari ha solo voglia di stare tra le vostre braccia e di essere coccolato a lungo. Ha passato 9 mesi stretto dentro l’utero e sentirsi quasi senza confini può dargli una sensazione spiacevole di disorientamento che lo fa piangere. A volte il pianto vi potrà sembrare diverso. Tali cambiamenti possono essere segno di stanchezza o forse dovuti al fatto che non sta bene. Se quindi pensate che possa essere malato, non esitate a consultare il pediatra. Ciuccio: si o no? Il ciuccio può essere utile per tranquillizzare il bambino, però sappiate che, soprattutto nelle prime settimane, potrebbe ostacolare l’allattamento al seno. Perciò, se deciderete di usarlo, aspettate che il piccolo abbia almeno un mese di vita, quando ormai l’allattamento dovrebbe essersi stabilizzato in maniera completa. Il ciuccio dovrebbe essere dato al bambino quando viene messo a dormire e, una volta addormentato, tolto dolcemente. Se lo rifiuta, non forzatelo. Non ricoprite il ciuccio di sostanze dolci: in particolare evitate il miele per tutto il primo anno perché potrebbe favorire lo sviluppo di pericolose infezioni. Il ciuccio inoltre deve essere pulito spesso e anche sostituito con una certa regolarità. Fintanto che il lattante succhia esclusivamente latte materno al seno oppure utilizzi altri alimenti attraverso il biberon, è bene provvedere anche alla sterilizzazione del ciuccio più volte al dì. Ha il singhiozzo, perchè? Il singhiozzo, nei primi 2-3 mesi, è molto frequente, soprattutto dopo la poppata. Non preoccupatevi. E’ un disturbo ben sopportato dal piccolo che si risolve da solo. Dura pochi minuti e spesso si esaurisce con

l’emissione di un ruttino. Tra le cause scatenanti del singhiozzo si ipotizzano la voracità o l’eccessiva distensione dello stomaco, che può essere evitata attaccando bene il piccolo al seno in modo che con la bocca afferri tutta l’areola mammaria e facendogli fare le pause che lui o lei richiede. E’ normale che vomiti? Il vomito di poche cucchiaiate di latte é un rigurgito. E’ generalmente un piccolo disturbo che non compromette il buono stato di salute. Se dovesse ripetersi molto spesso nella giornata, rivolgetevi al pediatra per valutarne l’influenza sulla crescita. Ma quanto deve dormire? L’alternanza del sonno e della veglia è un bisogno elementare del neonato e può essere molto influenzata dai vostri comportamenti. Anche se la poppata non comporta una notevole fatica per il neonato, soprattutto nelle prime settimane di vita, è naturale che dopo aver mangiato il piccolo si addormenti. Nei primi giorni le richieste di latte possono essere molto variabili e anche gli orari. Appena però la quantità di latte succhiato diventa adeguata ai bisogni del bambino, si instaura un buon ritmo sonno veglia. La qualità e la durata del sonno dipendono soprattutto dai pasti, ma non solo. Sono importanti anche le condizioni ambientali. Il bambino si addormenta infatti più facilmente se sono rispettati e soddisfatti i suoi bisogni di base: se la fame è soddisfatta, se la temperatura è adeguata, se l’ambiente è tranquillo e senza rumori, se è coccolato. Invece, quando ormai succhia bene al seno le poppate troppo frequenti possono interferire con il ritmo sonno veglia. La poppata infatti, per quanto possa essere gratificante per il bambino, anche come contatto con la mamma, è comunque una fatica che richiede poi un successivo riposo. E le colichette? Coliche gassose: fino a 3 mesi il bambino può piangere per la presenza dell’aria nella pancia. Sarà utile metterlo pancia in giù sul proprio braccio.

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a cura della redazione

A.L.I.Ce. Italia Onlus

indagine sui costi sociali dei malati di ictus - parte 1° “One in Six”: 1 persona ogni 6 secondi, nel mondo, indipendentemente dall’età o dal sesso, viene colpita da ictus. In Italia, ogni giorno, l’ictus colpisce circa 660 persone. “Ciò che emerge nella popolazione, purtroppo, è la scarsa conoscenza di cosa sia un ictus, come si manifesti e quanto sia importante il ricovero in ospedale il prima possibile – afferma la professoressa Maria Luisa Sacchetti – Presidente della Federazione A.L.I.Ce. Italia Onlus e neurologa vascolare presso l’Azienda Ospedaliera del Policlinico Umberto I di Roma. E’ dunque fondamentale realizzare campagne informative, che coinvolgano anche le fasce più giovani della popolazione, che veicolino le informazioni sull’ictus nella maniera più corretta, mettendo le persone in grado di gestire questo aspetto della propria salute senza inutili allarmismi, ma anche con la necessaria serietà”. In occasione della Giornata Mondiale contro l’Ictus Cerebrale, A.L.I.Ce. Italia Onlus presenta i primi risultati dell’indagine condotta sulla conoscenza dell’ictus ed i costi che gravano sui malati di ictus cerebrale, realizzata da A.L.I.Ce. Italia Onlus in collaborazione con il Censis e l’Università degli Studi di Firenze, all’interno del progetto “Promozione dell’assistenza all’Ictus Cerebrale in Italia” finanziato dal CCM – Ministero della Salute. L’indagine è stata condotta per quantificare i costi che devono sostenere le famiglie in cui vive una persona con disabilità legata all’ictus ed ha analizzato i bisogni di assistenza e supporto delle persone colpite da questa malattia, insieme con i costi che vengono sostenuti dalle famiglie dei pazienti. Sono stati intervistati circa 600 familiari di pazienti con disabilità legata all’ictus, residenti su tutto il territorio nazionale. Inoltre, su un campione di circa 1000 persone - rappresentative della popolazione italiana - sono state eseguite interviste telefoniche sul grado di conoscenza dell’ictus cerebrale, dei sintomi d’esordio, delle sue cause, delle sue conseguenze e delle cure attualmente disponibili. L’indagine Censis ha messo in luce come l’ictus rimanga ancora, per moltissimi italiani e in particolare

per i più anziani, una patologia quasi sconosciuta: il 77,0% pensa di sapere cos’è, ma tra loro è solo il 55,8% ad identificarlo correttamente come una malattia del cervello, mentre il 14,2% ritiene che sia un tipo di infarto cardiaco, e l’11,6% lo considera una malattia del sangue. I sintomi specifici dell’ictus vengono identificati con maggior precisione, ed è infatti il 68,7% a indicare l’improvvisa paralisi di un lato del corpo come uno di essi, mentre il 58,8% fa riferimento all’improvvisa difficoltà a parlare o a comprendere quello che ci viene detto, ma solo l’11,0% riconosce nel problema di vista o cecità improvvisa un sintomo dell’ictus. “E’ però soprattutto la mancata conoscenza dell’importanza enorme che possono avere l’instaurazione tempestiva della trombolisi (il 26,2% sa cos’è) e l’invio ad una stroke unit (è appena il 15,0% a sapere di cosa si tratta) a costituire un dato preoccupante – dichiara la Dottoressa Ketty Vaccaro, Responsabile Welfare e Salute del Censis - dal momento che si tratta di misure terapeutiche che possono ridurre in modo decisivo i danni dell’ictus”. Per quanto riguarda lo studio condotto sui pazienti grazie alla mobilitazione sul territorio di A.L.I.Ce. Italia Onlus, i dati hanno messo in luce soprattutto come il carico assistenziale ricada soprattutto sulle famiglie: i caregiver (i parenti prossimi che si occupano dei pazienti, per la maggior parte la moglie o una figlia) convivono con i pazienti nel 66,2% dei casi, comunque li vedono per 6,6 giorni a settimana, e prestano mediamente loro 6,9 ore al giorno di assistenza diretta. “L’impatto dell’assistenza sulla loro vita – ribadisce la Vaccaro – è assolutamente dirompente: il 55,7% non ha più tempo libero e nel 77,8% dei casi indicano che la qualità della loro vita è peggiorata, o molto peggiorata, a causa dell’onere assistenziale. Il 72,1% si sente stanco, e uno su quattro (il 24,8%) soffre di depressione”. Tutte le informazioni sulle singole iniziative regionali previste in occasione della Giornata Mondiale sono inserite sul sito: www.aliceitalia.org

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prevenzione cardiovascolare Prof. Claudio Di Veroli

