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Tariffa R.O.C. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) - art. 1, comma 1, DCB Napoli - ANNO X - N. 7/8 - Luglio/Agosto 2014 - Costo singola copia € 2,50

PORTO diporto & IL MAGAZINE CHE APRE IL PORTO ALLA CITTÁ

Canale del Nicaragua sfida ai traffici marittimi

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sommario / porto&diporto

IN ESCLUSIVA

Anno X - N°7/8 - luglio/agosto 2014 Direttore responsabile Antonio De Cesare Direttore editoriale Maurizio De Cesare Hanno collaborato a questo numero: Massimo Bernardo - Cosimo Brudetti Eduardo Cagnazzi - Aniello Cuomo Fabrizio De Cesare - Francesco di Cesare Giovanni Grande - Roberto Maffia Paola Martino - Matteo Martinuzzi Italo Merciati - Stefano Meroggi Alfonso Mignone - Sandro Minardo Andrea Moizo - Stefania Vergani Amministrazione e abbonamenti Paola Martino amministrazione@portoediporto.it abbonamenti@portoediporto.it Costo abbonamento Italia € 30, estero € 90 esclusivamente con versamento su CCP n. 81627671 - AM editori srl Via Diaz, 54 - 80055 Portici (Napoli) Pubblicità e marketing marketing@portoediporto.it Listini e specifiche tecniche www.portoediporto.it Progetto e realizzazione grafica AM editori srl Stampa Morconia Print Morcone (BN) Il magazine Porto&diporto è proprietà di AM editori srl info@ameditori.it redazione@portoediporto.it www.portoediporto.it Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 17 del 15 febbraio 2006 Periodico associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana E’vietata la riproduzione totale e/o parziale di testi, fotografie e di qualsiasi altro contenuto o allegato. Tutti i diritti sono riservati.

Interviste a: Alessandro Fedele, Luca Ferrara, Mario Mega, Michele Marsiglia, Susanna Moccia, Michele Pappalardo, Marco Simonetti ----------Interventi di: Massimo Bernardo, Aniello Cuomo, Francesco di Cesare, Roberto Maffia, Alfonso Mignone ARMAMENTO 4 - Tirrenia, una stagione di offerte imperdibili SHIPPING 6 - Crociere e nautica in Adriatico uno studio con luci ed ombre 8 - Crociere avanti tutta 10 - Test positivi per il sistema “Onboard DC Grid” 12 - VSL cresce in Asia con i vari di eco-ship 14 - Escursioni e visite “easy” per gli ospiti Costa Diadema 16 - Regione FVG e Costa insieme per le crociere a Trieste 18 - La concorrenza dinamica della crocieristica 20 - Google Street View a bordo di Royal Caribbean INFRASTRUTTURE 22 - VTP acquisterà “partners” o perderà “clienti”? 24 - I contratti dei dipendenti AP è ormai materia da giudici 26 - Il ricorso di Ravenna minaccia l’IVA ai porti 28 - Il Centro America protagonista dei traffici marittimi internazionali 30 - L’Italia giochi la strategica partita del transhipment 32 - Federagenti: piano trasporti proposto dagli imprenditori 34 - Bari capofila nello sviluppo degli smart port con Gaia 37 - Civitavecchia, riprendono i lavori nella Darsena Traghetti 37 - Aumento di capitale per Aeroporto Salerno 38 - Porto di Salerno, attivato il colloquio telematico 39 - Cagliari, le opportunità per le imprese sarde ENERGIE 40 - In Italia non esiste una strategia

energetica ECONOMIA 42 - Banca d’Italia, Campania una regione in piena crisi REGISTRI 43 - RINA e CNR firmano accordo per la ricerca e l’innovazione TRASPORTI 44 - Cielo unico europeo: superare i confini nazionali 45 - Nuova sala imbarchi al terminal di Capodichino AZIENDE 46 - Da Intesa Sanpaolo nuove risorse per Pmi NAUTICA 49 - Salerno, porti turistici con potenzialità inespresse 50 - Utilizzo commerciale delle unità da diporto con più di dodici passeggeri 52 - Ucina Confindustria Nautica riconoscere i marina resort RICERCHE 54 - Ci vuole una terra per vedere il mare LAVORO 56 - Inail, ancora in calo gli infortuni sul lavoro 57 - Propeller Club Port Salerno il primo anno di attività AZIENDE 58 - Alle nuove generazioni il compito di ripartire 59 - A Brescia la prima smart city Venti famiglie nel futuro 61 - Vorwerk Folletto cresce il fatturato in Italia 62 - Pastificio Ferrara esperienza e innovazione TURISMO 63 - XVII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico 64 - Zurigo, una città trendy per i giovani di tutto il mondo


armamento / porto&diporto

Tirrenia, una stagione di offerte imperdibili

Visto il successo della scorsa stagione, l’offerta a tasso zero viene prorogata per tutto il 2014 - Speciale famiglie e bambini e per gli inseparabili amici a quattro zampe un …benvenuti a bordo!

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opo il successo registrato nei mesi scorsi, Tirrenia - Compagnia Italiana di Navigazione e Findomestic hanno deciso di rilanciare la possibilità di rateizzare l’acquisto del traghetto e aggiungere una nuova opportunità: sarà il cliente, sempre dal sito web www.tirrenia.it a poter scegliere se pagare il biglietto in 10 o 5 comode rate, sempre senza dover corrispondere alcun interesse alla società. Quest’ultima ha reso infatti possibile acquistare online un numero illimitato

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di biglietti dei traghetti di Tirrenia verso la Sardegna o la Sicilia, per partire in qualsiasi periodo dell’anno, pagando a rate e senza dover corrispondere alcun interesse. L’offerta a tasso zero (Tan 0% e Taeg 0%), senza alcuna spesa aggiuntiva, è valida per gli acquisti di importo superiore a 300 euro che vengono effettuati sul sito web www.tirrenia.it entro il 31 dicembre 2014 per i biglietti di qualsiasi periodo dell’anno e tratta, a condizione che la data di partenza non sia fissata

in meno di 10 giorni dalla data di prenotazione (in modo da consentire l’adempimento delle pratiche necessarie per ottenere il prestito). Il valore dei 300 euro è raggiungibile cumulando l’acquisto di biglietti per più persone o per più viaggi di andata e ritorno, e l’acquisto potrà essere effettuato online con una facile ed immediata modalità di pagamento a rate, grazie anche all’introduzione della firma digitale da parte di Findomestic. È sufficiente accedere al sito www.tirrenia. it e, dopo avere selezionato on-line il proprio viaggio, scegliere come modalità di pagamento il finanziamento con Findomestic scegliendo contestualmente se si preferisce pagare l’importo in 5 o 10 rate. La partnership, che vede entrambe le compagnie impegnate ad accogliere e soddisfare le nuove esigenze della clientela con un credito agevolato facile e trasparente, nata anche per contrastare una crisi sempre più dirompente, favorirà tutti coloro che acquisteranno uno o più biglietti, inclusa l’auto ed eventuali animali al seguito, sulle linee servite da Tirrenia Compagnia Italiana di Navigazione.


Inoltre da questa estate la compagnia ha introdotto una tariffa speciale per bambini e famiglie con prezzi e servizi unici a bordo con particolare attenzione ai piccoli passeggeri: su tutte le tratte servite dalla compagnia i bambini fino a 4 anni (non compiuti) viaggiano gratis (qualora non occupino alcuna sistemazione, diversamente pagano il 50% della tariffa). Tutti i bambini fino a 12 anni (non compiuti) possono sempre godere di uno sconto del 50% sulle tariffe (al netto di tasse e diritti). Sulle navi Tirrenia vi sono le aree bambini più grandi del Mediterraneo: oltre 330 mq di puro divertimento dove le famiglie possono giocare con i propri piccoli. Questi spazi sono stati pensati e allestiti per le esigenze dei bimbi, sono ambienti dove possono dare libero sfogo alle loro energie e alla loro fantasia con gonfiabili, percorsi interattivi, cavallucci a dondolo, grandi pouf e altri giochi. In queste grandi aree i bambini possono anche vedere i loro programmi preferiti grazie ai grandi schermi che trasmettono i canali tematici a loro dedicati. L’utilizzo delle aree è completamente gratuito e i bambini possono divertirsi in completa sicurezza: un’hostess presidia le sale dalla loro apertura all’imbarco del mattino fino alla chiusura alle 23.30. Questi ambienti sono stati allestiti con materiali certificati e rigorosamente a norma e tutti gli oggetti all’interno delle aree sono realizzati in modo da salvaguardare l’incolumità dei piccoli ospiti. Inoltre, per mantenere le condizioni di assoluta pulizia e igiene degli ambienti, arredati con una moquette che riproduce un grande prato di margherite, all’ingresso delle sale sono stati collocati appositi spazi dove tutti coloro che usufruiscono dell’area bambini, inclusi i genitori che vogliono acFindomestic è la Banca specializzata nel credito alla famiglia e si posiziona tra i primi player in Italia nel mercato del credito al consumo. Fondata nel 1984 su iniziativa di istituti di credito italiani e francesi, Findomestic ha contribuito da allora al miglioramento della qualità della vita dei propri clienti, offrendo loro un canale di accesso professionale e responsabile ai prestiti personali e ai finanziamenti sui punti vendita di beni durevoli. Findomestic è impegnata da anni nello sviluppo di un credito responsabile attraverso una comunicazione più trasparente, favorendo i consumatori nell’accesso al credito con soluzioni sostenibili e combattendo il fenomeno del sovra-indebitamento.

compagnarli, devono lasciare le scarpe. La nuova Tirrenia si è fatta grande per i più piccoli! Ed infine la novità attesa da tutti quelli che amano i nostri amici a quattro zampe, sono i benvenuti a bordo della flotta Tirrenia: inoltre la Compagnia collabora con le associazioni che si prendono cura dei randagi e li accompagnano alle loro nuove famiglie adottive. Gli animali, infatti, possono trovare a bordo delle navi della Compagnia servizi studiati appositamente per loro. Trovano a loro completa disposizione sia le cucce esterne sia anche cabine appositamente dedicate, igienizzabili, dotate di pavimento in linoleum e di tutti i comfort perché possano trascorrere con la loro famiglia la traversata. Possono circolare liberamente sui ponti esterni e a bordo è possibile richiedere il Tirrenia Welcome Pet, un kit che comprende un tappetino igienizzante realizzato con polimeri superassorbenti e antiodore, per la massima pulizia e comodità. Tirrenia Compagnia Italiana di Navigazione è sensibile agli animali, alle loro esigenze e alle loro difficoltà. Per questo ha deciso di compiere un primo passo in favore delle associazioni animaliste e ha stipulato una convenzione che permette ai volontari di viaggiare sulle navi Tirrenia con uno sconto del 30% per accompagnare gli animali verso le nuove famiglie adottive. Le associazioni coinvolte sono due. Fidati di me Animal, con sede a San Nicolò d’Arcidano in provincia di Oristano, si occupa di recuperare cuccioli ed esemplari adulti di cani e gatti abbandonati o di toglierli a quei canili dove le speranze di trovare una famiglia sono poche. Gli animali vengono portati presso una struttura veterinaria per offrire loro un primo soccorso e le cure necessarie e infine l’associazione si preoccupa di trovare loro una nuova casa. L’altra associazione è Liberi tutti di Torino, che da qualche anno si interessa al problema del randagismo sardo. Opera in collaborazione con i

canile di Ossi, in provincia di Sassari, e si occupa di raccogliere cibo e spedirlo laddove ce n’è bisogno, inviare farmaci e far sterilizzare le femmine per limitare il moltiplicarsi dei randagi, trovare una famiglia affidataria ai numerosissimi ospiti dei rifugi sardi. Entrambe le associazioni si rivolgono alle aspiranti famiglie adottive del NordOvest d’Italia – nello specifico Piemonte, Liguria, Lombardia e parte del Veneto – e diventano il tramite perché gli amici animali arrivino a destinazione, di là dal mare. I marittimi di Tirrenia sono sempre molto partecipi nell’assistere al meglio volontari e animali durante i loro viaggi, questa però è un’iniziativa inedita. La nuova Tirrenia CIN ha deciso di muovere un primo passo verso questi volontari, riconoscendo l’importanza e il valore del loro operato. Sandro Minardo Tirrenia Compagnia Italiana di Navigazione S.p.A., con sede a Napoli, opera nel settore del cabotaggio marittimo come titolare del servizio pubblico di collegamento con le isole maggiori, le Isole Tremiti e come vettore per il traffico merci. Considerato uno dei principali operatori dello Shipping Europeo, Tirrenia CIN impiega attualmente 16 navi tra Cruise Ferry e Ro-Ro Pax, ed è una delle flotte più moderne del Mediterraneo in quanto tutte le unità per il trasporto passeggeri sono state costruite dopo il 2000. Le linee servite collegano nel Tirreno la Sardegna (da e per i porti di Porto Torres, Olbia, Arbatax e Cagliari) con Genova, Livorno, Civitavecchia, Napoli, Palermo a cui si aggiungono Napoli e Palermo collegate tra loro. Sull’Adriatico oltre alla linea Ravenna – Catania, le isole Tremiti sono servite da un Fast Ferry che le collega con Termoli.

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shipping / porto&diporto

Crociere e nautica in Adriatico uno studio con luci ed ombre Oltre 5,2 milioni di crocieristi movimentati nel 2013 nei porti dell’Adriatico e circa 17 milioni i passeggeri su ferry. Per il 2014 attesa nell’area una contrazione del traffico crocieristico del -13% e una crescita del +2,1 dei passeggeri di ferry.

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ltre 5,2 milioni di crocieristi movimentati nel 2013 (+4,6% sul 2012) e una contrazione stimata per il 2014 del -13%. Inoltre, circa 17 milioni di passeggeri movimentati dai traghetti (-0,9% sul 2012) con una previsione di crescita per il 2014 del +2,1%, e oltre 300 marine turistiche individuate per un totale di quasi 77 mila ormeggi. Questi, in sintesi, i numeri principali di Adriatic Sea Tourism Report 2014, il rapporto di ricerca realizzato da Risposte Turismo – società di ricerca e consulenza a servizio della macroindustria turistica – che analizza i flussi, le dimensioni, le direzioni e i comportamenti dei movimenti turistici via mare nell’area adriatica (crociere, traghetti e nautica) che interessano i sette Paesi che su di essa si affacciano.

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Più in particolare, per quanto riguarda il traffico crocieristico movimentato negli oltre 20 porti attivi nell’area adriatica, nel 2013 Venezia guida la classifica con oltre 1,8 milioni di passeggeri (pari al 34,8% del totale dell’area) e 548 toccate nave (il 17,2% del totale), seguito da Dubrovnik con poco più di 1 milione di passeggeri movimentati (il 20,8% del totale) e 692 toccate nave (il 21,7% del totale) e Corfù, con circa 744 mila passeggeri movimentati e 480 toccate nave, pari, rispettivamente, al 14,3% e al 15% del totale complessivo registrato. La concentrazione del traffico crocieristico nell’area adriatica vede i primi 3 porti in classifica movimentare circa il 70% del totale, percentuale che sale all’87,6% allargando l’orizzonte ai primi 5 scali e al 97,7% prendendo in consi-

derazione la top ten dei porti. Esaminando il traffico crocieristico per Paese, l’Italia nel 2013 si posiziona al primo posto con 2,7 milioni di crocieristi movimentati (il 51,8%), seguita dalla Croazia (circa 1,3 milioni, pari al 26,5% del totale) e dalla Grecia (circa 750 mila passeggeri movimentati, pari al 14,4% del totale). Le prime previsioni sul 2014 elaborate da Risposte Turismo sui dati ricevuti da 11 porti (Ancona, Brindisi, Corfù, Dubrovnik, Koper, Opatija, Pula, Ravenna, Trieste, Venezia e Zadar) rappresentativi del 77,3% del traffico passeggeri movimentati nel 2013, mostrano una contrazione stimata nell’ordine del -13%. Tale previsione è in linea con la contrazione attesa per l’intero bacino del Mediterraneo dovuta, in primo luogo,


allo spostamento di alcune navi verso altre aree della mappa crocieristica mondiale. Per quanto riguarda invece il settore dei traghetti, lo studio contiene l’analisi delle movimentazioni passeggeri e delle toccate navi di oltre 40 porti dell’Adriatico. Nel 2013 i passeggeri movimentati da tali infrastrutture portuali sono stati circa 17 milioni, in leggera contrazione (-0,9%) rispetto ai volumi registrati nel 2012 sui porti considerati. Analoga la contrazione evidenziata dal report per le toccate nave che hanno interessato tali scali, nel 2013 circa 81 mila. La classifica dei 10 porti interessati da traffico legato ai traghetti vede Split (Croazia) al primo posto con oltre 4 milioni di passeggeri movimentati e 14.882 toccate nave, seguita da Igoumenitsa (Grecia) con circa 2,5 milioni di passeggeri e 10.811 toccate nave, e Zadar (Croazia), con circa 2,4 milioni di passeggeri movimentati e 17.000 toccate nave. Ai piedi del podio Bari, primo porto italiano in classifica, seguito da Ancona, entrambi con poco più di 1 milione di passeggeri movimentati e con, rispettivamente, 1.582 e 2.697 toccate nave. E’ da notare come i primi 3 porti, nel 2013, siano stati rappresentativi del 52,6% del totale del traffico passeggeri, percentuale che sale al 68,3% se si considerano i primi 5 e all’89,1% considerando i primi 10.

Rimanendo nel segmento dei traghetti, a livello di singole nazioni che si affacciano sull’Adriatico il report realizzato da Risposte Turismo evidenzia, per il 2013, la leadership della Croazia, ottenuta grazie a circa 7,8 milioni di passeggeri movimentati (il 46,4% del traffico complessivo) e 43.961 toccate nave (il 54,2% del totale toccate nave registrato). Alle sue spalle si posizionano la Grecia, con circa 4,8 milioni di passeggeri movimentati (il 28,3% del totale) e 27.894 toccate nave (il 34,4% del totale), e l’Italia, al terzo posto in virtù di circa 3,2 milioni di passeggeri movimentati (19% del totale) e 7.539 toccate nave. Oltre ai ferry e alle crociere, Adriatic Sea Tourism Report prende in considerazione anche il comparto nautico. In quest’ambito l’edizione 2014 del report ha proseguito il lavoro di indagine iniziato lo scorso anno sulle infrastrutture portuali esistenti e sugli operatori attivi sul territorio, arrivando a mappare nell’area 323 marine e quasi 77 mila posti barca, con una media di circa 240 posti barca per infrastruttura. Tra i Paesi che si affacciano sull’Adriatico l’Italia è risultata essere la nazione con il numero maggiore di marine (180, pari al 55,7% del totale) e posti barca (47.298, pari al 61,5% del totale). Rimanendo nel settore nautico, il report contiene inoltre le previsioni per il 2014 relative all’andamento del giro

d’affari di un campione di 52 marine e 20 società di charter dell’Adriatico. Entrambi i campioni hanno evidenziato incoraggianti segnali di ottimismo, ipotizzando un andamento prevalentemente stabile o positivo per l’anno in corso. Più in particolare, per quanto riguarda le marine il 54% degli intervistati prevede una stabilità nel valore della clientela, mentre il 27% si aspetta un suo incremento. Con riferimento invece alle società di charter oggetto dell’indagine, il report evidenzia il forte incremento previsto nel 2014 per quanto riguarda la clientela di imbarcazioni a vela (+56%), confermando il trend di crescita registrato nel 2013 sul 2012 (+69%). Adriatic Sea Tourism Report 2014, disponibile in download gratuito sul sito www.adriaticseaforum.com, è stato presentato recentemente da Francesco di Cesare - Presidente di Risposte Turismo – in occasione del 3° Stakeholder Workshop di Adriplan, progetto cofinanziato dalla Direzione Generale Mare della Commissione Europea dedicato all’ADRiatic and Ionian maritime spatial PLANning che si è tenuto nei giorni scorsi a Trieste. Adriatic Sea Tourism Report è stato lanciato lo scorso anno a Trieste in occasione della prima edizione di Adriatic Sea Forum – cruise, ferry, sail & yacht, evento internazionale itinerante dedicato al turismo via mare nell’Adriatico. Italo Merciati

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shipping / porto&diporto

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Crociere avanti tutta

he l’Italia sia al centro del mercato mediterraneo delle crociere è cosa ormai risaputa:

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annualmente il Belpaese accoglie oltre 10 milioni di crocieristi con significativi riflessi sull’economia nostrana, inoltre molte delle navi che raggiungono i nostri porti sono state costruite dalla nostra Fincantieri garantendo lavoro a migliaia di persone. Lo sviluppo di que-

sto mercato è fondamentale per tutto il nostro Paese e, anche se secondo la Federconsumatori nel corso del 2014 ci sarà una lieve contrazione dei passeggeri movimentati, le prospettive per il futuro continuano ad essere positive. Come ogni anno, verso la fine della primavera la stagione mediterranea delle “navi bianche” entra nel vivo e quindi molteplici sono le iniziative delle varie compagnie per promuovere il proprio “brand”. Anche quest’anno è stato così e il via è stato dato da un importante evento avuto luogo a Monfalcone ad inizio maggio: la consegna da parte di Fincantieri della nuova Regal Princess


(142.229 t.s.l.) a Princess Cruises, marchio conosciuto in tutto il mondo grazie alla serie televisiva “Love Boat”. Ospite d’eccezione della cerimonia è stato il premier Matteo Renzi che ha sottolineato l’importanza dell’azienda cantieristica triestina e l’interesse del Governo nel supportare tutti i suoi piani di sviluppo. Ma la notizia più importate per Fincantieri è stata sicuramente il matrimonio con MSC Crociere celebrato in pompa magna a Roma sotto gli auspici del vulcanico Primo Ministro italiano; dopo anni, finalmente, è stato raggiunto l’accordo per la costruzione in Italia, e precisamente a Monfalcone, di una nuova classe di navi da crociera per la compagnia di Aponte. Il progetto chiamato “Seaside”, che vedrà la luce a partire dal 2017, consiste nell’ordine di due navi da 154.000 t.s.l. (le più grandi mai realizzate in Italia) con l’opzione per una terza, quindi una commessa da ben 2,1 miliardi di Euro. Questi eventi sono stati quindi degli ottimi biglietti da visita per l’ingresso in Borsa di Fincantieri; un’operazione fortemente voluta dall’A.D. Giuseppe Bono che permetterà all’azienda di crescere ulteriormente nei prossimi anni. I mesi di maggio e giugno sono dei periodi molto utilizzati dalle compagnie per presentare le proprie navi agli agenti di viaggio. Sono molteplici quindi le visite navi organizzate nei porti italiani che sono una fase importantissima di promozione del proprio prodotto agli intermediari diretti dei consumatori finali

del prodotto crociera. Solitamente queste opportunità di scoprire le proprie navi viene data solamente agli addetti ai lavori, ma quest’anno, riconoscendo l’importanza dei social network, Royal Caribbean International e Norwegian Cruise Line hanno voluto reclutare attraverso questi mezzi molte persone per far scoprire il proprio mondo. Ha incominciato Royal Caribbean organizzando una mini-crociera dedicata ai propri fans italiani di Facebook che è stata seguita da una delegazione di giornalisti. La nave prescelta per questa iniziativa è stata la splendida Liberty of the Seas (154.407 t.s.l.), forse la nave più bella a solcare i nostri mari. Il viaggio sulla rotta tra Barcellona e l’home port italiano di Civitavecchia ha toccato anche Marsiglia, Villafranca Marittima e La Spezia. A bordo sono state organizzate diverse iniziative su una nave che ha davvero molto da offrire ai propri passeggeri: dalla vasca per fare surf alla pista di pattinaggio e tanto altro ancora. E’ stato poi permesso agli ospiti di conoscere anche parte del “dietro alle quinte” della nave, come le cucine e il ponte di comando dove è stato possibile incontrare l’istrionico comandante Teo Strazicic, nativo di Ragusa in Dalmazia. Il porto di Roma vedrà per tutta l’estate questa nave imbarcare i propri ospiti italiani; è un’occasione da non perdere visto che sarà l’ultima in quanto l’anno prossimo il suo posto verrà preso dall’Allure of the Seas (225.282 t.s.l.), la nave più grande del mondo che Royal ha deciso di posizionare nei nostri mari a dimostrazione dell’importanza del mercato mediterraneo delle crociere. L’agenzia di Sanremo “Vola in crociera” ha invece organizzato un intenso “sea show” che ha permesso ad un nutrito gruppo di suoi fans di Facebook di visitare la Norwegian Epic (155.873 t.s.l.) nei

porti di Napoli, Civitavecchia e Livorno. Gli ospiti accompagnati da una guida d’eccezione come Francesco Paradisi, Senior manager business development Italia di Norwegian Cruise Line, hanno potuto conoscere l’originale offerta del “freestyle cruising”. Il successo dell’iniziativa è stato testimoniato dalle molte adesioni avute in tutti tre i porti e dall’entusiasmo dei partecipanti. NCL essendo una compagnia ancora poco conosciuta sul mercato italiano ha dimostrato molto interesse nel far scoprire il proprio marchio a questi potenziali crocieristi che sapevano poco o nulla del suo prodotto. Ma il mercato italiano è già in fermento per un grande evento che si svolgerà a Genova in novembre, il battesimo di Costa Diadema, nuova ammiraglia di Costa Crociere. Questa nave, la più grande che batterà bandiera italiana, promette di stupire già da ora i suoi fortunati ospiti. Al momento è ancora in allestimento nello stabilimento Fincantieri di Venezia-Marghera; lascerà il suo luogo natale alla fine di ottobre per raggiungere Trieste da dove partirà per il suo viaggio di vernissage che terminerà sotto la Lanterna. Tornando ai dati emersi dallo studio di Federconsumatori la leggera contrazione dei passeggeri movimentati è dovuta in primis alla diminuzione del numero degli itinerari, ma anche la riduzione delle navi riposizionate da mari extra-mediterranei (ad esempio quest’anno Carnival Cruise Line non ha spostato navi da noi). Nel corso del 2014 saranno 54 le compagnie crocieristiche presenti nei nostri mari (erano 56 nel 2013), mentre le navi saranno 143 contro le 151 dello scorso anno. Ovviamente la parte del leone la faranno i quattro principali gruppi che detengono l’83,2% della capacità ricettiva: Carnival Corporation & Plc, Royal Caribbean Cruises Ltd, Genting Hong Kong Ltd e MSC Crociere. Infine i porti italiani toccati da navi da crociera saranno 70 contro i 63 del 2013. Insomma il mercato crocieristico è un affare che coinvolge quasi tutte le regioni costiere italiane. Ma essendo già state ordinate ai cantieri 21 navi da crociera sopra le 50.000 tonnellate di stazza lorda, possiamo prevedere ulteriori incrementi del traffico crocieristico in Italia. Sicuramente una parte della nuova capacità sarà destinata ai mercati emergenti come quello asiatico, ma possiamo stare certi che il Mediterraneo manterrà il suo ruolo alle spalle dei Caraibi. Matteo Martinuzzi

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shipping / porto&diporto

Test positivi per il sistema “Onboard DC Grid”

I primi risultati ufficiali del settore relativi all’applicazione a bordo di sistemi in corrente continua CC (Onboard DC Grid) confermano una notevole riduzione dei consumi e della rumorosità.

