Cocci di petrarchismo

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COCCI DI PETRARCHISMO OPERA di M. Antonello Fabio Caterino et illustrata da M. Roberto Lucarelli

Con licenza de' superiori e privilegio

M.M.IX.

EDITORIA

POLINIANI

INTER PRAETERITA ET FUTURA

In Verona Per i tipi di Corrado Polini


Titolo: Cocci di Petrarchismo Autore: Antonello Fabio Caterino © 2020, Poliniani Prima edizione Corrado Polini Design / Editore ISBN 9788832118230

Illustrazioni: Roberto Lucarelli Impaginazione: Poliniani

Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altro senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.


L’autore a chi legge Chi sarà così gentile – nel senso sia di ‘nobile d’animo’ che di ‘ben educato’ – da voler intraprendere la lettura di questo canzoniere , presti attenzione all’esempio di Petrarca: la vana ricerca di un’unità, di un senso unico. La passione amorosa sfugge alle regole logiche, e va creando sentieri e modalità espressive che stentano a essere rinchiuse in un’opera unica. Ecco perché un canzoniere più che un libro è un’arnia di api: se il lettore sa scuoterlo con cura, vedrà quanto ogni testo è vivo e dotato di movimento, e quanto miele resterà ad addolcire le sue giornate. Chi sarà così gentile da arrivare alla conclusione, abbia l’ardire di chiamare la fanciulla amata e cantata col suo nome, Selene, e la immagini come il suo nome suggerisce: lunare. Chi sarà così paziente, dunque, da osservare questa storia, e la mia musa, possa avere la forza di cercare la propria, e di descriverla con poetica precisione. Poeta non si nasce: ti incastrano!

Antonello Fabio Caterino



COCCI

DI

PETRARCHISMO



Vagando per la selva desolata Dell’alma ch’è riposta nel mio petto, Guardavo innanzi, fiero, con sospetto, E vidi una cerbiatta innamorata. Brillava d’una luce già beata, E non pareva di mortale aspetto, Ond’io mi chiesi senza gran rispetto Come potesse or esser catturata! Ma Venere discese a me dal cielo Dicendomi “Sei, tra gli stolti, stolto: Ch’ormai sei preda, non più cacciatore”. Ricordo quel suo sguardo, e ancora anelo, Benché il respiro già m’avesse tolto La cerva, che sol regna nel mio cuore.


Il verbo non mi manca, dici bene, O cara, luminosa mia divina: Col verso certamente qui conviene Lodarti e compararti ora alla brina. D’estate il caldo fa bollir le vene, E immaginarti come neve fina Ti rende ancor piÚ mite e temperata Come una primavera già invocata.


Sonetti, madrigali ed altri versi Ti dedico, mia cara, ché la sorte I nostri spirti inquieti e mai dispersi Riavvicinare volle in mosse accorte. Nulla più fugge, e i giorni non son persi S’è ver che l’alma or apre sue le porte! Non esito a chiamar la sorte buona, se un nome – mia fanciulla - in aria suona!


Saper mi piacerebbe, mia divina, Se posso continuare il canzoniere, Ché mai parol più pure o più sincere S’udironono per monte o per collina. Se continuare posso, o mia divina, Vorrei invocare tutte l’alte sfere, Ma pur levare in aria il mio bicchiere Nel dir “di baci or eccoti decina”! Vorrei tu rispondessi che mai noia Il mio pensier t’arreca, ché davvero Il fine è solo renderti felice! Vorrei ancor che questa cara gioia Ch’adesso provo certo per intero Ti fosse sempre amica e pur nutrice


Notte, buio, riposo di quei danni Che il giorno pone sempre in piena luce, Fammi da guida, cicerone e duce E tienimi lontano dagli affanni. Notte, buio, dolcissimi tiranni, La mente al cor pensieri vaghi induce, E questo nello spirto allor produce Immagini che affronteranno gli anni! Notte, buio, ricordami a madonna Ricordale che questo è un core puro, Che mai del caro bene è mai satollo. Notte, buio, carezzale quel collo, Ch’è come albastro, e il cor sarà sicuro Ch’avrà trovato inver la sua colonna.


