Pocket Salute Edizione Roma Gennaio 2010

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Il primo free-press del benessere - Anno II n°4 Dicembre 2010 Con il Patrocinio della Provincia di Roma e della Regione Lazio reg. trib.di Pescara n.24/08 del 7/11/2008

LA GUIDA MENSILE DEDICATA AL TUO BENESSERE

edizione Roma

Gennaio 2011

disturbi del sonno le regole contro l’insonnia

camouflage

i segni che si vogliono nascondere

pressione arteriosa

differenze e cause della variabilità

papilloma virus fate il vaccino anti HPV

balbuzie

i modelli comportamentali

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speciale Dietologia: tornare snella e tonica con le proteine

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LA TUA GUIDA DELLA SALUTE E DEL BENESSERE


solidarietà in primo piano ABIO - Associazione per il Bambino In Ospedale Promuove l’umanizzazione dell’ospedale e sdrammatizza l’impatto del bambino e della sua famiglia con le strutture sanitarie. www.abioroma.org AIPD - Associazione Italiana Persone Down L’Associazione non ha fini di lucro e vuole essere soprattutto un punto di riferimento per le famiglie, gli operatori socio-sanitari e della scuola che si occupano di questo handicap. www.aipd-roma.it ALZHEIMER Roma L´Associazione persegue la missione di offrire sostegno alle famiglie con un malato di Alzheimer. Collabora con Istituzioni sanitarie e accademiche, sia nazionali che locali. www.alzheimeroma.it ANFFAS Roma Onlus L’Associazione si propone di assicurare il benessere e la tutela delle persone con disabilità intellettiva e relazionale e delle loro famiglie, operando primariamente per rendere concreti i principi della pari opportunità, della non discriminazione e della inclusione sociale. www.anffasroma.it Il Sorriso di Beatrice ONLUS L’Associazione nasce con l’intenzione di trasformare un evento tragico quale è stato la scomparsa di Beatrice in motivo di gioia e speranza per tutti coloro che vivono la drammatica esperienza della malattia oncologica. www.ilsorrisodibeatrice.com UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare Onlus Scopo essenziale è difendere i diritti e migliorare la qualità di vita di tutte le persone affette da malattie rare. La Federazione fa parte di un Network Europeo di tredici Alleanze Federative Nazionali tra associazioni di pazienti di altrettanti Paesi della Unione Europea. www.uniamo.org

editoriale del mese Cari lettori, le feste natalizie sono da poco trascorse e Pocket Salute si augura che le abbiate passate al meglio, e che vi siano servite a ricaricare le pile per affrontare con vitalità il nuovo anno che è arrivato. Insieme al 2011 però è giunta, puntuale come sempre, anche l’influenza. Secondo la Società Italiana di Medicina Generale, a minacciare il nostro stato di salute sarà l’influenza Australiana. Fortunatamente non è un virus così aggressivo da sollevare allarmismo, ma è bene conoscerne i sintomi in modo da combatterlo sul nascere o prevenirlo. Ecco allora alcuni consigli utili per garantirvi un’ottima salute. Anzitutto, è bene informarvi che l’unico modo per evitare di essere affetti da questo virus consiste nell’adottare un comportamento mirato a proteggere naso e bocca, e ad evitare gli sbalzi di temperatura coprendosi accuratamente, questo a causa del fatto che abbiamo a che fare con un virus “parainfluenzale” che, a differenza dell’influenza comune, non si può prevenire con una terapia di vaccinazione. Tuttavia, se le precauzioni prese non fossero sufficienti a salvaguardarvi da qualche giorno di riposo forzato, una volta comparsi i primi sintomi sarà necessario mettersi a riposo, evitare troppi contatti con chi vi sta intorno per non contagiarli e curarsi con i più comuni farmaci di automedicazione (i così detti farmaci da banco) come gli antistaminici per i forti raffreddori e la congiuntivite, antisettici o pastiglie disinfettanti per il mal di gola, sciroppi sedativi per la tosse secca e fluidificanti per quella grassa ed infine per i classici dolori articolari che accompagnano l’influenza sarà necessario un farmaco a base di paracetamolo, ibuprofene o acido acetilsalicilico. Ovviamente, in caso di sintomi influenzali eccessivi, come febbre molto alta o forti dolori, è sempre meglio evitare l’automedicazione e rivolgersi ad un medico per la prescrizione di antibiotici. Con questi consigli vi auguriamo di trascorrere un felice 2011 pieno di salute, vitalità e benessere. Simona Piccirilli, Redazione Pocket Salute

scrivi anche tu a redazione@pocketsalute.it

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psicologia trova-facile: guida alla psicologia 06

pagg. 32-33

snella con le proteine Rivista gratuita mensile Edizione Pescara-Chieti Reg. Tribunale di Pescara n.24/08 del 7/11/2008 reg. ROC n.18668

codice argento: soccorso anziani

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i costi sociali dei malati di ictus

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salute il diabete di tipo 2°

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AIDS, diminuisce il contagio

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l’importante ruolo delle farmacie 27

benessere

Direttore responsabile Daniele Giangiulli redazione@pocketsalute.it

trova-facile: guida al benessere

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l’odontoiatria a portata di tutti

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Direttore editoriale Serena Zimuel serena.zimuel@pocketsalute.it Redazione: Roberta Armentano, Giovanna Filoso, Valentina Peter, Simona Piccirilli

i nostri nonni sono fuori forma

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Direttore commerciale Giulia Mincarini giulia.mincarini@pocketsalute.it Editore, Redazione e Pubblicità Editore POCKET IDEA s.rl. Via Cavour 4/2, San Giovanni Teatino (CH) Infoline: 085 4460163 www.pocketidea.it Foto e illustrazioni © 2010 Microsoft Office Online, © 2010 Fotolia, © 2010 iStockphoto © Proprietà letteraria riservata. E’ vietata la riproduzione, anche parziale, di testi, immagini o disegni pubblicati, senza l’autorizzazione scritta della Direzione e dell’Editore. Le opinioni degli autori impegnano la loro responsabilità e non rispecchiano necessariamente quelle della Direzione della rivista. All’interno dei contributi possono essere citati nomi di prodotti, anche farmaceutici, pubblicati nel rispetto delle opinioni degli autori e per completezza d’informazione sui temi trattati.

bellezza riequilibrarsi con lo shiatsu

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trova-facile: guida alla bellezza

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il segreto dell’ossigeno iperbarico 55

sesso il primo alimento della mamma

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trova-facile: guida alla sessualità 56 previeni il tumore alla prostata Pocket Salute, Roma con il patrocinio di:

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guida pratica alla psicologia

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Associazione Italiana La Nuova Parola

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AFFETTIVITA’ E APPRENDIMENTO VERBALE L’affettività condiziona e imprime la direzione all’apprendimento verbale e ai processi cognitivi, specialmente nei bambini. Una profonda connessione esiste tra l’apprendimento verbale e i processi emotivi, poichè esso si sviluppa e rafforza sempre all’interno di una dimensione di relazione affettiva. Il rapporto educativo-affettivo significa presenza esistenziale dell’educatore per l’educando. Già M. Bucher sosteneva che “attraverso la complementarietà si crea, tra insegnante e alunno, tra genitore e figlio, un dialogo profondo da cui emerge un sentimento di profonda fiducia e l’impegno di amore l’uno per l’altro” per cui ne scaturisce un necessario e fondamentale senso di responsabilità da parte dell’educatore rispetto all’educando. Quindi l’apprendimento verbale non è condizionato e assimilato esclusivamente e passivamente attraverso i contenuti ma necessita di un atto di fiducia poichè è vitale e presente un fattore di attivazione emotivo-cognitivo perchè l’attivazione verbale è il coraggio di tuffarsi nell’incerto e nell’ignoto. Fondamentale è sottolineare che alcune forme di disagio

La relazione tra apprendimento verbale e affettivitàmotivazione deve essere presa in primaria considerazione dall’educatore sia dall’insegnante che dal genitore. I processi di apprendimento verbale nascono in un contesto relazionale e l’apprendimento cognitivo ne è determinato. L’individuo forma la propria identità attraverso un processo unitario e olistico e un’affettività piena, sicura, autentica, motivante, incide sulle dimensioni di apprendimento verbale e quindi sulla personalità intellettuale e corporea. Esiste uno stretto rapporto che lega l’affettività, motivazione, apprendimento e sviluppo della verbalizzazione di un bambino. Nell’ambiente scolastico (processo di conoscenza, comprensione e socializzazione) il punto d’incontro tra insegnante e allievo e la loro relazione influisce sull’apprendimento verbale e cognitivo del bambino-alunno: gli atteggiamenti relazionali dell’insegnante verso l’allievo vengono da quest’ultimo interiorizzati e possono creare dei conflitti interni. Per questo motivo la relazione tra educatore ed educando deve avere equilibrio per una crescita della verbalizzazione armonica del bambino.

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a cura della redazione

Valentina Peter

LE PROPRIETÀ TERAPEUTICHE DELL’ARGILLA

L’argilla è una terra con proprietà antisettiche, disinfettanti, deodoranti, cicatrizzante, antisettiche, energizzante, battericida e antitossiche; viene utilizzata sia esternamente che internamente. Per uso esterno l’argilla si impiegato sotto forma di cataplasmi, bagni, unguenti, maschere e frizioni. È consigliabile scegliere di utilizzare dell’argilla grossa o dell’argilla macinata a seconda della dimensione degli impacchi o maschere. E’ importante verificare la personale compatibilità con l’argilla che si intende usare: può accadere, infatti, che una determinata terra provochi reazioni allergiche. L’argilla può essere utilizzata per sterilizzare le acque da bere; è sufficiente aggiungerne qualche pizzico in ogni litro. È anche un potente antiparassitario. Nell’intestino, l’argilla assorbe i gas e le tossine nocive, ostacola le colture microbiche, assorbe i prodotti dell’infiammazione e stimola l’eliminazione dei prodotti di rifiuto. Ecco alcune ricette per sfruttare al meglio le sue proprietà:

MASCHERE. Versare in una ciotola un bicchiere di argilla a grana fine, mezzo bicchiere di acqua ed un cucchiaio di yogurt. Mescolare fino a ottenere un composto omogeneo da spalmare sul viso e sul collo. Lasciare in posa 15 minuti e risciacquare con acqua tiepida. BAGNI PARZIALI O TOTALI. Si sceglie un’argilla verde macinata da stendere sul fondo di una bacinella riempita di acqua calda con il 5% di sale marino integrale; saranno sufficienti tre o quattro manciate di argilla equivalenti a circa 80-100 grammi. Mescolare sino a quando l’argilla sarà sciolta. Questa preparazione può essere utilizzata per gargarismi, lavaggi vaginali, clisteri, pediluvi e maniluvi. Per un bagno totale versare in una vasca colma di acqua tiepida 1/2 chilo di argilla e, eventualmente, 10 gocce d’olio essenziale di lavanda (essenza rilassante e calmante), mescolare e immergersi per 15 minuti. UNGHENTI. Aggiungendo olio extravergine di oliva, miele, burro o glicerina alla polvere di argilla fine, è possibile ottenere unguenti per uso terapeutico per medicare escoriazioni, geloni, rossori, ulcere e dermatiti in generale.

