Il primo free-press del benessere - Anno II n°2 Ottobre 2010 Con il Patrocinio della Provincia di Roma e della Regione Lazio reg. trib.di Pescara n.24/08 del 7/11/2008
LA GUIDA MENSILE DEDICATA AL TUO BENESSERE
edizione Roma
Ottobre 2010
cellule femminili geneticamente più resistenti
rinoplastica
per ritrovare l’armonia del viso
pace-maker
oggi si controllano a distanza
papilloma virus
il legame con il carcinoma ovarico
disfluenze e parlato la teoria della multifattorialità
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speciale Il rapporto tra intelligenza, genetica e linguaggio
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LA TUA GUIDA DELLA SALUTE E DEL BENESSERE
solidarietà in primo piano ABIO - Associazione per il Bambino In Ospedale Promuove l’umanizzazione dell’ospedale e sdrammatizza l’impatto del bambino e della sua famiglia con le strutture sanitarie. www.abioroma.org AIPD - Associazione Italiana Persone Down L’Associazione non ha fini di lucro e vuole essere soprattutto un punto di riferimento per le famiglie, gli operatori socio-sanitari e della scuola che si occupano di questo handicap. www.aipd-roma.it ALZHEIMER Roma L´Associazione persegue la missione di offrire sostegno alle famiglie con un malato di Alzheimer. Collabora con Istituzioni sanitarie e accademiche, sia nazionali che locali. www.alzheimeroma.it ANFFAS Roma Onlus L’Associazione si propone di assicurare il benessere e la tutela delle persone con disabilità intellettiva e relazionale e delle loro famiglie, operando primariamente per rendere concreti i principi della pari opportunità, della non discriminazione e della inclusione sociale. www.anffasroma.it Il Sorriso di Beatrice ONLUS L’Associazione nasce con l’intenzione di trasformare un evento tragico quale è stato la scomparsa di Beatrice in motivo di gioia e speranza per tutti coloro che vivono la drammatica esperienza della malattia oncologica. www.ilsorrisodibeatrice.com UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare Onlus Scopo essenziale è difendere i diritti e migliorare la qualità di vita di tutte le persone affette da malattie rare. La Federazione fa parte di un Network Europeo di tredici Alleanze Federative Nazionali tra associazioni di pazienti di altrettanti Paesi della Unione Europea. www.uniamo.org
editoriale del mese E’ arrivato l’autunno, accompagnato come ogni anno dall’immancabile influenza stagionale. Il Ministro della Salute Prof. Ferruccio Fazio ha già emanato le raccomandazioni per la prevenzione influenzale tenendo conto che è ancora attivo e circolante il virus AH1N1. Il periodo indicato per la vaccinazione va da ottobre a dicembre. Considerando che la protezione si sviluppa dopo due settimane dall’iniezione e si mantiene per circa sei mesi e che la massima circolazione dei virus influenzali è prevista nei mesi di gennaio e febbraio, il momento migliore per farsi vaccinare va dai primi di novembre a dicembre inoltrato. La vaccinazione è raccomandata dai 65 anni in sù, nei bambini con età superiore ai 6 mesi e nei ragazzi e adulti con malattie cardiovascolari, diabete, patologie respiratorie e renali. Importantissima l’igiene individuale che garantisce una prima protezione dal virus. La trasmissione dell’influenza può avvenire per via aerea attraverso le gocce di saliva di chi tossisce o starnutisce, ma anche per per via indiretta attraverso il contatto con mani contaminate dalle secrezioni respiratorie. Per questo, una buona igiene delle mani e delle secrezioni respiratorie può giocare un ruolo nel limitare la diffusione dell’influenza. Recentemente il CDC Europeo ha valutato le evidenze sulle misure di protezione personali (non-farmacologiche) utili per ridurre la trasmissione del virus dell’influenza, ed ha raccomandato le seguenti azioni: lavaggio delle mani (in assenza di acqua, uso di gel alcolici), buona igiene respiratoria (coprire bocca e naso quando si starnutisce o tossisce, trattare i fazzoletti e lavarsi le mani), isolamento volontario a casa delle persone con malattie respiratorie febbrili specie in fase iniziale, uso di mascherine da parte delle persone con sintomatologie influenzali, quando si trovano in ambienti sanitari (ospedali). Poche e semplici regole che, se adottate da tutti, limitano la diffusione del contagio con buona salute di tutti. Serena Zimuel, Direttore Editoriale
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psicologia trova-facile: guida alla psicologia 06
pagg. 32-33
genetica e linguaggio Rivista gratuita mensile Edizione Pescara-Chieti Reg. Tribunale di Pescara n.24/08 del 7/11/2008 reg. ROC n.18668
intelligenza, geni e linguaggio
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fumo: aumentano le fumatrici
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salute novità nella terapia oncologica
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ipertensione e sue complicanze
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prevenzione delle malattie renali 25
benessere
Direttore responsabile Daniele Giangiulli redazione@pocketsalute.it
trova-facile: guida al benessere
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cellule femminili più resistenti
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Direttore editoriale Serena Zimuel serena.zimuel@pocketsalute.it Redazione Roberta Armentano, Giovanna Filoso, Valentina Peter
l’importanza dell’acquaticità
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Direttore commerciale Giulia Mincarini giulia.mincarini@pocketsalute.it Editore, Redazione e Pubblicità Editore POCKET IDEA s.rl. Via Cavour 4/2, San Giovanni Teatino (CH) Infoline: 085 4460163 www.pocketidea.it Foto e illustrazioni © 2010 Microsoft Office Online, © 2010 Fotolia, © 2010 iStockphoto © Proprietà letteraria riservata. E’ vietata la riproduzione, anche parziale, di testi, immagini o disegni pubblicati, senza l’autorizzazione scritta della Direzione e dell’Editore. Le opinioni degli autori impegnano la loro responsabilità e non rispecchiano necessariamente quelle della Direzione della rivista. All’interno dei contributi possono essere citati nomi di prodotti, anche farmaceutici, pubblicati nel rispetto delle opinioni degli autori e per completezza d’informazione sui temi trattati.
bellezza trova-facile: guida alla bellezza
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rinoplastica: un viso in armonia
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terza età: boom di filler e botulino 53
sesso trova-facile: guida alla sessualità 56 la sindrome premestruale
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menopausa: età post-fertile
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Pocket Salute, Roma con il patrocinio di:
guida pratica alla psicologia
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superare la balbuzie Prof. Marco Santilli
Associazione Italiana La Nuova Parola
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LE DISFLUENZE DEL PARLATO E LA TEORIA DELLA MULTIFATTORIALITA’ Per meglio interpretare e comprendere l’apparizione di disfluenze nel linguaggio di una persona, bisogna abbandonare l’idea delle cause possibili e abbracciare la teoria della multifattorialità. Certo la predisposizione genetica è la fonte primaria di disagi verbali, delle disabilità del parlato. Ma esistono fattori che innescano e predispongono alle disfluenze. Fattori come effetto moltiplicatore, non come causa, ma ugualmente importanti relativamente ai meccanismi di cronicizzazione per cui il disagio verbale si fissa e si perpetua nel tempo. Fattori moltiplicatori favorenti: 1)un temperamento perfezionista con tendenza ossessiva; 2) conflitti con genitori o fratelli; 3) difficoltà di socializzazione all’interno della famiglia e all’esterno; 4) ambiente familiare poco incline alla comunicazione.
Fattori moltiplicatori di avvio (sono eventi che accadono nella vita di una persona e portano disagio emotivo): 1) cambiamento di scuola; 2) trasloco; 3) nascita di fratello o sorella; 4) ospedalizzazione di un membro della famiglia. Nessuno di questi fattori è causa della disabilità del parlato ma è importante conoscere che tali fattori possono interagire, in modo più o meno incidente, con il moltiplicarsi di una predisposizione genetica ed il suo stabilizzarsi. Due comportamenti, generalmente operanti tra i genitori dei bimbi disfluenti, sono da evitare in quanto cronicizzanti il sintomo: 1) riprendere o fare appello alla volontà: ciò è nocivo poichè genera lo sforzo di parlare meglio che è il primo fattore responsabile del cronicizzarsi delle disfluenze; 2) consigliare (”calmati, respira, pensa a cosa dire”): ciò è davvero dannoso perchè compromette il carattere naturale e spontaneo di esecuzione della parola.
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a cura della redazione
Fonte: www.ansa.it
11/9: la ferita attentati ancora nella psiche degli americani
Come le grandi calamità naturali quali l’uragano Katrina, anche gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 hanno lasciato un segno indelebile sulla psiche e sul modo di affrontare lo stress degli americani, anche di quelli più lontani dai teatri degli attacchi, che nove anni dopo ancora persiste.
del cervello che gestisce le emozioni, ma anche nei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress: “Il mio sospetto - spiega la ricercatrice - è che queste differenze fisiche possano avere effetti anche su come si reagisce alla vita di tutti i giorni, anche se non tali da far diagnosticare un problema mentale”.
Ne sono convinti diversi scienziati che in questi anni hanno studiato come una delle più grandi tragedie della storia statunitense si sia fissata nelle menti di chi ne é stato testimone.
Altri studi hanno trovato invece che anche in chi non è stato testimone diretto del disastro ha avuto e sta avendo degli effetti prolungati: è il caso di Judith Richman dell’università di Chicago.
Secondo molte delle ricerche fatte in questi anni, anche se il trauma vero e proprio è finito, sono rimaste delle variazioni psicologiche nei testimoni che resistono ancora oggi: “Il fatto che le nostre esperienze modifichino il corpo e il cervello ha senso - spiega Barbara Ganzel della Cornell University al sito di Discovery Channel - ma la domanda che ci facciamo ora è ‘per quanto tempo.’
L’epidemiologa stava studiando lo stress in un campione di abitanti della città prima degli attentati.
La ricercatrice ha pubblicato nel 2008 uno studio in cui venivano confrontate le risonanze al cervello durante la visione di foto di persone in lacrime di pazienti che vivevano vicino ai luoghi dell’attentato con quelle di persone lontane, trovando differenze nell’amigdala, una parte
Usando i dati come base ha verificato che cinque anni dopo gli attacchi si era registrato un aumento dello stress e del consumo di alcol anche in un campione di abitanti della città della capitale dell’Illinois, che non era stata toccata dai terroristi: “Questi problemi hanno riguardato anche persone che non erano state colpite direttamente - spiega Richman - ricordo che qui a Chicago, quando è arrivata la notizia, siamo rimasti a fissare le Sears tower, aspettando un aereo che le colpisse da un momento all’altro”.