Specialista Nefrologo, Esperto di Ipertensione Arteriosa

Casa di Cura “San Domenico” Piazza Sassari, 5 Roma Tel. 06 44230851

LA VARIABILITà DELLA PRESSIONE ARTERIOSA UN FENOMENO POCO CONSIDERATO Le persone che da poco hanno compiuto un’attività oppure si trovano in uno stato di tensione emotiva (ansia, cefalea, fuoriuscita di sangue dal naso ecc.), possono rilevare alla misurazione della pressione arteriosa valori più elevati (circa 10-20 mmHg), rispetto ad altri momenti. In questi casi la variabilità della pressione è legata prevalentemente al sistema nervoso autonomo che accresce la portata cardiaca (attività del cuore) e le resistenze periferiche. E’ lo sforzo o il “vivere un pericolo” che possono indurre un riflesso di difesa (reazione d’allarme) con amplificazione più o meno marcata delle risposte dell’organismo, specialmente nei soggetti ipertesi o in coloro predisposti all’ipertensione. Si tratta di una variabilità che a suo tempo definimmo addizionale o aggiuntiva e che deve essere, ovviamente, “scorporata” da quella reale o basale del soggetto. Tale distinzione si effettua con più misurazioni pressorie, prese anche in giornate diverse, in modo da poter eliminare o ridurre il riflesso di difesa. Questo è ben visibile in un tracciato dei valori pressori delle 24 ore: la pressione si colloca nei limiti considerati normali (a differenza dell’iperteso che si pone sempre su valori francamente patologici), ma spesso durante le vicende giornaliere può uscire da detti limiti normali per poi rientrarvi. Considerare la pressione addizionale quando si imposta la terapia antiipertensiva significa “costruire” un trattamento

su di un “artefatto pressorio”. Conseguenza importante potrebbe essere un’ipoperfusione (ridotta perfusione) agli organi, ponendo così le basi per alcune forme morbose (TIA, trombosi cerebrale, angina pectoris, infarto del miocardio ecc.). Infatti, è vero che in alcuni momenti la pressione tende ad essere elevata (pressione arteriosa addizionale), ma è anche certo che quando lo sforzo o la situazione emotiva si riducono o terminano la pressione tende a tornare su valori più bassi (pressione arteriosa basale per quel soggetto). Questi, se elevati, sono i valori per programmare il trattamento antiipertensivo! Da qualche anno, con la misurazione della pressione arteriosa nelle 24 ore, sono state identificate: L’IPERTENSIONE DA CAMICE BIANCO o IPERTENSIONE CLINICA ISOLATA Nel 15% circa della popolazione si verifica un incremento della pressione quando è valutata in ambiente sanitario, mentre risulta normale quando viene misurata nella propria casa. La variabilità dei valori pressori probabilmente è il risultato dell’alto valore emotivo dato alla visita (reazione d’allarme). Si può associare a danni cardiovascolari e/o ad alterazioni metaboliche (diabete, dislipidemia ecc.) con una frequenza però inferiore all’iperteso ormai stabilizzato. L’IPERTENSIONE MASCHERATA Condizione opposta è quando il soggetto presenta una pressione normale dal medico, mentre risulta elevata presso il proprio domicilio. Pure in questo caso l’incidenza è circa del 15% ed è stato anche dimostrato un maggior danno cardiovascolare e metabolico, rispetto alle persone con pressione arteriosa nei limiti. Prof. Claudio Di Veroli Responsabile del “Centro dell’Ipertensione Arteriosa e delle Malattie Metaboliche e Renali” Casa di Cura “San Domenico” - Roma

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scienze cardiovascolari Prof. Francesco Ciciarello

CENTRO CCSVI Dipartimento di Scienze Cardivascolari, Respiratorie, Nefrologiche e Geriatriche

“Sapienza” Università di Roma Policlinico “Umberto I” Tel. 06 49979001 strettamente correlata alla sclerosi multipla, se non addirittura la causa stessa. I recentissimi dati scientifici prodotti dall’equipe del Prof. Zamboni mostrano come attraverso un’angioplastica venosa di tali malformazioni, è possibile modificare sensibilmente il decorso della sclerosi multipla e migliorare significativamente le condizioni cliniche ed il decorso della malattia.

PRESENTAZIONE CENTRO CCSVI La sclerosi multipla è nota per essere una grave malattia cronica del sistema nervoso centrale, di origine autoimmune, progressivamente invalidante, con evoluzione imprevedibile. Ad oggi gli approcci terapeutici si basano sulla necessità di porre un freno ad un sistema immunitario che attacca la guaina mielinica, che ricopre gli assoni neuronali, creando lesioni (le famose placche cerebrali) che, con il passare del tempo, possono creare danni irreversibili. Tale prospettiva è stata da poco integrata da una nuova scoperta: la cosiddetta “big idea” del Prof. Zamboni, Direttore del Centro Malattie Vascolari dell’Università di Ferrara, che è passata dall’essere una semplice teoria, ad affermarsi come una delle più sconvolgenti scoperte degli ultimi anni. Essa nasce dalla constatazione che, su quasi tutti i soggetti studiati con EcoColorDoppler affetti da sclerosi multipla, è stata rilevata la presenza di una malformazione delle vene principali del collo che fanno defluire e drenano il sangue dal cervello verso il cuore. Tali malformazioni venose determinano una insufficienza venosa cronica cerebro spinale (CCSVI) cioè una stasi del ritorno venoso ed attraverso uno stravaso (come succede anche nella ipertensione venosa distrettuale degli arti inferiori), creano degli accumuli ferrosi che, riconosciuti come tossici dall’organismo, attiverebbero la risposta del sistema immunitario. Tutto questo lascia ritenere che tale condizione circolatoria, definita con acronimo CCSVI, sia

Il Dipartimento di Scienze Cardio-Vascolari, Respiratorie, Nefrologiche e Geriatriche della Sapienza, Roma, Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare diretta dal Prof F. Fedele, nell’ottica di ampliare la propria area di emodinamica diagnostica ed interventistica cardio-vascolare, ha deciso di attivare un centro di diagnostica e terapia della CCSVI. Tale metodica è innovativa a livello mondiale e consta di un momento diagnostico con ultrasuoni e trattamenti endovascolari di angioplastica venosa per i soggetti affetti da CCSVI studiati secondo metodica Zamboni. Il centro CCSVI della nostra Scuola afferisce alla UOD Diagnostica Cardiovascolare Non Invasiva diretta dal Prof. Luciano Agati e vede l’attività del Prof. Francesco Ciciarello e la consulenza del Prof. Sandro Mandolesi. Tale centro va a colmare un’aspettativa sia diagnostico che terapeutica, presente a livello sociale, nell’ottica del completamento formativo ed assistenziale del Dipartimento e tenuto conto dell’impatto sanitario della patologia (circa 60.000 soggetti in Italia e 6000 circa nella nostra regione), con costi sociali attualmente elevatissimi. Lungi da noi il creare false aspettative, desideriamo contribuire ad aumentare le evidenze a favore dell’ipotesi Zamboni e speriamo che l’introduzione di questo trattamento di angioplastica venosa in Day Hospital diventi una punta di diamante sia per l’aspetto scientifico che assistenziale del nostro Dipartimento e della nostra Università.

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a cura della redazione

Roberta Armentano

Umore nero? Carenza di…sole

Piove, fa freddo, tira vento e proprio non abbiamo voglia di uscire. E non è colpa del caos pre-natalizio che si crea per strada, con la gente che affolla il centro e i negozi alla ricerca dei regali per tutti, perché questa nostra “apatia” è presente già da qualche settimana. Probabilmente risentiamo del cambiamento climatico più di quanto crediamo. Che le giornate di pioggia siano motivo di fastidio è facilmente intuibile: il traffico romano è ancora più congestionato, pozzanghere ovunque, dobbiamo rinunciare allo scooter per gli spostamenti e se siamo a piedi attraversare un incrocio è come guadare un torrente. Se non dobbiamo uscire per lavoro, la pioggia ci costringe in casa, ad una reclusione forzata. Eppure non è solo la pioggia ad influenzare il nostro umore; anche la luce solare gioca un ruolo importante. Con l’arrivo dell’inverno le giornate diventano più brevi, abbiamo a disposizione meno ore di luce e ci sentiamo infastiditi, privi di vitalità, stanchi, con difficoltà a mantenere la concentrazione. Il malumore di questo periodo dell’anno è conosciuto come depressione stagionale o, come la definiscono gli specialisti, SAD (Seasonal Affective Disorder) che in inglese significa “triste”. La causa, come dicevamo, è legata alla luce solare che influenza il nostro buon umore; il motivo è scientifico.

La luce naturale induce la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore che incide sul sonno, sull’umore, sull’appetito, sulla voglia di socializzare. Secondo i ricercatori la mancanza di ore di sole è da considerare una delle cause dell’elevata percentuale di persone depresse nelle popolazioni del nord Europa, dove gli inverni sono più lunghi e poco assolati. Alla nostra meteoropatia, comunque, c’è rimedio, si tratta di avere un po’ di pazienza: tra un acquazzone e l’altro Roma regala sempre delle giornate di sole che meritano di essere godute trascorrendo un po’ di tempo fuori casa. E poi l’alimentazione, anche in questo caso, è un’alleata. Sicuramente in questo periodo siamo molto più golosi, sempre alla ricerca di qualcosa di dolce, sarebbe meglio però non cedere di frequente a questa tentazione (soprattutto se non vogliamo spiacevoli sorprese la prossima volta che saliamo sulla bilancia), concediamoci uno spuntino, meglio se a base di frutta e consumiamo verdure di stagione e cereali più spesso durante i pasti. Un altro aiuto può arrivare dalla fototerapia (terapia della luce) che consiste nell’esposizione quotidiana a speciali lampade artificiali con diverse gradazioni e intensità luminose.

