PrimaVera Gioia GEN 2014 - N.16

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Pubblicazione mensile d’informazione indipendente | free press


Copertina: Cambio di stagione [politica].

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Ouverture “Anno nuovo vita nuova” Ma questo è solo un detto!!

Maria Cristina De Carlo / Direttore

FB/ MariaCristina.DeCarlo

È vero, ci siamo fatti attendere per questo nuovo numero di PrimaVeraGioia, ma il caos che si è abbattuto in tutta Italia sulla questione Tares (e quindi di riflesso anche nel nostro paese) non poteva rimanere fuori dalle pagine di questo giornale. Non ci sono bastate le conferenze indette sul tema (tra l’altro non abbiamo il potere dell’ubiquità per poter seguire contemporaneamente due conferenze sullo stesso tema convocate tra l’altro nello stesso giorno e alla stessa ora). Abbiamo, quindi,affrontato l’argomento attraverso un’intervista al primo cittadino, Sergio Povia, con il quale abbiamo cercato innanzitutto di fare il punto della situazione sulle famose “cartelle pazze”; poi, data l’apertura della stagione teatrale del Teatro Rossini, abbiamo colto l’occasione per andare dietro le quinte della questione. Spazio anche alle Zone F, Spes e tanto altro ancora. Non poteva mancare un articolo sulle tanto amate feste natalizie. Dalle luminarie alle varie manifestazioni a tema, abbiamo intervistato in esclusiva Ninfa Ventimiglia che ci ha descritto i retroscena del flop dell’evento “Il villaggio di Babbo Natale”. Spazio anche alla politica: Filomena Mastromarino racconta la sua scesa in campo, chiarendo le sue posizioni e spiegando il modo in cui opererà in futuro anche con il PD (L’intervista cartacea è correlata di una video-intervista visibile sul nostro canale you tube). Abbiamo fatto anche una bella chiacchierata con il consigliere comunale del PDL, Giovanni Mastrangelo: racconterà il suo excursus politico e darà giudizi su temi caldi che riguardano Gioia del Colle. Non mancherà l’approfondimento sull’edilizia urbana, a firma di Antonio Losito e Alessandro De Rosa, con la nostra ormai storica rubrica “Concrete Jungle”. Questa volta spazio all’edilizia popolare convenzionata. Continua per il secondo numero consecutivo la rubrica “Una finestra nei licei”. Gli attori protagonisti,che vivono nei corridoi degli

INDICE

3 Ouverture 4 Dal Teatro... alla TARES!!! 8 Villaggio di Babbo Natale 11 Intervista a Filomena Mastromarino 14 I TOP e i FLOP del 2013 16 Concrete Jungle VI 18 Intervista a G. Mastrangelo 20 Diario di Bordo 22 Una finestra nei licei 23 La fotografia racconta 24 Uomini e Alberi 26 Rubrica

istituti, portano il loro punto di vista fuori da quelle mura, attraverso resoconti degli incontri utili per il loro percorso formativo. Parleremo anche di cinema attraverso l’Intervista a Francesco Dongiovanni e il suo ultimo progetto “Uomini e Alberi”. Dalla Romania, invece, giunge il “Diario di Bordo” di Emanuele Donvito, redattore che per qualche tempo ha lasciato l’Italia per approfondire i suoi studi. Spazio anche ai lettori: novità assoluta di questo numero è la Rubrica Top –Flop 2013 naturalmente firmati “Gioia del Colle”. È stata stilata dalla redazione di PrimaVeraGioia, confrontando i pareri dai followers della nostra pagina Fabebook, una classifica di quelle che, a nostro parere, meritano il podio come miglior uscite dell’anno e quelle che invece si vedono posizionate in vetta alla classifica dei flop. La penna pungente del redattore Rosario Milano chiuderà come sempre le pagine del nostro mensile. Non resta che augurarvi una buona lettura. ¿ PrimaVera Gioia 3


DAL TEATRO... ALLA TARES !!! (... E TANTO ALTRO ANCORA!) Intervista al sindaco Sergio Povia

Laura Castellaneta | Dario Magistro |

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v Venerdì 17 gennaio, per i meno superstiziosi, ha inizio una promettente stagione teatrale per il teatro Rossini di Gioia del Colle. Come nasce? Ci parli della scelta di questi spettacoli. La stagione teatrale nasce dal profondo del lavoro svolto dal precedente assessorato,dalla struttura di riferimento e da Mimmo Szost. Ciò che ha caratterizzato, caratterizza e spero caratterizzerà il prossimo futuro per la cultura a Gioia del Colle è il richiamo ad una connotazione che deve permearci tutti, e convincerci che non ci sono più le condizioni di un tempo, per cui si poteva intervenire anche con larghezza di mezzi, quindi renderemo il programma estremamente selettivo, nella consapevolezza che verosimilmente “molto” potrebbe essere lasciato fuori: non per scelta, non per politica, ma per condizioni di natura finanziaria. Questa stagione dovrebbe concludersi con un carico per le casse comunali non superiore ai 60.000 €, al netto della spesa. La stagione costa 140.000 euro, ma, grazie all’intervento del Teatro Pubblico e all’incasso di biglietti e abbona4 PrimaVera Gioia

