SocialLandscapes
IOTTI+PAVARANIARCHITETTIIOTTI+PAVARANIARCHITETTI
Via Emilia all’angelo 3 42123 Reggio Emilia, Italia www.iotti-pavarani.com
PPAN Comunicazione e networking per il costruito ---- www.ppan.it Via Nomentana 63, 00161 Roma
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Group
District
Technica
House Aci
Vent’anni di attività, formazione comune, studio a Reggio Emilia, all’attivo 150 tra progetti e realizzazioni; Paolo Iotti e Marco Pavarani condividono una stessa visione “allargata” dell’Architettura, come disciplina di trasformazione del territorio che sappia condensare coraggio e senso di responsabilità, idee innovative e senso del luogo e della misura. Costituito nel 2001 e affermatosi con numerosi successi nell’ambito dei concorsi di architettura, lo studio IOTTI + PAVARANI ARCHITETTI opera oggi negli ambiti della progettazione architettonica, urbanistica, paesaggistica e della ricerca, con un focus sulla rigenerazione urbana di luoghi complessi o ad alto valore ambientale.
L’ARCHITETTURA PER UNA MIGLIORE QUALITÀ DELLA VITA L’architettura ha a che fare con la qualità della vita, più che con la qualità degli edifici; mette al centro persone, paesaggio e scambio tra culture, ancora prima del progetto, inteso come dispositivo per facilitare le interazioni. Questa era la visione alla base della Biennale di Venezia del 2018: la mostra FREESPACE, curata da Yvonne Farrell e Shelley McNamara, rilanciava un’idea di architettura aperta alla collettività, ai modi con cui le comunità immaginano, usano e si impadroniscono degli spazi; generosa, capace di aprire luoghi di libertà invece che definire spazi confinati, in una nuova alleanza con la natura, basata su un approccio cosciente, vantaggioso sotto il profilo economico ma soprattutto sociale ed ambientale. Già nel 2012, sempre per la Biennale di Venezia - considerata come un faro nell’individuazione delle tematiche e delle ricerche più attuali del settore - l’inglese David Chipperfield aveva esplorato il tema del “Common Ground”, con la volontà di ridurre il grado di “individualismo artistico” che spesso avvolge la disciplina, a favore di una visione più aperta e consapevole del suo ruolo civile.
L’esperienza degli architetti Iotti e Pavarani, nell’approccio al progetto urbano e paesaggistico, così come alla scala del progetto di architettura, ricalca e si ispira a questi stessi valori, con un’attenzione verso i social landscapes, i territori più sfuggenti e mutevoli, e al contempo più stimolanti, costituiti dai luoghi per la collettività.
ARCHITETTURA IBRIDA E COLLETTIVA, CONCEPT INNOVATIVI. Lo studio emiliano si distingue nel panorama nazionale per aver affrontato con successo, attraverso l’affermazione in concorsi di architettura e con diverse realizzazioni, un range molto ampio di temi di progetto: centri civici, luoghi per il lavoro, infrastrutture per lo sport e il tempo libero. Architetture accomunate da destinazioni d’uso collettive.
In questo percorso, Paolo Iotti e Marco Pavarani si sono accostati con occhi nuovi ai temi di volta in volta affrontati, guardando criticamente ai programmi di progetto e testando sul campo l’innesto di funzioni diverse e di inediti modi d’uso dello spazio, con l’obiettivo spesso perseguito di trasformare le difficoltà incontrate in opportunità.
La sfida costante è quella di produrre un valore aggiunto - spesso non immaginato né sollecitato dal committente - non soltanto di natura economica, ma anche sociale, culturale e ambientale, grazie al dialogo con il contesto e all’investimento nell’innovazione.