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dialisi peritoneale Prof. Gaspare Elios Russo Specialista in Nefrologia

A.N.Di.P. “Enzo Siciliano” Onlus Segreteria: Tel. 06 49974293 Cell. 334 1883466 Sito web: www.andip.org

LA DIALISI PERITONEALE (DP) IN ETà GERIATRICA La popolazione anziana è in costante aumento. Più del 68% della popolazione con un’ età superiore ai 65 anni presenta una patologia cronica, con un 30%, circa, che è affetto da oltre tre patologie croniche (comorbidità). L’età media della popolazione in trattamento dialitico è superiore ai 70 anni. In un 30% della popolazione sopra i 65 anni l’età è semplicemente un fatto anagrafico ( “anziani giovani”). L’inizio della vecchiaia, oggi, coincide con quella che è chiamata la “senescenza graduale” (65-75 anni); mentre la “senescenza conclamata” corrisponde ai soggetti di 75-90 anni; infine ci sono i “longevi” o “grandi vecchi” oltre i 90 anni. Secondo Cicerone: “Nemo est tam senex, qui se annum non putet vivere”, pertanto “chi non fa nulla per non invecchiare è colpevole della sua vecchiaia”. Noi riteniamo che sia più produttivo insegnare alla gente a invecchiare bene, piuttosto che assistere persone invecchiate male! Nei soggetti uremici anziani, vari fattori influenzano la scelta del trattamento dialitico: dobbiamo considerare la preferenza del paziente, la condizione sociale, il supporto familiare, supportate naturalmente da considerazioni di ordine cliniche. I vantaggi della DP nella popolazione geriatrica possono riassumersi nel buon controllo pressorio, buon controllo dei fluidi e degli elettroliti, minimo stress emodinamico,

buon controllo delle aritmie cardiache, migliore rimozione della beta2-microglobulina, minore ospedalizzazione, maggiore libertà di azione, conservazione della funzione renale residua, etc. Le controindicazioni alla DP nell’anziano sono simili a quelle della popolazione generale. Forse la maggiore incidenza di inabilità fisica e psichica, può rendere più problematico l’impiego di questa terapia tipicamente domiciliare ed auto-somministrata. Rilevanza particolare possono avere gli aspetti nutrizionali, considerando le maggiori problematiche che ha l’anziano ad alimentarsi e la necessità del paziente in DP ad assumere una dieta con un importante contenuto proteico. Nel complesso, però, considerando gli aspetti clinici, nutrizionali e la qualità di vita la DP può essere considerata una valida scelta terapeutica anche nell’anziano. Un ampio studio del 2007, infatti, ha dimostrato come la dialisi peritoneale sia una valida opzione come metodica sostitutiva nel paziente anziano uremico, non solo dal punto di vista della qualità depurativa, ma anche dal punto di vista dell’autogestione della metodica da parte di tali pazienti (self-care CAPD). Esistono, oggi, ancora numerose barriere allo sviluppo della dialisi peritoneale, tra cui fattori clinici e sociali, mentre in talune situzioni ci sarebbe la necessità di una “DP assistita”, come sta avvenendo in molte parti del mondo. Lo sviluppo di un’Assisted-PD può permettere di superare, almeno gli aspetti sociali così da garantire anche ai pazienti più fragili ed anziani la scelta di un trattamento dialitico domiciliare. Fondamentale risulta a questo punto riuscire a creare una rete di assistenza sul territorio per fornire a tutti la possibilità di scegliere tale metodica, anche a coloro che per invalidità/ inabilità, mancanza di un partner ne sarebbero esclusi (assisted-PD).

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Giovanna Filoso, fonte: http://www.iss.it

a cura della redazione

L’IMPORTANZA DELLA GESTIONE INTEGRATA NEL DIABETE Cinquantacinque milioni di pazienti in tutta Europa e 2,9 in Italia. Tante sono le persone affette da diabete, a tal punto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la malattia una vera e propria pandemia stimando che, fra gli individui di età compresa tra 20 e 79 anni, nel 2025 ci saranno 333 milioni di diabetici in tutto il mondo. Come trattare dunque quella che è a tutti gli effetti una vera e propria emergenza? Sicuramente uno dei traguardi da raggiungere è l’ottimizzazione della gestione del diabete, rendendola quanto più possibile integrata, e facendone il frutto, oltre che di una migliore comprensione scientifica, anche di un cambiamento di mentalità di medici e pazienti. In questa direzione, quella cioè di una gestione integrata del diabete, punta IGEA (Integrazione, Gestione e Assistenza per la malattia diabetica), e cioè un modello di assistenza, basato fondamentalmente sulla collaborazione e il coordinamento tra i livelli di assistenza e sul coinvolgimento attivo del paziente nel percorso di cura. Quello che si è visto infatti è che questi pazienti necessitano, oltre che di terapie efficaci, anche di continuità di assistenza, ovvero follow-up sistematici, informazione e sostegno per raggiungere la massima autogestione possibile. IGEA ha realizzato: - un Documento di indirizzo sui requisiti clinico organizzativi per la gestione integrata del diabete mellito di tipo 2 nell’adulto. Allo scopo di definire le modalità organizzative, le raccomandazioni per migliorare la qualità della cura e per prevenire le complicanze del diabete, e gli indicatori per

il monitoraggio del processo di cura; - un Documento di indirizzo sui requisiti informativi per un sistema di gestione integrata del diabete. - un Manuale di formazione per operatori sanitari; - una Guida metodologica per i formatori; - un software, SITA - il Rapporto ISTISAN “Gestione integrata del diabete: indagine qualitativa sulla percezione dell’adeguatezza e sui bisogni informativi” pubblicato a fine 2009, che contiene i risultati di un’indagine svolta tra persone con diabete, familiari e operatori sanitari. Nell’ambito della sorveglianza di popolazione effettuata dalle ASL, per il periodo 2007-2009, la prevalenza del diabete è risultata pari al 5%. In aumento con l’età: nella fascia 50-69 anni quasi una persona su otto ha dichiarato di avere una diagnosi di diabete. Risulta inoltre più diffuso tra gli uomini, in chi è in sovrappeso e in chi è obeso. È emerso infine un notevole gradiente Nord-Sud: è a Bolzano il valore più basso e in Basilicata quello più alto. Dal 1998 l’ISS coordina il Progetto CUORE secondo cui soltanto la metà circa dei diabetici sa di esserlo, con una proporzione lievemente superiore nelle donne rispetto agli uomini. Alla malattia e alla sindrome metabolica sono dedicate alcune sezioni del sito che spiegano cosa è il diabete, quali i fattori di rischio, come prevenire il tipo II tramite uno stile di vita sano e come mantenere favorevole il livello di glicemia.

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Fonte: www.operazionenasorosso.it

a cura della redazione

AIUTIAMO I bimbi AFFETTI DA OSTEOGENESI IMPERFETTA L’Osteogenesi Imperfetta è una malattia rara (Decreto Ministeriale del 18 maggio 2001, n.279, pubblicato sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n.160 del 12 luglio 2001, “OSTEODISTROFIE CONGENITEOSTEOGENESI IMPERFETTA cod. sanzione RNG060”), con eredità autosomica dominante che colpisce indifferentemente i due sessi con una incidenza di 1 a 20.000, caratterizzata da fragilità ossea ed altri segni di alterazioni connettivali. Gli individui affetti sono particolarmente predisposti alle fratture anche a seguito di traumi molto lievi e la malattia è per questo anche detta “malattia delle ossa fragili” o “malattia delle ossa di vetro”. Altri sintomi e segni clinici sono: sclere blu, osteopenia, vari gradi di bassa statura, deformità ossee progressive, dentinogenesi imperfetta, lassità ligamentosa e cutanea, sordità ad esordio prevalentemente in età adulta. Manifestazioni minori sono tendenza ad ecchimosi, lividi, cheloidi, ipertermia, iperidrosi, ipotonia e ipotrofia muscolare, alterazioni valvolari cardiache, anomalie oculari e alterazioni dell’emostasi. Nei pazienti affetti da tale patologia è di vitale importanza la terapia medica effettuata con bisfosfonati a quella fisioterapica e ortopedica. Proprio una corretta valutazione dello schema corporeo e degli eventuali deficit motori e staturali ai quali purtroppo frequentemente vanno incontro i nostri pazienti è fondamentale per impostare un’efficace protocollo terapeutico fisioterapico, che deve mirare non solo ad evitare ulteriori peggioramenti delle deformità ma deve favorire un completo recupero delle attività vitali (deambulazione, respirazione etc) dei pazienti. Sul recupero della deambulazione e respirazione grande ruolo riveste la colonna vertebrale che in questa patologia è frequentemente contrassegnata da “fratture vertebrali” che favoriscono la comparsa di cifosi o scoliosi che nel tempo limitano le attività quotidiane e lavorative dei pazienti adulti e un’isolamento e depressione dei pazienti in età pediatrica.

Fino ad oggi la valutazione statica, le deformità, la cifosi e scoliosi viene effettuata, nel Presidio per le Osteodistrofie Congenite del Policlinico Umberto I di Roma, mediante l’esame radiologico tradizionale sottoponendo il paziente all’assunzione di eccessive quantità di radiazioni e con significativo aumento del rischio oncogeno. Al fine di evitare che i nostri pazienti continuino ad essere sottoposti ad esami radiografici seriati, con conseguente assunzione di eccessive dosi di radiazioni, per la corretta valutazione della cifosi e scoliosi è necessario che il Presidio venga dotato di un apparecchio quale il FORMETRIC SPINOMETRIA 4D. Questo sistema di analisi effettua una dettagliata ed estesa rilevazione ottica tridimensionale non invasiva (senza raggi X e senza alcun effetto collaterale), statica e dinamica dell’intera colonna vertebrale e del bacino fornendo dati quantitativi precisi e ripetibili con rappresentazioni grafiche di numerose problematiche posturali. Tale sistema presenta diversi campi di applicazione quali: - diagnosi precoce e monitoraggio degli atteggiamenti scoliotici e scoliosi, iperlordosi, dorso piatto, eterometria e dismetria degli arti inferiori in età evolutiva; - diagnostica e follow-up di deformazioni del rachide quali scoliosi, ipercifosi dorsale, iperlordosi lombare; - valutazione posturale nelle problematiche muscolo-scheletriche. Il costo della macchina è di € 35.000 e per questo chiediamo a tutti l’impegno, con una donazione anche piccola, per il suo acquisto. Nella pagina accanto tutte le informazioni.