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BB, gruppo leader nelle tecnologie per l’energia e l’automazione, ha presentato uno studio condotto da un’agenzia partner sul sistema in corrente continua - Onboard DC Grid - confermandone l’utilità per le navi in termini di risparmio di carburante, riduzione del rumore e impatto ambientale. I test sono stati eseguiti da Pon Power in collaborazione con ABB a bordo della “Dina Star”, la nave d’appoggio per la piattaforma offshore appartenente alla società norvegese Myklebusthaug: i dati emersi registrano una diminuzione dei consumi di specifici oli combustibili pari al 27%. Si tratta dei primi risultati documentati provenienti da una nave dotata di Onboard DC Grid di ABB, un sistema che permette di azionare i motori a velocità variabili, garantendo la massima efficienza energetica a qualsiasi livello di carico. I test hanno inoltre rilevato il consumo di carburante durante le manovre di posizionamento in condizioni atmosferiche difficili, riscontrando un risparmio del 14%. Le manovre di posizionamento, nel corso delle quali i computer

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mantengono automaticamente la posizione e la rotta, costituiscono una parte considerevole del profilo operativo di una tipica nave offshore. “Il nostro sistema in corrente continua

rappresenta una notevole innovazione per la propulsione elettrica. Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti; è più di quanto ci aspettassimo”, ha commentato così Veli-Matti Reinikkala,

Come funziona il sistema Onboard DC Grid di ABB

Sistema di propulsione tradizionale

Annunciandosi come una svolta per il settore marittimo, il sistema Onboard DC Grid di ABB ottimizza la propulsione distribuendo la potenza mediante un singolo circuito in corrente continua, garantendo un notevole risparmio energetico e migliorando al contempo le condizioni di sicurezza e la ridondanza rispetto ai tradizionali sistemi in corrente alternata. Sistema Onboard DC Grid Distribuendo elettricità in corrente continua, il sistema Onboard DC Grid permette di azionare i motori a velocità differenti, con una significativa riduzione del consumo di carburante e delle emissioni rispetto ai tradizionali sistemi di propulsione. La risposta dinamica dei motori, inoltre, risulta migliorata. Il sistema Onboard DC Grid, infine, agevola l’uso di batterie e altri dispositivi di stoccaggio dell’energia, con risultati ancora più apprezzabili in termini di efficienza energetica e riduzione delle emissioni. ABB (www.abb.com) è un’azienda leader nelle tecnologie di conversione di potenza e automazione che permettono alle industrie di incrementare la propria attività riducendo al contempo l’impatto sull’ambiente. Le società del Gruppo ABB impiegano circa 150.000 dipendenti in oltre 100 Paesi.


responsabile della divisione Process Automation di ABB. “Onboard DC Grid offre un vantaggio competitivo per gli armatori che, dovendo gestire una vasta gamma di imbarcazioni quali navi offshore, traghetti e yacht, desiderano incrementare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni”. Oltre ai consumi di carburante, Pon Power e ABB hanno valutato l’impatto di Onboard DC Grid sui livelli di rumore della sala macchine: i test hanno dimostrato una riduzione del rumore pari al 30%, con conseguente miglioramento delle condizioni di lavoro a bordo della nave. “Già da anni puntiamo alla riduzione del rumore e delle vibrazioni offrendo il sistema GenFlex Design. Poter finalmente documentare il livello di efficienza energetica e la riduzione del rumore è una novità molto importante per ABB, soprattutto nei confronti dei clienti costretti a lavorare in condizioni estreme”, ha affermato Ole Knarberg, Direttore Commerciale del settore marittimo di Pon Power Scandinavia. La Dina Star

è alimentata da quattro motori Caterpillar 3516 uniti a un C32 con caratteristiche di velocità variabili. “Operiamo in un mercato estremamente competitivo dove i clienti sono sempre più attenti ai costi operativi e all’impatto ambientale. Gli incoraggianti risultati della Dina Star, la prima nave dotata delle avanzate tecnologie offerte da Onboard DC Grid di ABB, aumentano il nostro margine di vantaggio”, ha dichiarato Tore Myklebusthaug, General Manager di Myklebusthaug Management. “Alla luce dei risultati del test, oggi

possiamo affermare con certezza che Onboard DC Grid comporta un notevole risparmio di carburante, a tutto vantaggio dei noleggiatori di natanti”. L’innovativo sistema ABB per la distribuzione di potenza è stato lanciato nel 2011. La nave supporto per la piattaforma offshore, “Dina Star”, consegnata a Myklebusthaug Management dal costruttore di navi Kleven nel 2013, è la prima imbarcazione alimentata con sistema in corrente continua - Onboard DC Grid. Nel gennaio del 2014, il sistema per la distribuzione di potenza Onboard DC Grid di ABB si è aggiudicato l’Autorizzazione di principio dell’Ufficio americano per la navigazione marittima”. Fabrizio De Cesare

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shipping / porto&diporto

VSL cresce in Asia con i vari di eco-ship

L’investment company italiana dello shipping conferma la fiducia nel mercato acquisendo navi ecologiche ad alta efficienza

V

SL annuncia di aver perfezionato in poco più di una settimana, con i vari in Vietnam della tanker High Sun (in partnership con d’Amico International Shipping –DIS) e in Cina della dry Giulia I, le prime due operazioni di inserimento di navi eco nella propria flotta. Grazie ad un design unico, le due navi garantiranno un risparmio medio di combustibile e conseguente riduzione delle emissioni di Co2 di 20-25% al giorno (con nave a pieno carico e velocità costante di 14 nodi). VSL, che investe esclusivamente nel settore dello shipping, conferma la fiducia su questo mercato e in particolare sulla capacità delle nuove navi eco di offrire, rispetto alle navi convenzionali, significativi benefici, in termini di performance, di attrattività verso i grandi clienti internazionali, nonché un significativo ritorno sul capitale investito per gli investitori. Le caratteristiche delle due navi consentiranno non solo di fare fronte ad aumenti previsti del costo del carburante, derivanti da norme più stringenti per le emissioni di zolfo in aree ECA (Emission Controlled Areas), ma anche una maggiore flessibilità commerciale con l’accesso a contratti di noleggio che

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non sempre sono disponibili per navi convenzionali. “La nostra partnership con il Gruppo d’Amico – commenta Fabrizio Vettosi, Direttore Generale di VSL – ci consente oggi di presidiare il mercato degli asset internazionali ad alta competitività e performance. L’investimento che abbiamo realizzato, a prezzi di mercato molto interessanti, ci consentirà nel medio lungo termine di sviluppare ulteriormente il nostro business e di restituire valore ai nostri investitori, ottenendo noli più vantaggiosi o creando eventuali plusvalenze”. “Prosegue con grande soddisfazione l’impegno in VSL da parte del nostro Gruppo – commenta Carlos di Mottola, partner di VSL e responsabile Business Development per il Gruppo d’Amico – che si concretizza ora con questi due nuovi gioielli High Sun e Giulia I. Entrambi i progetti dimostrano la volontà di VSL e d’Amico di esplorare nuove frontiere, soprattutto dal punto di vista del design e della collaborazione con i cantieri, risultato di una lunga e approfondita valutazione sia delle competenze dei partner costruttori che del valore aggiunto delle navi eco”. La Medium Range Product Tankers “HighSun”, varata il 22 maggio 2014

nei cantieri Hyundai-Vinashin Shipyard, misura 183 metri di lunghezza e 32 metri di larghezza, e può trasportare un carico di 50.000 tonnellate, mentre la Giulia I è stata realizzata a Yangfan, in Cina, con un tonnellaggio di circa 39000 dwt, lunga 180 metri e larga 30 metri. Il ruolo di VSL si esprime essenzialmente nel mettere al servizio delle partecipate il proprio specifico know-how nella redazione e verifica dei piani industriali, nel monitoraggio dei complessi aspetti finanziari tipici dell’attività di settore, nel dare accesso alla partecipata a strumenti di ricerca di mercato professionali per mezzo dei quali si migliora l’efficacia dei processi decisionali. “VSL sta valutando come investire i suoi fondi restanti – concludeVettosi Stiamo valutando diverse opportunità e individueremo il prossimo target di investimento molto presto. Sul fronte Advisory, rimaniamo attivi nel sostenere le banche e gli armatori nei processi di ristrutturazione finanziaria. Puntiamo inoltre ad assistere i player che cercano di consolidare la propria presenza sul mercato in nicchie specifiche, tra i quali il cabotaggio e il rimorchio”.


Certificazione RINA – GIULIA I

GIULIA I è stata certificata dalla società di classificazione internazionale RINA, in conformità agli standard più elevati di classe ed ai requisiti statutari internazionali. ABBTC_ADHALFPAGE_OWNER_ITGVA 09.02.11 La nave è stata inoltre certificata con

la nuova notazione di classe “Efficient ship”, sviluppata da RINA ed assegnata a navi particolarmente efficienti in termini di consumi e di risparmio energetico, a velocità e portata lorda specifiche. La notazione “Efficient ship” tiene in considerazione l’efficienza totale dei 11:43 1 totale di carico e l’efmotori, Seite la capacità

ficacia dei sistemi di monitoraggio dei consumi di combustibile.La notazione è stata assegnata sulla base dei consumi di combustibile registrati durante le prove in mare della GIULIA I, fornendo in tal modo alle parti interessate evidenza oggettiva delle prestazioni della nave in termini di efficienza energetica. Sandro Minardo

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shipping / porto&diporto

Escursioni e visite “easy” per gli ospiti Costa Diadema A partire da novembre, l’itinerario della nuova ammiraglia Costa porterà gli ospiti nelle destinazioni del Mediterraneo occidentale, proponendo nuove tipologie di escursioni pensate per tutti i gusti e per tutte le passioni

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osta Diadema, ammiraglia di Costa Crociere che sarà battezzata a Genova il 7 novembre 2014, sorprenderà i suoi ospiti con un’ampia offerta di escursioni di qualità, disponibili in ogni scalo dell’itinerario, per ogni esigenza. La grande novità sono tre nuovi tipi di escursione: le proposte “Easy”, gli speciali “Bike Tour” e i percorsi degustazione a tema “Scoperta e Sapori”. Costa Diadema sarà la “Regina del Mediterraneo”. Dall’8 novembre 2014 e fino alla fine della stagione estiva 2015 offrirà crociere di una settimana nel Mediterraneo occidentale, con scali a Savona, Marsiglia, Barcellona, Palma

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di Maiorca, Napoli e La Spezia. Gli esperti di Costa Crociere hanno ideato escursioni a terra che permettono di scoprire le attrazioni più interessanti, affascinanti e tipiche comprese nell’itinerario, non solo nelle città dove attraccheranno le navi, ma anche nelle aree vicine. Una varietà di scelta unica, che solo Costa è in grado di offrire, per soddisfare gli interessi più svariati: cultura, storia, architettura, shopping e gastronomia. Un programma così ampio permette di trovare la soluzione ideale sia a chi visita le destinazioni per la prima volta, sia a chi le ha già visitate e vuole approfondire la conoscenza. Per le tre crociere inaugurali (l’8, il

15 e il 22 novembre) di Costa Diadema sono state studiate escursioni esclusive. Durante lo scalo a La Spezia, i fan della Formula Uno non potranno perdere la visita alla sede della Ferrari a Maranello: il museo, la pista, le prove e le gallerie…un’esperienza di pura adrenalina che durerà tutta la giornata. Nel corso dell’escursione, gli ospiti avranno anche la possibilità di gustare alcuni tra i più famosi prodotti tipici emiliani, come il Parmigiano Reggiano e il dolce prosciutto crudo di Parma. Inoltre, l’offerta di escursioni “Easy”, “Scoperta e Sapori” e “Bike Tour” di Costa Diadema garantisce agli ospiti ampia flessibilità. Tre differenti modi di


scoprire le destinazioni secondo le necessità e le preferenze di ciascun ospite Costa, che non solo può scegliere l’attrazione da visitare, ma anche come visitarla! Le “Easy” sono pensate in particolare per quegli ospiti che desiderano fare tour in tutta tranquillità: potranno andare in escursione liberamente, in autonomia, ma potendo contare su guide turistiche e su spostamenti organizzati da Costa. Da Savona, per esempio, gli ospiti di Costa Diadema raggiunge-

ranno Genova per vedere l’Acquario o per scoprire il fascino della città vecchia e capolavori architettonici, come i Palazzi dei Rolli, inclusi nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO. A Marsiglia, gli ospiti potranno ammirare la città più antica della Francia esplorando la Fortezza di Saint-Jean e la Cattedrale di Santa Maria Maggiore, così come il quartiere Le Panier nel centro storico. La tappa di La Spezia permetterà di raggiungere Firenze, Pisa e Lucca – per scoprire eccezionali tesori artistici e architettonici, come Piazza dei Miracoli, la Basilica di Santa Croce e Piazza della Signoria – così come i magnifici paesaggi di Portovenere e delle Cinque Terre, località dichiarate dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Le bellezze naturali e culturali saranno apprezzate anche durante le escursioni Easy di Napoli e Barcellona. Anche Palma di Maiorca potrà essere visitata in modalità “easy” grazie ai tour Costa, esplorando in tranquillità i vicoli del centro storico. Chi vorrà vivere l’esperienza delle autentiche tradizioni locali potrà farsi deliziare dai tour a tema “Scoperta e Sapori”, che permetteranno di gustare piatti e prelibatezze speciali della migliore tradizione gastronomica di ciascuna destinazione, ammirando nel contempo le più belle attrazioni di interesse turistico.Gli amanti del buon cibo potranno godersi una “gustosa” escursione a Barcellona, dove il tour “Alla scoperta di Barcellona, andando per tapas”, integra un percorso di degustazione con una passeggiata attraverso le bellezze della capitale catalana; a Napoli, invece, gli ospiti assaporeranno l’autentica pizza con la possibilità di raggiungere anche i siti storici di Pompei ed Ercolano. I più avventurosi adoreranno l’escursione in jeep alle Alpi Alpuane, in Toscana, con una visita alle caratteristiche cave di Carrara, dove lavorano i “carrarini”, scavatori del

prezioso marmo che in passato ha dato forma ai capolavori di Michelangelo e Giovanni Pisano. Alla fine della visita, si potrà godere di una pausa ristoratrice, con un assaggio di saporiti crostini a base di lardo di Colonnata, prima di rientrare a La Spezia. Per i viali di Marsiglia, invece, si potrà assaggiare il gustoso street food della città, mentre a Genova verrà offerta la tipica focaccia. Costa Diadema punta a soddisfare anche gli ospiti più dinamici con i “Bike Tour”, che sono già stati proposti negli itinerari estivi di Costa Favolosa e Costa Fortuna. Sono escursioni ideali sia per gli appassionati ciclisti, che per chi desidera semplicemente divertirsi e scoprire in modo più diretto le bellezze delle destinazioni, con l’aiuto delle guide Costa, che li accompagneranno nei percorsi in bici occupandosi anche dell’assistenza tecnica. Ad esempio, l’itinerario di Costa Diadema permetterà di scoprire la stupenda isola di Palma di Maiorca e visitare la città vecchia in bicicletta, percorrendo la promenade verso il Parc de la Mar e le vie e gli angoli più pittoreschi di Palma. Le passeggiate in bicicletta saranno disponibili anche a Savona per ammirare i paesaggi della Riviera Ligure di ponente e a Barcellona, con una vista sulla spiaggia della Barceloneta. A bordo di Costa Diadema ci sarà anche un Tour Office, dove lo staff Costa offrirà assistenza con informazioni utili su ciascuna destinazione. Gli ospiti potranno prenotare escursioni personalizzate, con guida e mezzi di trasporto dedicati, per poter vivere in maniera esclusiva la loro visita a terra. Altri servizi a bordo di Costa Diadema saranno i “Totem Escursione”, che permetteranno agli ospiti di scegliere la visita che preferiscono tramite un semplice click sul touch screen, guardare video e foto delle escursioni e condividere i loro commenti ed esperienze con gli altri ospiti. Stefania Vergani


shipping / porto&diporto

Regione FVG e Costa insieme per le crociere a Trieste Il 1° novembre 2014 Trieste sarà il primo porto ad accogliere la nuova ammiraglia Costa Diadema con un evento di presentazione. Nel 2015 Costa Mediterranea farà scalo a Trieste tutte le settimane. Rivoluzione nei collegamenti con la formula “Rail&Cruise”.

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a Presidente della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia Debora Serracchiani e l’Amministratore Delegato di Costa Crociere Michael Thamm hanno siglato a Trieste un protocollo di intesa per lo sviluppo delle crociere nel capoluogo giuliano. “Trieste è un porto strategico per Costa ed è una grande opportunità per visitare sia la regione che la vicina Venezia. Stiamo lavorando in maniera molto positiva con la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e con le istituzioni locali per lo sviluppo delle crociere in questa splendida città. Il protocollo di intesa che abbiamo firmato è un importante passo avanti in questa direzione” – ha dichiarato l’Amministratore Delegato di Costa Crociere Michael Thamm. “Con questo accordo – ha dichiarato la presidente della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia Debora Serracchiani – confermiamo il nostro impegno per favorire lo sviluppo della presenza di Costa Crociere a Trieste, che consideriamo strategica per la promozione turistica dell’intero territorio regionale. Le ‘toccate’ previste dalle navi di Costa Crociere rafforzano in particolare il ruolo di Trieste e del Friuli Venezia Giulia come punto di attrazione dei flussi turistici dai Paesi dell’Est europeo. Ci siamo impegnati a costituire un tavolo tecnico con Costa Crociere per potenziare i collegamenti ferroviari e studiare anche la fattibilità di collegamenti con aliscafi veloci. Consolidare Trieste come naturale porto di imbarco per le crociere in Alto Adriatico, significa anche favorire la promozione turistica della città e del Friuli Venezia Giulia, con ricadute importanti nelle giornate di soggiorno

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nelle nostre strutture ricettive. Ci siamo posti l’obiettivo di portare più navi da crociera nel porto di Trieste e oggi – conclude Serracchiani – segniamo un risultato importante”. Il protocollo di intesa ha il duplice obiettivo di sviluppare Trieste sia come porto di imbarco che come porto di soggiorno per le crociere nell’Adriatico. L’ambito delle attività prevede un impegno per migliorare i collegamenti da e per Trieste, in particolare quelli ferroviari non solo con il Nord ma anche con il Centro Italia; la promozione di Trieste come meta del turismo crocieristico e porto naturale di partenza per i turisti provenienti dall’Est Europa; lo scalo regolare di navi Costa di ultima generazione nel 2015; il rafforzamento della presenza di Costa nella Trieste Terminal Passeggeri. Costa ha già in programma 3 importanti novità per Trieste. Il 1 novembre 2014 Trieste sarà il primo porto ad accogliere la nuova ammiraglia Costa Diadema, con un evento di presentazione. A partire da aprile 2015 Costa inizierà un nuovo programma di crociere da Trieste con Costa Mediterranea, che farà scalo tutte le settimane, fermandosi in città per due giorni e una notte: una grande opportunità per la promozione turistica locale. La compagnia italiana ha lavorato anche sui collegamenti: sempre nel 2015, grazie alla formula Rail&Cruise, il Frecciabianca Torino-Trieste sarà a disposizione degli Ospiti Costa con servizi speciali. Trieste sarà il primo porto ad accogliere la nuova ammiraglia della compagnia italiana Costa Diadema, attualmente in costruzione nello stabilimento Fincantieri di Marghera, con un

investimento di 550 milioni di euro. La crociera di “vernissage” di Costa Diadema partirà proprio da Trieste il primo novembre, con una sosta in città che durerà sino alle 13 del giorno successivo. Durante lo scalo è previsto un evento di presentazione della nave alla città, a cui Costa sta lavorando insieme al Comune di Trieste. Nel 2015 Costa proporrà un nuovo programma di crociere regolari dal porto di Trieste. Costa Mediterranea (85.700 tonnellate di stazze e 2.680 Ospiti totali) visiterà Trieste per 35 volte, ogni settimana, dal 10 Aprile al 5 Dicembre 2015. La nave arriverà alle 9 di venerdì e ripartirà il sabato alle 19. L’itinerario comprende Spalato, Kotor, Cefalonia, Corfù e Dubrovnik. Grazie alla partnership strategica con Trenitalia, nel 2015 gli Ospiti Costa, che dovranno raggiungere Trieste per iniziare la loro crociera, potranno farlo in modo ancora più rilassato e confortevole. Con la formula “Rail&Cruise”, oltre alla crociera, potranno acquistare infatti anche biglietti ferroviari sul Frecciabianca Torino-Trieste, con soste a Novara, Vercelli, Brescia, Verona, Vicenza, Padova, Venezia. Gli Ospiti Costa viaggeranno in carrozze riservate e potranno usufruire inoltre di una serie di servizi inclusi nel prezzo: il trasporto bagagli da casa sino in cabina; il transfer stazione/porto/stazione; l’assistenza Costa in stazione di partenza e a bordo; l’assicurazione del bagaglio. Un’esperienza di viaggio “door to door” unica ed esclusiva, che consentirà agli Ospiti di iniziare la vacanza già da casa. Fabrizio De Cesare


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shipping / porto&diporto

La concorrenza dinamica della crocieristica L

a crociera, si sa, è il prodotto “fuoriclasse” all’interno della macroindustria turistica, quel prodotto, lo si è ripetuto forse fin troppo, che ha conosciuto decenni di crescita ininterrotta, riuscendo a segnare variazioni positive anche in anni nei quali un po’ tutto il movimento turistico internazionale doveva arrendersi a riduzioni dei volumi per cause difficili da contrastare quali crisi economiche, politiche e sociali. Se vi è riuscito, la

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ragione non va ricercata in una presupposta superiore capacità di attirare la domanda, o in una sua relativamente recente apparizione sul mercato che ne ha spinto le vendite anche in anni difficili, quanto, almeno in larga parte, nella possibilità, e nella capacità, di fare leva su una delle caratteristiche fondanti il business crocieristico, quello della mobilità degli impianti di produzione, cioè le navi. Certo, si tratta del cosiddetto uovo di Colombo, o di una

affermazione talmente logica da sembrare, e forse essere, banale, ma le conseguenze all’interno dei processi produttivi del poter, le compagnie, disporre di impianti di produzione semovibili non vengono mai sufficientemente enfatizzate. Eppure si tratta di quella che forse, ancor più della dimensione e delle dotazioni delle navi, rappresenta la caratteristica regina della produzione crocieristica, fattore competitivo di incalcolabile valore, che ha, infatti,


consentito alle compagnie quel che le catene alberghiere o i gestori di villaggi non hanno potuto compiere, e cioè spostare i propri impianti da aree nelle quali cause per lo più esogene al fenomeno non garantivano più condizioni di operatività e redditività, ricollocandoli lì dove invece fossero presenti ben più convenienti presupposti. Evidentemente decidere di spostare una nave da un’area ad un’altra non è come decidere di cambiare porto nel quale approdare con la barca a vela per la notte, essendo ben altre e più complesse le problematiche da affrontare e gestire: dalla disponibilità di terminal alla costruzione di uno o più itinerari, dal rapporto con gli agenti marittimi e gli altri fornitori alla conquista della domanda capace di assicurare adeguati tassi di riempimento dell’impianto. Fatto sta che se possiamo raccontare la storia di un prodotto che, ancora oggi, quantomeno a livello complessivo mondiale, continua a non conoscere variazioni negative (è stata, secondo CLIA, del +1,91% la variazione 2013/2012 e dovrebbe essere del +1,87% quella 2014/2013) una delle ragioni, se non la principale, sta proprio in questa leva a disposizione delle compagnie. Conseguenza di tale libertà – non senza complicazioni – di movimento delle navi e, ancor più importante, di reversibilità delle scelte di localizzazione delle stesse, è l’insieme delle singole performance registrate da ciascuna delle aree che compongono la geografia crocieristica mondiale. Questo perché in alcune fasi della storia di questo prodotto al gioco competitivo a somma maggiore di zero (si aggiunge offerta, si attrae maggiore domanda, ad un’area che vede crescere il proprio traffico ne corrispondono altre con simile tendenza) si è sostituita una dinamica in base alla quale se c’è chi cresce c’è chi perde. Ed è proprio quello che sta accadendo in questo 2014, con un bacino come il Mediterraneo che, dopo anni di crescita costante che l’hanno portato ad essere dopo i Caraibi la principale destinazione crocieristica mondiale, segnerà una battuta d’arresto. E, all’interno del Mediterraneo, particolarmente significativo è il caso dell’Adriatico. I dati appena pubblicati dell’Adriatic Sea Tourism Report di Risposte Turismo prevedono una chiusura 2014 sul 2013 con una flessione del 13% del movimento passeggeri e del 14,3% delle toccate, riduzioni importanti che giungono dopo anni di crescita costante che hanno visto proprio l’Adriatico salire di quasi il 40% tra il 2009 e il 2013 arrivando a superare i 5,2 milioni di passeggeri movimentati, annoverare più di 20 porti capaci di accogliere questo tipo di traffico dei quali

i primi 10 sono passati da 1,7 a 5,1 milioni di passeggeri tra il 2004 e il 2013. Un’area all’interno della quale oggi le compagnie possono operare avendo a disposizione numerose alternative di scalo, alcune delle quali capaci di affermarsi negli anni proponendosi come novità da inserire negli itinerari (Kotor, in Montenegro, ha chiuso il 2013 al quinto posto nella classifica di traffico dell’area, con una crescita sul 2012 di quasi il 30%). E questo benché i primi tre porti (Venezia, Dubrovnik e Corfù) continuino a concentrare quasi il 70% dei movimenti complessivi. Eppure oggi l’Adriatico si trova ad affrontare una nuova situazione caratterizzata non più da crescita quanto da contrazione, determinatasi senz’altro per il concorso di più fattori, tra i quali non si può non citare il “caso Venezia” così come una più generale revisione delle scelte di deployment delle grandi compagnie che hanno voluto tornare a concentrare maggiormente la propria offerta nella loro storica area di navigazione, quella caraibica. Non si può inoltre ignorare la crescente concorrenza mossa da destinazioni che solo di recente hanno saputo attrezzarsi e proporsi come valide alternative per le compagnie, le loro navi, i loro passeggeri. E così oggi gli operatori dell’area, ed in particolare i porti, si trovano a doversi muovere in uno scenario mutevole, nel quale alla tentazione di utilizzare tutte le energie per competere con il vicino di casa bisognerebbe opporre la lungimiranza di concorrere a creare le condizioni per un futuro ritorno alle variazioni positive complessive, vantaggiose per tutti. Un quadro che le compagnie affrontano planisfero alla mano, decidendo, con l’ausilio non già di sofisticati strumenti di navigazione quanto di articolati algoritmi economici, dove collocare le proprie navi. È la crocieristica, è uno scenario competitivo in eterno movimento. Francesco di Cesare Presidente di Risposte Turismo

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shipping / porto&diporto

Google Street View a bordo di Royal Caribbean

I crocieristi possono provare in anteprima la propria vacanza esplorando dalla terraferma una delle più imponenti navi da crociera del mondo

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on Royal Caribbean International sarà possibile scoprire e conoscere in anteprima il luogo delle proprie vacanze: grazie alla collaborazione con Google, la Compagnia crocieristica sarà la prima del settore a lanciare Google Maps Business View usando la tecnologia Street View di Google a bordo della sua nave più grande ed innovativa, la Allure of the Seas. Grazie alla tecnologia Street View, si offrirà, ai potenziali clienti alla ricerca della vacanza ideale, un’esperienza interattiva e molto coinvolgente. “Business View consente alle persone di tutto il mondo di esplorare nei minimi dettagli un’ampia gamma di attività e servizi, con pochi e semplici click - ha spiegato Deborah Schenker, Program Manager di Google UK - Con Google Maps è possibile guardare e verificare ogni cosa, dai ristoranti agli aerei, e oggi per la prima volta sarà anche possibile salpare virtualmente a bordo della prima nave da crociera che sfrutterà questa tecnologia”. Con pochi click, gli ospiti potranno virtualmente camminare sui vari ponti di Allure of the Seas e percorrere la Royal Promenade, un viale che si snoda per quasi tutta la lunghezza della nave, con ristoranti, boutique e lounge; po-

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tranno visitare il Central Park, il parco all’aperto più grande di un campo da calcio che ospita oltre 12.000 esemplari di alberi e piante vive; il Boardwalk, con una giostra artigianale, due pareti da arrampicata e l’AquaTheater, il palcoscenico ideale per spettacolari show acquatici grazie alla piscina più profonda a bordo di una nave; l’Entertainment Place, un sofisticato teatro, night club, comedy club, jazz club e la pista di pattinaggio su ghiaccio, che offre spettacoli altamente professionali; il Pool and Sports Deck, con una zip line, due simulatori di onde FlowRider, un campo regolamentare da basket e altri sport, un mini golf da 9 buche, 15 tra piscine e vasche idromassaggio, 22 ristoranti e molto altro ancora. I crocieristi potranno accedere alla tecnologia, per la prima volta a disposizione del settore crocieristico, dal sito http://www.royalcaribbean.co.uk/royalview oppure tramite Google Search, Google Maps e Google+ da pc, smartphone o tablet. Jo Briody, Direttore Marketing & PR di Royal Caribbean International ha commentato: “Siamo entusiasti all’idea di essere all’avanguardia del settore quando si parla di offrire agli ospiti tecnologie innovative, sia che si tratti di Roboscreens e di spettacoli digitali

a bordo delle nostre nuovissime navi, che della tecnologia Google Street View sul nostro sito web. I consumatori cercano online la propria vacanza e questo è il modo migliore e più realistico per ‘salire’ a bordo. Siamo sicuri che le persone, una volta immerse virtualmente nella vita a bordo di Allure of the Seas grazie alla tecnologia Google Street View, saranno desiderose di provare realmente tutto ciò che questa nave può offrire.” Ci sono volute oltre 20.000 immagini riprese nell’arco di 60 ore lavorative su 8 giorni per completare la descrizione virtuale della nave, che ha un’altezza pari a circa 73 metri, dunque superiore a quella della Colonna di Nelson (50 metri) a Trafalgar Square, e ad ogni crociera può accogliere più ospiti rispetto a quanto consente la capienza della Royal Albert Hall (5.544 posti a sedere). Le immagini sono state scattate usando una fotocamera DSLR di base, con obiettivo fish eye e testata panoramica appoggiata su un cavalletto. Questo metodo consente di effettuare dodici scatti per ciascun punto ed utilizza la composizione high-dynamicrange (HDR) per garantire la migliore esposizione per aree con condizioni di luce differenti. FDC


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infrastrutture / porto&diporto

VTP acquisterà “partners” o perderà “clienti”?