Fin dalle prime opere, Iotti e Pavarani si sono confrontati con progetti di spazi e attrezzature pubbliche (i centri civici di Traversetolo, di Villa Minozzo, di Albano Sant’Alessandro, tra il 2001 e il 2006); masterplan di grandi aree urbane (Urban living room e Tailor-made landscapes a Riga, Leaf Community a Norimberga, tra il 2006 e il 2012); ampi contenitori per il tempo libero (stadio di Siena, stadio di Pisa, Arena Campovolo); sedi aziendali e di centri di ricerca; interventi di rigenerazione del tessuto urbano
LO STUDIOPROGETTIAMO “PAESAGGI” E NON “OGGETTI”, LUOGHI IN ARMONIA CON IL CONTESTO VOLTI A GENERARE ESPERIENZE SPAZIALI IMMERSIVE, INTENSE, INNOVATIVE
Un approccio – quello volto all’integrazione di un attento dialogo col contesto con l’innesto di innovazioni di programma – che ha trovato ampio riscontro nelle occasioni concorsuali: 18 primi premi in concorsi di architettura e urban design in 20 anni di attività, seguiti dall’approfondimento nelle ulteriori fasi di progettazione e da diverse realizzazioni.
Sessanta in totale i concorsi a cui ha preso parte il team Iotti Pavarani, di cui 30 premiati (con un premio o una menzione), 18 primi premi, 7 opere ad oggi realizzate a seguito di un concorso e altre in corso di realizzazione.
Un esito felice che ha premiato la capacità dello studio di interpretare – e a volte anticipare - in modo creativo e personale le esigenze della committenza, nonché la volontà di trasformare il progetto in uno strumento che produce valore a più livelli, coniugando le esigenze del privato con quelle della collettività e potenziandone i vantaggi reciproci.
COMPLESSI Grazie ai numerosi interventi effettuati, lo Studio Iotti Pavarani ha acquisito esperienza e competenza nella gestione di progetti a grande scala e di commesse complesse. I due architetti emiliani affrontano il concept come un processo di avvicinamento ai “nuclei di potenzialità”, facendo emergere i valori ancora inespressi di un luogo o di un programma condiviso con il cliente. Incontri con il committente, scambi di idee sparsi tra i due professionisti e poi, spiega Paolo Iotti, «anche con tempi separati, passiamo a disegnare a mano. L’unico modo che conosciamo per far coagulare le idee senza perderne le suggestioni». Il disegno a mano non esclude uno sguardo attento alle migliori innovazioni in campo costruttivo. «Tendiamo a integrare la tecnologia nel pensiero dell’architettura, senza esaltazioni e differenze tra hi e low-tech», afferma Pavarani. Al centro il progetto, che non deve perdere forza e coerenza; attorno la ricerca delle migliori
collaborazioni per raggiungere il risultato prefissato. «I diversi apporti specialistici su strutture, impianti, acustica come anche per gli aspetti della sicurezza e della botanicaspiega Iotti - costituiscono contributi imprescindibili. In modo similare, l’industrializzazione edilizia diventa opportunità in alcuni contesti, una necessità in altri».
GIUSTA MISURA E SOSTENIBILITÀ COME RISPETTO «Concepiamo il rispetto come parola chiave e concetto guida. Sia per ciò che già esiste sul luogo, sia nei confronti delle generazioni future, poiché sentiamo forte la responsabilità di ogni atto di trasformazione del territorio». Così spiegano dallo studio la valenza che ha per loro il concetto di sostenibilità, intesa come una misura che le architetture stabiliscono con il luogo, in un equilibrio tra figura e sfondo, tra innesti di contemporaneità e valorizzazione dei luoghi e delle loro radici e stratificazioni. L’istanza
ecologica, che prevede in ogni intervento la massima riduzione dell’impatto ambientale, è inclusa in una visione più ampia, che coinvolge le dinamiche d’uso degli spazi e il concetto di tensione alla bellezza. «Non si tratta di un fatto unicamente tecnologico - chiarisce Marco Pavarani - È un tema a tutto tondo che contempla il dialogo con il contesto, con la natura, con le dinamiche sociali di un luogo e con le scelte economiche».
L’architettura, che dà forma allo spazio in cui ci muoviamo, viviamo e lavoriamo, genera in noi reazioni fisiche ed emotive. È pensando a questo rapporto di duplice influenza che lo Studio Iotti Pavarani ha affinato una specifica sensibilità nell’entrare in empatia con i contesti, cercando al contempo di perseguire valori spaziali capaci di suscitare negli utenti un senso di naturalezza, misura, sensualità e di coniugare senso di protezione con senso della scoperta.
