_Gennaio 2013.
Uffici comunali Pubblicazione mensile d’informazione indipendente |free press
come riordinarli?
Migranti
a Gioia: quale futuro?
Passaggio a livello si va con gli ascensori
Unioni civili c’è chi dice sì
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INDICE 3 Ouverture 4
Riordino uffici comunali
5 Macroaree
Ouverture CRISI DEI PARTITI
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Integrazione ed emergenza
10
Semaforo rosso
12
La scuola e i suoi problemi
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Unioni civili
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Portale turismo
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L’arte di Mario Vacca
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Intervista a FM Antonicelli
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Oscuro web
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L’homo politicus
I dati delle primarie
Maria Cristina De Carlo / Direttore
FB/ MariaCristina.DeCarlo
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a crisi dei partiti non è un fenomeno degli ultimi anni. Una retorica negativa dei partiti risale agli inizi del ‘900, pochi anni dopo la loro nascita. Infatti, la comparsa dei partiti politici comportò, da un lato, la negazione della sovranità dello stato così com’era stata costruita in base al modello ottocentesco, dall’altro, la limitazione della libertà del singolo, in controtendenza rispetto ad una concezione individualistica che si andava sempre più affermando. Nel tempo è nato il concetto di “partito liquido”, ovvero di quel contenitore leggero in cui il rapporto tra leader ed elettori si verifica solo nel momento elettorale. E’ il rapporto tra leader politico e popolo votante che oggi tiene in piedi la macchina politica (favoritismi, promesse). Le primarie, nonostante svuotino la politica riempiendola con la comunicazione e con il marketing, hanno dato una risposta significativa a quello che i cittadini vogliono. L’analisi che mi è concesso fare sul territorio gioiese parla di persone che hanno scelto di votare
non un partito ma un ideale, rappresentato da una persona. I dati parlano chiaro. Al primo turno delle primarie del centrosinistra (02.12.2012) si sono recate alle urne oltre 600 persone. A Gioia del Colle vince l’ex Presidente della Regione Nichi Vendola, battendo Bersani e Renzi. SEL sbanca ma il partito non riesce a riconfermare i voti quando bisogna scegliere i parlamentari. SEL riceve solo 42 voti rispetto ai 242 del PD. Questo cosa significa? Che il partito oggi non ha più presa: i cittadini scelgono di votare la persona, non il partito. I partiti stanno morendo e la dimostrazione è anche la forte crescita dell’associazionismo, che si sta diffondendo a macchia d’olio anche nei paesi più piccoli. La voglia di fare spinge ad unirsi e a partecipare attivamente alla vita politica del paese, distaccandosi totalmente dai vecchi partiti. Se la storia insegna, dall’associazionismo dovremmo riavere la nascita (o la rinascita) di un nuovo movimento politico che porterà alla creazione dei “nuovi partiti”.
Roberta R
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stata rimandata agli inizi del 2013 la discussione in Consiglio Comunale sulla proposta di delibera della Giunta volta a definire i criteri generali sull’ordinamento degli uffici e dei servizi del Comune di Gioia del Colle. La motivazione? Quella di potersi esprimere sulla base dei dati economici derivanti dal Consuntivo 2012 e dal Bilancio di previsione 2013. Per sciogliere il dilemma “dirigenti o figure apicali” e avere un’idea più chiara sull’organizzazione e il funzionamento di un Ente locale, abbiamo intervistato la dott.ssa Grazia Orlando, Responsabile Servizio, Organizzazione e Gestione Risorse umane del Comune di Gioia del Colle. La dott.ssa Orlando ha spiegato come attualmente siano quattro i settori in cui è suddivisa l’attività amministrativa, ciascuno dei quali dovrebbe far capo ad un dirigente: 1° Affari Generali, 2° Programmazione finanziaria e bilancio, 3° Cultura, pubblica istruzione e servizi sociali, 4° Gestione e assetto del territorio (i primi tre sono tenuti ad interim dal segretario dott. Dioguardi, il 4° dall’ing. Laruccia). Gli incarichi dirigenziali sono stati affidati, sino alla scorsa Amministrazione, con contratti a tempo determinato (art 110 DL 267/2000) di durata pari al mandato del sindaco, che nomina sulla base di un potere riconosciutogli dalla legge. I dirigenti così assunti a tempo determinato hanno nominato a loro volta le Posizioni Organizzative (PO), ossia funzionari 4 PrimaVera Gioia
comunali che fanno le loro veci in caso di assenza o impedimento, svolgendo funzioni di responsabilità in vari settori e ricevendo per questo un’indennità di funzione. Oggi le PO sono sette: il loro incarico scade il 31/12/2012. Dopo la caduta della precedente Giunta, con l’Amministrazione commissariale hanno di fatto vicariato l’attività dei dirigenti perché i posti dirigenziali erano scoperti. Per il 2013 bisognerà tener conto di alcuni limiti imposti dalla legge in termini di assunzioni e personale. La legge 296 del
2006, per intenderci la legge Finanziaria 2007, impone infatti una riduzione di spesa progressiva sui costi del personale; le assunzioni a tempo determinato dei dirigenti hanno un limite pari al 20% dei posti della stessa qualifica presenti nella dotazione organica; l’art. 4-ter della legge D.L. n. 16/2012 limita le assunzioni a tempo indeterminato al 40% della spesa derivante dai cessati dell’anno precedente; la Spending Review dispone una riduzione della dotazione di dirigenti anche negli Enti locali. Con chiarezza, la dott.ssa Orlando ha evidenziato come, mantenendo il sistema attuale, sulla base delle disponibilità finanziarie, il Comune potrebbe assumere solo 1 dirigente a tempo determinato e che gli altri tre posti potrebbero essere coperti solo con mobilità, comunque onerosa per le casse
comunali e soggetta alla disponibilità al trasferimento da parte di altri dipendenti da altre sedi. Considerando la positività dell’esperienza delle PO, si potrebbero creare, invece, delle macroaree, cioè servizi con attività omogenee, che possano sostituire gli attuali settori, trasferendo le funzioni dirigenziali ai funzionari e affidando dunque la gestione alle figure apicali con posizione organizzativa. Ancora da stabilire (lo si farà in seguito con appositi Regolamenti) sono tutti i dettagli, compresi i criteri per il conferimento degli incarichi alle figure apicali. L’eliminazione dei dirigenti - così come afferma la Responsabile delle Risorse Umane - comporterebbe non solo un evidente risparmio per l’Ente, pari agli stipendi dei dirigenti, ma anche un aumento del Fondo per i dipendenti e, soprattutto, una maggiore dinamicità nella collaborazione tra le diverse figure amministrative, venendo meno l’impostazione verticistica dei settori e dei dirigenti. Dalle parole della Dott.ssa Orlando si evince, quindi, come, con molta probabilità, l’adozione delle figure apicali con funzione organizzativa diventerà una necessità di bilancio piuttosto che una scelta programmatica. Questa sorta di “ineluttabilità” e la ristrettezza dei tempi non sottraggono la
Dario Ma
gistro |
Giunta e il Sindaco - che detiene per legge il potere di indirizzo sull’attività amministrativa - da un giudizio fortemente critico sul metodo adottato per approcciare una tematica di questa portata. Il dibattito non riguarda solo i dipendenti comunali: di fatto si incide sulla qualità dei servizi e delle politiche destinati a tutti i cittadini. Non è certo manifesto di competenza e capacità, in politica come in qualsiasi ambito lavorativo, presentarsi al dibattito con una proposta non supportata da alcuna seria analisi, economica, strutturale, gestionale, né delle risorse e delle professionalità disponibili, né delle criticità presenti nel sistema. I vincoli economici devono stimolare la Pubblica Amministrazione (PA) ad ottimizzare gli strumenti disponibili, non a giustificare scelte a scatola chiusa. Senza una valutazione preliminare, come si può garantire l’efficacia, l’efficienza, la trasparenza della gestione della PA, come si possono confutare insinuazioni su provvedimenti ad personam? Speriamo che in Consiglio, quindi al cospetto della cittadinanza, arrivi almeno per il nuovo anno un organigramma ufficiale della macchina amministrativa di Palazzo San Domenico, ad oggi, con grande sorpresa, purtroppo inesistente. ¿
/Dario.M
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roposte di delibera e condizioni economiche decadenti a parte, proviamo a fare un discorso meno “politically correct “ sul tema delle “figure dirigenziali”. Al momento, per quanto possa sembrare difficile crederlo, il nostro è un Comune virtuoso di classe 1° B. In virtù di questo tipo di classificazione, che descrive la “qualità” di un Comune in rapporto al numero degli abitanti, dei servizi e degli introiti, è vero che dotarsi di dirigenti di settore non è più un obbligo di legge ma è anche vero che tale scelta rimane pur sempre un indirizzo preferenziale. Purtroppo, ad oggi, tra smentite e conferme, non si è ancora riusciti a capire bene cosa potrebbe succedere, se si decidesse di far prevalere le cosiddette “figure apicali”. Alcuni prospettano un sicuro declassamento del Comune a 2° B, con una conseguente netta diminuzione dei contributi statali e la perdita di quel risparmio tanto accreditato alle figure apicali. Tenendo conto che i nostri amministratori, come attestano lottizzazioni e appalti in zone F del recente passato, sono quantomeno “amanti del rischio”, c’è la concreta possibilità che si disinteressino o non approfondiscano tutte le sfumature della questione e con convinzione decidano di puntare invece sull’istituzione delle macroaree. Ipotizzando quest’ultima via, quali sarebbero i criteri di scelta per l’investitura a dirigente di una macroarea ? Escludendo da un lato il sorteggio dei nomi, più adatto alle parPrimaVera Gioia 5