Comune di Chioggia e Camera di Commercio insieme per le crociere a Chioggia - Al vaglio del ministro Lupi le pressanti richieste della “Little Venice”

L’

hub crocieristico lagunare che ha il suo “corebusiness” nel Venezia terminal Passeggeri, alla Marittima, nel centro storico della città di san Marco, si apre ad importanti nuove prospettive di sviluppo per l’ingresso annunciato (n.d.r. in un’improvvisata conferenza stampa dei vertici dell’amministrazione comunale e della locale Camera di Commercio, che opera attraverso la sua Azienda Speciale), del porto di Chioggia nel traffico crocieristico. La “little Venice, così è chiamata Chioggia per le sue caratteristiche

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architettoniche, urbane e morfologiche simili a quelle di Venezia, apre dunque le sue strutture portuali di Isola Saloni, dove è stato recentemente realizzato il terminal crocieristico dopo aver trasferito il 95% del traffico commerciale nell’area di val Da Rio. Un terminal modernissimo attrezzato per tutte le operazioni di controllo bagagli e passeggeri in uno dei più pittoreschi scenari della Laguna Sud. Ciò detto veniamo al dunque: come far sinergia col vicino porto passeggeri di Venezia quando, per il noto decreto Clini-Passera, le

grandi navi cercano ormeggi alternativi in altri porti e non solo adriatici e quelle di minore stazza, una volta approdate alla Marittima, per volumi di traffico difficilmente riusciranno a compensare i massicci investimenti fatti in questi ultimi anni da VTP nel terminal veneziano quando di fatto la candidatura di Chioggia potrebbe rivelarsi per le compagnie di navigazione assai più competitiva rispetto ai costi dei servizi e alle tasse d’ancoraggio? Il sindaco di Chioggia Giuseppe Casson e il presidente della Camera di Commercio e dell’Azien-


Giuseppe Fedalto

da Speciale (ASPO) Giuseppe Fedalto puntano dritti all’obiettivo: “Vogliamo dare a Chioggia un riassetto urbano e dare la possibilità di creare nuove economie e opportunità di lavoro, anche nell’ambito del traffico crocieristico. Tutti questi obiettivi – trasfusi in accordo di programma tra l’Amministrazione comunale, ASPO e Capitaneria di Porto, in collaborazione “sociale” con l’utenza e le imprese locali del settore del turismo e di servizio alle crociere – sono divenuti premonitori nella destinazione dello scalo di Isola Saloni a funzioni crocieristiche”. Nelle dichiarazioni ufficiali non manca una malcelata “affettuosa graffiatina” ai cugini veneziani: “Questa lungimiranza, oltre a dare un’opportunità

al mondo crocieristico può anche rappresentare la chiave di volta di un problema ambientale, idraulico, ecologico, occupazionale e turistico, criticità che stanno soffocando Venezia”. Si mette, insomma, il dito nella piaga sanguinante di quello che fino allo scorso anno era il primo home port del Mediterraneo e che probabilmente, proprio perché forte della sua leadership, non aveva adeguatamente considerata l’ipotesi di offrire anche al porto di Chioggia la possibilità di entrare nell’hub lagunare veneziano aprendo invece con successo a nuove sinergie con i porti di Ravenna, Brindisi, Catania, Cagliari ed ad altri porti mediterranei. Probabilmente si è sottovalutata una visione di area metropolitana che avrebbe comun-

que rafforzato il polo crocieristico delle banchine dogali se – come si evince da quanto affermato nella conferenza stampa di Comune e Camera di Commercio – si fosse opportunamente considerato che Chioggia in tempi brevissimi può consentire: la razionalizzazione del turismo nella laguna veneta; una maggiore offerta di itinerari paesaggistico/culturali; la salvaguardia occupazionale di tutti i lavoratori attualmente coinvolti nell’attività crocieristica sia direttamente che come indotto; la difesa del fragile tessuto urbano di Venezia; la tutela dell’ecosistema lagunare; la sicurezza della navigazione; le sinergie di sviluppo sostenibile tra Venezia e Chioggia; il mantenimento del traffico passeggeri nella provincia di Venezia anziché nei porti limitrofi che comporterebbero disagi logistici da e per la città lagunare; la razionalizzazione dei servizi tecnico/nautici tra Chioggia e Venezia; l’utilizzo proficuo nell’interesse di Chioggia del porto commerciale in Isola Saloni, orami da troppo tempo sottoutilizzato e lasciato in stato di abbandono e degrado; gli interessi generali delle imprese e dell’economia della provincia veneta e conseguentemente delle province limitrofe. “Per tali motivi – hanno affermato a Chioggia – è stato proposto all’on. Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, di esaminare l’opportunità che Chioggia offre per mantenere il traffico crocieristico nella gronda lagunare nell’interesse regionale e nazionale ed ancor più per tutelare Venezia da un traffico caotico, dove fingono di convivere gondole e grandi navi! Chioggia si propone come porto logistico crocieristico per Venezia, per la tutela idraulica della Laguna e per sgretolare sistematicamente e programmatoriamente quel modello di turismo insostenibile che pone Venezia tra i siti storici ed archeologici più a rischio del mondo. Un progetto pianificato che – attraverso una “convenzione di scopo” con VTP, Chioggia e Venezia non possono permettersi di perdere .” Per certi aspetti una “proposta” che merita un’attenta riflessione da parte di VTP, per altri, dichiarazioni che vanno attentamente pesate anche dal ministro Lupi oggi impegnato nella legge di Riforma dell’84/94 laddove si stanno ridisegnando le Autorità Portuali nel numero e nella loro competenza territoriale. Rivoluzione questa che potrebbe sconvolgere anche gli attuali rapporti tra Autorità Portuale di Venezia e Azienda Speciale della Camera di Commercio di Chioggia, l’ASPO, determinando nuove situazioni anche per VTP e traffico crocieristico. A Lupi dunque, l’ardua sentenza! Massimo Bernardo

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infrastrutture / porto&diporto

I contratti dei dipendenti AP è ormai materia da giudici

Napoli

P

roprio negli stessi giorni in cui il Governo varava l’ambizioso Disegno di Legge per la riforma della Pubblica Amministrazione, si è ingarbugliata ancora di più l’assurda situazione in cui da mesi si trovano i dipendenti delle Autorità Portuali, che della Pubblica Amministrazione dovrebbero essere parte. Il condizionale è d’obbligo, perché è esattamente sulla natura degli enti e dei rapporti di lavoro coi loro dipendenti che si è creato l’impasse. Riepilogan-

24 - luglio 2014 Taranto

do, i dipendenti delle Autorità Portuali sono tradizionalmente inquadrati con il Contratto Collettivo dei lavoratori portuali, contratto di natura privatistica firmato, oltre che dalle sigle dei lavoratori e da quelle datoriali (Assiterminal, Assologistica, Fise-Uniport), anche da Assoporti, l’associazione delle Autorità Portuali facente capo al Ministero dei Trasporti. Dopo che il Decreto Legge 78/2010, contenente misure di contenimento della spesa in materia di impiego pub-

blico, ha bloccato gli aumenti salariali per i dipendenti pubblici, fra essi ricomprendendo quelli nominati negli elenchi Istat, in cui compaiono le Autorità Portuali, a lungo si è dibattuto sul da farsi alla luce del contrasto fra la presunta natura pubblicistica degli enti così determinata e quella privata dei contratti di lavoro da essi applicati. E, nelle more di una soluzione definitiva, nel 2013 qualche presidente di Autorità Portuale ha cominciato non solo a bloccare gli aumenti previsti dal CCNL, ma anche a chiedere ai dipendenti la restituzione degli aumenti percepiti da contratto negli anni 2011 e 2012, suffragato in tale azione dalle interpretazioni fornite dalla Ragioneria di Stato e ribadite dal Ministero dei Trasporti. Naturalmente non sono mancati i ricorsi, anche se gli esiti delle cause intentate di fronte a diversi Tribunali in tutta Italia non sembrano aiutare a fare chiarezza: “Poco tempo fa a Genova c’è stata una sentenza negativa per i dipendenti, ma a inizio giugno, invece, il Tribunale di Tempio Pausania ha accolto il ricorso di alcuni lavoratori contro l’Autorità Portuale di Olbia e Golfo Aranci” ha spiegato infatti Ugo Milone della Fit Cisl, aggiungendo che “si spera che le motivazioni di tale sentenza siano risolutive”. Al momento infatti è stato pubblicato solo il dispositivo, comunque piuttosto chiaro nell’accertare “il diritto di parte ricorrente a percepire il trattamento economico e giuridico previsto dal CCNL di riferimento per i Lavoratori dei Porti”. Come se non bastasse, il problema, come detto in avvio, rischia ora di esacerbarsi. Il CCNL in questione, infatti, scaduto a fine 2012, è stato definitivamente rinnovato da tutte le parti lo scorso aprile, con la previsione di una serie di aumenti per i lavoratori. La cosa paradossale è che Assoporti, a dispetto di quanto appena descritto, invece di prendere tempo ha comunque deciso di firmare il contratto, raddoppiando l’assurdità della situazione. Essendo il contratto immediatamente entrato in vigore, alcune Autorità Portuali lo hanno sottoposto ai rispettivi Comitati Portuali, come previsto dalla Legge 84/94, ottenendone il recepimento. Ma, informato di ciò il Ministero, ente di vigilanza sulle Authorities, si sono viste (è


il caso di Ravenna e Messina ad esempio) suggerire da una nota dell’ex Direzione Generale Porti del Ministero dei Trasporti di applicarlo solo per la parte normativa e non per quella retributiva, il che, evidentemente, configura una responsabilità degli enti nei confronti dei propri dipendenti, potenziale oggetto di un’ulteriore pioggia di ricorsi. “Questa incertezza giuridica ha della follia, anche perché quello che lo Stato risparmia con l’applicazione del DL 78/2010 rischia di perderlo e con gli interessi a causa dei ricorsi. Non ha sen-

momento accolto il suggerimento dei suoi legali di bloccare da giugno gli aumenti previsti dal CCNL firmato ad aprile: “Ma contrariamente ad altri colleghi non ho accantonato somme né chiesto ai dipendenti la restituzione di quanto ricevuto come aumento nel 2011 e 2012. Sono sicuro che la magistratura ci darà ragione e procederò al recupero delle somme previste dal MEF solo

ritocrazia”. A riprova delle sue parole Di Marco ha prodotto una tabella, “inviata senza aver avuto riscontri al Ministero dei Trasporti”, in cui si evidenzia, sulla base dei dati forniti dal MIT stesso come il costo del singolo dipendente vari in maniera sorprendente da porto a porto. Ma non solo, perché i numeri mostrano come il costo dei dipendenti dei

Galliano Di Marco so andare avanti così: non condivideremmo una simile interpretazione, ma piuttosto si decida una volta per tutte che le Autorità Portuali sono enti pubblici a tutti gli effetti, compreso quello di uscire dal nostro contratto privatistico” ha concluso Milone, mentre, dal canto suo, il presidente di Assoporti Pasqualino Monti ha preferito non rispondere alle nostre domande sull’opportunità di firmare un contratto applicabile solo parzialmente. Durissimo sul tema è il giudizio del presidente dell’Autorità Portuale di Ravenna Galliano Di Marco, che, dopo essersi associato all’Autorità Portuale di Napoli in un ricorso al Tar contro Istat (‘colpevole’ di aver ricompreso le AP fra gli enti pubblici) e MEF, respinto nel giugno 2013 e in attesa di appello, è pronto, a fronte dell’inerzia politica sull’argomento, a dissotterrare l’ascia di guerra (giudiziaria): “Abbiamo preparato un ulteriore ricorso, aggiungendo diversi altri motivi di eccezione. Finora abbiamo aspettato a presentarlo, perché la riforma della Legge 84/94 promessa dal Ministro Maurizio Lupi prevedeva la soluzione del problema, con l’uscita delle Authorities dagli elenchi Istat. Ma siccome, al di là dell’impasse sulla riforma, il MEF ha cassato tale previsione, a settembre procederemo con l’azione legale”. Di Marco ha spiegato di aver per il

Genova

quando perderò la causa, attingendo per le cifre antecedenti al 2013 non alle tasche dei dipendenti ma dal nostro bilancio, chiusosi ottimamente”. Quella di Di Marco non vuole essere una battaglia di principio. Si tratta piuttosto di dimostrare come il taglio orizzontale (in questo caso declinato come un blocco di tutti gli stipendi di tutti i dipendenti delle Autorità Portuali) sia una “misura demenziale, da terzo mondo, perché colpisce indistintamente i virtuosi e gli inefficienti, uccidendo la me-

diversi enti sia estremamente variabile anche in relazione alle tonnellate di merce movimentate dai diversi porti. “È la riprova del fatto che ci sono lavoratori più efficienti, che andrebbero premiati, e altri meno performanti, sul cui costo andrebbero applicati i risparmi di spesa. È un banalissimo criterio aziendale fondato sul merito, neppure difficile da mettere in pratica. Purché ci sia la volontà politica di farlo…”. Andrea Moizo

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infrastrutture / porto&diporto

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Il ricorso di Ravenna minaccia l’IVA ai porti

orta di irraggiungibile Shangrila normativa, la riforma della Legge 84/94, di cui da anni si discute in Parlamento e che era stata annunciata dal Ministro dei Trasporti Maurizio Lupi in pompa magna alla fine dello scorso ottobre, è ancora là da venire. Anche in ragione di ciò, dunque, nei mesi scorsi era cresciuta l’attesa per il decreto attuativo che avrebbe dovuto dettagliare la ripartizione alle Autorità Portuali delle risorse previste ai sensi del fondo formato dall’IVA raccolta dalle Autorità Portuali: l’1% dei quasi 16 miliardi di euro complessivi nel 2012 (con tetto a 90 milioni di euro), unica fonte di autonomia finanziaria per gli enti portuali. La bozza del decreto sembrava pronta a dicembre, ma poi nulla fu fatto e la cosa cadde nel dimenticatoio. Alla fine di aprile, nel silenzio generale, è però stato finalmente emanato il decreto da parte del Ministero dei Trasporti e del Ministero dell’Economia con il quale, ottenuto evidentemente il placet dalla Corte dei Conti cui il provvedimento era stato sottoposto, si è

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Galliano Di Marco dato seguito alla ripartizione del fondo. A ciò è seguita, a inizio maggio, la comunicazione della Direzione Generale per i porti del Ministero dei Trasporti a tutte le Autorità Portuali del corrispettivo ad esse spettanti: si va dai 15 milioni di Genova ai 250 euro di Olbia, oltre al 20% del totale (18 milioni) distribuito su basi perequative ad alcuni scali a seconda delle rispettive esigenze infrastrutturali e dei progetti già cantierabili.

Ma fra i beneficiari c’è chi non ha festeggiato, anzi. Lamentando l’assoluto disinteresse ai propri rilievi manifestato dalle amministrazioni competenti, è infatti tornato all’attacco il presidente dell’Autorità Portuale di Ravenna Galliano Di Marco, preannunciando il ricorso a diversi strumenti legali contro il decreto in questione: “Dopo aver responsabilmente scritto a tre governi (Monti, Letta e Renzi), che non mi hanno neanche filato, secondo la migliore delle tradizioni pubbliche italiane del ‘mai rispondere se non si è costretti’, non abbiamo alternative alle vie legali, per non recare danno all’Italia prima ancora che al porto di Ravenna che pure subirebbe un danno di oltre 2 milioni di euro all’anno. Quale amministratore di un’azienda, infatti, starebbe fermo di fronte a una simile eventualità? Un giorno qualcuno, anche fra i colleghi, mi ringrazierà...”. Sono diverse le problematiche individuate da Di Marco in relazione alla normativa in discussione: oltre alle oggettive difficoltà legate alle “discutibili” modalità di calcolo degli importi e alla


noncuranza per lo status fiscale di porti come Trieste, cui il decreto assegna 800.000 euro malgrado sia fra gli scali italiani con la maggiore movimentazione di merci laddove ad Augusta destina oltre 9 milioni, il presidente ravennate, il cui ente peraltro è fra quelli premiati dalla quota perequativa (1,77 e 6,4 i milioni destinati allo scalo classense), stigmatizza il potenziale danno erariale che potrebbe imputarsi a quelle Autorità Portuali che non rivendichino i maggiori fondi eventualmente spettanti ai propri enti. Ma non è tutto, perché la tesi di Di Marco, suffragata dal parere di un team di legali esterno, è che il fondo stesso violi non solo alcune disposizioni della normativa italiana in materia di IVA e l’art.3 della Costituzione, ma pure i trattati europei relativi agli aiuti di Stato: “Ragion per cui, informato il Governo del problema, che è innanzitutto politico, in prima istanza faremo un ricorso al Presidente della Repubblica per riaprire i termini per un ricorso al Tar, scaduti per l’inerzia comunicativa dei Ministeri competenti. Parallelamente abbiamo dato mandato ai nostri legali di fare una segnalazione all’AGCOM, ma, se questi interventi si riveleranno impercorribili, non potremo che inter-

pellare la DG Competition della Commissione Europea: un’eventualità – l’ho detto, inascoltato, ai colleghi in sede di Assoporti – che rischierebbe però di scoperchiare un termitaio sulla portualità italiana…”. Sul tema, il presidente di Assoporti Pasqualino Monti ha preferito non rilasciare dichiarazioni. In ogni caso Di Marco non si è limitato ad attaccare il decreto, ma ha anche proposto un’alternativa: “Insieme ai vertici delle Dogane negli ultimi mesi abbiamo elaborato un modello da inserirsi eventualmente nella riforma della Legge 84/94 in gestazione da tempo. Tale modello, oltre all’abolizione del fondo in questione, è inattaccabile giuridicamente, presenta parametri certificati e quindi inseribili in un provvedimento del Governo o del Parlamento, e soprattutto si basa su una distribuzione delle risorse più equa, cioè più direttamente legata ai reali traffici dei singoli porti. Il modello è stato fatto visionare dal Direttore dell’Agenzia delle Dogane con esiti positivi sia al senatore Filippi che è relatore del DDL di revisione della Legge 84/94, che al Dott. Aiello del MIT, che sta lavorando sulla proposta di riforma del Ministro Lupi, ed è basato su alcuni parametri significativi (valore merci,

quantità merci, manifesti, container pieni e vuoti, transito, etc.) e certificati dall’Agenzia, oltre che su un ‘peso’ assegnato ai singoli parametri. La nostra posizione è dettata da un lato dalla necessità di evitare danni concreti al conto economico della AP di Ravenna e dall’altro dalla pretesa di fare ciò nel rispetto del ‘bene comune’, concetto che ormai in questo Paese, e ancora di più in questo settore, è una merce sempre più rara”. E che fare dei finanziamenti già sanciti per il 2013 dal fondo dell’IVA? “Le possibilità per usarli meglio che non distribuirli a pioggia sui porti non mancano, dagli alluvionati sardi all’utilizzo per le scuole…. E comunque, nessuno vieta di parcheggiare i contributi del 2013 in apposito Fondo del MIT per poi ridistribuirli con il nuovo meccanismo. Tutto ciò si potrebbe rendere immediatamente esecutivo con un semplice emendamento nel cosiddetto ‘SbloccaItalia’, che il Governo varerà entro il mese di luglio, nel malaugurato caso di aborto della riforma della Legge 84/94. Basta che ci sia la volontà politica di farlo. In questo caso, Ravenna, ripenserebbe completamente la propria posizione”. Andrea Moizo

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Il Centro America protagonista dei traffici marittimi internazionali

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n fiume, un lago, 12 miglia a bordo di calessi per raggiungere la costa del Pacifico. Quando nel 1851 Cornelius Vanderbit fondò la Accessory Transit Company non si parlava ancora di “intermodalità”. L’obiettivo, semplicemente, era sfruttare il tragitto più conveniente per raggiungere la costa occidentale degli Stati Uniti. La “ruta” dell’istmo del Ni-

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caragua – attraverso il fiume San Juan fino al lago Nicaragua a bordo di navi a vapore, poi la via terrestre – permetteva di abbreviare il percorso rispetto a Capo Horn e a Panama, in un’epoca in cui il viaggio continentale in territorio nordamericano era irto di pericoli. Tanto da diventare una delle vie più frequentate sull’asse interoceanico negli anni ruggenti della corsa all’oro, così come

testimoniato dagli articoli giornalistici di un giovane Mark Twain. Un successo duraturo che a partire dai primi anni del XIX secolo si accompagnò all’ambizione da parte delle grandi potenze di mettere in comunicazione i due oceani attraverso un canale navigabile. Un fiorire di progetti, da Luigi Napoleone allo stesso Vanderbilt, falliti uno dopo l’altro per l’instabilità politica dell’area


e, apparentemente, riposti nel cassetto della storia con l’apertura più a Sud del Canale di Panama nel 1914. Almeno fino al recentissimo accordo siglato dal presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, e dall’uomo di affari cinese Wang Jing, per un piano faraonico, il Grand Canal, in grado di trasformare in realtà un sogno coltivato per oltre un secolo e mezzo. L’opera, dopo le prime autorizzazioni dell’anno scorso, ha avuto il via libera all’inizio di luglio da una commissione di esperti del paese centroamericano. I rappresentanti del governo hanno accolto gli studi di fattibilità della società d’investimento HKND Group (HK Nicaragua Canal Development Investment Co Ltd) con base ad Hong Kong, cui sono stati concessi, in esclusiva, i diritti commerciali dell’infrastruttura per i prossimi 50 anni, rinnovabili per altri cinquanta, a partire dall’inizio delle attività. Per un costo stimato at-

torno ai 40 miliardi di dollari, il Grand Canal sarà lungo circa 280 chilometri (contro gli 80 di Panama) e largo da 83 a 520 metri, con una profondità di una trentina di metri in grado di permettere il “comodo” passaggio di portacontainer da 400 mila tonnellate. La costruzione del solo canale è prevista dalla fine del 2014 al 2019 ma il complesso delle opere comprende anche due porti, un oleodotto, due zone di libero commercio, due aeroporti ed una ferrovia cargo tra i due scali. Un complesso logistico la cui realizzazione assicurerà al Nicaragua, stando alle proiezioni di HKND, una crescita dell’11,5% nel prossimo quinquennio con una aumento del 136% del Pil e un incremento del 28% annuo dei posti di lavoro. Grandi numeri, come in tutte le infrastrutture made in China, che non lasciano indifferenti i big del settore. Keith Svedsen, Daily Operation di Maersk Line, ha espresso fin da subito parere positivo alla creazione di una via alternativa a Panama, il cui ampliamento, previsto per il 2015, sembra insufficiente a rispondere alle sfide poste dal gigantismo navale. “Anche con le modifiche che si stanno apportando – ha spiegato – l’infrastruttura non riuscirà a supportare il passaggio delle nuove triple E”. Ma sulla prospettiva strategica del Grand Canal non mancano perplessità. Concepito su previsioni che danno per scontate la crescita continua del commercio marittimo tra Asia e Americhe, l’entrata in esercizio di portacontainer sempre più grandi e una crescente dipendenza dallo shale gas americano, il futuro commerciale dell’opera dipenderà anche dagli equilibri geopolitici del prossimo futuro. “Un altro canale in Nicaragua – sottolinea l’analista politico e strategico Alessandro Politi in un paper per il Cemiss – rappresenterebbe un facilitatore dei traffici marittimi perché servirebbe le navi di grande tonnellaggio che ne costituirebbero una quota importante. Tutto ciò non fa i conti con l’apertura di passaggi artici che toglierebbero almeno un 20% del traffico cinese e giapponese verso gli istmi centroamericani”. Al contrario, il Grand Canal, nel caso di “scenari di blocchi politico-economici chiusi” diventerebbe entro un quindicennio “l’arteria essenziale per il commercio tra Cina-Asia e partner commerciali atlantici, evitando Panama ed i passaggi a Nord-Ovest e Nord”. Restano, anche, i dubbi che circondano la figura di Wang Jing, promotore dell’operazione e finora attivo con le sue società solo nel settore delle telecomunicazioni. La gestione gover-