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Giovanna Filoso, fonte: http://www.ordinemediciroma.it

a cura della redazione

IL “CODICE ARGENTO” PER SOCCORRERE GLI ANZIANI Il ‘codice argento’ in Pronto soccorso salva la vita agli anziani: i dati raccolti su un ampio campione di pazienti nel Lazio e in Toscana dimostrano che questo codice speciale aggiunto a quelli convenzionali, assegnato dopo una valutazione di pochi minuti per identificare i pazienti più fragili, e quindi più bisognosi di un ricovero in reparti di geriatria, riduce di almeno il 12% la mortalità degli anziani durante il ricovero in ospedale e fino a un anno dopo. I dati sono stati presentati al Congresso della Società italiana di gerontologia e geriatria a Firenze. Se i pazienti ‘codice argento’ vengono ricoverati nei reparti specialistici più attrezzati per seguirli, la mortalità durante e dopo la degenza ospedaliera diminuisce in maniera significativa, soprattutto nei casi a maggior rischio. I risultati sono emersi dall’applicazione del codice su oltre 100 mila pazienti ricoverati nei reparti di geriatria in Toscana e su più di 75 mila ricoverati nel Lazio. A breve saranno disponibili anche i dati di Veneto e Sicilia, le altre due Regioni che stanno portando avanti la sperimentazione sul campo del codice argento, avviata all’inizio del 2009, finanziata dal Centro controllo malattie del ministero della Salute. Il punto di forza del codice argento è la sua semplicità. Il metodo, ideato da un gruppo di ricercatori coordinato da Niccolò Marchionni, direttore del dipartimento di Geriatria dell’università di Firenze, consente di assegnare il codice argento a ogni paziente, accompagnandolo con un punteggio indicativo della gravità del caso. “Chiunque può fare il calcolo in meno di cinque minuti spiega Marchionni - basta infatti tener conto di elementi come sesso, età, ricoveri ospedalieri precedenti e assunzione di farmaci, per ottenere un punteggio che indica quattro classi di rischio. I casi più seri sono quelli che totaliz-

zano oltre 11 punti: in questi pazienti si è osservato che il ricovero in un reparto di geriatria o di medicina interna può fare la differenza sul destino del paziente”. I dati raccolti nel Lazio e in Toscana dimostrano che l’approccio è generalizzabile e funziona nelle diverse realtà territoriali. Il prossimo passo sarà quindi estendere l’utilizzo del codice argento in tutta Italia. C’è però un limite alla possibilità di introdurre il codice ovunque: come dimostrano i dati raccolti, appena il 5% dei pazienti viene ricoverato in un reparto di geriatria. In tutto il Paese, infatti, a fronte di una popolazione anziana in costante crescita, servirebbero almeno il doppio dei reparti. “I reparti geriatrici per acuti poi sono ancora meno - afferma Massimo Fini - e non sono distribuiti in modo omogeneo, ma a macchia di leopardo: alcune Regioni, come il Veneto, hanno molti posti letto di geriatria; al Sud i letti sono assai più rari. È quindi opportuno che la rete geriatrica italiana venga potenziata e allargata, per ridisegnare l’assistenza sanitaria e socio-sanitaria dedicata agli anziani fragili ad alto rischio di non autosufficienza”.

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guida pratica alla salute

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oncologia Dott. Sergio Del Bianco Specialista in Oncologia

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FARMACOPREVENZIONE DEI TUMORI: UNA NUOVA ERA

In particolare adottando alcuni modelli, oramai validati scientificamente, si è in grado di ridurre il rischio di un tumore del seno in oltre il cinquanta per cento delle donne predisposte.

Benché la prevenzione dei tumori inizi da un corretto stile di vita (principalmente alimentare) grandissimo interesse sta riscuotendo la possibilità di adottare un trattamento farmacologico in grado di prevenire l’insorgenza tumorale.

Si tratta di derivati ormonali (Tamoxifene, Raloxifene) ben noti e definiti nella loro maneggevolezza di impiego.

Una notevole mole di dati scientifici indicano come il “cancro” può essere prevenuto o, quantomeno, significativamene ritardato.

E’ importante a tale scopo che il trattamento sia consigliato e “gestito” dall’oncologo-senologo che, dopo adeguato colloquio con la donna a rischio, condivida con lei, monitorandola, la terapia del caso.

Il concetto chiave della farmacoprevenzione (definita chemioprevenzione, ma non ha nulla a che fare con la chemioterapia!) è che la carcinogenesi – processo che porta alla trasformazione di una cellula sana in una “cancerosa” – sia un processo che evolve attraverso degli “step” di cambiamenti genetici successivi. La conoscenza piu’ precisa di questi eventi (step) ha consentito di intervenire su questo processo mediante l’utilizzo di farmaci “ad hoc”. Già trent’anni or sono si era visto che l’impiego di sostanze naturali, sintetiche o biologiche erano in grado di: prevenire, far regredire o sopprimere la fase iniziale della cancerogenesi e la progressione neoplastica. Da allora è stato realizzato un notevole percorso nell’im-

In tal modo si potrà anche adeguatamente individualizzare il monitoraggio senologico (RX mammografia se e quando, Ecografia se e quando, etc.) secondo le specifiche esigenze della donna. Ciò consente anche quel supporto psicologico importante in grado di dare alla donna quella sensazione di essere in un “binario” protetto e controllato. Casa di Cura “Villa Mafalda” Via Monte delle Gioie 5 00199 Roma Casa di Cura “Madonna della Fiducia” Via Cesare Correnti, 5/6 00179 Roma

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Fonte: Ministero della Salute www.salute.gov.it

a cura della redazione

Guida per le famiglie alla cura del neonato (parte 3) Come lavare e detergere il bambino? Dopo la dimissione, soprattutto dopo il distacco definitivo del cordone ombelicale – che comunque non costituisce di per se stesso un ostacolo all’immersione del bambino in acqua – il piccolo può fare il bagnetto a seconda delle scelte dei genitori, delle loro attitudini e motivazioni di varia natura. Lo scopo del bagno, al di là dei bisogni di pulizia, è anche quello di attivare la circolazione sanguigna della pelle e la traspirazione. Così, dopo il bagnetto, non è assolutamente indispensabile applicare creme o latte idratante sulla pelle del bambino. Può invece essere molto utile l’applicazione di una pasta/ crema sul sederino per proteggerlo da qualsiasi irritazione da urine e feci. È invece sicuramente pericoloso l’uso del borotalco – in alcuni paesi è chiaramente indicata sulle confezioni la sua pericolosità nella prima infanzia – in quanto può essere inalato dal bambino se cosparso in quantità cospicua sul torace e sugli arti superiori o, peggio, aspirato direttamente dal contenitore, se il piccolo lo utilizza per gioco. L’alternativa al bagno è costituita dall’uso di spugnature con acqua a temperatura adeguata, almeno nei primi giorni dopo la nascita. L’acqua e il sapone possono essere sostituiti da latte detergente o da altri prodotti dell’ampia gamma di offerte destinate a queste età. Se, infatti, si nota che il bambino vive il bagnetto come un momento di tensione o di disagio, in tal caso è meglio diradarne la frequenza, detergendolo in modo adeguato ma evitando o limitando la fase d’immersione.

35°C, a seconda della percezione del piccolo e, perciò, del suo gradimento: il controllo della temperatura può essere fatto con termometri a lettura istantanea o, più tradizionalmente col contatto del gomito della madre o del padre con l’acqua; - il bagno può essere eseguito direttamente nella vasca di casa o, ancora meglio, in una vaschetta per bambini, mettendo sul fondo un tappetino di gomma per ridurre il rischio di scivolamento; - se si usa la vaschetta per bambini, bisogna accertarsi ogni volta che questa venga sistemata su un piano molto stabile e grande, adeguato a contenere tutto quanto occorre, evitando così di doversi allontanare anche solo un istante dal piccolo (non lasciatelo mai solo nell’acqua, neanche per un secondo!); - in caso venga utilizzata la vasca grande, opportunamente detersa e predisposta per le esigenze del piccolo, è opportuno che si ponga maggiore attenzione vista la grande massa d’acqua e lo spazio molto più ampio; l’opzione del bagno in vasca grande offre l’opportunità, in molte famiglie, d’immergersi accanto al figlio; - la stanza dove viene effettuato il bagno dovrà essere sufficientemente riscaldata, evitando però l’eccessivo surriscaldamento e la relativa umidità; - i prodotti in commercio per il bagnetto del bambino offrono un’ampia possibilità di scelta di pH, di detergenza, di comfort adeguati alle caratteristiche della cute a quest’età, ma ciò non esclude l’uso del tradizionale sapone cosiddetto neutro.

Consigli pratici. Anche se ogni bambino può reagire diversamente all’esperienza del bagnetto, si possono tuttavia dare alcuni utili suggerimenti: - il bagno può essere eseguito anche nei primi giorni dopo la nascita; - il bagno non deve comunque rappresentare momenti di tensione o di disagio: in tal caso è meglio diradarne la frequenza detergendo il piccolo in altro modo; - la temperatura ideale dell’acqua oscilla tra i 32°C e i

Ricordate: non si deve abbandonare mai, nemmeno per un attimo, il bambino da solo nella vaschetta, infatti, a parte il rischio di annegamento che può verificarsi anche in condizioni di ridotto volume di acqua, il piccolo può inalare acqua schizzata o riversata sul volto giocando con contenitori cavi, ecc. oppure, scivolando, può spaventarsi e procurarsi piccoli traumi. Infine non deve essere posto in prossimità di erogatori di acqua per il rischio di ustioni di acqua ad alta temperatura.