tite a calcetto tra scapoli e ammogliati che alla nomina di un dirigente, e dall’altro l’idea da populisti malpensanti che la conta tra chi possiede più amicizie politiche possa fare da discriminante, si dovrebbe dunque optare per una scelta di “merito” e di “competenza”. Ovviamente, in primis bisognerebbe capire cosa intendiamo con la parola “merito”. Merito inerente ai titoli di studio o ai risultati raggiunti? Se questi ultimi si parano con arroganza dinanzi ai nostri occhi (…forse!), sui titoli va fatto un discorso diverso. Sarebbe lecito aspettarsi che gli attuali 11 dirigenti D3 e D6 , per intenderci gli “eletti” a ricoprire suddette cariche, avessero conseguito una laurea (una qualsiasi…non siamo esigenti!). Purtroppo non si può né confermare né smentire tale aspettativa, poiché, a quanto pare, il Comune non dispone di un organigramma dei dipendenti, né tanto meno sono a disposizione della comunità i rispettivi curricula. Per dovere di cronaca, chi volesse chiedere informazioni a riguardo, potrà ricevere, a seconda del grado di disponibilità e gentilezza dell’interlocutore preposto, risposte che variano dal vago e nebuloso ad un invito ad una maggiore discrezione, che evochi, in termini meno formali e forbiti, l’esclamazione virgiliana “Vuolsi così colà dove si puote , ciò che si vuole , e più non dimandare!” A questo punto, vista la mancanza di fonti documentarie certe sui titoli di studio dei nostri dirigenti, ci tocca ricorrere ad una leggenda popolare, secondo cui i portatori d’alloro, simbolo proprio dei laureandi, pare siano solo 3. Il resto, con un pizzico d’ironia, sono geometri. Se il criterio meritocratico fa sorgere qualche dubbio, proviamo allora a considerare la competenza. Quest’ultima si guadagna soprattutto sul campo e non solo con i titoli. Di conseguenza, per deduzione logica, chi ha sulle spalle presenze decennali nello stesso ufficio, classico esempio “made in Italy” di mobilità interna, di esperienza ne ha sicuramente tanta! Certo, magari un giorno ti capita una fideiussione non 6 PrimaVera Gioia
firmata, ma non bisogna allarmarsi più di tanto: è il classico esempio per cui non si smette mai d’imparare. Dinanzi a tutto ciò, senza sottolineare l’assoluta fretta e al tempo stesso l’assoluto ritardo con cui l’amministrazione ha posto la discussione di questo argomento all’interno dei singoli partiti di maggioranza, fa sicuramente riflettere la discordanza di opinioni all’interno della macchina amministrativa. Difatti, se da un lato non si conoscono le precise modalità d’assegnazione delle cariche, dall’altro c’è un ipotetico risparmio ancora tutto da dimostrare (ma in ogni caso, carte alla mano, non superiore a 40.000 euro). Forse, a fronte di tutto ciò, la scelta di assumere dei dirigenti specifici, prima attraverso bandi di mobilità esterni, poi istituendo concorsi settoriali, sarebbe la via migliore sia per intraprendere un percorso di totale trasparenza e meritocrazia sia per garantire una responsabilità soggettiva reale. ¿
Mario d’Alessandro|
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Rosario Milano
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l 19 marzo del 2011, le truppe dell’alleanza occidentale, con la benedizione delle Nazioni Unite, intervennero contro il regime di Muammar Gheddafi. Nel rispetto della sua tradizionale politica estera “supina e codista”, anche l’Italia finì in guerra, in maniera quasi casuale, contro l’amico libico. Risultato: all’offensiva militare è seguita la guerra strisciante e i profughi della Libia, costante immutabile di vecchi e nuovi conflitti, si sono riversati sulle coste dell’Europa occidentale. Si trattava non solo di profughi libici ma soprattutto di africani che avevano trovato lavoro come civili o mercenari in una Libia divenuta custode della sicurezza europea (meglio dire, il carceriere dell’Italia, che, con un pizzico di immaginazio-
ne ed autocompiacimento propagandistico, per anni ha fatto finta di non sapere che gli “infiltrati” sub-sahariani venivano incarcerati senza motivo in veri e propri campi di concentramento per poi essere abbandonati nel deserto, con figli a carico, al proprio destino). Lo scoppio della guerra e la successiva caccia allo straniero (in particolare, ai mercenari al soldo del tiranno “murtazaqa”), generarono un flusso migratorio verso l’Isola di Lampedusa che trovò impreparato ma non dispiaciuto il cadente regime, che cessò di limitare le partenze verso le coste occidentali. I profughi partiti dalla Sicilia furono smistati nei singoli centri di accoglienza che la PrimaVera Gioia 7
Protezione Civile fu chiamata ad individuare dalla Conferenza Unificata istituita ad hoc, in accordo con l’UPI (Unione delle Province d’Italia) e con l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni d’Italia). Il contribuente italiano, al netto della passione civica e/o dell’afflato cristiano, si è ritrovato a pagare i costi finanziari legati ai bombardamenti e i costi dell’emergenza. Il governo ha quindi gestito la crisi umanitaria che è durata dal 12 febbraio 2011 fino al 31 dicembre del 2012, adottando politiche difficilmente valutabili in modo positivo. Un primo orientamento rispetto alla gestione della crisi generata dall’afflusso dei profughi provenienti dalla Libia ed in attesa di giudizio per il riconoscimento dello status di rifugiato, ha cercato di produrre una politica “integrativa”, attraverso una strategia di smistamento presso le strutture ricettive di diversi paesi della regione che manifestarono la disponibilità ad ospitarli. La possibilità di gestire l’emergenza, in considerazione dei tempi lunghi per espletare le procedure di riconoscimento e i relativi ricorsi, passa attraverso il contenimento del numero dei rifugiati. Secondo le raccomandazioni dell’ANCI Lombardia del 2011, la ripartizione dei profughi in quella regione avrebbe dovuto seguire il criterio di sei unità per ogni quindici mila abitanti. Per comprendere meglio tutti gli aspetti della gestione della crisi, si può far riferimento al caso del Comune di Pieve Emanuele dove, contrariamente alle obiezioni avanzate dagli operatori del servizio socio-sanitario del territorio, sono stati trasferiti ben 450 profughi provenienti dalla Libia. In un paese con meno di 15 mila abitanti, questa scelta ha avuto un elevato impatto gestito con difficoltà dagli operatori sociali, costretti a sopportare un’emergenza in un territorio postindustriale particolarmente complesso. A giustificare scriteriate decisioni, vi era l’esigenza di apportare liquidità al Residence Ripamonti, struttura alberghiera facente capo alla famiglia Ligresti, che ha ampiamente giovato della rendita prodotta dall’emergenza (45 euro per 450 profughi per un periodo di un anno e mezzo). Il direttore della struttura, oggi come allora, è Giuseppe Milone, ex-Consigliere provinciale e senatore del Pdl, che ha portato a Pieve i profughi grazie anche a Romano La Russa, fratello di Ignazio e compaesano di Ligresti, nonchè ex-assessore regionale con delega alla Protezione Civile. Un caso clamoroso, che simboleggia la peculiare propensione dell’italica razza allo scrocco in tempo di crisi e di emer8 PrimaVera Gioia
genze, l’ennesimo esempio di un generale deficit burocratico la cui risonanza, negli scorsi giorni, ha oltrepassato l’oceano fino ad arrivare sulle prime pagine di uno dei più prestigiosi quotidiani internazionali, il New York Times. Dallo scoppio di questa crisi umanitaria, anche a Gioia del Colle, presso l’hotel Wa.Ro.Si, nei pressi della stazione ferroviaria, vivono dei profughi libici, circa una cinquantina. Il caso di Gioia del Colle che, certamente, nei modi e nei termini, assomiglia davvero poco al caso pievese, nasconde tuttavia delle affinità rispetto alle generali linee di azione delle istituzioni pubbliche. Ci sono alcuni aspetti negativi che caratterizzano in maniera decisiva la gestione della crisi, rivelatasi assolutamente fallimentare in vista della fine dell’emergenza, che arriverà non per decreto e sarà destinata a produrre preoccupanti tensioni e bombe sociali ad orologeria che interesseranno anche il nostro “Gioioso” villaggio. Il sistema messo a punto per l’accoglienza dei rifugiati prevede il pagamento di una cifra a beneficio della struttura ricettiva che comprende vitto, alloggio e, soprattutto, servizi integrativi (assistenza sociale, sanitaria e legale) affidati alle associazioni del settore presenti sul territorio. Il periodo di permanenza regolare dei profughi in Italia è vincolato al procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato, che come tutti i processi in Italia è destinato a non essere di breve durata. Non c’è da sorprendersi, tuttavia, che tali enti, costantemente in attesa di fondi che stentano o tardano ad arrivare, non siano riusciti a fornire un’assistenza a 360 gradi che consenta di realizzare quell’integrazione abbondantemente proclamata da atti governativi e circolari ministeriali. A tutt’oggi, questi giovani brancolano nel buio della burocrazia cui noi siamo tanto abituati, sorpresi e frastornati dall’impossibilità di conoscere il loro futuro, anche solo a breve termine. La maggior parte di loro vorrebbe lasciare l’Italia nella speranza di trovare fortuna in altri e più appetibili paesi europei ma la mancanza di documenti e lo “scaricabarile comunitario” non glielo permettono. Mancanza di documenti che avalla inoltre il paradosso, secondo cui questi ragazzi sono costretti ad assumere la veste di “ospiti” forzati, nella maggior parte dei casi privi della possibilità di svolgere o anche solo di cercare un’attività lavorativa.
