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MERCOLEDÌ 20 NOVEMBRE 2013/Numero 737
In
Patagonia Dallo Stretto di Magellano a Capo Horn tra ghiacciai, pinguini e emozioni con la bussola puntata sull’estremo Sud DONATELLA CHIAPPINI
All’interno
La città
Ecco Parma capitale della gola e della lirica NANI
Lo zoom
Valle d’Aosta l’autentica passione dei freerider MARI
Fuori Rotta
Scoprire le Isole Cook con le star della canoa PASSARIELLO
L’itinerario
Il trekking o le terme fra Italia e Slovenia BIANCHIN e SOMASCHINI
PINGUINI DI MAGELLANO, TERRA DEL FUOCO / FOTO CORBIS
ZIGZAG
GIOVANNI SCIPIONI
OLTRE IL TEATRO DELLA NATURA
L
a Terra del Fuoco è un lungo racconto. Non ci sono più avidi cercatori d’oro, marinai confusi, capitani coraggiosi o rivoluzionari in fuga come nei disegni narrativi di Francisco Coloane. Oggi il mondo alla fine del mondo, abitato dagli eroi della letteratura, è lo spettacolo della geografia povera, quella fatta di grandezze inquietanti e di paesaggi scolpiti dal vento e dalle intemperie. Un angolo del pianeta da attraversare lasciandosi cullare dal trionfo della natura. Senza scomodare luoghi comuni o far ricorso all’ovvietà. Inseguiti dal soffio del vento, è cosa buona e saggia spingersi verso i corridoi del territorio tentando di incontrare un’innocenza, uno sguardo insolito, il piacevole cambiamento che deve affrontare ogni viaggiatore in terre lontane. Non più parole ma cose. In questo modo sarà più facile incontrare coloni che faticano e marinai che non capiscono. Sarà più facile apprezzare la molteplicità del paesaggio, il diverso che si oppone al “già visto”. Come avventurieri che cercano di fare fortuna, sarà più facile incontrare il racconto della letteratura. © RIPRODUZIONE RISERVATA
la Repubblica
MERCOLEDÌ 20 NOVEMBRE 2013
VIAGGI L’ITINERARIO
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Da Kobarid (Caporetto) al monte Kolovrat (ex confine austro-ungarico) e poi a Gorizia Percorsi di pace un secolo dopo il conflitto
Italia-Slovenia ROBERTO BIANCHIN KOLOVRAT on era ancora “la volpe”, Erwin Johannes Eugen Rommel, quel maledetto mattino di nebbia del 24 ottobre del 1917. Il futuro, temibile feldmaresciallo tedesco, era solo un ambizioso tenentino di ventisei anni del battaglione alpino Württemberg dell’impero austro-ungarico. Ma sapeva già il fatto suo. Al comando di uno dei tre distaccamenti in cui era stato diviso il suo battaglione, circa cinquecento uomini, iniziò a scalare silenziosamente le pendici del monte Kolovrat, dove al tempo della prima guerra mondiale correva il confine tra l’Italia e la monarchia austro-ungarica, e riuscì a catturare centinaia di soldati italiani presi alla sprovvista. Non fu lui, in realtà, ma il sottotenente Ferdinand Schorner, a guadagnare la più alta onorificenza, “Pour le mérite”, per aver conquistato la cima del monte, che era uno dei punti chiave della difesa italiana nella battaglia di Kobarid, ovverosia di Caporetto, quella che rimase nella storia come la più grande di-
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sfatta militare per gli italiani, e la più miracolosa delle vittorie per gli austro-ungarici. Bisogna salire un bel po’ da Kobarid, in auto, lungo una vecchia e stretta strada militare italiana, per arrivare ai 1.115 metri di cima Na Gradu, sul Kolovrat, dove soffia sempre il vento e lo sguardo spazia fino in fondo alla valle. Italiani e sloveni, un tempo nemici, oggi si stringono la mano là dove un tempo si sparavano addosso. Il governo sloveno, la fondazione “Pot Miru” e la Regione Friuli-Venezia Giulia hanno varato insieme, in occasione del centenario della Grande Guerra, un progetto di recupero dei luoghi del conflitto sul Carso italiano e sloveno, perché quelli che una volta erano sentieri di guerra siano sentieri di pace, di trekking. Si cammina, sulla cima, dentro un vero e proprio museo all’aperto e un silenzio che emoziona, fra quelle che una volta erano le trincee italiane, scavate e ben mimetizzate nella montagna, strette che ci si passa uno alla volta, alte che devi camminare chinando la testa. Ci sono posti di comando e di osservazione, postazioni di mitragliatrici e cannoni, caverne e reti di trincee. Da
GORIZIA Qui c’è il museo della Grande Guerra (Borgo Castello 13) più completo. È stato appena rinnovato. Biglietto: 3,50 euro
G.R.