Prese il suo marmo Fidia, e guardò in cielo: Per rendere giustizia al firmamento Volle plasmare il dolce movimento Di chi non veste di mortale velo! Madonna, quello sguardo in core anelo, Nutrito del più delicato accento, E mai quel foco potrà dirsi spento, Né mai potrà mutarsi in sordo gelo. E il mio pensiero vola assieme al verso, Bramoso di sfiorare quella mano Capace di donarmi gioia immensa. La navicella del mio spirto perso Raggiungerà quel giusto meridiano, Sola sua meta, onore e ricompensa.


Nel mentre che un sonetto Di prepararti io provo, Consolati un pochetto Con qualche verso nuovo In forma piĂš leggera Ma non meno sincera.


Chiudevo gli occhi, sonnecchiando alquanto, (Ignoro come accadde veramente), E mi trovavo in corpo, spirto e mente In una selva, sopra a un verde manto. Il sol calava, il cielo d’amaranto Tingeva la natura vagamente, E non trovavo un singolo accidente Capace di turbare quell’incanto. E voi, madonna, foste la visione Che completava il quadro benedetto Dal vostro incomparabile candore. In mente è ferma e chiara un’opinione: Confermo quel che dico e ho sempre detto Sognando voi beate sono l’ore!


Il diavolo, s’esiste, è un gran burlone, Oppure è un incompreso qual son io? Io so ch’a questo mondo pago il fio D’esser scambiato per un cattivone! Del mondo è così bassa l’opinione Ché ignoro perché dicano che Iddio Conviva con la plebe e col brusio Che genera soltanto confusione. Il bene, il male, il vero, il falso e il bello Son chiacchere che porta solo il vento: Resiste quel che il cuor comanda e impera. So che sei viva, e certamente vera, Tesoro, com’è vero il sentimento Che sempre mostri ancor per Antonello.


Il cielo m’ha donato quel tuo viso Dicendomi “Tu, uomo fortunato, Non perder mai colei che sol t’ha amato E può farti toccare il paradiso”. La sorte ha poi permesso che quel riso, Che illumina il tuo volto a me votato, Possa venire meco, accompagnato Dal cor che d’ogni affetto è pregno e intriso. L’inferno mi ha donato quell’ardore Di cui, tesoro mio, ardiamo assieme Finché saremo un’unica vampata. Neppure un satanasso tentatore Arde di fiamma maggiore o maggior speme D’averti sua per sempre, dolce amata.


Ma di Valchiusa il fremito Dimenticar non posso, Ché radicato all’animo V’è il suo color più rosso: Cremisi è ormai la tinta D’una passion convinta!


Fatti non fummo squallidi, Pronti, mia cara, al riso, Usi all’amor del’utile Con immutabil viso: Comune è questa gogna, Ma lungi è la vergogna. Pianga sé stesso il pavido, Quel che s’illude e spera In una vita facile Sin dal meriggio a sera: Le meraviglie a sorte Son tutte, Amor, contorte. Ma non dispero languido, Non maledico il fato, Anzi, ringrazio subito Il cielo ché m’ha dato Un cor senza catene, Ma ch’ora t’appartiene.


Se la tua mano candida Poss’io baciarti, o cara, Non resterei più immobile A dir la vita amara: Potrei toccare il cielo Dinnanzi a ciò che anelo. Se le tue labbra morbide Posso sfiorarti, amore Questo mio petto indocile Avrà felici l’ore Saldo nella passione D’un foco in progressione. Se i due begli occhi fervidi, Poss’io scrutar convinto, Cara, poi cado rapido Dal quello sguardo vinto; Cado ai tuoi piedi lesto, Lieto e non certo pesto. Fidati sempre, piccola, Di quel che scrivo o dico, Specie se in forma metrica O se con fare antico: Quello che provo è immenso Fuor da ragione o senso.


“Cos’è che ti nascondo, mio diletto? T’ho detto che di te son pazzo, giuro, E che ti penso sopra ogn’altra cosa. Ma quel che dono a te, io ti nascondo In questi pochi versi ben serrati. Saper tu vuoi? Cerca nel tuo mare, Aggiungi quel ch’esclama il tuo stupore, Poi mischia, e lì capisci quel che provo.”