L’ennesimo modus operandi secondo logiche emergenziali, a scapito di interventi strutturali ed esaustivi di un problema non certo secondario, ha prodotto così un vortice confusionale che fomenta pretese al posto di speranze. Non appare certo assurdo, infatti, che una tale situazione finisca per inculcare nei ragazzi (si ricorda che molti di loro hanno appena 18 anni) un’immagine del tutto distorta della loro stessa realtà. In un paese straniero di cui, per ovvi motivi, nemmeno conoscono la lingua, si ritrovano a credere che questo sia tutto e soltanto quello che gli spetta. Di fronte a queste situazioni ed istituzioni, sembra che l’unica possibilità concreta possa derivare dalle capacità di supplenza della società civile. Al netto del buonismo di facciata che porta sui palchi politici locali ad autoelogiare il loro impegno umanitario in sfavillante ossequio del principio dell’apparire ed al proselitismo cristiano ad orologeria, che si fa orgoglio nel coltivare intenzioni che rimangono tali, occorrono iniziative concrete, in grado di favorire non solo una gene-
rica integrazione sociale, ma anche un’altrettanto concreta ricontestualizzazione delle competenze, accompagnate da serie e mirate strategie di formazione. Allo scadere dello stato di emergenza, infatti, tutti questi rifugiati (o almeno coloro che verranno riconosciuti come tali a seguito di un accertamento non certo superficiale), nell’impossibilità di tornare in Paesi in cui si sono lasciati alle spalle tragedie di ogni tipo, sono destinati a rimanere per strada abbandonati a se stessi. Privi della possibilità di impiegare le proprie capacità e di stabili punti di riferimento, rischiano di alimentare le statistiche di una “legalizzata” emarginazione sociale, andando a gravare così esclusivamente sui comuni. Per gli altri ci sarà il rimpatrio. Occorre dunque ricordare che, garantire i diritti, oltre che un obbligo internazionale, è un interesse di tutti i cittadini. ¿
Via Dante, 80
u alcune immagini del sottopassaggio in avanzato stato q il manifesto elettorale che promette la non chiusura de
Viabilità
SEMAFORO ROSSO: LA FINE ANNUNCIATA DI UN PASSAGGIO A LIVELLO. Filippo Linzalata|
/filippo.linzalata
“Nei primi giorni dell’anno, saremo prossimi a chiudere il contenzioso con RFI, chiudendo il passaggio a livello di Via Dante”. E’ così che il vicesindaco Franco Ventaglini pone fine alla questione “passaggio a livello”. I giochi sono fatti, nonostante sindaci e assessori che si sdraiano sui binari (Mastrovito e Antonicelli su tutti) e campagne elettorali miracolose, in cui prima l’amministrazione Longo (sempre con Antonicelli sugli scudi) poi quella Povia promettevano di non chiudere il passaggio a livello (PL) per ottenere i voti dei residenti a ridosso della linea ferroviaria. Tutto inizia nel 2001, quando l’amministrazione comunale guidata da Povia concorda assieme a F.S. la soppressione dei PL di Via D’Annunzio e Via Dante, in cambio della realizzazione di due sottopassi pedonali e di uno carrabile, oltre ad un nuovo ponte su Via Giovanni XXIII, previa demolizione di quello esistente dal 1950. Prima delle elezioni del 2004, per evitare di “spaccare il paese in due”, la lista “Alleanza Comunale” che appoggiava come candidato sindaco l’ing. Mauro Mastrovito, con il sostegno di 2000 firme, propone di interrare i binari come a Rutigliano e a Modugno. La proposta, accolta dal neo sindaco Vito Mastrovito, è sottoposta al vaglio infruttuoso di un’atipica commissione, tanto che, a febbraio 2007, un’ordinanza del sindaco porta a chiudere il PL di Via D’Annunzio in barba all’opinione pubblica, contraria a questo provvedimento. L’assessore regionale ai Trasporti Loizzo rassicura tutti che la chiusura dell’ultimo PL sarebbe avvenuta a completamento e messa in sicurezza delle opere sostitutive, stanziando 6 milioni di fondi regionali del CIPE per la riqualificazione 10 PrimaVera Gioia
dell’attraversamento ferroviario (delibera 617 del 21/05/07). In realtà, RFI (Reti Ferroviarie Italiane) chiude nella notte del 20/06/07 il varco di Via Dante con due blocchi di cemento armato, portando il sindaco e parte della giunta a sdraiarsi sui binari per protesta contro quello che definiscono “un attacco alla democrazia”. L’ordinanza urgente del sindaco, che dichiara l’inagibilità delle opere realizzate da RFI al posto del passaggio a livello, portano il prefetto a concedere al Comune di Gioia, per la conclusione e la messa in sicurezza dei sottopassi, 90 giorni, al cui termine il PL verrà chiuso. Quando finalmente il comune decide di consultarsi con la comunità per scegliere la soluzione migliore, l’amministrazione cade e subentra il commissario straordinario Claudio Palomba che destina i 6 milioni di euro all’abbattimento e alla ricostruzione del cavalcaferrovia, approvando il progetto delle opere di riqualificazione con delibera commissariale n.35/2008 del 13/02/08. RFI presenta una diffida al Comune per la mancata chiusura del PL, chiedendo un risarcimento di 1.7 milioni di euro. Il 30/04/08, la neosubentrata coalizione di destra, guidata da Piero Longo, emette un’ordinanza, impugnata da RFI dinanzi al TAR che invece dà ragione al Comune, vietando a RFI la chiusura del PL di Via Dante fino al 31/12/08. Contestualmente, viene manifestata all’assessore Loizzo l’esigenza di destinare i fondi non all’intervento sui passaggi a livello ma ad un collegamento stradale a sud- est dell’abitato, la bretella di Via Scippitelli. La proposta rimane isolata, poiché sprovvista di precisi progetti deliberati in tempi utili. Il 18/12/08, in consiglio comunale, viene
approvato all’unanimità un quadro con le opere preliminari da realizzare in due aree di intervento. L’area A per la riqualificazione dell’attraversamento ferroviario e della viabilità marginale prevedeva sottopassi pedonali, un sottopasso carrabile, l’allargamento della sede stradale del ponte, la sistemazione di Via Vicinale La Villa, la riqualificazione di Via Lagomagno, il parcheggio di scambio e il sottopasso di servizio ai binari. L’area B in riferimento alla realizzazione della viabilità periurbana prevedeva interventi su Via Scippitelli con prolungamento su Via Matera, Via Murgia, Via Castellaneta. Il nulla di fatto delle trattative affidate al Sindaco si somma alla diffida stragiudiziale di RFI fatta pervenire al Comune, che nel 2010 apporta modifiche ai progetti A e B. La bretella non può essere realizzata su Via Scippitelli per vincoli posti dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici e gli interventi a favore del ponte e del parcheggio di scambio sono stralciati a causa dall’aumento dei costi di intervento del listino regionale per i
di degrado el PA
lavori pubblici e per mancanza delle dovute autorizzazioni. Di qui la necessità di ridurre gli interventi per rientrare nei 6 milioni di euro. Tale scelta porta le parti politiche a interpellare la regione per verificare la rispondenza tra le opere previste per l’ottenimento dei finanziamenti e quelle proposte in consiglio comunale, determinando la sospensione del finanziamento e sottoponendo il piano di interventi all’attenzione dell’unità di verifica degli investimenti pubblici del Ministero per lo Sviluppo Economico, che accerta l’utilizzo dei 6 milioni come effettivo appalto di 6/8 delle opere previste nel piano rimodulato, riconoscendone la legittimità, ma chiedendo garanzie per quelle non appaltate che sarebbero dovute essere cofinanziate quindi a livello comunale. Per il ponte, si ottiene un finanziamento regionale di 1 milione di euro, cui vanno a sommarsi 250.000 euro di cofinanziamento del Comune. Su ciò si basa l’ostruzionismo dell’opposizione, che non reputa corretto ottenere in primis un
nuovo finanziamento regionale, quando l’intervento era comprensivo nei 6 milioni del DGR 961 e in secondo luogo attingere dalle casse comunali soldi per il cofinanziamento. Per il parcheggio di scambio si è in cerca di altri finanziamenti regionali che possano permettere anche la sistemazione di Piazza Kennedy e il sottopasso di servizio ai binari. Giunge a Gennaio 2011 la notifica di ricorso in sede civile di RFI per vedersi riconosciuti la chiusura del PL e il risarcimento per il compimento delle opere sostitutive pari a 2.7 milioni di euro. L’importo è spropositato alla luce dello stato di efficienza delle opere, ovvero sottopassi inagibili, insicuri, pericolosi e un sottovia che già al completamento dei lavori ha rivelato falle strutturali, tanto da allagarsi già alle prime piogge e costringendo l’amministrazione comunale a spendere soldi pubblici per rimediare ai disagi. In data 18/12/12, il consiglio comunale si è espresso in maniera definitiva sugli
interventi da effettuarsi. Il passaggio a livello verrà chiuso e si adotteranno sistemi ettometrici al di sopra della sede ferroviaria. Pare quindi che la soluzione siano degli ascensori, che permettano di accedere ad una passerella pedonale che collegherà via Dante, nel punto in cui s’interseca con il fascio ferroviario. Più che la scelta migliore, sembra una pezza per tappare il buco creatosi in anni di cattiva conduzione della questione, in cui invece di soffermarsi sulle esigenze della comunità, si è preferito premiare giochi politici basati sull’ostruzionismo e non sul conseguimento del bene comune con un minimo di partecipazione delle forze chiamate in causa, evitando il contenzioso. Gli abitanti “reclusi” oltre il PL vedranno devitalizzarsi probabilmente la loro zona (svalutazione immobili, povertà di servizi, occasioni bassissime di attività produttive e commerciali), pagando lo scotto di aver creduto alla parola di quei profeti della politica che annunciavano che il passaggio a livello non si chiude. ¿ PrimaVera Gioia 11
Scuola
LA SCUOLA E I SUOI PROBLEMI: INTERVISTA A PIERA DE GIORGI.