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Giovanna Filoso, fonte: Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it)
a cura della redazione
LE DONNE NON RESISTONO ALLE sigarette, AMMALANDOSI DI PIÙ
L’abitudine al fumo non ha sesso. E’ sempre più ridotto il divario tra uomini e donne: la percentuale dei fumatori è in calo, mentre le donne sono più restie ad abbandonare le sigarette. In Italia le fumatrici sono 5,2 milioni, gli uomini 5,9. Le donne che hanno detto addio alle “bionde” sono 2,6 milioni (il 9,8%), gli uomini sono 3,9 milioni (il 15,7). In totale si fuma di più nella fascia d’età tra i 45 e i 64 anni, l’età media della prima sigaretta è 17 anni. Ci sono però ampie differenze regionali: il Veneto è la regione più virtuosa con il 24,88% di fumatori, la percentuale più alta spetta all’Abruzzo con il 31,56%. “E’ la prima volta che le donne e gli uomini fumano quasi allo stesso modo. Purtroppo non è un bel risultato, ma ci indica la direzione da seguire nell’insistere a promuovere gli stili di vita sani e mettere a punto sempre più efficaci modelli di prevenzione - dichiara Enrico Garaci, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità - Particolarmente preoccupante è la crescente incidenza del consumo di tabacco fra le ragazze. La pubblicità del tabacco è sempre più indirizzata alle giovani donne: circa il 7% delle ragazze adolescenti fuma sigarette rispetto al 12% dei ragazzi. In alcuni paesi il numero di ragazze fumatrici è quasi pari a quello dei ragazzi”. I nuovi dati mostrano che bisogna agire su diversi
fattori. “Ogni anno il Governo stabilisce quale deve essere l’introito fiscale derivante dalle vendite di sigarette - afferma Piergiorgio Zuccaio Presidente dell’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell’ISS - peccato che per ogni euro incassato se ne spendano 2-3 per curare le malattie legate al fumo. Quindi il fumo non è un investimento per lo Stato ma sempre una perdita”. Uno degli strumenti per ridurre l’abitudine al fumo è rappresentato dai divieti e l’84,9% degli intervistati è favorevole all’estensione del divieto di fumo nei cortili, negli spazi all’aperto di proprietà delle scuole, nelle aree aperte degli ospedali, negli stadi, nei giardini pubblici o anche alla guida. I fumatori sono convinti che possono smettere di fumare quando vogliono ma si tratta di un’illusione. I dati rilevano che tra coloro che hanno tentato di smettere, ha ripreso a fumare il 70% dopo pochi mesi. La probabilità di successo è 5 volte maggiore se ricorriamo all’aiuto del medico o se ci rivolgiamo ai Centri antifumo. E’ importante intervenire anche sulla prevenzione. Per evitare in Italia un’epidemia di malattie legate al fumo, è prioritario che chi ha oggi tra i 40 e i 60 anni smetta di fumare. E’ essenziale quindi non solo che le donne non inizino a fumare, ma soprattutto che non rinuncino a smettere, spesso per il solo timore di aumentare di peso. Nulla è peggio del fumo per la loro salute.
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guida pratica alla salute
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oncologia Dott. Sergio Del Bianco Specialista in Oncologia
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VERSO L’INDIVIDUALIZZAZIONE DELLA TERAPIA ONCOLOGICA La terapia “biologica” dei tumori nasce in realtà alla fine del 1800. Quando un medico inglese (Beatson, 1896) scopre che l’ovariectomia bilaterale (l’asportazione di entrambe le ovaie) era in grado di curare un certo numero di donne malate di tumore del seno. Con l’ avvento della chemioterapia (primi esperimenti negli anni ’50, impiego più razionale dagli anni ’70), si va verso una standardizzazione della cura: a quel dato tumore, corrisponde quel dato tipo di chemioterapia. Sono state le ricerche bio-molecolari avviate negli anni ’80, che hanno portato, man mano, ad identificare molti di quegli eventi cellulari “critici”, legati alla trasformazione in senso maligno delle cellule (crescita, de-differenziazione, capacità di dar luogo a metastasi, etc.), identificando, per ogni neoplasia, differenti sottotipi. In tal modo, è stato possibile “disegnare”, a partire dagli anni ’90, quei farmaci (“Target Therapy”), a vario modo in grado di “bloccare” quegli eventi cellulari. Dagli Anticorpi Monoclonali anti-“fattori di crescita”, agli inibitori dell’enzima “Tirosina-chinasi” legati a quel recettore, agli inibitori dei fattori di crescita legati alla neoangiogenesi (fenomeno che presiede alla formazione dei “neo-vasi” tumorali), agli inibitori di oncoproteine (pro-
teine prodotte da oncogeni attivati durante la trasformazione maligna), il campo dei farmaci di tipo “biologico” è ormai assai vasto e costituisce, in quasi tutte le neoplasie maligne, un armamentario indispensabile per l’ottenimento del miglior risultato di cura del paziente. Per tale motivo, si stanno sempre più identificando, nella pratica quotidiana, quelle caratteristiche biologiche specifiche in grado di identificare, a parità di Istologie comuni, le specifiche bio-molecolari di quel dato tumore, e quindi la sensibilità al singolo farmaco, configurando quella che appunto si definisce “Tailored Therapy” vero e proprio vestito “su misura” per quel singolo, specifico paziente. Casa di Cura “Villa Mafalda” Via Monte delle Gioie 5 - 00199 Roma Casa di Cura “Madonna della Fiducia” Via Cesare Correnti, 5/6 - 00179 Roma
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a cura della redazione
Roberta Armentano
ALZHEIMER: INSIEME PER NON DIMENTICARE
Il 21 settembre si sono svolte in tutta Italia (come in altri Paesi del mondo) molte iniziative per la XVII Giornata Mondiale dell’Alzheimer. Piccoli comuni e grandi città hanno ospitato incontri, convegni e conferenze per informare sulla malattia di Alzheimer, la sua digressione, il contesto familiare, le terapie farmacologiche e riabilitative. Il morbo di Alzheimer è una malattia degenerativa che compromette le funzioni intellettive: il malato non riconosce più sé stesso né i propri familiari, ha difficoltà a svolgere semplici azioni quotidiane (e non è in grado di prendersi cura di sé stesso), manifesta forti alterazioni della personalità, ha difficoltà di linguaggio. Colpisce soprattutto le persone che hanno superato i 65 anni, anche se vi è una crescente incidenza di casi che si sono manifestati prima di questa età. Non esiste una cura, né un modo per prevenirla, l’unico modo per “affrontarla” è conoscerla e imparare a relazionarsi con il malato di Alzheimer. La patologia colpisce il malato e i familiari non solo dal punto di vista affettivo ma anche finanziario e sociale, la Giornata Mondiale di quest’anno, con lo slogan: “E’ tempo di agire” è stata un’occasione per chiedere ai governi di tutto il mondo di sviluppare politiche di assistenza e protezione sociale per le persone con
demenza e per le loro famiglie. Una corretta comprensione dei costi sociali della malattia e dell’impatto sulle famiglie, sull’assistenza sanitaria e sociale può contribuire ad affrontare questo problema. A questo proposito, in occasione del 21 settembre, l’Alzheimer’s Disease International ha reso noti alcuni dati relativi all’incidenza che malattie come l’Alzheimer hanno sulla popolazione mondiale: sono 35,6 milioni le persone affette da demenza in tutto il mondo (si stima che questo numero aumenterà a 65,7 milioni entro il 2030 e a 115,4 milioni nel 2050) e i costi globali ammontano a 460 miliardi di euro, pari all’1 per cento del PIL mondiale. Nel nostro Paese si rilevano 80 mila nuovi casi ogni anno; più della metà dei malati di Alzheimer è assistito dai propri familiari in tutto quello che riguarda la loro vita: uscire, accompagnarli per le spese, gestire le finanze, preparare da mangiare, vestirli e fare attenzione ai sintomi della malattia per prevenire eventuali comportamenti pericolosi. Le difficoltà dei familiari sono spesso sottovalutate e le strutture di supporto sono disomogenee sul territorio nazionale. Anche in Italia, le associazioni che aiutano i malati di Alzheimer e le loro famiglie hanno sollecitato le istituzioni nazionali e regionali per realizzare interventi adeguati.
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a cura della redazione
Roberta Armentano
AUTUNNO, CADONO…I CAPELLI
Che l’autunno è arrivato se ne sono accorti anche i nostri capelli. Ogni anno, in questo periodo ci sorprendiamo di quanti ne restano nella spazzola. Capelli nella doccia ad ogni lavaggio, così come per terra e sul cuscino. Un principio di calvizie? No di certo se la caduta dei capelli è eccessiva solo in alcuni periodi dell’anno. Durante i mesi autunnali (ma succede anche a primavera) si parla di caduta fisiologica dei capelli e questo significa che il “fenomeno” è del tutto naturale, la causa è dovuta agli ormoni che risentono del cambiamento delle ore di luce nella giornata. Non solo. E’ il caso ricordare che durante l’estate i nostri capelli sono stati maltrattati più del solito: esposizione ai raggi solari, salsedine o cloro, lavaggi continui, giornate sregolate e alimentazione sbagliata. Il ritorno dalle vacanze e il repentino cambiamento nello stile di vita, oltre che sul nostro umore, ha effetti anche sul nostro fisico e di conseguenza sui capelli. Non è il caso di allarmarsi, passato questo periodo la caduta si stabilizzerà nel frattempo si possono prendere degli accorgimenti per normalizzarla. Sembrerà banale, ma un’alimentazione bilanciata fa bene anche ai nostri capelli.
Non ci sono cibi che fanno più bene di altri, proteine, carboidrati , vitamine e minerali (ovvero tutti i componenti nutritivi essenziali) devono regolarmente fare parte della nostra dieta. A questo proposito possiamo acquistare integratori nutrizionali che proteggono i capelli, li fortificano e ne accelerano la ricrescita; se decidiamo di aiutarci con gli integratori parliamone con il farmacista o con il nostro medico di fiducia, soprattutto se stiamo già assumendo altri farmaci. Tagliare i capelli può essere d’aiuto, ma le forbici e la bravura del parrucchiere da soli non risolvono il problema. Il taglio elimina i capelli già danneggiati (magari con le doppie punte) evitando che si spezzino ulteriormente. Il capello che cade è un capello già “morto” perché il follicolo pilifero è in fase di riposo e sarà sostituito da uno nuovo. In questo periodo dell’anno possiamo dedicare alla cura della nostra testa qualche minuto in più, oltre al tradizionale shampoo (a proposito, non è vero che troppi lavaggi provocano la caduta dei capelli) possiamo usare maschere o impacchi che nutrono la cute, massaggiare, lasciare agire e risciacquare; un po’ più di attenzione per capelli forti e sani.