Wang-Jing-presidente-HKND-Group nativa del progetto, in effetti, farà capo alla Autoridad del Gran Canal Interoceanico de Nicaragua con una Public Private Partnership al 49% a disposizione d’investitori stranieri. E se è vero che Brasile, Russia, Venezuela, Giappone e Corea del Sud si sono detti disponibili a partecipare al finanziamento, sono forti i sospetti di un coinvolgimento diretto del governo cinese. Pechino, effettivamente, sembra interessata a rafforzare ulteriormente la sua presenza su un’area come l’America Latina dove convoglia già oltre il 9% dei suoi investimenti all’estero. In Centro-America, inoltre, conta già sulla presenza di Panama Ports, controllata da Hutchinson Whampoa Ltd), società che gestisce scali come Balboa e Colon la cui movimentazione (7,7 milioni di Teu) è superiore al volume di traffico di tutti gli altri porti dell’America Meridionale. Ed è proprio su una eccessiva dipendenza dal gigante asiatico che nel paese si sta consolidando un fronte di opposizione alla realizzazione dell’infrastruttura. Con il proclama “il Nicaragua non è in vendita” 21 organizzazioni hanno reso pubblico un loro manifesto anti-Canale in cui contestano ben 32 reati di incostituzionalità e l’aggiramento del trattato Chamorro-Bryan firmato nel 1914 con l’obiettivo di negare la concessione di diritti esclusivi agli Stati Uniti nella costruzione eventuale di un canale interoceanico. Sotto accusa, soprattutto, il modello d’insediamento cinese basato sulla costituzione di aree tax free che andrebbero a creare “un’enclave all’interno dello Stato”. Pesa, e tantissimo, anche la questione dei danni all’ecosistema. Il Canale dovrebbe passare attraverso il Lago Nicaragua, il più grande, e principale risorsa di acqua dolce, dell’area. “Siamo ad un bivio – denuncia l’organizzazione ambientalista Humboldt Center – perché il lago può essere usato per il passaggio delle imbarcazioni o per la fornitura d’acqua potabile ma non per tutte e due le cose insieme”. Giovanni Grande

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infrastrutture / porto&diporto

L’Italia giochi la strategica partita del transhipment P

iena disponibilità a dialogare con le istituzioni e i decisori pubblici per contribuire alla comprensione di un settore complesso e globale come lo shipping. Ma un altolà senza compromessi “a qualsiasi ipotesi di ridimensionamento delle attività di transhipment”. Marco Simonetti, vice Presidente di Contship Italia, parte da un presupposto preciso: “prima di perderle le partite andrebbero almeno giocate”. Così risponde alle sollecitazioni di chi, accantonata la retorica della “piattaforma” al centro del Mediterraneo, propone di rimodulare la strategia complessiva della portualità italiana a discapito di scali come Gioia Tauro, Cagliari e Taranto. Come giudica l’idea emersa da più parti di un ridimensionamento progressivo del transhipment? Ci sono tre buoni motivi per affermare che la partita sul transhipment l’Italia non si può permettere di perderla. C’è il mercato dello shipping il cui modello di sviluppo prevede navi sempre più grandi ed una concentrazione dell’offerta di trasporto che si traduce in un uso sempre più spinto dei grandi hub quali nodi strategici del commercio mondiale. C’è poi il fattore economico, con porti come Gioia Tauro, Cagliari e Taranto, dove pubblico e privato hanno investito miliardi di euro, che trattano poco meno del 50% di tutti i container movimentati in Italia, dando lavoro e reddito a oltre 9000 famiglie in regioni del Sud con alto tasso di disoccupazione e basso reddito pro-capite. Infine, c’è un fattore strategico. I porti con le infrastrutture più sviluppate in termini di banchine, piazzali, fondali e macchinari sono proprio i porti hub. La loro attività non è legata direttamente ai bassi tassi di crescita italiani ed europei ma a quelli decisamente superiori di altri paesi, siano essi emergenti, come quelli del Nord Africa, o con economie ad alto tasso di esportazione come la Cina, l’India e, per alcuni settori, le Americhe. Tutto ciò senza dimenticare un ultimo aspetto fondamentale che riguarda direttamente l’Europa ed il rischio di marginalizzazione dei traffici solo sugli hub non comunitari. Mi piacerebbe sapere quanti vorrebbero avere il controllo del proprio rubinetto dell’acqua direttamen-

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te nella casa del vicino! La legge 84/94 rispondeva al contesto degli anni novanta. Quali occasioni sono state definitivamente perdute e su cosa puntare? Nessuna sfida è definitivamente perduta ma ci sono cose più facili da recuperare rispetto ad altre per le quali abbiamo buttato via decenni ed opportunità. Penso, ad esempio, ad un ruolo della logistica come volano per la competitività delle nostre aziende manifatturiere. Per anni la voce trasporto e approvvigionamento è stata relegata ad una analisi spiccia e non strategica senza considerare le opportunità di posizionamento dei marchi “made in Italy” in tutto il mondo. Difficile pensare ad un recupero su alcune filiere di prodotto ma meno difficile pensare di lottare per un ruolo dell’Italia quale corridoio logistico privilegiato per l’interscambio europeo con il Bacino del Mediterraneo. Un’altra sfida che non possiamo permetterci di perdere è quella del treno quale modalità di trasporto sostenibile e vantaggiosa per le merci destinate o originate nei paesi del centro Europa che oggi guardano esclusivamente a Rotterdam, Anversa e Amburgo. Qui scontiamo una mancanza di visione organica che vede il contrapporsi tra treno e camion quando invece si potrebbe lavorare in stretta sinergia valorizzando l’imprenditoria dell’autotrasporto da una parte e lo sviluppo di corridoi ferroviari efficienti, aperti agli operatori e con prezzi di rete competitivi, dall’all’altra. Nonostante i dibattiti e le buone in-

tenzioni il processo di scorporo tra la rete ferroviari (leggi RFI) ed il Gestore Trenitalia non è stato ancora messo nell’agenda del governo. Il vice presidente Ue Kallas si è espresso favorevolmente all’adozione delle ZES. Potrebbero rappresentare uno strumento concreto per recuperare competitività? Ne siamo fortemente convinti, soprattutto guardando all’esperienza di altri grandi hub che sono riusciti ad affermarsi velocemente anche grazie alla lungimiranza dei decisori istituzionali che hanno compreso l’importanza delle zone franche in prossimità dei grandi snodi del commercio mondiale. Facendo l’esempio di Gioia Tauro, non riesco a trovare un’altra realtà che possa garantire ogni settimana una partenza verso 120 porti, 700 ettari di spazi infrastrutturati ed una distanza minima dai grandi paesi del Nord Africa e del Mediterraneo Orientale le cui economie continueranno a crescere a tassi tripli rispetto alla media europea. Non possiamo immaginare di competere sui costi del lavoro anche se la nostra esperienza ci dice che questo gap andrà nel tempo a diminuire. Quello su cui invece è necessario agire per recuperare competitività è la possibilità di una reale autonomia impositiva e finanziaria per quelle Autorità portuali che devono competere al di fuori del territorio comunitario. Revisione del meccanismo delle tasse portuali, abbattimento dei costi energetici e sburocratizzazione per le procedure di investimento. Sono istanze sulle quali la politica dovrà dare urgentemente delle risposte. Quali benefici hanno ottenuto i porti di Cagliari e Gioia Tauro dall’attività di transhipment? In entrambi i casi si tratta di porti costruiti dallo Stato e per anni dimenticati, nonostante gli ingenti investimenti pubblici. E’ solo grazie al rischio di imprenditori come Angelo Ravano prima e Thomas Eckelmann dopo che sono stati risuscitati valorizzando la loro posizione, gli spazi disponibili ed il know how delle maestranze. I numeri parlano chiaro. Dal 95 al 2013, ogni container movimentato a Gioia Tauro ha generato 24 euro sul territorio in salari e servizi/prodotti acquistati. A Cagliari,


seppure in una condizione diversa di partenza, ogni container ha generato una media ancora superiore pari a 44 euro. Parliamo di un miliardo di euro in totale. Il Gruppo punta decisamente su La Spezia dove i collegamenti banchina ferrovia sono integrati: è solo una coincidenza? Nessuna coincidenza ma una chiara visione che sin dall’inizio ha dettato le linee di sviluppo del terminal. La mancanza oggettiva di spazio è stata trasformata da limite in opportunità. Per questo La Spezia oggi è il primo porto in Italia con oltre il 35% delle merci movimentate in arrivo e in partenza con il treno. Maggiore è la velocità di transito dei container, maggiore è lo spazio disponibile nel piazzale e quindi la capacità del terminal. Nel caso del transhipment le cose sono diverse. Non è una questione di spazi, appunto, ma di vantaggio rispetto al fatto di essere collegati con i più ricchi mercati europei. Un vantaggio che non hanno porti come Malta, Port Said e Tangeri e che Gioia Tauro potrebbe sfruttare come già successo fino al 2008 quando venivano movimentati oltre 100.000 TEU all’anno con la ferrovia. Scelte commerciali e di opportunità del gestore della rete hanno poi di fatto reso antieconomico questa modalità rispetto all’uso del feeder. Come Gruppo, attraverso la divisione Intermodale, siamo pronti ad offrire al mercato il nostro know how e le nostre soluzioni di trasporto ma, come dimostrano i recenti interventi legislativi a sfavore del treno – il decreto competitività fa aumentare da 3 a 4 euro il costo a km per i treni merci – sembra veramente una sfida tutta in salita. La fine dell’alleanza P3 avrà delle conseguenze? Con o senza P3 le navi da 16mila e 18mila Teus arriveranno nei nostri porti. Non spetta al terminalista analizzare quale sia la strategia più conveniente per i propri clienti. Al terminalista spetta lo sforzo di farsi trovare pronto rispetto alla domanda di servizio richiesta. Contship prevede importanti investimenti in Italia. Il Gruppo crede ancora nelle potenzialità della penisola? E’ una domanda che andrebbe rivolta agli azionisti e non al management a cui invece spetta la responsabilità dei ritorni di tali investimenti. Credo che Cecilia Battistello e Thomas Eckelmann abbiano dimostrato negli ultimi 20 anni il loro impegno per lo sviluppo della portualità italiana con i fatti e non con i proclami, almeno per ciò che riguarda il settore dei container. Ci sono 2650 colleghi che possono dimostrarlo. Giovanni Grande

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infrastrutture / porto&diporto

Federagenti: piano trasporti proposto dagli imprenditori Intervista a Michele Pappalardo, presidente Federazione nazionale agenti marittimi: “Costruiamo insieme un piano che affronti il problema delle infrastrutture e della governance di sistema”.

L’

Italia, per la sua posizione, può astenersi dalla partita degli hub mediterranei? Guardando al mercato, esaminando i cambiamenti in atto, ribadendo che pur in presenza di una crisi economica senza precedenti - l’Italia rappresenta comunque uno dei più importanti mercati di produzione e consumo d’Europa oltre che dell’intera area mediterranea, credo sarebbe follia astenersi da almeno scendere in campo e giocare la partita degli hub. La posizione baricentrica del nostro paese ne farebbe teoricamente una reale piattaforma logistica mediterranea. Considerando però, lo affermiamo da almeno vent’anni, che le scelte coerenti con la sfida in atto non sono state mai compiute, è con un malcelato scetticismo che ci confrontiamo con l’economia globale e con le trasformazioni in atto nell’interscambio mondiale. E’ poi necessario chiarire cosa intendiamo per hub. Se hub sono i porti di transhipment, attività nella quale anche i grandi scali del Nord Europa oltre che quelli spagnoli, perdono soldi, è un discorso. Se inve-

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ce per hub intendiamo un hub logisticoportuale in grado di convogliare merce sul mercato nazionale e sui paesi vicini il discorso cambia. Per quanto riguarda il transhipment bisogna comunque sottolineare che l’incertezza sociale, politica e militare in tutti i paesi della sponda africana del Mediterraneo, ha fornito agli hub italiani, in primis a Gioia Tauro, una eccezionale e inaspettata opportunità; opportunità che non sarebbe esistita se i vari Port Said, Damietta, Tunisi, Bengasi si fossero sviluppati come era previsto. Conviene ancora puntare sui contenitori? Anche in questo caso bisogna capirsi. I contenitori non sono tutto; rappresentano circa il 20% del traffico degli scali marittimi italiani; sono ovviamente un importante settore del tutto e sono anche diventati una cartina al tornasole, vera o presunta, dello stato di salute dei

porti. Ma il problema non è di puntare o non puntare sui containers. Il problema è di compiere scelte coerenti. Se, come è vero, il mercato dei containers sarà quasi monopolizzato dalle navi giganti, ebbene anche il nostro paese, se vorrà giocare un ruolo, dovrà diventare un po’ più serio. Ovvero investire dove queste navi realmente potranno operare e non continuare a sognare uno sviluppo incontrollato di tutti i porti, sulla base di logiche di campanile. Esistono precisi studi e analisi di mercato. Ma perché da noi si fa finta che non esistano? Queste infrastrutture sono molto costose, a che prezzo conviene? I containers reclamano grandi spazi, Ma fanno di un paese un elemento strategico determinante sulla scacchie-


ra dell’interscambio mondiale. Sarebbe il caso di valutare il prezzo complessivo. Non quello della costruzione di opere marittime e di terminal che in molti casi non si ripagheranno mai, ma il corretto rapporto costi-benefici che queste opere avranno nell’economia complessiva del paese, determinando ad esempio una maggiore competitività dei nostri prodotti o un miglior rendimento complessivo dell’intera catena logistica. La scarsa competenza dei politici chiamati a scelte strategiche – come ovviare? E’ una novità? Lo so che non dovrei rispondere a una domanda con un’altra domanda. Ma, ripeto, è una novità? La politica (fatte le debite eccezioni per quei politici che si stanno dedicando con passione al problema ma che si contano sulle dita di una mano) oggi più che mai non è sensibile, non è motivata ad affrontare i problemi dei porti, del trasporto, della logistica, perché questo settore non genera consenso, non genera voti. Ma, come detto, è storia antica. Purtroppo le categorie che formano il cosiddetto cluster marittimo sono oggi deboli e faticano a comprendere che solo formando un fronte comune avrebbero la capa-

cità reale di influenzare le scelte anche di priorità infrastrutturale. Federagenti la sua sfida l’ha lanciata. Prendiamo in mano noi, privati, il pallino. Costruiamo insieme un piano dei trasporti, minimalista, ma essenziale. Che affronti il problema delle infrastrutture ma anche della governance di sistema. Continuare con investimenti a pioggia o concentrarli su pochi porti? La risposta è già nella domanda. Se rispondessi che voglio gli investimenti a pioggia, probabilmente qualcuno chiamerebbe in diretta il pronto soccorso psichiatrico. Ma tralasciando le battute, la risposta è oggi anche scritta nel bilancio dello Stato: i soldi non ci sono e solo concentrandoli su opere in cui lo Stato possa essere affiancato da investitori privati si può sperare in un upgrading del sistema. Siamo ancora in tempo a non perdere il treno della logistica tra centro Europa e Nord Africa? Dovendo guardare indietro, direi che non siamo in tempo. Esaminando con obiettività la situazione del mercato e le conseguenze della primavera araba nonché dell’inte-

gralismo che compromette anche l’efficienza degli hub Nord africani e medio orientali, direi che ci è stata miracolosamente offerta una nuova opportunità. Il porto Napoli può avere un ruolo? Il porto di Napoli ormai da anni si fa male da solo. Le criticità gestionali si sommano a un malessere generalizzato che è sfociato in una totale sfiducia e quel che è peggio in un immobilismo inspiegabile. E questo trend non è certo facile da invertire. L’Europa, con le sue strategie di corridoi, può aiutare o emarginare l’Italia? Se ne sapremo approfittare le strategie europee possono solo far bene. L’Europa esprime anche in questo campo rigidità talora dogmatiche, ma per un paese come l’Italia che ha fallito nella programmazione e nella gestione sistemica, un po’ di ordine forse può solo aiutare. Fabrizio De Cesare

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infrastrutture / porto&diporto

Bari capofila nello sviluppo degli smart port con Gaia D

Francesco Mariani

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alla pubblicazione di un rapporto sui progressi compiuti nella semplificazione delle formalità amministrative per le navi che approdano nei porti europei emerge il forte ritardo nell’attuazione della direttiva 65/2010. La normativa di riferimento prevede entro il 1 giugno 2015 l’adozione del formato elettronico, al fine di ridurre drasticamente le procedure burocratiche, ma, ha denunciato recentemente l’Ecsa (European Community Shipowners’ Association), “non è stato ancora creato un sistema comune in tutta l’Ue per cui gli armatori, non solo potrebbero dover far fronte a tanti differenti sistemi di comunicazione elet-

Mario Mega


tronica, ma potrebbero anche dover investire in costose apparecchiature elettroniche senza ottenere in cambio alcuna semplificazione e snellimento delle procedure burocratiche”. La problematica è stata affrontata anche in occasione della scorsa Naples Shipping Week da Mario Mega, Dirigente Servizio Infrastrutture, innovazione tecnologica e pianificazione strategica dell’Autorità portuale del Levante. Responsabile per l’attuazione dei progetti Arges e Gaia, che pongono l’ente portuale pugliese tra i soggetti capofila nello sviluppo degli smart port, Mega spiega a PORTO&diporto lo stato dell’arte sul versante italiano. A che punto è l’esperienza nazionale? Nella costruzione di una “national maritime single window” bisogna tener contro, oltre alle prescrizioni della direttiva 65/2010, anche di tutte le procedure di operatività delle navi in porto. In questo contesto il panorama italiano è caratterizzato da normative general-

mente più vincolanti rispetto a quelle internazionali prese come riferimento e su cui stanno lavorando già da tempo i porti del Nord Europa. Per quanto concerne la comunicazione “machine-tomachine” in uso presso i grandi armatori, ad esempio, si stanno definendo strutture di messaggio che contengono informazioni non solo rispetto alle formalità burocratiche ma anche al ciclo operativo logistico. Perdere il passo con questo nascente standard europeo potrebbe rendere le cose molto più complicate per le banchine della penisola. Semplifico: gli armatori potrebbero trovarsi di fronte sistemi che in Italia chiedono cento informazioni mentre nel resto del continente solo cinquanta. Come scongiurare il pericolo di un’Europa portuale a due velocità? È necessario uno sforzo di comprensione dello scenario complessivo. È l’unica strada per poter giungere alla semplificazione di procedure che comportano la modifica radicale non solo di molti articoli del Codice della Navigazione ma di norme che riguardano un po’ tutti gli attori istituzionali di riferimento. In Italia scontiamo una differenza organizzativa sostanziale nella ripartizione delle competenze rispetto al Nord Europa. C’è un grande attivismo da parte delle Ap e delle amministrazioni centrali: manca una strategia unitaria in grado di individuare gli attori protagonisti dei processi. In che modo la riforma portuale potrebbe favorire questa evoluzione? Se confermata, l’idea di andare verso organizzazioni strategiche di aree più vaste, pur rispettando le specificità dei singoli porti, aiuterebbe molto. Si potrebbero creare ambiti di pianificazione più efficienti perché troppe competenze distribuite impediscono di fare sintesi: oggi è oggettivamente difficile mettere attorno a un tavolo 25 Ap poco portate alla cooperazione. Il problema italiano, dunque, non è tecnologico ma burocratico? Certo. La tecnologia può fare molto ma ha bisogno di cooperazione tra gli attori istituzionali che si costrisce con norme chiare e semplici. Nella nostra attività ci siamo trovati di fronte a leggi risalenti alla fine dell’ottocento che andrebbero verificato. Non abbiamo bisogno di nuove leggi ma di una riorganizzazione di quelle esistenti. Come si colloca l’Ap del Levante in questo processo? Non siamo impegnati direttamente sui tavoli europei ma la stretta collabo-

razione con l’autorità marittima ci permette un dialogo continuo. Lavoriamo, invece, alla creazione di uno strumento in grado di gestire i messaggi informatici e di collegarsi al Port Comunity System. Da alcuni anni l’Ap è impegnata nell’integrazione e informatizzazione di tutte le attività portuali. Ha posto le basi per il proprio PCS, integrando anche le funzioni di altri attori istituzionali, messo a punto un avanzato studio di interoperabilità con il sistema portuale nazionale e, soprattutto, creato un stretta sinergia con i porti greci per lo scambio di informazioni. L’obiettivo principale è avere un porto in grado di dialogare in modo moderno con tutti. Quali sono i riflessi sulle attività? Il trasferimento su sistema informatico delle procedure portuali tradizionali mette a disposizione una massa di informazioni che non riguardano solo il singolo processo ma possono essere utilizzate per le analisi di scenario o condivise con l’utenza. Di fatto “creiamo” un nuovo tipo di dati che vanno ad arricchire la nostra l’offerta di servizi. Un esempio è costituito dal progetto GAIA, di cui abbiamo presentato i risultati nei giorni scorsi: con il monitoraggio costante e in tempo reale di tutta l’attività possiamo fornire alert sullo stato degli imbarchi, sulle condizioni meteo, sugli orari di arrivo e partenza delle navi. Una iterazione con i passeggeri che permette a questi ultimi di pianificare senza sorprese il loro piano di viaggio. E per uno scalo come Bari, tradizionalmente incentrato su questo tipo di traffico, è un passo importante. Ci permette di proporre un modello friendly: di porto, mi permetta di dire, che “coccola” i suoi passeggeri.

Il progetto GAIA Obiettivo di GAIA (Generalized Automatic Exchange of port Information Area) è lo sviluppo di un nodo informativo transfrontaliero adriatico-jonico in grado di permettere la condivisione e lo scambio in sicurezza delle informazioni tra i porti di Bari e Igoumenitsa. Con un budget complessivo di 1.873.000 euro, co-finanziato al 75% dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) ed al 25% dalle nazioni partner Italia e Grecia, il progetto punta al superamento delle separazioni fisiche e tecnologiche dei diversi attori che operano sulle due sponde dell’Adriatico e dello Jonio fornendo strumenti di supporto nei processi decisionali delle Autorità locali e sistemi di servizio ai viaggiatori. “GAIA

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– sottolinea l’Autorità portuale del Levante – è il Port Community System dei Porti del Levante con cui vengono gestiti informaticamente alcuni processi portuali e con cui si offrono, a passeggeri ed operatori, innovativi servizi informativi oltre a connessione wi-fi free ad internet nelle aree di sosta dei passeggeri”. In pratica, una piattaforma che “gestisce e automatizza i servizi portuali e logistici creando processi efficienti, riducendo i tempi delle procedure e riducendo al massimo l’uso dei documenti cartacei”. Per ogni nave traghetto in partenza dal porto di Bari (dalla procedura di emissione della Security Card sino all’arrivo della nave al

per passeggeri e mezzi che con l’introduzione delle Security Card e delle Autorizzazione di accesso dotate di barcode, ha velocizzato le procedure di imbarco, regolamentato l’accesso al porto del personale autorizzato e aumentato sicurezza della navigazione ed efficacia controlli di frontiera; PASS, funzionalità dedicata agli operatori portuali per la gestione online delle richieste di accesso alle aree portuali soggette alla regolamentazione dei piani di security. Il suo utilizzo evita di recarsi fisicamente presso l’Autorità Portuale o gli uffici dei PFSO eliminando la presentazione di richieste cartacee e/o copie di documenti. Con

zione che rende disponibile sui pannelli informativi a led, chioschi, touchscreen, tv oltre che sul portale pubblico dell’Ente le informazioni generate dai vari sottosistemi di GAIA; TRAVEL, portale di supporto ai passeggeri in transito nel Porto di Bari con itinerari e percorsi turistici in provincia di Bari e in Puglia. eGAIA, App per dispositivi mobile (smartphone iOS e Android) per le informazioni pubblicate sul portale Travel e nel modulo Iris. “Il navigatore, selezionando gli argomenti di proprio interesse, sarà aggiornato con notifiche push sulle ultime informazioni pubblicate o su eventuali modifiche di per-

porto di destinazione) sono fornite informazioni sullo stato degli imbarchi, sulle condizioni meteo, sugli orari di arrivo e partenza delle navi e, attraverso la funzionalità di tracking, notifica ai passeggeri la posizione esatta delle navi durante la navigazione ed i tempi di arrivo. Ciò permette la visualizzazione “direttamente su dispositivi mobili degli utenti, quali smartphone, tablet, notebook consentendo, in maniera del tutto gratuita aggiornamenti costanti e tempestivi sugli orari di imbarco e su eventuali ritardi delle navi”. Il monitoraggio continuo dei flussi di traffico riguarderà anche gli autotrasportatori che potranno così decidere “il miglior percorso possibile per raggiungere l’imbarco a loro destinato, nonché richiedere online le autorizzazioni per l’accesso in porto e nelle aree di security”. Sette i moduli già attivi: GATE, sistema di controllo accessi

PASS gli spedizionieri ed i concessionari possono effettuare richieste online per conto di soggetti terzi che ricevono l’autorizzazione d’accesso direttamente sul proprio smartphone mediante email. Il servizio, disponibile anche per tutti i mezzi affiliati a UIRNET, “ha abbassato drasticamente i tempi medi per ricevere un’autorizzazione d’accesso in porto, ha completamente eliminato la circolazione di moduli cartacei e copie di documenti e semplificato le procedure di controllo ai varchi”. SHIPS, sistema di tracciamento delle navi. Utilizzando i dati AIS forniti dalle navi, anche grazie alla cooperazione con il sistema nazionale delle Capitanerie di Porto, il sistema permette di elaborare in tempo reale le previsioni di arrivo e partenza delle navi nei Porti del Levante sia a beneficio dei passeggeri che dei servizi portuali. IRIS, sistema multicanale di informa-

corsi e itinerari e potrà consultare la mappa dettagliata del porto di Bari per raggiungere facilmente le aree di sosta e le banchine di imbarco”. Data Warehouse, strumento di business intelligence. E’ un archivio informatico che, mediante innovative tecniche di analisi semantica, consente l’elaborazione di tutti i dati del sistema al fine di coadiuvare, suggerire e supportare dinamicamente i processi decisionali delle Autorità locali, regionali e nazionali in materia di trasporto marittimo e di logistica intermodale. Il progetto, avviato nel 2012 nasce da una partnership con il Politecnico di Bari, dipartimento Sisinflab del prof. Di Sciascio, con l’Autorità Portuale di Igoumenitsa e con il Computer and Technology Institute and Press “Diophantus.