disegno | Antonio Losito
Pasquale Paradiso |
/pasquale.paradiso.50
Ad oggi la scuola è diventato un tema di primo piano, anche a causa delle riforme nazionali che si propongono di cambiarne la fisionomia. In questa intervista ci proponiamo, avvalendoci dell’ausilio della prof.ssa Piera De Giorgi, soprattutto di argomentare sul ruolo della scuola e dell’insegnante nell’ambito dell’attuale società. Professoressa De Giorgi, la politica nazionale terrà conto delle richieste degli studenti che hanno manifestato nelle pubbliche piazze il diritto ad investire nella scuola, inteso quale luogo di formazione? Io spero che il governo nazionale eletto possa prendere quelle misure di investimento nella scuola così tanto sbandierate. Tutti i partiti sono concordi nel dire che è necessario investire sulla nuova generazione, sulla conoscenza, sulla scuola, sulla 12 PrimaVera Gioia
tecnologia funzionante. Ogni alunno, pertanto, a detta di tutte le forze politiche, dovrebbe avere un tablet, un pc personale, così come ogni insegnante dovrebbe avere un computer da utilizzare come registro elettronico per annotare presenze e assenze degli alunni, inserire i voti in tempo reale, ecc. La realtà, tuttavia, è ben diversa da quella prospettata. Ci sono pochi computer in relazione al numero degli alunni e degli insegnanti. La mancanza di tali attrezzature naturalmente non realizza il principio di tecnologia funzionante così tanto invocato. Io sono convinta che i nostri governatori attuali, cosi come quelli futuri, siano sicuramente persone competenti, che si sono formate nella scuola, percependo il significato di un’istruzione solida e robusta: tuttavia devono fare i conti con una realtà socio-economica attuale difficile. Speriamo che la situazione migliori e che si effettuino investimenti per dare concreta attuazione al
principio di tecnologia così tanto richiesto nell’ambito scolastico. Secondo un articolo del sole 24 ore del 05/12/2012, la scuole che funzionano meglio sono quelle finlandesi e coreane. Sarà forse che i governi della Finlandia e della Corea del Sud investono rispettivamente il 12% e il 15 % del PIL nell’istruzione? In Finlandia le cose funzionano diversamente, lì la tecnologia c’è, lì ci sono stipendi diversi, c’è una motivazione diversa, c’è un tessuto sociale che guarda alla scuola con rispetto. Prendendo spunto dal suddetto articolo del sole 24 ore, in Finlandia l’istruzione è intesa quale impegno morale e sociopolitico verso la società, in Corea come dovere etico e morale verso la famiglia e la società. E in Italia ? Da noi invece la scuola è criticata. Mi è capitato ad esempio di insegnare in Italia in alcune zone dove la scuola era vista più come luogo di “parcheggio” che di formazione, dove i ragazzi partecipavano in maniera minima all’apprendimento di quanto impartito. Spesso mi chiedevo quale ruolo questi ragazzi avrebbero ricoperto in età adulta all’interno di questa società, così avara di lavoro anche nei confronti dei laureati. Non si è compreso ancora quali opportunità la scuola offra sia in termini di proprio progresso personale sia in termini occupazionali. Come giudica le parole di Monti, rilasciate nel corso di un’intervista in un noto programma nazionale e riportate su un articolo apparso sul sito del sole 24 ore del 25/11/2012, in cui il premier “aveva riscontrato nel personale della scuola un “grande spirito conservatore”, quale la “grande indisponibilità a fare due ore in più la settimana che avrebbe significato più didattica e cultura”? Sulla circostanza, secondo me, è opportuno fare alcune consi-
derazioni. In realtà ogni insegnante corregge a casa gli elaborati svolti dagli studenti, si dedica alla preparazione di lezioni e svolge altre attività necessarie alla formazione dei propri alunni. Ebbene, le diverse attività svolte a casa da un insegnante richiedono del tempo che va sicuramente oltre le due ore settimanali e non sono inserite in busta paga. Secondo lei, quali soddisfazioni ci sono per l’insegnante? In realtà, la professione d’insegnante non permette oggi grandi soddisfazioni economiche. Ci sono sicuramente altre professioni che garantiscono stipendi ben più alti. Va tuttavia precisato che la professione d’insegnante consente di avere delle gratificazioni a livello sociale: fare l’insegnante significa svolgere attività stimolanti, in cui domina il contatto con ragazzi che vedi crescere, vedi formarsi. È piacevole ritrovare i propri alunni adulti che ricordano ancora gli insegnamenti impartiti, da cui hanno tratto dei valori. Pensare che, dopo tanti anni, tu hai lasciato il segno dà grande piacere. È chiaro però che non è sempre facile insegnare: lo diventa se insegni ad un’utenza di un certo livello. E’ sicuramente più complicato farlo nei confronti di un’utenza poco motivata alla formazione e all’apprendimento. Consiglierebbe ai suoi figli di intraprendere l’insegnamento scolastico? E’ chiaro che i miei figli avranno la possibilità di scegliere liberamente la professione o il mestiere che intendono svolgere nella propria vita. Se sceglieranno di fare gli insegnanti, dovranno essere sorretti dalla passione e dalla consapevolezza di essere esposti al giudizio della gente, che continuamente osserva, qualche volta capisce, qualche volta critica. Come reputa l’insegnamento negli istituti scolastici pugliesi? La formazione offerta dalle scuole pugliesi, da recenti indagini della INVALSI (istituto che valuta il sistema educativo di educazione e formazione scolastica), raggiunge livelli alti ed è comparata al livello della formazione presente in diverse scuole del nord: questo lusinghiero risultato è motivato dal fatto che diversi dirigenti scolastici hanno lavorato molto seriamente per migliorare le competenze e le conoscenze degli operatori scolastici. Un esempio è costituito dall’attenzione alla continua formazione degli insegnanti. Va segnalato che diversi dirigenti della scuola pugliese, grazie ai rilevanti risultati raggiunti, sono entrati a far parte giustamente dell’organico del Ministero dell’istruzione. Cosa dovrebbe fare il governo nazionale per il rilancio della scuola? Il governo nazionale in primis dovrebbe varare quelle misure dirette ad una maggiore collaborazione tra operatori scolatici e studenti. E’ naturale che tale collaborazione possa nascere solo in presenza di determinati obbiettivi, la cui individuazione può contribuire ad innalzare ancor più il livello di formazione degli studenti all’interno degli istituti scolastici. ¿ PrimaVera Gioia 13
Politica
Unioni Civili: Un piccolo passo verso la civiltà Alessandro De Rosa |
È
/alessandro.derosa.161
datata 27 novembre 2012 la delibera consiliare n. 47, con cui è stato regolamentato il registro delle unioni civili nel Comune di Gioia, una prima embrionale conquista legislativa e morale per tutte quelle coppie di fatto, sia omo che eterosessuali, che si sono viste negare finora alcuni importantissimi diritti. Ma cos’è questo registro e chi può iscriversi? Il registro delle unioni civili è uno strumento amministrativo che permette ai suoi iscritti di essere equiparati alle coppie sposate sui provvedimenti di competenza del Comune: casa, servizi sociali, scuola, trasporti e sport. È permessa l’iscrizione a coppie etero ed omosessuali “coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune”. La coppia di fatto così registrata avrà dunque una sua dignità riconosciuta pubblicamente, per cui, ad esempio, in caso di ricovero in ospedale, il proprio compagno/a non potrà più essere cacciato dal medico come accadeva prima, spesso su richiesta dei familiari più “titolati”. Una blanda conquista se paragonata alle più incisive riforme legislative di altri paesi europei come Inghilterra e Spagna. Quest’ultima, più simile all’Italia sotto il profilo religioso e culturale, all’art. 44 del suo Codice Civile statuisce che “il matrimonio avrà gli stessi requisiti e gli stessi effetti quando entrambi i coniugi siano dello stesso sesso”. Parole che suonano come chimera per la società italiana rimasta fanalino di coda in Europa in materia. Eppure per l’ISTAT, le coppie di fatto aumenterebbero di anno in anno e, con esse, il numero di bambini nati da genitori non convolati a nozze. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, a far posticipare il “si” sono soprattutto la precarietà del lavoro, il prolungamento degli studi, la difficoltà ad acquistare una casa ed una crisi foriera di insicurezze. Così le unioni di fatto dal 2007 al 2011 sono aumentate da circa 900000 a quasi 1 milione; nel 2011 1 nato su 4 ha genitori non coniugati ed i matrimoni, sempre nel 2011, sono stati 204830, 12870 in meno rispetto al 2010. Può l’Italia, con un quadro socio-economico simile, procrastinare ancora le riforme? É così, infatti, che il convivente continua a non avere accesso alla pensione di reversibilità, anche dopo molti anni di coabitazione, e a non vedersi riconosciuto alcun diritto successorio in caso di disconoscimento da parte della famiglia d’origine a causa dei propri “gusti sessuali”, per non parlare degli svantaggi fiscali. 14 PrimaVera Gioia