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prevenzione cardiovascolare Prof. Claudio Di Veroli
Specialista Nefrologo, Esperto di Ipertensione Arteriosa
Casa di Cura “San Domenico” Piazza Sassari, 5 Roma Tel. 06 44230851
L’IPERTENSIONE e LE SUE COMPLICANZE L’ipertesione arteriosa, non curata o mal controllata, tende ad indurre, attraverso il continuo “stress” sulla parete, un progressivo deterioramento aterosclerotico delle strutture vascolari dell’organismo. Sono colpite le arterie di tutte le dimensioni e quelle posizionate fuori e dentro gli organi. Il danno che porta all’aterosclerosi, sostenuto pure da molteplici sostanze ad attività vasocostrittrice, dapprima è di tipo funzionale, successivamente di rimodellamento strutturale con una crescita dello spessore dei vasi e con successsiva diminuzione del diametro di essi. Il progressivo restringimento delle arterie, che si fa particolarmente grave in alcuni punti (placche), è favorito dalla presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare. Questi possono determinare a livello della parete del vaso, un’infiltrazione lipidica e/o una ridotta presenza di ossigeno legata all’abitudine del fumo (il deficit di ossigeno facilita l’aterosclerosi) e/o un accumulo di prodotti glicidici. Non è possibile indicare il livello pressorio oltre il quale è prevedibile una complicanza d’organo, anche se le Linee Guida internazionali forniscono dei valori di riferimento. Si può però dire che ad un certo momento, nella storia naturale di un iperteso, si possono presentare una o più complicanze, con una prevalenza nelle persone che non effettuano trattamenti, che praticano terapie insufficienti o che sono portatori di più fattori di rischio cardiovascolare
(eccesso di peso, diabete di tipo 2, alterazioni lipidiche, fumo ecc.). LE PRINCIPALI COMPLICANZE: • ENCEFALO: consistono nell’ictus (infarto, TIA o emorragia) e/o nel lento e progressivo declino delle funzioni cognitive (memoria, attenzione ecc.) per la presenza di microinfarti e/o nelle variazioni della deambulazione (parkinsonismo). • RETINA: sono costituite da alterazioni più o meno gravi del visus (vista), fino alla cecità. • CUORE E CORONARIE: l’ipertensione favorisce l’ipertrofia del miocardio (incremento di dimensioni del muscolo cardiaco), che viene ad essere meno irrorato dal sangue delle coronarie predisponendosi al danno ischemico (angina pectoris ed infarto del miocardio). Se l’ipertensione non è opportunamente trattata, dall’ipertrofia derivano le condizioni per lo scompenso cardiaco. Attraverso meccanismi complessi i valori pressori elevati favoriscono anche le aritmie, come le extrasisoli, la fibrillazione atriale ed il flutter. • RENI: questi organi si complicano con un’aterosclerosi a livello delle arterie renali e dei glomeruli (nefroangiosclerosi), che ne riducono progressivamente la funzionalità (insufficienza renale cronica). Questa se non rallentata da un’opportuna terapia necessiterà nel tempo di un trattamento dialitico. • ARTERIE: principale complicanza, dopo la formazione delle placche ostruenti le arterie, sono le dilatazioni e gli aneurismi (sfiancamento della parete delle arterie). Questi ultimi facilmente si rompono provocando emorragie anche mortali (come l’emorragia addominale). Prof. Claudio Di Veroli Responsabile del “Centro dell’Ipertensione Arteriosa e delle Malattie Metaboliche e Renali” Casa di Cura “San Domenico” - Roma
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scienze cardiovascolari Prof. Francesco Fedele
Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Respiratorie, Nefrologiche e Geriatriche
“Sapienza” Università di Roma Policlinico “Umberto I” Tel. 06 49979021 articolo a cura di: Dott. Giuseppe Giunta (responsabile Progetto Carelink UOS Elettrostimolazione Cardiaca Policlinico Umberto I)
Controllo a distanza dei pacemaker /defibrillatori. Il crescente numero di impianti di pacemaker/defibrillatori implica un aumento del numero dei controlli periodici, a cui si aggiungono quelli per eventi acuti, con aggravio del carico di lavoro per gli ambulatori specializzati. L’attuale organizzazione ambulatoriale ha dei limiti legati proprio ai tempi di follow-up che non consentono pronte diagnosi di malfunzionamento e acquisizione delle informazioni diagnostiche, ritardando le eventuali correzioni terapeutiche. Senza contare lo spreco di tempo e risorse per i controlli dei pazienti che non riportano problemi. Dal 2001 le più importanti aziende del settore producono sistemi per il monitoraggio a distanza. Presso l’unità assistenziale di elettrostimolazione e di elettrofisiologia afferente al Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Respiratorie, Nefrologiche e Geriatriche è attivo il servizio di monitoraggio remoto dei device via internet, utilizzando il sistema MEDTRONIC CARELINK NETWORK che permette ai pazienti di inviare comodamente da casa i dati del proprio device ed al medico di visualizzarli ed interpretarli da qualsiasi postazione internet. Al paziente viene fornito gratuitamente un modem che deve essere collegato al proprio telefono fisso. Per trasmettere basterà posizionare l’antenna, simile ad un mouse, premere un pulsante e aspettare che venga effettuata la lettura e l’invio dei dati.
A questo punto il medico può controllare i dati presenti nel dispositivo dal sito internet CareLink Medtronic, come se il paziente fosse lì. Per i dispositivi con telemetria wireless, il medico può programmare fino a sei controlli automatici senza dare al paziente alcun appuntamento: il giorno programmato il dispositivo si attiva automaticamente e trasmette i dati, consentendo al medico il controllo. Il dispositivo cardiaco impiantato è in grado di rilevare anche le aritmie, l’accumulo di fluidi e i problemi di integrità del dispositivo mediante l’attivazione dei Care Alert . Quando si attiva uno di questi allarmi, i dati vengono inviati automaticamente dal modem e il medico riceve un avviso tramite e-mail o SMS e contatta telefonicamente il paziente. I vantaggi di questo sistema sono molteplici: a) per il personale sanitario: vi è la possibilità di eseguire dei follow-up più veloci; aumentare i controlli nei pazienti più gravi; evitare controlli non necessari; ottimizzare la gestione di fine vita dei dispositivi e sfruttarne al massimo la capacità diagnostica (monitoraggio della fibrillazione atriale, Optivol); migliorare l’efficienza del centro. b) per il paziente: vi è un contatto privilegiato con la struttura ospedaliera; maggior tranquillità; comodità di poter effettuare trasmissioni stando comodamente a casa senza affrontare il traffico/viaggio, la ricerca del posto auto, la fila per il ticket (vantaggio anche per i familiari) con riduzione dei costi sociali. c) per il sistema sanitario si è assistito ad una riduzione della spesa : gli accessi in ambulatorio sono ridotti del 50% e gli accessi al DEA/ ricovero del 76%.
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Fonte: www.it.european-lung-foundation.com
a cura della redazione
spirometria: per la misurazione della funzione polmonare
La spirometria è un test che valuta l’efficienza della respirazione e costituisce uno strumento utile per diagnosticare varie patologie polmonari. Il test è indolore, richiede generalmente meno di 10 minuti, ma occorre soffiare con una certa forza. Si respira in un piccolo dispositivo chiamato spirometro, che misura la quantità d’aria che si è in grado di espirare dai polmoni e la velocità a cui la si espira. È opportuno fare il test? Sì, se: - Avete più di 40 anni o siete stati fumatori. - Tossite molto. - Vi manca il fiato quando camminate velocemente. - Siete preoccupati per la salute dei vostri polmoni. - Siete già in cura per una patologia polmonare. Vi sarà chiesto di soffiare tre volte o anche più nello spirometro. Se la quantità d’aria espirata nel primo secondo è bassa, può esserci un’ostruzione delle vie aeree, riconducibile probabilmente ad asma, o a broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Se si è già in cura per l’asma o la BPCO (es. se si fa uso di farmaci assunti con un inalatore), la spirometria può servire a monitorare l’efficacia della terapia nel far funzionare i polmoni al meglio. L’esame può essere utile anche per escludere altre patologie polmonari.
Che succede se l’esame risulta anormale? Il medico potrebbe farvi inalare un farmaco, aspettare dai 10 ai 15 minuti e poi ripetere l’esame. Ciò serve a capire se il difetto del polmone sia reversibile e se quindi, prescrivendo un farmaco da inalare, si possa migliorare la respirazione. La risposta a questo farmaco, chiamato broncodilatatore, può servire anche a capire se si è affetti da asma (che col broncodilatatore migliora) o da BPCO (che mostra inferiori miglioramenti). Se in passato avete avvertito sintomi simili a quelli dell’asma, ma la spirometria è risultata normale, è comunque possibile che l’asma sia ancora presente. Se siete fumatori e la spirometria risulta normale, correte comunque un alto rischio di sviluppare BPCO, patologie cardiache, ictus, e carcinoma polmonare, ed è dunque opportuno chiedere aiuto per smettere di fumare. Se lavorate in un ambiente inquinato, anche se la spirometria attuale risulta normale, occorre comunque evitare di respirare polveri, fumo, esalazioni di gas e sostanze chimiche. Il 14 Ottobre puoi avere l’opportunità di esaminare lo stato di salute dei tuoi polmoni partecipando ad un evento spirometrico in un ospedale della tua città.
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dialisi peritoneale Prof. Gaspare Elios Russo Specialista in Nefrologia
A.N.Di.P. “Enzo Siciliano” Onlus Segreteria: Tel. 06 49974293 Cell. 334 1883466 Sito web: www.andip.org to dialitico, senza che siano emersi segni o sintomi di sofferenza dell’organo tali da preoccupare il paziente stesso o il medico curante.
LA PREVENZIONE IN CORSO DI MALATTIE RENALI Le malattie renali rivestono un ruolo fondamentale nell’economia sanitaria nazionale. Le nefropatie incidono in maniera significativa sulla spesa pubblica sia per gli alti costi terapeutici (dialisi) sia per l’invalidità lavorativa, conseguenza dell’impegno settimanale a cui è costretto il paziente per tutta la durata della terapia dialitica (12-15 ore settimanali). L’emodialisi ha rivoluzionato la cura delle malattie renali e ha permesso ad un numero sempre crescente di pazienti di evitare la morte. Il trapianto di rene deve assolutamente rappresentare il punto di arrivo per la cura dell’I.R.C. e l’iscrizione nelle liste deve avvenire ancor prima che si inizi il trattamento dialitico. In sintesi, la dialisi rappresenta un momento della storia clinica delle nefropatie, al quale è indispensabile fare ricorso quando sono state esaurite le altre misure preventive e terapeutiche, nell’attesa, per i pazienti idonei, di un trapianto di rene. Una terapia tempestiva di alcune malattie renali è in grado di arrestarne o ritardarne l’evoluzione verso l’uremia (la dialisi) ed è gravata da un minor numero di complicanze. Purtroppo in moltissimi casi ciò non accade ed un grande numero di pazienti, soprattutto anziani, viene affidato al nefrologo solo nell’imminenza del trattamen-
In molte regioni non tutte le terapie dialitiche sono utilizzate oppure non vengono impiegate nella maniera corretta, infatti è pressoché trascurato il ricorso alla dialisi sia peritoneale che domiciliare. Sono molte le patologie che nel loro progredire coinvolgono il rene determinandone un progressivo danno che risulta evidente quando la funzione renale non è più in “fase di compenso”. In alcuni casi l’esame obiettivo e la sintomatologia clinica possono essere dirimenti (ipertensione arteriosa, insufficienza renale acuta, sindrome nefrosica, ecc.), mentre in un’alta percentuale di casi si possono documentare solo reperti urinari (microematuria, lieve proteinuria…). Talvolta si possono presentare segni clinici di tipo extrarenale isolati senza dati anamnestici ed obiettivi di compromissione dell’apparato urinario. Nelle nefropatie, possono spesso mancare segni e sintomi caratteristici e l’aspecificità di sintomi come nausea, vomito, disturbi circolatori, neurologici, osteoarticolari possono non far pensare ad una malattia renale, anche se bisognerebbe sempre ricordare che una nefropatia, specie in fase avanzata, tende a compromettere tutti gli organi ed apparati. In conclusione, la prevenzione costituisce, oggi, un punto fondamentale in ambito nefrologico; il costante aumento della popolazione geriatrica comporta altresì un’attenta gestione del paziente anziano, la cui compromissione renale può determinare una improvvisa e grave alterazione della funzione stessa che con una precoce diagnosi e tempestivo intervento terapeutico è possibile far regredire.