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Giovanni Grande


infrastrutture / porto&diporto

Civitavecchia, riprendono i lavori nella Darsena Traghetti

Lunedì 14 luglio, nell’area di cantiere del Porto di Civitavecchia oggetto del provvedimento di sequestro, sono ripresi i lavori di completamento relativi alle “opere strategiche per il porto di Civitavecchia, 1° lotto funzionale prolungamento antemurale Cristoforo Colombo, Darsena Servizi e Darsena Traghetti”. Nei giorni scorsi infatti, pur nel mantenimento del provvedimento cautelare operato dalla Procura della Repubblica di Civitavecchia sulla scorta del decreto emesso dal GIP, Dott. Ferri, l’Autorità Portuale, tramite l’avvocato Andrea Miroli aveva presentato un’istanza deputata a chiedere l’affidamento in uso del cantiere. L’Autorità Portuale, al fine di salvaguardare l’esigenza sociale occupazionale di circa 300 lavoratori, che sarebbe stata certamente compromessa dal permanere della sospensione dei lavori, per ottenere tale autorizzazione si è fatta garante con la Procura della Repubblica di Civitavecchia del rispet-

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Pasqualino Monti to da parte di tutti i soggetti interessati (appaltatori e sub appaltatori) dei parametri qualitativi previsti nel contratto di appalto. In particolare è stato redatto un Protocollo di Qualità, contenente una procedura di rafforzamento dei controlli, che è stato sottoscritta e condivisa da tutta la filiera.

Inoltre è stata nominata una Commissione di Alta Vigilanza – composta da 3 docenti universitari - che dovrà verificare, mediante esame, sia documentale che diretto in cantiere, la puntuale applicazione di tutte le procedure previste dal presente Protocollo. “Ho ritenuto necessaria questa assunzione di responsabilità – dichiara il Presidente dell’Autorità Portuale Pasqualino Monti – per salvaguardare, nel pieno rispetto di tutte le esigenze correlate alle attività di indagine ed ai procedimenti giudiziari in essere, le imprese ed i posti di lavoro, per di più in un momento di grave crisi economica come quella che stanno attraversando il nostro territorio ed il Paese intero. Ringrazio la Procura della Repubblica per la sensibilità dimostrata nel contemperare le necessità del perseguimento dei fini di giustizia con l’attenzione ai risvolti sociali ed occupazionali della vicenda”. Cosimo Brudetti

Aumento di capitale per Aeroporto Salerno

l Consiglio della Camera di Commercio di Salerno ha espresso, a larga maggioranza, orientamento favorevole affinché la Giunta camerale esercitasse il diritto di opzione mediante sottoscrizione dell’aumento di capitale deliberato dal Consorzio Aeroporto Salerno-Pontecagnano S.c.a r.l. fino a un massimo di euro 7.464.311,62, di cui 1.725.000,00 riservato ai soci attuali, quindi per un importo di competenza della Camera di Commercio di Salerno pari a euro 1.291.726,99. Il Consiglio, inoltre, ha rivolto un fermo, accorato ed ultimativo appello: - al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti affinché apposti e renda effettivamente disponibili i 49 milioni di euro previsti nell’ambito dell’intesa istituzionale quadro tra il predetto Ministero e la Regione Campania, approvata con delibera di G.R. N. 377 del 13.09.2013, per il potenziamento infrastrutturale

Guido Arzano Presidente CCIAA SA dell’aeroporto “Salerno Costa d’Amalfi”; - alla Regione Campania e alla Re-

gione Basilicata affinché sottoscrivano ben prima del 15 settembre 2014 le quote del Consorzio Aeroporto Salerno-Pontecagnano S.c.a r.l. loro offerte a seguito dell’assemblea straordinaria del Consorzio del 6 giugno 2014, e concorrano a sostenere finanziariamente lo sviluppo infrastrutturale dell’aeroporto; - a tutti gli Enti del Territorio affinché concorrano finanziariamente allo sviluppo dell’iniziativa. Il Consiglio camerale, infine, ha espresso fin d’ora il disimpegno dall’iniziativa aeroportuale, riservandosi di adottare le conseguenti determinazioni, nel caso in cui la Regione Campania e la Regione Basilicata non acquisiscano entro il 15 settembre 2014 le quote loro offerte a seguito della predetta assemblea straordinaria del Consorzio. Giovanni Grande

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infrastrutture / porto&diporto

Porto di Salerno, attivato il colloquio telematico

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l colloquio telematico nel porto di Salerno avviene in tempo reale. Con la recente attivazione in fase sperimentale dello Sportello Unico sono diventate pienamente operative anche nello scalo campano le procedure di “dialogo” tra terminal e Agenzia delle Dogane per i gestori di temporanea custodia T.C.A3. In quest’ambito particolare un sistema informatizzato, sviluppato dalla software house napoletana “Studio A.Fedele Srl”, rende più snella la procedura di ritiro dei contenitori, attraverso l’acquisizione automatica degli estremi delle dichiarazioni doganali di esito relativi ai contenitori in giacenza. Prima in Italia ad effettuare la trasmissione telematica di una dichiarazione doganale, la società ha messo a punto un software gestionale denominato “Modulo Dogana” dedicato esclusivamente alle esigenze dei terminal portuali. “Si tratta – spiega il creatore del programma, Alessandro Fedele – di una ulteriore modalità di consultazione, con connessione in tempo reale al servizio telematico doganale AIDA, che si aggiunge alle consultazioni “on demand” già effettuate da qualche tempo dagli operatori portuali a livello nazionale e che consentono di conoscere l’esito del circuito di controllo doganale”. In pratica, il sistema effettua una serie di controlli di congruenza con i dati presenti nel sistema gestionale del

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terminal acquisendo, in maniera continuativa, gli estremi doganali resi disponibili dal sistema AIDA di tutte le dichiarazioni doganali svincolate. In questo modo, non appena la dichiarazione è convalidata, risultando svincolabile, il contenitore diventa “libero di dogana” in tempo reale. “L’analisi predittiva dei dati – continua Fedele – offre il vantaggio di eliminare l’acquisizione manuale dei documenti e prima ancora che il trasportatore si rechi al gate per effettuare il ritiro. Nel caso di dichiarazioni doganali in procedura domiciliata gli estremi vengono resi disponibili al gestore T.C. all’atto dell’emissione dello svincolo”. “Modulo Dogana”, inoltre, invia all’operatore diversi Alert nel caso vengano riscontrate incongruenze di colli/peso, scaricate merci nello stato di abbandono o sottoposte a blocco Svad, etc. Tra i maggiori vantaggi acquisiti – oltre la velocizzazione delle formalità richieste durante la fase Gate-in, l’automatizzazione delle registrazioni e la smaterializzazione del supporto cartaceo in ottemperanza alla circolare dell’A.D. nr 16/D del 12/11/2012 – un maggior livello di sicurezza e di precisione nella gestione delle informazioni. “Il colloquio continuo tra sistemi informatici – sottolinea Fedele – rende infatti molto più difficile la manipolazione dei dati, a differenza di quanto avviene con i documenti cartacei; inoltre, riducendo

gli errori dovuti a scarichi errati taglia nettamente i tempi di attesa nei terminal contribuendo a renderne più fluide le operazioni”. Frutto di un’esperienza iniziata negli anni novanta il software si inserisce nelle iniziative intraprese negli ultimi anni dall’Agenzia delle Dogane per sfruttare al massimo le potenzialità dell’informatica nella semplificazione burocratica. “Stiamo collaborando, insieme alle altre realtà del settore – conclude Fedele – per ridurre il gap che ci separa dalle portualità più avanzate rispetto alla nostra come quella del Nord Europa. Il prossimo passo, anche guardando a quello che sta avvenendo a Genova sulla spinta dell’Expo, è lo sdoganamento a mare. Attivare questa modalità operativa anche a Napoli e Salerno rappresenterebbe una svolta per l’intero sistema regionale. Attraverso il colloquio telematico, e mi fermo solo a questo esempio, i terminal potrebbero conoscere, prima dell’attracco della nave, quali container sono destinati ai controlli. Ciò permetterebbe di organizzare in modo razionale lo scarico delle merci, di rendere più veloce la movimentazione dei container sui piazzali. Per porti come i nostri, caratterizzati da mancanza di spazi, non sarebbe poco”. Giovanni Grande


infrastrutture / porto&diporto

Cagliari, le opportunità per le imprese sarde

Vincenzo Di Marco

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i è svolto presso la struttura di Cagliari International Container Terminal (CICT), un incontro organizzato da Confindustria Sardegna, Confindustria Sardegna Meridionale e Autorità portuale, con la collaborazione di Cagliari International Container Terminal (Gruppo Contship Italia), Gruppo Grendi e Plaisant Spedizioni.Una giornata che ha affrontato con vari interventi istituzionali e tecnici le opportunità offerte all’imprenditoria locale grazie alla presenza di un grande hub di transhipment con oltre 120 porti collegati settimanalmente. Un sistema economico che ancora guarda con poca attenzione alla rete logistica globale in cui Cagliari è posizionata e che potrebbe invece sfruttare i collegamenti attivi per dare maggiore competitività ai propri prodotti e alle proprie attività commerciali. Un incontro che ha visto la partecipazione di oltre 60 tra imprenditori, spedizionieri ed operatori logistici con la presentazione di casi concreti che testimoniano queste opportunità come nel caso della logistica del marmo di Orosei o ancora per quello che riguarda i mercati crescenti del Nord Africa. Mercati che crescono a livello demografico e quindi in termini di consumi e che possono vedere nel porto canale di Cagliari la possibilità di essere collegati con tutte le principali aree economiche mondiali. Ha aperto i lavori il comandante Vincenzo Di Marco, commissario della Autorità Portuale che ha ribadito l’impegno del pubblico per lo sviluppo di questa infrastruttura sferzando l’imprenditoria

sarda ad un ruolo più attivo e costruttivo per il porto. Franco Cupolo, Amministratore delegato di CICT ha così commentato: “E’ stato un incontro proficuo per molti aspetti. La conoscenza dei servizi disponibili nel porto canale è ancora piuttosto bassa in Sardegna. Ed inoltre, poter incontrare coloro che già usano i servizi del porto è un occasione per migliorare sempre di più l’offerta. E’ importante però sottolineare che i servizi legati al transhipment e che oggi scalano Cagliari devono essere mantenuti aumentando la quota di container di merce locale. E’ un circolo virtuoso dove maggior carico locale richiama maggiori servizi e destinazioni con effetti di scala sull’economicità degli stessi e sulla loro copertura geografica. Stiamo lavorando per organizzare una spedizione promozionale in alcuni paesi del Magreb con la partecipazione di operatori economici sardi e magrebini volta a stimolare l’avviamento di nuove relazioni commerciali, grazie al ruolo pilota di Cagliari nell’ambito di Espo (EuropeanSeaports Organization)”. Antonio Musso, Amministratore Delegato di Grendi ha presentato un possibile progetto di linea diretta e regolare tra Cagliari ed il Nord Africa ribadendo il commitment del suo Gruppo in Sardegna, una ragione in cui opera da oltre 80 anni. “Siamo una azienda familiare con 190 anni di esperienza e siamo convinti del ruolo che questa regione può giocare nel panorama della logistica internazionale. Ci sono le condizioni geografiche ed imprenditoriali, ma bisogna esserne convinti e collaborare evitando di rimanere chiusi nel proprio orticello”. Corrado Fois, Presidente Gruppo Giovani Federagenti e Amministratore Delegato dell’Agenzia Plaisant ha raccontato nel dettaglio il caso del Marmo di Orosei i cui produttori hanno iniziato ad usare Cagliari per le loro esportazioni come alternativa all’inoltro via Olbia per raggiungere un porto del Nord Italia dove containerizzare la merce e quindi imbarcarla su navi che in alcuni casi poi scalavano anche a Cagliari. Una proposta che ha significato minori tempi di inoltro ed un risparmio di circa il 15 % nei costi di trasporto. “Dobbiamo essere onesti con noi stessi – ha detto Fois

Franco Cupolo – la Sardegna, con un milione e mezzo di abitanti, non può pensare di avere le infrastrutture logistiche presenti in aree dove ci sono milioni di abitanti. Lo vediamo ad esempio con il trasporto delle merci via aereo dove siamo costretti ad usare le stive dei servizi passeggeri. Nel caso del trasporto marittimo viceversa siamo fortunati perché abbiamo una struttura portuale che vive indipendentemente dal territorio e che per esso può rappresentare una vera e propria arma competitiva”. Per il Gruppo Contship ha parlato anche Michael Cashman, direttore commerciale che ha mostrato la copertura geografica dei servizi di linea attivi a Cagliari terminando il suo intervento con una provocazione: “Usate questo porto o rischiamo di perderlo”. Un ulteriore conferma del fatto che ci siano numeri potenziali importanti di merce locale che potrebbe essere imbarcata e sbarcata da Cagliari usando i contenitori. Una spinta a rafforzare la presenza dei grandi operatori di linea globali. Presenti anche il Presidente Confindustria Sardegna Alberto Scanu ed il Presidente di Confindustria Sardegna Meridionale Maurizio de Pascale che ha così commentato a margine dell’incontro:“Siamo convinti che lo sviluppo della Sardegna passi anche attraverso una maggiore interazione tra le aziende Sarde ed il polo della logistica e dei trasporti rappresentato dal porto canale di Cagliari, una infrastruttura eccellente e con una attività consolidata e conosciuta in tutto il mondo”. Cosimo Brudetti

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energie / porto&diporto

In Italia non esiste una strategia energetica Intervista al Presidente Federpetroli: “Cambiare la percezione di noi nell’opinione pubblica”

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i sè dice: “penso di essere l’unico che guarda ancora le puntate di Dallas, scrive Petrolio con la maiuscola e si emoziona per il primo olio estratto da un pozzo”. Tra i suoi bersagli dichiarati, “l’immaginario consolidato che disegna il petroliere come un personaggio immancabilmente brutto sporco e cattivo”. Mettere definitivamente in soffitta i J.R. Ewing dell’epica televisiva, dunque, e “contribuire, attraverso una seria conoscenza del settore, a un cambiamento d’immagine più in linea con la realtà”. È uno degli obiettivi più ambiziosi fissati da Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia dal 2006. A questo scopo l’organizzazione non sindacale che riunisce le aziende della lunga filiera del settore energetico ha lanciato, a partire dallo scorso anno, “Operazione Trasparenza”, iniziativa volta a “spiegare in maniera semplice cosa vuol dire Petrolio e Gas in Italia”. Un tentativo di dialogo “a tutto tondo” sulle questioni inerenti il comparto, fortemente voluto dal presidente di Federpetroli, che non impedisce, tuttavia, prese di posizioni molto critiche sulle scelte future del Paese. Ultima, in ordine di tempo, quella relativa alla riforma del Titolo V della Costituzione che impedendo “un serio coinvolgimento del territorio” è stata ribattezzata “Piano blocca Italia”. Presidente, quali sono le criticità che individua nella proposta del Governo? Nel tentativo di superare il gap tra centro e periferia non si può dimenticare la rilevanza del territorio. La riforma costituzionale del Titolo V deve essere incentrata sicuramente su una ridefinizione di competenze tecniche/legislative tra Governo centrale e Pubblica Amministrazione locale; allo stesso tempo, però, non può svuotare il potere di Regioni, Provincie, Comuni ed altre forme amministrative periferiche. La proposta in discussione, in particolare, vuole attribuire al Governo centrale più autonomia nel nostro settore: se così sarà, assisteremo al blocco di gran parte dei nostri progetti, avremo problemi anche

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per un semplice impianto di carburante. I diversi progetti del nostro indotto, parlo di piattaforme, pozzi, oleodotti o altre semplici modifiche strutturali ad un cantiere, sono bloccati proprio perchè le Amministrazioni locali non vengono coinvolte. Quanto contano le deficienze della nostra strategia energetica? Dobbiamo essere tutti consapevoli che in Italia non esiste una reale strategia energetica. Ciò che viene comunemente definita SEN (Strategia Energetica Nazionale) presenta lacune che non sono superabili se non con una ridefinizione delle sue finalità. È necessario guardare e approfondire tutte le tematiche dell’indotto e della filiera petrolifera/energetica: dalla ricerca e sfruttamento delle risorse minerarie alle infrastrutture, dalla raffinazione alla logistica, dallo stoccaggio alla distribuzione sulla rete di servizio. L’Italia ha bisogno di un dicastero dedicato alle questioni energetiche. Un Ministero dell’Energia che, con alte competenze tecniche e politiche, possa coordinare tutti gli ambiti del settore, con particolare attenzione al ruolo della penisola come hub petrolifero mediterraneo e area ricca di grandi quantità di idrocarburo”. L’Italia come punto di riferimento energetico del Mediterraneo? Abbiamo bacini marini con elevata presenza di gas metano e di greggio; importanti infrastrutture come Prio-

lo, primo hub di attracco da parte dei paesi mediterranei; relazioni con gran parte del Medio Oriente ed altre location di interesse strategico. Ecco perché bisogna spiegare bene e con la massima trasparenza cosa è l’Italia per l’indotto energetico internazionale. Invece, mentre la Croazia si avvia a sfruttare le risorse dell’Adriatico combattiamo per uno dei più grandi progetti petroliferi europei al largo delle coste abruzzesi come Ombrina Mare o per lo sfruttamento del campo da parte della Saras in Sardegna. Mesi fa, faccio un riferimento concreto, il Ministero dello Sviluppo Economico ci ha convocato per il recepimento di una Direttiva Europea sulla sicurezza delle piattaforme offshore. Per tutto ciò di cui ho parlato prima dovremmo essere fonte di ispirazione per la normativa comunitaria: cosa che non accade. Quali sono le linee di “Operazione Trasparente”? Siamo partiti l’anno scorso per spiegare in maniera semplice cosa vuol dire Petrolio e Gas in Italia e quali i rischi, i vantaggi occupazionali e l’indotto economico per il Paese. Il progetto ci sta portando a spiegare in giro, con confronti costruttivi ed incontri a tema, come si arriva a quella parola tanto criticata, “benzina”, utile a tanti usi. Riteniamo che l’Italia non abbia una cultura petrolifera come il Texas o il North Dakota e noi siamo i primi responsabili di una cattiva informazione. Adesso, però, la scena deve cambiare. Negli ultimi tempi si è fatto un gran parlare di fracking e dei rischi connessi a questa tecnica, cosa risponde? Mi viene da sorridere quando si parla di fracking in Italia. Abbiamo problemi nel trivellare un piccolo pozzo, figuriamoci ad usare la tecnica della frantumazione idraulica! Il fracking è una tecnica per lo sfruttamento dell’idrocarburo dopo che un pozzo è stato già quasi esaurito. Mi spiego meglio: con la frantumazione idraulica andiamo a stimolare quelle rocce che hanno poca permeabilità e quindi, con delle micro-


fratture aiutiamo lo sprigionamento del gas e di altro idrocarburo intrappolato, ma questo si fa a pozzo finito, in gergo “completato”. Dopo il terrorismo mediatico di alcune trasmissioni televisive l’attenzione della gente è aumentata, anche a seguito della grande disinformazione. La stessa X Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati nelle scorse settimane ha programmato una interrogazione ed anche qui si è parlato a sproposito di perforazione petrolifera. L’unica soluzione, e ritorniamo a “Operazione Trasparenza” è l’informazione. Gli studiosi finalmente stanno arrivando ad una conclusione: un sisma non può essere causato da una tecnica di estrazione a 4.100 metri. Inoltre, considerando che la profondità dei pozzi dove si può utilizzare il fracking è al di sotto delle falde acquifere, come si possono inquinare? In che modo l’uso del gas nel settore trasporti, in particolare nello shipping, influenzerà l’approvvigionamento nazionale e con quali problematiche? E’ un segnale molto positivo, principalmente in quel comparto che comunemente definiamo bunkeraggio. Molti armatori stanno investendo in questo tipo di progetti, il che denota una responsabilità d’impresa, un’intelligenza

imprenditoriale e sociale elevata in merito alle emissioni dei combustibili in atmosfera. A differenza di quello che si pensa, a livello personale e come attore dell’universo petrolifero, credo si debba porre costantemente attenzione all’ambiente, all’atmosfera e alla preservazione dell’ecosistema, investendo anche in modo ingente in infrastrutture e tecniche che curino sempre più l’impatto ambientale. Per quel che riguarda l’approvvigionamento, è ancora prematuro fare delle stime. Problematiche ne vedo poche: bisognerà solo valutare attentamente se il gas potrà essere sostitutivo dei prodotti raffinati e sarà soddisfazione di un fabbisogno. Quali sono i rapporti tra FederPretroli Italia e il settore marittimo e portuale? La nostra Divisione Logistica rappresenta le aziende nel campo dei depositi di terra e costieri, il trasporto su gomma, su rotaia e la parte navale turistica e merci. Ancora oggi le petroliere, vista l’impossibilità di costruire oleodotti e gasdotti dappertutto, rappresentano per quantità e rotte la maggior fonte per il trasporto del prodotto. Purtroppo in Europa non esistono costruttori di oil tanker ad hoc e l’avanguardia di settore è sempre da ricercare in Corea o Grecia. Per quanto riguarda il setto-

re portuale, come illustrato anche in un’audizione alla Camera dei Deputati in occasione della crisi libica, riscontriamo grandi criticità infrastrutturali e, per quanto concerne i depositi, operative. La maggiore difficoltà è identificabile soprattutto nella carenza di adeguate strutture per il carico/scarico di prodotto, i lunghi tempi burocratici che più volte fanno lievitare i costi di nolo di una petroliera, i problemi di pescaggio e, spesso, l’assenza di autorità competenti. Al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono stati già aperti tavoli tecnici al riguardo: è inevitabile che se si parla di “hub mediterraneo”, non possiamo presentarci all’Europa ed al Medio Oriente senza un adeguato “vestito”. C’è un ruolo per Napoli in questo hub energetico? Nonostante le numerose problematiche e polemiche, la darsena Petroli rappresenterà, una volta a regime, un grande punto di snodo logistico. Però anche Napoli deve capire ed iniziare a valorizzare la potenzialità delle proprie strutture logistiche integrate. Una svolta che può essere affrontata solo con persone competenti in materia e in grado di garantire la giusta attenzione alle esigenze delle industrie operanti. Giovanni Grande

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economia / porto&diporto

Banca d’Italia, Campania una regione in piena crisi T

asse e decrescita, peggio di così non poteva andare per l’economia campana, contrassegnata nel 2013 dalle principali dinamiche con il segno meno. Crollo del Pil del 2,7% rispetto al 2012 (superiore alla media italiana di quasi 5 punti percentuali e con un -13,4% dal 2007 al 2013), calo degli investimenti del 5,6% che sale addirittura del 44,7% dall’inizio della crisi. E si contraggono ancora i consumi delle famiglie che si attestano a 55 miliardi di euro: -3,1% rispetto al 2012 e -14,2% nel periodo 20072013. Segna rosso anche il mercato del lavoro, con lo 0,9% in meno degli occupati nel 2013 (pari a 1.573.000) e l’8,5% in meno dall’inizio della crisi allo scorso anno (dato che si contrae ancora del 5,2% nel primo trimestre del 2014) e l’aumento del 13,6% dei disoccupati (430mila, +97% nel periodo storico considerato). L’elenco dei dati negativi prosegue con quello dei prestiti bancari alle imprese che hanno segnato il 3,7% in meno delle erogazioni rispetto all’anno prima(e nel primo trimestre 2014 il calo si è accentuato con un ulteriore -3,5%). Si salvano dalla debacle le esportazioni: +1,9% rispetto al 2012, +1,5% dall’inizio della crisi al 2013. E’

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soprattutto il settore dell’aerospazio che tira con un +21,1% rispetto all’anno prima, seguito dalla moda (+7,1%), l’agroalimentare (+4,8%, ma nei primi tre mesi del 2014 perde il 3% sul 2013) e l’automotive (+4,%). Poi il turismo, con +4% di presenze totali (+10,1% rispetto al periodo storico, ma -5,2% nel primo trimestre 2014) e +1% della spesa turistica straniera, ultima spiaggia per una regione che affonda nei dati negativi di una crisi che, tra il 2007 e il 2013, ha messo in ginocchio circa 8mila imprese all’anno. E’ uno scenario funesto quello delineato dall’annuale Rapporto sull’economia della Campania della Banca d’Italia, con la recessione che continua a produrre effetti di ridimensionamento e di selezione della struttura produttiva della regione, anche se s’intravedono prospettive di ripresa più diffuse nel manifatturiero, legate soprattutto ad una maggiore propensione all’internazionalizzazione ed all’innovazione. Cala anche il comparto dei servizi che continua a risentire della riduzione dei consumi, solo in piccola parte compensata dalla tenuta della spesa dei turisti stranieri. Preoccupa anche il calo del settore primario, l’agricoltura, che cala fortemente in volume di produzione con un -5,1%. Un dato

che penalizza la Campania rispetto alle altre zone d’Italia, come il Nord Est che cresce del 4,7% Secondo gli analisti di Bankitalia vanno meglio le imprese che vendono all’estero, visto che l’export della filiera agroalimentare cresce, raggiungendo il 28% di tutte le esportazioni della regione, mentre la domanda interna cala. E chi decide di risparmiare deve fare i conti con le tasse, tra le più alte del Paese, sia per le imprese che per le famiglie. Tra addizionale regionale e comunale Irpef, i contribuenti campani lo scorso anno hanno pagato in media 580 euro, con un aumento di ben il 132% rispetto al 2003, quando il prelievo medio ammontava a 250 euro. Pochi i segnali positivi, tra cui l’esportazione. Sono però ancora poche le imprese che puntano sull’internazionalizzazione. E il turismo, che da solo potrebbe garantire reddito e occupazione, segna il passo con i principali attrattori che non producono ricchezza al territorio. Le presenze di stranieri aumentano, come aumentano i pernottamenti, ma la media regionale resta sotto di quattro punti rispetto a quella italiana. Nonostante il circuito di Pompei faccia lo stesso numero di visitatori delle piramidi di Giza. Eduardo Cagnazzi


registri / porto&diporto

RINA e CNR firmano accordo per la ricerca e l’innovazione

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l Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Luigi Nicolais e il Presidente e Amministratore Delegato del RINA, Ugo Salerno, hanno firmato nei giorni scorsi nella sede del CNR un accordo quadro per favorire la valorizzazione dei risultati dei progetti di ricerca, il trasferimento tecnologico, la progettazione di servizi, prodotti e processi innovativi. Le aree di intervento riguarderanno i settori scientifici e produttivi a più alto potenziale di crescita e di discontinuità tecnologica come le nanotecnologie e i materiali compositi; l’edilizia sostenibile; l’energia e l’utilizzo di fonti rinnovabili; l’additive manufacturing; la sicurezza alimentare; la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e le biotecnologie avanzate. Inoltre, attraverso lo sviluppo di progetti e multidisciplinari e intersettoriali, verrà favorita la attivazione di reti e partenariati, nazionali e internazionali, per la partecipazione ai programmi di ricerca e innovazione comunitari e sostenuto il rafforzamento della rete dei laboratori pubblico-privati, dei distretti produttivi e tecnologici. In particolare, CNR e RINA, attraverso la controllata D’Appolonia integreranno, potenzieranno e valorizzeranno le attività di ricerca, progettazione e intervento del Distretto Tecnologico STRESS – Sviluppo Tecnologie e Ricerca per l’Edilizia sismicamente Sicura ed ecoSostenibile – di cui sono entrambi soci fondatori. “Quest’accordo consolida una rete di eccellenze, di cui il RINA e il CNR

sono animatori e apre a nuove opportunità per la ricerca e il trasferimento di risultativi e metodi scientifici al tessuto produttivo e imprenditoriale. – così il Presidente del CNR, Luigi Nicolais, che ha proseguito – La scelta di valorizzare, integrando e potenziando le attività, del distretto tecnologico STRESS va, poi, nella direzione di alimentare e potenziare le iniziative di innovazione territoriale proiettandole in una dimensione internazionale. Difatti i progetti ad alto impatto sociale, come quelli sulla sicurezza del patrimonio edilizio piuttosto

che quelli sui compositi, o quelli a elevata complessità tecnico-scientifica, come nel caso dei nano materiali o delle biologie avanzate piuttosto che dei beni culturali, consentono di integrare conoscenze e tecnologie sviluppate in più ambiti scientifici e al tempo stesso

di concentrarne i benefici su specifici ambiti produttivi, favorendo l’innovazione e la crescita competitiva dei sistemi produttivi locali”. “La finalità principale delle politiche di ricerca e sviluppo tecnologico è strutturare, partendo dal sistema paese, un’economia della conoscenza a livello mondiale – ha dichiarato Ugo Salerno, Amministratore Delegato del RINA – In quest’ottica, l’obiettivo è arrivare ad ottimizzare la cooperazione tra le diverse fasi di azione e progetto, coordinare al meglio le politiche internazionali, rafforzare le potenzialità strutturali e il collegamento in rete dei gruppi di ricerca, valorizzando la messa a punto di soluzioni replicabili sui contesti locali dove il maggior impatto in termini di ricadute economiche e sul mondo del lavoro è atteso. La forza del CNR e la consolidata esperienza del RINA saranno in grado di supportare la creazione di un eco-sistema integrato dell’innovazione e ricerca: il nostro Paese deve imparare a lavorare in squadra, a cooperare e competere”. Fabrizio De Cesare

Il RINA è un Gruppo multinazionale che fornisce servizi di verifica, certificazione,valutazione di conformità, classificazione navale, valorizzazione ambientale, test di prodotto e materiali, supervisione in loco e dei fornitori, formazione e consulenza ingegneristica attraverso una vasta gamma di industrie e servizi. Con circa 294 milioni di euro di attività nel 2013, oltre 2500 risorse, 163 uffici in 57 Paesi nel mondo, il Gruppo è oggi in grado di rispondere alle esigenze dei propri clienti ed e’ allo stesso tempo riconosciuto quale interlocutore autorevole presso le principali Organizzazioni internazionali, contribuendo da sempre allo sviluppo di nuovi standard normativi.