E la politica? Essa dovrebbe riuscire a captare i bisogni della gente e a tramutarli in legge, senza avallare posizioni già dominanti. Eppure la stessa Corte Costituzionale, con sentenza 138/2010, ha dichiarato che la nostra Costituzione non è di ostacolo al riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto, come invece vorrebbe la filastrocca sciorinata dai politici che, per nascondere la loro reticenza, invocano l’articolo 29 del testo costituzionale: “ la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. La Corte, dal canto suo, ha ritenuto invece di “annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri” (...). Spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette (...). I concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere cristallizzati con riferimento all’epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, perché sono dotati della duttilità propria dei princìpi costituzionali e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell’ordinamento, ma anche dell’evoluzione della società e dei costumi”. Parole che devono essere sfuggite a molti componenti del Consiglio Comunale se è vero come è vero che la delibera n. 47 ha richiesto i voti favorevoli dei consiglieri Mastrangelo e Longo per vedere la luce, personalità appartenenti a uno schieramento politico lontano dal voto espresso. Le parole del capogruppo PdL sono emblematiche al riguardo: “L’aver votato a favore del registro è un segnale che andava dato nel rispetto dei tempi che viviamo. Non si può far politica e non aver cognizione della società in cui viviamo dove una famiglia su tre è una famiglia di fatto. È il momento di far cadere dogmi e retropensieri per costruire una società solidale e tollerante”. Diverso il punto di vista dei consiglieri Lucilla e Cuscito, da cui molti si aspettavano di più. Il primo ha argomentato il suo voto contrario, tralasciando motivi religiosi ed affermando: “Ho ritenuto di votare contro, perché ritengo discriminante trattare fattispecie molto diverse in maniera similare al matrimonio. Ritengo che le coppie di fatto siano restie al matrimonio poiché contrarie alla sottoscrizione di un contratto e quindi sarebbero restie a sottoscriverne uno di “unione civile”, posto comunque che questo non potrà avere effetti nella loro sfera giuridica, poiché non potrà essere in contrasto con le leggi vigenti”. Il consigliere Cuscito, uscito dall’aula al momento della discussione, ha così spiegato la sua scelta: “Il motivo della mia assenza era legato alla diversità di opinioni nella mia coalizione. Personalmente sono scettico, il registro è stato un flop ovunque ed è una soluzione superficiale a problematiche sociali che meriterebbero di essere analizzate con coraggio e profondità. La nostra società parla di diritti a seconda della convenienza. Aumentiamo l’IMU al massimo per poveri e ricchi e ci vantiamo di aver portato i diritti a Gioia”. In realtà la politica è solita esser percorsa a piccoli passi: fortunatamente a Gioia c’è chi ne ha saputo farne uno. ¿
Esempio di imprenditoria giovanile al servizio della città Dario Magistro |
U
/Dario.Magistro223
n’accurata analisi delle modalità di comunicazione sinora impiegate per promuovere e valorizzare il territorio gioiese al di fuori dai confini locali, soprattutto dopo l’avvento di internet, ha rivelato l’assenza di un veicolo d’informazione in grado di far conoscere al turista il potenziale ricettivo, ambientale, storico e artistico della città di Gioia del Colle. A tal proposito, l’associazione turistico - culturale Petali di Pietra, in collaborazione con il Collettivo Culturale, ha proposto la creazione di un portale dedicato allo sviluppo del turismo nel nostro Comune. Il progetto, intitolato VisitGioia.it, ha come obiettivo quello di ordinare per categorie le caratteristiche più importanti del nostro territorio e renderle fruibili ai visitatori
Comunicazione
Portale Turismo:
nella maniera più diretta e semplice possibile. Le categorie più importanti saranno : TERRITORIO, con schede riguardanti la morfologia ambientale e gli itinerari segnati dalle nostre storiche masserie, CULTURA, suddivisa in categorie riguardanti architettura, letteratura, arti visive e i personaggi più importanti che hanno dato lustro al nostro territorio e STORIA, sviluppata in un ampio contesto cronologico. Saranno presenti, ovviamente, anche informazioni sui luoghi dove poter soggiornare, ristoranti e trattorie tipiche gioiesi nonché i contatti ufficiali del Comune di Gioia del Colle. Per rendere i contenuti fruibili anche ai turisti provenienti dall’estero, le pagine saranno navigabili sia in inglese che in italiano. Attraverso questo progetto, si è pensato di arricchire il bagaglio di informazioni sulla nostra città con l’apporto delle associazioni operanti da anni sul territorio. Ogni associazione aderente al Collettivo Culturale, infatti, parteciperà sia all’inserimento delle informazioni in base alle proprie specificità, sia alla quotidiana manutenzione del sito, garantendo così una continua visibilità del sito stesso e del loro operato. L’iniziativa è di per sé lodevole, perché permette al nostro comune di percorrere una via di comunicazione mediatica diversa da tutte quelle perseguite sino ad ora, nella speranza di rifocillare una vena turistica assente da anni. Il progetto è stato protocollato al Comune in data 26 Settembre ma, ad oggi, nonostante pare sia tutto pronto, nulla è stato ancora avviato. Ci auguriamo che la situazione si sblocchi quanto prima! ¿
Arte e conservazione
Maria Marmontelli |
L
/ maria.marmontelli.9
a bottega dello scultore Mario Vacca, sita in via Carlo III di Borbone 17, in pieno centro storico a Gioia del Colle, rientra nel novero di quei luoghi magici che, una volta scoperti, hanno il potere di aprire i tuoi orizzonti mentali e di farti meditare su quello che eravamo e che non siamo più. Te ne accorgi non appena varchi l’uscio e respiri profumi dimenticati di pietra e di legno in un’atmosfera pervasa di bellezza, eleganza e armonia, frutto di due fattori fondamentali: da un lato, l’innata passione per l’arte di Mario Vacca, classe 1941, ex costruttore, discendente di una famiglia di scalpellini in pietra attivi a Bitonto, dall’altro, un percorso formativo che segna indelebilmente gli anni della sua adolescenza e ci offre l’occasione per riflettere su una grossa perdita che Gioia ha subìto in termini di prospettive occupazionali nel campo artigianale, diversi decenni fa: la chiusura della scuola di Arti e Mestieri, nata nel 1884 come scuola di Disegno e Calligrafia. Un prestigioso fiore all’occhiello tutto gioiese, spesso ignorato da vecchie e nuove generazioni. Ce lo racconta con orgoglio lo stesso Mario Vacca, a proposito della sua riscoperta dell’arte negli anni della pensione: “Il disegno già ce l’avevo, perché avevo frequentato
L’ARTE DI
MARIO VACCA: QUANDO A GIOIA C’ERA LA SCUOLA DI DISEGNO
la scuola di disegno a Gioia, da cui sono usciti tanti pittori e i migliori artigiani del paese. Era su Corso Giuseppe Di Vittorio, a fianco al bar Tinella: il panificio Lorusso era un’ala della scuola, poi trasferitasi accanto al Teatro Rossini, di fronte alla sala De Deo, diventando scuola tecnica e professionale. Studiavamo disegno ornato, disegno geometrico, matematica, arte e mestieri. La scuola sfornava falegnami, ebanisti, intagliatori, carpentieri e muratori di alto livello. Il mio maestro è stato Raffaele van Westerhout, il direttore della scuola era all’epoca il prof. Giuseppe D’Aprile detto “U Pizz” per via della barbetta sul mento: ricordo che era sua abitudine correggere i disegni al suono di un bastone provvisto in cima al manico di un cagnolino finemente cesellato in argento”. Racconti d’altri tempi che ci offrono l’immagine di una città quanto mai florida sotto il profilo occupazionale, scolastico e culturale, tant’è che “facendo lo scalpellino, si campava” - afferma il signor Vacca. La scuola popolare di Calligrafia e Disegno, come riporta Giovanni Carano-Donvito nella sua Storia di Gioia dal Colle dalle origini ai primi del secolo XX, nasce su iniziativa di un gruppo di privati cittadini: 7 possidenti, un pretore, un negoziante, un medico, un impiegato, un pasticciere, un locandiere, un industria-
le, un falegname, un insegnante ed un sarto, tutti domiciliati in Gioia, sottoscrivono il 1°dicembre 1884 l’atto di fondazione della scuola insieme a Gennaro Minei di Candido, professore di calligrafia e disegno, che s’impegna ad impartire tale disciplina ai figli dei soli soci fondatori. Due mesi dopo, la scuola passa alle dipendenze della locale Società Operaia di Mutuo Soccorso. Il prestigio della scuola al di fuori dai confini gioiesi cresce in breve tempo, grazie all’impegno profuso dal prof. Minei e ad una serie di mostre, dove i più valenti allievi espongono i propri disegni: erano dunque i ragazzi stessi a dare lustro alla scuola e alla città con la maestria dei loro elaborati grafici. Considerata la pubblica utilità dell’iniziativa per lo sviluppo del territorio, con deliberazione consiliare dell’8 gennaio 1891, il Comune di Gioia del Colle decide di municipalizzare la scuola per estenderne la frequenza a tutti, ammettendo gratuitamente alunni di età non inferiore ai 10 anni per la calligrafia e ai 13 anni per il disegno. La scuola, nel frattempo diventata di Arti e Mestieri, conosce anni di splendore sotto la direzione di Enrico Castellaneta (anni Venti) per poi declinare negli anni Sessanta con l’avvento del cemento e la condanna a morte dei mestieri artigianali legati al mondo dell’edilizia, in primis quello dello scalpellino. Da questo momento in poi, l’Ente Pugliese per la Cultura Popolare e l’Educazione Professionale (E.P.C.P.E.P.), subentrato dal 1923 nella gestione dell’istituto, modulerà l’offerta formativa della scuola sulla base delle nuove richieste del mercato del lavoro, privilegiando l’istruzione tecnica e professionale. A dire il vero, la ricerca bibliografica sui testi di storia locale ha permesso di appurare quanto nebulosa, frammentaria sia oggi la conoscenza dell’evoluzione e della fine della scuola di Arti e Mestieri: la documentazione successiva al 1923 è, infatti, da ricercarsi presso gli archivi dell’E.P.C.P.E.P. non ubicati a Gioia. L’intento di Castellaneta era quello di “non limitare l’insegnamento del
disegno al solo ornamentale sfumato, ma estenderlo al disegno professionale suddiviso per sezioni: falegnami, muratori, fabbri, ecc. “. Ancora oggi, l’E.P.C.P.E.P. organizza corsi nel settore delle costruzioni, trascurando tuttavia il lato “artistico” della professione. Molto significativa è invece, a tale proposito, la considerazione di Carano Donvito, profondamente convinto che la scuola di arti e mestieri, “oltre a fornire una certa istru-
zione tecnica, è valsa soprattutto a formare il senso estetico, il senso delle proporzioni e della precisione nel numeroso e variato nostro artigianato, com’è generalmente conosciuto anche fuori e lontano dalla nostra città”. Senso estetico che manca
