Un torrente di storie 2017

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PORTOBESENO UN TORRENTE DI STORIE Narrazione collettiva del Rio Cavallo: ricordi d'infanzia, avvenimenti, riflessioni. I testi sono stati raccolti in pochi giorni, attraverso una richiesta specifica svolta tramite email o social network. Il progetto di raccolta fa parte nelle attività culturali realizzate dal festival Portobeseno 2017 dedicate proprio al corso d'acqua che nasce a Folgaria, si inserisce nel comune catastale di Besenello e nella parte terminale scorre a fianco del centro storico di Calliano fino a sfociare nell'Adige. Un torrente che racchiude tante storie, ad iniziare dal nome: da Rosspach a Rossbach, Rio Cavallo, Rozza, le Gère. Un corso d'acqua che ha ospitato in passato la più grande concentrazione di mulini e segherie dell'intero Trentino. L'alveo del Rio ha ospitato per tanti anni anche i giochi dei bambini e delle bambine di Calliano: i bagni, le casette, le dighe, le prime esplorazioni senza genitori. Sono queste le memorie che scaturiscono principalmente da questa raccolta. Inevitabilmente connesse alla nostalgia dell'infanzia. L'iniziativa vuole proporre, infine, una riflessione sulla fruizione dello spazio intorno alla comunità di Calliano, un invito ai cittadini di oggi ad uscire di casa più spesso per scoprire questo ambiente naturale così prezioso e benefico. Un sentito ringraziamento a tutte le persone che hanno voluto condividere i propri ricordi. Calliano, settembre 2017

Per ulteriori informazioni e contatti: link al progetto ospitato sul blog di Portobeseno.



Noi che ... negli anni 70 e primi 80 aspettavamo giugno per poter andare al rio, con i miei compagni calianoti, timidamente si invitava qualche ragazza. Prima si faceva il bagno alle 'do cascatelle' e poi quando l'acqua scarseggiava si costruiva una diga tra quest'ultima e il 'sason' per poi finire al Zambel dove l'acqua gelida ti faceva battere i denti dal freddo.

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Ho tantissimi ricordi che mi legano al rio Cavallo. Belli e meno belli. Di tutte le stagioni. Uno mi è tornato in mente ripensando alla mia infanzia a Calliano. Avrò avuto circa 10 anni e in estate la sera dopo cena, con tutta la famiglia, andavamo a fare due passi lungo il torrente. Un giorno aveva piovuto davvero molto e le rive erano piene di pozzanghere. Con papà quella sera abbiamo iniziato a fare un gioco, quello di inventarci delle storie fantastiche che trasformavo in improbabili e agghiaccianti fatti di cronaca per il quotidiano l'Adige. Come “Uomo affoga nel Rossbach, nessuna identità” oppure “Trovato forziere di dobloni sotto la cascata” o ancora “il fantasma della Baronessa”. Giornalista non lo sono poi diventata, ma credo che proprio da quel giorno ho iniziato ad amare i libri e a scrivere.

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L'ultimo ponte del Rio Cavallo (o il primo per chi risale la corrente dalla foce) è quello della ferrovia. Quando ero bambino c'era una piccola strada sterrata che scendeva sotto e lo attraversava per risalire verso Nomi. Nella terza arcata del ponte (quella verso il paese) c'era un materasso abbandonato e tante riviste che noi bambini non avevamo mai visto prima. Mi ricordo anche le dighe di sabbia e sassi nei pressi del 'sassom' dove ora c'è il ponte pedonale nei pressi del maneggio. Forse per me la zona più bella, c'era pure una spiaggia. Mi ricordo che ogni tanto andavamo fin sotto la cascata del Zambel e che i ragazzi più grandi, che facevano il bagno sopra, lanciavano giù grossi sassi nell'acqua per spaventarci.


Ricordo che nella prima metà degli anni 90 noi ragazzini andavamo a giocare nel Rio Cavallo: si costruivano dighe e piccole casette. Noi ragazzini lo usavamo come un vero e proprio lido andando a prendere il sole e facendo il bagno. Per un periodo abbiamo anche usato il canneto che c'era di fronte al campo 'vecio' per fare dei circuiti con le biciclette. Ogni occasione negli anni della nostra adolescenza era buona per andare a svagarsi lungo il percorso del Rio cavallo e il 10 agosto andavamo a vedere le stelle cadenti.