Trekking fra sentieri e trincee per ricordare la Grande Guerra
LE IMMAGINI In alto: trekking nei boschi vicino a Caporetto. Nella mappa i luoghi che sono stati teatro della guerra tra cui Caporetto, Gorizia, Monfalcone e il fiume Isonzo
VILLA DELLA TORRE HOHENLOHE Domina le pendici carsiche vicino a Sagrado, (Go). Fu punto di smistamento delle truppe È nell’area in cui combatté anche Ungaretti
queste vette gli artiglieri italiani sparavano sulle postazioni austro-ungariche rendendo difficili la vita e i collegamenti ai soldati dell’Impero. A Kobarid, un paesino a fondo valle di poche migliaia di anime, dove ogni giorno arrivano pullman di alpini che vanno a rendere omaggio ai 7.014 soldati italiani caduti che riposano in un grande santuario, c’è un museo, il più visitato della Slovenia, che racconta, con un’interessante documentazione fotografica e cartografica, due anni e mezzo di combattimenti nell’alta valle dell’Isonzo. Arriva gente da ogni parte d’Europa. Anche vecchi soldati, che quella guerra non possono averla fatta, ma la ricordano indossando le divise dei nonni. Come Ivan Vesely, settant’anni, di Praga, alto, baffetti sottili, dirigente di un’industria elettrica in pensione, che viene ogni anno a Caporetto “in memoria di tutti i soldati che combatterono”, impeccabilmente vestito da maresciallo del cinquantasettesimo reggimento di fanteria dell’esercito austro-ungarico. Anche il museo della grande guerra di Gorizia, il più completo, si è rifatto il trucco per il centenario, e propone un nuo-
FIUME ISONZO Fu teatro delle maggiori operazioni militari sul fronte dal 1915 al ’17. Nelle dodici battaglie dell’Isonzo morirono trecentomila soldati
vo allestimento che non strizza l’occhio a nazionalismi, irredentismi e nemmeno rievocazioni, ma «si propone invece come un’occasione di conoscenza e di riflessione», spiega la conservatrice Alessandra Martina. Del resto, basta salire al Parco Tematico di Monfalcone, sulle alture circostanti la città, dove non è troppo faticoso andare a piedi, per scoprire, guidati dall’entusiasmo della giovane guida Marco Pascoli, un volontario, come le trincee italiane e quelle austro-ungariche, ben restaurate, fossero davvero gomito a gomito, al punto tale che nella notte i soldati italiani sentivano distintamente gli inviti degli austroungarici a disertare: «Venite, venite talliani, venite insieme con noi!». Poco distante, a Castelnuovo, il salone da ballo della settecentesca villa Della Torre Hohenlohe è ancora ricoperto dalle scritte, ora gioiose, ora amare, dei soldati. Qui passò un anno al fronte Giuseppe Ungaretti. Fuori c’è una terrazza, e sulla terrazza una balaustra dove quando veniva sera il poeta, così scriveva, appoggiava la sua malinconia. Non vedeva l’ora, anche lui, che le armi tacessero. © RIPRODUZIONE RISERVATA
CAPORETTO È il paese simbolo della disfatta dell’esercito italiano contro gli austroungarici nel 1917 Il nome è diventato sinonimo di catastrofe