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la Regione Lazio informa

Fonte: www.regione.lazio.it

Servizio Ponte Regione Lazio Dall’esperienza dell’Ente Nazionale Sordi e con il patrocinio della Regione Lazio è nato un’importante servizio per abbattere le barriere della comunicazione tra sordi e udenti: il Servizio Ponte. Il Servizio Ponte è accessibile (attraverso DTS, Telefono, FAX) chiamando il numero verde 800.067.590 (per chi chiama fuori dal territorio regionale il Servizio risponde al numero 06.6384775, al costo di una normale interurbana), la posta elettronica e MSN Messenger (pontelazio@mondoens.it); attivo dal Lunedì al Venerdì dalle ore 8:00 alle ore 20:00 e il Sabato dalle ore 9:00 alle ore 13:00. Come funziona il servizio ponte? La persona sorda che vuole comunicare con la persona udente compone con il DTS il numero verde del call center del Servizio Ponte, invia un fax, un e-mail o un messaggio istantaneo con il servizio MSN Messenger chiedendo all’operatore di comporre il numero. L’operatore del Servizio Ponte riceve la chiamata ed attraverso un normale telefono “voce” contatta il medico comunicandogli che uno dei suoi pazienti intende comunicare con lui. L’operatore informa il Sig. Rossi, sordo, che il contatto è stato stabilito e può avere inizio la conversazione. Da questo momento tutte le richieste scritte vengono comunicate vocalmente alla persona udente e viceversa le risposte in voce vengono inviate al Sig. Rossi tramite DTS, SMS, Fax, E-mail, MSN. Al fine di rendere il Servizio Ponte completo e di offrire ai cittadini sordi un canale che consenta loro di comunicare in autonomia e soprattutto da qualsiasi PC collegato ad internet, viene adottata all’interno del servizio ponte la piattaforma “Videochat by e-service”, che consente a più utenti di connettersi contemporaneamente in chat.

Cliccando sulla relativa icona si accede al servizio chat, si immette il proprio nome e si deve cliccare sul primo operatore libero. Nel caso in cui tutti gli operatori risultassero occupati, basterà mettersi in lista d’attesa cliccando sull’apposito pulsante che comparirà in basso allo schermo e che visualizzerà il numero di utenti già in coda. Senza più barriere geografiche (il servizio funziona anche dall’estero), senza più incompatibilità di sistema; la Videochat è una piattaforma completamente aperta, scritta totalmente in Flash, che funziona da qualsiasi computer: Vindows, Apple o Linux. La piattaforma Videochat garantisce anche la privacy dell’utente, non richiedendo alcuna registrazione.

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neurologia Prof. Fabrizio Stocchi Specialista in Neurologia

IRCCS San Raffaele Roma Tel. CUP 892289,Tel. Stocchi 06 66058456 Sito web: www.sanraffaele.it

LA MALATTIA DI PARKINSON La Malattia di Parkinson è, dopo l’Alzheimer, la patologia neurodegenerativa più diffusa. Colpisce in Italia circa 220 mila persone ed ogni anno vengono diagnosticati circa 1.200 nuovi casi. Seppur tipico dell’età anziana, nel 25% dei casi l’esordio avviene prima dei 50 anni e sono 10 mila i malati con meno di 45 anni.

blocco motorio (freezing) in cui il paziente si blocca improvvisamente, come se avesse i piedi incollati a terra, e solo dopo alcuni secondi e diversi tentativi riesce a rimettersi in movimento.

La Malattia di Parkinson è un disturbo del sistema nervoso caratterizzato principalmente dalla degenerazione dei neuroni situati nella sostanza nera del mesencefalo, che collega i due emisferi cerebrali al midollo spinale. La progressiva morte dei neuroni determina una riduzione significativa della dopamina, il neurotrasmettitore che attiva il circuito che controlla i movimenti.

Accanto ai sintomi maggiori possono presentarsene altri, ovvero i disturbi secondari non motori: disturbi del linguaggio; problemi di deglutizione, edemi, dolori o disturbi gastrointestinali. Tra questi, sono frequenti soprattutto i disturbi dell’umore, in particolare depressione e ansia, presente in circa il 50% dei pazienti, soprattutto di sesso femminile e con età inferiore ai 60 anni. Tra i disturbi frequenti anche la stipsi e l’iposmia, ovvero la riduzione della sensibilità olfattiva.

La patologia si manifesta con i sintomi caratteristici quando la quantità di dopamina si è ridotta di almeno il 7080%, ovvero è scomparso almeno il 50% dei neuroni della sostanza nera. Una malattia, tanti sintomi. Il quadro clinico è complesso e caratterizzato da 6 sintomi principali, i disturbi detti motori: lentezza dei movimenti (bradicinesia), tremore a riposo, rigidità muscolare, disturbo del cammino, postura curva e disturbi di equilibrio. Con il progredire della malattia si possono verificare episodi di

Il percorso della diagnosi. La diagnosi di Parkinson, di competenza del neurologo, si basa essenzialmente sulla valutazione clinica, con il riscontro di almeno due dei sintomi primari (di cui uno deve essere o tremore o lentezza). La valutazione clinica permette una diagnosi corretta nella quasi totalità dei casi. In alcuni casi dubbi il DATScan, una scintigrafia cerebrale che, utilizzando un marker biologico radiomarcato (FP-cit ioflupano),

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Fonte: www.operazionenasorosso.it consente di confermare o escludere la compromissione del sistema dopaminergico anche in uno stadio precoce di malattia. Una TAC o una RMN consentono di escludere altre cause di parkinsonismo. Oggi si sta molto lavorando per individuare fattori di rischio e consentire una diagnosi precoce di malattia. A questo scopo l’istituto di ricerca San Raffaele in collaborazione con AIP (Associazione Italiana Parkinsoniani) ha avviato uno studio per individuare biomarkers che possano consentire una diagnosi prima della comparsa dei sintomi motori e valutare il rischio di malattia fra i familiari dei pazienti parkinsoniani. Terapia. Ad ogni paziente la sua strategia personalizzata. Le terapie devono essere personalizzate sul singolo paziente, con la ricerca del principio attivo, del dosaggio e della formulazione più appropriati non solo in termini di controllo dei sintomi, ma anche di qualità di vita e comparsa di effetti collaterali. Per tutti i pazienti iniziali, alla luce dei risultati di un recente studio va considerata la rasagilina come primo farmaco. Questa molecola ha dimostrato di poter modificare il decorso di malattia ed ha anche un buon effetto sintomatico. Quindi soprattutto nei giovani, l’approccio in prima battuta prevede la somministrazione di dopaminoagonisti, che stimolano direttamente i recettori per la dopamina. Oggi l’utilizzo di questi farmaci è facilitato dalle formulazioni a lento rilascio che si somministrano una volta al giorno (ropinirolo e pramipexolo) e dalla formulazione in cerotto (rotigotina). La L-dopa è il trattamento di eccellenza del Parkinson, in monoterapia o in associazione ai dopaminoagonisti. E’ caratterizzata da una rapida ed elevata efficacia (entro 30-60 minuti dall’assunzione) che si mantiene però solo per 3-4 ore, rendendo necessarie diverse somministrazioni giornaliere. Viene sempre somministrata in associazione a carbidopa o benserazide che, bloccando la degradazione della L-dopa a livello epatico e intesti-

speciale del mese nale, permettono un suo utilizzo esclusivo nel cervello. Purtroppo pur mantenendo sempre la sua efficacia, nella terapia a lungo termine compaiono complicanze motorie (fenomeni ON OFF) e discinesie (movimenti involontari). Per questo si preferisce tardare il suo uso il più possibile preferendo i dopaminoagonisti per le fasi iniziali. Un controllo più costante della sintomatologia può essere ottenuto associando alla L-dopa inibitori degli enzimi che la degradano, come gli inibitori delle COMPT (tolcapone ed entacapone) e delle MAO-B (selegilina e rasagilina). Tra i limiti della terapia dopaminergica vi è la mancanza di controllo delle manifestazioni non motorie tipiche del Parkinson. Per garantire un appropriato trattamento anche di queste manifestazioni è necessario che il neurologo, che prende in carico il paziente, coinvolga anche altri specialisti come lo psicologo, l’urologo, il dietologo, il fisioterapista ed il logopedista. In aiuto la tecnologia. Per garantire al paziente una migliore qualità di vita, il monitoraggio continuo delle condizioni cliniche, la corretta terapia e l’assistenza programmata e in urgenza di cui ha bisogno si sta sperimentando l’assistite technology, progetto multidisciplinare che, combinando medicina, telecomunicazione, domotica e bioingegneria, si propone di seguire i pazienti direttamente a casa. L’utilizzo di questa tecnologia prevede l’istallazione di telecamere al domicilio del paziente collegate al reparto su linea Adsl via web. I pazienti saranno forniti di telefoni cellulari GSM con videocomunicatori e dispositivi di telesoccorso con 3 tasti diversamente colorati per allertare famiglia, ospedale o il personale medico. F Stocchi, Direttore del Centro per la Diagnosi e Cura del Morbo di Parkinson e Malattie Degenerative, IRCCS San Raffaele Roma, www.sanraffaele.it, tel CUP 892289, tel Stocchi 0666058456 email fabrizio.stocchi@sanraffaele.it