oggi sia agli edifici in cemento delle nostre periferie sia a talune soluzioni architettoniche moderne alquanto discutibili. Scopriamo dunque un patrimonio di maestranze, competenze e virtù gioiesi, di cui i nostri nonni e i nostri padri andavano fieri, sopravvissute a distanza di tempo nell’arte di Mario Vacca: facendo tesoro degli insegnamenti ricevuti, infatti, l’artista parte sempre dal disegno riportato sul supporto lapideo da scolpire (pietra bianca di Carovigno, dalla tessitura compatta, quasi burrosa, docile allo scalpello). Nell’opinione del maestro, la capacità di disegnare è un requisito indispensabile, da cui un aspirante apprendista non può prescindere: il disegno è la base di tutto, è la capacità di rappresentare la realtà nelle linee fondamentali e nelle proporzioni, è avere confidenza nella propria mente con l’oggetto da raffigurare, sia esso di fantasia o reale. Disegnare è conoscere. Una volta riportato il disegno sulla pietra, lo scultore procede con la sgrossatura in geometrico a colpi di scalpello e di sgorbia, abbozzando prima i volumi e poi arrotondando gli spigoli in funzione della resa finale. Un lavoro lungo e certosino che si accompagna ad un dispendio di energie psico-fisiche non indifferente: creare è tanto liberatorio quanto impegnativo per il profondo senso di svuotamento e di stanchezza che genera ad opera conclusa. È successo anche per il ciclo di sculture federiciane collocate sulle pareti del centro storico il 22 dicembre scorso, nell’ambito di “Accordo di Natale”, programma di eventi natalizi organizzato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Gioia del Colle. Si tratta di un’eredità culturale che Mario Vacca ha voluto lasciare a titolo gratuito alla comunità gioiese e al centro storico in particolare, di cui è profondo conoscitore nonché custode spirituale. L’idea di queste sculture nasce in continuità con le Porte dell’Imperatore: ispirandosi ad alcuni bozzetti di Mario Pugliese rimasti inutilizzati per l’evento culturale estivo, il maestro ha lavorato a queste formelle per sei mesi, antichizzando la pietra con una miscela a base di catrame che serve sia a proteggerla sia a rendere più espressive le sculture con il gioco dei chiaroscuri. L’incontro con Mario Vacca è stato illuminante: cosa sarebbe Gioia del Colle se l’offerta formativa scolastica locale tornasse a contemplare arte e artigianato? Cosa sarebbe il centro storico se fosse popolato da botteghe artigiane e quali ripercussioni avrebbe sull’occupazione giovanile? Non sarà che abbiamo perso non solo un pezzo di storia ma un’opportunità di sviluppo con la chiusura della scuola di disegno che immenso lustro ha dato a tante generazioni di gioiesi? ¿ PrimaVera Gioia 17
Innovazione
Nuove Imprese Roberta Rizzi |
/roberta.rizzi.31
Ciao, Claudio. Ora che sei più che mai alla ribalta, dopo la realizzazione delle installazioni natalizie posizionate dinanzi a Palazzo san Domenico, ci parleresti di Pleroo? Ci posso provare, ma mi risulta più facile raccontarti come le mie attività e i miei interessi si siano diversificati ed intersecati negli anni. Dopo aver lasciato l’Università ed aver svolto i lavori più disparati, traendo spunto da esperienze nel settore della grande distribuzione e dell’abbigliamento, nel 2008 ho conseguito la qualifica di Vetrinista e Visual Merchandiser (letteralmente “venditore visivo”), che cura l’esposizione del prodotto nel negozio ma anche in fiere e showroom. Ho iniziato così a lavorare per diverse aziende, italiane e non, come referente per i loro negozi in Puglia, Calabria, Basilicata. Occupandomi anche di allestimenti, il passo è stato breve verso il campo dell’arredamento e così, nel 2010, ho conseguito il diploma di Interior Design. In contemporanea, ho sempre portato avanti la mia passione per le attività manuali e più di 6 anni fa ho cominciato a recuperare materiale dalle discariche per trasformarlo in oggetti, soprattutto complementi d’arredo, inserendomi in quel filone, ora tanto in voga, che va sotto il nome di Eco Design. La proposta di Pleroo, oggi, è quella di far coesistere negli spazi da arredare i pezzi da me realizzati, orientati sul riutilizzo e sul riciclo dei materiali, principalmente ferro e legno. Hai mai pensato di emigrare verso lidi più fertili per il design, tipo Milano o Londra? Per tutti quello sembra essere lo sbocco naturale, ma a me la vita frenetica delle metropoli non piace e sto provando a far crescere la mia attività qui. Coltivo un ideale di qualità della vita, fondato sulle relazioni, sul valore del tempo, che qui posso realizzare. In futuro mi piacerebbe andare a vivere in campagna, dedicandomi in prima persona alla terra. Il tuo percorso appare come una continua fucina di idee: dove orienterai le tue energie nel prossimo futuro? Un progetto che sto promuovendo è il rent design, cioè il noleg18 PrimaVera Gioia
gio di arredi di design miei e di altri designer che ho conosciuto negli anni. Esporrò al Salotto letterario a Roma: sarà una bella vetrina per i miei oggetti, ad oggi pezzi unici, che spero un giorno possano essere prodotti da qualche azienda. Il mio sogno rimane quello di creare un’agenzia che proponga idee nuove, basate sull’ecosostenibile, per spazi espositivi, installazioni, eventi, ecc., facendovi gravitare intorno figure che si occupino di commerciale, artigianato e produzione pura, comunicazione. La tua particolare attenzione verso il riuso non ti ha impedito di sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie per il tuo lavoro. Sicuramente Internet e i Social Network sono un bel volano di promozione per la mie creazioni, nonché un mezzo indispensabile per fare rete, tuttavia risultano ormai abbastanza saturi. Bisogna inventare sempre nuove modalità di promozione: per questo mi interesso molto di marketing low-cost e cerco di sfruttare idee alternative di comunicazione, sia per me che per altri. Quale suggerimento ti sentiresti di dare ai più giovani rispetto ad un mercato del lavoro ostile e a un territorio “problematico” quanto ad opportunità? Il mio motto è che non bisogna preoccuparsi ma occuparsi. Occupando il tempo mi è capitato di imbattermi in impieghi diversissimi tra loro: tutte le esperienze mi hanno arricchito e mi hanno anche aiutato a capire le mie vere attitudini. Non bisogna lasciarsi sopraffare dall’ansia del futuro. E non bisogna pretendere guadagni immediati: si diventa promotori di se stessi lavorando e mettendosi alla prova. Tutto serve, questo è il consiglio che do! ¿
Musica
la musica di gioia del colle nel cuore mediterraneo del medimex Vanni La Guardia |
/vanni.laguardia gnare da altri due ragazzi di Gioia del Colle,
Certo, ci sono una serie di pecche. Per esem-
Piercarlo Resta e Francesco Maria Antonicelli:
pio, a livello estetico, ho constatato un alto
In Italia esiste un’importantissima fiera de-
quest’ultimo ci ha raccontato come è andata.
livello di “mondanità”, sembrava una gara
dicata alla musica (dal mercato discografico,
Come è avvenuto l’incontro con Vincenzo
di presenzialismo o a chi avesse la pettina-
alla musica dal vivo e dei festival, passando
Tangorra?
tura più “strana” o, ancora, a chi facesse più
per le istituzioni culturali italiane ed interna-
Vincenzo intratteneva rapporti con Piercarlo
foto col personaggio di turno. Per non parlare
zionali): si tratta del Medimex.
Resta, voce e chitarra degli Snogs, in quanto
del fenomeno in espansione delle fotografe
Promosso dalla Regione Puglia - Asses-
le rispettive fidanzate sono amiche, entram-
“professioniste”...
sorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo
be impegnate nel campo del volontariato a
Ricordo che con i C.F.F. e il Nomade Venera-
nell’ambito del Programma Operativo FESR
favore degli animali. In previsione del tour di
bile siamo stati invitati al Meeting delle Eti-
(Fondo Europeo Sviluppo Regionale) Asse IV
presentazione del nuovo album, Vincenzo si è
chette Indipendenti di Faenza (“fratello mag-
e realizzato dal Teatro Pubblico Pugliese/Pu-
ritrovato a corto di musicisti perchè il bassi-
giore” del Medimex) sia nel 2004 che nel 2006
glia Sounds, il Medimex si è svolto a Bari dal
sta ufficiale Alessio Siculiana è stato colpito
e l’impressione che ne ho ricavato è di forte
29 novembre al 2 dicembre 2012, all’interno
da una tendinite cronica che lo terrà bloccato
dispersione e disorientamento.
della Fiera del Levante, coprendo 8000 mq di
fino alla prossima estate.
Condivido, lo stesso è accaduto al Medimex.
spazio espositivo.
Vincenzo ha quindi chiesto mie notizie a
Inoltre, per poterne sfruttare le potenzialità,
Questa edizione, rispetto alla prima del 2011,
Piercarlo. L’incontro è stato agevolato dal
devi essere già del “giro”, l’apertura demo-
ha registrato un incremento del 30% di ven-
fatto che Officine Musicali, l’etichetta che ha
cratica è solo apparente. Insomma, ti deve
dite di badge e spazi espositivi, ospitando e
prodotto l’ultimo album dei Wise e che ha al-
mandare “qualcuno” ed esisti e ti accrediti
mettendo in rete oltre 1300 operatori prove-
lestito uno stand al Medimex, è di Castellana
nell’immaginario altrui solo se saluti o cono-
nienti, tra l’altro, da Italia, Francia, Spagna,
Grotte, paese dove si trova la sala prove della
sci qualche pezzo grosso. La bellezza di un cd,
Turchia, Libano, Portogallo, Algeria, Egitto,
mia band, Occhioterzo. Ho accettato la propo-
il merito, l’entusiasmo, la passione non sono
Grecia, Tunisia, Marocco.
sta di suonare come turnista nel tour inver-
sufficienti.
Tuttavia alcuni eventi collegati al Medimex
nale, fino a giugno.
Infine non mi va giù il fatto che ci sia un bi-
si sono svolti anche al di fuori della Fiera, in
Che esperienza è stata quella del Medimex?
glietto d’ingresso. Il Medimex è stato messo
particolare al Teatro Petruzzelli, dove è stata
Il Medimex è bello perchè ti dà l’opportuni-
su con soldi pubblici, in uno spazio costruito
organizzata una serata per omaggiare Dome-
tà di interfacciarti con varie entità musica-
attingendo risorse dall’erario regionale, per
nico Modugno, e al Music Club Demodè, dove
li come le etichette o le agenzie ma anche,
cui è uno spazio anche un po’ mio o almeno
si è tenuta la Maratona Audiocoop (coordina-
semplicemente, con i musicisti, favorendo un
è mio quanto tuo. Tante cose non funzionano
mento delle etichette indipendenti).
contatto umano che rappresenta un impor-
nella cultura, che continua ad essere immagi-
Proprio sul palco del Demodè sono saliti i
tante momento di crescita: basti pensare alla
nata come la cosa più democratica che esista.