menti, lo sbilancio reale a carico dell’ente locale sarà al di sotto delle spese degli ultimi anni. Qual è l’obiettivo di una stagione teatrale che attraversa la storia, la musica, la comicità e la letteratura più attuale al cospetto di nomi, nazionali ed internazionali, come Silvio Orlando, Emilio Solfrizzi e Daniel Pennac? A che genere di pubblico è rivolta? Ci saranno ulteriori agevolazioni a carico dei giovani? Negli ultimi 20 anni siamo passati ad una formula critica costruttiva che, all’inizio, individuava nel teatro Rossini forme talvolta sostenute di elitarismo culturale, poi c’è stata una valutazione meno coerente rispetto a questo obiettivo con l’idea che si potesse aprire a tutti i generi, con una ricerca esasperata del genius loci. A Gioia del Colle abbiamo un’altissima qualità di produzione artistica, tuttavia però sono fermamente convinto che la scelta del profilo educativo non possa essere “provincializzata”. Sprovincializzare la cultura è il tentativo con il quale ci siamo confrontati su questa stagione che credo abbia un profilo molto ben bilanciato. Inoltre abbiamo adottato una politica di prezzi (5€) che favorisce l’avvicinamento dei giovani, bacino di utenza a cui siamo sempre andati incontro L’anno scorso ad usufruirne sono stati 774 ragazzi, e quest’anno contiamo di migliorare questo dato già eccezionale. In questa stagione, tra le novità, ci sarà l’intervento della musica, con

la collaborazione di Puglia Sounds che ha stanziato 7000€. Adesso bisogna capire se i consensi ricevuti si tramuteranno in partecipazione all’interno del teatro. Come mai ha deciso di tenere a se la delega di Assessore alla Cultura dopo le dimissioni della De Giorgi? Ho ad interim la delega, ma so di non poterla ricoprire in maniera compiuta perché ha bisogno di figure che abbiano un profilo carismatico e competente. Mi auguro che Piera De Giorgi, dopo aver attraversato questa fase, possa pensare ad una proposta di natura culturale che la riguardi ancora una volta. Al momento la condizione è che il PD recuperi questo elemento di ragionamento con la P.A. Traendo le somme dalle precedenti stagioni, crede che, oggi come oggi, sia un pò ambizioso investire nella cultura e soprattutto nel teatro? Non credo che sia ambizioso, ma necessario! Investire in cultura significa offrire un’opportunità in più, rispetto ad una fase critica in cui i più giovani hanno spesso delle relazioni compulsive con un video e una tastiera: rappresentazione di una società che ragiona sempre meno con il “noi” esprimendo le proprie vocazioni in maniera individuale. La discussione che dovrebbe avvenire è quella della quantità di denaro da poter utilizzare nella spesa. Bisogna ripensare ad un sistema che liberalizzi al fine di poter aprire una pagina


nuova in termini di investimenti. Un cittadino che ha un terreno edificabile e vuole edificarlo, in linea di principio fa speculazione edilizia, ma in punta di diritto va verificato con esattezza. Nel dubbio che le norme siano interpretate restrittivamente da qualcuno e troppo elasticamente da un altro, la domanda che si deve porre la società è: questo investimento può favorire occupazione, sviluppo e maggiori entrate per la pubblica amministrazione? La chiusura altrimenti sarebbe netta: non avremo più entrate straordinarie per gli oneri di urbanizzazione e sulle tasse misureremo la disperazione della gente. Così, l’investimento in cultura, diventerebbe un servizio solo per chi se lo potrà permettere. Invece è possibile perché io alcune norme le ho interpretate in maniera elastica mentre qualcuno vorrebbe ripristinarle nel più assoluto senso del rispetto pedissequo della legge.

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Come mai si è giunti ad una contrapposizione netta su un rispetto della norma troppo rigorosa ? Sono dei nullafacenti, pensionati dalla funzione pubblica, che non hanno svolto nessun ruolo nello sviluppo del paese! Pavone, Povia, Mastrovito, Longo: abbiamo rilasciato tutti concessioni edilizie ! Io e la mia amministrazione abbiamo garantito che venissero costruite nuove realtà che non hanno significato aumento della residenza, ma che hanno permesso un ampliamento del PIL, quindi occupazione. Gioia del Colle in quegli anni si è costruita sulle zone F generando sviluppo. Costruire le stesse cose su terreni preposti non sarebbe stato meglio? Ci sono zone deputate per la costruzione della residenza e zone deputate per i servizi, le zone F. Avendo un piano regolatore ultimato al 95% e il 15% di zone F utilizzate, significa che la città non è cresciuta organicamente: perché queste non sono state utilizzate? Bisogna chiedere al men-

tore di questa politica, a Giovanni Vasco, a Vito Vinci: chi ha favorito Borgo Impiso, chi ha favorito Borgo delle Mimose a 1,5km da Gioia del Colle? È quella è la classe dirigente che ha promosso quell’iniziativa. La mia amministrazione ha ricucito la città in questi anni. Se oggi la struttura della Coop fosse stata completata, i 25 negozi aperti ci sarebbe stata un’attività produttiva, quindi un incremento delle risorse. Di fronte all’ospedale è stato costruito un complesso residenziale. Erano terreni ospedalieri quelli? Non le sembra sia stata una forzatura? Quella era una zona F, sulla quale è intervenuta la legislazione sul piano casa. Non ho rilasciato io quella concessione edilizia, e anche se può sembrare una forzatura, evidentemente non è contro la legge. Una realtà che ha permesso la costruzione di un palazzo, con tutta l’economia che gira intorno, rende qualcosa alla collettività, rispetto alla rigida funzione di controllo delle questioni, che ci riporta al “talebanesimo”. Quando fra qualche anno arriveremo in fondo alle questioni vedremo chi ha avuto torto.