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a cura della redazione

A.L.I.Ce. Italia Onlus

indagine sui costi sociali dei malati di ictus - parte 2° Il campione di pazienti colpiti da ictus è stato costruito a partire da un piano di campionamento basato sui dati di prevalenza della malattia contenuti nelle Linee Guida Italiane per la prevenzione e il trattamento dell’ictus cerebrale (Spread). Il campione di intervistati effettivamente inclusi nello studio risulta essere sostanzialmente coerente con il piano prestabilito, sia per quanto concerne la distribuzione territoriale sia per quello che riguarda la composizione per età. I pazienti coinvolti nell’indagine sono prevalentemente persone anziane e molto anziane. L’81,8% ha più di 65 anni ed il 30,7% è ultraottantenne. L’età avanzata, che rappresenta un fattore di rischio molto significativo nell’incidenza della malattia, caratterizza dunque nettamente la popolazione degli ammalati confluiti nel campione. Nel 78,3% dei casi i pazienti hanno avuto un ictus ischemico, e nel 52,8% il loro livello di disabilità (misurato con la scala di Rankin) è pari o superiore a 4 (disabilità moderata/grave o grave), mentre è il 45,6% a presentare il livello 3 (disabilità moderata). Va inoltre sottolineato il fatto che l’88,8% dei pazienti inclusi nello studio godeva di autosufficienza totale prima dell’ictus, ed il 10,5% di autosufficienza parziale, a testimonianza del fatto che è di fatto l’evento cerebrovascolare la causa della loro non autosufficienza attuale. I caregiver, che sono i soggetti che hanno materialmente partecipato all’indagine e risposto alle domande del questionario, sono nella grande maggioranza dei casi donne (75,7% contro il 24,3% di uomini), e che convivono con il paziente (66,2%). Il rapporto di parentela che li lega ai pazienti varia in modo estremamente significativo a seconda del genere dei pazienti: nel caso dei pazienti di sesso maschile, infatti, si tratta nella maggior parte dei casi delle mogli (54,3% contro il 32,9% di figli/e o nuore/ generi), mentre le pazienti donne sono assistite soprattutto da figlie, figli o nuore (46,2% dei casi contro il 37,5% dei mariti).

I dati raccolti delineano dunque uno scenario nel quale il modello di assistenza dei pazienti varia in modo significativo a seconda che siano uomini o donne. I primi, infatti, vengono assistiti soprattutto dalle loro mogli, che seppur generalmente più giovani di loro, sono anch’esse quasi sempre donne anziane, e che tendono a sobbarcarsi più spesso gli oneri dell’assistenza in modo esclusivo, patendone le conseguenze in modo per altro più vistoso sotto il profilo psico-fisico. I caregiver delle pazienti donne, principalmente figlie, figli e nuore, sono mediamente più giovani e condividono in misura maggiore il carico assistenziale (in genere con altri figli dei pazienti o con i loro coniugi). L’impatto del carico di cura sulla vita dei caregiver è infatti assolutamente dirompente: il 77,6% di essi indica che in seguito all’esperienza assistenziale la sua qualità della vita è peggiorata (55,2%) o molto peggiorata (22,4%), e per il 55,7% di essi il coinvolgimento in questi compiti implica infatti una rinuncia totale al tempo libero. Sotto il profilo psico-fisico ne consegue che nel 72,1% dei casi i caregiver intervistati hanno indicato di sentirsi fisicamente stanchi a causa dell’onere assistenziale, il 57,1% non dorme a sufficienza e il 24,8% soffre di depressione. A queste circostanze più diffuse, si aggiungono i casi in cui i pazienti hanno indicato conseguenze più serie rispetto alla loro salute per cui il 10,3% è dovuto ricorrere a supporto psicologico ed il 6,5% è stato ricoverato in ospedale. Tra i servizi di supporto all’assistenza un ruolo preminente è svolto dalle badanti, cui ricorre il 38,7% delle famiglie intervistate. Questo tipo di supporto è frequente soprattutto nelle regioni settentrionali e centrali (dove il dato supera il 40%), mentre al Sud e Isole si ferma al 28,8%. Tutte le informazioni sulle singole iniziative regionali sono inserite sul sito: www.aliceitalia.org

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prevenzione cardiovascolare Prof. Claudio Di Veroli

Specialista Nefrologo, Esperto di Ipertensione Arteriosa

Casa di Cura “San Domenico” Piazza Sassari, 5 Roma Tel. 06 44230851 In particolare, i reni non svolgono più un ruolo efficace, lasciano passare proteine nelle urine e quando diventano insufficienti trattengono sempre più soluti che dovrebbero essere eliminati (insufficienza renale cronica).

IL DIABETE DEL 2° TIPO: UN’EMERGENZA SANITARIA Il diabete del 2° tipo o diabete mellito non insulinodipendente (NIDDM) è una malattia in rapida ascesa nei paesi occidentali. Si caratterizza per lo stato di iperglicemia causato da una ridotta secrezione di insulina in presenza di glucosio e/o per una diminuita attività dell’insulina (insulino-resistenza). I soggetti, se non vengono trattati, possono andare incontro a gravi complicanze cardiovascolari con una frequenza tripla o quadrupla rispetto ai non diabetici. La prevenzione si basa sulle modificazioni della glicemia e degli altri fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione arteriosa, iperuricemia, fumo, dislipidemia ecc.). La glicemia a digiuno può risultare normale (<100 mg/ dL), alterata (100-125 mg/dL) ed in una condizione diabetica (>126 mg/dL). L’alterazione della glicemia è elemento centrale della Sindrome Metabolica, già trattata su Pocket Salute. Il NIDDM favorisce un gruppo eterogeneo di forme morbose come le infezioni, l’eccedenza ponderale, l’iperglicemia sintomatica (eccesso di urine e di sete, perdita di peso ecc.), i danni “devastanti” nel sistema arterioso (macro- e micro-angiopatie) e le patologie cerebrali (ictus, declini cognitivi), oculari (restringimento delle arterie retiniche che favoriscono la cecità), cardiache (angina pectoris, infarto del miocardio) e renali (perdida proteica, insufficienza renale).

Un’analisi delle urine dimostra la presenza della perdita proteica (microalbuminuria e proteinuria) ed un esame del sangue rileva un aumento della creatininemia, che informa sul livello di gravità dell’insufficienza renale. Il 15-30% dei diabetici sviluppa la nefropatia dopo dieci-quindici anni dalla diagnosi ed inoltre la ridotta funzione renale facilita le malattie cardiovascolari. Una complicanza della malattia diabetica è la neuropatia che colpisce i nervi dell’intero organismo (polineuropatia). Questa è responsabile di profonde modificazioni sensoriali che agevolano alcune patologie, come l’ulcera del piede. La causa principale dei danni è legata al sistema arterioso, ovvero alla grande facilità dello sviluppo di aterosclerosi. Si tratta, come è noto, di un progressivo decremento di calibro delle arterie sino alla loro completa ostruzione con conseguente deficit di irrorazione. L’obiettivo del trattamento è quello di migliorare la situazione metabolica ed il peso, sia con lo stile di vita (attività fisica, dieta ad hoc e controllo dell’indice glicemico, abolizione del fumo), sia regolarizzando con farmaci i parametri di rischio cardiovascolare, come l’emoglobina glicata (HbA1c) (<6,5%), la glicemia (<100 mg/dL), l’uricemia (<7 mg/dL), la pressione arteriosa (<130/80 mmHg), la colesterolemia totale (<180 mg/ dL), la trigliceridemia (<140 mg/dL), la colesterolemia LDL (tra 70-90 mg/dL) e la colesterolemia HDL (>45 mg/dL). Prof. Claudio Di Veroli Responsabile del “Centro dell’Ipertensione Arteriosa e delle Malattie Metaboliche e Renali” Casa di Cura “San Domenico” - Roma

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Fonte: www.quinonsitocca.it

Uno su Cinque: per fermare la violenza sessuale sui minori Circa un bambino su cinque è vittima di varie forme di abuso o di violenza sessuale. Può succedere a bambini di entrambi i sessi, di ogni età. Spesso l’autore dell’abuso è qualcuno che il bambino conosce e di cui si fida. L’autore di abusi può anche essere un altro bambino. È fondamentale stabilire una buona comunicazione con i bambini. Implica apertura, determinazione, franchezza e un clima familiare amichevole e non intimidatorio. La Regola del Quinonsitocca può aiutare in questo senso; comprende 5 aspetti importanti. 1. Il tuo corpo ti appartiene. Si deve insegnare ai bambini che sono padroni del loro corpo e che nessuno può toccarlo senza il loro permesso. Un dialogo aperto e diretto fin dalla più tenera età sulla sessualità e le “parti intime”, utilizzando i nomi corretti per i genitali e le altre parti del corpo, aiuterà i bambini a comprendere quello che non si deve fare. 2. Modo di toccare buono – modo di toccare cattivo. I bambini non riconoscono sempre se un palpeggiamento è appropriato o meno. Spiegate ai bambini che non va bene permettere a qualcuno di guardare o toccare le loro parti intime, o di accettare di guardare o di toccare le parti intime di qualcun altro. La Regola del Quinonsitocca li aiuta a riconoscere un limite evidente e facile da ricordare: la biancheria intima. 3. I segreti buoni – i segreti cattivi La segretezza è la tattica principale utilizzata dagli autori di abusi sessuali. Ogni segreto che li rende ansiosi, li mette a disagio, incute paura o li rende tristi non è un buon segreto e non deve essere mantenuto; deve essere raccontato a un adulto fidato (genitore, insegnante, poliziotto, medico).

4. La responsabilità della prevenzione e della protezione spetta a un adulto I bambini vittime di abuso provano vergogna, senso di colpa e paura. Gli adulti devono cercare di evitare di creare tabù intorno alla sessualità e accertarsi che i bambini sappiano a chi rivolgersi se sono preoccupati, ansiosi o tristi. 5. Segnalare e rivelare Si deve indicare ai bambini che certi adulti possono fare parte del loro circolo di persone fidate che creano una rete di sicurezza per proteggerli. Dovremmo incoraggiarli a scegliere degli adulti che hanno la capacità di ispirare fiducia, sono disponibili ad ascoltarli e ad aiutarli. La campagna “Uno su cinque” è stata realizzata dal Consiglio d’Europa. Il materiale informativo e il libro “Kiko e la mano”, per i genitori che vogliano insegnare ai propri bambini la regola del “Qui non si tocca”, si possono consultare sul sito web della campagna: www.quinonsitocca.it.