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a cura della redazione

Giovanna Filoso, fonte: www.iss.it

L’IMPORTANZA DEL CASCO NELLO SCI

Il trauma cranico è la causa principale di infortunio e di morte tra gli sciatori. Per questo motivo quest’anno, per la prima volta, il sistema di sorveglianza SIMON2010, realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, presenta dati e informazioni sull’uso del casco per ridurre l’incidenza di mortalità. Il rapporto, presentato il 30 ottobre a Modena, nell’ambito di Skipass, la fiera dello sci, ha avuto un implementazione grazie al contributo di 24hAssistance con la quale l’ISS ha ora un piccolo progetto. “Tra i diversi traumi che possono discendere da incidenti dello sci - dice Marco Giustini, coordinatore del sistema SIMON dell’ISS - certamente i traumi cranici sono quelli che mettono maggiormente a rischio la vita degli sciatori. In particolare, a livello di ricovero ospedaliero, l’incidenza del trauma cranico è assai consistente”. Il trauma cranico è la causa più frequente di ricovero ospedaliero nonché la più frequente causa di morte tra gli sciatori con un tasso di mortalità, tra i ricoverati, dell’8%. Al fine di ridurre questa incidenza, come pure la gravità dello stesso trauma, qualora dovesse verificarsi, l’uso del casco rappresenta uno strumento di grande efficacia. Negli anni più recenti l’utilizzo del casco si è diffuso anche tra gli adulti, ma allo stato attuale non è disponibile un’informazione attendibile sull’uso di questa importante protezione, informazione che potrebbe rivelarsi fondamentali per valutare il beneficio socio-sanitario ed economico conseguente al suo uso, nonché gli eventuali danni derivanti

dal non uso del casco. Nel finale della passata stagione il sistema SIMON ha perciò sperimentato presso un campione di stazioni sciistiche un monitoraggio dell’uso del casco tra gli sciatori effettuato da rilevatori opportunamente formati in base alla metodologia messa a punto dall’Istituto Superiore di Sanità. L’attenzione del SIMON viene posta sugli sciatori di età maggiore o uguale a 14 anni perché in Italia per i minori di anni quattordici vige da tempo l’obbligo dell’uso del copricapo protettivo. La percentuale d’uso complessiva del casco è risultata pari al 38%. Questo, poi appare essere più utilizzato nei weekend, in particolare la domenica, quando in media supera il 42%, mentre in mezzo alla settimana flette fino al 34%. Se a questo si aggiunge il fatto che durante le festività pasquali l’uso del casco è stato dell’8-10% superiore rispetto alla media delle altre osservazioni, possiamo dedurre che lo “sciatore della domenica”, inteso come quello che scia solo nei week-end e durante le festività, sia l’utente più attento alla sicurezza ed è quello che tende ad usare di più il casco. Le rilevazioni nel complesso hanno abbracciato l’intera giornata, dall’apertura degli impianti alla loro chiusura, ma come era ipotizzabile, non vi è una grande differenza d’uso nell’arco della giornata, anche se la mattina, forse complici le temperature più rigide, il casco viene un po’ più usato, infatti le percentuali sono del 40% contro il 36%.

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a cura della redazione

Valentina Peter

INSONNIA E DISTURBI DEL SONNO

“Che cos’è l’insonnia se non la maniaca ostinazione della nostra mente a fabbricare pensieri, ragionamenti, sillogismi e definizioni tutte sue, il suo rifiuto di abdicare di fronte alla divina incoscienza degli occhi chiusi o alla saggia follia dei sogni?” Marguerite Yourcenar. Il disturbo del sonno è una malattia comune, che colpisce il 15 % della popolazione. Nell’apnea del sonno non si dorme a sufficienza, si riposa male e non si riesce ad addormentarsi. Le dissonnie interferiscono con l’inizio o con la continuazione del sonno, le parasonnie sono invece un insieme di fenomeni legati ai sogni. I segni e gli effetti della carenza di sonno sono nervosismo, irascibilità, stanchezza, borse sotto gli occhi e viso spento. Qualora l’insonnia non fosse originata da fattori psichici o da modificazioni del normale bioritmo, si può ricorrere ad alcuni semplici abitudini, che aiutano il rilassamento e favoriscono il sonno: un bagno caldo rilassante, un massaggio o una infuso di erbe. Tra le piante più conosciute per le loro proprietà rilassanti troviamo la Camomilla, la Melissa, il Tiglio, il Biancospino e la Lavanda. Le regole per un buon sonno sono:

- Regolarità nell’andare a dormire ed nell’alzarsi . - Andare a letto solo se si ha sonno; se non si riesce a dormire è meglio alzarsi. - Non utilizzare il letto per guardare la televisione, mangiare, lavorare o studiare. - Moderare il riposo pomeridiano. - Evitare l’uso di caffeina, di alcol e di tabacco nelle ore serali. - Fare esercizio fisico durante la giornata, evitando quelli faticosi e le attività mentali più impegnative prima di coricarsi. - Non fare abuso di psicofarmaci Spesso, però, le cause dell’insonnia sono legate a problemi psicologici; in questi casi, è necessario affidarsi ad un valido medico o a uno specialista. La Medicina del Sonno si occupa della diagnosi e della terapia delle apnee notturne; i suoi studiosi si concentrano sulla risoluzione del sonno disturbato, sulla sonnolenza diurna e sui disturbi respiratori durante il sonno. Per maggiori informazioni consultare il sito internet dell’Associazione Italiana Medicina del Sonno: www.sonnomed.it.

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il Comune di Roma informa

Fonte: www.comune.roma.it

Comune di Roma: strutture residenziali per anziani Chi può accedere: a) titolari di pensioni di invalidità di vecchiaia e superstiti dell’Assicurazione Generale obbligatoria, dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, dell’INPDAP e dell’IPOST; b) titolari di pensioni liquidate dalle Gestioni del detto Istituto diverse dall’Assicurazione obbligatoria per l’invalidità e vecchiaia e superstiti; c) titolari di pensione sociale in attesa che venga definita la separazione tra previdenza e assistenza; d) titolari di pensioni liquidate dai fondi e gestioni di previdenza sostitutivi dell’assicurazione obbligatoria generale e non gestiti dal ripetuto Istituto (ENPALS, INPGI, INPDAI, ENASARCO), in possesso di: - età non inferiore ai 65 anni, se uomini, ed ai 60 anni, se donne, salvo i titolari di pensione di invalidità per i quali si prescinde dai predetti limiti d’età, purché equiparati alle persone anziane ai sensi dell’art. 11 della legge Regionale n. 11 del 1976; - autosufficienza psichica e fisica e dell’immunità da malattie infettive e da infermità che richiedano particolari cure ed assistenza; - residenza in uno dei Comuni della Regione Lazio (vedi Delibera Commissario Straordinario n. 1563 del 10 novembre 1989 e Delibera Commissario Straordinario n. 42 del 17 marzo 2008). Come accedere: Ufficio ammissioni Case di riposo tel. 06 67105219 fax 06 67105169

Servizi offerti: - servizio residenziale; - ristorazione; - pulizie e servizio paralberghiero; - noleggio e lavaggio biancheria personale; - servizio smaltimento rifiuti speciali; - assistenza domiciliare; - assistenza religiosa; - assistenza psicologica; - servizio di barbiere e parrucchiere; - servizio di vigilanza notturna; - attività motorie ludico-ricreative; - servizio di portineria. Strutture comunali: Residenza “Parco di Veio” (già Roma 1) Via Rocco Santoliquido, 88 Tel. 06 30365207 – 06 30311302 Fax 06 30363601 Roma 2 (Italia Talenti) Via Casal Boccone, 112 Tel. 06 86896928 – 06 822809 Fax 06 86896929 Roma 3 Via Gioacchino Ventura, 60 Tel. 06 6146241 – 2 – 3; 06 6280657 Fax 06 6280649 Bruno Buozzi Via Torrespaccata, 157 Tel. 06 261950 Telefax 06 2677550 Casa Vittoria (struttura di II accoglienza) Via Portuense, 220 Tel. 06 5580641 – 06 5586944 – 06 5566574 Fax 06 5561285

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a cura della redazione

Valentina Peter

UNA RICCA INSALaTA DI SALUTE

Fin dalle origini, la lattuga è riconosciuta e utilizzata per le sue proprietà calmanti e rinfrescanti. Il nome lattuga era assegnato a quelle piante che secernevano un liquido lattiginoso; anche se le sue origini sono poco conosciute, si suppone provenga dalla Siberia. E’ una specie d’insalata biennale, ricca di fosforo, potassio, calcio, rame, sodio e ferro; contiene la vitamina B e C, acido folico e beta carotene. E’ ricchissima di fibre; indispensabile per chi ha problemi di transito intestinale e stitichezza. Nel lattice biancastro, contenuto nel fusto, si concentrano le proprietà sedative e antispasmodiche. La lattuga può essere consumata per alleviare gli stati di ansia ed irrequietezza, per trattare i disturbi del sonno, per calmare la tosse nervosa ed è un alimento che non dovrebbe mai mancare nella dieta dei bambini. La lattuga costituisce la maggior parte delle insalate in commercio; le più diffuse sono la lattuga riccia, impropriamente chiamata indivia, con foglie arricciate che non

si chiudono nemmeno a pieno sviluppo; il lattughino da taglio, con foglie sia lisce che ricce; la lattuga romana, con grumolo compatto e affusolato, bianco all’interno; la lattuga a cappuccio o iceberg, con foglie tondeggianti molto croccanti che si incappucciano a maturità. Come dicevamo, la lattuga ha molte proprietà benefiche: è emolliente, calmante, rinfrescante, sedativa del sistema nervoso e lassativa. Chi fa una vita sedentaria, la può consumare cotta. L’acqua di lattuga, assunta tre volte al giorno, ha proprietà dissetanti e lassative. Bevuta, lentamente, prima di andare a dormire, aiuta ad evitare l’insonnia. Contiene molto ferro, adatta per le diete delle persone anemiche. Per chi segue una terapia anticoagulante, è consigliabile non consumarne in quantità eccessiva, in quanto la lattuga ha un contenuto relativamente alto di vitamina K, che potrebbe interferire con la terapia anticoagulante e portare alla formazione di coaguli all’interno dei vasi.