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Questione Tares: cartelle pazze. Durante il dibattito di domenica 12, coordinato in maniera discutibile, non si è entrato nel merito, ma è stata messa in evidenza una sorta di gazzarra tra le persone, una serie di insulti al sindaco e all’amministrazione. Può parlarci del famigerato errore? Il pubblico poteva dire ciò che voleva. Io sono indignato per le fesserie dette da chi stava al mio fianco. Noi avevamo l’opportunità di poter applicare la Tares, e chi non l’ha fatto dovrà applicarla nel 2014 perché Tares, Tari, Tasi e Imu sono allo studio del governo. Quando abbiamo ipotizzato di fare questo passaggio, non è stato deciso nel mio tinello ma nel consiglio comunale del 28 novembre, durante il quale l’opposizione non è venuta, tranne

Mastrangelo, che peraltro si è astenuto nel voto finale. La delibera approvata in quella data, doveva essere resa esecutiva entro il 16 dicembre, questo diceva il governo per l’applicazione della Tares. Noi avevamo delle tabelle applicabili a livello nazionale in base alle quali, quando abbiamo fatto le simulazioni, abbiamo detto: tutte al minimo! Ciò significa però, che se vengono cambiati i parametri basilari, e una struttura passa per la contabilizzazione degli spazi da 3€ al m², ad un minimo di 7€, per un massimo di 15€, è ovvio che il valore risulterà comunque raddoppiato. In ogni caso,l’errore è stato commesso. Io sono alla ricerca delle responsabilità senza pensare alla fucilazione, anche se la mia preoccupazione è che la Cerin ci dirà che quelli sono i dati che le abbiamo dato come uffici. Non sarebbe stato più opportuno annullare tutte le cartelle? Noi abbiamo contezza che su 12.936 cartelle, 1.700 sono quelle errate. Annullandole tutte, non si avrebbe un parametro sul quale cominciare a ragionare. La Cerin ha iniziato a lavorare ad Ottobre con 4 persone che dovrebbero diventare 8, assunte anche a Gioia del Colle. Hanno 5 anni per lavorare, quindi l’analisi non può essere fatta subito, ma almeno dopo 6 mesi. Dato che sono tra coloro che diventano “Cerbero a tre teste” quando devo difendere la città, andrò personalmente a chiedere ragione, e imporrò per norma la migrazione dei dati su software nostri in quanto l’amministrazione deve diventare il proprietario di queste notizie. Esiste, inoltre, una forma sufficientemente diffusa di abusivismo e in molti non vogliono una verifica più puntuale, perché probabilmente hanno fatto modifiche strutturali. A tal proposito, abbiamo ottenuto dei fondi pari a 100.000€ dalla Protezione Civile per effettuare un nuovo rilievo LIDAR del territorio, così potrò far combaciare le nuove fotografie con le vecchie mappe catastali, per capire se ci sono stati abusi edilizi in zone agricole da sanare, intervenendo così anche sull’evasione fiscale degli ultimi anni. Quando ho terminato il mandato precedente c’erano 16 dipendenti all’ufficio tributi e quando sono PrimaVera Gioia 5


tornato eletto ne ho trovati 4. Gli altri sindaci, compreso il galantuomo Mastrovito, cosa hanno fatto per tutelare l’efficienza di quell’ufficio? Scientificamente niente, perché probabilmente poteva essere utile a qualcuno. In questi giorni stiamo facendo pignoramenti a contribuenti di Gioia del Colle per l’Ici del 2008. Al mercato coperto c’è gente che non paga da 7 anni. Allora, quando qualche cretino alza il tiro nella discussione, prima di fare polemica si deve informare. E se è stata la Cerin a sbagliare ? Chiederemo perché è successo e, appurato questo, faremo rilievi verificando con i legali se esistono le possibilità di arrivare alla recessione contrattuale. Qualcuno la vuole, ma se questo non fosse possibile, applicheremo la penale menzionata nel contratto. In pubblica amministrazione è tutto perfettibile, ma perché le cose non vengono dette prima? La passata segreteria locale del PD l’ha fatto… Lapolla e Valletta erano in riunione insieme a me e quando facemmo la discussione approfondita su questo tema, i due dissero a Masi, Ludovico e Giannico: si va in aula e si vota! Valletta è la figura più debole che potesse ricoprire l’incarico di segretario del PD, perché, purtroppo, era l’ammortizzatore fra la vecchia guardia e la nuova. Durante la delibera di giunta, all’epoca, la De Giorgi era assente, Masi votò senza che il partito ne fosse informato e Ludovico fece forti pressioni. Ognuno deve svolgere il suo ruolo, che potrebbe essere quello di indirizzo e di controllo, perché io ho bisogno di essere indirizzato e controllato. Io ho delle cose da fare, ma lascio un lasso di tempo per poter decidere. Se mi aiutano, posso anche correggermi, ma se non mi fanno sapere niente io non posso essere condannato. Da quando è segretario del PD Massimo Labbate, sono passati 2 mesi abbondanti: sono paralizzati. Io non posso fermarmi e aspettare che il partito decida. Può darci un suo parere sulla questione referendum dato che è stata largamente dilazionata nel tempo? 6 PrimaVera Gioia

Sono convinto che quel referendum sia una pagliacciata non per la volontà del referendario, ma perché leggendo il quesito, ci si rende conto che è completamente sbagliato. Quando l’ordine degli avvocati mi ha mandato il nome di Fulvio Mastrovito, io sono stato felicissimo perché è il Presidente della Camera Amministrativa del Tribunale di Bari, ha lavorato per questo ente, una figura di garanzia, contestata perché è un mio amico. Guardando bene, il comitato referendario è promosso da quasi tutti quelli che erano nelle liste del bene comune quando si sono confrontati con me. Se quello è un comitato di liberi cittadini, allora sono io ad essere un cretino.

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Può darci delle delucidazioni sull’ultimo bando di gara della SPES per l’assunzione di 4 dipendenti? È stato annullato perché il bando è stato fatto su un profilo di secondo livello, ed io ho chiesto ed ottenuto che venisse fatto sul profilo del terzo livello che ha delle mansioni differenti, quali: addetto alle bonifiche ambientali, operatore tecnico cimiteriale, operatore di pulizie mortuarie che molto spesso appaltiamo agli esterni. Allora ho chiesto di rifarlo con scadenza a Febbraio, dando però per scontato che tutti coloro che hanno presentato la domanda per il primo, sono automaticamente inseriti nel secondo. Stiamo dando un elemento aggiuntivo di chiarezza. Molti stanno vedendo in questa lungaggine un ritorno ad un vecchio bando di gara SPES “contaminato” dalla politica. Secondo alcuni,all’epoca, c’era un foglietto che ,passando di mano in mano, veniva completato dai partiti locali… Io non ero allora all’interno del sistema, però ci impegnammo in una guerra feroce con Vito Mastrovito per l’assunzione di ******* e del figlio di *****, perché questa era la prassi consolidata dell’epoca. C’erano due ragazzi che avevano famiglia