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trasporti / porto&diporto

Cielo unico europeo: superare i confini nazionali

La Commissione Ue esorta diciotto Stati membri a fare un passo decisivo verso la gestione comune dello spazio aereo

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a Commissione ha chiesto formalmente ad Austria, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Regno Unito, membri di sei diversi blocchi funzionali di spazio aereo (Functional Airspace Blocks - FAB), di migliorare i loro FAB, che costituiscono uno spazio aereo comune organizzato attorno ai flussi di traffico anziché ai confini nazionali. I FAB rappresentano un passo fondamentale verso un sistema di trasporto aereo europeo più efficace, meno costoso e meno inquinante. Siim Kallas, Vicepresidente e Commissario per i Trasporti, ha dichiarato: “Dobbiamo superare definitivamente i confini nazionali nello spazio aereo europeo. I blocchi funzionali di spazio aereo sono elementi necessari e fondamentali del cielo unico europeo. Al momento questi spazi aerei comuni esistono solo sulla carta, sono istituiti formalmente ma non sono ancora operativi. Esorto gli Stati membri a essere ancora più ambiziosi e a promuovere l’attuazione del cielo unico.” Tutti gli Stati membri dell’UE avrebbero dovuto avere reso operativi i ris-

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pettivi blocchi funzionali di spazio aereo entro il 4 dicembre 2012 in conformità al regolamento (CE) n. 550/2004. Il FAB tra Italia, Grecia, Cipro e Malta (BLUEMED) deve essere ancora formalmente istituito, mentre gli accordi tra Stati che istituiscono il FAB tra Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Croazia (FABCE), il FAB tra Bulgaria e Romania (DANUBE), il FAB tra Lituania e Polonia (BALTIC), il FAB tra Spagna e Portogallo (SOUTHWEST) e il FAB tra Regno Unito e Irlanda sono entrati in vigore. I progressi effettivi compiuti sulla riorganizzazione dello spazio aereo di questi FAB e sull’efficacia dei loro servizi di navigazione aerea sono stati lenti. Ciò significa maggiori ritardi, maggior consumo di carburante, e quindi maggiori emissioni di gas a effetto serra, e costi più elevati per le compagnie aeree. Con le odierne lettere di costituzione in mora la Commissione chiede agli Stati membri di agire al fine di ottimizzare l’attuazione dei FAB e dei servizi di navigazione aerea. Inoltre, la mancanza di progressi in materia di FAB ostacola la piena attuazione del cielo unico europeo, che, a sua volta, genera inefficienze nell’intera

gestione del traffico aereo europeo per il 30-40% dei costi di navigazione aerea e dei diritti riscossi in Europa. Ciò rappresenta una perdita di circa 5 miliardi di euro l’anno. Inoltre, ciò ha un impatto negativo sui miglioramenti pianificati sotto il profilo della sicurezza nel cielo unico europeo. Contesto La normativa sul cielo unico europeo stabilisce che gli organismi nazionali di controllo del traffico aereo collaborino in nove FAB regionali, al fine di migliorare l’efficienza, tagliare i costi e ridurre le emissioni. L’istituzione di questi blocchi comuni di spazio aereo è organizzata in base ai flussi di traffico e non ai confini nazionali, il che comporta miglioramenti sul piano dell’efficienza. Il sistema dei FAB è un passo fondamentale per giungere a uno spazio aereo unico che riduca la frammentazione lungo i confini nazionali nella gestione del traffico aereo. La creazione di un adeguato sistema di blocchi funzionali di spazio aereo porterà i seguenti benefici: norme di sicurezza più elevate: dando la possibilità agli aerei di volare senza preoccuparsi di dover varcare diverse frontiere, i blocchi funzionali


di spazio aereo elimineranno il rischio di interferenze alla frontiera e incongruenze nazionali nelle procedure di sicurezza. Riduzione dei costi e del consumo di carburante: permettendo agli aerei di operare su rotte più lineari ad altitudini migliori, i FAB dovrebbero consentire di risparmiare carburante e ridurre i ritardi. A sua volta, ciò permetterà di migliorare il servizio fornito ai passeggeri, di apportare benefici all’ambiente in termini di inquinamento acustico e di emissioni e di ridurre il costo dei voli, nell’ordine di diversi miliardi di euro all’anno.

Questi vantaggi indicano che i FAB sono assolutamente necessari per il successo del cielo unico europeo e rappresentano un importante elemento del mercato unico, che consente ai cittadini di viaggiare, vivere e lavorare liberamente in qualsiasi paese dell’Unione. L’articolo 9 bis del regolamento (CE) n. 550/2004 esigeva la piena attuazione dei FAB, definiti all’articolo 2, paragrafo 25, del regolamento (CE) n. 549/2004, da parte di tutti gli Stati membri dell’UE entro il 4 dicembre 2012, con il duplice obbligo di consentire un utilizzo ottimale dello spazio aereo, per quanto riguarda la capacità e l’efficienza dei voli, e di fornire servizi di navigazione

aerea ottimali in tutta l’UE. Prossime tappe Dopo il FAB dell’Europa centrale (FABEC) in aprile, sono ora i FAB BLUEMED, DANUBE e FABCE a ricevere le lettere di costituzione in mora della Commissione. In seguito all’invio delle lettere di costituzione in mora, gli Stati membri dispongono di due mesi per reagire e inviare le proprie considerazioni. Su tali basi la Commissione europea può decidere di emettere o no un parere motivato a norma dell’articolo 258 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. FDC

trasporti / porto&diporto

Nuova sala imbarchi al terminal di Capodichino

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perta al pubblico la nuova sala imbarchi dell’Aeroporto di Capodichino: una nuova area comfort, situata al piano terra dell’aerostazione. L’intervento infrastrutturale di riqualifica della nuova area gate (imbarchi), durato circa sei mesi, ha riguardato un’area di circa 1700 mq, al piano terra in area air-side, subito dopo i controlli di sicurezza, tra il gate 6 ed il gate 15 per un importo di spesa complessivo pari a circa 1.6 milioni di euro. L’area è stata completamente riqualificata grazie ad un consistente intervento infrastrutturale, teso a migliorare ulteriormente il comfort in aeroporto, ottimizzare i flussi ed offrire ai passeggeri in transito un elevato livello di servizio L’investimento mira ad ottimizzare gli spazi operativi, migliorando il flusso passeggeri, omogeneizzandoli e adeguandoli all’elevato standard dell’area lounge situata al primo piano, dando continuità alla galleria commerciale, in modo da ottimizzare l’esperienza del passeggero anche al piano terra, soprattutto in termini di miglioramento del comfort in aeroporto. Inoltre, la nuova area ospita una delle eccellenza del territorio campano, il wine-bar DUBL della famosa azienda vinicola Feudi di S. Gregorio presente in aeroporto con un elegantissimo punto degustazione e “Gourmand” che sarà di sicuro molto apprezzato da tutti i passeggeri in transito. Il progetto definitivo, che verrà completato entro la fine dell’anno, comprenderà il potenziamento dell’esi-

stente collegamento verticale con una nuova scala e l’ascensore vetrato ad elevata capacità, diventando un punto di forte attrazione per i passeggeri, favorendo, allo stesso tempo, l’osmosi tra i due piani del Terminal. Armando Brunini – Amministratore Delegato Gesac Spa, società di gestione Aeroporto Internazionale di Napoli nell’occasione ha affermato: “L’importante intervento di riqualificazione della nuova area gate che da oggi sarà a disposizione dei passeggeri, rientra in un piano più ampio di investimenti che verranno realizzati nei prossimi anni”. Carlo Borgomeo – Vice Presidente Gesac Spa, ha altresì sottolineato: “L’aeroporto di Napoli continua a rappresentare un’eccellenza del nostro territorio, con l’importante risultato, grazie a tale ulteriore investimento, di dotare la città e la nostra regione di un’in-

frastruttura moderna che non ha nulla da invidiare ai più importanti scali europei e dunque ai più elevati standard internazionali per efficienza e qualità del servizio offerto”. L’investimento rientra nel nuovo piano di sviluppo (Masterplan 2014-2023) dell’aeroporto di Napoli che, dopo i grandi interventi infrastrutturali di ampliamento del terminal realizzati negli ultimi anni, prevederà investimenti tesi soprattutto all’ottimizzazione e riqualificazione delle aree aeroportuali, all’ulteriore miglioramento del servizio offerto, all’innovazione tecnologica, all’efficientamento energetico e allo sviluppo sostenibile; in particolare l’intervento prevede di dare continuità alla galleria commerciale creando un «driver» per i flussi di passeggeri dal piano superiore al piano terra dell’aerostazione. Italo Merciati

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aziende / porto&diporto

Da Intesa Sanpaolo nuove risorse per Pmi

Un plafond di 10 miliardi e iniziative per la crescita e per fornire sostegno allo sviluppo e al rafforzamento patrimoniale delle imprese

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uove risorse e un chiaro programma di interventi per incoraggiare il dinamismo della piccola e media impresa nazionale. E’ questo il contenuto dell’accordo tra Piccola Industria di Confindustria e il Gruppo Intesa Sanpaolo per investire sul potenziale di crescita dell’imprenditoria italiana. Il programma e le finalità dell’intesa sono stati presentati recentemente da Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, Alberto Baban, presidente di Piccola Industria Confindustria, Vincenzo Boccia, presidente del Comitato tecnico credito e finanza di Confindustria e per Intesa Sanpaolo, da Carlo Messina, consigliere delegato e Ceo, Gregorio De Felice, chief economist e Marco Siracusano, responsabile Direzione Marketing di Banca dei Territori. L’accordo tra il Gruppo bancario e Piccola Industria Confindustria rappresenta un nuovo strumento a sostegno delle piccole e medie aziende alle quali viene proposta un’ampia gamma di soluzioni in linea con l’idea di una finanza sempre più strategica, al servizio della crescita e della competitività del sistema imprenditoriale del Paese. Al centro della collaborazione un nuovo plafond di 10 miliardi di euro, che si aggiunge ai 35 miliardi già stanziati con gli accordi precedenti, e un programma focalizzato su interventi in tema di crescita, innovazione e start up, export e internazionalizzazione. Arricchiscono ulteriormente i contenuti dell’accordo i servizi e le opportunità di business che Intesa Sanpaolo, in qualità di Official Global Banking Partner di Expo 2015, può offrire delle imprese clientiper tutta la durata dell’evento. Crescita Nell’ultimo decennio, l’industria italiana ha mostrato segnali di consolidamento: il peso in termini di occupazione delle medie imprese è salito dal 20,8% al 21,8% e quello delle grandi imprese dal 22,8% al 23,2%, ma il gap rispetto agli altri grandi paesi europei rimane

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Giorgio Squinzi Presidente di Confindustria rilevante. Pertanto, l’accordo pone al servizio delle piccole e medie imprese le competenze di Mediocredito Italiano, il polo per la finanza d’impresa di Intesa Sanpaolo, e di tutte le componenti specialistiche presenti nel Gruppo per sostenere gli investimenti e i percorsi di crescita delle aziende attraverso finanziamenti specialistici, credito agevolato, leasing,factoring e consulenza per la finanza d’impresa. Oltre ai servizi di advisory, il programma comprende anche gli strumenti indicati per le PMI che affrontano momenti di discontinuità (M&A, passaggi generazionali), che hanno piani di sviluppo (investimenti in ricerca e innovazione, sostenibilità energetica, reti d’impresa e altre forme di aggregazione) e di ottimizzazione dei processi aziendali in ottica di crescita. In particolare, il nuovo accordo assegna centralità al processo di modernizzazione del rapporto tra imprese e Pubblica Amministrazione e propone soluzioni specifiche volte alla semplificazione delle procedure aziendali e degli adempimenti fiscali come il servizio di gestione elettronica delle fatture, modulabile e adattabile alle esigenze di qualsiasi tipo di azienda, anche di piccole dimensioni e con numeri limitati di

fatture. Innovazione Anche durante gli anni di crisi 200812, le imprese che disponevano di brevetti hanno avuto performance nettamene migliori rispetto alle altre: una crescita del fatturato di circa 6 punti percentuali superiore e un miglior andamento dell’Ebitdamargin (circa mezzo punto percentuale in più). Riconoscendo, quindi, che l’innovazione a 360° rappresenta un elemento decisivo per la vitalità e la sviluppo delle imprese italiane, anche in termini di competitività, il nuovo accordo rafforza AdottUp, il progetto avviato nel 2013 per favorire un’exit industriale alle start up ad alto potenziale di sviluppo, e, con MatchUp, ne amplia il raggio d’azione estendendolo anche a imprese già operative che esprimono un alto potenziale di sviluppo. Attraverso l’accordo, Intesa Sanpaolo e Piccola Industria Confindustria si pongono dunque l’obiettivo di dare impulso ai processi di innovazione attraverso iniziative di matching specifiche per settore e territorio tra imprese dotate di elevata capacità innovativa, a partire dalle start up, e aziende consolidate sul mercato che hanno necessità di condividere o acquisire innovazione. A supporto delle start up, che costituiscono uno stimolo ai processi di innovazione nel sistema imprenditoriale italiano, la Banca mette inoltre a disposizione un’offerta integrata di servizi che comprende, oltre al progetto AdottUp, avviato insieme a Piccola Industria Confindustria per promuovere il sostegno da parte di aziende senior, anche i fondi Atlante Ventures e piattaforme di incontro tra domanda e offerta di innovazione come Start Up Initiative e Officine Formative, il centro di alta formazione di Intesa Sanpaolo dedicato alle imprese. Proprio allo sviluppo del capitale umano Intesa Sanpaolo e Piccola Industria Confindustria assegnano un ruolo decisivo per la crescita delle imprese.


Pertanto, il nuovo accordo prevede, attraverso le strutture specialistiche della Banca, interventi formativi progettati in base alle specifiche esigenze delle aziende, con l’obiettivo di accrescerne il livello di competenze e costruire un rapporto fondato su un patrimonio di conoscenze condivise. Export e internazionalizzazione Malgrado gli ottimi risultati degli ultimi anni le potenzialità di sviluppo sui mercati esteri sono ancora enormi: le export in percentuale della produzione nazionale nel manifatturiero sono attualmente pari al 39% in Italia, contro un 58% in Germania e un 51% in Francia. Per cogliere, dunque, le opportunità di un mercato sempre più globale, l’accordo include un’ampia piattaforma di prodotti e servizi di consulenza a 360° proposti dal team di specialisti in inter-

nazionalizzazione di Intesa Sanpaolo a supporto delle strategie di espansione commerciale e di internazionalizzazione delle PMI. Dialogo Per attivare e sviluppare una relazione virtuosa fra impresa e banca, l’accordo conferma, nel segno della continuità, i servizi di consulenza globale mediante gli strumenti di dialogo e supporto consulenziale attivati nei precedenti accordi e ulteriormente perfezionati. Inoltre, per una migliore valutazione del merito creditizio dell’impresa ai fini dell’accesso al credito o a forme alternative di finanziamento, l’accordo sancisce l’avvio di un Tavolo congiunto Intesa Sanpaolo – Piccola Industria Confindustria che, partendo dall’analisi di casi di aziende di successo, ha

il compito di individuare nuovi criteri,di natura qualitativa, per misurare le potenzialità di sviluppo dell’impresa. Expo 2015 L’accordo rende accessibile alle aziende clienti di Intesa Sanpaolo,in relazione ai progetti avviati dalla Banca in qualità di Global Banking Partner di Expo 2015, le opportunità di business e di contatto commerciale per tutta la durata dell’evento. Ulteriori plafond dedicati all’offerta settoriale attinente ai temi di Expo 2015 (agroalimentare, made in Italy) saranno messi a disposizione delle aziende per realizzare specifiche iniziative e progetti imprenditoriali. I contenuti dell’accordo nazionale saranno declinati a livello locale attraverso un percorso che proseguirà per tutto il 2015 con il coinvolgimento delle

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strutture territoriali di Confindustria e di Intesa Sanpaolo. Gli accordi precedenti L’intesa siglata ultimamente è la quinta fase di un percorso che Piccola Industria Confindustria e Intesa Sanpaolo hanno intrapreso a partire dal 2009. Attraverso gli accordi con Piccola Industria Confindustria, dal 2009 al 2014, Intesa Sanpaolo ha messo a disposizione delle imprese associate 45 miliardi di euro. Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria ha affermato:“Investire sulle imprese e sul loro sviluppo è la chiave per uscire dalla crisi. Ma le imprese non possono crescere né generare valore senza adeguata liquidità. È per questo che l’accordo con Intesa Sanpaolo, il quinto di una proficua collaborazione avviata nel 2009, ha valenza strategica per affrontare quell’emergenza credito che resta ancora forte, soprattutto per le PMI. Confindustria continuerà a impegnarsi con determinazione, come abbiamo fatto di recente anche con l’Agenda per il Credito, per avere strumenti che valorizzino i punti di forza qualitativi delle imprese, consentano loro di puntare su crescita, innovazione, internazionalizzazione. È particolarmente significativo poi che quest’anno l’accordo dedichi forte attenzione a Expo 2015, con plafond dedicati, e favorisca la patrimonializzazione delle imprese e il loro accesso a canali di finanziamento alternativi a quello bancario”. Alberto Baban, presidente di Piccola Industria Confindustria: “Piccola Industria collaborerà, anche con il supporto delle sue componenti territoriali, per

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valorizzare le soluzioni proposte dalla nuova intesa che quest’anno si focalizza con decisione sull’innovazione a 360°. In particolare, grande attenzione sarà rivolta a promuovere l’incontro e la contaminazione tra startup ad alto potenziale di sviluppo, o realtà già operative, con aziende consolidate per creare sinergie di crescita e innalzare l’innovazione complessiva del paese. In Italia, abbiamo molte aziende competitive e all’avanguardia che fanno la differenza, anche grazie alla ricca catena di fornitori innovativi. Sono queste le realtà su cui puntare come esempi eccellenti che possono fungere da traino per l’intero sistema. La sperimentazione prevista dall’accordo proprio su queste imprese con cui individuare nuovi criteri di natura qualitativa per valutare il merito di credito è un passaggio fondamentale per modernizzare le relazioni con le banche e cogliere le reali potenzialità di sviluppo delle imprese.” Carlo Messina, consigliere delegato e Ceo di Intesa Sanpaolo: “Il sistema imprenditoriale italiano ha dimostrato di avere la forza necessaria per superare una crisi che lo ha indebolito e ovunque vediamo segnali incoraggianti di un ritorno agli investimenti. Tuttavia, per consolidare i risultati ottenuti in questi ultimi mesi, bisogna rafforzare l’impegno; ciascuno, istituzioni, sistema bancario, imprese, deve dare il proprio contributo per far ripartire l’economia con più slancio. Intesa Sanpaolo ha previsto nel proprio piano industriale l’erogazione in quattro anni di 170 miliardi di nuovo credito a famiglie e imprese, oltre il 10% del Pil nazionale. Come Banca stiamo svolgendo il nostro

compito, ovvero quello di non far mancare risorse a chi ha piani sostenibili di crescita. Ma anche le imprese devono rilanciarsi e gli imprenditori investire di più nelle proprie aziende, affinché possa innescarsi quel circolo virtuoso da cui possono arrivare benefici per occupazione, consumi e produzione. L’accordo che viene sottoscritto oggi, e che rinnova una collaborazione solida tra Piccola Industria Confindustria e Intesa Sanpaolo, va proprio in questa direzione, mettendo a disposizione, oltre alle risorse, anche gli strumenti per spingere la ripresa.” Marco Siracusano, responsabile Direzione Marketing della Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo: “Il fatto che le imprese debbano orientarsi verso un’innovazione continua e a 360° rappresenta una necessità non più rinviabile; l’innovazione giocherà un ruolo decisivo non solo per la crescita dell’azienda sul piano internazionale ma per la sua stessa sopravvivenza. Il punto di forza del nuovo accordo con la Piccola di Confindustria è proprio quello di favorire l’incontro tra domanda e offerta di soluzioni innovative, siano esse di prodotto o di processo. All’interno di un mondo imprenditoriale sano e vitale deve esserci una contaminazione virtuosa di idee, talenti e tecnologie che va sostenuta con adeguati programmi di finanziamento e di formazione. Il nostro impregno, come Banca, è anche quello di far crescere le competenze e creare con le nostre imprese una partnership non solo di natura finanziaria ma basata su un patrimonio di conoscenze condivise.” Stefania Vergani


nautica / porto&diporto

Salerno, porti turistici con potenzialità inespresse N

on scopriamo certamente l’acqua calda se, gettando uno sguardo sulle caratteristiche morfologiche della penisola italiana caratterizzata da svariati chilometri di costa, indichiamo il mare come risorsa fondamentale del nostro Paese ed elemento trainante dell’economia nazionale. Purtroppo ci si è accorti in ritardo dell’importanza vitale di questa risorsa e delle ricadute reddituali ed occupazionali della cosiddetta “Blue Economy” e questo aspetto non ha certamente risparmiato i porti turistici con particolare riguardo al territorio salernitano per gli aspetti che in questa sede vogliamo evidenziare. Il golfo di Salerno è l’asse mediano tra due splendide coste dal punto di vista paesaggistico: la “divina” costiera amalfitana, già conosciuta e apprezzata dal turismo internazionale, e la costiera cilentana luogo di incontaminate bellezze naturali. Se per ragioni morfologiche e logistiche nella portualità della costiera amalfitana riscontriamo una carenza di approdi nonostante l’ingente domanda di posti barca, la costiera cilentana si caratterizza per la presenza di tratti costieri più accessibili. Il porto turistico rappresenta indubbiamente un bacino importante per l’economia locale dei borghi costieri

ove essi insistono, ma purtroppo ancora oggi deve essere evidenziata la mancanza di un anello di congiunzione tra mare e terra. Se il porto rappresenta la “porta d’ingresso”del diportista e del turista in genere, difficile resta ancora l’intermodalità con i siti archeologici, ad esempio i Templi di Paestum e gli scavi di Velia, dove vi è la necessità di incrementare i collegamenti per soddisfare le tante richieste. Questo aspetto sicuramente non trascurabile va a sommarsi alle altre criticità come l’annosa difficoltà di raggiungere il territorio cilentano: si pensi

ad esempio ai noti problemi di viabilità delle strade provinciali, il mancato sviluppo dell’aeroporto Salerno/Costa d’Amalfi e l’assenza di cabotaggio marittimo dopo la soppressione del Metrò del Mare, che a nostro avviso andrebbe rimodulato come frequenza e come scali. Occorre, inoltre, riscontrare una deficitaria pianificazione e regolamentazione delle attività portuali essenziali poiché quella originaria destinazione ad uso ricovero di imbarcazioni e base per i lavori di cantieristica e rimessaggio sta lentamente scomparendo a causa dell’incremento di parcheggi e piazze che stanno sorgendo nelle aree portuali a discapito dei concessionari e dei diportisti. Un’ultima osservazione riguarda la presenza di infrastrutture portuali inadeguate per la mancata ristrutturazione di banchine, soprattutto riguardante i porti Cilentani, si pensi all’insabbiamento e alla presenza di posidonia. In conclusione, con la buona volontà delle Istituzioni preposte si attende un “Tavolo” onde ripianificare la portualità turistica salernitana e renderla finalmente l’eccellenza che merita, considerate le peculiarità paesaggistiche, culturali ed enogastronomiche che la questa terra offre al visitatore. Roberto Maffia