Osservando la quotidianità delle persone, il loro comportamento e le relazioni con i luoghi, si colgono le evoluzioni in corso anche negli ambienti di lavoro. Lo studio Iotti+Pavarani si è dedicato al tema degli spazi per il lavoro fin dall’inizio della propria avventura professionale, con la sede di Italcantieri, con la Domus Technica costruita a Brescello in provincia di Reggio Emilia per Immergas, con lo showroom Smeg
sempre a Reggio Emilia e, più recentemente, con i nuovi uffici operativi di Reale Mutua realizzato a Torino nel 2016. Occuparsi della progettazione di spazi-ufficio oggi significa interrogarsi sulla relazione tra azienda e collaboratori, ma anche capire e interpretare come il progetto di design possa essere un mezzo per comunicare precisi valori. L’architettura come non mai diventa un biglietto da visita e traduce in tre dimensioni le aspettative di piccole e grandi realtà, in costante cambiamento.
«Quando Reale Mutua ha pensato alla sua nuova sede, il gruppo ha puntato sulla razionalizzazione delle sedi sparse nel territorio. Era un tema prima di tutto logistico, legato agli spostamenti» – racconta Alberto Ramella, direttore generale di Reale Immobili – ma con inevitabili ricadute sulla costruzione del team, sulla produttività e sulla comunicazione di rinnovati valori».
«Si voleva costruire un luogo dove tutti i dipendenti fossero insieme – commenta – Parliamo di lavoro in comune, utilizziamo il
termine together per riferirci alla consapevolezza, alla sinergia tra le varie anime della società. Abbiamo avuto la possibilità di fare un investimento e abbiamo scelto Torino dove Reale ha avuto origine, per dare vita ad un landmark. Un’icona in una città in cui rafforzare ulteriormente il nostro posizionamento». Dal management di Reale raccontano come è nato il progetto Iotti+Pavarani, studio che si è aggiudicato l’incarico per la caratterizzazione dell’edificio attraverso un concorso ad inviti.
«L’investimento è stato fatto in una città bellissima, ma in eterna sofferenza a livello di iniziative immobiliari. Il nuovo headquarter
– commenta Ramella – ha favorito tra l’altro il miglioramento del clima interno del gruppo: creare un luogo di ritrovo di qualità, in termini di lavoro, e offrire l’opportunità per condividere le attività, ha dato un quid in più. Il Gruppo e la società Reale Mutua in particolare sono in testa nelle classifiche sulla qualità dei luoghi di lavoro, best place to work, e l’architettura è stata per noi un valore aggiunto. Fa la differenza mettere le persone al centro del processo e farle lavorare in un contesto migliore». La produttività sarà una conseguenza logica.
I nuovi uffici operativi – firmati dallo studio Iotti+Pavarani insieme all’ingegnere Tosetti dello studio Artecna – sono molto vicini alla sede storica, ad un isolato di distanza: «Due edifici che si guardano, che si affacciano ai piani» racconta Ramella. L’osmosi e il rapporto sinergico con la città sono stati declinati in vari modi, sia nelle aspettative del committente che nelle proposte del team di progettisti scelti, con un concorso voluto per mettere a confronto soluzioni alternative. La sfida consisteva infatti nel ripensare
interamente un isolato urbano in pieno centro storico, attraverso un’operazione di demolizione e ricostruzione – senza consumo di suolo – finalizzata ad una nuova sede dal carattere contemporaneo e al contempo in dialogo col contesto consolidato. «Una serie di attenzioni che hanno fatto ricadere la scelta sulla soluzione di Iotti+Pavarani» precisa il direttore generale di Reale Immobili. Quando un team di progettazione entra in sinergia con la committenza per realizzare la propria sede, il rapporto è più fiduciario che commerciale: si tratta infatti di dare forma e sostanza ad una “casa” che deve accogliere, rappresentare e aprirsi alle sfide del domani. Ecco che nel caso del progetto di Reale Mutua le strutture interne tecniche e organizzative hanno collaborato attivamente nella costruzione di un rapporto. La sfida è stata comune: introdurre nuove modalità di lavoro, offrire spazi informali, implementare
la continuità visiva tra gli ambienti e stabilire nuove relazioni percettive tra interno ed esterno.