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Roberta Armentano

Aids: diminuisce il contagio In occasione della 22esima Giornata mondiale della lotta all’AIDS (lo scorso 1 dicembre) l’UNAIDS, il Programma dell’ONU per la lotta all’AIDS, ha pubblicato il Rapporto sullo stadio della diffusione della malattia nel mondo. Nel documento si legge che, in dieci anni, il numero di nuovi contagi è diminuito del 20% e il tasso di nuove infezioni da HIV si è stabilizzato in 56 Paesi. Tale riduzione riguarda anche Paesi come l’Africa e l’India che hanno visto ridursi rispettivamente di un terzo e di oltre la metà il numero di nuovi malati. “Possiamo essere orgogliosi” ha dichiarato Michel Sidibé, Direttore Esecutivo del Programma UNAIDS, che allo stesso tempo ha ricordato l’importanza di non “cullarsi su questi risultati e di continuare con forza l’impegno e la lotta contro l’AIDS”. Questo risultato è la prova che i programmi di prevenzione dell’HIV producono risultati significativi, si legge nel testo. La riduzione del numero di nuove infezioni è legato a una maggiore consapevolezza di questa malattia, a cambiamenti nelle norme sociali e all’adozione di comportamenti più sicuri. “Abbiamo raggiunto questo eccezionale traguardo – ha continuato Michel Sidibé – perché le famiglie, le comunità, i Governi e la stessa UNAIDS hanno unito il mondo in un movimento senza precedenti”. Come si legge nel Rapporto dell’UNAIDS, oggi sono 5 milioni le persone che stanno seguendo delle terapie mediche contro l’HIV. Più di un milione di persone ha iniziato a seguire la terapia antiretrovirale (terapia che aumenta le difese immunitarie del malato per contrastare il virus dell’HIV nell’organismo) per la prima volta soltanto nel 2009. Il maggiore accesso alle cure ha contribuito a ridurre del 19% i decessi dal 2004 al 2009. L’incidenza dell’HIV si è ridotta del 25% tra il 2001 e il 2009 in 33 Paesi (di questi

22 sono Stati dell’Africa sub-sahariana). Anche tra i giovani dei Paesi ad alto rischio di contagio, la trasmissione della malattia si è ridotta del 25% grazie a rapporti sessuali più sicuri. È diminuita la percentuale di bambini nati da madri con il virus dell’HIV; il contagio madre figlio è passato dai 500 mila bimbi infetti nel 2001 a 370 mila nel 2009. La trasmissione del virus da madre a figlio continua ad essere causa di morte in molte regioni del mondo, è necessario facilitare e migliorare l’accesso alle cure per interromperla. Semplificare l’accesso alle cure mediche e ridurne i costi (secondo le nuove linee guida suggerite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) ridurrà il numero di morti, migliorerà la qualità della vita delle persone che vivono con l’HIV e delle loro famiglie. Il Rapporto dell’UNAIDS è consultabile on line al sito: www.unaids.org

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dialisi peritoneale Prof. Gaspare Elios Russo Specialista in Nefrologia

A.N.Di.P. “Enzo Siciliano” Onlus Segreteria: Tel. 06 49974293 Cell. 334 1883466 Sito web: www.andip.org

COME MIGLIORARE LA qUALITÀ DI VITA DEI PAZIENTI L’inizio della terapia dialitica e la scelta del trattamento più idoneo risulta un problema assai arduo che coinvolge sia l’equipe medica che il paziente ed i propri familiari. L’invecchiamento della popolazione affetta da IRC “V Stadio” (dialisi) è in progressiva crescita, per cui la valutazione dello stato di salute e della qualità di vita deve rappresentare un momento fondamentale che ci permette di adeguare la terapia dialitica al paziente. Risulta evidente come la Dialisi Peritoneale (DP) sia più vantaggiosa per il paziente, soprattutto in funzione del fatto di poter eseguire il trattamento a casa, con maggior indipendenza, libertà di movimento e autonomia di gestione dei tempi del trattamento. L’emodialisi (HD), invece, può essere definita come una terapia alla quale il malato deve adattarsi, legata agli orari e alle esigenze del centro; al contrario, con la DP è “la terapia” che si adatta alle esigenze del malato, determinando una migliore qualità di vita dello stesso. Considerando le maggiori problematiche che ha l’anziano ad alimentarsi, e la necessità del paziente in DP ad assumere una dieta con un importante contenuto proteico,

assumono particolare rilevanza gli aspetti nutrizionali. La malnutrizione è considerata uno dei principali fattori in grado di condizionare negativamente sia la sopravvivenza che la qualità di vita dei soggetti uremici in dialisi. È stato infatti dimostrato che soggetti che iniziano la dialisi con segni di malnutrizione hanno una prognosi peggiore, ed una mortalità superiore, rispetto ai soggetti che arrivano alla dialisi con un adeguato stato nutrizionale; secondo le casistiche circa il 25-75% dei pazienti non hanno un regime nutrizionale adeguato. La malnutrizione può essere dovuta ad un insufficiente apporto proteico-calorico per ragioni riconducibili a numerose problematiche quali la biocompatibilità del sistema depurativo o una eccessiva perdita di nutrienti attraverso il peritoneo o attraverso le membrane di dialisi. Nella sua prevenzione e correzione, migliorando la qualità di vita e riducendo la mortalità dei pazienti, devono essere coinvolti il mmg, il nefrologo, il dietista ed i familiari. Diceva infatti Ippocrate: ”il nostro cibo dovrebbe essere la nostra medicina; la nostra medicina dovrebbe essere il nostro cibo”. Sulla base di ciò va sottolineata l’importanza fondamentale di una costante educazione e informazione del paziente che può essere realizzata attraverso un lavoro congiunto tra l’équipe medica, i pazienti e i familiari, nonché con il supporto della nostra Associazione (A.N.Di.P.). Grande importanza hanno anche gli incontri di promozione della salute con le associazioni dei malati e i malati stessi, la produzione di opuscoli informativi ed istruzioni scritte tenendo sempre presente che “una dieta corretta per il paziente e’spesso una dieta corretta anche per il resto della famiglia”.

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Giovanna Filoso, fonte: http://www.ordinemediciroma.it

a cura della redazione

IL RUOLO FONDAMENTALE DELLE FARMACIE NEI PROSSIMI ANNI Il sistema sanitario cambierà pelle per reggere l’impatto con l’inarrestabile avanzata della terza età e strategia per vincere la sfida dei prossimi anni. Saranno i medici di famiglia e le farmacie ad assumere una nuova veste: “quella di ‘gatekeepers’, porte d’ingresso del Servizio sanitario nazionale”. E’ il quadro delineato a Milano dal ministro della Salute, Ferruccio Fazio. La sanità italiana? “Un treno in corsa”. Il ministro la definisce così, durante un incontro organizzato dall’università Cattolica per i dieci anni del Centro di ricerche e studi in management sanitario dell’ateneo. “Il Ssn nel nostro Paese - spiega - andrà incontro a cambiamenti fortissimi nei prossimi anni. Non solo gli ospedali di oggi non sono come quelli di vent’anni fa, ma tutto l’impianto è cambiato ed è ancora nulla rispetto a quanto cambierà entro il 2050. La sanità richiede manutenzione. Anche i migliori ospedali e le migliori Asl non possono sedere sugli allori. E’ come un treno in corsa dal quale non si può scendere: si può solo andare avanti avendo cura della manutenzione”. Il punto di partenza è la demografia “da trattare sempre di più sul territorio: il cittadino che ha un problema sanitario non andrà in pronto soccorso, né ospedale, ma dal medico di famiglia, riunito in forme di associazione o di collaborazione con i colleghi sumaisti, oppure nelle farmacie che oggi, per effetto dei provvedimenti che le hanno riguardate, diventeranno sempre più centri sanitari dove ritirare referti, prenotare esami e così via”. “Le farmacie funzionano” riflette il ministro. Lo conferma un’indagine secondo cui sono preferite ai medici di famiglia e agli ospedali, da parte di molti italiani. “Se raccoglieranno la sfida allora sì che saranno la porta d’ingresso al Servizio sanitario nazionale”. Gli ospedali, ribadisce Fazio, “saranno solo per brevissimi

ricoveri in acuzie, ai quali seguirà il ritorno del paziente sul territorio. Per questo i piccoli ospedali periferici, non in grado di garantire i Livelli essenziali di assistenza, vanno riconvertiti, ridimensionati, riadattati”. Parola d’ordine per il nuovo Ssn: prevenzione! “Il piano 2010-2012 è innovativo perché spalma quest’attività su tutte le strutture del territorio, non la lascia confinata ai Dipartimenti di prevenzione. Solo così saranno possibili grandi scenari di umanizzazione”. Quanto ai fondi per la non autosufficienza che risultano essere inferiori rispetto ad altri Paesi, per esempio a quelli del Nord Europa, Fazio precisa che “la situazione dell’Italia è diversa: noi l’autosufficienza dobbiamo gestirla a casa del malato. I nostri Lea, che in questo momento giacciono al ministero dell’Economia, prevedono percorsi in questa direzione. Non dobbiamo mutuare modelli da altri Paesi solo perché lì hanno funzionato, ma usare la nostra struttura sociale, i suoi punti di forza. Come le farmacie italiane, che sono una nostra peculiarità. Una rivoluzione da mettere in atto, senza perdere di vista l’appropriatezza”.

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Fonte: www.operazionenasorosso.it

a cura della redazione

AIUTIAMO I bimbi AFFETTI DA OSTEOGENESI IMPERFETTA L’Osteogenesi Imperfetta è una malattia rara (Decreto Ministeriale del 18 maggio 2001, n.279, pubblicato sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n.160 del 12 luglio 2001, “OSTEODISTROFIE CONGENITEOSTEOGENESI IMPERFETTA cod. sanzione RNG060”), con eredità autosomica dominante che colpisce indifferentemente i due sessi con una incidenza di 1 a 20.000, caratterizzata da fragilità ossea ed altri segni di alterazioni connettivali. Gli individui affetti sono particolarmente predisposti alle fratture anche a seguito di traumi molto lievi e la malattia è per questo anche detta “malattia delle ossa fragili” o “malattia delle ossa di vetro”. Altri sintomi e segni clinici sono: sclere blu, osteopenia, vari gradi di bassa statura, deformità ossee progressive, dentinogenesi imperfetta, lassità ligamentosa e cutanea, sordità ad esordio prevalentemente in età adulta. Manifestazioni minori sono tendenza ad ecchimosi, lividi, cheloidi, ipertermia, iperidrosi, ipotonia e ipotrofia muscolare, alterazioni valvolari cardiache, anomalie oculari e alterazioni dell’emostasi. Nei pazienti affetti da tale patologia è di vitale importanza la terapia medica effettuata con bisfosfonati a quella fisioterapica e ortopedica. Proprio una corretta valutazione dello schema corporeo e degli eventuali deficit motori e staturali ai quali purtroppo frequentemente vanno incontro i nostri pazienti è fondamentale per impostare un’efficace protocollo terapeutico fisioterapico, che deve mirare non solo ad evitare ulteriori peggioramenti delle deformità ma deve favorire un completo recupero delle attività vitali (deambulazione, respirazione etc) dei pazienti. Sul recupero della deambulazione e respirazione grande ruolo riveste la colonna vertebrale che in questa patologia è frequentemente contrassegnata da “fratture vertebrali” che favoriscono la comparsa di cifosi o scoliosi che nel tempo limitano le attività quotidiane e lavorative dei pazienti adulti e un’isolamento e depressione dei pazienti in età pediatrica.