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Foto non ne ho... una volta non se ne facevano tante. La cosa che più ricordo è quando da bambini andavamo all'avventura, risalendo il rio Cavallo, di nascosto dei nostri genitori. La cascata del Zambel ? Andavamo a spiare le coppiette :-D :-D :-D

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Era un estate calda a metà degli anni '60. Io ero un bambino e con un gruppo di 6/7 amici andavamo spesso a fare il bagno sopra la cascata del Zambel, dove il Rosspach scorreva più tranquillo in un ansa pianeggiante. Non si poteva parlare di vero e proprio bagno perché l'acqua era profonda al massimo 40/50 cm. Così decidemmo di alzare il livello dell'acqua costruendo una diga con materiale trovato nel letto del rio. Lavoravamo scalzi perché le scarpe erano preziose e guai se si fossero bagnate: ricordo ancora il dolore dei sassi che cadevano inavvertitamente sui miei piedi nudi. Lavorammo per un intero pomeriggio fino al tramonto e ci lasciammo con la voglia di fare finalmente un bagno nel rio dandoci appuntamento per il giorno successivo. Purtroppo nella notte ci fu un temporale che fece cedere la diga. Anche da questa esperienza ho imparato che la Natura è difficilmente domabile, specialmente nella selvaggia valle del Rosspach.



Le nostre avventure sul Rio Cavallo erano distribuite pressoché in tutto l'arco dell'anno: la primavera e l'estate però era la nostra seconda casa, "la casa di villeggiatura". In primavera quando la vegetazione si infittiva si costruivano le casette o fortini, dove ogni "banda" si rifugiava - prevalentemente venivano costruite dal ponte della statale alle cascate (dove adesso c'è lo scivolo di pietre ) e più su all'altezza dell'attuale ponte pedonale. All'inizio dell'estate si cominciava a costruire la diga per fare il bagno detto "del sassom". Mano a mano che avanzava l'estate calava l'afflusso di acqua perciò ci si spostava su verso il Zambel. Nelle estati particolarmente asciutte si arrivava anche sopra il Zambel pressapoco all'altezza della prima galleria dove era l'ambiente era particolarmente roccioso e non c'era tanto sole, l'acqua era piuttosto fredda. L'autunno il rio non era tanto frequentato ma l'inverno appena ghiacciavano le pozze che si formavano sopra la cascata (ora abbattuta per lasciar posto alla briglia in ferro che si vede sopra al ponte della statale ) si animavano di provetti hokeysti che, temerari, sfidavano il ghiaccio sempre più sottile,qualcuno è finito anche in ammollo. Quando, diventati più grandi, è venuto il tempo dei motorini, il Rio Cavallo è stato anche un ottimo campo da cross con tanto di spettatori sia sui ponti che sulle "roste"

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Da appassionato della meteorologia fino al midollo l'area attorno alla Cascata del Zambel è sicuramente uno dei miei Eden preferiti. Ricordo ancora qualche anno fa quando, rattristato per il mancato temporale pomeridiano su Calliano, mi ritirai con la mia macchina fotografica al fresco. Ad accogliermi uno stupendo arcobaleno generato grazie alle piccole goccioline di acqua in sospensione. Fenomeno misterioso e allo stesso tempo avvincente: più ci si avvicina e più lui si allontana. C'è una leggenda che narra di gnomi che proteggono giorno e notte il loro tesoro nascosto sotto terra. Di di tanto in tanto il tesoro esce allo scoperto grazie al movimento dell'acqua, generando uno spettacolare arcobaleno, fino a che non viene nuovamente coperto dalla terra. Pur essendo un cresciuto, questa leggenda aleggia ancora nella mia mente, facendomi tornare bambino per alcuni istanti.


Ricordo con molto piacere quando andavo d'estate con i miei genitori al Zambel ... passavamo interi pomeriggi seduti sui "sassoni". Ricordo che con la sabbiolina, che si formava sul fondo del Rio, facevamo le piste per giocare alle biglie. Ricordo anche i pomeriggi passati con il "campeggino" a giocare a "battaglia cinese" nel boschetto del rio e poi tutti al Zambel.

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Domenica pomeriggio ho fatto una passeggiata da Mezzomonte di Sotto ad Ondertol. Quando ho varcato il ponte sul Rio Cavallo ho avvertito un forte odore di deodorante. Al ritorno ho realizzato che era lo stesso odore che si avverte al Depuratore di Rovereto, quindi, ho pensato, nel Rio vengono scaricate le acque (speriamo) depurate a monte. Del resto è quel che accade piÚ a valle al fiume Adige... Ecco il mio contributo all'identità del Rio Cavallo, spero ne riceverai di piÚ poetici...

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Seduto sul fianco del torrente, il frusciar dell'acqua incanta l'atmosfera, E la mente si perde in sentimenti mai provati, in situazioni perse dal tempo. Ogni mia breve permanenza in compagnia del rio mi porta sempre a ricordare, rivivere, immaginare, come quelle acque abbiano l'implicito potere di ampliare il mio pensiero semplicemente scorrendo affianco a me.