a carico che non avevano lavoro, quindi li facemmo assumere. Non ho niente da rimproverarmi per questo! Ci sarà un contratto a tempo indeterminato? Il bando pubblico ha un profilo comparativo. Arriveranno 500 domande, e il presidente della commissione, nonché l’amministratore delegato della società, verificherà le competenze dei richiedenti. Il contratto sarà a tempo determinato. Quindi sarà un bando “pulito” o ci saranno ingerenze politiche? Assolutamente si! Naturalmente ognuno si giocherà le sue carte, mentre io tenterò di evitare che ciò avvenga. Posso chiedere una graduatoria da verificare, perché se parliamo di persone capaci che hanno voglia di lavorare, dobbiamo prenderle. Non posso sapere se qualcuno si giocherà il ruolo di consigliere o di assessore, ma se si ritiene che questo non debba accadere, allora si vive nell’Iperuranio di Platone. Dire il contrario sarebbe platealmente ipocrita.

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Cosa può dirci sulla richiesta d’ampliamento e ristrutturazione della sua casa nei pressi di Lama San Giorgio? La casa l’ho comprata nell’agosto 2010. Su quella proprietà c’è il vincolo archeologico di primo livello, il vincolo idrogeologico, il PUTT e il piano paesaggistico regionale, che determinano le condizioni assolute per le quali non si può intervenire. Quindi, ho presentato il progetto al Comune di Gioia del Colle con il geometra Pietro Donvito, e l’ho mandato alla sovrintendenza che mi ha risposto favorevolmente. Sono un cittadino che paga le tasse e vorrei solo un po’ di libertà individuale. Sono diventato amministratore dell’IMCA nel 1993 e a propormi successivamente come candidato sindaco a Gioia del Colle al centro sinistra furono Vito Vinci e Giovanni Vasco. Da sindaco, nel


’99, sono stato candidato quando erano già cominciate tutte le concessioni edilizie in zone F, e sono stato rieletto quando tutti sapevano che ero amministratore delegato dell’IMCA; non potevano quindi ignorare chi io fossi. La mia preoccupazione è che oggi abbiano una nuova visione di me perché non sono più funzionale al loro progetto. Tutto quello che mi viene imputato non è frutto di maneggiamenti: sono atti pubblici. Io avrei potuto anche astenermi dalla votazione, ma ho votato perché da sindaco di Gioia del Colle dovevo applicare quello che tutte le associazioni di categoria avevano chiesto. Il Parco è stato progettato male, perché dovrebbe partire da dove la Lama comincia, quindi da Monte Sannace verso Sammichele. Invece è stato fatto retroattivo di 8km: è evidente che si vogliono tranciare una serie di proprietà. Mi chiedo perché fare un Parco, per noi che viviamo di zootecnia e di agricoltura, dove non sarà più possibile fare un capannone per la protezione del foraggio. Viviamo in un paese dove ci sono troppi dinieghi, dovremmo essere un po’ più liberi. Per questo ho votato a favore, e ora mi dicono che vogliono portare la delibera in cc, revocandola, e che io mi devo astenere: sono fortemente contrario perché non cedo al profilo strumentale e non ho niente da nascondere. L’ultima segreteria Valletta aveva chiesto l’annullamento di quella delibera. È caduto tutto nel dimenticatoio ed è subentrato Massimo Labbate. A tal proposito,voci dicono che ha concesso al PD, oltre il reintegro della De Giorgi, anche la delega ai lavori pubblici. Quando l’ex segretario venne da me con la delegazione spiegai che voglio lasciare le mie deleghe. Quelle ai lavori pubblici e all’urbanistica sarebbero dovute andare a Vito Ludovico, ma è incompatibile, Masi è geometra, e Ottavio Giannico non è nelle condizioni di poterlo fare. Se poi vogliono che dia la delega ai lavori pubblici a Piera, gliela do immediatamente. Voi pensate che le deleghe abbiano una funzione? Gli assessori non firmano neanche i provvedimenti, salvo qualche manifesto in ragione del fatto che l’assessore propone, ma non hanno nessuna funzione all’esterno.

s Soddisfatto dei vostri assessori ? Durante un’intervista al nostro giornale, qualcuno non “ricordava” di avere alcune deleghe… Mi state dicendo cose che non posso commentare perché mi sfuggono. Sono il coordinatore di una coalizione e probabilmente io stesso avrei voluto altre figure ma non ho il diritto di contestare il merito e le qualità delle persone che mi vengono proposte dai partiti della mia coalizione. In questa maniera non rischia di sembrare schiavo degli altri? Io devo essere giudicato per quello che farò. Il centro sinistra non mi ha appoggiato nell’ultima campagna elettorale, quando avremmo potuto stravincere le elezioni e molte delle persone che oggi sono in giunta sicuramente non ci sarebbero state. Il PD lo ritengo il partito più serio, nonostante le difficoltà, e il dibattito interno credo sia la sola opzione per il futuro. Tutto dipenderà dalla capacità che esso avrà di incidere nelle scelte. Sto completando il programma puntuale che il PD sottopose alla coalizione secondo gli interventi fatti e lo consegnerò a tutti i partiti. A tal proposito,il programma, sottoscritto nel maggio 2012 dice: “procedere all’iter delle approvazioni del nuovo piano urbanistico generale. In attesa della sua applicazione è necessario procedere alla rivisitazione delle vigenti NTA (Norme Tecniche d’Attuazione) per regolamentare l’uso delle zone destinate a servizi”. Questo lo dice il PD, quindi Giovanni Vasco mente sapendo di mentire. Io non ho rilasciato un solo permesso di costruire da quando mi sono insediato. Inoltre, “disciplinare con apposito atto di indirizzo del consiglio comunale i progetti da rilasciare nelle zone F, che potranno essere utilizzate previa convenzione da stipulare con il Comune”, e noi l’abbiamo fatto tra i primi atti, quindi è falso quello che viene scritto, perché è demagogico. Giovanni Vasco questo non l’ha nemmeno letto perché non può dirmi

che non c’era nel programma. Questo per dire che noi le cose le abbiamo fatte. Poi c’è un profilo di cittadinanza attiva fatto sul PAES, sulla Smart City, ma c’è qualcuno che si permette di dire che non abbiamo aperto la città al ragionamento.