Fino ad oggi la valutazione statica, le deformità, la cifosi e scoliosi viene effettuata, nel Presidio per le Osteodistrofie Congenite del Policlinico Umberto I di Roma, mediante l’esame radiologico tradizionale sottoponendo il paziente all’assunzione di eccessive quantità di radiazioni e con significativo aumento del rischio oncogeno. Al fine di evitare che i nostri pazienti continuino ad essere sottoposti ad esami radiografici seriati, con conseguente assunzione di eccessive dosi di radiazioni, per la corretta valutazione della cifosi e scoliosi è necessario che il Presidio venga dotato di un apparecchio quale il FORMETRIC SPINOMETRIA 4D. Questo sistema di analisi effettua una dettagliata ed estesa rilevazione ottica tridimensionale non invasiva (senza raggi X e senza alcun effetto collaterale), statica e dinamica dell’intera colonna vertebrale e del bacino fornendo dati quantitativi precisi e ripetibili con rappresentazioni grafiche di numerose problematiche posturali. Tale sistema presenta diversi campi di applicazione quali: - diagnosi precoce e monitoraggio degli atteggiamenti scoliotici e scoliosi, iperlordosi, dorso piatto, eterometria e dismetria degli arti inferiori in età evolutiva; - diagnostica e follow-up di deformazioni del rachide quali scoliosi, ipercifosi dorsale, iperlordosi lombare; - valutazione posturale nelle problematiche muscolo-scheletriche. Il costo della macchina è di € 35.000 e per questo chiediamo a tutti l’impegno, con una donazione anche piccola, per il suo acquisto. Nella pagina accanto tutte le informazioni.

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a cura della redazione

Roberta Armentano

Eccessivo “giudizio” Comincia così, con un dolore diffuso da un lato della bocca che interessa guance e gengive. Un’infezione? Forse una carie? No, è un “nuovo” dente che sta spuntando dopo i molari, un terzo molare appunto, conosciuto anche come dente del giudizio. Una persona adulta ha 32 denti; durante l’infanzia sostituisce i denti da latte con quelli definitivi ai quali si aggiungono gli ultimi 4 molari. Molto spesso questi ultimi denti (che nascono molti anni dopo quelli definitivi) non hanno abbastanza spazio per uscire e posizionarsi naturalmente di seguito agli altri, spuntano storti, a volte restano inclusi nella gengiva (è il caso dei denti inferiori) diventando difficili da spazzolare, spingono sugli altri compromettendone il corretto allineamento. È a causa di questa mancanza di spazio che il dente preme e provoca dolore. La faccia si gonfia, le gengive ci fanno male, la guancia e la gola sono “in fiamme”, abbiamo difficoltà a parlare o anche semplicemente ad aprire la bocca, non riusciamo a masticare (a questo si aggiunge il rischio di ferire la gengiva corrispondente ad ogni morso). L’antidolorifico aiuta per qualche ora, ma il dolore può svegliarci anche nel cuore della notte appena finisce l’effetto. Quando soffriamo di “mal di denti del giudizio” bisogna armarsi di coraggio e andare dal dentista con la consapevolezza che il dente che fa male dovrà essere tolto. Prima di procedere il dentista potrebbe consigliarci di assumere gli antibiotici per qualche giorno e aspettare che l’infiammazione si riduca. Se apparteniamo a quella categoria di persone che soffrono già alla sola vista dell’ago per l’anestesia, farà sicuramente piacere sapere che tutti i dentisti utilizzano un gel (o una pasta) con effetti anestetici; si applica direttamente sulla gengiva, poco prima dell’iniezione, per non sentire neanche la puntura.

La durata e la complessità dell’estrazione dipendono dal singolo caso. Di solito i denti del giudizio superiori sono più semplici da estrarre rispetto a quelli dell’arcata inferiore che potrebbero essere in parte inclusi nella gengiva. Dolore e gonfiore saranno presenti ancora qualche giorno dopo l’estrazione. Per un paio di giorni (anche meno se l’intervento è stato semplice e non sono stati necessari punti di sutura) i dentisti raccomandano di seguire un’alimentazione semi liquida e pasti freddi (yogurt e gelato); non fumare né bere alcolici; spazzolare i denti delicatamente evitando gli sciacqui con il colluttorio. Nessuno noterà che ci manca un dente ma solo che abbiamo ripreso a sorridere.

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dietologia Dott. Paolo Siniscalco

Medico Chirurgo - Medicina e Chirurgia Estetica

Quinto Elemento Parioli Srl (Salario-Parioli) Via Po, 37 00198 Roma Tel. 06/8542640 Sito web: www.quintoelementoparioli.com teine di alto valore biologico: via libera, quindi, al consumo delle riserve di grassi, grazie anche alla diminuzione della secrezione di insulina legata all’assenza di glucidi nell’alimentazione. La sensazione di benessere e la riduzione della fame rendono possibile seguire una dieta di per sé ipocalorica, ma con un apporto proteico tale da comportare una selettiva perdita di grasso con conservazione della massa magra.

SNELLA E TONICA CON LE PROTEINE Le proteine sono complici di un corpo armonioso: via libera ad un’alimentazione povera di carboidrati e ricca di alimenti dall’effetto drenante, che aiutano ad eliminare i liquidi trattenuti. La dieta proteica assicura una rapida perdita di peso senza alcuna sensazione di fame o di stanchezza. È molto semplice da seguire, non ci sono scelte da fare per quanto riguarda i cibi, nè alimenti da pesare. Non c’è perdita del tono muscolare, né dell’elasticità dei tessuti. Questo programma alimentare proteico deve essere seguito da un nutrizionista e limitato nel tempo. Raggiunto il peso desiderato un protocollo di mantenimento permette di mantenere il risultato ottenuto. La dieta proteica prevede una riduzione dell’assunzione di zuccheri, rispettando il fabbisogno proteico, vitaminico, di minerali e di acidi grassi essenziali dell’organismo. Garantisce una netta riduzione della massa grassa, ma non di quella muscolare. Il programma alimentare proteico non determina modifiche a carico della massa magra, dei muscoli e della pelle. La massa magra è protetta dalla somministrazione di pro-

La visita Il protocollo prevede un’accurata visita medica nella quale viene valutato lo stato di salute del paziente ed effettuato un esame plicometrico che permette di determinare attraverso una analisi della massa muscolare la percentuale di grammi in proteine che il paziente dovrà introdurre giornalmente. - 4/6Kg in un mese Il trattamento si articola in diverse fasi, modificabili, a seconda delle indicazioni e degli obiettivi da raggiungere e prevede l’assunzione di preparati contenenti proteine di alto valore biologico, insieme ad alcune verdure da consumare a volontà. E’ inoltre necessaria l’integrazione con potassio, calcio, magnesio, cloruro di sodio, vitamine e oligoelementi, al fine di evitare ogni tipo di carenza. Programma alimentare per uomini e donne La dieta proteica è indicata sia agli uomini che alle donne che vogliono perdere i chili in eccesso. Perfetta per le donne nel post gravidanza per perdere i chili in eccesso, è indicata anche in casi di obesità, diabete o ipertensione arteriosa.

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Fonte: www.operazionenasorosso.it

speciale del mese

I vantaggi Rapida perdita di peso Assenza di fame a partire dal terzo giorno per effetto della chetogenesi Maggiore tono muscolare Scioglimento dei grassi localizzati Mantenimento della massa muscolare Le funzioni essenziali delle proteine: - Fonte di energia. - Mantenimento dei tessuti e degli organi. - Trasporto delle molecole nel sangue. Le 4 fasi della dieta proteica: 1) Prima visita conoscitiva della dieta proteica necessaria per allontanare il paziente dalle sue cattive abitudini alimentari; 2) Progetto alimentare realizzato in modo personalizzato diretto alla salvaguardia della massa muscolare ed alla perdita di quella grassa; 3) Controllo dietetico costante indispensabile nella prima fase della dieta; 4) Mantenimento Il programma base della Dieta Proteica prevede 4 step fondamentali. 1) Alimentazione Proteica Questo primo step può durare 15-30 gg, il tempo necessario per trattare accumuli di adipe importanti e per perdere un numero di kg consistente. Durante questa fase si assumono proteine animali (carne e/o pesce) con verdure. E’ assolutamente necessario completare l’alimentazione giornaliera con un integratore di magnesio e potassio per il corretto funzionamento delle strutture muscolari. 2) Alimentazione con i Carboidrati In questa fase si procede ad una progressiva reintroduzione dei carboidrati. In concreto si raggiunge un programma alimentare bilanciato.

3) Fase di mantenimento – Alimentazione completa Prevede l’integrazione graduale di tutti quegli alimenti sin d’ora non assunti con una particolare attenzione ai glucidi che facilitano la stabilizzazione della perdita di peso. Il paziente verrà orientato verso abitudini alimentari quantitative e qualitative: una colazione equilibrata, spuntini poveri di zuccheri ed infine pranzo e cena leggeri tali da non riprendere peso in modo incontrollato. 4) Alimentazione Bilanciata Definitiva Sarà la professionalità e l’esperienza del medico sulla base delle informazioni acquisite nel percorso alimentare del paziente a fornire uno schema alimentare bilanciato e definitivo. Un controllo periodico dal medico è essenziale anche per imparare a gestire le “trasgressioni”.

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Giovanna Filoso, fonte: www.ordinemediciroma.it

a cura della redazione

LE MAMME-DONATRICI PREMIATE PER IL LORO GESTO

Le neo-mamme-generose sono arrivate da tutta la provincia di Roma per ricevere un attestato che riconosce il valore solidale del loro bellissimo gesto: la donazione del latte materno per aiutare i neonati prematuri. L’ospedale Bambino Gesù di Roma ha premiato oggi numerose mamme che nel corso del 2010 hanno partecipato al progetto “La Via Lattea”, un’iniziativa voluta in collaborazione con la Provincia di Roma per incentivare la donazione di un alimento di fondamentale importanza nei primi mesi di vita del bambino. La raccolta ha impreziosito la disponibilità della Banca del latte umano donato, chiamata anche con l’acronimo “Blud” del Bambino Gesù, attiva in questo settore già dal 1989. La Provincia di Roma, in collaborazione con la polizia municipale, ha partecipato all’iniziativa recandosi a domicilio delle volontarie che hanno donato il loro latte, aiutando così tutte le “colleghe” che non hanno a disposizione questo alimento. “E’ il punto d’arrivo di un lungo percorso - ha commentato Giuseppe Profiti, presidente del Bambino Gesù - Grazie a queste mamme possiamo aumentare la disponibilità del latte nella nostra Banca che raccoglie, tratta e distribuisce l’alimento a chi ne ha più bisogno. Ma l’aspetto più importante è quello della donazione, un gesto nobilissimo che rende onore a queste mamme”. Per Claudio Cecchini, assessore provinciale alle Politiche sociali, “è importante notare la consapevolezza terapeutica del latte materno. Il valore solidale di questo gesto è

enorme”. I dati sulla donazione del 2010 non sono però molto soddisfacenti, infatti nel 2009 erano state trentacinque le donatrici per un totale di 510 litri raccolti, a novembre 2010 le mamme erano quarantaquattro per un totale di 467 litri. Il numero delle “volontarie” è comunque aumentato, ma si potrebbe fare ancora molto di più per aiutare i bambini che non possono nutrirsi grazie al latte delle loro mamme. Giuseppe Morino, responsabile della Dietologia clinica del Bambino Gesù, avverte: “Abbiamo richieste che arrivano da tutte le parti d’Italia, anche dalla Sardegna dove non esistono banche come la nostra. Bisogna incentivare la donazione! Da parte nostra speriamo di allargare l’iniziativa a livello regionale e non più solo provinciale”. Il “Blud” è attualmente l’unico centro attivo nel Lazio ed è uno dei ventuno presenti sul territorio nazionale, ma bisognerebbe creare altre Banche come questa, vista la loro grande utilità e l’abbondante quantità delle richieste di latte che le pervengono. Il latte materno - convengono all’unanimità gli esperti presenti alla premiazione - rimane l’alimento ideale per i primi sei mesi di vita del bambino, e quello migliore per i nati prima delle trentadue settimane o sotto il chilo e mezzo di peso. Grazie al latte materno si possono avere numerosi vantaggi: diminuzione dell’incidenza di enterocolite necrotizzante (più comunemente conosciuta con il nome di “Nec”) e sepsi, svuotamento gastrico più veloce e miglioramento dello sviluppo neurologico.