Wise, band nata a Milano e fondata dal gio-
facilità con cui ho avuto occasione di parlare
Come è andato il vostro concerto al Demodè?
iese Vincenzo Tangorra, il quale, per il tour di
con Pierpaolo Capovilla del Teatro degli Orro-
C’erano altre band insieme a noi, ricordo in
presentazione del nuovo album “Fabbriche
ri o con il presidente di Audiocoop, Giordano
particolare gli Eku, rock band emiliana pro-
Temporanee”, ha deciso di farsi accompa-
Sangiorgi, sempre molto aperto e disponibile.
dotta dai Quintorigo, con testi in italiano e PrimaVera Gioia 19
DALL ’ OSCURO ANONIMATO DEL
con un cantante dalla forte presenza scenica. Riguardo al live in sè, si è verificata la solita storia: abbiamo suonato alle 23:30 davanti a
Vanni La Guardia |
/vanni.laguardia
una sessantina di persone, alle 02:00 la gente è arrivata in massa per il dj set di Boosta.
”Natale fatto ad Arte”, iniziativa realizzata da
Resta però il fatto che per me suonare con i
”Petali di Pietra” nel ruolo di capofila di nu-
Wise è un’occasione per crescere e impara-
merose associazioni gioiesi, con il patrocinio
re: abbiamo un tour manager che ci segue in
del Comune di Gioia del Colle, ha riscosso un
tutto e ci saranno alcune date in cui salirà sul
successo largamente riconosciuto da cittadi-
palco con noi Nicola Manzan (Bologna Violen-
ni e addetti ai lavori.
ta), che nel cd, interamente scritto da Vincen-
Eppure purtroppo, anche in questo caso, non
zo Tangorra, ha curato gli arrangiamenti degli
è mancata la polemica: un articolo di Gioianet
archi.
dal titolo ”Continuano le spese pubbliche non
Per chiudere, qualche parola sulla tua band,
necessarie” ha suscitato la reazione di diversi
gli Occhioterzo.
lettori (anonimi e non) alla notizia, poi rettifi-
A gennaio pubblicheremo il nostro primo al-
cata, di un pagamento di 600,00 euro a favore
bum, dopo il demo del 2009 e l’ep “Maestri
del musicista gioiese Keccorè, che avrebbe
Distorti”, registrato completamente in ana-
dovuto suonare durante la serata ma che
logico, quindi solo su bobine, senza l’uso dei
poi, mortificato per quanto accaduto, ha dato
computer. Così accadrà anche per l’album,
forfait.
che si intitolerà come l’ep. Selezioneremo
In realtà quella somma era destinata ad
delle etichette a cui spedire il materiale ma,
essere suddivisa tra tutti e venti i musici-
se non ci daranno risposte, lo faremo uscire lo
sti coinvolti (che peraltro avevano messo a
stesso. Attraverso un concorso avevamo vin-
disposizione gratuitamente la propria stru-
to un anno di management con un’etichetta
mentazione), per i quali sarebbe stato buro-
genovese: nulla è accaduto, tranne un’assur-
craticamente complicato emettere 20 notule
da proposta contrattuale in base alla quale
di collaborazione occasionale, da 30 euro
avremmo dovuto impegnarci a pubblicare 3
ognuna.
album e 3 video in 3 anni, anticipando subito
Per fare chiarezza sulla vicenda, la parola va a Keccorè, all’Assessore Piera De Giorgi e ai mu-
1000 euro e garantendo al loro manager 200
sicisti Nicola Paradiso (quest’ultimo anche in rappresentanza di ”Petali di Pietra”) e Deborah
euro al mese, senza alcuna assicurazione
Paradiso.
sulle date dei concerti! A questo punto, preferiamo essere autonomi
KECCORE’
da tutti i punti di vista.
La cosa che più mi ha dato fastidio è stata vedermi strumentalizzare da Gioianet. Il mio nome
Al momento opportuno cercheremo una figu-
in quella notula di collaborazione occasionale è risultato a mia insaputa. Quando Elvira Pedone
ra che possa seguirci ma ci rendiamo conto
di ”Petali di Pietra” e Giovanni Orfino, cantante della mia band RockSteady Niners, mi hanno
che, pur essendo nel nostro piccolo consci del
chiesto i dati personali, ho infatti risposto che non ero d’accordo ad inserirli, per svariati motivi:
nostro potenziale, dobbiamo offrire una base
per questioni di reddito; perché nei RockSteady Niners non sono un elemento nodale; perché
solida a chi vuole investire su di noi.
ho in mente un mio progetto da proporre in futuro al comune.
Il nostro genere può definirsi rock, di stampo
Alle 5 del mattino di sabato, appresa la notizia, ho mandato una mail a Gioianet e una al Comu-
americano e anglosassone, con anima deci-
ne, chiedendo una rettifica.
samente stoner e un’atmosfera a tratti psi-
Gioianet non ha voluto spiegare nel dettaglio questo ”equivoco”, quindi ho preso le distanze,
chedelica. Volendo fare un nome, potremmo
anche dal concetto, a mio parere ridicolo, espresso da quell’articolo, ossia che la musica a quel
citare i Verdena.
prezzo può definirsi ”spesa non necessaria”.
Teniamo molto alla comunicazione, tant’è che
E’ legittimo che un giornalista sviluppi un articolo da un atto pubblico ma traggo spunto per
scriviamo in italiano. Per esempio, il nostro
dire che 600 euro sono una cifra base per un live all’aperto, considerato che per un matrimonio
cantante, dopo essersi licenziato dall’ILVA, ha
al chiuso se ne spendono di più.
scritto “Babilonia”, un testo ideologico che
Quando sono stato negli USA, ho capito quanto rispetto meriti il mestiere di musicista, quanto
non scade nel politichese. Altro testo che ho
sia assurdo per loro che in Italia non siamo inquadrati professionalmente o dobbiamo quasi
molto a cuore è “Rievoluzione”, in cui invitia-
giustificarci quando ci pagano!
mo ognuno a fare la propria rivoluzione. Noi,
Ho ricevuto tanta affettuosa solidarietà ma per me è già molto difficile, faccio solo questo, per
nel nostro piccolo, la facciamo con la nostra
andare avanti ho dovuto intensificare la mia attività. Se poi devo diventare lo strumento di una
musica, senza voler dare lezioni, perchè sia-
discussione inutile in cui si mortificano altre venti persone, non ci sto.
mo “maestri distorti” che vorrebbero solo
Tornando a Donato Stoppini (con lui ho chiarito telefonicamente l’accaduto esigendo una ret-
contribuire a far dischiudere il terzo occhio.¿
tifica, fatta in modo comunque discutibile: è stato modificato il corpo dell’articolo, mentre bi-
20 PrimaVera Gioia
io ricordo che, quando abbiamo fatto la primissima riunione, ”Petali di Pietra” pensava a un gruppo non di Gioia. Ho detto invece che qui abbiamo tanti gruppi validi e ho proposto più serate in più zone della città (anche se poi i musicisti hanno preferito concentrarsi sulla giornata del 23/12). Mi rendo conto che 30 euro a musicista sono a malapena un rimborso spese, tuttavia, per numero di musicisti e budget a disposizione, in questa occasione non abbiamo potuto fare di più e siamo sempre stati chiari con i ragazzi coinvolti. Considero poi assurdi gli attacchi che parlano di cultura ”aristocratica”, visto che proprio il ”Natale fatto ad Arte” può considerarsi un’iniziativa ”pop”. Se davvero ci mettiamo a ragionare alla pari per un paese che vuole superare il provincialismo, operando con il ”per”, invece che con il ”contro”, forse la smetteremo di dire che le cose belle si fanno solo altrove. Molti artisti si sentono feriti nella propria professionalità quando non vengono presi in considerazione ma, quando accade, a un certo punto iniziano a navigare contro, perché si impantanano nelle polemiche. NICOLA PARADISO L’equivoco, se così vogliamo chiamarlo, nasce dal fermarsi alla superficie della lettura di una ”carta”. Spieghiamo perché è venuto fuori il nome di Keccorè. Elvira di ”Petali di Pietra” aveva bisogno di un nome da comunicare alla dott.ssa sognerebbe pubblicarne uno nuovo), mi spiace solo che, per colpa di
Addabbo, perché il Comune doveva predisporre la famosa notula. Ha
questo clima avvelenato, abbia ignorato un mio videoclip realizzato
chiesto a Vanni La Guardia di contattare Riccardo Lozito, per avere i
con video provenienti da tutto il mondo, cosa che invece nelle stesse
suoi dati, ma non era raggiungibile. Considerati i tempi strettissimi, a
ore non è sfuggita al Corriere del Mezzogiorno.
Elvira è venuto in mente Keccorè, si è consultata con Giovanni Orfino
E’ la solita storia: nel nostro paese la stampa dà più risonanza alla par-
ma Keccorè aveva il cellulare spento. Momentaneamente la Addabbo
tecipazione di Anna Maria Stasi a ”Chi vuol esser milionario”, invece
aveva inserito nome e cognome di Riccardo (che intanto si era reso
che alla sua band, i C.F.F. e il Nomade Venerabile, che portano in giro
disponibile), dati evidentemente insufficienti. Il tempo trascorreva, si
per l’Italia il nome di Gioia e hanno collaborato con Paolo Benvegnù.
rischiava di perdere il contributo e, mentre continuavano i tentativi di
Tutti dovremmo contribuire a nutrire uno spirito critico sano, nel senso
contatto anche tramite facebook con Keccorè, la dott.ssa Addabbo era
che, da una parte, non si può essere contro il Comune a priori e, dall’al-
costretta a inserire i dati anagrafici e fiscali di quest’ultimo, perché già
tra, bisogna smetterla col buonismo, per cui dico che Stoppini dovrebbe
registrati in occasione di un evento musicale cui aveva preso parte ad
ricordarsi che il diritto di parola non significa potere di dire tutto quello
ottobre scorso.
che si vuole, soprattutto se si riveste un ruolo ”pubblico”, altrimenti si
Tornando alle polemiche, ho l’impressione che in questo paese si deb-
rischia di convincersi di essere portavoce di una comunità che potreb-
ba criticare per forza tutto, anche ”Petali di Pietra” che ha dimostrato,
be lentamente emarginarlo.
pubblicando le spese affrontate, che i 1000 euro dati dal Comune (che comunque ringraziamo per il supporto) erano insufficienti. Voglio sot-
PIERA DE GIORGI
tolineare che abbiamo sopperito con il nostro fondocassa e che ab-
Premesso che io non sapevo neanche che Keccorè dovesse suonare,
biamo l’ambizione di renderci indipendenti al 100%, autofinanziandoci.
ritengo che il problema sia voler fare polemica a tutti i costi, gettando
Credo che il concetto su cui bisogna davvero insistere sia quello di
fango contro il primo che capita a tiro, usando espressioni ad effetto
”squadra”, che comprende i singoli cittadini di buona volontà, le asso-
quali ”spese inutili mentre tutti muoiono di fame”.
ciazioni e l’amministrazione comunale. Solo con un lavoro collettivo si
Spesso al centro di questi veleni ci sono persone probabilmente vicine
realizzano cose belle e si allontana la gente che getta fango.
all’Amministrazione, le quali hanno interesse a spargerli, con commenti ”anonimi” che però rivelano una cognizione delle cose possibile solo
DEBORAH PARADISO
per chi sta ”dentro”.