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Giovanna Filoso, fonte: Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it)
a cura della redazione
TRASMISSIONE E CIRCOLAZIONE DELL’INFLUENZA AVIARIA
Un team di scienziati ha scoperto una nuova via di trasmissione e circolazione dei virus dell’influenza aviaria in natura. La scoperta nasce da osservazioni ed intuizioni avvenute presso l’Oasi WWF di Orbetello durante un decennio di studi sui virus influenzali e sul loro rapporto con gli uccelli selvatici. L’Oasi costituisce infatti una delle principali aree di sosta italiane per gli uccelli acquatici migratori perché caratterizzata da un ambiente palustre in cui sono presenti le componenti di fauna e flora tipiche di questi ecosistemi, fattore fondamentale per questa ricerca. Così, dal tentativo di giustificare come un’anatra ed un virus potessero incontrarsi in natura quando questo è disperso nell’acqua, nasce la ricerca che ha consentito di capire come i virus dell’influenza aviaria non incontrano l’ospite da infettare in maniera casuale mentre questi nuota, ma che esiste in natura un meccanismo che consente ai singoli virus dispersi nelle acque in quantità infinitesimali da soggetti infetti, di ritrovare la strada verso un nuovo animale da infettare accumulandosi sulla superficie del corpo degli uccelli. Ciò avviene perché i virus si legano ai grassi che gli uccelli utilizzano per impermeabilizzare il piumaggio arrivando così a raggiungere delle concentrazioni virali che ne permettono una nuova infezione. Questa sfrutta il fatto che le anatre selvatiche inghiottono questi grassi quali fonte di vitamina D, ciò consente ai virus di farsi trasportare per lunghe distanze senza essere esposti ai
sistemi di difesa immunitaria dell’animale. Così facendo i virus patogeni evitano di uccidere subito il loro ospite e lo trasformano in un involontario timer programmato per una probabile futura infezione. Il meccanismo scoperto spiega quella che è stata la diffusione di virus patogeni e la loro facilità di ripresentarsi nel tempo all’interno di ecosistemi acquatici. La ricerca ha dimostrato come alla circolazione virale possano partecipare attivamente anche i soggetti già guariti dalla malattia e negativi alle indagini sanitarie. I soggetti guariti che trasportano il virus addosso al loro piumaggio si comportano come “falsi negativi” e possono essere in grado di trasmettere la malattia ai loro vicini di stormo recettivi attraverso la vicendevole pulizia del piumaggio. I risultati di questo studio giustificano il coinvolgimento di moltissime specie di uccelli nelle infezioni da virus influenzali e offrono una nuova prospettiva per spiegare i casi letali umani da contatto con specie selvatiche. L’episodio avvenne in Azerbaijan nel 2006 dove alcune persone morirono a causa dell’infezione AH5N1 dopo aver spiumato dei cigni selvatici. I risultati di questa ricerca dimostrano l’esistenza di un sistema naturale di circolazione e trasmissione dei virus influenzali, ad oggi sconosciuto, ed avranno importanti ricadute sia sulla conoscenza dei sistemi di sopravvivenza e spostamento dei virus sia sulle strategie di prevenzione e di sorveglianza dell’influenza.
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Fonte: www.operazionenasorosso.it
a cura della redazione
AIUTIAMO I bimbi AFFETTI DA OSTEOGENESI IMPERFETTA L’Osteogenesi Imperfetta è una malattia rara (Decreto Ministeriale del 18 maggio 2001, n.279, pubblicato sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n.160 del 12 luglio 2001, “OSTEODISTROFIE CONGENITEOSTEOGENESI IMPERFETTA cod. sanzione RNG060”), con eredità autosomica dominante che colpisce indifferentemente i due sessi con una incidenza di 1 a 20.000, caratterizzata da fragilità ossea ed altri segni di alterazioni connettivali. Gli individui affetti sono particolarmente predisposti alle fratture anche a seguito di traumi molto lievi e la malattia è per questo anche detta “malattia delle ossa fragili” o “malattia delle ossa di vetro”. Altri sintomi e segni clinici sono: sclere blu, osteopenia, vari gradi di bassa statura, deformità ossee progressive, dentinogenesi imperfetta, lassità ligamentosa e cutanea, sordità ad esordio prevalentemente in età adulta. Manifestazioni minori sono tendenza ad ecchimosi, lividi, cheloidi, ipertermia, iperidrosi, ipotonia e ipotrofia muscolare, alterazioni valvolari cardiache, anomalie oculari e alterazioni dell’emostasi. Nei pazienti affetti da tale patologia è di vitale importanza la terapia medica effettuata con bisfosfonati a quella fisioterapica e ortopedica. Proprio una corretta valutazione dello schema corporeo e degli eventuali deficit motori e staturali ai quali purtroppo frequentemente vanno incontro i nostri pazienti è fondamentale per impostare un’efficace protocollo terapeutico fisioterapico, che deve mirare non solo ad evitare ulteriori peggioramenti delle deformità ma deve favorire un completo recupero delle attività vitali (deambulazione, respirazione etc) dei pazienti. Sul recupero della deambulazione e respirazione grande ruolo riveste la colonna vertebrale che in questa patologia è frequentemente contrassegnata da “fratture vertebrali” che favoriscono la comparsa di cifosi o scoliosi che nel tempo limitano le attività quotidiane e lavorative dei pazienti adulti e un’isolamento e depressione dei pazienti in età pediatrica.
Fino ad oggi la valutazione statica, le deformità, la cifosi e scoliosi viene effettuata, nel Presidio per le Osteodistrofie Congenite del Policlinico Umberto I di Roma, mediante l’esame radiologico tradizionale sottoponendo il paziente all’assunzione di eccessive quantità di radiazioni e con significativo aumento del rischio oncogeno. Al fine di evitare che i nostri pazienti continuino ad essere sottoposti ad esami radiografici seriati, con conseguente assunzione di eccessive dosi di radiazioni, per la corretta valutazione della cifosi e scoliosi è necessario che il Presidio venga dotato di un apparecchio quale il FORMETRIC SPINOMETRIA 4D. Questo sistema di analisi effettua una dettagliata ed estesa rilevazione ottica tridimensionale non invasiva (senza raggi X e senza alcun effetto collaterale), statica e dinamica dell’intera colonna vertebrale e del bacino fornendo dati quantitativi precisi e ripetibili con rappresentazioni grafiche di numerose problematiche posturali. Tale sistema presenta diversi campi di applicazione quali: - diagnosi precoce e monitoraggio degli atteggiamenti scoliotici e scoliosi, iperlordosi, dorso piatto, eterometria e dismetria degli arti inferiori in età evolutiva; - diagnostica e follow-up di deformazioni del rachide quali scoliosi, ipercifosi dorsale, iperlordosi lombare; - valutazione posturale nelle problematiche muscolo-scheletriche. Il costo della macchina è di € 35.000 e per questo chiediamo a tutti l’impegno, con una donazione anche piccola, per il suo acquisto. Nella pagina accanto tutte le informazioni.
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il comune di Roma informa
Fonte: www.comune.roma.it
Insieme si può: un progetto per anziani non autosufficienti
Il progetto “Insieme si può” fornisce contributi economici a favore delle persone anziane non autosufficienti assistite a domicilio da collaboratori familiari. I servizi: - Aiuto alle famiglie nella ricerca di personale formato tramite il Registro degli Assistenti Familiari per Anziani del Comune di Roma; - Registro Cittadino degli Assistenti Familiari per Anziani che raccoglie i nominativi delle in possesso di specifici requisiti in materia; - corsi di formazione gratuiti per gli assistenti familiari sulle tematiche del lavoro di cura delle persone anziane. I corsi (due volte a settimana per due mesi) sono realizzati dall’Azienda ospedaliera San Camillo/Forlanini e dall’Istituto Fernando Santi e sono gratuiti; - contribuiti economici e interventi in favore delle persone anziane non autosufficienti che hanno assunto un assistente familiare. Il contributo ha un valore massimo di 450,00 euro mensili e viene erogato per un periodo di 12 mesi in via sperimentale. Il pacchetto di interventi consente inoltre di usufruire di sostituzioni gratuite nelle ore in cui l’assistente familiare è impegnato nel corso di formazione; - sportello di informazione e segretariato sui servizi per gli anziani e sugli adempimenti connessi all’assunzione di un assistente familiare.
Chi può accedere: - Anziani, famiglie e assistenti familiari: il servizio di aiuto nella ricerca di un assistente familiare per anziani e lo sportello informativo sono accessibili a tutti i cittadini; - anziani: il pacchetto di servizi formato da contributo economico, formazione dell’assistente e sostituzioni gratuite può essere richiesto da anziani non autosufficienti, da persone con più di 65 anni, da chi ha assunto un assistente familiare per un minimo di 25 ore settimanali e da persone con un valore Isee non superiore ai 23.240,56 euro; - assistenti familiari: l’iscrizione al Registro Cittadino degli Assistenti Familiari può essere richiesta da persone disponibili a lavorare con gli anziani, con età superiore ai 18 anni e che abbiano assolto l’obbligo scolastico, con una conoscenza di base della lingua italiana e con permesso di soggiorno per motivi di lavoro se stranieri, che abbiano frequentato un corso nell’area dell’assistenza alla persona o possiedano una qualifica professionale attinente. Per usufruire del servizio informativo è sufficiente una richiesta telefonica. Il Call Center è attivo dal lunedì al giovedì dalle 8,30 alle 17,30 e il venerdì dalle 8,30 alle 14,00 ai numeri telefonici: 06 44341246; 06 44340710. Per maggiori informazioni consultare il sito: www.insiemesipuo.net
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superare la balbuzie Prof. Marco Santilli
Associazione Italiana La Nuova Parola
Via Cavour 4/2, San Giovanni Teatino (CH) N° verde: 800 090732 Cell. 340 8671477 Sito web: www.marcosantilli.it
Intelligenza, genetica e linguaggio La lingua, la scrittura e le altre attività umane e della fantasia sono i prodotti della cognizione. Tuttavia, secondo S. Pinker, la capacità di parlare è una funzione genetica. Come fa, infatti, un bambino di quattro anni a padroneggiare una struttura complessa e articolata come il linguaggio? Questo fenomeno è dovuto alla genetica, o è un lento processo di acquisizione influenzato dall’ambiente in cui il soggetto si ritrova, suo malgrado, a vivere? La ricerca scientifica suggerisce la possibilità di pensare a una vera e propria combinazione tra genetica e apprendimento dato che l’ambiente influisce davvero sulla struttura del cervello, ma esiste anche una base genetica nella capacità di parlare, ovvero, l’abilità di servirsi del linguaggio già subito dopo la nascita per comunicare agli altri i propri bisogni. L’espressione iniziale delle necessità non sarà espressa da parole, ma ad ogni modo anche un neonato tramite mezzi e tecniche più semplici e primitive sarà in grado di farsi comprendere. Proprio per le ragioni citate possono esistere, e sono effet-
tivamente esistite, differenze tra gruppi umani, definite dal patrimonio genetico di ogni individuo. Il cervello eredita certe attitudini o comportamenti solitamente indispensabili per la vita, come la possibilità di rapportarsi con gli altri ed ovviamente la necessità, ma soprattutto la capacità, di comunicare che dipendono, a loro volta, dagli stimoli ambientali come ad esempio la socializzazione, o comunque sono dovute alla presenza di altre persone a cui inviare il proprio messaggio. Altre volte l’attitudine ereditata è molto specifica, per esempio nella musica o nella matematica, ma bisogna tener presente che non si possono separare le capacità genetiche dall’influenza che un determinato ambiente esercita, appunto, proprio sulle stesse attitudini dovute alla genetica. Dunque, ci sono facoltà che non si attivano se non in un ambiente familiare o scolastico che ne favorisce la comparsa e l’operatività. Proprio a questo proposito R. Sazolsky diceva: «I geni determinano certi comportamenti in ambienti determinati». L’eredità genetica è una potenzialità che può attivarsi con l’ambiente o, al contrario, anestetizzarsi.