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a cura della redazione

Valentina Peter

GUARIRE CON LA PET-THERAPY

Il rapporto tra uomo-animale è un’esperienza molto antica. La Pet Therapy ha una struttura metodologica, applicata in specifiche patologie. Una corretto intervento non coinvolge solo un paziente e un animale, ma una serie di tecnici competenti, quali veterinari, psicologi, medici ed educatori. Questa tipologia di terapia è destinata a bambini con particolari problemi, a persone in condizioni di disagio fisico o psichico-emozionale e agli anziani. La Pet Therapy può essere affiancata a terapie mediche tradizionali, velocizzando il recupero delle funzioni fisiche, cognitive e sociale. Gli specialisti sostengono che accarezzare un animale aiuta a valorizzare la consapevolezza del proprio corpo, a sviluppare la propria personalità, a raggiungere un buon livello di calma e una regolare frequenza cardiaca; spesso questa metodologia permette di colmare la carenza di affetto e attenzione. Può essere un supporto in caso di forte stress,

di depressione, di conflittualità e fobia; alcuni bambini, ricoverati in ospedale, soffrono spesso di ansia e avvilimento, mostrando disturbi del sonno, dell’appetito, paura e noia. Le attività, con la presenza di un animali, mostrano bambini curiosi, propensi alla comunicazione con il personale medico e all’accettazione delle terapie. La Pet Therapy può essere sfruttata con soggetti affetti da handicap fisici. L’uso del cane, da compagnia, aiuta il mantenimento dell’aspetto fisico; le azioni di spazzolare, lanciare la pallina o lavare il cane, sono tutte attività che richiedono un grande impegno motorio da affiancare ad un esercizio con un tutore imposto da uno specialista. Questa tipologia di terapia non è adatta in caso di fobie nei confronti di animali; inoltre è essenziale che gli animali coinvolti, possiedano precise qualità fisiche e caratteriali, siano assicurati e vengano monitorati da tecnici e veterinari. Per maggiori informazioni si consiglia di visionare il sito internet dell’associazione Pet Therapy Italiana www.pettherapyitalia.it.

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Fonte: www.salute.gov.it

il Ministero della Salute informa

odontoiatria per cittadini a basso reddito e donne incinte Da oltre un anno il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, l’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI) e l’Associazione Odontoiatri Cattolici Italiani (OCI) hanno sottoscritto un Accordo di collaborazione al fine di garantire, a onorari concordati, le cure odontoiatriche a cittadini a basso reddito e alle donne in gravidanza. L’accordo include cinque prestazioni odontoiatriche ad onorari concordati ed uniformi su tutto il territorio nazionale: - visita odontoiatrica, ablazione tartaro e insegnamento igiene orale - sigillatura dei solchi dei molari e premolari - estrazione di elemento dentario compromesso - protesi parziale con ganci - protesi totale A beneficiare degli onorari odontoiatrici concordati sono alcune categorie di persone: - Donne in gravidanza, indipendentemente dal reddito, ma solo per prestazioni di prevenzione come: visita odontoiatrica, ablazione tartaro e insegnamento dell’igiene orale - Soggetti titolari di “social card” - Soggetti, indipendentemente dall’età, con ISEE non superiore ad euro 8.000,00 - Soggetti con ISEE non superiore ad euro 10.000,00 aventi diritto all’esenzione totale dal ticket per uno dei seguenti motivi: - per ragioni di età - per patologie croniche - per patologie invalidanti - perché riconosciuti inabili al lavoro con invalidità 100% e con handicap gravi. L’accordo riguarda gli studi odontoiatrici privati dei professionisti associati ANDI-OCI. Si ricorda che il Servizio sanitario nazionale offre, come previsto dai Livelli essen-

ziali di Assistenza (LEA), le cure odontoiatriche nell’età evolutiva e assistenza odontoiatrica a cittadini in condizioni di particolare vulnerabilità, sociale ed economica secondo criteri individuati dalle singole Regioni. Infine, a tutti i cittadini, inclusi quelli che non rientrano nelle categorie di protezione indicate (tutela età evolutiva e condizioni di vulnerabilità), sono garantite le visite odontoiatriche al fine della diagnosi precoce di patologie neoplastiche del cavo orale ed il trattamento immediato delle urgenze odontostomatologiche, per esempio infezioni acute e dolore acuto. I cittadini aventi diritto possono recarsi negli studi per usufruire delle cure ad onorari concordati. E’ possibile consultare gli elenchi aggiornati dei professionisti associati che aderiscono all’iniziativa sulle pagine web dedicate all’accordo dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani e dell’Associazione Odontoiatri Cattolici Italiani.

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a cura della redazione

Valentina Peter

SHiATSU. IL TRATTAMENTO DELL’EQUILIBRIO

“Il cuore dello shiatsu è come il puro affetto materno; la pressione delle mani fa scorrere le sorgenti della vita” Tokujiro Namikoshi Lo Shiatsu si basa sulla pressione perpendicolare, mantenuta e costante lungo aree specifiche del corpo. Lo shiatsu non è sostitutivo di eventuali terapie mediche, paramediche, psicologiche o psichiatriche, ma può essere affiancato per vari disturbi e patologie fisiche o psichiche. Esistono diverse scuole di shiatsu nel mondo, che si differenziano per i caratteri che i vari maestri hanno loro imposto:

del respiro, del battito cardiaco e della temperatura corporea. Ohashi ha sviluppato una modalità di lavoro che si basa sulla comunicazione e la sinergia tra chi pratica e chi riceve il trattamento, aumentando il benessere e l’armonia di entrambi. Lo Shiatsu, oltre ad essere una valida pratica preventiva, in quanto a rafforzare le naturali difese dell’organismo e a stimolare la sua naturale vitalità, è indicato nell’alleviare dolori muscolari, dolori articolari e problemi posturali.

Lo stile Namikoshi si concentra maggiormente sui sintomi, con l’obbiettivo di intervenire sulle patologie in via preventiva e terapeutica. Questa scuola utilizza le conoscenza della scienza medica occidentale. Tale tecnica mostra un’efficacia elevata in tempi rapidi, con riferimento agli specifici sintomi trattati.

Il trattamento Shiatsu è di solito preceduto da un colloquio tra praticante e ricevente, che permette di identificare il problema e programmare le vari fasi del trattamento. Il massaggio Shiatsu deve essere effettuato in una condizione di calma e di silenzio.

Lo stile Masunaga, maggiormente diffuso in occidente, mira ad un equilibrio generale delle funzioni dell’organismo. Masunaga, si riscontra tipicamente un effetto di rilascio delle tensioni muscolari, con regolarizzazione

Per maggiori informazioni consultare il sito internet della Federazione Italiana Shiatsu www.fis. it o quello della Scuola Internazionale di Shiatsu Italia www.shiatsu.it.

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Giovanna Filoso, fonte: http://www.iss.it

a cura della redazione

i NOSTRI NONNI SONO I PIÙ PIGRI E FUORI FORMA Sono fuori forma, si muovono poco e non sono motivati a migliorare lo stile di vita. E’ questa la fotografia degli anziani scattata dall’ISS, partner italiano del progetto europeo CHANGE che assieme ad altri quattro paesi membri dell’Unione Europea (Austria, Spagna, Polonia e Lituania) ha raccolto informazioni sugli stili di vita della popolazione canuta. I dati completi sono stati presentati dall’Istituto Superiore di Sanità durante il workshop “Invecchiare oggi: una sfida per il domani” organizzato dal Reparto Ambiente e Traumi. Secondo il rapporto l’indice di massa corporea, o BMI calcolato sulla base dei parametri fisiologici registrati nel campione indica che la popolazione è tendente al sovrappeso. La maggior parte delle persone anziane vive in famiglia, ma molti vivono da soli, tuttavia vi sono grandi differenze in base alle diverse realtà territoriali. In Italia, Polonia e Spagna un ambiente sociale meno disgregato ha favorito il mantenimento dell’anziano in un tessuto connettivo relazionale che potrebbe permettere una più agevole compensazione della mancanza di autosufficienza ed un migliore reinserimento sociale. Il livello di scolarità è risultato assai disomogeneo: mediamente alto in Lituania e Polonia, dove alcuni sono addirittura laureati, mentre in Italia quasi la metà ha solo il diploma di scuola elementare. Il campione di anziani italiani, nel complesso, si è mostrato più “pigro” degli altri. Infatti, al di là della percentuale di soggetti sovrappeso più elevata di tutti e del BMI medio più elevato, gli italiani sembravano essere anche quelli meno interessati a tenere uno stile di vita più attivo e dinamico.

“Il modello formativo promosso dal progetto CHANGE ha attivato un processo virtuoso in alcuni comportamenti degli anziani o, perlomeno, è nata o si è rafforzata in loro la volontà di intraprenderli - ribadisce il dott. Giustini - il camminare sembra essere l’attività maggiormente implementabile sia in termini di frequenza settimanale, sia in termini di durata. In alcune realtà, ed è il caso proprio dell’Italia, il ballo, attività per eccellenza socializzante, ha mostrato un incremento significativo in termini di frequenza”. Prendendo, infatti, una serie di attività fisiche praticabili in concreto anche dagli anziani, è risultato che il camminare sia l’unica effettivamente svolta dalla maggior parte dei soggetti. Gli stili alimentari risentono abbastanza delle tradizioni nazionali: tra l’80% e il 95% ha dichiarato di consumare pane, pasta, riso e cereali almeno tre volte a settimana, ma in molti confessano di farlo anche tutti i giorni! Un po’ ovunque il consumo giornaliero di frutta, verdure e legumi si presenta elevato, specialmente in Italia e Spagna per quanto riguarda la frutta fresca; in Polonia e in Austria si preferiscono verdure e legumi. Appena il 15% del campione italiano si è dichiarato abbastanza o molto soddisfatto della propria vita attuale, contro un numero molto maggiore di lituani, spagnoli, polacchi e austriaci.