Se guardo in cielo e vedo te che brilli Prima che sorga il Sole dei mortali, Giaccio trafitto dagli occulti strali Della tua luce, e scorgo in tuoi vessilli. Lucifero, dall’alto guardi, oscilli, Tu, tremulo, perdoni tutti i mali, Tu, rendi azioni e fatti mai banali, Ma rendi il mondo sordo dei tuoi squilli. Ma sordo son son più, e ti rispetto, Ché Venere con te su brilla e spande La sua bellezza sopra il capo mio. Ripenso di madonna il caro petto E il fuoco che vi cova, intenso e grande, E son felice ch’or son vivo anch’io.


L’amor della mia vita non d’erbette Di verdi fiumi e monti è certo paga: Madonna non contempla rosa vaga O ‘l fior più puro dell’amene vette; Madonna non ammira nuvolette Né il piccolo ruscello che s’allaga; Madonna è ben più attratta dalla daga Con cui può trucidar le genti infette! Il regno del mio amore è un certo loco Che scotta, brucia e suona per dolore E che chiamiamo tutti noi l’inferno. Non esito un momento (non è un gioco) A dir che lì vorrò passare l’ore Col caro amore, ed ardere in eterno.


Lo sai, tesoro caro, che l’amore Che provo non conosce freno alcuno? Giammai di te potrò restar digiuno, Neppure in preda al fervido malore. Lo sai, tesoro dolce, che il pallore M’assale sempre in modo inopportuno, Perché voglio esser sempre quel qualcuno Capace di donarti sol calore? E sai, o mio tesoro, quel che penso Volgendo a te lo sguardo della mente, Mentre ti scrivo questo mio sonetto? Penso che in quel tuo caro e dolce petto Batte cremisi un cuore certamente Gonfio d’amore e di diletto denso!


Amor, tu m’hai concesso due nature, Perché Madonna possa aver passione Per me, che son di carne e di ragione, E vivo per placarne affanni e cure. Dolcezze sia presenti che future Io le prometto, dunque, e a profusione, Ché mai dovrà temerne l’intenzione Né certo incrinamenti, ovver rotture. La tratterò per sempre da regina, Lodandone l’aspetto e la creanza Che seppero trapparmi il cor dal petto. Non nutro dubbio o il minimo sospetto: L’amor che nutro cresce, scoppia e avanza, E vuol ch’io adori sol la mia divina.


Quando Madonna parla, vibra il cuore, Ch’io scorgo le virtù di quella voce: Dolce come il miel d’ape veloce, Vera, sì come il sole e il suo calore; Intelligente, è ver, di gran valore, Limpida – io dico – e mai cruda o feroce; Sana, ché al core invero mai non nuoce, Gradevole che fuggon leste l’ore. Quando madonna parla, io mi taccio: Sembra che parli Amore e dica solo “Ama Madonna e segui la favella” Sono infuocato e sciolgo nevi e ghiaccio: Sospiro, chino il capo e mi consolo Pensando a quanto è dolce e quant’è bella!


Benedetto sia il giorno in cui, mia bella, Un astro in don concesse a te la vita: Oggi è un gradino di quella salita Nel quale la fortuna fa d’ancella! Che dirti? Mille auguri! La fiammella Ognor nel petto t’arda assai gradita; Meravigliosa bruci ed infinita, Per consumarmi il core e le cervella! L’affetto che m’infondi è puro, intenso, E non conosce ostacoli di sorta: Amor ha quel suo strale già scoccato. Non posso qui negarti quel che penso: Noi siam beati, amore ci trasporta Ognun dall’altro… io sono incatenato.


Rare le stelle in cielo... Fioca la luna brilla, Ma luce ben più grande dentro scorgo. È quella la scintilla Di vita e di delizie, me n’accogo: Giammai di nembi o nebbie io temo il velo.