Il Rio Cavallo è stato per la mia generazione teatro di piccole-grandi avventure, ma non parlo mica di tempi antichi: in fin dei conti verso la fine del millennio scorso. Tra le innumerevoli casette (così le chiamavamo) che ci divertivamo a costruire impiegando gran parte del nostro tempo libero ne ricordo una in particolare, per me e i miei amici era il top: quella costruita sull'albero. Con i soli materiali che riuscivamo a trovare nel Rio (tronchi e materiale da discarica) avevamo perfino costruito una specie di copertura per ripararci da eventuali intemperie. In quei giorni non vedevamo l’ora che dal cielo ci piombasse una bella “slavata” di acqua in maniera da testare quello che per noi sarebbe stato il nostro rifugio. Il “bel” giorno si preannunciò con tuoni e lampi e così ci catapultammo sull’albero accompagnati da un mazzo di carte da gioco. Il temporale fu di quelli belli violenti e l’impermeabilità venne positivamente testata (meno la resistenza al forte vento) e sul più bello ad accompagnare il fragore dei tuoni risuonò una voce squillante che dal ponte della statale ci chiamava incessantemente. Ma chi ci reclamava proprio in quel momento così pieno di soddisfazione?? Era mia mamma che bagnata fradicia, non solo per colpa della pioggia caduta dal cielo ma anche per quella laterale scaraventata dalle auto che gli sfrecciavano vicino, ci era venuta a cercare, appariva alquanto preoccupata di trovarci. Una volta a casa una bella doccia calda e … uno di quegli schiaffoni che difficilmente si dimenticano ...

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Mio padre mi raccontava che il Rio Cavallo fu utilizzato, nell'immediato dopoguerra, come cava di materiale (ghiaia, sabbia, sassi) da usare per la ricostruzione del paese distrutto dai bombardamenti. Lo spazio occupato oggi dal campo di calcetto e tennis fu ricavato riempiendo una preesistente depressione naturale del terreno con le macerie delle case distrutte dalla guerra.

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In un giorno d'estate di molti anni fa, io ed un mio amico (avremmo avuto più o meno dieci/undici anni) stavamo giocando vicino ad una delle tante cascate del rio. Improvvisamente il mio amico scivolò e cadde in acqua. Bevve un po', ma nulla in tutto; era molto preoccupato, invece, per la reazione della madre. Non voleva tornare a casa e tra le lacrime mi chiese: "Sa diresei i toi?" Ed io: "Sa vot che i me diga, i se meterìa a rider". Lo convinsi e lo accompagnai a casa. Sua madre, però, non rise...e io, alla prima occasione, scappai e vara che nare!


Se è amor per la natura qui non si rimane scapoli. La bellezza della compagna della vita risplende tra le limpide acque del rio.

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Nelle chiare giornate d'estate l'acqua del Rio Cavallo brilla simile ad argento. Seduta all'ombra d'una betulla ascolto la musica del torrente e lascio che la mente si quieti. È il dono della natura quello di avvolgerti nel suo respiro; così potente, così delicato. Ha a che fare con la sensazione del riposo, con la grandezza. Come se si fosse al centro di qualcosa di grande. E mi prende un unico desiderio, quello di godere dell'aria, dell'acqua, della terra. Temo la dissipatezza dell'uomo che se solo fosse capace di sentire quanta vita c'è in questo torrente, in questo bosco, in questo cielo, capirebbe. Un caprimulgo canta, porterà pioggia, penso.

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Sì, ho anch’io un ricordo che mi ritorna ancora alla mente. Da giovane, con alcuni del mio paese Besenello, si usava andare su fino alla cascata del Zambel a fare il bagno. Erano gli anni 60/70, la domenica in particolare ci trovavamo con amici di Calliano e sotto un’acqua gelida passavamo alcune ore in allegria. Spruzzi e contro spruzzi, era il nostro divertimento. Un particolare che potrà far ridere ma era l’unica soluzione: usavamo mutande rigorosamente normali che poi nascondevamo fra i sassi delle roste per la domenica dopo. E soprattutto mai preso un raffreddore nonostante l’acqua gelida ... bei ricordi, ci divertivamo veramente con poco.