Una caratteristica che qualifica anche la nuova sede A Due di Collecchio, in provincia di Parma, un altro progetto recentemente completato da Iotti e Pavarani.
L’azienda, che progetta e costruisce sistemi completi per la preparazione di bevande, ha deciso di realizzare una nuova sede in occasione dei 50 anni di attività, un luogo più efficiente e allineato coi valori dell’azienda, che valorizzasse al contempo l’apertura degli spazi di lavoro verso il paesaggio.
Già dall’atrio è infatti possibile “attraversare” visivamente l’intero fabbricato, sia verso gli esterni che verso lo spazio della produzione, così come la sperimentazione di una totale continuità tra gli ambienti della progettazione hardware, software e dei servizi post-vendita, cerca di favorire il più veloce ed efficace scambio di “
nelle foto: l’involucro architettonico dei nuovi uffici di Reale Mutua si innesta con elementi di contemporaneità in dialogo con gli edifici storici circostanti
COMMITTENTE A DUE S.P.A.
Una sequenza di corpi edificati, alternati a corti verdi longitudinali, immersi nella campagna di Collecchio, venti minuti di macchina dal centro di Parma in direzione sud-ovest. La nuova sede della A DUE, azienda specializzata nella realizzazione di sistemi completi per la preparazione di bevande, è stata progettata da Iotti+Pavarani Architetti nel 2016 e completata due anni dopo. La struttura incarna la decisione della committenza di realizzare un complesso ampio, efficiente ed allineato ai valori aziendali. Questo ha dato vita a precise scelte architettoniche, adottate per consolidare lo spirito di coesione dei collaboratori e il radicamento dell’azienda nella zona dove è stata fondata 50 anni fa.
CONCEPT. Il progetto prende forma dall’interpretazione del valore recepito come più rilevante dalla A DUE: il rapporto con il territorio. Il tutto declinato in termini di scala, impianto e linguaggio, ma anche per quanto riguarda le scelte tecnologiche e dei materiali.
Da un lato è stato ridefinito un “paesaggio del lavoro” attraverso l’inclusione di rapporti visivi significativi con la campagna, dall’altro sono stati realizzati spazi interni basati sulla chiarezza e fluidità dei percorsi. La posizione del nuovo corpo – situato fra
il torrente Baganza, i boschi di Carrega, un’area destinata all’insediamento di imprese agroalimentari e l’abitato di Collecchio – rende la nuova sede A DUE come un edificio-limite, marcato e astratto, in dialogo con il contesto circostante, in particolare con la campagna ancora intatta e tratteggiata dalle geometrie dei campi coltivati. Un impianto tipologico sobrio nel suo insieme che trova la sua ricchezza nell’articolazione degli spazi aperti e nel controllo delle viste sul paesaggio circostante.
Un edificio in continua relazione con il paesaggio, quello delle corti interne, dei campi coltivati, del profilo della campagna
a destra: interni con vista sul verde e la campagna circostante
in basso e a sinistra: la nuova sede A Due e il suo intorno
PROGETTO. Il nuovo complesso si estende parallelamente alla strada provinciale 15 in direttrice nord-sud ed è caratterizzato da un rilevato di terra che nasconde l’atrio ad un solo piano. Le forme architettoniche sono essenziali, capaci di generare un’esperienza ricca e articolata in ambiti tutti da scoprire. Il corpo di uffici, a due livelli, è di forma rettangolare, mentre l’edificio destinato alla produzione è quello dimensionalmente più rilevante. L’area amministrativa si connota come una struttura chiara e aggettante posata su un basamento più scuro che la radica al terreno. Il
volume è segnato da un sistema di aperture e dal rivestimento in lamiera bianca presso-piegata che genera un effetto a micro-pieghe in grado di reagire dinamicamente alla luce e alle condizioni atmosferiche. L’area produttiva, data la sua rilevanza, è stata pensata con colori dalle tonalità scure con l’obiettivo di ridurne l’impatto visivo. Contestualmente, i pannelli prefabbricati in calcestruzzo sono stati trattati con incisioni verticali in assonanza con la texture in lamiera degli uffici. Sul lato est, il volume bianco del corpo uffici si trasforma in un segno sottile orizzontale che prosegue e accompagna tutto
lo sviluppo del fronte orientale dell’edificio, in affiancamento allo stabilimento, a connotare la nuova sede come un landmark discreto, adagiato e connesso alla pianura coltivata circostante.