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L’avv.Matarrese va in pensione. Per quanto riguarda la spending review non si possono assumere persone. Ci sarà un bando di mobilità interna? Io farei qualcosa in più: noi non possiamo più assumere un avvocato, e nello stesso tempo non possiamo affidare tutto all’esterno, quindi vorrei un profilo di convenzionamento con un gruppo di avvocati gioiesi che voglia svolgere la propria funzione. La sua amministrazione è costantemente sotto attacco. Ci può dare un suo personale giudizio sull’intera situazione ? Si vuole investigare su 1,7 ettari, nonostante i problemi che abbiamo, non capendo che io non posso fare speculazione edilizia quando esistono già tutti quei vincoli. Chi fa queste osservazioni, è chi poi è venuto a pregarmi per una vita di poter avere appalti, lavori, ecc. Io voglio sfidare questi soggetti. Poi potremmo avere delle “di-visioni” differenti sullo sviluppo della città, ma quello che mi interessa sapere è se si è intellettualmente onesti, perché io solo con una persona intellettualmente onesta mi misuro, ma con un figlio di ******* che ha rovinato la città prendendo le tangenti, no!

s Si avvicinano le Regionali e le Europee : ha intenzione di candidarsi ? Questa è la mia ultima esperienza. Al termine, mi ritiro a vita privata. ¿ PrimaVera Gioia 7


Il miracolo rimane nella xxxiv Filippo Linzalata |

/ filippo.linzalata

A Natale puoi, fare quello che non puoi fare mai! Alzi la mano chi nella sua vita non ha mai intonato questo candido e suggestivo motivetto!?! Qualcuno magari l’avrà ripetuto così tante volte che alla fine si è convinto di potersi cimentare in imprese di altrui competenza, immolati da una pura aurea festante. In più c’è da considerare che il Natale è occasione ghiotta per eterni cacciatori di consensi, “instagrammatori” istituzionali col vizietto del “condividi foto” e, non per ultimi, affaristi pseudo-organizzati. Nessuna novità, è vero, ma prima di parlare del “drammone” natalizio che si è consumato sotto gli occhi di tutti, è doveroso menzionare quanti, quello spirito natalizio, l’hanno fatto fiorire senza se e senza ma, utilizzando le proprie forze e dando a noi tutti un bell’esempio di

Christmas Time. Iniziamo a parlare di quanto andato in scena, domenica 05 gennaio scorso presso il chiostro comunale, con lo spettacolo “Burattini in libertà” a cura di Teatro del Vago / QdiTeatro. Lo spettacolo, totalmente gratuito, è stato offerto dal gruppo Rockerella di concerto con il circolo Arci Lebowski, e rientra nel percorso intrapreso il mese scorso con la proiezione del documentario sulla storia della musica gioiese, il cui incasso ha permesso l’allestimento dello spettacolo e l’acquisto di dolciumi per la giovanissima platea e di doni natalizi per i bambini del centro d’ascolto “Dal silenzio alla parola”. Da tradizione, non sono mancati altri eventi nella gioiosa cittadina che meritano menzione: il presepe vivente organizzato dalla Parrocchia della Chiesa Madre e la grande esibizione presso la Chiesa di San Domenico degli Hill’s Joy Choir. Già nei primi giorni di dicembre, nella città si respirava qualcosa di nuovo. Qualcuno 8 PrimaVera Gioia

direbbe: “di Nuovo che avanza!”. Così piazza Plebiscito, reduce da un 2013 scarno in compagnia di un pino spennacchiato decorato alla meno peggio, ha subìto un restyling ospitando una graziosa, quanto mai natalizia, Fiat 600, offerta da un auto-concessionario del posto, solito a queste invasioni di piazza, e una installazione psichedelica a metà strada tra una mastodontica medusa marina priva di tentacoli, e il tendone che fino a qualche anno fa ospitava il popolare Zelig Circus. Bhè, ripercorrendo le ultime vicende amministrative, da un anno a questa parte, la scelta pare più che azzeccata. Tutto sommato quella piazza pareva essere un’oasi sperduta rispetto al resto del decoro natalizio urbano vantante un paio di “fili per la biancheria illuminati” su Corso Garibaldi, prontamente rimossi, ri-arrangiando presso le vie principali del

paese illuminazioni più consone. Il tutto allegato di fisiologica paparazzata sui social network da parte dei vantatori del “l’ho fatto io!” pippobaudiano e relativi ringraziamenti di commercianti e affini che in alcuni casi hanno anche contribuito con somme di denaro. Previo rilascio di regolare fattura? Non ci è dato saperlo, ma siamo ottimisti del fatto che i benefattori e relativi importi siano consultabili presso l’Ufficio Economato del Comune . Ma ora veniamo all’appuntamento clou (divenuto non-clou) del Noel gioiese: il Villaggio di Babbo Natale, oggetto misterioso e non identificato di spasmodiche settimane di Avvento. Piazza Cristoforo Pinto percorsa da tir, insediata da prefabbricati in legno, gazebo, e tendone modalità fiera del libro. Batteria, però, rigorosamente chiusa per giorni.” Il Natale a Gioia del Colle, in Piazza Pinto, dal 6 dicembre 2013 al 5 gennaio 2014, il percorso del grande racconto, la casa di Babbo Natale, l’ufficio