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a cura della redazione

Valentina Peter

IL PRIMO ALIMENTO DELLA MAMMA

Il latte materno rappresenta il miglior alimento per i neonati: gli esperti sostengono che questa tipologia di allattamento permette alle mamme di sentirsi utili e gratificate e al bambino di sviluppare i sensi per il riconoscimento della madre. Lo stato di salute e di nutrizione della mamma e del bambino sono intimamente legati, in quanto formano una sola unità sociale e biologica. Il latte materno è in grado di fornire tutte le proprietà nutrienti di cui hanno bisogno i neonati nella prima fase della loro vita: ferro, proteine, grassi polinsaturi, sali minerali. Si è visto che già nelle primissime ore di vita, il piccolo è in grado di trovare da solo il seno materno e di succhiare. Le raccomandazioni dei pediatri sono di allattare il bambino secondo la sua richiesta, evitando orari rigidi; consigliano di non fornire, al neonato, liquidi diversi dal latte materno, prima della prima poppata; di non lavare il seno dopo ogni poppata ed evitare l’uso di creme o unguenti durante l’allattamento, in quanto il seno è prov-

visto di ghiandole che capaci di provvedere alla naturale disinfezione della zona interessata. L’allattamento al seno riduce la durata delle gastroenteriti, il rischio di occlusioni e lo sviluppo di allergie; migliora la crescita intestinale e lo sviluppo psicomotorio. Accelera la ripresa dal parto, riduce il rischio di emorragia e perdita di sangue; favorisce la perdita di peso e prolunga il periodo di infertilità post parto. Vi sono condizioni in cui l’allattamento al seno è sconsigliato: in caso di sieropositività, di tubercolosi attiva, terapie antitumorali, presenza di malattie autoimmunitarie, infezioni come meningite, botulismo e infezioni del tratto urinario. Per maggiori informazioni si può consultare il sito internet del ministero della salute, prestando attenzione alle pagine dedicate alla nutrizione, http://www.salute.gov.it. Si consiglia la seguente lettura: Veronika Robinson, Allattare secondo natura, Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’allattamneto al seno, Firenze, Aam Terra Nuova, 2009.

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a cura della redazione

Simona Piccirilli

Tv e disabilità: la tetra paresi spastica In questo mese si è sentito spesso parlare della nuova trasmissione di Rai Tre, “Vieni via con me”, condotta da Fabio Fazio e Roberto Saviano. Questo programma ha fatto molto parlare di sè, prima ancora di partire, a causa delle polemiche sollevate dalla stessa Rai. Successivamente ha suscitato risentimenti e polemiche anche nel mondo della politica, a causa di argomenti “scottanti” trattati in trasmissione, come la mafia. Al di là delle polemiche e della politica, però, “Vieni via con me” tratta anche di temi molto delicati e attuali, come la sanità, la sicurezza sul lavoro, l’eutanasia, e lo fa avvalendasi dell’aiuto di persone che hanno avuto esperienza diretta del problema di cui si parla. Un esempio viene proprio dalla puntata del 22 Novembre, in cui si è parlato di disabiltà grazie all’intervento del comico David Anzalone a cui è stata diagnosticata una tetra paresi spastica alla tenera età di nove anni, ovvero un deficit muscolare dei quattro arti che gli provoca problemi di deambulazione e difficoltà di articolazione della parola. Durante la trasmissione, il comico, ha letto ironicamente il suo “elenco delle opportunità che si hanno nell’essere handicappati“. Un monologo divertente, con cui è riuscito a sdrammatizzare la difficile condizione in cui si trova, e in cui si trovano tanti altri disabili, soprattutto bambini. Infatti, la tetra paresi spastica è una malattia neurologica che si sviluppa in seguito ad anomalie nella fase prenatale, e i primi sintomi cominciano a manifestarsi solo verso i cinque anni. Purtroppo ancora non esistono tecnologie tali da individuare questa malattia in fase prenatale e, anche

per quanto riguarda la terapia, la ricerca ha fatto piccoli passi, ma comunque importanti al fine di ridurre i danni causati a livello cerebale. Il problema più grande legato alla possibilità di offrire un’adeguata terapia è relativo ai costi, davvero proibitivi, che devono essere sostenuti per reperire le medicine necessarie. Il prezzo elevato è determinato dal fatto che la terapia consiste nella somministrazione di cellule staminali, e altri fattori stimolanti la crescita del tessuto nervoso, che sono difficilmente reperibili. Lo scenario complessivo non è dei migliori, ma a dare speranza a tutte le persone e le famiglie costrette a combattere contro questo male è il lavoro svolto dall’equipe del prof. Davide Vannoni, fondatore della onlus Stamina Foundation, che sostiene la ricerca sul trapianto di cellule staminali e diffonde in Italia la cultura della medicina rigenerativa. Ci auguriamo che lo studio e la ricerca contribuiscano a dare nuova speranza a tutti coloro che lottano per avere ciò che di diritto gli spetta, una vita indipendente.

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Giovanna Filoso

CELIACHIA: LA PSICOLOGIA DEL SENSO DI IDENTITÁ La conquista di un senso di identità stabile e autonoma è un percorso che ha inizio fin dalle primissime interazioni madre-bambino, nel corso di quella ancora misteriosa costruzione di relazioni tra due esseri umani intimamente uniti, che devono imparare a conoscersi giorno dopo giorno. Questo cammino interpersonale prosegue durante l’infanzia, quando uno sviluppo e una crescita sane si realizzano in un clima familiare che permetta al bambino di fare un’esperienza piena, di accettarsi ed essere accettato dai suoi genitori, che a loro volta devono imparare a gestire il loro ruolo permettendo al piccolo di esistere come individuo separato e autonomo. Tale percorso ha un suo particolare snodo in adolescenza, quando il raggiungimento di un sé sufficientemente stabile dipende anche dal senso di fiducia che deriva dal sentirsi in continuità con il proprio passato e dal riconoscersi nel modo in cui gli altri ci vedono. Ogni evento potenzialmente perturbante che si verifichi lungo questo percorso di definizione del proprio sé costituisce un ostacolo, una “crisi”, nel senso a cui ci rimanda l’etimologia greca del termine, cioè un momento che separa una maniera di essere da un’altra differente. La diagnosi di celiachia ne costituisce un esempio ben rappresentativo. Una prima considerazione serve a ribadire con forza che la diagnosi di celiachia non è direttamente correlata a disturbi psicopatologici o psichiatrici di alcuna natura. Inoltre non si vuole qui sostenere che necessariamente essa implichi disagio psicologico: la tesi che si sostiene, a fronte della letteratura scientifica e dell’esperienza diretta con i pazienti, è che l’evento celiachia conduce l’individuo prima, e il nucleo familiare poi, ad un operazione di parziale ridefinizione della propria identità,

nei termini della rappresentazione mentale che una persona ha di sé e del modo in cui gli altri la percepiscono. Questa operazione di rideterminazione dei propri confini psicologici è una normale, non evitabile conseguenza di qualunque “crisi”. Quello diagnostico è il primo snodo critico da affrontare, per le modalità concrete con cui si realizza e per la rilevanza che assume a seconda dello specifico momento esistenziale della persona:le reazioni, infatti, cambiano in base all’età del soggetto. Pur trattandosi di un evento che avviene in un tempo limitato e definito (da un giorno all’altro qualcosa cambia) in un ottica psicologica la diagnosi è sempre un processo nel tempo, che richiede una continua rielaborazione, di durata variabile. Nel caso della diagnosi di celiachia si è osservato che sono soprattutto i primi 6/18 mesi dopo l’accertamento ad essere caratterizzati da maggior disagio, nei termini di inquietudini, ansietà e tonalità depressive dell’umore. Con il passare del tempo le manifestazioni vanno scemando, a partire dalla situazione di ansia, legata alle prime comunicazioni ricevute. Non dimentichiamo che si sta parlando di disagi psicologici che variano sensibilmente da persona a persona.

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Giovanna Filoso, fonte: www.ordinemediciroma.it

a cura della redazione

TROPPI CASI DI SUICIDIO TRA I MALATI GRAVI Più di un suicidio al mese negli ospedali italiani, ma il fenomeno è sicuramente “sottostimato”, e purtroppo “si fa ancora molto poco per evitare” questi tragici casi anche se rappresentano il più rilevante tra gli eventi gravi, indicativi del malfunzionamento nel sistema sanitario. Lo spiega Maurizio Pompili, psichiatra coordinatore del Centro per la prevenzione del suicidio a Roma, dopo la tragica morte di Mario Monicelli. L’esperto ricorda i dati del monitoraggio del ministero della Salute su tutti i tipi di “eventi sentinella”, dalla diagnosi sbagliata alla trasfusione errata, che ha causato in 18 mesi 20 casi di suicidio nelle strutture sanitarie italiane. Episodi gravi, che rappresentano il 16% di tutti questi eventi “spia” e che si concentrano, a sorpresa, nei reparti di medicina interna e chirurgia e non come si penserebbe in psichiatria. “Questo perché – spiega Pompili - il suicidio non viene considerato tra i rischi, si tratta di qualcosa di inatteso”. E i medici di questi reparti “sono spesso digiuni di indicazioni sulla prevenzione di questi fatti tragici”. A spingere i pazienti sono”diagnosi infauste o cronicità mal accettate. Ma possono esserci anche problemi psichiatrici non conosciuti, di ansia oppure di insonnia. Tutti disturbi che possono accrescere i pericoli”. Il rischio di suicido, secondo i dati, è massimo nei primi giorni del ricovero e nella prima settimana dopo la dimissione. All’interno dell’ospedale possono essere considerate zone a maggior rischio le aree cliniche come i reparti di Oncologia, di Ostetricia e Ginecologia o il Dipartimento di emergenza, ma anche gli spazi comuni come scale, terrazze e vani di servizio. “I pazienti che si tolgono la vita - spiega Pompili - lo

fanno con l’impiccagione, utilizzando lenzuola o cinture, e soprattutto lanciandosi nel vuoto, dalle finestre o anche nelle trombe delle scale”. Rispetto ai numeri ufficiali, che già indicano oltre un episodio al mese, “i suicidi in ospedale sono molti di più - continua - non esiste, infatti, un vero e proprio registro di questi fatti”. “Bisognerebbe considerare poi - aggiunge Pompili anche i pazienti che si tolgono la vita fuori dalle mura dell’ospedale, uscendo mentre sono ricoverati, e persino quelli appena dimessi”. Il ministero della Salute ha previsto una raccomandazione per la prevenzione del suicidio, “non sempre applicata nella pratica”, lamenta lo psichiatra. Al momento del ricovero, infatti, bisognerebbe valutare il rischio di suicidio del paziente, indagando sulla sua storia, sulle caratteristiche socio culturali e sociali. Sarebbe utile, verificare patologie psichiatriche, segni di alcolismo, astinenza o altri segnali di disagio psicologico. “C’è bisogno - conclude Pompili - di cultura della prevenzione anche da parte dei medici, che dovrebbero chiedere direttamente al paziente se ha mai pensato al suicidio. E’ una domanda che dovrebbe essere inserita in cartella clinica e dovrebbero fare anche i medici di famiglia ai loro pazienti”.

