Collana: Racconti di sogni storti di Barbascura X Titolo: Frank Autore: Barbascura X © 2020, Poliniani Prima edizione Corrado Polini Design / Editore ISBN 9788832118315
Illustrazioni: Boban Pesov Assistente tecnico: Danilo Demaria Impaginazione: Poliniani
Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altro senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.
Stampato nel mese di Ottobre da Corrado Polini Design / Editore Via Campofiore, 27 - 37129 Verona (VR)
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Ho solo un vago ricordo di quando scrissi questo racconto. Non so
che giorno fosse, cosa avessi nel frigo, di che umore girassi e soprattutto perché lo scrissi. Potrebbe non essere importante per te che lo hai letto, ma fa incazzare me che l’ho scritto. Quanto è passato? Che merda avevo nel cervello? Chi potrebbe avermi ispirato? E’ mio figlio, come faccio a non ricordare come sia nato! Che cazzo…
Dopo un’attenta analisi sono giunto alla conclusione che fosse
tra il 2010 e il 2011. Ero a Bari, studiavo alla triennale di Chimica. Leggevo, tanto. Il caffè sgorgava a fiumi, la casa era piena di fogli scarabocchiati di equazioni e formule ed io mi chiudevo in bagno a cagare per ore. Non cagavo davvero (nonostante il caffè), ma leggevo. Era l’unica stanza tranquilla della casa, tanto che lo chiamavo “l’ufficio”. Ma non era l’unica ragione, era un luogo sacro anche per quello che rappresentava. Finché eri impegnato a espletare le funzioni biologiche il demone dello studio ti lasciava in pace. Tecnicamente io ero seduto sul cesso chiuso, a volte sul bordo vasca, ma lui che ne sapeva. Quel bastardo si manifestava come un’ansietta perenne che ti perseguitava pure mentre scopavi. Pure mentre ti preparavi il pranzo, ci stava lui sulla spalla che ti guarda attraverso i riflessi delle padelle.
‹‹Cosa fai?››
‹‹Mangio››, gli rispondevo.
‹‹Tra cinque giorni hai l’esame di Inorganica 2 e tu mangi.››
‹‹Ho capito, ma dovrò pur sopravvivere.››
‹‹Non sai un cazzo!››
‹‹Ok. Giusto un’oretta per mangiare...››
‹‹Tanto ti bocciano.››
‹‹Posso farcela.››
‹‹Quand’è il prossimo appello?››
‹‹Non lo so! Un po’ di ottimismo.››
‹‹Ottimizzati ma sbrigati, che non sai un cazzo.››
‹‹E’ uscita la puntata nuova di Doctor Who.››
‹‹Ok, quella te la concedo. Ma respira più velocemente.››
Ti perseguitava ovunque, ma almeno al cesso ti lasciava in pace.
Sono felice che l’università sia finita. La mia, in particolare, avrei voluto vederla bruciare. Capiamoci, sono stati comunque degli anni fantastici di feste perenni ed aneddoti che non credo sia legale raccontare qui. Ma sì, il presupposto era comunque l’ansia perenne. Quando incrociavi una persona per strada non gli chiedevi come stesse (inutile domanda a cui si rispondeva con un lungo evocativo sbuffo), ma:
‹‹Che stai preparando? Quand’è l’appello? Condoglianze.››
Ed io, in quest’aria di disagio universitario, macinavo libri di
narrativa e me li sniffavo tipo coca. Mi rilassava.
Due ore di studio brutto, mezz’ora di lettura bella. Così,
perennemente, fino a mattina.
Sì, che in periodo di esami mi svegliavo alle 15:00 ed andavo a
dormire alle 7:00. E’ sempre disagio, compari.
Ho letto di tutto in quel periodo. C’era in me una specie di crisi
del collezionista. La pila dei libri cresceva, ed io godevo nel guardarla. E più cresceva, più mi sentivo autorizzato a comprarne altri. Lo so, molti di voi conoscono questa sensazione. Lo chiamo masochismo letterario. Il
masochismo è soprattutto dovuto al fatto che spostare libri da una casa all’altra comportava molteplici vertebre incrinate, ernie e vortici astrali di kitemmurt.
E così, inevitabilmente, iniziai a scrivere. Mi cimentavo
in racconti, perché sono veloci da buttare giù e ti danno un senso di completezza. Non sapevo cosa farci, ma li vomitavo sul foglio. L’importante era scriverli, fissarli nel tempo, congelarli, permettergli di salvaguardarsi dall’usura della vita. La mia. Quello che avete letto era uno di quelli, ma non ho idea dell’occasione in cui l’abbia scritto. So solo che era nella cartella “sogni”. Lì ci trovi i racconti che sono stati ispirati da un sogno. I miei preferiti. Sono strani, grotteschi, surreali, incongruenti. Sì, insomma, so’ sogni. E’ materia onirica, che vuoi farci.
A proposito, mi avete mica trovato nascosto in una delle tavole?
Boban ama farci le burle.
Oh, capiamoci, non è che io avessi sognato la storia che avete letto.
In genere il racconto nasceva da un particolare del sogno che mi aveva colpito che poi sviluppavo integrandolo in una vicenda più organica. Ora non venitemi a chiedere quale fosse quel particolare, è passato troppo tempo. Per quel che ne so potrebbe essere stata la fila di case, la testa nel piatto o il calzino abbandonato.
Però una cosa la ricordo. Un amico cercava un testo da
rappresentare con la sua compagnia teatrale e gli mandai questo. All’epoca si chiamava “Libero Arbitrio”. Mi chiamò dopo qualche giorno con dei suoi amici chiedendomi spiegazioni. Tra loro c’era pure mio fratello. Ognuno aveva capito una cosa diversa, e nessuno ci aveva capito un cazzo. Volevano sapere chi avesse ragione, chi si fosse avvicinato abbastanza alla comprensione.
Nessuno di loro.
Che strano, e dire che per me era così semplice.
X
P.S. A quanto pare per essere autore di un fumetto non basta
scrivere la storia. Bisogna anche preparare lo storyboard, cioè disegnare delle indicazioni abbozzate che l’illustratore, in questo caso Boban, avrebbe seguito. Purtroppo Boban non era a conoscenza del mio incredibile talento illustrativo. Diciamocelo francamente, mi ha rovinato i disegni. Qui troverete il mio (perfetto) storyboard ed il suo “contributo” a confronto. Lascio a voi giudicare, vi prego solo di non essere troppo cattivi con lui.
Storyboard Barbascura
Tavole complete Boban
Storyboard Barbascura
Tavole complete Boban
Storyboard Barbascura
Tavole complete Boban
Storyboard Barbascura
Tavole complete Boban
Vi rendete conto di quanto mi abbia rovinato i disegni?
Š 2020 Poliniani