strada, non a piazza pinto postale del Polo Nord, musica, mercatini, enogastronomia. Il 19 dicembre ospite d’onore Cristina d’Avena. È un evento realizzato in collaborazione con Dulciar.” Questo lo spot che girava su RadioNorba. Un progetto ambizioso con un calendario ricco di eventi che inizia a circolare in rete. Cristina D’Avena, la cantante dei bambini, colei che ha segnato la crescita di generazioni e generazioni, presto a Gioia a riscaldare i cuori sulle note di Heidi e Kiss Me Licia. Un ritorno alle origini dopo la breve ma intensa parentesi trash-demential-demotival-rock con i GEM BOY. Ma qualcosa non quadra, e giorno dopo giorno il puzzle perde pezzi con una velocità disarmante. Inaugurazione rimandata, tempistiche azzardate, eventi arrangiati, babbi natale che cambiano residenze e uffici postali per bambini devastati. Tutto fino al tragico epilogo dell’ Happy ending impietoso che ha

accorsi anche da fuori città per assistere all’evento che ogni anno ha visto location e allestimenti diversi. Gli ultimi due anni la casa di Babbo Natale è stata a pagamento (2euro!), il cui ricavato è stato destinato a doni per i bambini meno fortunati. Beneficienza che sono ormai stanca di portare avanti, poiché spesso non veniva ritirata, nonostante mi impegnassi in prima persona a girare casa per casa per consegnarla, o perché addirittura si presentavano a ritirarla bambini che di sicuro no ne avevano bisogno, visto il doppio stipendio dei genitori. Ogni anno investo personalmente una quota complessiva di circa 5.000 euro per pura passione, che mi porta ad allestire ogni anno in maniera diversa l’evento, perciò reputo di cattivo gusto le lamentele di quanti hanno denunciato l’ingresso a pagamento e il costo di 1 euro per i gadget messi a disposizione. L’evento è permesso solamente dai miei sforzi

visto, all’indomani del Boxing Day, lo sgombero semi integrale delle “infrastrutture” presenti in Piazza Pinto in cui a resistere agli sguardi perplessi della gente è solamente la giostrina dei cavalli. Resistenza durata poco a dire il vero. Per fornirvi un piano dettagliato di come sono andate le cose abbiamo avvicinato Ninfa Ventimiglia, nome spesso accostato al progetto. Vediamo il perché!

economici e lavorativi, non essendo un iniziativa comunale. Quest’anno, nonostante la situazione caotica venutasi a creare, abbiamo registrato con la Casa di Babbo Natale presso il locale dell’Ex Pro Loco (costato 200,00 euro) un discreto risultato. In 9 giorni abbiamo attestato 1200 ingressi (non tutti paganti). Il vestito di Babbo Natale creato ad hoc è costato 1000 euro e ci è stato addirittura chiesto di venderlo alla Scala di Milano.

Ciao Ninfa, parlaci del tuo impegno natalizio costante ormai da anni e di cosa è successo in occasione di quest’ultimo Natale? Voglio iniziare dicendo che quanto successo quest’anno mi fa desistere all’idea di impegnarmi nuovamente l’anno prossimo. Nonostante tutto, siamo riusciti, assieme al mio staff, a mantenere in piedi il progetto esistente da anni: la casa di Babbo Natale. Ideata e creata nel 2001, ha accompagnato con entusiasmo crescente le festività di numerosi bambini e non,

Il tuo nome è balzato alla cronaca locale all’interno del contesto Villaggio di Babbo Natale. Quale è stato il tuo ruolo? A settembre gli organizzatori, Alessio e Raffaele Milano, in qualità di responsabili della società Alex Multiagency (n.d.r vedi Le lunghe impressioni di settembre su La PrimaVera Gioia di AgostoSettembre 2013) mi hanno avvicinato chiedendomi se avessi delle idee per il prossimo Natale, e illustrandomi il loro progetto che prevedeva 3 giorni di intrattenimento. Ingenuamente, ho PrimaVera Gioia 9


accettato di collaborare con loro assumendo il ruolo di direzione artistica,e da allora, assieme al mio staff collaudato, ho iniziato a creare un abbozzo di progetto e a contattare grandi nomi. L’unica mia richiesta imprescindibile riguardava la presenza di uno chalet in legno di Babbo Natale, di misure adeguate, su cui lavorarci almeno un mese per arrivare pronti all’inaugurazione dell’evento. Il 21 ottobre ho presentato il protocollo del progetto, ma le mie richieste specifiche non erano state ancora accontentate, anzi, le mie domande e perplessità venivano sciorinate con tanti “sì” che poi non si sono verificati. Abbiamo passato molte serate in Piazza Pinto per progettare tutto nei dettagli, erano previste addirittura 20 casette in legno, oltre lo chalet di Babbo Natale e l’ufficio postale del Polo Nord. Inoltre, una pista di pattinaggio su ghiaccio, angoli tè, cioccolata, luna park permanenti per 30 giorni. Il tempo passava e veniva meno la fattibilità delle cose. Loro credevano di poter fare tutto questo con pochi soldi e uno staff operativo, il loro, inesistente e inadeguato. La promessa era quella che avrebbero montato tutto entro il 25 novembre, e che

mi avrebbero fatto visionare finalmente il famigerato chalet. Il 3 dicembre arriva finalmente l’autorizzazione da parte del comune per la concessione del suolo pubblico e a seguire la conferenza stampa. Parlaci di questa conferenza stampa e di ciò che è successo dopo… La conferenza stampa è stata una FARSA ALLUCINANTE. La nota dolente è che l’Assessore Pippo Colapinto si è spacciato per uno degli organizzatori dell’evento. Durante la conferenza ho lasciato parlare l’Assessore e il signor Milano i quali elevavano l’evento ad un livello che in realtà non c’era. Non c’era nulla di ciò che era previsto, e oltretutto erano evidenti i limiti economici che non avrebbero mai potuto coprire la manifestazione, aspetto che ho denunciato già durante la conferenza stessa. Il giorno 5 dicembre, di primo pomeriggio, mi reco in Piazza Pinto perché non sapevo cosa fare dato che l’attrazione principale, la 10 PrimaVera Gioia