Che mai ci lega, amor, cos’arde in core? È ‘l foco eterno, ‘l figlio di passione? È voglia l’un dell’altra? È comprensione? È ‘l ghiaccio che si scioglie al sommo ardore? È in mezzo a ciò che stinge un gran colore? È tra le plebi mute audace azione? È quel ch’in petto un dio ancor mi pone Al fin ch’io viva scosso dal calore? Io dico, amor, che quel che sento brucia Nell’anima e nel corpo, e mi comanda Di dirti che per te son l’Aretino! Davvero, amor, è grande la fiducia Che mi disseterà la tua bevanda. Che mai ci lega amor? Un sol destino!


Bianco favor divino, che Madonna Rivesti col tuo fulgido nitore, Risplendi sul suo corpo per chiarore E falla del mio cor somma colonna. Tra chi si può nomare in terra donna Ella – è pur ver – primeggia per valore, Per gran beltade, senno e per candore Che mai si vide sotto umana gonna. Sotto la gonna, Amor, io scorgo bene Un marmo ben più candido del latte, Di sua divinità giusta conferma. Quel che m’alberga in cor non si trattiene: L’alma la veste umana non combatta, Anzi un divino amore or grida e afferma


- Amor, cos’è ch’io sento, e cosa il core Agghiaccia e pone in fiamme in un momento? - È di madonna il volto il tuo tormento, Mentre in quegli occhi scorgi quel bagliore. - Io dunque son già vinto dal pallore, E la ragion ch’avevo è ormai nel vento! - Tu, misero mortale, d’ardimento Sarai la preda, e non il cacciatore. - Amor, perché ponesti in quello sguardo Il foco dei tuoi dardi e della face? Perché mi scagli addosso tutta l’ira? - A nessun uomo – ahimè – risparmio il dardo: Bruciando mi dirai che trovi pace, Ma intanto china il capo, poi sospira.


Amor, tu mi conduci a una dolcezza Un tempo a questo core sconosciuta: La gioia, ch’io credeva ormai perduta, Diviene per mia vita la salvezza! Rivedo nel tuo sguardo la bellezza, Per me, soltanto, grazia ricevuta; Un gran valore, un senno che non muta, Un volto che m’ispira una carezza. Non sei di questo mondo, amore grande, Divina, non umana tu m’appari: A te sarò legato in corpo e mente. Amore il suo precetto impone e spande: I giorni mai saranno freddi o amari Amando te, fanciulla, intensamente!


Non voglio, amor, parlarti di lussuria, Ma non perché non t’ami a sufficienza: Giammai farò provartene carenza, Ma c’è dell’altro che nel cuor m’infuria! Ti voglio dire che di triste incuria Giammai sarò malato per coerenza: Io sento del tuo fuoco l’esigenza, Ed è una fiamma non di certo spuria. Ma il verso manca pur di petrarchismi, Di fiumi, colli, sguardi accesi e intensi: Voglio evitar persino quel processo! Che resta fuor da tutti i concettismi? Tu, voce e pur padrona dei miei sensi, Ed io, che dolcemente son me stesso.


La mano di madonna sol profuma Di carte, libri e inchiostri prezïosi, E dai pensieri dolci e calorosi Riceve la fragranza d’una piuma. Il senno lentamente si consuma A tesser di costei l’apoteosi, Perché tra i miei pensieri or amorosi Giammai quel desiderio si frantuma! Tu, fiore, dei bei colli l’ornamento, Profuma di madonna il bel cammino, Ché dall’inverno cupo sei svegliato! Sei bello e rigoglioso, e pure amato Da chi t’annusa in bosco o t’ha in giardino: Profuma tu il mio vero, bel tormento


Madonna, del mio cor sei il vivo fonte: Per dissetarmi a te le labbra porgo, E zampillanti l’acque tutte scorgo Volgendo a te, diletta, questa fronte. Non cerco in bruna valle ed alto monte D’abbeverarmi ancora, ché il tuo gorgo M’ha quindi catturato, e già m’accorgo Che fuor da te v’è niente all’orizzonte! Ma il fonte di madonna è chiuso al volgo, Quell’acque benedette scorron liete Soltanto e solamente per me solo. Le rapide correnti dunque accolgo Che sole spegner ponno questa sete: È questo gran diletto del mio ruolo!