SOSTENIBILITÀ. Le scelte progettuali sono tutte orientate al rispetto dei più stringenti requisiti in termini di sostenibilità ambientale. Tutti gli ambienti di lavoro si relazionano peraltro con la presenza di una vegetazione multiforme, sia interna che esterna. Una sorta di elemento che ossigena anche visivamente gli spazi. L’edificio è dotato di un involucro performante, una copertura riflettente, un impianto fotovoltaico integrato e tecnologie impiantistiche per la produzione di fluidi caldi e freddi grazie all’utilizzo di pompe di calore ad alta efficienza.
Tutti gli ambienti di lavoro si relazionano con una vegetazione multiforme, interna ed esterna
in alto a destra: gli interni sono caratterizzati dalla presenza del verde
in basso a destra: le geometrie della corte interna
in basso a sinistra: il rilevato di terra in affaccio su via Filagni nasconde lo spazio dell’atrio ad un solo piano
CONTEMPORARY ECOLOGIES
London Festival of Architecture LONDRA, UK
L’APPROCCIO SOSTENIBILE ALLA PROGETTAZIONE DEL PAESAGGIO
Convention BioEcoLab MODENA
Convention, Università di Ferrara FERRARA
Lecture, House of Architects RIGA, LETTONIA
2004–2008
STADIO DI SIENA SIENA
Concorso in due fasi (1° premio); progetto
2004–2008
Concorso (1° premio); progettazione e direzione lavori; realizzato
2001–2006
Concorso (1° premio); progettazione; realizzato
2012
Concorso ristretto (partecipazione), promosso da Fondazione Renzo Piano, Corriere della sera, LA7
2012
Progetto di fattibilità
New Siena Stadium (categoria Retail and Leisure)
Concorso ristretto; progettazione e direzione lavori; realizzato
Concorso (1° premio); progettazione
Lecture, Università di Genova GENOVA
2015–2020
Progettazione e ufficio direzione lavori, in corso
12 APRILE 2017
ITALIAN DESIGN: INCONTRI CON ARCHITETTI ITALIANI
Lecture, Palazzo Ducale GENOVA
2018
PARCO DELLO SPORT CAMPOVOLO REGGIO EMILIA
14 OTTOBRE 2016
ARCHITETTURA COME PAESAGGIO
Lecture, Terranuova BRACCIOLINI, AREZZO
2017
Lecture, FAI Villa e Collezione Panza VARESE
2014 XIV BIENNALE INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA INNESTI / GRAFTING
Padiglione Italia VENEZIA
Progetto di fattibilità
2018
Arena Eventi Campovolo (categoria Rigenerazione ambientale, economica e sociale)
RIQUALIFICAZIONE URBANA DI CORSO VITTORIO EMANUELE MANTOVA
Progettazione preliminare, definitiva, esecutiva; realizzato
6 LUGLIO 2017
IN-CONTEST: CONCORSI CHE FANNO CULTURA Seminario MILANO
2017 SCUOLA PRIMARIA COMUNALE CESENATICO, CESENA
Concorso in due fasi (1° premio); in corso
2017–2018
ATELIER SCOLASTICI
COSENZA–SIENA–ASSISI
Progettazione e direzione artistica; realizzato
2017–2020
Lecture, Polis University TIRANA
MASTERPLAN PARCO DELLA CITTADELLA PARMA
Progetto di fattibilità
2017
STADIO DI PISA PISA
Concorso ristretto (1° premio); progettazione preliminare; in corso
Costruire luoghi per lo sport, occuparsi di spazi per il tempo libero, promuovere l’educazione e la formazione, ideare architetture dove la cultura è protagonista, emozionando. Non si tratta di spettacolarizzare contenuti e contenitori, attraverso la costruzione di icone appariscenti, ma di utilizzare la creatività e la forza del progetto per proporre nuove dinamiche d’uso degli spazi. Qualità e innovazione, senza gridare. Progettazione integrata dove la forza dell’idea si sviluppa e si
controlla passo passo, dialogando con una squadra interdisciplinare.