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Fonte: www.operazionenasorosso.it Che influenza ha il linguaggio sulla nostra intelligenza? È l’intelligenza che ci permette di acquisire il linguaggio o, viceversa, è la capacità di articolare il linguaggio a sviluppare le facoltà intellettive? In realtà sono entrambe le cose che interagiscono: l’organizzazione genetica favorisce strumenti e caratteristiche del linguaggio con regole e strutture differenti; mentre l’esercizio del linguaggio modifica il nostro cervello in modo tale da favorirne l’intelligenza. I giochi linguistici sono proprio uno dei mezzi che stimolano maggiormente l’acquisizione di un linguaggio più articolato e quindi permettono uno sviluppo maggiore del lessico e dell’intelligenza. Gli strumenti di ricezione sono rappresentati dagli organi sensoriali che consentono la trasformazione di stimoli fisici-meccanici in stimoli nervosi-biologici, e dalle vie sensoriali centrali che rivestono il ruolo di sede della percezione e dell’elaborazione degli impulsi nervosi. Il processo di ricezione sensoriale che utilizza questi strumenti prende il nome di “processo percettivo-gnosico”. Gli strumenti di produzione sono rappresentati dagli apparati muscolari e dai loro supporti meccanici, che consentono la trasformazione degli stimoli nervosi in stimoli fisici, e dal loro coordinamento. T utto ciò è chiamato “processo prassico”. Gli strumenti periferici garantiscono l’uscita e l’entrata di messaggi qualitativamente e quantitativamente preformati in modo da essere recepiti ed inviati nel migliore dei modi. Il linguaggio migliora l’efficacia del comportamento e dell’interazione sociale.
speciale del mese Nasce da e rappresenta una delle risorse del cervello umano tra le più straordinarie: l’abilità di immaginare, quella di associare e la capacità di astrazione. Infatti sia i suoni (significante), che le lettere (significato) che vengono utilizzati non significano nulla, sono solo segni e codici relativi a oggetti con i quali non hanno alcun rapporto. Questo salto concettuale di creazione del linguaggio è dovuto quindi alla meravigliosa capacità di astrazione del cervello umano che lo differenzia da quello animale. Dunque uno dei tratti fondamentali del linguaggiointelligenza dell’uomo è il senso del “futuro”. Gli altri animali dispongono di un sistema primitivo di comunicazione, non vanno al di là del presente perché sono fin troppo condizionati dall’incombenza delle proprie necessità biologiche e immediate: fame, pericolo, sonno. Gli esseri umani hanno strategie, prevedono, hanno la consapevolezza che esiste un “futuro” e un “passato”. Il linguaggio, nell’arco del tempo, si è costituito secondo un sistema molto efficace di combinazioni e permutazioni. Basti pensare che non più di trenta suoni permettono un’enorme varietà di gruppi fonici e che non più di trenta segni indicano come questi suoni si combinano e come si identificano, accertandone la loro identità. Le parole, o gruppi fonici, si combinano quasi all’infinito secondo le leggi della grammatica. Le variazioni del comportamento umano affondano le proprie radici nel linguaggio: uno straordinario sistema combinatorio interposto al nostro cervello.
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Giovanna Filoso, fonte: Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it)
a cura della redazione
TUTELA E MONITORAGGIO DELLE ACQUE: UNA PRIORITÁ NAZIONALE
L’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale ha da poco firmato un accordo di collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità che prevede l’attivazione di ricerche relative alla gestione dei corpi idrici e degli ambienti acquatici: OGS e in particolare il suo dipartimento di Oceanografia biologica(BIO), avrà il compito di effettuare attività di monitoraggio e ricerca sulla qualità delle acque per garantire intervento e risoluzione qualora si presentino problemi per la salute umana. Il controllo degli ambienti acquatici e delle acque balneari è una priorità per l’Italia. L’attività di controllo viene svolta dalle Agenzie regionali di protezione ambientale. Tuttavia agenti chimici e biologici, normalmente non oggetto di indagine, possono rappresentare una minaccia per la popolazione: sono quasi sempre invisibili, ma possono essere nocivi per l’organismo. L’ISS è l’organo tecnico scientifico del Servizio Sanitario Nazionale e il suo Dipartimento Ambiente e Prevenzione Primaria svolge attività di studio, ricerca e valutazione del rischio associato alla presenza di agenti chimici e microbiologici, tossine algali e cianotossine negli ambienti acquatici. ”Le competenze dell’Istituto di Oceanografia sugli ecosistemi marini e sui microrganismi si integrano perfettamente con le nostre” spiega Enzo Funari, direttore del reparto Qualità degli ambienti acquatici e acque di balneazione “Questa collaborazione rappresenta una sinergia ideale per studiare gli effetti sulla salute umana
a partire da una conoscenza approfondita degli ecosistemi marini ed è quindi un importante laboratorio in cui competenze diverse, ambientali, microbiologiche e cliniche vengono utilizzate per comprendere le migliori strategie di prevenzione e di intervento per tutelare l’ambiente e la salute umana. Questa collaborazione rappresenta inoltre per l’ISS un prezioso accesso al mare per lo studio delle problematiche sanitarie ad esso associate. Alcuni produttori di tossine sono piccoli dinoflagellati, alghe unicellulari rivestite da una teca cellulosica che si spostano grazie a un’appendice chiamata flagello. I molluschi bivalvi come mitili, vongole, ostriche e altri ancora, in virtù della loro attività di filtraggio continuo dell’acqua di mare, possono accumulare grandi quantità di cellule algali, batteri e le loro tossine. Purtroppo nessun trattamento termico riesce a inattivare le tossine, per questo motivo è fondamentale che ci sia un rigoroso controllo da parte di chi conosce queste problematiche.“ “La collaborazione scientifica tra il dipartimento BIO dell’OGS e l’istituto superiore di sanità permetterà di avviare un dialogo produttivo tra due organismi che si occupano di tutela delle acque in forme diverse ma complementari. Lo scambio di informazioni e di dati relativi agli ecosistemi acquatici e alla fisiologia degli organismi che li abitano permetterà di affrontare situazioni di rischio e di aumentare il controllo sulla qualità delle acque” commenta Renzo Mosetti.
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la Regione Lazio informa
Fonte: www.sirfarma.it
Avvelenamento provocato da sostanze corrosive
L’intossicazione da sostanze corrosive come la candeggina e l’ammoniaca è oggi all’ordine del giorno, in quanto queste sostanze vengono impiegate soprattutto a casa nelle faccende più comuni. Oltre a questi composti più conosciuti, fanno parte delle sostanze corrosive anche acidi, alcali e le sostanze volatili di origine inorganica (non contenenti carbonio) come l’acido muriatico, utilizzati nella composizione dei più svariati prodotti industriali. Essi si presentano sotto forma di liquidi trasparenti dall’odore prettamente acre, irritante, nauseabondo, pungente e soffocante. L’assorbimento di alcune di queste sostanze a livello degli alveoli polmonari può provocare la formazione dei radicali liberi che, otre a bloccare la genesi del respiro, si accumulano negli occhi danneggiando così la cornea e la congiuntiva. Inoltre se si ritrovano nell’aria ad alte concentrazioni possono causare cefalea, nausea, vomito. A contatto con la cute causano dermatiti, ustioni e ulcerazioni gravi, mentre se vengono ingerite determinano l’insorgenza di gravissime ustioni dolenti ed emorragie interne. I candeggianti che contengono perborato sodico e ipoclorito di sodio, usati generalmente per il bucato, per lavare i piatti e per la pulizia della casa, possono essere molto pericolosi. Il perborato
sodico, infatti, se ingerito viene rapidamente assorbito provocando nausea, vomito, diarrea, cefalea, agitazione e a livello cutaneo lesioni con eritemi, mentre nel rene può essere causa di nefropatia. L’ipoclorito sodico è irritante al solo contatto. Inoltre l’ipoclorito in presenza di sostanze acide sviluppa cloro sottoforma di gas che è molto tossico per la sua capacità di distruggere il tessuto polmonare. Inoltre le esalazioni di cloro anche a basse concentrazioni irritano gli occhi ed il naso, mentre a concentrazioni più alte danno un senso di soffocamento con secrezioni anche emorragiche, fino ad arrivare a spasmi e morte per edema ai polmoni. L’ammoniaca originariamente si presenta come un gas incolore meno pesante dell’aria, facilmente liquefattibile ed estremamente solubile in acqua. Un’intossicazione può provocare irritazione agli occhi e alle vie respiratorie, avvolte con edema polmonare, edema della laringe o spasmo della glottide. Qualora si verifichi un episodio di intossicazione bisogna chiamare il 118 o il Centro Antiveleni (CAV): • Policlinico Gemelli Roma, 06/3054343 • Policlinico Umberto I Roma, 06/490663 • Ospedale Pediatrico Bambin Gesù Roma, 06/68592763
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a cura della redazione
Fonte: www.salute.gov.it
pronto soccorso: I codici colore gravità (triage)
Il termine triage deriva dal verbo francese “trier” e significa scegliere, classificare e indica quindi il metodo di valutazione e selezione immediata usato per assegnare il grado di priorità per il trattamento quando si è in presenza di molti pazienti. L’applicazione del triage nel Pronto Soccorso è motivata dall’aumento progressivo degli utenti che vi afferiscono, soprattutto di casi non urgenti. Tale metodo consente di razionalizzare i tempi di attesa in funzione delle necessità dei pazienti, utilizzando quale criterio di scelta le condizioni cliniche degli stessi e non il criterio dell’ordine di arrivo. A livello ospedaliero, la funzione di triage è attivata nelle unità operative di pronto soccorso-accettazione con oltre 25.000 accessi per anno e nei presidi che, pur essendo al di sotto dei 25.000 accessi, si trovano ad operare in condizioni di flussi periodicamente elevati ed irregolari (turismo stagionale, fiere, manifestazioni, ecc.). Il triage è svolto da personale infermieristico esperto e specificatamente formato che, valutando i segni ed i sintomi del paziente, identifica le condizioni potenzialmente pericolose per la vita ed attribuisce un codice di gravità al fine di stabilire le priorità di accesso alla visita medica. L’infermiere, presente nella zona di accoglimento del pronto soccorso, opera sotto la supervisione del medico in servizio e secondo protocolli predefiniti
e approvati dal responsabile del pronto soccorso o del dipartimento di emergenza-urgenza (D.E.A.). L’attivita’ del triage si articola in: accoglienza: raccolta di dati, di eventuale documentazione medica, di informazioni da parte di familiari e/o soccorritori, rilevamento parametri vitali e registrazione; assegnazione codice di gravità: tali codici, in analogia con i criteri definiti dal decreto del Ministero della Sanità del 15 maggio 1992, articolati in quattro categorie ed identificati con colore sono: codice rosso: molto critico, pericolo di vita, priorità massima, accesso immediato alle cure; codice giallo: mediamente critico, presenza di rischio evolutivo, possibile pericolo di vita; codice verde: poco critico, assenza di rischi evolutivi, prestazioni differibili; codice bianco: non critico, pazienti non urgenti; gestione dell’attesa: i pazienti in attesa della visita medica possono variare (migliorare o peggiorare) le proprie condizioni cliniche, è quindi parte integrante dell’intero processo di triage la rivalutazione periodica della congruità dei codici colore assegnati. È bene utilizzare i servizi del Pronto Soccorso per problemi urgenti e non risolvibili dal medico di famiglia, dal pediatra di libera scelta o dai medici della continuità assistenziale (guardia medica).