Il sol che sorge a oriente e alluma il mondo Di voi, Madonna, è in volto timoroso: D’invidia in petto e senno è quel corroso Ché il vostro lume non conosce fondo! Lucifero par certo moribondo E non conosce requie, non riposo: In terra ha scorto un raggio più prezioso Ed ora piange su, nel ciel profondo. Nulla muta nel core ch’ho nel petto: Ivi Madonna regna, ed è pur sola, E l’anima sanarmi invero puote! Giunga il mio verso ad ella, ben diretto, Sull’ali di quel dio che incendia e vola E il core degli amati al punto scuote.


Strega, tu m’hai stregato, e animalesca Stregasti l’alma stregonescamente; Strega ne’ modi, strega nella mente, Strega di fatto, certo non fantesca. Cuore stregato dalla tua dolce esca, Ché ti lamenti invan? Furbescamente Fosti stregato piano, dolcemente, Da quella strega or già bollente or fresca Verso stregato, or dici solo “strega”: Tu stregherai chi pur t’ha già stregato? Stregato è il tuo poeta eppur stregone! Sei strega, son stregone: tu, collega Di gran stregoneria, ed io, stregato, Tra fiamme consumiamci di passione!


Nel candido lucore del tuo collo, Selene, v’è il sapore dell’abisso: Se il guardo lì ripongo e tengo fisso Per certo freme il core ed io barcollo. Mirandoti negli occhi, pure Apollo Dal corpo sua già l’alma avrebbe scisso, E pur l’onnipotente Crocifisso Avrebbe alla sua croce detto “io mollo”. Selene, tu dagl’inferi sei tratta Ad insidiare il mondo dei mortali, Per riportare l’orbe in confusione. Ma so per certo come tu sei fatta Sol io, che son custode dei tuoi strali: Al mondo porti morte, a me passione.


M’infonde in cor madonna gran dolcezza Sì come il sole instilla i raggi in terra, E quel calor che l’alma invero afferra Vien solo dalla rara sua fattezza. La bianca man che il volto m’accarezza Schiude il gran foco che in me già si serra, E il suo bel guardo pur certo alla guerra Che m’agita il petto sol dà compiutezza. Ma il sole al sol mio Sole già s’è arreso, Ché lo splendore vivo di madonna È noto in ogni anfratto d’ecumene. Sol quella è fonte d’ogni grazia e bene, E sola d’esto core è gran colonna, Poi che il mio spirto ad ella or è indifeso!


Puella, dilecta et docilis Fons vitae, tu, mirabilis, ama – te rogo – animum qui faciem amat splendidam. Dico te valde candidam Esse nunc mente et corpore, dico non certe solitam esse te, neque debilem. Es tute cordis veritas, amor, vis, lux in pectore: vellem et centum oscula dare nunc, nunc recipere.


Riposa e tace il mondo, Placata è la natura, Il Sole un nuovo corso pur progetta. Intanto un buio fondo Cancella voci ed ombre, per paura Che un giorno eterno induca troppa fretta. Si desta la civetta, Onor di tempi andati. Ma un altro sole sorge E, lieto, l’occhio scorge Or raggi più mansueti e temperati. T’accolga il cielo, Luna, E questa terra, certo, troppo bruna! Tu, candida bellezza, Orienti il cuor perduto Con quel tuo sguardo placido e soave. E l’orrida tristezza Perisce in un minuto, Ma l’animo non smette d’esser grave. Deh, come in lesta nave, Il mio pensier si parte

Dai lidi dei mortali, E dai furenti strali Terreni si difende con grand’arte. T’accolga il senno, Luna, Perché tu sei benigna ed opportuna!


Ti chiedo, Luna santa, Di requie un dolce assaggio, Ché il giorno è sempre un campo di battaglia. Il verso mio non canta Il nuovo rifiorir d’aprile o maggio, Ma la tua luce, che il mio spirto abbaglia. Deh, credo che si sbaglia (O ancora resta in culla) Quell’uom che piange solo, Perché nessun consolo Di giorno oppur di notte può far nulla! T’accoga quello, Luna, Sapendo ch’è bizzarra la fortuna. Canzon, tu non sei degna di quel cielo: Resta in questa terra, Aiuta chi ogni giorno i denti serra!



Š 2020, Poliniani



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