E' stato chiesto al mio amico Renato di voler ricordare i luoghi del Rio Cavallo attraverso la memoria della sua generazione, ma ha amichevolmente declinato l'invito, consapevole del fatto che tale compito non poteva competere a lui. Renato infatti, insieme ai fratelli Eccher, ai gemelli Penner ed ai fratelli Festi era uno dei componenti della " Banda della Stazione" che aveva per i propri giochi luoghi e spazi limitrofi alla ferrovia e quindi lontani dall'alveo del Rio Cavallo. Quello del Rossbach era invece territorio di un'altra banda, quella dei gemelli Battisti e Marcolini, di Paolo Prosser e Giorgio Masera. Renato ha chiesto quindi a me di ricordare quei giorni, quando il Rio Cavallo era un vivace e orgoglioso torrente, vivo e tonico per gran parte dell'anno. Le sue acque spumeggianti e le sue verdi sponde garantivano un magico e speciale parco naturale che per molti anni ha ospitato intere nostre estati. Quante cascate! Quella della Segheria, quelle sotto i ponti del paese e della nazionale, le due cascatelle, la cascata "del Costante", su su fino al mitico Zambelom, la cascata più alta, dalle acque ombrose, fredde e profonde. Oggi sopravvive timidamente ad una più ridotta portata, ma allora nuotarvi a lungo, superando in immersione il suo potente getto per raggiungere la retrostante cavità, era una prova iniziatica che ti avvicinava al gruppo dei grandi. I numerosi e folti cespugli e i piccoli arbusti lungo le sue rive fornivano ramaglie ed erano ideali ripari per costruire fresche e accoglienti capanne, che potevano diventare fortini difesi da improbabili ponti levatoi per difenderne accesso e possesso. Tutti noi abbiamo abbiamo imparato a nuotare nelle sue acque! Si costruivano dighe e sbarramenti per formare delle piscine naturali sufficientemente ampie e profonde. La più frequentata era quella "Sassom": un grande masso da cui era possibile tuffarsi, i più arditi di testa, grazie ad una diga particolarmente riuscita. E poi le sue guizzanti e numerose trote, drasticamente diminuite dopo l'alluvione del 1966. Ricordo la specie fario, punteggiata di chiazze rosso vivo sui fianchi, i lenti e brutti marsoni con la testa sproporzionata rispetto al corpo, oggi sempre più rari perché particolarmente sensibili all'inquinamento delle acque. E le "frigagne", larve di un giallo intenso, abbarbicate dentro le mura che costruivano saldando fra loro piccoli sassi: efficaci esche nella pesca con l'amo. Potersi invece cimentare nella cattura delle trote con la fiocina rappresentava l'ufficiale ingresso nel gruppo dei più adulti! Si cominciva nel ruolo di "boci", assistenti di un compagno più grande ed esperto, in modo da apprenderne tecnica e abilità. Principale compito di noi "allievi" era quello di tenere celata la fiocina ad occhi indiscreti, pescatori e guardia pesca in particolare, porgendola velocemente al compagno al momento giusto per poi farla altrettanto velocemente scomparire. Ricordo le prime artigianali fiocine fatte con forchette fissate ad un bastone, poi sostituite da quelle più "professionali" che si potevano acquistare in un'armeria di Rovereto. Questi erano i giorni d'estate di uno della "Banda del Rossbach", in quella grande casa a cielo aperto che era l'alveo del Rio Cavallo. Alcuni di noi ci hanno lasciato troppo presto ma, ovunque siano, li immagino sorridere e commentare con l'ironia che gli accomunava, mentre mi vedono mettere in pagina i nostri ricordi. Righe che scrivo molto volentieri perché mi permettono di rendere omaggio e dire grazie ad un luogo che per me non è solo un piccolo corso d'acqua ma un paesaggio dell'anima impresso nella mente e nel cuore. Il Rio Cavallo è stato infatti il primo luogo che mi ha regalato una fondate esperienza di fusione e armonia con la natura, un dono prezioso che ho così potuto ricercare anche nei successivi giorni della mia vita.



Ricordi legati al Rio Cavallo ne rimangono molti nella memoria. Gli anni '70/80 erano caratterizzati dai famosi bagni sotto la cascata del Zambel e la costruzione con sassi (a volte molto grandi) delle piscine che venivano create nel letto del torrente. L'acqua era limpida e molto fredda, ma le giornate afose invitavano noi bambini/ragazzi a tuffarci nel fiume. I più coraggiosi si tuffavano anche dalla cima della cascata, prima però si misurava la profondità dell'acqua, questo lo facevano sempre i ragazzi più grandi, che avevano si e no sui 15/16 anni, dando poi l'ok ai giochi e ai tuffi seguiti sempre da lodi o critiche. A loro aspettava anche la localizzazione delle piscine, per distanza una dall'altra e profondità, le più grandi e più profonde aspettavano a loro, le altre a bambine e piccoli. I grandi controllavano i piccoli. Dalla cascata del Zambel all'Adige, c'era un brulicare di gente che faceva il bagno nel Rio Cavallo. Ricordo che alla fine del percorso, quando il Rio sfociava nel fiume Adige si formavano gruppi di persone più anziane a prendere il sole e fare il bagno, perché era un posto pericoloso quindi meno indicato per noi ragazzi. Si giocava a passarci la palla, c'era chi portava la merenda e chi portava da bere (acqua naturale con frizzina sciolta in bottiglia, rigorosamente di vetro trasparente, pane e marmellata o con burro e zucchero, o cioccolato, le merendine non esistevano). Si condivideva tutto, il gioco, la merenda, le risate e le prese in giro. Tutti eravamo uguali, tutti eravamo felici. Chi si faceva male, correva a casa, veniva curato (la mamma solitamente era a casa) e ritornava lo stesso giorno o il giorno seguente con i cerotti, magari saltava il bagno per un po', ma era presente. Il bello è che anche se non c'erano cellulari, i nostri genitori sapevano sempre dove trovarci e con il passa parola, erano sicuri che tornavamo a casa di corsa se ci cercavano Queste erano le nostre estati, questa era la nostra vita!