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Giovanna Filoso, fonte: Ministero della Salute (www.salute.gov.it)

a cura della redazione

L’USO SCONSIDERATO E CONTROPRODUCENTE DEGLI ANTIBIOTICI Negli ultimi anni il problema della resistenza ai farmaci antibiotici è diventato sempre più centrale a livello europeo e mondiale. Infatti, l’uso eccessivo e inappropriato degli antibiotici, insieme alla versatilità genetica dei microrganismi, sta mettendo a rischio la loro efficacia nel controllo delle infezioni batteriche. Per questo la comunità scientifica internazionale e istituzioni quali l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) sono concordi nel sostenere la necessità di contrastare questo fenomeno tramite azioni che portino ad un corretto utilizzo mirato, razionale e parsimonioso degli antibiotici attualmente a disposizione, vista l’impossibilità di contrastare la capacità evolutiva dei batteri. A livello europeo, la riduzione del loro uso inappropriato è stata posta come una priorità della sanità pubblica, che ha portato all’istituzione della Giornata Europea degli Antibiotici, ogni 18 novembre. “Antibiotici, difendi la tua difesa. Usali con cautela” Il Ministro della Salute Ferruccio Fazio ha presentato la terza edizione della campagna per il corretto uso degli antibiotici in Italia, con l’obiettivo di informare i cittadini dell’importanza di ricorrere agli antibiotici solo quando necessario e dietro prescrizione del medico che ne accerti l’effettiva utilità, di non interrompere mai la terapia prima dei tempi indicati dal medico o solo dietro suo consiglio e di non assumere antibiotici per curare infezioni virali. La Campagna prevede l’utilizzo di diversi strumenti di comunicazione tra cui il sito web www.antibioticore-

sponsabile.it. Infine è data la possibilità ai cittadini di avere risposte a quesiti sull’impiego corretto degli antibiotici chiamando il numero verde AIFA 800-571661 attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 18.00. L’azione di sensibilizzazione della popolazione è necessaria poiché alcuni germi patogeni importanti hanno già sviluppato livelli di antibioticoresistenza che arrivano quasi al 100%. L’Agenzia Italiana del Farmaco ha stimato, inoltre, in 413 milioni di Euro l’eccesso di spesa evitabile legato a consumi e costi non appropriati degli antibiotici. L’edizione 2010 della Giornata europea è centrata sulla promozione dell’uso prudente degli antibiotici negli ospedali. L’insorgenza e la diffusione di batteri antibiotico-resistenti costituisce una seria minaccia per la salute dei pazienti ospedalierI: - le infezioni causate da batteri antibiotico-resistenti possono aggravare le patologie e aumentare il rischio di mortalità e prolungare i tempi di degenza; - la resistenza agli antibiotici si traduce spesso in un ritardo nella appropriata cura antibiotica; - una terapia antibiotica errata o tardiva in pazienti con infezioni gravi può causare seri aggravamenti (nei casi più gravi il decesso); La messa a punto di nuovi farmaci è comunque limitata e,se le resistenze continuano ad aumentare, si rischia di non avere più antibiotici efficaci a disposizione.

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a cura della redazione

Valentina Peter

I SEGNI CHE SI VOGLIONO NASCONDERE

Spesso voler nascondere una cicatrice non è solo una necessità estetica, ma il bisogno di celare ricordi di una ferita che rappresentano una ferita fisica e ancor più psicologica. Convivere con una lesione visibile esteticamente non è semplice; attira gli sguardi e mette in difficoltà. Alcune persone si affidano alla chirurgia plastica dermatologica per risolvere il problema. Ma in molti casi si può anche fare tesoro di alcune tecniche e prodotti, capaci di nascondere molto bene quello che ci mette a disagio. Altri trattamenti utili sono la dermoabrasione, il laser o i fillers. Ci sono diverse metodologie che permettono di camuffare il problema; alcune necessitano dell’intervento di un visagista di professione, altre si possono applicare autonomamente. In caso di Couperose, una possibilità è quella di applicare uno strato leggero di gel per capelli trasparente, coprire con della cipria, e successivamente posizionare del fondotinta. Il maggior problema nel camoufflage delle cicatrici è rappresentato dalle variazioni di colore tra i tessuti. Un gioco di ombre, eseguito mediante l’applicazione di un correttore, può dare notevoli risultati. In base alla tipologia dell’inestetismo, si può interve-

nire con correttori e cipria. Le cicatrici da ustione sono difficili da correggere, specialmente se si trovano in zone mobili, come collo e palpebre. Per le cicatrici a solco si può utilizzare un correttore ombreggiante; per le cicatrici ispessite si utilizza il correttore chiaro per schiarirle; sulle macchie rossastre si applica un correttore beige-arancio e si stende un velo di cipria. In caso di vitiligine si può utilizzare un correttore rosa, da applicare nelle soggette a carenza di melanina. In commercio si trovano molti prodotti che attenuano l’arrossamento della smagliatura e della cicatrice, rendendo la pelle più elastica. Sono consigliate in alcuni casi di gravidanza o per delimitare il danno crescente di una smagliatura. Alcuni esempi sono l’olio si rosa mosqueta, da spalmare massaggiando sulla pelle umida dopo la doccia o il bagno. Un altro ottimo rimedio è l’unguento alla calendula, da preparare comodamente a casa mescolando 60 ml di olio di calendula, tre gocce di olio essenziale di incenso, tre gocce di olio essenziale di mirra, sei gocce di olio essenziale di lavanda e quattro gocce di olio essenziale di sandalo.

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Valentina Peter

IL CIBO DELLA GRAVIDANZA

Fin dall’inizio della gravidanza, è importante seguire una dieta corretta, equilibrata e variata; è essenziale puntare sia sulla quantità che sulla qualità, ricercando un’alimentazione sana, che sia utile sia alla madre che al bambino. L’aforisma di “Mangiare per due” è superato e ricco di falsità; in realtà è sufficiente introdurre, in media, soltanto 300 calorie in più rispetto al fabbisogno quotidiano necessario quando non si aspetta un figlio. Gli esperti consigliano di mantenere un adeguato equilibrio tra proteine, carboidrati e grassi, senza tralasciare vitamine e sali minerali. Molti alimenti vanno evitati, altri vanno consumati con cautela, altri ancora vanno cotti in maniera particolare. Alcune accorgimenti sul consumo di alcuni alimenti consigliati in gravidanza: - Il Latte è molto importante per il suo contenuto proteico, di sali mineralie vitamine (A, B e D). Contribuisce inoltre alla buona formazione delle ossa del bambino. Bisogna fare sempre attenzione a non consumare però

latte o formaggi non pastorizzati. - Carne è un buon alimento, da dosare con cura. Insaccati, salumi e carni poco cotte possono, infatti, aumentare il rischio di contagio da toxoplasmosi. - Pesce è sempre meglio consumarlo cotto. Il pesce crudo e quello affumicato aumentano infatti il rischio di contagi. Preferite quindi il pesce fresco e ben cotto a quelli affumicati, crudi, molluschi o inscatolati, e consumatene 150/200 g (anche di più se lo preferite alla carne) e almeno 3 volte alla settimana. - Uova sono importantissime per il contenuto di proteine. E’ consigliabile consumarle nelle forme più digeribili (ad esempio in camicia). - La Frutta e la verdura pulita o sbucciata con cura, può essere consumata più volte al giorno, cercando di mangiare quella di stagione. - I Legumi sono ideali per chi non consuma carne; aiutano ad integrare la dieta di ferro e uniti ai cereali costituiscono un’ottima fonte di proteine. Per un approfondimento, si consiglia: - Hope Ricciotti, Alimentazione naturale in gravidanza, Tecniche Nuove, 2008. - Nava Leonella, Alimentazione in gravidanza, Edizioni Red, 2003.