Dalle scuole agli stadi, dall’educazione alla gestione del tempo libero, per tutte le fasce di età. Edutainment è la parola chiave che tiene insieme alcuni progetti dello Studio Iotti Pavarani.
L’architettura e il design come strumenti per rispondere a precise esigenze della committenza, quindi, supportandola nel trovare soluzioni inedite, in linea con la domanda, il mercato e magari anticipando nuove tendenze.
In questo contesto si inserisce l’incontro tra lo Studio Iotti Pavarani e la società AC Pisa, come spiega Giuseppe Corrado, presidente del Pisa Sporting Club.
Imprenditore ambizioso, che nella sua carriera professionale ha cercato un continuo equilibrio tra i numeri e il marketing, Corrado è un manager che porta in dote un’esperienza professionale nell’area di pianificazione e controllo alla Olivetti in Piemonte, e poi a Parma è cresciuto in casa Barilla. Si è occupato anche di pubblicità e cinema, arrivando più recentemente al calcio.
L’imprenditore ha contribuito personalmente all’acquisizione del Pisa, ha creduto fermamente nel potenziale del territorio e della città, come brand, con la specificità della sua Torre nota in tutto il mondo e l’entusiasmo di una tifoseria particolarmente vivace e tenace. Nel calcio si sa, non ci sono solo elementi oggettivi e quantificabili, c’è la componente del risultato
sportivo su cui si innesta la politica commerciale. E in questo equilibrio tra business, determinazione e passione si inserisce il progetto di un nuovo stadio, con l’ipotesi di ristrutturare quello esistente nella sua sede attuale. Un plus per l’amministrazione e la città, senza investimento di denaro pubblico, un nuovo attrattore urbano, multifunzionale, a 300 metri da Piazza dei Miracoli.
Con la Magico srl (società creata ad hoc da Giuseppe Corrado a fine 2016), la Viris (una holding immobiliare) e la Unigasket, nel 2016 è iniziata l’avventura del nuovo Pisa Calcio. «Ho maturato l’idea di aggregare le mie esperienze nel settore del divertimento –racconta il presidente Giuseppe Corrado – e lo sport poteva entrare a pieno titolo, purché con un
Ho maturato l’idea di aggregare le mie esperienze nel settore del divertimento compreso lo sport, purché con un brand capace di esprimere una squadra con una forte tifoseria e in una città di rilievo
render del nuovo stadio di Pisa durante un incontro
Un impianto moderno e amico dell’ambiente che sorgerà sul sedime di quello attuale e che sarà contraddistinto da una passeggiata in quota, con negozi e una grande piazza. Da elemento disturbante a opportunità di riqualificazione. I giornali locali hanno descritto così il nuovo stadio del Pisa firmato dallo studio Iotti+Pavarani Architetti che a fine 2018 è stato premiato dalla società
AC Pisa dopo aver partecipato ad un contest al quale sono stati invitati studi italiani e internazionali fra cui AMDL Michele De Lucchi, Archea, Gensler, Marazzi, Obr e Populos. Una gara a inviti promossa da IRE Innovation Real Estate (oggi Gruppo Yard) per conto della stessa società AC Pisa, che ha visto in competizione sette soluzioni alternative presentate tutte pubblicamente alla città.
IL PROGETTO. Focus sulla gestione dei flussi, con l’obiettivo di portare la viabilità legata allo stadio in quota, e liberare così le infrastrutture urbane. L’impianto sportivo, pensato quale organismo innovativo e capace di garantire i più elevati standard funzionali e
Una nuova piazza rialzata ospita il sistema di ingresso e deflusso allo stadio, accoglie funzioni commerciali e ricreative nel basamento, genera nuovi spazi pubblici
A Reggio Emilia, in centro storico.
Alla Facoltà di Architettura di Ferrara, dove tuttora svolgo attività di insegnamento.