Mi ricordo molto bene il Rio Cavallo quando ero bambina. Ora c'è un'enorme differenza, adesso è davvero irriconoscibile. Una volta c'erano delle bellissime cascate dove io, mia sorella e i miei cugini, ci tuffavamo. Sceglievamo dei punti strategici per fare delle piccole dighe dove poter fare il bagno. Un episodio in particolare l'ho fisso nella mente, eravamo piccole: io, mia sorella, mia mamma e i miei cugini a cucinare le fortaie proprio lÏ nella parte alta della cascata, in un piccolo boschetto che era formato da arbusti alti e vicino al torrente dove poter bagnare i piedi. Siamo state ore a ridere, a raccontarci storie, giocare e mangiare, un momento di bella armonia e allegria, sembrava di essere in campeggio.-

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Ricordi dalla mia infanzia. Allora abitavo in via Tre Novembre, molto vicino al ponte che attraversa il Rio Cavallo. Nei mesi di ottobre - novembre erano frequenti le piogge intense ,anche a carattere torrenziale. Anno 1966, primi di novembre, i famosi giorni che ci ricordano l'alluvione in Trentino: mi spaventava avvicinarmi al ponte e osservare le impetuose e furiose acque che proprio in quel punto creavano una grandissima e turbolenta cascata bianchissima ... mi faceva proprio paura! Anche di notte sentivo quel frastuono, pur tenendo le imposte ben chiuse! Accresceva la mia fantasia, immaginando una forza che poteva far cadere il ponte oppure far crollare gli argini ... Attualmente, affacciandomi allo stesso ponte, si presenta uno scenario molto diverso: arido e ricco di vegetazione incolta. Mi sorge spontanea una domanda : "Ma il Rio Cavallo ci farĂ ancora ammirare qualche rigagnolo d'acqua scorrere silenziosamente con quella sua voce sonora che lo distingueva ?!"


Da sempre presente, il nostro rio Cavallo ha segnato la nostra adolescenza: chi almeno una volta non ci ha giocato, corso, nuotato, andato in bici? A partire dalla foce col limo si costruivano piste per le biglie, percorsi per le saltafoss e altro. Risalendo fino alla cascata che in tempi di secca diventava territorio di pesca primitiva con fiocine d'emergenza, bastoni, forchette e retini. Nei periodi di piena si poteva fare il bagno: ogni pozza alta almeno un metro diventava piscina, per non dimenticare quanti bagni anche per recuperare palloni calciati dal campo vecchio da piedi non proprio intelligenti. Il vero lido di Calliano resta il Zambel e ci siamo andati più o meno tutti almeno 100 volte, le piscine non erano di nostra competenza … vuoi mettere una calma distesa d'acqua al confronto con un rio impetuoso? Ricordo che nei caldi pomeriggi d'estate si risaliva il rio fino a Dietrobeseno senza un vero scopo, ma così per avventura e sfida, per dire "ho risalito fino lassù". Il Rosspach ce lo godevamo anche l inverno con gare di bici su pozze ghiacciate tipo speedway o partite rudimentali di pseudo hockey con mazze di fortuna con scarpe da ginnastica sempre bagnate … no ghe n'era goretex … Un altro divertimento a primavera era andare al PONT e vedere la potenza dell'acqua al disgelo e per i più coraggiosi scendere a fianco del letto e accompagnare il corso del rio. Sono molti anni che non vivo più a Calliano ma passando osservo quella striscia di letto del rio (ormai solo sassi) che taglia in due il paese e affiorano ricordi d'infanzia che mi e ci hanno fatto crescere col suo scorrere.