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a cura della redazione

Roberta Armentano

Terapia familiare, un sostegno alle famiglie

Sono molte le difficoltà che una famiglia può dovere affrontare. Incomprensioni di coppia, incapacità di comunicare con i propri genitori, problemi di relazione per i più piccoli. A volte un confronto fra le mura domestiche non basta, c’è bisogno di un aiuto “esterno”, di intraprendere un percorso di sostegno psicologico o psicoterapeutico. Lo scorso giugno nove psicologi hanno dato vita a Metaobiettivo, un’associazione di promozione sociale che nasce per andare incontro alle esigenze di tutti quei cittadini che stanno affrontando un disagio psicologico e relazionale. Abbiamo chiesto alla dott.ssa Silvia Curiale, psicologa del team di Metaobiettivo, di spiegarci come “funziona” una terapia familiare. “La famiglia è il teatro in cui la persona cresce e sviluppa e la propria personalità; le dinamiche che si svolgono all’interno della famiglia sono determinanti per la definizione della personalità dell’individuo. Durante una terapia familiare l’attenzione è rivolta alle relazioni che la persona instaura con la famiglia, col mondo e di conseguenza anche con il terapeuta”. Quali sono i servizi che offrite? “Sostegno psicologico (individuale di coppia e familiare), terapia sistemica-relazionale, mediazione familiare e

counselor. I motivi della richiesta più comuni sono quelli riferiti a conflitti di coppia, difficoltà nello svolgimento del ruolo genitoriale, adolescenti a rischio ma anche disturbi d’ansia o depressivi. La richiesta d’aiuto può essere effettuata dal diretto interessato, da un suo familiare, o da chiunque ne rinvenga l’urgenza (servizi sociali, professori, educatori di comunità)”. È possibile anche fare terapia di gruppo? “Ci stiamo attrezzando per realizzare gruppi di auto-mutuo aiuto. Inoltre vorremmo attivare uno sportello di consulenza per venire incontro direttamente alle esigenze del cittadino. Attualmente il cittadino che vive una difficoltà psicologica/relazionale si rivolge alla ASL di riferimento e spesso si trova davanti a liste d’attesa molto lunghe; quello che intendiamo offrire è un orientamento immediato e inizialmente gratuito. Tramite i primi due incontri di consulenza cerchiamo di capire in che momento si trova la persona per indirizzarla verso un percorso psicoterapico”. Come vi si può contattare? “L’Associazione Metaobiettivo si trova a Roma in Via Squarcialupo, 2; il numero di telefono da chiamare è: 3494546007”.

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Giovanna Filoso, fonte: www.ordinemediciroma.it

a cura della redazione

IL CIBO, LA SOCIALIZZAZIONE E LA PSICOLOGIA NELLA CELIACHIA L’alimentazione è la risposta ad un bisogno primario di ogni essere umano, ma il fenomeno alimentare costituisce un evento con articolate valenze, che travalicano largamente la semplice risposta biologica allo stimolo della fame. L’alimentazione è sempre stata per l’uomo una componente fondamentale della cultura, connotando le comunità umane in modo pari al linguaggio e alle espressioni artistiche. L’assunzione di cibo, nei modi e nei tempi con cui ciò avviene, serve anche ad individuare i rapporti tra le zone geografiche, tra le classi sociali, tra i vari periodi del ciclo della vita, scandendone talvolta i passaggi. Il cibo coinvolge riti e tradizioni, feste e religioni. Come sostengono alcuni studiosi, il cibo è spesso “inteso come trasformazione culturale di ciò che alimenta il nostro corpo e rappresenta nella storia delle culture uno dei momenti centrali della ritualità collettiva”. I pasti consumati con la propria famiglia, i cibi preparati in occasione delle festività religiose, le colazioni di lavoro, le feste private, i party, sono momenti relazionari particolari, che permettono interazioni affettive e di comunicazione che superano, in termini di valenze emotive, la semplice e originaria funzione di nutrimento, diventando veicolo primario di socializzazione. Per comprendere la ricaduta qualitativa e quantitativa sulla vita di una persona o di un nucleo familiare del cambiamento delle abitudini alimentari, non bisogna dimenticare che il cibo ha in se una valenza culturale, sociale e psicologica, da cui deriva che modificare l’alimentazione di un individuo significa intervenire sulle sue abitudini relazionali. La celiachia dunque non è semplicemente una

questione di dieta. Spesso il soggetto celiaco si sente escluso perché non può smettere un solo istante di pensare alla sua condizione, tanto è vero che in un’intervista hanno dichiarato:“ Le persone che ti circondano non ne sono consapevoli, è inconsueto essere intolleranti al glutine e quindi ci devo pensare tutto il tempo. Se si rendessero conto del mio disagio non metterebbero il pane o i biscotti nelle vetrine dei negozi e dei bar”. Ovviamente non tutti condivideranno il suo pensiero, però è importante anche occuparsi degli aspetti psicologici di questa malattia, oggi sempre meno rara, soprattutto perché molte persone si sentono realmente limitate nella loro quotidianità. È importante sottolineare che da qualche anno si è più sensibili al problema, infatti sono molti i ristoranti attrezzati o i supermercati con sezioni di scaffali dedicate ai soggetti celiaci, senza contare la qualità dei prodotti che, grazie ad una continua ricerca da parte dei produttori, sono sensibilmente migliorati e anche nel confezionamento somigliano sempre più ai prodotti che si trovano normalmente in commercio. Questo è un accorgimento rilevante per limitare l’esclusione, o meglio, l’autoesclusione dei soggetti più sensibili che sono una piccola minoranza, ma non per questo sarebbe giusto sottovalutare il problema.

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a cura della redazione

fonte: www.giochimondialidellapace.it

A Roma i Giochi Mondiali della Pace

In occasione del 50° anniversario dei Giochi Olimpici di Roma, la Capitale ospita l’edizione 2010 dei Giochi Mondiali della Pace. I Giochi Mondiali della Pace sono una Organizzazione Internazionale istituita nel 1983 in Francia; l’ultima edizione si è tenuta a Dubai (negli Emirati Arabi) coinvolgendo 27 mila partecipanti. Come si legge nella pagina web dedicata, l’evento nasce per consentire a tutti, senza alcuna discriminazione o distinzione di sesso, razza, nazionalità, età e credo religioso, di partecipare alle attività sportive ed alle iniziative. Lo sport deve diventare un compagno di vita per prevenire le malattie legate alla sedentarietà che affliggono sempre più i paesi industrializzati. La mission dei Giochi Mondiali della Pace è quella di vuotare gli spalti per riempire i campi, affinché chiunque sia solitamente spettatore diventi protagonista di tutte le attività sportive, culturali e ludiche; favorire la diffusione dello sport e delle attività culturali affinché parteciparvi non sia un privilegio per pochi; proteggere le giovani generazioni contro la pressione finanziaria e mediatica che sempre più spesso trasforma le performances sportive in festival della pubblicità per interessi privati, affinché lo sport venga considerato a tutti gli effetti un punto di

riferimento prezioso per il benessere fisico e spirituale di tutto il genere umano. I Giochi si svolgeranno Sabato 11 e Domenica 12 Dicembre a Roma presso l’Atlantico Live in Viale dell’Oceano Atlantico 271/d, dalle 10,00 alle 24,00, consisteranno in gare non competitive ed esibizioni sportive relative alle più svariate discipline. A margine delle gare si svolgeranno brevi spettacoli folkloristici internazionali in collaborazione con gli Istituti della Cultura delle Ambasciate estere presenti in Italia ed un Mercatino Solidale (antiquariato, oggettistica vintage, collezionismo e riciclo) sarà allestito per sostenere “ Medici senza Frontiere ” e, per chiudere la manifestazione, il Concerto Pop-Rock “Diversamente Uguali” dedicato alle diverse abilità. I Giochi Mondiali della Pace si concluderanno con la consegna di targhe ricordo agli organismi partner e agli sponsor mentre a tutti coloro che si esibiranno – atleti e non senza vincitori né vinti – verrà consegnato il Diploma di Ambasciatore di Pace. L’evento ha ottenuto il Patrocinio del Ministro della Gioventù, della Regione Lazio, della Provincia di Roma e dell’UNAR, l’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni.

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Simona Piccirilli, Fonte: www.ansa.it

a cura della redazione

Tac salva vita per fumatori - Veronesi: “gratis per tutti” Il National Cancer Institute (Nci), l’istituto nazionale per la cura del cancro negli Usa, ha divulgato recentemente i risultati di una ricerca condotta sui grandi fumatori, secondo la quale effettuare una diagnosi precoce con la Tac spirale, permette di ridurre il tasso di mortalità legato al tumore al polmone del 20%. Sulla stessa linea sono seguite le ricerche dell’Istituto Europeo Oncologico (Ieo), sito in Milano, che grazie allo studio “Cosmos” è riuscito ad ottenere gli stessi risultati dei colleghi americani, ma con numeri molto più incoraggianti. Infatti, secondo quanto affermato dal Prof. Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Ieo, grazie all’utilizzo preventivo della Tac spirale, il livello di mortalità per cancro al polmone può arrivare a scendere addirittura del 50%. Questo risultato, decisamente più ottimistico, raggiunto dai ricercatori italiani, dipende dall’utilizzo di un diverso metodo di analisi, un metodo onnicomprensivo. Mentre l’Nci ha effettuato un’analisi di tipo random, ovvero praticando la tac spirale solo su una parte del campione totale della popolazione preso in esame, l’equipe del Prof. Veronesi ha analizzato l’intero campione d’interesse, composto da ben 6.200 accaniti fumatori. Sulla base dei risultati ottenuti, il Dott. Veronesi ha avanzato la proposta di effettuare uno “screening di massa” gratuito, per incentivare la prevenzione. L’idea è quella di far diventare la Tac spirale uno strumento operativo, conosciuto e al servizio di tutti i cittadini, come è già accaduto con altri strumenti di prevenzione tumorale, come la mammografia o il pap test. L’oncologo milanese è intenzionato a far diventare reale questa sua proposta e afferma “è un’altra battaglia che dovrò fare!” continua poi dicendo “ci vuole una legge e

sarebbe oltretutto una legge che farebbe risparmiare il Paese, perché scoprire un tumore piccolino del polmone e guarirlo, toglie di mezzo tutte le enormi spese per i casi che vengono curati con difficoltà e con le chemioterapie, mezzi costosissimi, e si eviterebbe poi tutta la fase terminale; morire così anche economicamente non conviene”. Sono parole chiare e dirette che, a detta dello stesso Veronesi, sono rivolte al Governo, ma principalmente alle singole Regioni, le quali hanno piena autonomia per quanto riguarda le decisioni di investimento del budget sanitario, per cui potrebbero intraprendere iniziative in tal senso. In fin dei conti, dovrebbe essere un dovere civico e morale di ciascun Paese salvaguardare la vita dei propri cittadini e, se c’è una speranza di vita in più, perchè non sfruttarla.