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nautica / porto&diporto

Utilizzo commerciale delle unità da diporto con più di dodici passeggeri D

i recente è sorta una querelle giuridica sulla normativa di sicurezza da applicare alle unità da diporto adibite al noleggio abilitate al trasporto di un numero di passeggeri maggiore di dodici e ciò dopo una determinazione ministeriale che ha ritenuto applicabile anche a tali unità la normativa prevista dal DPR 435/1991, contenente norme di sicurezza per le navi passeggeri, sebbene la disciplina giuridica per tali unità sia contenuta nelle disposizioni normative applicabili alle unità da diporto ed in particolare nell’art. 78 del decreto 29 luglio 2008, n. 146 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Regolamento di attuazione dell’art. 65 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, recante il codice della nautica da diporto). La querelle si incentra sull’interpretazione del citato art. 78, che mentre nel primo comma esclude in maniera perentoria l’applicazione alle unità di porto adibite al noleggio, abilitate a trasportare più di dodici persone, della normativa di sicurezza in materia di diporto nautico; nel secondo comma per effetto della tecnica del rinvio normativo, rinvia la disciplina in materia di sicurezza per le unità da diporto abilitate a trasportare più di dodici passeggeri in navigazione nazionale al decreto legislativo 45/2000. Al riguardo, per chiarezza espositiva, va precisato che la normativa in materia di diporto nautico è un’ulteriore forma di diritto speciale all’interno del diritto speciale costituito dal diritto della navigazione ed è pertanto tendenzialmente autosufficiente per la disciplina di quel determinato settore: la nautica da diporto.1 Pertanto, costituendo la normativa sul diporto nautico un aliud rispetto al diritto comune, presenta la caratteristica negativa di escludere la disciplina posta dal diritto comune2, salvo che, come nel caso in esame, essa non venga espressamente richiamata. Al riguardo, per chiarezza espositiva, va precisato che allorquando un atto normativo, nell’individuare o nel disciplinare una determinata fattispecie, richiami le disposizioni di un altro atto, esso opera un rinvio mediante il quale l’atto rinviante si appropria del contenuto prescrittivo contenuto nell’atto richiamato. Nel caso specifico, la stessa formulazione del’art. 78 consente di classificare tecnicamente il rinvio come rinvio formale (o mobile o non recettizio o dinamico) in quanto il richiamo è alla fonte normativa (decreto legislativo 45/2000) ed a tutte le sue successive modificazioni, in caso contrario e cioè se l’art.78 avesse richiamato il testo delle disposizioni, e non la fonte, esse 1  ^ Il diritto speciale è un modo più specializzato di regolare ipotesi normative che rientrano in quelle più ampie e comprensive del diritto comune. Il rapporto diritto speciale-diritto comune è relativo, dato che la disciplina speciale può essere ulteriormente specializzata, con la conseguenza che ciò che è diritto speciale rispetto ad un sistema di norme, può essere diritto comune rispetto ad un sistema di norme ulteriormente specializzate. Cfr.: Rolando Quadri “Applicazione della legge in generale” in Commentario del Codice Civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, “Disposizioni sulla legge in generale art. 10-15” Zanichelli Editore, Bologna, 1974, pag. 304 2  ^ Il rapporto tra diritto comune e diritto speciale si può rappresentare con l”immagine di due cerchi dei quali l’uno (diritto speciale) occupa una parte della superficie dell’altro (diritto comune). Il diritto speciale, poiché costituisce un aliud rispetto al diritto comune presenta la caratteristica negativa di escludere la disciplina posta dal diritto comune, occupando una parte della superficie di questo. Cfr.: Rolando Quadri, ibidem, pagg. 304 e 307

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sarebbero diventate idealmente parte di esso così come scritte nel momento del rinvio, cosicché tutte le successive modificazioni dell’atto richiamato non avrebbero toccato l’atto rinviante: in tal caso il rinvio sarebbe stato classificato come rinvio materiale (recettizio o statico)3 Pertanto la disciplina della sicurezza delle unità da diporto adibite al noleggio che siano abilitate a trasportare più di dodici passeggeri va individuata unicamente nelle pertinenti norme del decreto legislativo 45/2000 e non può essere rinvenuta in altre fonti. Per chiarezza di esposizione si rende necessario illustrare brevemente la natura e la portata del decreto legislativo 45/2000. Il decreto legislativo 45/2000 venne emanato in attuazione della direttiva comunitaria n. 98/18/CE del 17 marzo 1998, che ha istituito un regime di sicurezza armonizzato per le navi da passeggeri adibite a viaggi nazionali e ne riproduce il contenuto. Le disposizioni del decreto sono quindi rivolte a navi aventi finalità commerciali e non da diporto. Le navi e le unità da diporto all’interno del decreto vengono citate soltanto per escluderle dall’applicazione dello stesso, qualora il loro utilizzo commerciale e le loro caratteristiche tecniche avessero potuto ingenerare dubbi sulla loro eventuale qualificazione come navi passeggeri o navi veloci. Tra l’altro alla data di emanazione del decreto non si poneva alcun problema di interpretazione in merito alla sua applicabilità unità da diporto utilizzate per fini commerciali con un numero di passeggeri superiore a dodici, perché esso non era consentito.4 In ragione di quanto precedentemente illustrato e per effetto del rinvio normativo operato dall’art. 78 del decreto 29 luglio 2008, n. 146, le navi e le altre unità da diporto utilizzate per fini commerciali che trasportino non più di dodici passeggeri sono le sole a risultare escluse dall’applicazione del decreto, in quanto lo stesso è letteralmente chiaro nell’indicare specificamente e non genericamente a quali unità da diporto esso non vada applicato. Per effetto del richiamo si deve intendere applicabile a tutte le unità da diporto che non risultino espressamente escluse, per cui non si possono ritenere oggetto di esclusione quelle unità da diporto che pur trasportando più di dodici passeggeri, abbiano caratteristiche simili alle navi passeggeri, per le quali è prevista una diversa normativa non applicabile alle unità da diporto, quella appunto prevista dal D.P.R. 435/91. Diversamente opinando, si dovrebbe ammettere molto temerariamente l’esistenza di una lacuna normativa che comunque non potrebbe essere colmata facendosi ricorso all’applicazione del D.P.R. 435/91, non rinvenendosi alcuna tecnica interpretativa ammessa dalle disposizioni preliminari al codice civile che ne consenta l’applicazione, considerato, altresì, che la normativa speciale di sicurezza per le unità da diporto, anche se utilizzate commercialmente, si rinviene unicamente nel decreto 29 luglio 2008, n. 146 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che per effetto del rinvio si è appropriato del contenuto prescrittivo delle norme richiamate.5 Aniello Cuomo 3  ^ Il rinvio recettizio o statico rende la disciplina richiamata insensibile alle variazioni sopraggiunte (Tar Emilia Romagna Sezione I, 15 novembre 2013, n. 730). Un rinvio dinamico deve tener conto dell’evolversi legislativo. (Tar Puglia, Lecce, Sez. I, 17 ottobre 2013, n. 2136) 4  ^ L’utilizzo commerciale delle unità da diporto è stato ammesso per la prima volta in Italia nel 1989, con la legge 5 maggio 1989, n. 171. Le pertinenti norme successivamente hanno subito alcune trasformazioni, fino a consolidarsi con il nuovo codice della nautica da diporto (d.lgs. n. 171, del 18 luglio 2005, in G.U. 31/08/2005, in attuazione della delega di cui all’art. 6 della legge 8 luglio 2003, n. 172, di recepimento della direttiva comunitaria 44/2003). 5  ^ Si ha rinvio quando “un atto normativo intende appropriarsi di un contenuto prescrittivo che è stato formulato in un atto diverso, il quale non viene toccato in nulla da tale richiamo. Cfr: Rodolfo Pagano “Introduzione alla legistica. L’arte di preparare le leggi” A. Giuffre Editore, Milano, Terza Edizione 2004, pag. 97; G. U. Rescigno, L’atto normativo. Bologna, Zanichelli, 1998, pag.176

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nautica / porto&diporto

Ucina Confindustria Nautica riconoscere i marina resort D

opo il Friuli V.G., anche l’Emilia Romagna e la Liguria riconoscono i “marina resort”. Le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento dei turisti all’interno delle proprie unità ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, finalmente equiparate a tutti gli effetti alle strutture ricettive all’aria aperta. Condizione necessaria per l’applicazione dell’IVA al 10% vigente per tutti gli altri segmenti del turismo. Il turismo è una risorsa essenziale per l’economia del Paese, per questo a esso si applica un’IVA ridotta al 10%, in luogo di quella ordinaria del 22%. Ciò accade per tutte le strutture ricettive, a prescindere dalla tipologia e dal livello dell’offerta, con una sola eccezione: la sosta e il soggiorno dei diportisti a bordo delle imbarcazioni. Questa sperequazione danneggia fortemente l’incoming turistico-nautico e, più in generale, le economie costiere. La nautica vanta infatti il più alto moltiplicatore del reddito e dell’occupazione di tutto il cluster marittimo (settori della pesca e crocieristico inclusi), ma soprattutto dalle analisi dell’Osservatorio Nautico Nazionale emerge che la

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spesa sul territorio di un turista nautico ammonta mediamente a poco meno del doppio di quella effettuata da un turista cittadino. La proposta di istituire i “marina resort” – quali porzioni dei porti destinate al pernottamento dei turisti all’interno delle proprie unità - mira proprio a colmare questa lacuna, aprendo finalmente all’applicazione dell’IVA turistica. Rendendo più appetibile la sosta presso gli ormeggi in transito si vogliono far rientrare una parte delle 40.000 imbarcazioni fuggite all’estero dopo le politiche repressive del Governo Monti. La solita obiezione, quella di un minore gettito fiscale per le casse dello Stato, viene smentita da uno studio commissionato all’Osservatorio Nautico Nazionale che dimostra come il maggior gettito fiscale derivante dalla sosta in Italia di queste unità sarebbe sei volte il costo dei minori introiti IVA. Per questo UCINA Confindustria Nautica aveva iniziato già da diversi anni una campagna presso le istituzioni governative e regionali e oggi, dopo essere riuscita a imporre la questione come un tema di attualità politica, coglie alcuni importanti risultati. Dopo la regione Friuli Venezia Giulia, dove sono

operativi da tempo, l’Emilia Romagna è prossima all’approvazione delle norme attuative dei “marina resort”, mentre la Liguria ha portato una norma analoga all’approvazione della Giunta. Infine è stato presentato alla Camera dei deputati un disegno di legge su questa materia, firmato dagli onorecoli Epifani e De Micheli, per prevedere il riconoscimento di queste strutture nautiche nell’intera Penisola. “Rimane il rammarico per il decreto Turismo, adesso al vaglio della Camera – spiega il presidente di UCINA Confindustria Nautica, Massimo Perotti – che in questo senso è stata un’occasione sprecata e per questo ho richiesto ai ministri Franceschini e Lupi di poter avere quanto prima un incontro”. “Nel ringraziare pubblicamente gli assessori al Turismo della Liguria – Angelo Berlangieri – e dell’Emilia Romagna – Maurizio Melucci - per la sensibilità e la tempestività nonché l’attenzione politica con la quale hanno inteso agire nell’interesse delle filiere nautiche e dei loro territori – conclude il presidente Perotti – continueremo a batterci, se possibile con ancora maggiore vigore, a sostegno del turismo nautico”. Stefania Vergani


ricerche / porto&diporto

Ci vuole una terra per vedere il mare

Presentato il Rapporto Giorgio Rota su Napoli - Spunti di riflessione su società, economia e progetti dell’area metropolitana

S

RM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo), Centro Einaudi e Unione Industriali di Napoli hanno presentato il Primo Rapporto Giorgio Rota su Napoli dal titolo “Ci vuole una terra per vedere il mare” realizzato con il sostegno della Compagnia di San Paolo. Il rapporto analizza tra l’altro il cruciale ruolo delle infrastrutture di interconnessione all’interno del più ampio bacino dell’area metropolitana. I progetti e le politiche in campo più rilevanti vengono illustrati attraverso l’interlocuzione con tre fra i principali rappresentanti della domanda e offerta di infrastrutture di connessione e di trasporto: l’industria, il mondo delle costruzioni e il sistema portuale. La ricerca, infine, si chiude con un approfondimento di tipo comparativo fra Napoli e altre città italiane ed europee confrontabili, condotto su basi dati ed evidenze di natura quantitativa. Ne emerge una Napoli dove esiste capacità produttiva, industriale e artigianale di grande qualità e che rappresenta per il Mezzogiorno ancora un potenziale fattore di crescita culturale e

sociale di livello internazionale. Il ruolo della città nel contesto internazionale e il posizionamento competitivo dell’area metropolitana di Napoli Nel Mondo oltre la metà della popolazione vive nelle città e quelle vicino al mare o sul delta dei fiumi tendono ad essere le città più grandi del mondo (17 sulle prime 23). Le 23 mega-città (con oltre 10 milioni di abitanti) coprono oltre la metà della ricchezza globale e se si amplia l’analisi alle grandi conurbazioni (le mega Regioni) esse rappresentano il 18% della popolazione mondiale, ma coprono il 66% delle attività economiche e l’85% dell’innovazione tecnologica. L’area metropolitana di Napoli con oltre 3,5 milioni di abitanti è l’ot-

tava città europea per dimensione ed è paragonabile a città quali Barcellona ed Atene. (Grafico n.1)

(Grafico n.1)

(Grafico n.2) Napoli è la terza città italiana per Pil dopo Milano e Roma e 26° (su 115) città europea. Il Pil Napoletano - pari a 61,8 Miliardi di dollari - è superiore a quello di uno Stato come la Slovenia, ed è paragonabile a città di prestigio come Praga, Helsinki, Copenaghen e Zurigo. Ma è anche la 5° città europea per crescita del tasso di disoccupazione durante la crisi. Conta oltre 233mila disoccupati, pari alla metà di Londra ma con un quarto dei residenti (il tasso di disoccupazione è del 25,8%), registrando quindi indubbie problematiche di inclusione sociale. (Grafico n.2) A Napoli, il numero di brevetti (10,8 brevetti per 1 milione di abitanti) è tra i più bassi dell’Unione Europea ed è molto

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al di sotto della media italiana (70). Napoli concentra soltanto l’1% dell’attività brevettuale italiana. (Grafico n.3)

poi associare in uno stretto rapporto di interdipendenza, ovviamente, anche quello economico e produttivo che determina e condiziona i flussi delle per-

(Grafico n.3) Alcune evidenze del Rapporto La configurazione urbana e demografica del Napoletano - L’evoluzione urbanistica dell’area di Napoli è strettamente correlata alla sua evoluzione demografica; un’area con più di tre milioni di abitanti (il 53% della popolazione regionale) che ha visto infatti nel tempo variare profondamente il rapporto tra la città e la sua provincia. (Grafico n.4) Nel periodo intercensuario tra il 1951 ed il 2011 la popolazione urbana cala del 39,4% mentre quella della provincia mostra una crescita del 9,6%. Nell’ultimo decennio (dal 2001 al 2011) si assiste ad un calo complessivo della popolazione dell’intera area metropolitana (-0,1%, che deriva da un calo del -4,2% della città non compensata dalla crescita dell’1,9% della provincia). Quindi cresce il peso della provincia, il flusso di persone e merci si distribuisce al di fuori della cinta urbana, si popola l’area Nord Ovest dopo aver visto nel tempo accrescere il peso della zona costiera da Est a Ovest. Il consistente peso demografico della provincia di Napoli è confermato dalla presenza di ben 10 comuni su 92 con più di 50.000 abitanti. Soltanto 30 di essi sono invece sotto la soglia dei 10.000. I comuni della provincia di Napoli si sono ormai saldati tra di loro generando di fatto un’unica, enorme, periferia indifferenziata che circonda tutta Napoli e che definisce ormai “un’altra città”. Allo sviluppo demografico si deve

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sone e delle merci. Lo sviluppo produttivo dell’area di Napoli ha avuto molti alti e bassi, e ha condotto ad una struttura economica che in linea generale è così delineata: • in città: servizi terziari, commercio e ricerca, artigianato di qualità; • provincia interna: industria mani-

ad esempio anche un alto livello dei costi di congestione per l’area urbana. (Grafico n.5) Questi squilibri strutturali generano spesso un errore interpretativo, cioè che tali fenomeni di congestione derivino solo dall’eccesso di domanda di mobilità sul territorio. Nella realtà metropolitana napoletana esistono invece aree urbane esterne al territorio di Napoli «dormienti» a causa della inadeguatezza del sistema di interconnessione, concepito quasi sempre in funzione dell’accessibilità al centro urbano. E’ quindi necessario migliorare la capacità e la qualità delle interconnessioni esistenti ed al contempo riequilibrare meglio sul territorio le connessioni tra centri esterni ed appartenenti alle aree suburbane. Al riguardo, qualunque ipotesi di intervento deve comunque essere inserita nel più ampio modello di sviluppo urbano di tipo «intelligente» (smart city) di tipo urbanistico, funzionale e ovviamente logistico (city logistic). Una città Smart è una città ad alta capacità di apprendimento, ad alto tasso di innovazione e di creatività e nella quale tutte le risorse sono rese accessibili, attraverso infrastrutture digitali e fisiche efficienti. Dal punto di vista «Smart» c’è ancora molto da fare

(Grafico n.4) fatturiera (ad esempio automotive, aerospazio, agroalimentare), grandi centri commerciali; • provincia costiera: turismo, costruzioni ed economia marittima. Il riposizionamento competitivo della città e dell’area metropolitana di Napoli: l’approccio «smart», i grandi progetti - La pur consistente «armatura» infrastrutturale di connessione presente nell’area napoletana (e più in generale in Campania) appare squilibrata verso l’asse Nord-Nord Est (porta tradizionale di accesso alla città). Questo determina

a Napoli e nel Mezzogiorno. Esistono però vari progetti, alcuni già avviati dal Comune di Napoli, ma molti altri ancora in fase di prima attuazione. Nella graduatoria dello Smart City Index 2014 Napoli è 9° rispetto alle 15 città metropolitane, recuperando una posizione rispetto al 2013 (33° nella graduatoria complessiva, era 50 esima nel 2013). In termini di posizionamento competitivo sono interessanti i recenti dati (seppur non presenti nel Rapporto) diffusi dal rapporto della World


Bank “Doing Business” che ha studiato le regolamentazioni che favoriscono o limitano l’attività imprenditoriale, analizzando 5 indicatori «Business» in 13 città italiane e 7 porti. In particolare vengono valutate nei seguenti indicatori le procedure, i tempi ed i costi necessari. Le risultanze evidenziano il posizionamento di Napoli nei cinque indicatori prescelti: Avvio d’attività d’impresa: 12° posto (1° Catanzaro) Ottenimento dei permessi edilizi: 11° posto (1° Bologna) Trasferimento di proprietà immobiliare: 4° posto (1° Bologna) Risoluzione di dispute commerciali: 2° posto (1° Torino) Commercio transfrontaliero marittimo: 3° posto (1° Genova) (Grafico n.6) Riposizionamento competitivo significa riqualificare il tessuto urbano e quello suburbano, dalle aree dismesse ad Ovest a quelle a Est della città; valorizzare la principale porta d’accesso dell’area cioè il Porto; infine rivalutare il grosso patrimonio storico e culturale di cui tutta l’area dispone e che ha, ad esempio, in Pompei, un suo riferimento di rilevanza assoluta. Queste iniziative sono tutte inserite nella programmazione comunitaria 2007-2013 che le denomina Grandi Progetti, con una dotazione complessiva di quasi 550 milioni di euro ed hanno tutte scontato ritardi nell’attuazione, causati da meccanismi di fruizione dei fondi farraginosi e burocratici. E’ da sottolineare che la città di Napoli è stata

(Grafico n.5) interessata dal 64% della progettualità (in valore) dell’intero POR Campania 2007-2013. Le prospettive 2014-2020 sono rivolte a dare una grande attenzione allo sviluppo urbano. Almeno il 5% delle risorse FESR a livello nazionale sarà destinato proprio allo sviluppo urbano sostenibile mediante le «azioni integrate» gestite dalle città stesse. In Italia è in fase di definizione un PON Metro con una dotazione di 1 miliardo di euro e destinato allo sviluppo di 14 città metropolitane - tra cui Napoli - che riceveranno una dotazione finanziaria pari a 80-100 milioni di Euro. Le cinque sfide per Napoli 2020 In sintesi possiamo dire che la città

metropolitana di Napoli nel prossimo decennio ha davanti a sé una serie di sfide che possono e devono essere vinte: 1) rafforzare e mettere a sistema le infrastrutture di accesso, di mobilità ed immateriali; 2) darsi un nuovo «brand» di capitale del Mediterraneo; 3) potenziare i suoi settori industriali di punta (tradizionali e innovativi); 4) valorizzare la leadership innovativa di alcune realtà (es. Biotech, nuovi materiali); 5) investire nella sua “effervescenza culturale” e nella potenzialità turistica verso un “futuro smart”. REDMAR

(Grafico n.6)

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lavoro / porto&diporto

Inail, ancora in calo gli infortuni sul lavoro

Nel 2013 sono stati 457mila con 660 casi mortali La flessione percentuale rispetto all’anno precedente è pari, rispettivamente, al 9% e al 17%.

I

dati contenuti nella relazione annuale dell’Inail presentata a Montecitorio dal presidente Massimo De Felice, alla presenza della vicepresidente della Camera, Marina Sereni, e del ministro del Lavoro, Giuliano Po-

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letti. La serie storica del numero degli infortuni sul lavoro prosegue il suo andamento decrescente. Nel 2013, infatti, l’Inail ha registrato 694.648 denunce, circa 50mila in meno rispetto all’anno

precedente, equivalenti a una riduzione percentuale di quasi il 7%; che sale al 21% nel confronto con lo stesso dato relativo al 2009. Gli infortuni riconosciuti sul lavoro dall’Istituto sono invece diminuiti di più del 9%, passando dagli oltre 500mila del 2012 ai circa 457mila dell’anno scorso. Questi alcuni dei dati principali sull’andamento infortunistico emersi dalla Relazione annuale illustrata recentemente nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio dal presidente dell’Inail, Massimo De Felice, alla presenza della vicepresidente della Camera, Marina Sereni, e del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti. Più della metà dei decessi legata al rischio strada. Più del 18% degli infortuni riconosciuti sul lavoro dall’Inail sono avvenuti “fuori dall’azienda”, cioè “con mezzo di trasporto” o “in itinere” (ovvero nel tragitto tra la casa e il posto di lavoro), ma la stessa percentuale sale fino a quasi il 57% nel caso degli incidenti che hanno avuto un esito mortale. Sul totale di 1.175 denunce di infortunio mortale (nel 2012 erano state 1.331), quelle finora riconosciute dall’Istituto come “sul lavoro” sono 660, di cui 376 avvenute “fuori dall’azienda”. Se i 36 casi ancora in istruttoria fossero tutti riconosciuti “sul lavoro” la riduzione sarebbe pari al 17% rispetto al 2012 e al 32% rispetto al 2009. Oltre 11,5 milioni di giorni di inabilità. Dalla relazione di De Felice emerge anche che nel 2013 gli infortuni sul lavoro hanno causato circa 11,5 milioni di giornate di inabilità con costo a carico dell’Inail (nel 2012 erano circa due milioni in più): in media 81 giorni per gli infortuni che hanno provocato menomazione e circa 20 giorni per quelli in assenza di menomazione. L’indice di sinistrosità mostra per gli infortuni sul lavoro accaduti negli anni


2009-2011 un andamento lievemente decrescente verso il livello di 2,4 ogni 100 addetti esposti al rischio per un anno, mentre i casi mortali si mantengono sotto i quattro ogni 100mila addetti. In aumento le denunce di malattie professionali. Le denunce di malattia presentate nel 2013 sono state 51.839, 5.556 in più rispetto alle 46.283 dell’anno precedente. Per 19.745, pari al 38%, l’Istituto ha riconosciuto la causa professionale, mentre circa il 3% è ancora nella fase istruttoria. Come sottolineato da De Felice, “è importante notare che le denunce riguardano le malattie e non le persone ammalate, che sono circa 39.300, al 41,9% delle quali è stata riconosciuta la causa professionale”. I lavoratori deceduti nel 2013 con riconoscimento di malattia professionale sono stati invece 1.475 (quasi il 33% in meno rispetto al 2009), di cui 376 per patologie asbesto-correlate protocollate nell’anno. L’analisi per classi di età mostra che il 62% di questi decessi è avvenuto oltre i 74 anni di età. Nella sezione “open data” aggiornamenti a cadenza mensile. In un altro passaggio della sua relazione, De Felice ha ricordato anche che dopo l’apertura, nel corso del 2013, della sezione “open data” sul portale dell’Istituto, che mette a disposizione con cadenza se-

mestrale le serie storiche quinquennali dei dati sui singoli casi di infortunio – corredati da modello di lettura, vocabolario e tabelle di sintesi – a partire dai primi mesi di quest’anno “sono stati resi pubblici, con cadenza mensile, i dati sulle denunce d’infortunio, garantendo il confronto con gli andamenti di periodo dell’anno precedente”. La pubblicazione dei dati a cadenza mensile e semestrale è dettata dall’esigenza di tutelare la “data quality” ed è regolata da un calendario, anch’esso pubblicato sul portale. Un perimetro da completare. “I dati dell’Inail – ha ricordato De Felice – si riferiscono ai suoi assicurati, non coprono cioè l’intero perimetro del mondo del lavoro”, essendo escluse dalla copertura garantita dall’Istituto alcune categorie di lavoratori come quelli delle forze armate e di polizia, i vigili del fuoco e i volontari della protezione civile. L’Inail, però, “è disponibile a ricevere ed elaborare dati per completare il perimetro e assolvere il compito di ‘authority delle conoscenze per la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, come è stato auspicato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza nella Relazione programmatica 2014-2016”. Predisposto un modello di lettura anche per le tecnopatie. Negli ultimi mesi è stato anche predisposto il mo-

dello di lettura delle malattie professionali, presentato agli organi dell’Istituto nel maggio scorso. Come già per gli infortuni, le scelte metodologiche alla base della pubblicazione saranno documentate in un Quaderno di ricerca dell’Istituto. Questa seconda fase del “progetto dati” dovrà essere conclusa entro l’anno, come annunciato nella sezione welfare dell’Agenda nazionale per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico 2014. Un programma per la valutazione dell’impatto economico. Nel frattempo è stato definito il programma di lavoro sulla valutazione economica di infortuni e malattie. Si tratta di “un passo importante – ha precisato De Felice – perché si riverbera sull’analisi dei dati contabili, sui metodi di valutazione delle grandezze attuariali, in particolare sulle basi tecniche per il calcolo della riserva, e quindi sugli schemi di controllo della solvibilità. Il programma, perciò, è strettamente collegato all’impegno di revisione dei premi e delle prestazioni richiesto nella legge di stabilità, alla verifica di sostenibilità economica, anch’essa prevista a seguito della riduzione dei premi e di adeguamento delle prestazioni nella legge, e al progetto di bilancio attuariale”. Paola Martino

lavoro/ porto&diporto

Propeller Club Port Salerno il primo anno di attività I

l Propeller di Salerno, in brevissimo tempo ha polarizzato non solo l’interesse mediatico, ma anche quello degli attori principali dell’economia marittima locale, come è stato per gli imprenditori dello shipping che sono diventati nostri associati per unirsi in quel prezioso cluster che rappresentiamo e per coloro che hanno aderito con entusiasmo alle nostre iniziative instaurando una partnership proficua per entrambi. Siamo già pronti ad affrontare una nuova stagione e nuove stimolanti sfide che ci vedranno interlocutori privilegiati del sistema logistico – portuale salernitano, con il ruolo “super partes” che ci ha sempre contraddistinto. L’attuale negativa congiuntura economica non può lasciare spazio a scelte incompatibili con lo sviluppo aziendale ed economico in generale , né può