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Durante una giornata piovosa decido che era giunta l'ora di cimentarmi con qualcosa che non avevo mai fatto prima, o almeno non in quella maniera. Prendo lo zaino, esco di casa, passo in colorificio a prendere il necessario e, di soppiatto, cercando di non dare nell'occhio, arrivo al luogo dell'appuntamento: il ponte sotto la ferrovia. Con un po' di apprensione lascio lo zaino sul letto del fiume cementato ... cerco nelle tasche il bozzetto preparato nel pomeriggio ... eccolo ... comincio a rovistare nello zaino cercando di selezionare le bombolette: nero, bianco, rosso, azzurro ... comincio a disegnare sul muro, lo spray nero lascia un segno indelebile ... Devo confessare: non mi ricordo bene cosa ho disegnato, credo di non essere più tornato sotto il ponte della ferrovia dopo quel giorno...mi sembra di ricordare una pecora ma non ne sono sicuro; ecco, sicuramente non uno dei miei "pezzi" più riusciti ...



Era il 22 agosto 2015. Da giorni il pensiero era rivolto a come scattare qualche fotografia al Zambel del Rio Cavallo o Rosspach. Sul tardi del pomeriggio mi sento sufficientemente preparato per affrontare le riprese. Mi preparo la borsa con l'occorrente assieme al cavalletto. Con una pace nel cuore e un desiderio indescrivibile mi incammino sulla via Campagnole verso il Zambel. Da casa mia quindici minuti a piedi. Finalmente affronto la forra. Giunto ai piedi della cascata mi guardo attorno. La luce non è delle migliori. Intanto i minuti passano e la luce cambia. Metto i piedi sui grandi sassi che formano una cascatella e che mi concede di passare sulla sponda opposta. Mi giro ad ovest e sono investito da miriadi di colori; quasi tutti i colori dell'arcobaleno sono riflessi nell'acqua. I colori dei sassi sono da rosso a rosso cupo; la vegetazione da verde giallo a verde scuro profondo interrotta dal colore di qualche fiorellino. Persino i residui degli alberi e arbusti nell'alveo del Rosspach cambiano colore da giallo a marrone cioccolato. La mia mente si apre ed il mio cuore vibra di emozione.

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Da bambina andavo con la mia amica Chiara dietro al molino Rella per giocare alle ninfe, saltando di sasso in sasso. Ogni tanto si finiva nell'acqua ma tanto era estate.



Abitavamo fuori paese, sulla strada per Folgaria, vita da cortile, in mezzo ai prati dove le stagioni con alberi, fiori e vitigni davano il meglio. Le sere d' estate, la finestra della camera aperta sulla valle riportava gli odori della terra e rumori che non potrò mai dimenticare...la presenza di piccoli insetti e uccelli notturni con i loro versi, la statale del Brennero con il suo passare di camion, il treno che sferragliava trasportando passeggeri verso destini sconosciuti, il lento scorrere, ormai alla fine, del rio Cavallo. Chissà perché questo nome ... Cavallo!!! Le calde giornate estive diventavano festa quando, con le amiche del cortile, si raggiungeva il greto del torrente. Piedi nell'acqua, spruzzi, giochi e tanta tanta fantasia ... la mia concentrata su piccoli pezzettini di vetro colorato, da trovare, da raccogliere perché, come nelle più classiche delle favole, erano un tesoro da consolidare ... quante pietre preziose avrei dovuto collezionare per diventare una principessa? Al tramonto sul "tom", ad osservare lo scorrere senza tempo né fretta del rio, ad ascoltare il fruscio del fogliame degli alberi che formavano una cornice argentata. Tanti anni son passati, non vivo più nel territorio; sono viva in una città che non dorme mai. La mia infanzia sarà sempre l'isola felice che ha fatto di me quello che sono ... persona attenta e ricettiva ai cambiamenti ma consapevole che anche un semplice rio Cavallo mi ha insegnato a far parte attiva del mondo.

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E' appena primavera, l'inverno è stato molto nevoso. Scendo insieme a Giulia per il sentiero della Gon, a monte della località Molini, prendiamo una deviazione per avvicinarci al Rosspach. Quando giungiamo sulle sue rive lo spettacolo che ci troviamo di fronte è incredibile. Acqua!! Acqua che scende e scroscia da tutte le parti con una potenza unica. Da ogni direzione cascate di neve sciolta. Non so se ricapiterà ancora. A volte vado a bagnarmi i piedi in estate nel torrente, in solitudine o in compagnia. Ma una una piena così non l'ho più vista.



Purtroppo non ho vissuto molto il torrente nella mia vita, pur avendo vissuto per molti anni ai Fontani. Ricordo però mio marito Fulvio che andava a pescare con l'amico e vicino di casa Severino. Andavano nei pressi dei Molini, lì una volta Fulvio rischiò di scivolare nel Rosspach. Questo è quello che conosco del torrente.