Il problema è anche di tipo politico, perché si tende a mettersi i paraoc-
Se c’è da muovere delle critiche, l’amministrazione è sempre nell’occhio
chi e a criticare sempre e comunque la parte ”avversa”, a prescindere
del ciclone, se invece c’è da dire qualcosa di buono, non figura.Gioianet
dalla qualità e dalle cose positive realizzate. Si riconduce tutto alle be-
ha anche voluto montare la polemica ”ah, vi danno così poco...!” ma
ghe politiche, anche l’arte che dovrebbe restarne fuori. ¿ PrimaVera Gioia 21
Eventi
WEB, ALLA GIOIA LUMINOSA DEI FATTI
L’Homo Politicus al tempo degli alberelli q Rosario Milano
A
Natale, alcune comunità trovano opportuno mettere da parte le inimicizie personali per vivere i giorni di festa nel segno del buon umore e della solidarietà di plastica. Noi gioiesi, ‘giudei’ per alcuni, attendiamo invece il Natale per dare sfogo alla nostra parte maledetta e alle pulsioni più crudeli dell’animo umano, a prescindere dal comune sentire religioso. Abbiamo quindi assistito a tremende profusioni e sensazionali campagne in stile Sallusti contro sprovveduti artisti o increduli strimpellatori locali, accusati di saccheggiare i fondi pubblici per l’arricchimento personale. Ovviamente, la cassa di risonanza di questo gran trambusto è sempre faccialibro, la più amata e travolgente invenzione prodotta dal web negli ultimi anni. Una delle immagini del mese della comunità locale di Facebook è stata quella degli alberelli di Piazza San Domenico. Le 5 opere di Pleroo, al secolo Claudio De Leo, hanno scatenato un acceso dibattito sia sul significato artistico-culturale delle installazioni natalizie sia sull’opportunità economico-finanziaria di questa scelta da parte dell’amministrazione comunale in carica e salassatrice di IMU. Sarebbe ipocrita negare da parte mia il conflitto d’interesse su questa vicenda, dato il mio stretto rapporto d’amicizia con il De Leo, ma evidentemente non posso esimermi dal dire qualcosa a riguardo. D’altra parte, la discrezionalità è innata nell’essere umano, sia esso semplice opinionista da quattro soldi o scienziato, e la microstoria che attraversa la nostra quotidianità ci impone di interrogarci rispetto a quello che ci accade intorno e che suscita il nostro interesse, e io risponderò a questi miei moti interiori. Tuttavia questo non è il mio “J’accuse!” in difesa del suddetto. E io, mio e vostro malgrado, non sono Emile Zola. Lo scorso mese, trattammo ancora dell’irragionevolezza di alcune battaglie d’opinione e Zygmunt Bauman ci spiega i motivi che sono, probabilmente, alla base di questi profondi e inquieti moti d’indignazione. Facebook è lo strumento che più di altri sintetizza la fluidità della vita odierna, lo spazio dove il cittadino può, sempre in maniera fluida, occuparsi anche delle cose che riguardano la polis, facilmente ma in maniera incidentale e superficiale. Un commento, un tag, un post, una condivisione non la si nega a nessuno, e questa è effettivamente una conquista per chi è troppo distratto e impegnato 22 PrimaVera Gioia
per discorsi, analisi, verifiche, approfondimenti, insomma, la difficile opera dell’impossibile ricostruzione della verità. “La communis opinio - scrive Bauman nella sua Vita Liquida - è avvertita come un dono dal cielo da individui che personalmente controllano e gestiscono risorse troppo inferiori rispetto a quelle occorrenti per separare con un minimo di affidabilità la verità dalla ‘mera opinione’”. Appunto, la ricerca della verità, inafferrabile per natura, è esercizio complesso e dovrebbe costituire l’oggetto della complessa attività di un’opposizione politica, a prescindere da chi sia mossa. Da quando esiste la società di massa, esiste l’uomo della strada: dunque, non dovrebbe allarmare eccessivamente il facebookismo adattato alla politica. Del resto, su Facebook c’è anche chi ha mosso critiche strutturate ed eleganti, commenti divertenti, sfottò di paese, reazioni e osservazioni puntuali che possono essere naturalmente accettate da chi opera in un settore artistico originalmente dominato dalla soggettività e dalle emozioni che sono legate alle proprie opere. Tutto diventa disastroso quando la strumentalizzazione politica prende possesso del mezzo Facebook per cavalcare campagne di indignazione e fare del sensazionalismo. In periodi di crisi, è facile fare incazzare chi ha pagato l’IMU anche sulle baracche per le galline, dicendogli che cinque alberelli costano tremila euro. Vi è a Gioia del Colle un particolare esempio di Homo Politicus nell’era dell’antipolitica. Vincenzo Lamanna cavalca da tempo battaglie asprissime contro il sindaco e la giunta Povia per motivi che non intendo contestare. Gli alberelli costituiscono una manna dal cielo per costui, che, per esteso, si definisce sul proprio profilo Facebook ‘politico’. Una svolta per la sua campagna natalizia contro l’acerrimo rivale Sergio Povia e poi i compagni de “La Destra”, finanche la prima pagina del quotidiano “La Padania”, a vituperare l’opera poco-natalizia del terrone De Leo (qualcuno ha anche scritto che gli alberelli “turbano i bambini”, sic!). A questo punto, anche per difendere i poveri alberelli, potrei sviscerare decine di esempi di cifre da capogiro per determine di spesa folli e atti amministrativi irragionevoli che il signor Lamanna ha omesso di denunciare, obbedendo alle direttive di partito cui fa capo, o solo perché l’invenzione di Mark Zuckerberg non era ancora diffusa. L’impegno di un amministratore passa anche
attraverso l’uso di un linguaggio che sia intimamente politico e attraverso la capacità di sintesi degli interessi dei singoli o dei gruppi sociali, a prescindere dagli orientamenti politici, poiché, se spreco può essere considerata un’installazione natalizia di non comune gusto, tale valutazione andrebbe relativizzata. Ad esempio, si potrebbe notare che l’artista ha certamente sbagliato ad accettare un incarico tardivo nei tempi e scomodo per un paese di qualche decina di migliaia di anime nella densamente annoiata Murgia del Sud-Est, così come avrebbe dovuto attentamente considerare il fatto che quando il committente dell’opera è un soggetto pubblico vi sono differenti imperativi sia per il committente che per il commissionato. Si dovrebbe anche riconoscere che la decisione dell’assessore De Giorgi non era vincolata, secondo le norme vigenti, data la somma in questione, a una gara d’assegnazione e che, soprattutto, come raramente accade, è derivata soltanto da considerazioni in buona fede. Già, perché nessuna lobby e nessun amico politico (malgrado qualcuno abbia provato anche a definire un legame pindarico tra la famiglia del De Leo e la giunta Povia) ha raccomandato l’artista, scelto unicamente per le sue incomprese doti artistiche, decisione certamente contestabile nei modi e nei costi ma comunque lontana rispetto alle tante chiamate dirette per l’affidamento di lavori pubblici con meccanismi ben oliati e cifre vertiginose. Pertanto, fatto salvo il dovere di vigilanza da parte dell’opposizione sul bilancio del comune, tale esercizio dovrebbe
g
avvenire in maniera non selettiva, a seconda della maggioranza al governo, e in maniera ragionevole più che razionale, poiché, dietro un presunto spreco, potrebbe celarsi un messaggio politico, un tentativo di incoraggiare l’imprenditorialità creativa, una funzione redistributiva o altre dinamiche di diversa natura di maggiore respiro, che il politico, diversamente dall’uomo della strada, non può volutamente ignorare per la sola pulsione erotica di assistere alla crescita del ‘mi piace’. A prescindere dall’angoscia causata dal singolo caso del ‘farabutto’ alberello, il modesto messaggio che da questa modesta rubrica di un modesto giornale di provincia proviamo a ribadire è quello di un invito alla ricostruzione di uno spazio pubblico che possa essere vissuto in maniera permanente dagli individui, che sia militato attivamente da tutti e che prescinda dai leader d’annata e dagli ‘agitatori’ vanitosi e interessati, perché, come già scrisse Gramsci nel lontanissimo 1917, “non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città [perché] chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare”. In buona sostanza, un invito a non occuparsi solo in maniera distratta e occasionale dei costi di ciclamini e di alberelli incompresi, ma a costituire una polis reale, a non confinare lo sviluppo della propria consapevolezza e della responsabilità sociale all’indignazione su facebook. Questi i possibili rimedi per un migliore funzionamento della macchina amministrativa e una più attenta selezione di politici veri al servizio della polis.
IL MEGLIO & IL PEGGIO
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Fotografa il meglio o il peggio di Gioia e invia a primaveragioia@gmail.com
PrimaVera Gioia 23