Alfonso Mignone legittimare politiche di settore inerti o di basso profilo che, ignorando il potenziamento delle infrastrutture e, di con-

seguenza, limitando i traffici e l’occupazione che ne deriva, non siano in linea con quanto i mercati e il mondo del lavoro oggi richiedono: da qui il nostro attento monitoraggio per enti ed associazioni che non supportino gli interessi del cluster che rappresentiamo. Perciò mi permetto di affermare che “l’elica” salernitana perseguirà i suoi obiettivi di “traino” delle politiche inerenti l’economia dei trasporti. In conclusione posso affermare senza dubbio che è stato un anno impegnativo ma corroborato dall’impegno e l’apporto di riconosciute professionalità e, soprattutto, dal nostro entusiasmo e dalla nostra coerenza nel fare “massa critica” e nel proporr , a chi dovrà decidere, “la giusta rotta” per lo sviluppo economico e sociale del nostro territorio. Alfonso Mignone

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aziende / porto&diporto

Alle nuove generazioni il compito di ripartire

Intervista a Susanna Moccia, neo presidente del Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione Industriali di Napoli

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ortare avanti un’idea giovanile di fare impresa, costruire un territorio dove sia ragionevole vivere, sostenere l’autoimprenditorialità, promuovere la diffusione di nuove tecnologie nelle aziende. Soprattutto del manifatturiero, il comparto trainante dell’economia campana. Non ha dubbi Susanna Moccia, trentatré anni, nuovo presidente del Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione Industriali di Napoli. Moccia succede a Vincenzo Caputo, da qualche mese eletto numero due della squadra di Confindustria nazionale degli under 40. “Per rilanciare il tessuto produttivo regionale bisogna ripartire da qui, con un’azione che deve vedere in prima linea le nuove generazioni, quelle che credono ancora nel territorio e non sono disposte ad abbandonarlo”. Laurea in Economia aziendale conseguita nove anni fa alla Parthenope, sposata con un imprenditore e mamma di due bambini che porta con sé nei frequenti viaggi all’estero, Susanna Moccia ha alle spalle una lunga esperienza presso le aziende di famiglia dove è impegnata con i fratelli Ciro, Antonino e Marianna. Oggi si occupa prevalentemente del Pastificio “La Fabbrica della pasta di Gragnano” e della gestione di alcuni supermercati Decò, ma il suo chiodo fisso sono i mercati esteri, “l’unico modo per vincere le sfide della competizione”. Proprio l’internazionalizzazione delle aziende, insieme con l’innovazione e la salvaguardia del Made in Italy, saranno i cavalli di battaglia della squadra dei giovani imprenditori napoletani. “Lavoreremo per svecchiare e dare fiducia alle nuove generazioni, per valorizzare e tutelare il patrimonio costituito dalle nostre produzioni. Il Made in Italy - sottolinea Moccia - è il nostro principale valore aggiunto e in tale ottica faremo la nostra parte per contrastare i fenomeni che lo danneggiano, come la contraffazione e l’italian sounding che costano al Paese rispettivamente 6 e 54 miliardi di euro all’anno”. Sul fronte interno, l’imprenditrice di Gragnano lavorerà per allargare la base associativa e la formazione. “C’è molto da fare sul territorio dove disoccupazione e giovani che non lavorano e non studiano rappresentano una vera piaga sociale. Ci rimboccheremo le maniche per trovare soluzioni al problema, avvicinando il mondo del lavoro e quello della formazione continua, quella che serve realmente alle esigenze delle imprese, in sinergia con la scuola e l’università”. Per la giovane imprenditrice occorre però ripartire dal manifatturiero innovativo e da una seria politica industriale, perché “è questa la strada che porta ad una crescita dell’occupazione”. Nel Mezzogiorno è però più difficile fare impresa, le infrastrutture sono carenti, la burocrazia trova sempre un cavillo per mettere in crisi le attività, mentre le bollette sono più salate rispetto al Centro-Nord. Per tali motivi, spiega, “chiediamo a Regione e Comune di Napoli un supporto a chi vuole mettersi in proprio ed aprire un’impresa. Magari sostenendo le iniziative con uno sportello presso i Comuni dedicato alle start-up e all’imprenditoria giovanile. Gli imprenditori hanno bisogno delle istituzioni, ma anche le istituzioni hanno bisogno degli imprenditori”. Sulla nuova squadra scommette anche il vecchio leader del Gruppo Giovani, Vincenzo Caputo, uno dei tre nuovi vice presidenti di Confindustria under 40. “Essere arrivati al giorno delle elezioni con un candidato unico è un successo del Gruppo ed è un risultato significativo che darà certamente i suoi frutti”. L’assemblea del Gruppo Giovani Imprenditori di Napoli ha eletto anche i componenti del nuovo consiglio direttivo: Gianluigi Barbato, Guido Bourelly, Vittorio Ciotola, Biagio Del Giudice, Sergio Iavarone, Gaetano Liguori, Giovanna Mazzarella e Raffaele Tralice. Eduardo Cagnazzi

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A Brescia la prima smart city Venti famiglie nel futuro

Al via in questi giorni “Smart Domo Grid”: venti nuclei familiari vivranno per un anno nella propria casa l’esperienza delle reti intelligenti

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enti famiglie residenti nel villaggio “Violino” (circoscrizione Ovest di Brescia) vivono da qualche giorno nella città del futuro, in quella “smart city” che ha le proprie fondamenta nei servizi in rete e che ha come dorsale quella catena tecnologica fatta di connettività, gestione delle risorse energetiche ed elettrodomestici di ultima generazione. Per questi nuclei familiari ha preso infatti il via la fase sperimentale di “Smart Domo Grid”, il progetto di ricerca e sviluppo su scala reale che vuole saggiare i benefici delle reti elettriche intelligenti e dai programmi per un utilizzo più razionale dell’energia sulle utenze domestiche con funzionalità demand/response. “Smart Domo Grid”, realizzato con i fondi messi a disposizione dal Ministero dello Sviluppo economico, ha in A2A Reti Elettriche SpA il soggetto capofila, nel Politecnico di Milano (Dipartimento Energia) e in Whirlpool Europe srl i propri partner. Quello di Brescia è uno tra i più completi progetti di evoluzione della rete elettrica e di customer awareness re-

alizzato sino a oggi in Italia per le dimensioni e per il numero e la tipologia degli attori in gioco: A2A Reti Elettriche SpA è infatti azienda di riferimento per la distribuzione dell’energia elettrica nel Nord Italia e si è occupata nei mesi scorsi di implementare le logiche smart sulla rete elettrica e di selezionare e coinvolgere venti famiglie interessate dal progetto; il Politecnico di Milano ha sviluppato un’apparecchiatura per migliorare la qualità complessiva dell’energia elettrica e in grado di far fronte a momentanee interruzioni dell’alimentazione di rete; Whirlpool, leader mondiale nella produzione di elettrodomestici, fornisce i prototipi dei modelli connessi che lancerà il prossimo anno sul mercato europeo. Le case di ogni famiglia già in possesso di un impianto fotovoltaico e di connessione internet, sono state dotate di contatori elettronici di ultima generazione, hanno già ricevuto due elettrodomestici intelligenti di ultima generazione (frigorifero e lavastoviglie) e ne riceveranno un terzo (la lavatrice) subito dopo le vacanze estive, e di un tablet per il comando da

remoto sul quale gira una APP di un sistema di Energy Management per il monitoraggio e la gestione intelligente dei consumi energetici e degli elettrodomestici. La scelta è caduta su questi tre elettrodomestici perché ritenuti più significativi, alla luce dell’utilizzo continuativo che se ne fa. Tre i punti di forza di Smart Domo Grid: • La possibilità di pianificare nella fascia oraria più conveniente il funzionamento degli elettrodomestici alla luce dell’uso che si intende farne e grazie anche all’integrazione nel sistema di Energy Management domestico delle previsioni di produzione degli impianti fotovoltaici degli utenti. • La possibilità per l’utente di partecipare attivamente affinché la rete elettrica possa funzionare al meglio, ricevendo informazioni e consigli utili per gestire i sovraccarichi inviati direttamente al tablet. • La possibilità per ogni famiglia di monitorare lo storico dei propri consumi e delle produzioni del fo-

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tovoltaico tramite una web application messo a disposizione da A2A Reti Elettriche La realizzazione di una città intelligente in una zona circoscritta, come quella individuata nella periferia bresciana, e per un numero agevolmente controllabile di famiglie vuole testare nella quotidianità l’impatto delle smart grid e delle funzionalità demand/response legate ai consumi energetici di cui gli utenti beneficeranno tramite i futuri apparecchi tecnologici delle case, in questo caso i tre modelli di elettrodomestici connessi. Obiettivo del progetto SDG è mettere in moto quella catena tecnologica di domanda e offerta energetica che rappresenta la vera scommessa per la vita domestica e urbana degli anni a venire. Le possibilità di programmare il funzionamento degli elettrodomestici alla luce di un’offerta tariffaria più ricca rispetto all’attuale bioraria (quindi con la simulazione dei risparmi in bolletta che ne deriverebbero), di utilizzare energia da fonti alternative (in questo caso il fotovoltaico) e di rivedere le scelte della fonte energetica sulla base delle disponibilità del momento hanno lo scopo di limare i picchi di domanda, spalmandola in più momenti del giorno e della notte. Questo concorrerà a migliorare la qualità della tensione dell’energia, soggetta a sbalzi proprio a causa dei picchi stessi e, con essa, la qualità generale del servizio. Il progetto, condotto su un campione significativo di persone e in una situazione reale, potrà dare indicazioni importanti sulle abitudini degli utenti, sui vantaggi per la rete alla luce di un regime tariffario più variegato, sui benefici economici e ambientali per gli utenti e il sistema che una smart grid può offrire. Gli utenti, per tutta la durata del progetto, vedranno premiati con un sistema di incentivazione i comportamenti energetici più virtuosi. Le dichiarazioni dei partecipanti al progetto «Questo progetto rappresenta un importante tassello nella sperimentazione di “soluzioni abilitanti” una migliore efficienza energetica complessiva – afferma Lucio Cremaschini, responsabile di conduzione rete Area Brescia – Il progetto sviluppa e dimostra nuove funzionalità di monitoraggio e gestione dei consumi elettrici, sia dal lato consumatore sia da quello del distributore. I benefici attesi sono molteplici su entrambi i lati della catena. Un punto di forza del progetto è proprio nell’enfasi

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sulla sperimentazione in “vivo” - oltre l’ambito di simulazione in laboratorio - direttamente su una porzione di rete cittadina, con il coinvolgimento attivo di utenti reali» «Per Whirlpool innovazione significa beneficio per il consumatore – spiega Marco Signa, coordinatore del progetto per Whirlpool EMEA – in vista del lancio sul mercato degli elettrodomestici connessi è quindi determinante capire

come si rapporta l’utente finale con le possibilità offerte dalla nuova tecnologia. Nessuna verifica risulta più utile di quella fatta sul campo, in condizioni di impiego reale; per questo siamo certi che con il feedback delle famiglie saremo in grado di mettere a punto e proporre dei prodotti che segneranno le nostre abitudini domestiche negli anni a venire» Stefano Meroggi


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Vorwerk Folletto cresce il fatturato in Italia Bilancio 2013, l’azienda si conferma la consociata nazionale più forte del Gruppo Vorwerk. Il presidente Patrizio Barsotti: «Negli ultimi anni rinnovati brand, canali di distribuzione e prodotti, ma la vendita diretta a domicilio rimane il nostro focus strategico»

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n altro anno con il segno “più” per Vorwerk Folletto. L’azienda, che commercializza con la vendita diretta porta a porta il sistema di pulizia presente in una casa italiana su tre, ha chiuso il 2013 con un fatturato di 498 milioni di euro, +1,5% rispetto al 2012, e prosegue sulla scia positiva che ha visto crescere l’azienda del 20% negli ultimi cinque anni. Vorwerk Folletto si riconferma la consociata nazionale più forte dell’intero Gruppo Vorwerk, colosso della vendita diretta con sede a Wuppertal (Germania) e presente in 75 paesi del mondo, che nel 2013 ha fatto registrare vendite per 2,6 miliardi di euro. Sono i dati riportati nel Vorwerk Annual Report 2013, pubblicato pochi giorni fa, che racconta la realtà di un gruppo internazionale con 620mila addetti in tutto il mondo, la stragrande maggioranza attivi nella vendita diretta di beni durevoli per la casa, e un fatturato derivante da vendita diretta di 2,1 miliardi di euro. Commenta il presidente di Vorwerk Folletto Patrizio Barsotti: “I risultati confermano che Vorwerk Folletto è una realtà in crescita anche dal punto di vista della sua struttura di vendita. L azienda offre ottime opportunità di lavoro e la professione di Agente Folletto viene scelta da un numero crescente di persone. Quest anno abbiamo toccato i 4.000 venditori: gli italiani sono infatti sempre più attratti da una professione che ha in sé una forte componente imprenditoriale e che porta riscontri economici e di carriera impor-

Patrizio Barsotti tanti quando alle spalle c’è un’azienda, come la nostra, che investe con forza nella formazione, nel prodotto e nella comunicazione”. Negli ultimi anni, infatti, il Gruppo Vorwerk e la sua consociata italiana sono stati protagonisti di un grande rinnovamento del brand. Sono nati nuovi prodotti come il robot Folletto VR100, mentre il sistema di pulizia VK150 è stato lanciato sul mercato nel nuovo colore bianco raccogliendo subito ampi consensi. Inaugurati anche lo shop online e la rete di flagship store dei Vorwerk Point dove la clientela può trovare, oltre ad assistenza e accessori, alcune categorie di prodotti, ma non lo

storico aspirapolvere Folletto, che continua a essere venduto porta a porta. A sostenere il tutto una strategia di comunicazione volta a valorizzare soprattutto la professione di Agente Folletto, strategia di cui fa parte l’ormai pluriennale sponsorship con il Parma F.C. Vorwerk Folletto - Presente in Italia dal 1938, da oltre 75 anni Vorwerk Folletto è sinonimo di cura della casa per milioni di famiglie italiane. Il famoso sistema di pulizia per la casa viene distribuito esclusivamente tramite il canale di vendita porta a porta: oltre 4mila agenti contattano ogni anno più di due milioni e mezzo di famiglie, che possono contare una rete di assistenza di oltre 400 centri assistenza autorizzati. La vendita al domicilio del cliente consente di proporre e consigliare quella più adatta alle specifiche esigenze: una filosofia, questa, che spiega come l’attenzione di Vorwerk Folletto si concentra sui bisogni della famiglia. Gruppo Vorwerk - Nato in Germania nel 1883, da oltre 130 anni il Gruppo Vorwerk è un’azienda familiare che porta in tutto il mondo beni per la casa di altissima qualità, fra cui il sistema di pulizia Kobold (in Italia, Folletto) e il robot da cucina Thermomix (conosciuto dagli italiani come Bimby). Presente in 75 paesi del mondo, il Gruppo Vorwerk ha fatto registrare nel 2013 vendite per oltre 2,6 miliardi di euro e ne fanno parte oltre 620mila persone, la maggior parte delle quali impiegate nella vendita diretta. Cosimo Brudetti

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Pastificio Ferrara esperienza e innovazione C’

è una pasta che spinge sull’innovazione. E a spingerla è un imprenditore di quinta generazione. Si chiama Luca Ferrara che dal nonno ha ereditato l’arte di fare la pasta coniugando storia e innovazione; due fattori inscindibili che hanno consentito all’azienda nolana di ottenere in pochi anni sette certificazioni internazionali di qualità e quattro in-

venzioni di impianto brevettate. Attestazioni che hanno contribuito a fare dell’azienda il punto di riferimento in Italia nella produzione di pasta conto terzi, ma soprattutto a spingere le vendite all’estero. Tanto che nel 2013 l’export ha registrato un fatturato pari a circa 50 milioni di euro, sui 70 conseguiti complessivamente. Numeri di tutto rispetto, soprattutto se ottenuti in tempi di crisi economica e dei consumi. Ne parliamo con Luca Ferrara, amministratore unico del Pastificio Guido Ferrara. Quali sono i futuri programmi? “Il piano industriale parte da un investimento di 6 milioni di euro per la realizzazione di una nuova linea di produzione di pasta corta, il relativo impianto di confezionamento e di pallettizzazione finanziati dalla Sace con 4 milioni di euro”. Qual è l’obiettivo? “Incrementare soprattutto le vendite in Africa, Asia ed Australia dove siamo peraltro già presenti. E rafforzare il brand negli States dove è posizionato al terzo posto nel gradimento e utilizzo dei ristoratori locali”. E il mercato interno? “Oggi il brand Pasta Ferrara è presente sul mercato nazionale con cinque formati brevettati: Tirasugo, Di 5 in 5, Bucatini elicoidali, Pietre del

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Vesuvio e Siamesi. Ma il piano industriale, reso concreto con un investimento di circa 40 milioni di euro negli ultimi tre anni, prevede il potenziamento del brand anche in Italia, senza tuttavia tralasciare il mercato estero che rappresenta il core business aziendale e quello conto terzi. Si tratta di aziende ben presenti sugli scaffali della grande distribuzione, ma anche del consumo di nicchia”. La partita si gioca però sull’innovazione. “Certamente, e all’insegna del risultato che per noi è il piatto finale. Dall’impastatrice concava, dagli apparecchi di prosciugazione del prodotto, dalla macchina rotativa per l’incartamento fino alle linee automatiche per l’essiccazione, tutto è brevettato da noi. Nel senso che le aziende che hanno realizzato gli impianti si sono attenute ai disegni brevettati dei nostri tecnici ed alle nostre esigenze. E non è finita, perché pensiamo noi alla messa in produzione, al collaudo ed alla manutenzione, con enorme risparmio dei costi”. Quindi innovazione dei prodotti e dei processi. “Anche l’approvvigionamento idrico, che ricaviamo da un pozzo di circa cento metri, è sottoposto ad un processo innovativo di monitoraggio e filtraggio delle impurità che la rende assolutamente sicura per la produzione. E’ un impianto che ha richiesto nel 1999 un investimento di un miliardo di lire e che rappresenta un po’ il fiore all’occhiello del pastificio. E così è per l’energia termica, alimentata da due gruppi di impianti di 2,4 mega”. Ci faccia adesso una fotografia del pastificio. “E’ stato realizzato nel 1883 ed oggi è localizzato alle spalle del Cis e dell’Interporto di Nola su una superficie di 100mila metri quadrati. Undici sono le linee produttive, incluse quelle per il couscous, biologico e integrale, altre 40 sono riservate al confezionamento, mentre la capacità di stoccaggio è di 20mila pedane. Tutto è automatizzato, compreso cinque macchine senza conducente che prelevano i prodotti dagli impianti fino al confezionamento. Ed altamente specializzato è il personale, diretto da Giuseppe Brancaccio che per anni ha lavorato presso una primaria azienda nazionale produttrice di macchinari per pastifici. L’esperienza, dunque, e l’innovazione. E questo è il nostro piatto”. Eduardo Cagnazzi


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XVII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico L

a XVII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il patrocinio di Expo Milano 2015, Unesco e UNWTO, si svolgerà nuovamente nell’area archeologica della città antica di Paestum: l’area adiacente al Tempio di Cerere (Salone Espositivo, Laboratori di Archeologia Sperimentale, ArcheoIncontri), il Museo Archeologico Nazionale (ArcheoVirtual, Conferenze, Workshop con i buyers esteri) e la Basilica Paleocristiana (Conferenza di apertura, ArcheoLavoro, Incontri con i Protagonisti) sono le suggestive location dell’evento. La prima novità della nuova edizione riguarda il periodo di svolgimento: la Borsa, infatti, solitamente collocata a metà novembre, nel 2014 avrà luogo nei giorni 30-31 ottobre 1-2 novembre in un fine settimana con 2 giorni festivi al fine di incrementare i visitatori e dare agli albergatori l’opportunità di offrire pacchetti ad hoc. La XVII edizione è ricca di novità e di contenuti che saranno calendarizzati annualmente: Social Media & Archaeological Heritage Forum, giovedì 30 ottobre, che ospiterà “Archeoblog. Raccontare l’archeologia nel web”, il secondo incontro nazionale dei blogger culturali: l’obiettivo è promuovere lo sviluppo dei beni culturali sempre più attraver-

so i social network; ArcheOpenData Forum. Trasparenza dell’informazione in archeologia - venerdì 31 ottobre, momento di discussione dedicato agli open data; ArcheoStartUp, sabato 1 novembre, presentazione di nuove imprese culturali e progetti innovativi. Inoltre è previsto il Concorso Fotografico “La BMTA ti porta a Paestum!” sulla pagina Facebook: in palio una notte per due persone in hotel a Paestum durante la Borsa per l’autore della foto che otterrà più “mi piace”. Per partecipare, inviare entro il 31 agosto a info@bmta.it le foto dei propri viaggi nel mondo alla scoperta del patrimonio archeologico. Infine la Mostra ArcheoVirtual, realizzata in collaborazione con la più importante Rete di ricerca Europea sui Musei Virtuali, V-Must, coordinata da ITABC Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del CNR, ospiterà “Digital Museum Expo” esposizione delle tecnologie più recenti create per i musei del futuro, che si terrà oltre che a Paestum in 4 prestigiosi sedi: Mercati Traianei del Museo dei Fori Imperiali (Roma), Biblioteca Alessandrina (Alessandria D’Egitto), Museo Allard Pierwson (Amsterdam), City Hall (Sarajevo). La Borsa si conferma un evento originale nel suo genere: sede dell’unico Salone Internazionale di Archeologia; luogo di approfondimento e

divulgazione di temi dedicati al turismo culturale ed al patrimonio; occasione di incontro per gli addetti ai lavori, per gli operatori turistici e culturali, per i viaggiatori, per gli appassionati; opportunità di business nella suggestiva location del Museo Archeologico con il Workshop tra la domanda estera e l’offerta del turismo culturale ed archeologico (sabato 1 novembre). Nel sottolineare sempre più l’importanza che il patrimonio culturale riveste come fattore di dialogo interculturale, d’integrazione sociale e di sviluppo economico, ogni anno la Borsa promuove la cooperazione tra i popoli attraverso la partecipazione e lo scambio di esperienze: il Paese Ospite Ufficiale nel 2014 sarà l’Azerbaijan. Negli “Incontri con i Protagonisti”, sabato 1 novembre, si succederanno Alberto Angela, Roberto Giacobbo, Mario Tozzi, Syusy Blady e Patrizio Roversi, Sveva Sagramola, Eva Cantarella e la blogger Galatea. Altra novità è data dall’attenzione dei media internazionali, che quest’anno si traduce nella presenza quali media partner di Antike Welt, AS., Clio, Current Archaeology, Dossiers d’archéologie, Rutas del Mundo. Infine, la Borsa da questa edizione diventa l’evento ufficiale di Archeo, il più importante mensile di archeologia. Stefano Meroggi

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Zurigo, una città trendy per i giovani di tutto il mondo

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n battello o in tram, con la Swiss card, per impregnarsi dei profumi e dei colori di Zurigo. Un modo di conoscere la città attraversando le principali strade dello shopping fino alla parte ridiventata nuova, situata ad Ovest. Quella parte del centro dove una volta sferragliavano ciminiere, vecchi opifici e fuliggine e che adesso hanno lasciato il posto al nuovo, al trendy che avanza. Del vecchio, la cultura urbanistica moderna ha lasciato solamente il vecchio birrificio Lowembrau. Ha però realizzato edifici ecosostenibili, negozi sotto i viadotti della ferrovia,bar, aree verdi e piste ciclabili, facendo scorrere nuova vita. Dove i giovani trascorrono gran parte della giornata. Al contrario di quanto è accaduto dalle nostre parti, dove le aree dismesse sono state strappate alla comunità locale per scopi speculativi, qui a Zurigo il pubblico si è fuso con il privato creando case e spazi per i giovani. Si, perché Zurigo è una città fatta a misura dei giovani. Li senti cantare Forever young degli Alphaville, con i piedi immersi nell’ac-

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qua della Lammat mentre sorseggiano una birra.O stanno seduti ai tavolini dei pub mentre mangiano un hamburger o la gustosa raclette. Naturalmente bevendo fiumi di sola birra locale. Ne rimase affascinata anche la principessa Sissi che scrisse alcune righe al marito Franz: “C’è un altro motivo per cui la città è famosa: studenti molto carini di tutte le nazioni salutano con grande cortesia la tua cara consorte”. E di cortesia Zurigo ne ha da vendere. “E’ la città che pulsa sulle rive del lago e dei fiumi, dove i giovani s’incontrano con gli artisti di strada e gli uomini e le donne d’affari si godono il sole”, dice Paolo Lunardi, di Zurich.com, l’ente locale del turismo. Lunardi spiega che Zurigo è la città con la maggiore densità al mondo di stabilimenti balneari sul lago, sul fiume e all’aperto, e dove è praticata l’ultima tendenza, lo stand up pabble: in questa disciplina i giovani stanno in piedi su una sorta di tavola da surf, remando con una pagaia. Un eserciziodi fitness divertente, mantenendosi in equilibrio. Come divertente e variegata

è la cultura, con più di cinquanta musei e cento gallerie che attendono solo di essere scoperte. E’ però nel centro storico che tendenze e tradizione s’incontrano. Lo fanno con una felice combinazione che fa del quartiere il luogo obbligato per fare shopping, con vicoli e stradine che mettono in bella mostra il meglio dell’artigianato locale e dei grandi marchi zurighesi. Un quartiere che, in fatto di shopping, non ha nulla da invidiare alla Bahnofstrasse, dove sono allineati i grandi magazzini, i marchi di tendenzae le grandi banche con la Confiserie Sprungli, nota in tutto il mondo. Per gli amanti dello shopping la Bahnofstrasse e la Limmatquai sono le destinazioni ad hoc, soprattutto per chi non ha remore di alleggerirsi il portafoglio. Così come la Paradeplatz e la zona intorno al lago con i negozi alla moda e i grandi magazzini. Girando e curiosando per la parte centrale della città, non lontano dalla Bahnofstrasse si trova la Frammunster, la cattedrale risalente al XIII secolo, nota per le vetrate di Chagall che rispondono a quelle di Augusto Giacometti della Chiesa Grossmunster, dalla parte opposta del fiume. Non può mancare a Zurigo una sosta ai ristoranti noti per le tipicità locali. Tra questi, Storchen, che si affaccia sul fiume, con il suo arredamento tradizionale e lo Zumfthaus, sede medievale della corporazione dei falegnami. Ma la vera vita è quella notturna, attorno ai tavoli di pub e bar, nei pressi della stazione e dei vecchi cantieri navali Schiffban, oggi trasformati in locali di culto, dai jazz-bar alle discoteche, dai cabaret fino ai teatri che ospitano gli spettacoli più vari. Una città, dunque, giovane e per i giovani. Nonostante l’età. Eduardo Cagnazzi


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