Negli anni dell’università ho abitato sul margine dell’Addizione Erculea: attraversare ogni mattina corso Ercole I d’Este (da Porta degli Angeli al Castello, passando davanti a Palazzo dei Diamanti, a palazzo Prosperi-Sacrati, all’ingresso del Parco Massari, ai tanti giardini murati) è stato un primo importante avvicinamento ai valori materiali e impalpabili dell’architettura.
Cercando un coinquilino, il primo anno di università. Caratteri diversi, interessi diversi. Eppure abbiamo iniziato a fare esami insieme e da allora non abbiamo ancora smesso.
A quello si sono aggiunte altre importanti esperienze condivise: un workshop con Giancarlo De Carlo, la tesi con Guido Canali, i tanti concorsi da studenti e all’interno di vari studi.
Abito a Reggio Emilia, città ancora a dimensione umana dove, fortunatamente, si possono avere buone relazioni di vicinato
All’Università di Architettura di Ferrara, che ho scelto proprio per le sue dimensioni simili a Reggio.
Ho conosciuto Paolo prima di iniziare l’Università e ci siamo scelti come compagni per condividere l’appartamento. Quando ci siamo conosciuti meglio, abbiamo iniziato a fare insieme i corsi di gruppo e in particolare quelli di progettazione, abituandoci fin da subito a condividere le idee progettuali e a sottoporle ad una critica serrata e costruttiva.
Paolo: «Non esiste niente che non sia generato dal territorio; perciò ogni sua parte è correlata con le altre sue parti e non può non stabilire con il suo insieme relazioni immediate e profonde». Nell’immagine di Giancarlo De Carlo di “rovesciare il cannocchiale” leggiamo il viaggio del progetto, che parte dal territorio, “matrice primaria”, e si avvicina progressivamente alla città e al singolo edificio, nella necessità di considerare costantemente i nessi che legano tra loro le diverse componenti e scale di un luogo. La forza del nostro lavoro credo risieda proprio nella capacità di attraversare scale e temi con tale “lente”, usando ingredienti diversi per modellare lo spazio e svilupparne le potenzialità.
Marco: Il primo approccio al progetto è l’analisi del rapporto tra spazio/luogo e uomo/collettività, in particolare ricercando nuove permeabilità, visioni inaspettate, una configurazione organica e coinvolgente dello spazio aperto: questo per noi è il disegno del “paesaggio”, un mix tra visione urbanistica e architettonica.
Paolo: Siamo bersagliati dall’idea di un inevitabile e necessario cambiamento continuo: le tecnologie offrono possibilità prima inimmaginabili e al contempo modificano in maniera radicale il nostro approccio alla realtà, mentre emergenze umanitarie, flussi migratori, cambiamento climatico sono realtà all’ordine del giorno. Le esigenze e le complessità si moltiplicano e anche le discipline che si occupano della trasformazione del territorio sono pesantemente chiamate in causa. Eppure, volendo andare all’essenza, credo che l’architettura debba ancora rispondere a domande primordiali: adattare porzioni di mondo per renderle abitabili e accoglienti. L’uomo ha bisogno di luoghi (una casa, una scuola, un ufficio, una strada...) in cui “sentirsi a casa”, luoghi che consentano lo svolgersi dei nostri tempi sincopati tra bisogno di protezione e silenzio e al contempo voglia di esplorare e incontrare l’altro.
Marco: Fare Architettura per noi è un delicato equilibrio tra le necessità dell’ambiente e quelle dell’uomo e in particolare dei bisogni della comunità che usufruirà dell’edificio stesso.
Cerchiamo di proporre nuove modalità di interpretazione dello spazio, siamo attenti ai comportamenti quotidiani degli utenti che vivranno i luoghi, ricerchiamo la continuità tra l’architettura e la natura.
Paolo: Lavoriamo con aziende, con privati, con enti pubblici. In tutti i casi ci confrontiamo con delle persone (un direttore generale, un consiglio di amministrazione, un sindaco…). E le persone, a partire dal sottoscritto, non hanno nulla di “ideale”. Ci si incontra invece con persone “reali” che hanno esigenze sempre diverse; interessante è il confronto, e a volte lo scontro, capace di produrre delle sinergie costruttive finalizzate a un obiettivo comune.