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a cura della redazione
Valentina Peter
L’AGOPUNTURA
L’agopuntura è una tecnica terapeutica della Medicina Tradizionale Cinese, che prevede l’applicazione di sottilissimi aghi metallici su precisi punti del corpo. E’ una pratica assolutamente indolore, professata da medici con esperienza sia di medicina tradizionale europea, sia di Medicina tradizionale cinese; in Italia, l’agopuntura può essere praticata solo da personale medico che abbia seguito un iter formativo specifico, di almeno quattro anni. L’agopuntura è un trattamento sia preventivo che curativo. Viene applicato nella terapia del dolore, nella cura dei disturbi funzionali, nelle affezioni respiratorie, gastrointestinali, nel trattamento delle malattie della pelle, in ginecologia e nella risoluzione dei disordini psichici. Si tratta di una tecnica poco invasiva. Gli studiosi del National Institutes of Health (istituto medico statunitense per la ricerca medica) sostengono che “Gli effetti collaterali avversi dell’agopuntura sono estremamente ridotti e sicuramente minori dei trattamenti conven-
zionali”. Tuttavia è fondamentale affidarsi a personale competente. E’ importante verificare che si usino aghi monouso e non aghi sterilizzati, in modo da evitare epatiti o malattie causate da virus che si trasmettono attraverso il contatto con sangue. Per avere maggiori informazioni si possono consultare i siti internet della FISA (Federazione Italiana delle Società di Agopuntura) e dell’Associazione Italiana Agopuntura, in grado di offrire nozioni e notizie divulgative, formative ed informative; sia l’associazione che la federazione, forniscono una dettagliata ricerca regionale degli agopuntori. Per la bibliografia, si segnalano i volumi: - Emilio Minelli, Nicla Vozzella, Introduzione all’agopuntura, L’uso a scopo preventivo di una medicina antichissima e molto efficace, Red Edizioni 2009. - Giorgio Dobrilla, Agopuntura, in Le alternative. Guida critica alle cure non convenzionali, Avverbi, 2008. - Claudio Corbellini, Agopuntura dalla A alla Z, Introduzione alla Medicina Cinese, Anima 2008.
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Giovanna Filoso, fonte: Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it)
a cura della redazione
LE CELLULE FEMMINILI SONO PIÙ RESISTENTI
Le cellule femminili si adattano di più e riescono a sopravvivere meglio di quelle maschili sotto stress ambientale e farmacologico. E’ il risultato di uno studio congiunto tra ISS e l’Università di Sassari che dimostra come le cellule che costituiscono il corpo dell’uomo e della donna non sono solo diverse per quanto riguarda i cromosomi ma anche per quando riguarda il loro destino. Uomini e donne hanno quindi un rischio diverso di contrarre certe malattie. Diventa perciò necessario che la ricerca scientifica abbia un approccio di genere per offrire una migliore appropriatezza terapeutica. Con questo obiettivo l’Istituto Superiore di Sanità, finanziato dal Ministero della Salute, ha avviato il progetto “La medicina di genere come obiettivo per la sanità pubblica: l’appropriatezza della cura per la tutela della salute della donna”. Si tratta di un progetto che studia le differenze non soltanto fisiologiche ma anche sociali e psicologiche tra uomini e donne. L’obiettivo è capire come impattano le terapie farmacologiche sugli uomini e sulle donne per ottenere una cura più appropriata e un risparmio di costi per il Servizio Sanitario Nazionale. Uno dei risultati del progetto ha rivelato che le cellule maschili (XY) hanno un comportamento stereotipato. Infatti, sotto stress ambientale e farmacologico non riescono ad adattarsi per cui evolvono verso la morte cellulare (apoptosi). Le cellule femminili hanno invece una maggiore plasticità e sono capaci di adattarsi di più e meglio. Infat-
ti, possono riorientarsi e cambiare forma senza perdere la loro vitalità e la loro energia e per non morire, facendo una sorta di cannibalismo, diventano capaci di “mangiare alcuni loro componenti” (autofagia) per ricavare fonti energetiche per sopravvivere. In definitiva, “sono più risparmiose” perché non sprecano nulla di quello che può essere riciclato. Questo studio dimostra che i risultati della ricerca scientifica ottenuti nell’uomo non possono essere”automaticamente” trasferiti alla donna. Le cellule maschili, infatti, evolvono verso la morte programmata mentre quelle femminili vanno verso la senescenza e ciò indica che le cellule femminili hanno una maggiore capacità di adattarsi all’ambiente. Questa ricerca porta all’appropriatezza della cura evitando l’errore in medicina e questo è il solo modo di arrivare al risparmio equo per il sistema sanitario. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha redatto un elaborato sulla medicina di genere mettendo in evidenza come “i luoghi scelti, i metodi usati e le analisi dei dati riflettono una prospettiva maschile in molti campi importanti. Laddove le stesse patologie colpiscono sia gli uomini che le donne, molti ricercatori hanno ignorato le possibili differenze tra i sessi rispetto agli indicatori diagnostici, ai sintomi, alla prognosi e alla effettiva efficacia dei diversi trattamenti. Fintanto che i ricercatori continueranno ad usare come modello gli uomini, le cure mediche delle donne continueranno ad essere compromesse”.
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Fonte: www.educazioneacquatica.it
a cura della redazione
Acquaticità, dai primi bagnetti alla scoperta del mare
Il Ministro della Salute Prof. Ferruccio Fazio ha presentato in conferenza stampa, con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Sport On. Rocco Crimi, la campagna sociale di sensibilizzazione “Acquaticità e sicurezza 0-12 anni. Dai primi bagnetti alla prima scoperta del mare” promossa dall’associazione Acquatic Education e patrocinata dal Ministero. L’iniziativa, ideata da Nicola Brischigiaro, pluricampione mondiale di immersione in apnea e tra i massimi esperti in educazione acquatica familiare, tocca una tematica molto importante: gli annegamenti e i semiannegamenti. Purtroppo ogni anno in Europa sono circa 5.000 i bambini tra 1 e 4 anni che perdono la vita per annegamento e nel mondo sono circa 175.000 le vittime tra 0 e 17 anni. L’Italia con il suo clima mite, i suoi 8.000 km di coste, laghi e fiumi balneabili è uno dei paesi potenzialmente più esposti a questo fenomeno. E’ quindi prioritario, sensibilizzare, istruire ed educare, nel modo più consono, più dinamico e duraturo, coloro che per primi devono sovrintendere alla sicurezza ac-
quatica dei bambini: i genitori. Con lo slogan: “Con Tuo figlio in acqua devi sempre sapere cosa fare” la campagna si rivolge proprio ai genitori, sottolineando il ruolo importante che sono chiamati a svolgere per la sicurezza in acqua dei loro bambini, dai primi bagnetti alla prima scoperta del mare. In particolare l’iniziativa prevede una specifica sensibilizzazione sui mezzi di informazione nazionali (carta stampata, tv, radio, web), la diffusione di uno spot TV e radio di 30” e la creazione di una “Guida” in dvd e in documento formato pdf, suddivisi per fasce di età e location (casa, piscina, mare, lago e fiume) dove i genitori possono trovare tutte le procedure teoriche e pratiche per la fruizione dell’ambiente acquatico. La guida sarà distribuita gratuitamente in tutti i reparti di maternità alle neo mamme, la regione che per prima inizierà a distribuire i dvd sarà la Valle d’Aosta. Consultando il sito internet www.educazioneacquatica. it è possibile vedere lo spot, scaricare gli mp3 con i consigli generali, richiedere il dvd e la guida in formato pdf.
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a cura della redazione
Valentina Peter
24 e 23 ottobre 2010: giornata MONDIALE DELLA PSORIASI
Sabato 23 e domenica 24 ottobre 2010 si celebra, in Italia e in alte cinquanta nazioni, la Giornata Mondiale della Psoriasi. La psoriasi è una comune forma di dermatite cronica, presente in tutto il mondo. Generalmente si presenta negli individui tra i 10 e i 40 anni, con maggiore sviluppo nel periodo della pubertà e della menopausa. E’ una malattia infiammatoria della pelle, assolutamente non contagiosa. I fattori che possono scatenare le lesioni psoriatiche sono lo stress, infezioni varie (candida albicans, viremia), reazioni allergiche a farmaci. La malattia può comparire su tutto il corpo, anche se, spesso, si manifesta su cuoio capelluto, gomiti, ginocchia, sulla zona ombelicale e quella sacrale. Le lesioni possono apparire su parti del corpo soggette ad un trauma, come bruciature o tatuaggi o infezioni. La manifestazione è promossa dal’ADISPO, Associazione per la Difesa degli Psoriasici, le cui attività sono dirette verse la tutela dei diritti del paziente psoriasico;
l’associazione svolge assistenza ospedaliera, offre supporto psicologico ai malati, supporto sociale e informativo e organizza incontri tra medico e paziente. La Campagna ha, inoltre, ottenuto i Patrocini Istituzionali e il sostegno della Croce Rossa Italiana. La campagna ha lo scopo di migliorare l’informazione generale sulla malattia, esporre le opportunità terapeutiche e sensibilizzare le competenze sanitarie sulle esigenze dei pazienti. L’intento è di combattere i pregiudizi su una disfunzione che colpisce 150 milioni di persone nel mondo e 3 milioni di italiani. La manifestazione prevede l’allestimento di gazebo informativi, disposti in oltre 40 città italiane; l’elenco delle piazze che aderiranno alla manifestazione, si può trovare sul sito internet http://www.adipso.org o richiedere al numero verde 800 031 566. Durante la dimostrazione, i rappresentanti regionali dell’ADISPO, supportati da medici e volontari, distribuiranno opuscoli informativi e depliant per informare sugli aspetti più sconosciuti della malattia, sulle nuove terapie e sui centri specializzati nella cura della Psoriasi e Psoriasi Artropatica.
