ALESSANDRO BRIGHETTI

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ALESSANDRO

BRIGHETTI “SMOOTHER DELIGHT”


www.primaenoctis.com info@primaenoctis.com Via Canonica, 7 6900 Lugano, Switzerland tel. +41 91 922 2003 fax +41 91 922 2004

Mozart e Salieri, 2014 Mixed media cm70x28x175


ALESSANDRO BRIGHETTI “SMOOTHER DELIGHT” Estratto del saggio

Images du Futur di Domenico Quaranta

(...) nel lavoro di Alessandro Brighetti, stupore e meraviglia hanno un ruolo importante. Se così non fosse, la scelta di usare i ferrofluidi, nel corpus principale della sua opera recente, sarebbe quantomeno temeraria e pericolosa. Questo liquido nero, lucido e denso, prodotto di una mistura di nanoparticelle di ferro avvolte da un tensioattivo ionico e poste in soluzione oleosa, è infatti un medium ingombrante, capace, nelle mani sbagliate, di divorare letteralmente l’opera. Magico e affascinante, nel suo comportamento ambiguo di liquido sensibile alle sollecitazioni magnetiche, il ferrofluido vuole essere il messaggio. Quando non lo è, come è evidente nelle opere di Brighetti, va usato con maestria per evitare che diventi l’oggetto esclusivo delle attenzioni dello spettatore, sollecitando il suo stupore infantile. Questa maestria Brighetti la possiede, e la possiede – verrebbe da dire – paradossalmente, perché le sue preoccupazioni non sono esclusivamente quelle di un artista visivo che si cimenta con un materiale inedito. “Artista sperimentatore”, [10] Brighetti, che mette a punto i suoi ferrofluidi con l’aiuto di un amico chimico, studia il suo medium con accanimento e dedizione, ne conosce le proprietà nei minimi dettagli, si appropria della scienza che serve per dominarlo, e ne approfondisce la conoscenza a un livello che va al di là del suo uso strumentale. Sposa le preoccupazioni e le ambizioni di un fisico, e dichiara: “Mi affascina l’altro e il non-ordinario. Voglio andare oltre la percezione, oltre i limiti fisiologici dell’uomo. Voglio indagare l’ “ultra” e l’ “infra”: ultrasensibile, ultravioletto, ultrasuono, infrarosso…” [11] Si sporca le mani. Ma è proprio questa conoscenza profonda del mezzo che gli consente, in una seconda fase, di distaccarsene e di usarlo in modi che trasferiscono la meraviglia altrove. Si prenda, ad esempio, Nabucco (2013). Impossibile pensare, di fronte a quest’opera solida e maestosa, che si tratti di un dispositivo che dispiega un facile trucchetto da baraccone. Non è il ferrofluido a catalizzare l’attenzione, ma il modo in cui diventa parte dell’opera, il modo in cui introduce la velocità e il movimento in questa struttura imponente, il modo in cui bilancia la sua presenza materica con la leggerezza e l’eleganza del suo fluire: il modo in cui porta la vita nella scultura. In altri casi, come Fertility o Shiver, ci perdiamo ad ammirare il modo in cui la vita prende possesso dell’oggetto scultoreo, inanimato e inevitabilmente un po’ kitsch nella sua imitazione fedele di dettagli anatomici umani. In altri ancora, come in Struggle for Pleasure, nella serie The M 1st Project e nel ciclo di lavori che prendono il nome da psicofarmaci, sono i ritmi ipnotici e la capacità del materiale di dispiegare piccole ma


percettibili variazioni pur nella ripetitività dei movimenti a stregare lo spettatore. Potremmo dire che è il suo essere alchimista a fare di Brighetti un artista. La sua “imprescindibile necessità personale” di confrontarsi con i materiali che usa, anche al livello delle loro proprietà fisico-chimiche, è ciò che poi gli permette di trascenderli e di sublimarli in opere in cui la scienza sparisce e ciò che rimane è la perfetta visualizzazione di un concetto. Nelle sue parole:

[...] sono completamente sovrastato da entità astratte che mi soggiogano al proprio volere. Mi muovo incatenato in un recinto ben circoscritto che non concede fughe. Sono un subalterno. La fisica si impone, brutale ed egemonica, ed io soccombo piacevolmente ai suoi dettami. La chimica trova il proprio spazio, impiegandolo e plasmandolo precisamente. [...] sono l’ultimo nella scala gerarchica. Sono il mezzo rivelatore di un’estetica della natura, alla quale nulla si può rimproverare. Formalizzo la struttura finale, creo supporti materiali per offrire uno sguardo sulla bellezza di leggi universali. [12]

Note [10] Chiara Canali, “Alessandro Brighetti. L’artista sperimentatore”, in La Stampa, 26 maggio 2011. [11] Ivi. [12] Antonello Tolve, “Alessandro Brighetti e un itinerario neogestaltico. Un dialogo”, in Art a Part of Culture, 23 maggio 2012. Online all’indirizzo www.artapartofculture.net/2012/05/23/alessandro-brighetti-e-un-itinerario-neogestaltico-un-dialogodi-antonello-tolve/.