casa di Babbo Natale, non era stata ancora montata. Incontro quindi il direttore dei lavori apprendendo cose allucinanti. Tra queste la cosa più grave era che la casa di Babbo Natale, che mai gli organizzatori mi hanno fatto visionare nonostante i miei proclami, non è mai esistita!!! La ditta responsabile dei lavori di allestimento non ne sapeva addirittura nulla, al massimo potevano solamente concedermi un gonfiabile a distanza di una settimana. Una cosa inaccettabile. Credo che la situazione sia scappata di mano ai signori di Alex Multiagency i quali si sono trovati a gestire qualcosa più grande di loro. Da qui la decisione di allestire in via indipendente la casa di Babbo Natale presso la ex pro loco. Con un palese ritardo rispetto alle date fissate da calendario, eventi saltati o spostati, si è consumata la fine annunciata del villaggio di Babbo Natale… L’allestimento era pessimo e arrangiato. Nonostante tutto, la sera del concerto di Cinzia Eramo, abbiamo deciso, una volta chiusa la casa di Babbo Natale, di andare con tutti gli elfi in Piazza Pinto. Un’accoglienza inesistente, all’interno del tendone pioveva, ed erano previste delle quinte e delle passerelle mai realizzate. Era tutto così spoglio, privo di Natale. Uscendo dal tendone c’erano paninari modalità sagra della mozzarella. Squallido. Il villaggio non è stato mai popolato e per l’inaffidabilità degli organizzatori ha fatto la fine che tutti abbiamo visto. L’unico evento andato a buon fine è stato il concerto offerto dalla Provincia di Nick the Nightfly, dato che anche il concerto di Cristina D’avena è stato annullato per inadempienze contrattuali da parte degli

organizzatori. Cosa rimane di questa esperienza tragicomica? Io l’ho trovata un’enorme truffa! Mi chiedo come ci si possa comportare così in questo mondo. Hanno sfruttato la reputazione del mio nome usandolo probabilmente come specchio per le allodole. Mi era stato affidato addirittura il compito di ritirare il contributo di alcuni sponsor, i quali mostravano diffidenza una volta conosciuti i nomi degli organizzatori. Ad ogni modo siamo riusciti ad inaugurare la casa di Babbo Natale in maniera del tutto indipendente lavorandoci ininterrottamente due giorni e due notti e mettendo su una cosa bellissima. Non so ancora cosa succederà il prossimo anno. So solo che la casa di Babbo Natale, per il prestigio che riveste, merita un contorno adeguato che probabilmente troverà fuori dai confini mentali e geografici gioiesi. ¿


INTERVISTA A filomena mastromarino Laura Castellaneta |

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Dario Magistro |

Abbiamo con noi Filomena Mastromarino, delegata provinciale e nazionale del PD. Pare che la tua elezione abbia suscitato parimenti “riso” e sdegno. Per fugare ogni dubbio, vuoi rispondere ai numerosi detrattori dicendoci: chi è Milena Mastromarino? Ne approfitto innanzitutto per ringraziare gli elettori che hanno votato Renzi. Sono iscritta al PD da diversi anni e ho seguito attivamente diverse campagne elettorali, qualche consiglio comunale, qualche dibattito, insomma, un interesse alla politica esterno a cui non ho fatto mancare il mio sostegno. Ho scelto di fare da garante presso la sezione di Acquaviva delle Fonti, in occasione dell’elezione del segretario di circolo, ed ho affrontato questo impegno con serietà e lealtà, motivo per cui mi è stato proposto di rappresentare la quota rosa tra i delegati, come espressione del nostro territorio e della nostra provincia. Per una persona che non ha mai rivestito dei ruoli di spicco all’interno del PD non credi che tutto ciò possa sembrare “eccessivo”? Non ho mai avuto un ruolo importante, ma adesso mi è stata data l’occasione, come è stata data a tutti. Penso che l’intenzione di Renzi fosse proprio quella di mettere gente nuova, non abituata ai vecchi sistemi politici. Ho portato la mia inesperienza all’interno del partito. Il mio ruolo non è eccessivo,mi è stata data questa possibilità e starà a me impegnarmi per portarla a termine. Cosa trovi in Matteo Renzi di diverso rispetto agli altri politici ? La cosa che più mi ha colpita è la tempestività con cui affronta i suoi temi politici. Fissato un punto, detta subito un tempo e penso che fino ad ora questi tempi siano stati rispettati. Ha una forte dote comunicativa, concretezza e semplicità nell’esporre i suoi obiettivi e per quanto riguarda poi il suo programma politico, che ovviamente ho guardato altrimenti non l’avrei abbracciato nemmeno, adesso è stata presentata soltanto una bozza sul lavoro, nella quale ci sono molti punti che condivido pienamente, come la riduzione dei tipi di contratti, gli assegni a sostegno di chi perde lavoro, e anche un apprezzamento particolare va fatto alla sua promessa sul taglio dei costi nella politica. Proviamo a discutere di politica nazionale e, nello specifico, di alcune proposte di Renzi. Partiamo dalla legge elettorale: cosa preferisci , e perché , tra il “sistema spagnolo” , il “Mattarellum” e il “Doppio Turno alla Francese” ? Li ho visti e li ho rivisti, e in maniera tecnica ho visto anche gli esempi portati, perché senza questi non riuscirei a capire nulla