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chirurgia plastica Dott. Marco Massarelli
Medico Chirurgo–Chirurgia Plastica
Medeia Medica Via Laura Mantegazza 82 Roma N.Verde 800 910281 prima visita gratuita dia l’idea di essere stato operato, permettendo a parenti ed amici, grazie a lievi ed impercettibili cambiamenti, di notare solo un miglioramento complessivo del viso.
la rinoplastica Tra tutti gli interventi che fanno parte della Chirurgia Estetica, la Rinoplastica è per il chirurgo certamente quello più complesso da interpretare e da eseguire. Il naso, per la sua posizione al centro del viso, rappresenta, insieme alle palpebre, il primo contatto con gli altri sul piano dell’immagine. Lo scopo dell’intervento è quello di modificare le componenti nasali non particolarmente attraenti e di creare una struttura armoniosa ed in equilibrio con il resto del viso. Da vari anni è cambiato il tradizionale concetto di Rinoplastica, sviluppato intorno agli anni trenta e caratterizzato da un approccio standard piuttosto aggressivo, a vantaggio di tecniche più duttili e rispettose dell’anatomia del naso. Purtroppo, ancora oggi, l’intervento viene eseguito troppo spesso senza considerare adeguatamente questa evoluzione, dando così origine a risultati dalla connotazione chirurgica, poco gradevoli sul piano estetico, e demotivando in tal modo molti potenziali pazienti desiderosi di migliorare questa importante parte del proprio corpo. L’obiettivo del chirurgo deve essere quello di conseguire un risultato naturale, nel quale sia possibile apprezzare un naso piacevole ed equilibrato e che non
Il naso è una struttura tridimensionale molto proporzionata nelle sue componenti e, contrariamente a quanto normalmente si pensi, non è possibile modificarla a piacimento; è infatti sconsigliabile eseguire resezioni aggressive poiché ogni pur piccola variazione delle sue componenti anatomiche comporta importanti risposte sul piano estetico (sono necessari, ad esempio, solo un paio di millimetri di riduzione del dorso per ottenere un profilo nasale dritto e delicato). E’ un intervento piuttosto rapido, della durata massima di un paio di ore e per nulla doloroso: inoltre è estremamente semplice da gestire nel periodo postoperatorio, richiedendo solo alcune accortezze come mangiare cibi morbidi e rimanere lontani da fonti di calore per circa 6 settimane. A volte, insieme alla parte estetica, viene eseguita, nello stesso tempo operatorio, anche una Settoplastica (correzione della deviazione del setto nasale), allo scopo di risolvere i problemi connessi ad una respirazione non corretta. Dopo 7 giorni dall’intervento, rimossa la medicazione protettiva, è possibile vedere i risultati ottenuti; il naso, tuttavia, avrà bisogno di un tempo variabile tra i 4 ed i 6 mesi per stabilizzarsi definitivamente. In conclusione, se l’intervento è eseguito correttamente, mantenendo le giuste proporzioni fra le varie parti che ne compongono l’anatomia, sarà in grado di offrire risultati eccellenti, migliorando in maniera significativa l’estetica del naso e conferendo piacevolezza ed armonia al resto del viso, e ripagando così ampiamente la fiducia riposta dai/dalle pazienti in
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Giovanna Filoso, fonte: Ministero della Salute (www.salute.gov.it)
a cura della redazione
LA LEGGE 194 E L’INTERRUZIONE SPONTANEA DELLA GRAVIDANZA
Presentata al Parlamento dal Ministro della Salute Ferruccio Fazio, la relazione sull’applicazione della legge 194 che regola l’aborto, contenente i dati definitivi del 2008 e provvisori del 2009. Dalla introduzione della Legge 194 si conferma il calo dell’IVG nel nostro Paese. Nel 2009 sono state effettuate 116.933 IVG (dato provvisorio), con un decremento del 3.6% rispetto al dato definitivo del 2008 (121.301 casi) e un decremento del 50.2% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’IVG (234.801 casi). In sintesi: - Si conferma la tendenza storica alla diminuzione dell’IVG in Italia, che diventa ancor più evidente se si scorporano i dati relativi alle donne italiane rispetto a quelli delle straniere; - Va sottolineato come il tasso di abortività in Italia sia fra i più bassi tra i paesi occidentali; - Particolarmente basso è il tasso di abortività relativo alle minorenni; - In diminuzione anche il tasso degli aborti ripetuti. Si configura in questo ambito una specifica situazione italiana: il panorama dei comportamenti relativi alla procreazione responsabile e all’IVG in Italia presenta sostanziali differenze da quelli di altri paesi occidentali e in particolare europei, nei quali l’aborto è stato legalizzato. Siamo in un paese a bassa natalità ma anche basso ricorso all’IVG, quindi in Italia l’aborto è poco utilizzato come metodo contraccettivo, e inoltre siamo anche un
paese con limitata diffusione della contraccezione chimica. Altri paesi come Francia, Gran Bretagna, Svezia e molti altri in Europa, hanno tassi di abortività più elevati a fronte di una contraccezione chimica più diffusa e di un’attenzione accentuata verso l’educazione alla procreazione responsabile. In generale, il tasso di abortività sembra collegarsi non soltanto ai classici fattori di prevenzione come ad esempo l’educazione sessuale scolastica, l’educazione alla procreazione responsabile, la diffusione dei metodi anticoncezionali e la facilità di accesso alla contraccezione di emergenza, ma anche a fattori culturali più ampi: circa la metà degli aborti è richiesta da donne con un’occupazione lavorativa, sia fra le italiane che fra le straniere, così come le IVG sono richieste in percentuali poco differenti fra donne coniugate e nubili, sia fra italiane che fra straniere. Fra le italiane, inoltre, quasi la metà delle IVG è richiesto da donne senza altri figli, mentre fra le straniere un aborto su tre è di una donna senza figli. Un’analisi socio-demografica più approfondita potrebbe chiarire meglio i fattori socioculturali, piuttosto che quelli economici, che sembrano essere alla base di una gran parte delle scelte di IVG nel nostro Paese. Rimane elevato, ed è comunque in aumento, il ricorso all’IVG da parte delle donne straniere, che seguono comportamenti differenti in base alla loro nazionalità e alla loro cultura di provenienza, spesso anche a causa dei diversi approcci ed accessi alla procreazione responsabile e all’IVG nei Paesi di origine.
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a cura della redazione
Fonte: www.ansa.it
Terza età: boom di filler, blefaroplastiche e botulino Dopo i ragazzini insoddisfatti del loro aspetto e gli adulti ‘Peter Pan’, ora sono i nonni a non accettare più l’invecchiamento e voler cancellare i segni implacabili del tempo che passa. Negli ultimi anni è aumentato costantemente il numero di richieste di interventi di chirurgia e medicina estetica da parte della terza età, con un boom sorprendente anche negli over70, sia uomini che donne. Negli ultimi anni è aumentato costantemente il numero di richieste di interventi di chirurgia e medicina estetica da parte della terza età, con un boom sorprendente anche negli over70, sia uomini che donne. A tracciare questa nuova fotografia dalla vanità italica è la Società italiana di medicina estetica (Sime), riunita a Roma per il suo XXXI congresso nazionale. “Se fino a 10-15 anni fa il 60% delle persone che ricorrevano a trattamenti di chirurgia e medicina estetica aveva tra i 30 e i 50 anni - spiega Nicolò Scuderi, professore di chirurgia plastica e ricostruttiva presso la Sapienza -, ora l’età media si è spostata a 50 anni, con un 8% circa di over 70enni, sia uomini che donne”. In sostanza c’é stato un vero e proprio cambiamento dell’età dei pazienti. “Ora le fasce più consistenti - continua Scuderi - sono quelle comprese tra i 20 e 30 anni, tra i 40 e i 60 e dopo i 70 anni”. Gli interventi richiesti cambiano a seconda dell’età: se i giovani non si accettano e vogliono cancellare i loro difetti, rifacendosi il naso, il seno o togliendo il grasso in eccesso con la liposuzione, a 40-60 anni invece si vuole ringiovanire, con interventi di lifting, blefaroplastiche, liposuzioni e chirurgia sul seno divenuto cadente.
“A 70 anni invece - aggiunge Emanuele Bartoletti, segretario della Sime - la richiesta è di cure antiaging con filler, blafaroplastiche e botulino. Anche se non manca, soprattutto tra quelli che arrivano con un fisico e una forma invidiabile, chi chiede addominoplastiche e liposuzioni. Il difficile da far capire a questi pazienti è che non si può cancellare del tutto l’invecchiamento e le rughe. Gli interventi che si possono fare devono sembrare il più naturale possibile, in modo da far portare bene la propria età”. Il consiglio degli esperti, per chi vuole ricorrere alla medicina estetica anche nelle terza età, è dunque di prendersi cura della pelle con facendo check up, una prevenzione cosmetologica adeguata, e difendendosi dal sole. “Una volta migliorata la qualità delle pelle - prosegue Bartoletti - allora si può pensare di usare filler riassorbibili e non permanenti, la tossina botulinica, i peeling e i laser. Ma tutto sempre con moderazione”. Del resto il botulino, se usato correttamente, ha rari effetti collaterali e reversibili nel tempo, dicono i medici estetici. Dai dati presentati dalla Sime emerge un progressivo aumento del ricorso a questa tecnica. Nel 2009 sono stati infatti 89.900 i trattamenti effettuati, segnando un +21% rispetto al 2008. E la stima per il 2010 è di un altro +30% rispetto all’anno precedente. In particolare poi l’85% dei trattamenti con botulino riguarda la parte superiore del viso, mentre l’83% di quelli con filler la parte inferiore. “Una volta provato - conclude Scuderi - il 98% dei pazienti continua ad usare il botulino, perché funziona bene e non presenta grossi rischi”.