Bloom, 2014 Mixed media cm 66x66x160


Nabucco, 2013 Mixed media 250 x 120 x 245 cm


XanaX, 2013 Mixed media cm 20x20x151



Narciso, 2014 Mixed media cm34x30x170


Extract from the essay

Images du Futur by Domenico Quaranta

(...) Awe and wonder play an important role in the work of Alessandro Brighetti. If this was not the case the decision to use ferrofluids as the basis for his latest works would be at the least reckless and dangerous. This dense glossy black liquid, a mixture of iron nanoparticles surrounded by an ionic surfactant dissolved in oil, is a challenging material that in the wrong hands would be capable of literally devouring the work. Magical and captivating, the very ambiguity of this magnetically charged liquid wants to impose itself as the message. When it isn’t, as is evident in Brighetti’s work, it has to be used very skilfully to make sure it does not become the exclusive focus of the viewer’s attention, a source of childlike wonder. Brighetti possesses this skill, and we could almost say that he possesses it paradoxically, because his preoccupations are not exclusively those of a visual artist tackling a new material. “Artist experimenter” [10] Brighetti creates his ferrofluids with the help of a chemist friend, studies his medium with enthusiasm and dedication and knows it inside out; he appropriates the science required to dominate it, and his knowledge of it goes beyond the use he makes of it in his works. With the preoccupations and ambitions of a physicist, he states: “I am fascinated by the other and the non-ordinary. I want to go beyond perception, beyond man’s physiological limits. I want to explore the “ultra” and the “infra”: the ultra sensitive, ultra violet, ultrasound, infrared…” [11] He gets his hands dirty. And it is this in-depth knowledge of the medium that enables him, at a second stage, to detach from it and use it in ways that shift the source of fascination. Take Nabucco (2013), for example. Faced with the solid majesty of this work it is impossible to think that it is based on a device that uses a simple fairground trick. It is not the ferrofluid that captures our attention, but the way in which this becomes part of the work, the way it introduces speed and movement into this imposing structure, the way in which it balances its material presence with its light, elegant flow: the way in which it animates the sculpture. In other cases, like Fertility and Shiver, we can lose ourselves in awe at the way life takes possession of the sculptural, inanimate and inevitably slightly kitsch object, a faithful imitation of the human body. In other pieces, like Struggle for Pleasure, in the series The M 1st Project, and the series of works named after psychopharmalogical drugs, what enthrals the viewer is the hypnotic rhythms created and the material’s ability to effect small but perceptible variations in the repetitive movements. We could say that it is Brighetti’s alchemy that makes him an artist. His “overwhelming personal urge” to engage with the materials he uses, including their physical and chemical properties, is what enables him to move beyond them and elevate them into works where the science disappears and what is left is a consummate visualisation of a concept. As he puts it: [...] I am completely dominated by abstract entities that bend me to their will. I am chained in an enclosed space with no way out. I am a subordinate. Physics imposes its brutal, hegemonic will and I succumb pleasurably to its commandments. Chemistry finds its own space, using and shaping it with precision. [...] I am at the bottom of the


hierarchy. I am the medium that reveals the aesthetic of nature, something that is above reproach. I formalise the final structure and create material supports to show people the beauty of universal laws. [12]

Notes [10] Chiara Canali, “Alessandro Brighetti. L’artista sperimentatore”, in La Stampa, 26 maggio 2011. [11] Ivi. [12] Antonello Tolve, “Alessandro Brighetti e un itinerario neogestaltico. Un dialogo”, in Art a Part of Culture, 23 maggio 2012. Online all’indirizzo www.artapartofculture.net/2012/05/23/alessandro-brighetti-e-un-itinerario-neogestaltico-un-dialogodi-antonello-tolve/.

Cinicysm, 2013 Mixed media, cm 14 x 21 x 170


Lophopora 2013 Analogical video Full hd, frame Video: 7:47 minutes, loop cm 50x70x7 Via Canonica 7, 6900 Lugano / tel. +41 91 922 2003 / info@primaenoctis.com / www.primaenoctis.com


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