Marco: Il nostro committente ideale non è quello che ci lascia la massima libertà creativa ma quello che, con continuità, ci accompagna nella progettazione fornendoci il più possibile input, desideri, bisogni, proprie visioni. L’obiettivo è quello di non produrre un progetto autoreferenziale ma condiviso.
Paolo: Se non si sceglie il committente, si può invece scegliere un tema di indagine preferito: con i concorsi ci indirizziamo infatti spesso su progetti che consentono una scala di intervento allargata e la possibilità di incidere sulle modalità d’uso dello spazio da parte della collettività. Affrontiamo in media tre concorsi all’anno, selezionati con molta cura e affrontati con estrema serietà. Siamo stati in grado di maturare, credo, una buona sensibilità nell’interpretarne i programmi, nel rileggere in modo critico le esigenze espresse e nel rilanciare poi idee capaci di accrescere le potenzialità del luogo e di creare valore. Gli incarichi più rilevanti dello studio sono tutti stati ottenuti tramite tale procedura di selezione.
Marco: Per la possibilità di confrontarci con temi specifici, altrimenti difficili da “incontrare”. All’inizio l’ambito dei centri culturali (con alcuni concorsi per edifici, vinti e realizzati), che ha aperto allo sviluppo del tema degli spazi per la comunità; successivamente ci siamo concentrati sulle grandi infrastrutture - gli stadi, i masterplan di aree vaste, le stazioni - che abbiamo cercato di “trasformare” da contenitori, normalmente introversi e generici, in spazi urbani collettivi e identitari. Negli ultimi tempi, infine, ci stiamo dedicando molto anche al tema delle strutture didattiche e scolastiche.
Paolo: ll concorso per lo stadio di Siena – poi sviluppato in ulteriori fasi di progettazione – è quello che ci ha fatto conoscere nel panorama nazionale ed europeo, grazie ad un progetto decisamente innovativo eppure perfettamente integrato nel delicato contesto delle colline toscane. Sentimentalmente, sono molto legato al primo concorso cui abbiamo partecipato (e che abbiamo vinto e realizzato): un monumento alla libertà e alla pace a Correggio in provincia di Reggio Emilia, nel quale ritrovo i germi di un approccio all’architettura e al paesaggio che ancora oggi caratterizza il nostro lavoro.
Paolo: Non so se definirla “di lavoro”… Risale al periodo post laurea, in cui io e Marco abbiamo lavorato nello studio di Guido Canali a Parma. Un’esperienza straordinaria cui dobbiamo molto. Una mattina sono arrivato alle 9; ho completato un mock up di una vetrina per un allestimento; alle 11 ho lasciato lo studio, nella consapevolezza di non poter lavorare per un altro architetto (per quanto in quel caso si trattasse di un Maestro) e di volermi invece concentrare esclusivamente sui progetti cui io e Marco stavamo già lavorando. Il resto di quella giornata l’ho passata a leggere un libro di Banana Yoshimoto nel Parco della Cittadella. La ricordo come una delle giornate “di lavoro” più belle. In questi ultimi mesi, facendo un salto nel tempo, stiamo proprio lavorando al Masterplan per il recupero e la valorizzazione di quel parco.
Marco: L’ultimo, per una nuova scuola a Cesenatico. Un concorso di progettazione in due fasi. Vinto alcuni mesi fa e oggi già pronti ad iniziare il cantiere!
Marco: Le giornate che ovviamente rimangono più facilmente impresse nella memoria sono quelle, ricche di emozione, durante le quali si attende il risultato di un concorso.
Fernando Guerra I FG+SG fotogra a de arquitectura foto a pag. 16, 17, 18, 20, 22, 23, 24, 25, 32, 34, 35, 36, 37, 93
Roland Halbe foto a pag. 52, 54, 55, 56, 57
Iotti + Pavarani Architetti foto a pag.70, 71
Saverio Cantoni foto a pag. 84, 86, 87, 88, 89
Paola DePietri foto a pag. 95
Il progetto di architettura entra come ingrediente nell’ambiente consolidato e ne svela spesso le potenzialità inespresse.
Così prendono vita nuovi paesaggi, dove natura e costruito si alleano e diventano complementari, si equilibrano e si rafforzano a vicenda.
978-88-943572-3-3