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a cura della redazione

Fonte: www.governo.it

Debutta la tessera sanitaria per gli animali da compagnia AmicoPets (www.amicopets.it) è il primo portale on line per la gestione informatizzata dei dati anagrafici e clinici, una iniziativa unica in Italia e inedita nel panorama europeo. Vi collaborano i medici veterinari dell’ANMVI (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani) per rendere un servizio d’avanguardia ai proprietari e consolidare la cultura del possesso responsabile, della prevenzione veterinaria e per avviare un monitoraggio sanitario utile anche a fini di sanità pubblica. I proprietari potranno richiedere la tessera individuale dei loro animali registrandosi al sito www.amicopets. it. Basteranno pochi secondi per la creazione di un semplice account ai quali farà seguito la consegna a domicilio della AmicoPets Card. Tessera alla mano, il proprietario potrà navigare il portale www.amicopets.it. per approfondire nozioni di base sull’accudimento del proprio animale e soprattutto potrà recarsi dal medico veterinario di fiducia per associare alla AmicoPets Card il data base personalizzato dei dati anagrafici, clinici e sanitari relativi al proprio pet. In una parola, ad ogni tessera corrisponderà una cartella clinica digitale, un documento creato, aggiornato e modificato in tempo reale dal medico veterinario curante ad ogni visita. Le posizioni sanitarie individuali censite nel data base di AmicoPets concorreranno alla creazione di una banca dati nazionale di dati anagrafici, epidemiologici, clinici e statistici della popolazione animale presente nelle case degli italiani. Un vero e proprio monitoraggio epidemiologico, rilevante per la sanità pubblica del Paese, che motiva il patrocinio del Ministero della Salute all’iniziativa.

Possedere una AmicoPets Card e associarvi, grazie al medico veterinario, la posizione sanitaria dell’animale significa compiere un gesto di tutela animale e di valenza sociale, basti pensare all’incidenza delle malattie trasmissibili all’uomo, a zoonosi come la rabbia o la leishmaniosi per le quali la prevenzione gioca un ruolo determinante tanto per il singolo animale quanto per la popolazione animale e umana. La valenza deontologica e di elevata professionalità del progetto ha riscosso il patrocinio della Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani (FNOVI). Flussi di dati epidemiologici e demografici, geolocalizzati e quantizzati, grazie ai proprietari e ai Medici Veterinari che aderiscono ad AmicoPets, permetteranno alle Autorità sanitarie di aumentare l’efficacia dei piani di controllo, di contrasto e di prevenzione delle malattie animali e degli eventi zoonosici.

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Giovanna Filoso, fonte: www.ordinemediciroma.it

a cura della redazione

UN CONGRESSO PER PREVENIRE LE MALATTIE PROFESSIONALI Fortemente sottostimate, caratterizzate da un decorso subdolo, che le porta a manifestarsi quando ormai il lavoratore non è più in servizio: sono le caratteristiche delle malattie professionali e delle conseguenti morti. A parlare a Roma di malattie invisibili e di infortuni prevedibili è Francesco Tomei, ordinario di Medicina del lavoro all’università “La Sapienza”, durante la presentazione del congresso nazionale della Società italiana di medicina del lavoro e igiene industriale per presentare l’appuntamento “Luoghi di lavoro: malattie invisibili e infortuni evitabili”. Qui esperti del settore, dirigenti aziendali e autorità istituzionali si confronteranno per individuare strategie più efficaci così da ridurre le malattie professionali e gli incidenti sul lavoro, per migliorare le attività e la produttività delle imprese, sia pubbliche che private. C i si interrogherà, inoltre, sul ruolo del medico del lavoro come promotore della sicurezza. Tra gli altri, sarà illustrato uno studio che documenta l’incidenza del rumore presente in alcune attività lavorative nella comparsa di patologie cardiologiche. “Sono stati identificati, inoltre - spiega Tomei - biomarkers precoci di stress prima della comparsa di effetti negativi sulla salute e un algoritmo per valutare il rischio di esposizione ad amianto e radon”. Tomei parla di “malattie invisibili, perché è frequente, anzi spesso prassi consolidata dei medici, non chiedere ai loro pazienti notizie sulle cause lavorative che possono aver determinato la malattia, con conseguenti difficoltà di diagnosi e impossibilità di prevenzione”. Invece “le malattie invisibili possono essere prevenute, si può riconoscere la causa e possono essere curate tempestivamente”.

Bisogna porre l’accento sull’importanza del ruolo del medico di famiglia, “primo osservatorio di epidemiologia sul territorio”, ricorda il rettore di facoltà Luigi Frati. “Credo che dalla collaborazione tra Istituzioni e da congressi come questo - afferma - si possano individuare buoni percorsi da seguire e strategie nuove per il Paese”. Si discute, inoltre, sulla possibilità di inserire nei programmi scolastici questo tema, per educare e sensibilizzare tutti. “Altro aspetto su cui si può fare tanto - aggiunge Tomei - è quello degli infortuni, e proprio riguardo a quelli in edilizia sarà messo a fuoco, durante il congresso, l’effetto delle ultime normative di contrasto all’uso di droghe e alcol sul luogo di lavoro, che hanno portato a una riduzione degli incidenti mortali del 54% negli ultimi 9 anni”. “La prevenzione degli infortuni - avverte Tomei - sarà efficace solo quando non sarà più intesa, e lo è ancora nella maggior parte delle aziende, come un adempimento burocratico o un adeguamento alla norma di legge che intralcia l’attività, ma solo quando verrà considerata un elemento che concorre al miglioramento del prodotto aziendale. Il medico del lavoro, perciò, deve essere inteso come un membro dell’equipe aziendale e non come un ostacolo alle attività”.

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la ricetta del mese per celiaci BISCOTTI SECCHI ALLE NOCI Anche questo mese vi proponiamo una ricetta senza glutine. Strano a dirsi, ma questi biscotti, che sono la rielaborazione aglutinata di una ricetta classica, risultano molto più fragranti nella versione senza glutine. Infatti questa farina più leggera rende il dolce croccante all’esterno e squisitamente morbido all’interno. Ingredienti - 3 uova - g. 300 di zucchero - g. 300 di farina senza glutine - g. 50 burro - noci spezzettate Procedimento Nulla di più semplice: su di un piano di legno dove la farina non è mai passata, preparare la classica fontana con la farina, e versare al centro le uova, lo zucchero, il burro a temperatura ambiente ed infine le noci, la dose di queste ultime sarà il gusto personale di chi si impegna a preparare i biscotti per tutti! Le dosi per la farina sono indicative, dipendono dalla grandezza delle uova e dalla quantità delle noci, perciò potreste doverne aggiungere un po’, ad ogni modo bisogna tener conto del fatto che l’impasto non deve essere eccessivamente duro. Mescolare il tutto, senza troppo impegno: non serve miscelare a lungo. In realtà, se volete cimentarvi nella preparazione, ma non disponete di una spianatoia nuova, potete rimediare usando un recipiente di metallo, che, vedrete, sarà anche più comodo! A questo punto stendere la carta forno su una teglia. Adesso bisogna creare la forma dei biscotti. Non sembra facile da fare, vista la “morbidezza” dell’impasto,

perciò non bisogna farlo! Prelevate una cucchiaiata dal composto e disponetela sulla carta forno. Sistemate le varie dosi ad una certa distanza, tenendo conto che, una volta in forno, il biscotto si abbasserà allargandosi e, se non ci sarà la giusta distanza, si unirà agli altri e sfornerete un unico grande biscotto! Infornare a 190°C per 20 minuti circa a forno già caldo. Sfornate quando i biscotti saranno ben dorati e aspettate che siano proprio freddi, altrimenti non riuscirete a staccarli dalla carta forno e si romperanno restandole attaccati, pertanto eseguite questa operazione con estrema delicatezza. Potete conservarli davvero per molto tempo ben sigillati in una scatola di latta. Sono buonissimi e semplici da preparare, e poi sono un dolce tipicamente invernale, vista la presenza delle noci. Ottimi con il tè, a merenda o a colazione. Non sembrano molto invitanti, a giudicare dalla forma, ma non lasciatevi ingannare e provateli perché li adorerete e poi sono così buoni che li mangeranno davvero tutti!

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Simona Piccirilli, Fonte: Comune di Roma e IAPB Italia onlus

a cura della redazione

Simposio internazionale sulla riabilitazione visiva Dal 15 al 17 dicembre, presso il Parco dei Cigni a Roma, si è tenuto il secondo Simposio internazionale sulla riabilitazione dell’ipovedente e sull’abilità visiva, organizzato e fortemente voluto dall’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus. Ma cosa significa “ipovedente”? Per definizione, con questo termine si indica una condizione di riduzione dell’acuità visiva o del campo periferico, non correggibile con i mezzi convenzionali. Un soggetto ipovendente presenta un handicap per quanto riguarda lo svolgimento delle normali attività abitudinarie. Nel mondo d’oggi, questa patologia riguarda un numero sempre crescente di persone (solo in Italia, l’Organizzazione Mondiale della sanità ha stimato che ve ne siano 1,5 milioni), poichè è aumentata l’età media della gente, e la vita odierna richiede maggiori capacità visive. Il Simposio, dunque, ha l’obiettivo di dare soluzioni e risposte complete a chi soffre di ipovedenza e disturbi visivi, concentrandosi principalmente sulle attività di riabilitazione che, nonostante la crescita quantitativa dei centri riabilitativi (in seguito all’emanazione della legge 284/97), non si sono sviluppate adeguatamente da un punto di vista qualitativo. All’incontro hanno partecipato i più grandi esperti della scena internazionale per confrontarsi sui differenti modelli riabilitativi esistenti, e proponendone di nuovi, attraverso partecipazioni a tavole rotonde, sessioni di approfondimento, workshop monotematici, poster e spazi espositivi. Un evento per tutti gli “addetti ai lavori”, ma non solo, anche per tutti coloro che sono direttamente interessati dalla patologia dell’ipovedenza. L’avvocato Giuseppe Castronovo, presidente dell’IAPB Italia onlus, afferma che dalla discussione e dal confronto si sono ricavati validi e significativi contributi scienti-

fici, e politico-sociali, per lo sviluppo di tutti gli aspetti legati alla riabilitazione, e che il Simposio ha saputo dare le risposte che gli ipovedenti si attendono mettendo al centro dell’intervento riabilitativo l’individuo nella sua globalità. Lo stadio finale di questo impegno socio-scientifico, come sostiene Castronovo, è quello di restituire autonomia e integrazione sociale a tutti coloro che soffrono di ridotte capacità visive e che, spesso per questo, perdono la propria autonomia, con grave pregiudizio, non solo in termini di salute fisica, ma soprattutto psicologica, che spesso sfocia in una vera e propria emarginazione sociale.

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