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le piccole imperfezioni finiscono per far bene Il “lato B” prosperoso. Può essere un cruccio per molte donne, ma sfoggiare un fondoschiena del calibro di quello di Beyonce o Jennifer Lopez fa bene alla salute. Secondo uno studio britannico, infatti, le donne con un ‘lato B’ ben tornito sono meno a rischio di cardiopatie e diabete. Il grasso depositato intorno a cosce e a fondoschiena, infatti, riduce l’effetto di proteine pericolose che causano infiammazione e trombi, secondo gli scienziati dell’Università di Oxford. Il naso grande. Un profilo pronunciato, spiega uno studio dell’Università dell’Iowa (Stati Uniti), mette al riparo da malanni e acciacchi, rendendo chi ce l’ha meno suscettibile a raffreddori e virus influenzali. Come? Attraverso una naturale barriera che blocca fisicamente facendo muro - particelle di polvere e batteri nell’aria, che così faticano di più a farsi spazio nell’organismo. Da molti indicato come segno di intelligenza e nobiltà, un naso ingombrante si dimostra dunque anche un prezioso alleato della salute. Il seno piatto. Chi sogna un decoltè alla Salma Hayek ma si sente piatta come una tavola da surf può consolarsi con uno studio turco che ha dimostrato come le donne con un seno di piccole dimensioni siano di gran lunga meno inclini a soffrire di problemi alla schiena. Non è tutto. I ricercatori dell’ateneo di Vienna hanno provato che il seno in miniatura è anche più sensibile di quello da maggiorata. Dita tozze. Se indossare sandali è il vostro incubo, i ricercatori del Wales Institute, a Cardiff, hanno mostrato che anche questo difetto porta con sè qualche beneficio. Dita lunghe e affusolate, spiegano, in termini di biomeccanica richiedono più energia per entrare in funzione, e assorbono con più difficoltà eventuali shock. Orecchie grandi. Orecchie alla Dumbo ma udito migliore. E meno incline a perdere colpi con l’avanzare degli
anni. Lo dimostra uno studio del Royal National Institute for Deaf People (Rnid), che riabilita orecchie extralarge, ‘tallone d’Achillè di molti ma vere e proprie alleate della salute. Cosce grandi. Sono il cruccio di moltissime donne, ma anche di parecchi uomini: le cosce grandi spesso rendono tante ragazze restie a indossare una minigonna e altrettanti giovani e meno giovani timorosi nel mostrarsi in pantaloncini corti. Potrebbero però rappresentare, a sorpresa, un elemento protettivo per il cuore: uno studio condotto da esperti del Copenaghen University Hospital (Danimarca) e pubblicato sul ‘British Medical Journal’ dimostra che maschi e femmine con una circonferenza della coscia superiore ai 60 centimetri corrono un rischio minore di problemi cardiovascolari e di morte prematura. Troppi nei. Troppi nei sulla pelle, tanto da trasformarsi in un vero e proprio incubo davanti allo specchio. Ma se da un lato averne molti ci rende più a rischio melanoma, dall’altro esserne invasi potrebbe farci mantenere giovani più a lungo, e preservarci da alcune malattie legate al trascorrere degli anni, come le patologie cardiache e l’osteoporosi. A provarlo è uno studio dei ricercatori del King’s College di Londra, che ha passato sotto la lente di ingrandimento il Dna di oltre 900 coppie di gemelli. Scoprendo così l’esistenza di un misterioso link tra numero dei nei e lunghezza dei telomeri nelle cellule, un efficace indicatore del tasso di invecchiamento di organi come cuore, muscoli e arterie. Gambe tarchiate. Tutte le donne le vorrebbero sottili e slanciate, ma le gambe tozze sono più resistenti, meno a rischio di dover fare i conti con l’osteoporosi, malattia ‘mangia ossà, e meno inclini a subire fratture. Lo dimostra uno studio dell’ateneo di Chicago condotto in team con l’International Longevity Centre di New York.
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Tv: Censis; La donna in video? Solo sesso e bellezza «In tv le donne se non hanno il bikini, non vanno bene»: così Emma Bonino, vicepresidente del Senato, descrive l’immagine che il piccolo schermo dà dell’altra metà del cielo. La Bonino è intervenuta a un incontro organizzato da `Appello Donne e Media´, l’associazione promossa da Gabriella Cims, che ha proposto 11 emendamenti al Contratto di servizio pubblico in discussione in commissione di Vigilanza perché la Rai diffonda un’immagine delle donne che corrisponda alla realtà. Una realtà che, secondo una ricerca del Censis realizzata per l’occasione, vede le donne aspirare soprattutto all’affermazione della libertà individuale (80%), alla realizzazione professionale (66%) e all’autonomia economica (56%). Dati ignorati dalla tv, dove le donne non hanno voce (53%), sono associate a temi come moda, sesso, spettacolo e bellezza (43%) e solo nel 2% dei casi a temi come impegno sociale”. «Siamo all’inizio di una lunga battaglia culturale – ha detto la Bonino – che necessita di norme e del coinvolgimento delle istituzioni». Gli obiettivi di `Appello Donne e Media´ hanno avuto il sostegno di una settantina di parlamentari e di oltre 6.000 donne. «La presenza femminile nei contenitori `politicamente corretti´ come Annozero e Che tempo che fa – ha aggiunto Bonino – ha una percentuale da prefisso telefonico. In generale l’impegno femminile non viene rappresentato, è come se non esistesse». Gabriella Cims ha riconosciuto la «sensibilità» dimostrata dalla commissione di Vigilanza e dalla Rai rispetto agli inserimenti richiesti nel Contratto di servizio. Ma c’è ancora molto da fare: «Saremo vigili e presenti perché gli emendamenti non restino sulla carta. Vogliamo aprire un tavolo di riflessione e confronto con le istituzioni e convocheremo al più presto il comparto industriale, compresi i produttori di videogiochi, per migliorare
l’immagine delle donne sui media, per valorizzare il loro ruolo nella società e nell’economia». A novembre Appello Donne e Media ha inviato una lettera aperta alle istituzioni con «precise proposte che stanno diventando riforme», ha aggiunto Gabriella Cims, per la quale «il sostegno del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che per primo ha dato forza all’iniziativa, è un segnale che ci incoraggia. Ma credo che il servizio radiotelevisivo pubblico debba dare il primo segnale di cambiamento. Come chiedono le donne, che rappresentano oltre la metà degli spettatori».
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ginecologia Dott.ssa Federica Brosio
Specialista in ginecologia ed ostetricia
Medeia Medica Via Laura Mantegazza 82 Roma N. Verde 800 910281
PAPILLOMA VIRUS UMANO (HPV) Il carcinoma del collo dell’utero è la quarta neoplasia per frequenza nelle donne del mondo occidentale. Grazie al Pap-test l’incidenza della malattia ha subìto una sensibile riduzione dei nuovi casi e del rischio di morte negli ultimi 50 anni. L’ HPV è un virus largamente diffuso: ne esistono oltre 100 sottotipi che si differenziano per i tipi di tessuto infettato. Più di 40 interessano le aree anogenitali e tra questi si distinguno: HPV a basso rischio, responsabili di patologie benigne come i condilomi floridi; HPV ad alto rischio, responsabili delle alterazioni della mucosa del collo dell’utero che possono portare allo sviluppo del tumore. L’infezione si trasmette in un 30% dei casi per via sessuale e in un 70% attraverso i cosiddetti fomiti (piscine, bagni pubblici, asciugamani, saune, ecc.). Degli HPV ad alto rischio, i sottotipi 16 e 18 sono quelli più frequentemente implicati nel carcinoma della cervice uterina. L’HPV è l’infezione più comune a trasmissione sessuale (si stima che oltre l’80% delle donne sessualmente attive si infetti nel corso della vita). L’uso del profilattico riduce il rischio ma non protegge completamente da questa infezione. La maggior parte delle infezioni da HPV è transitoria, asintomatica (cioè la donna non si accorge di nulla) e guarisce spontaneamente perché il virus viene eliminato dal sistema immunitario prima di sviluppare un effetto patogeno. Solo nel 10% circa diventa persistente. Il virus, da solo, non è sufficiente a sviluppare questa malattia ma deve essere affiancato da altri fattori come: precocità dell’attività sessuale con el-
evato numero di partners, terapie immunosoppressive, multiparità (gravidanze multiple), storie di malattie sessualmente trasmesse, basso livello socioeconomico (spesso associato a scarse condizioni igieniche), fumo di sigaretta, uso prolungato di contraccettivi orali (più di 2 anni) , buon funzionamento del sistema immunitario. Il tumore del collo dell’utero è quindi un esito raro di una infezione comune. Solo una minoranza delle donne sviluppa un’infezione persistente e, tra queste, solo alcune possono, in casi ancora più rari, sviluppare lesioni pretumorali dell’epitelio cervicale uterino, le cosiddette CIN (neoplasia cervicale intraepiteliale). Maggiore è il grado di alterazione cellulare o displasia (da CIN1 a CIN2 e a CIN3), maggiore è la probabilità di progressione a carcinoma vero e proprio. La progressione è comunque molto rara, mentre prevalgono la regressione o, meno frequentemente, la persistenza. La regressione di CIN3 avviene spontaneamente in una buona percentuale dei casi, a seconda dell’età della paziente. Per le CIN2 e le CIN1 invece, occorrono circa 5 anni. Al momento attuale non siamo ancora in grado di capire quali tipi di lesione regrediscano ed è quindi necessario trattare le CIN2 (e quelle più gravi) mediante metodiche ambulatoriali che garantiscono efficacia e sicurezza. Per la progressione sono necessari tempi molto lunghi, dai 4 ai 10 anni. Questo consente, nelle donne che eseguono regolarmente il Pap test, l’identificazione precoce delle lesioni pretumorali. Negli ultimi anni si è parlato spesso di l’HPV test, più sensibile nell’identificare l’infezione ma meno specifico nella diagnosi di lesioni pre-tumorali. Tra le strategie preventive è possibile riccorrere al vaccino antiHPV ma la sua reale efficacia e sicurezza è, ad oggi, ancora molto controversa. Quindi, bandendo lo spauracchio dell’HPV, consiglio di tenersi sotto controllo nel modo giusto: effettuare con regolarità un Paptest all’anno.
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Shopping e saldi, eccitanti come il sesso Le offerte speciali e i saldi non gratificano solo il portafogli ma anche il cervello e acquistare qualcosa in promozione produce la stessa eccitazione di un rapporto sessuale. Si tratta un aspetto inedito del fare shopping emerso da una ricerca dell’università di Westminster a Londra che ha arruolato 50 volontari per testare le emozioni che si provano di fronte ad un 3x2 o a un film hard. Il sistema utilizzato dai ricercatori, il cui studio è stato pubblicato sulla rivista The Grocer, si chiama ‘iMotion’ e misura le risposte emotive del corpo, attraverso l’attivazione delle aree cerebrali e i movimenti dei globi oculari. Queste reazioni, poi, vengono catalogate su una scala che va da 1 a 10, dove il valore più alto indica un trauma grave. Le misurazioni sono state fatte mentre i volontari andavano in giro a fare acquisti di beni di consumo quotidiano e durante la proiezione di un film erotico. Ebbene, trovarsi davanti alla promozione di un audiolibro della collana di ‘Horrid Henry’, personaggio dei cartoni animati noto tra i bambini del Regno Unito, ha fatto registrare un punteggio di 5,8. Un valore molto alto se si considera che i risultati compresi tra 5 e 7 sono paragonabili allo stato di eccitazione emotiva di un individuo che guarda immagini erotiche o pornografiche. Punteggi alti, nell’area dell’eccitazione, sono stati registrati anche per le offerte speciali del latte Cravendale o per il pane Kingsmill. “Avvicinare la misurazione dell’esperienza sessuale con quella di un acquisto d’occasione è eccessivo - replica all’ANSA Eugenio Auguglia, direttore della Clinica Psichiatrica dell’università di Catania e vicepresidente della Società italiana di neuro psicofarmacologia (SINPF) - è vero però che nel caso di un acquisto c’é una grande spinta nella valorizzazione del senso del piacere, per la possibilità di avere un vantaggio di tipo economico”.
Del resto, secondo Auguglia, le aree cerebrali interessate sono le stesse ma “con livelli diversi - precisa - anche perché differenti sono le energie profuse”. In entrambi i casi si tratta di un processo in cui entrano in gioco le endorfine, sostanze chimiche rilasciate dal cervello con capacità analgesiche e eccitanti. “La secrezione delle endorfine ha quote diverse - prosegue Auguglia - . Possiamo dire che si tratta di una via comune ma con livelli di coinvolgimento differenti”. La rivista ‘The Grocer’ ha pubblicato per ora solo i primi dati della ricerca ma già le prime evidenze hanno entusiasmato il committente dello studio: l’Institute of Promotional Marketing.
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