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Giovanna Filoso, fonte: www.ordinemediciroma.it

a cura della redazione

“Fate il vaccino anti-Hpv” E’ l’appello che la ginecologa Alessandra Graziottin, presidente dell’omonima fondazione, lancia alle under 45. L’esperta, durante il Congresso nazionale di ginecologia e ostetricia in corso a Milano, ribadisce l’importanza della prevenzione, primaria e secondaria, contro le patologie causate dal Papillomavirus umano (Hpv) per le ragazze come per le donne adulte.”Contrarre il virus - spiega la direttrice del Centro di ginecologia e sessuologia medica dell’ospedale San Raffaele Resnati di Milano – può significare per la donna ammalarsi di cancro del collo dell’utero, tumore della vulva e della vagina, lesioni precancerose e condilomi genitali”. Per proteggersi, bastano tre mosse: usare regolarmente il profilattico per ridurre la probabilità di contrarre il virus; vaccinarsi; sottoporsi regolarmente a controlli di screening con il pap-test ed eventuali ulteriori esami. Oggi sono disponibili due vaccini, spiega l’esperta: un vaccino bivalente efficace verso i tipi di Hpv 16 e 18, indicato nella prevenzione di lesioni precancerose della cervice uterina e del cancro del collo dell’utero nelle donne dai 10 ai 25 anni. Un vaccino quadrivalente, efficace verso i tipi di Hpv 6, 11, 16 e 18, indicato per la prevenzione del cancro del collo dell’utero, delle lesioni precancerose del collo dell’utero, della vulva e della vagina e anche dei condilomi (verruche genitali) in donne dai 9 ai 45 anni, età fino alla quale è già stata documentata l’efficacia del quadrivalente, e nei maschi dai 9 ai 15 anni. L’appello alle under 45 per una maggiore attenzione alla salute ginecologica è supportato dai numeri: “Molti studi internazionali riportano un aumento negli ultimi 20 anni dei tumori vulvari in donne di età inferiore ai 50 anni”. Per quest’ultima neoplasia non esiste un sistema di screening organizzato. La diagnosi arriva spesso in ritardo e l’intervento terapeutico è invasivo. “La vaccinazione è l’unica arma a disposizione per proteggersi”, incalza Graziottin. “perché contrarre l’Hpv non è un rischio che si corre una volta sola nella vita. Vaccinarsi significa met-

tersi al sicuro perché si riduce il rischio, fino al 65%, di ammalarsi di nuovo”. Ecco perché, prosegue la specialista, anche i medici devono capire “l’importanza di consigliare la vaccinazione a tutte le donne, non solo alle giovanissime”. Per sensibilizzare l’universo rosa su Hpv e malattie sessualmente trasmesse, Graziottin cura spazi informativi sul sito www.fondazionegraziottin.org. La Fondazione comunica anche tramite il social network Facebook. Ma la strada per coinvolgere le donne nella lotta al Papillomavirus umano, conclude la specialista, è ancora lunga. A distanza di poco più di due anni dalla partenza della campagna di vaccinazione anti-Hpv, in Italia “si è ancora lontani dagli obiettivi di copertura vaccinale prefissati”. L’ultimo rapporto pubblicato dall’Istituto superiore di sanità, sottolinea che la percentuale di dodicenni vaccinate,e per loro l’iniezione è gratuita, è ferma al 53%.

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la ricetta del mese per celiaci DOLCE DI RICOTTA E CIOCCOLATO AL GRANO SARACENO L’intolleranza al glutine è un problema sempre più diffuso, ma non bisogna pensare che il soggetto celiaco sia condannato a gustare solo i cibi confezionati e insipidi! Infatti con un po’ di impegno è possibile preparare degli squisiti dolci fatti in casa, buoni come i dolci “normali” e forse anche di più! Questa è la ricetta di una crostata senza glutine preparata con ricotta, cioccolato e farina di grano saraceno. È tanto semplice quanto buona, provare per credere! Ingredienti Per la pasta frolla: - 1 tuorlo - 1 uovo - 2 cucchiai di zucchero - 100 g di margarina - 1 pizzico di sale - ½ bustina di lievito - 4 cucchiai di farina senza glutine - 5 cucchiai di farina di grano saraceno (tipo consentito) Per il ripieno: - 300 g di ricotta - 100 g di cioccolato fondente (tipo consentito) - Cannella in polvere - 2 chiodi di garofano - 2 albumi - 4 cucchiai di zucchero Procedimento per la pasta frolla: Versare i due differenti tipi di farina in un recipiente ampio e mescolarli insieme. Sciogliere la margarina a fuoco basso, unire la farina aggiungere il sale e lo zucchero. Poi, uno alla volta, continuare ad aggiungere l’uovo, il tuorlo ed infine il lievito. Amalgamare l’impasto fino a farlo diventare omogeneo e senza grumi, avendo cura di non impastarlo troppo a lungo per evitare che si attacchi alle mani. Lasciarlo riposare per almeno 15 minuti.

Nel frattempo preparare il ripieno nel seguente modo: tritare il cioccolato grossolanamente ed unirlo alla ricotta insieme allo zucchero. Montare gli albumi con una frusta pulita, aggiungendo un po’ di sale e mescolarli delicatamente alla “crema di ricotta” amalgamando con una spatola dal basso verso l’alto per evitare che il composto perda di morbidezza. Unire i chiodi di garofano tritati e un’abbondante spruzzata di cannella. Imburrare una tortiera rotonda con diametro di circa 20-25 cm. e cospargerla di farina o, in alternativa, foderarla di carta forno. Stendere la pasta frolla all’interno lasciando i bordi più spessi. Versare la farcia e livellarla con cura. Cuocere in forno già caldo a 160° per 30 minuti. Sfornate e aspettate che sia ben fredda prima di servirla, altrimenti potrebbe rompersi oppure sbriciolarsi vista la maggiore friabilità delle farine aglutinate, nonostante sia presente la farina di grano saraceno, e la morbidezza della ricotta.

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Simona Piccirilli, Fonte: Comune di Roma (www.comune.roma.it)

a cura della redazione

iniziative sociali tra il “Piano freddo” e la “Casa dei papà” Il comune di Roma, con l’imminente arrivo dell’inverno, ha presentato il nuovo “Piano freddo 2010/2011” per l’accoglienza e l’assistenza sanitaria dei senza tetto, realizzato dall’assessorato capitolino alle Politiche Sociali. Il progetto prevede che a partire dall’8 dicembre, dieci strutture dislocate nei municipi saranno in grado di ospitare ogni notte, dalle 19 alle 9, per 4 mesi, oltre 650 persone con fragilità economica e sociale. Ma l’accoglienza, non si limita solo ad offrire letti per la notte, infatti tre di queste strutture saranno attrezzate per offrire un servizio 24h su 24h a tutti i “senza fissa dimora” malati o con problemi di salute; ed altre tre strutture sono invece pronte ad accogliere, oltre ai senza tetto anche i loro amici a quattro zampe. Inoltre, a tutti gli ospiti saranno garantiti servizi mensa (cena e prima colazione) e igienico-sanitari di base, come doccie, biancheria pulita e vestiti. Garantita è anche la presenza di infermieri, medici e l’operatività di un servizio sanitario sempre attivo. Il progetto, però, non si limita ad aiutare solo i clochard romani, ma anche gli anziani che vivono di stenti, pur avendo una casa ed un tetto sopra la testa, attraverso un servizio mensa domiciliare. Difatto, come spiega l’assessore alle Politiche Sociali Sveva Belviso “tantissimi anziani che vivono di stenti in casa non vogliono andare nelle mense sociali, e quindi rinunciano a dei pasti che, dal punto di vista nutrizionale, sono necessari in quella fascia di età in cui c’è una degenerazione fisiologica del corpo. Quindi cerchiamo di fare fronte a questo portando i pasti a casa delle persone.” L’Assessore ha fatto inoltre sapere che il Comune ha avviato un’altra iniziativa che partirà sempre nei primi giorni di dicembre, che si chiama “Casa dei papà”. Verrano messi a disposizione dei mini appartamenti

per tutti quei papà, con almeno un bimbo, che sono separati, e a causa delle precarie condizioni economiche non hanno la possibilità di vivere in un’appartamento. Chi fosse interessato deve inviare una richiesta all’amministrazione comunale e, come precisa l’assessore stesso “ci sarà bisogno di una compartecipazione alla spesa, proprio perché non si tratta del circuito tradizionale dei senza fissa dimora, ma di quelle persone che contiamo di restituire alla città nel corso di un anno. In queste strutture possono starci i bambini, potranno dormire lì nel week end o quando sono affidati ai papà. Insomma, ripristinare l’atmosfera familiare e cercare di fare emergere queste persone da questa situazione.”

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