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Quando hai nominato 'El rio' mi è venuta la pelle d'oca ... Che bei ricordi ... ricordi indelebili nella mia mente. La nostra classe, la 1987, ha fatto del Rio Cavallo la propria storia d'infanzia. Quanti pomeriggi passati a fare casette sugli alberi, sentieri di corsa, costruire spiaggette e baie tutte nostre, tuffi dalle cascatone e tanto altro ancora. Non avevamo ancora il cellulare a quell'età, ci divertivamo con poco, ma era vero e puro divertimento senza alcuna distrazione. Scrivendo queste poche righe mi ritornano in mente come flash back degli episodi vissuti. Ora ci siamo un po' persi di vista perché molti hanno cambiato paese, ma ogni tanto ci si reincontra... Antonio, Sonia, Ilaria, Claudio, Alessandro e Valentino sono solo alcuni della nostra fantastica classe!!!

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Non ho ricordi particolari del Rio Cavallo, sono passati tanti anni ormai e la memoria non è più fresca, ma mi vengono in mente, della frazione "Quaioti" dove abitavamo, le passeggiate nelle campagne circostanti il Rio Cavallo, quando da bambine andavamo a giocare, a rincorrerci, a mangiare il ribes rosso, a raccogliere l'uva. Quando era caldo, qualche volta, facevamo il bagno nel torrente, nel laghetto che si formava sotto la prima cascata, quella più vicina a dove abitavamo. Si giocava a spruzzarsi l'acqua addosso, a chi tirava i sassi più lontano nell'acqua. Ricordo e sento ancora, dell'estate della mia fanciullezza e giovinezza nella casa in campagna, i profumi, i colori e le atmosfere; anche il Rio con le sue acque a volte tranquille, a volte fragorose (un tempo, non ora) fa parte di questo sentire che rimane impresso nella memoria. Chiudo gli occhi e visualizzo immagini di un tempo passato, a volte con nostalgia.


Non è l’Adige e neppure il Po, né può essere la Senna, oppure il Danubio. Ma la sua è un’acqua nuova, limpida, trasparente e pura come una giovinetta. È un’acqua speciale questa che ci scivola fra le dita, perché acqua fresca e viva di montagna. Scorre via scattante, disperdendosi fra i massi e fra i ciottoli che ha saputo arrotondare in secoli di vita, sparendo poi alla vista per un momento, per apparire di nuovo, poco più sotto, quasi per incanto. E’ un’acqua cheta che, soprattutto una volta, sapeva anche essere rabbiosa. L’acqua, infatti, è un elemento di natura che forma e che trasforma il paesaggio circostante. Eppure, voglio convincermi che quest’acqua è la stessa di un tempo. Mi emoziono pensando che tutto è rimasto come allora, come quando dal Castello occhi di bambino guardavano giù, osservando da lontano quella piccola strada d’acqua. Ne sono certo, la via è sempre la stessa: i salti nel vuoto, le brusche interruzioni, l’acqua che poi si distende e che dopo riprende corsa, che si lancia nel nulla, che si infila rapida in misteriosi antri scuri… Da lontano tutto sembra in discesa ma non è proprio così. Come in una metafora della vita, anche l’acqua, dopo avere conosciuto l’alto e il basso, il bene e il male, sa tornare sui propri passi e risalire il monte per poi riprendere nuovamente il suo cammino. Ripensando a tutto ciò, come un antico viandante sto percorrendo piano le sponde di un torrente come si percorrono le strade della vita. E’ un continuo e gradevole trovare e ritrovarsi. Perché questo - dobbiamo dirlo - non è un posto qualsiasi: qui i passi ti portano in un luogo magico. Questo è il Rio Cavallo, il posto giusto per chi sa ascoltare.



Era una calda giornata estiva, quando ero ancora una bambina, una mia amica ed io, come si faceva ogni giorno, andammo a fare il bagno sopra alle cascate del Rio Cavallo, cercando quei piccoli laghetti formati dalle rocce e dalle correnti. Mentre guardavamo il torrente scorre tra le nostre caviglie, cominciammo a chiederci da dove venisse l’acqua. Lei mi disse di non aver mai visto la fonte, allora pensammo che il rio dovesse essere veramente grande, se non avevamo mai visto da dove nasceva. Con uno sguardo carico di curiosità, capimmo che quello era il momento per trovarla. Infilammo le infradito ai piedi e risalimmo il torrente, alla ricerca della fonte. Il rio era a tratti sassoso e altri sabbioso. Le correnti formavano conche e piccole cascate qua e là, in uno scenario boscoso, quasi fiabesco. Mentre camminavamo, cercando di non scivolare, immaginavamo come potesse essere la fonte: forse era una grande cascata che usciva direttamente dalla montagna, oppure l’interno di una grotta, nascosta da lunghi rami e radici di alberi. La nostra immaginazione di bambine, fu interrotta quando ci ritrovammo davanti a grossi massi caduti nel torrente e ci impedivano la via. L’acqua, lì, sembrava scorrere come un rigagnolo e formare delle insenature nella montagna. Proprio quando ci rendemmo conto che sarebbe stato troppo pericoloso passare, guardai il cielo, che sopra alle nostre teste si stava annuvolando minacciosamente. Proposi alla mia amica di tornare indietro dal sentiero in mezzo al bosco. Quando riuscimmo a risalire sulla terra, aggrappandoci alle radici degli alberi che finivano dento al torrente, sporche di terriccio e foglie, ci incamminammo verso la cascata. Fu proprio in quel momento che ci rendemmo conto di esserci perse. Non c’era alcun sentiero, solo alberi e rocce. Ci prese il panico e cominciammo a correre e a scavalcare quelli che a noi sembravano enormi massi. Il cielo stava tuonando e cominciò a piovere a dirotto, mentre noi cercavamo la strada del ritorno perduta. Nella corsa sfrenata, tra i rami caduti e i cespugli di felci, avvistammo una piccola insegna di legno con scritto “Castel Beseno”. Entrambe ci sdraiammo sotto di esso, stremate. Mentre la pioggia ci inzuppava dal capo ai piedi, cominciammo a ridere come matte. Accanto a noi c’era la strada che dalla cascata porta al mulino, sotto il Castel Beseno e dall’altra il torrente che scorreva placido. La pioggia vi finiva dentro come tante piccole frecce, ma lui continuava per la sua via intrepido, senza alcuna paura, lasciandoci solo quella tranquillità e serenità che ci ha sempre dato.



"El rio", lo chiamavamo così. Come tanti qui a Calliano ho passato l'infanzia fra gli argini di quel torrente e la collinetta del Castel Beseno. Il letto del torrente cambiava continuamente aspetto perché il flusso d'acqua aveva un'intensità molto altalenante. Da ragazzo ero affascinato dalle storie che mio padre mi raccontava con entusiasmo e dovizia di particolari; tanti episodi della sua infanzia che io andavo a ripercorrere in quei luoghi. Quasi per un tacito accordo, come succedeva spesso ai ragazzi di quel tempo, i nostri genitori non sapevano precisamente dove eravamo e forse non lo immaginavano nemmeno. Spesso eravamo su al Castel Beseno, saliti di corsa da uno dei sentieri rivelati da mio padre, o sopra la cascata del Zambél a sbirciare imprudentemente dal sommo della cascata il grande salto nel vuoto compiuto dall'acqua. Ricordo che eravamo molto abili nell'attraversare il corso d'acqua saltando da un sasso all'altro. Nell'attraversamento avevamo anche imparato dall'esperienza che era meglio diffidare dei sassi color verde rivestiti di alghe scivolose; non si poteva certo rientrare a casa con un piede inzuppato d'acqua! Ricordo l'odore che ancora oggi è caratteristico di quei luoghi, luoghi che pensavamo essere noi gli unici a frequentare. Quasi mai si incontravano adulti e per questo credo che ci sentissimo come padroni, unici esploratori di quei luoghi fantastici. Segno caratteristico del Rio Cavallo è anche il vecchio ponte. Raccontava mio padre che da ragazzi correvano sul suo parapetto merlato anche perché il letto del rio Cavallo era più alto e si poteva saltare giù nel torrente direttamente dal ponte. Ricordo che passando di lì dopo la scuola, nei giorni delle intense piogge autunnali e primaverili, guardavamo estasiati l'acqua che scendeva con grande impeto e fragore coprendo, solo in quei giorni, l'intero letto del torrente e talvolta anche la stradina che gli correva a fianco.

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Acqua mai ferma davvero. Che porta e porta via. Hai quasi paura a ripercorrere quel piccolo sentiero, oggi, perché dall'ultima volta che sei stato qui è successo davvero di tutto e il cuore fa un male cane. Ogni passo un ricordo. Ogni passo una lacrima. È impressionante quante cose e persone care si possano perdere in una sola vita ed in una sola volta. Perdere. Perdersi. Forse seguire una vena del terreno come fa quest'acqua che ha solcato la roccia. Ciao dunque cascata dal nome bilingue. Ci si rivede dunque. Acqua che porta e porta via. Oggi si porta via le lacrime e porta ricordi duri da vivere ma in realtà bellissimi. Grazie.



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