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Filippo Linzalata |

/ filippo.linzalata

perché sembra solo burocrazia e conteggi. Ho una mia idea, ho la mia preferenza, però non mi sento di esporla. Tra le proposte di Renzi, c’è quella suggestiva di aprire la “Camera delle Autonomie” al mondo della cultura a patto che l’incarico non sia elettivo ma gratuito. Secondo te, è una soluzione efficace ? Secondo me si, proprio perché bisogna dare spazio alla cultura, perché molto spesso la politica è stata abbracciata da personaggi che non avevano niente a che fare. Forse questo serve anche a dare un segno che la cultura ci può stare benissimo in mezzo alla politica. Concludiamo le dinamiche nazionali con quello che sembra diventare il fiore all’occhiello della segreteria Renzi: il jobs act. Cosa ti piace di più e cosa di meno? Di concreto ancora non c’è nulla, sono soltanto proposte che non scendono tanto nei particolari. Condivido il sostegno alle persone che perdono lavoro, a patto che poi ci sia un’integrazione con la formazione. Questa è proprio una cosa che mi ha sorpresa, perché l’assegno di mantenimento, se lo vogliamo chiamare così, per perdita di lavoro va bene, però l’obbligo di formazione per poterlo ottenere è secondo me un aspetto del tutto innovativo e utile. Il messaggio che ha voluto mandare Renzi, rispetto ai politici che hanno detto “vorrei fare”, contro gli italiani che rispondono “vorrei ma non posso”, è che è arrivato il momento di prendersi le proprie responsabilità, i propri impegni e rimboccarsi le maniche, cosa che non è entrata nella mentalità di tutti. L’impossibilità da parte di un disoccupato di poter rifiutare più di un’offerta di lavoro, la ritieni “democratica”? Se io dovessi vedere questa tematica applicata nel mio piccolo sarei d’accordo, perché vedo tanti ragazzi a cui viene proposto un lavoro che però non gli piace perché non è dietro una scrivania, non è nelle loro ambizioni, o non corrisponde al titolo di studio. Così si porrebbe un limite a questo atteggiamento tipico, in una società in cui l’individuo deve assumere le responsabilità nelle proprie scelte. Torniamo alla politica locale. In molti vedono in te una sorta di prestanome dell’assessore Masi. Com’è nata la tua candidatura? Io non mi ero mai affacciata più di tanto all’interno del partito, pur avendo seguito le campagne elettorali, per chi che sia però mai mi era stato dato un ruolo. L’unico realmente responsabile è stato quello della garante, che può sembrare una cosa sciocca, ma io l’ho preso con impegno, ho sacrificato il mio fine settimana ed ho fatto quello che mi è stato chiesto. Per quanto riguarda la questione del prestanome non mi sembra, perché anche Giuseppe rappresentaPrimaVera Gioia 11


ringrazio gli organismi provinciali per averlo permesso e per avermi accompagnata dal primo momento in questo percorso. Di cosa si sta discutendo sia in assemblea nazionale che in assemblea provinciale? L’assemblea nazionale non è altro che l’affermazione di quelli che sono stati i voti del segretario, presentazione degli organi, votazione, quindi più che ascoltare e confermare quella che era la mia linea politica non ho potuto fare. Naturalmente ci sono stati dibattiti interessanti. All’inizio è stato anche molto emozionante perché loro hanno messo su l’inno nazionale e sentirlo cantare è stata un’esperienza unica. Per il resto è stato un susseguirsi di dibattiti.

va la direzione provinciale, quindi non penso avesse bisogno di un altro sostegno. Non mi sento manipolata da nessuno e mi sento libera di pensare con il mio cervello. Sembrerebbe che il gruppo Renzi di Gioia del Colle si sia lamentato o quantomeno infastidito per aver trovato il tuo nome all’interno dei delegati del collegio 2 - Bari Sud senza opportuna discussione interna: una sorta d’imposizione. Cosa vuoi dirci a riguardo? Ci sono state delle riunioni per discutere la tua figura all’interno della lista? I malcontenti sono nati solo dopo l’elezione, perché se ci fosse stato qualche problema sarebbe nato già nella formazione della lista. Ci sono state delle discussioni, ma nessuno mi ha mai detto che non potevo esserci perchè ero strettamente collegata a quella persona. Questo dissenso non l’ho mai raccolto e mai mi è stato rapportato personalmente. La cosa forse più brutta è stata che questo è avvenuto dopo le elezioni: da una parte ho avuto tutta l’accoglienza possibile dalla parte provinciale, senza alcun tipo di pregiudizio personale o politico, ma valutando soltanto la persona; dall’altra c’è stata un’ostilità all’interno dello stesso partito. Puoi fare degli esempi? C’è stata diffusione di fotografie relative alla mia partecipazione al programma (Mammoni)che ritengo non riguardi l’argomento “politica”; penso di avere una professione, e mi piacerebbe raccontare a queste persone che si sono lamentate che l’individuo va valutato sia politicamente che nella vita reale. Non è per farmi un vanto, però sono stata una persona che ha subito enormi difficoltà, dalle quali si è ripresa enormemente, quindi la gente dovrebbe vedere questo aspetto di serietà e non altri. Mi dispiace che ci sia stato questo dissenso, ma sapevano benissimo che io ero nella lista, quindi il dissenso andava mostrato all’inizio e non al momento dell’elezione. È vero però che i voti fanno un po’ comodo a tutti? È normale che una persona si affidi a chi abbia un consenso. Per me ha rappresentato la possibilità di entrare a far parte del PD, 12 PrimaVera Gioia

Di cosa si è parlato nello specifico? La cosa che più ho apprezzato e che ho visto negli occhi e nelle espressioni di tutti è proprio un orgoglio nazionale. Certo, il rinnovamento si sentiva, la gente era entusiasta, e si vedeva proprio il sorriso sul volto delle persone, a differenza di altre riunioni che possono sembrare un po’ ostiche e pesanti. Si respirava un’aria di rinnovamento, di gioia, di sorriso. I discorsi sono stati quelli tipici di presentazione, di programmi, però poi alla fine alcuni sindaci d’Italia hanno apportato la loro esperienza. Per quanto riguarda le assemblee provinciali, sono state due e purtroppo sono state lo specchio delle nostre riunioni di partito. Da una parte è stata espressione del portare avanti il progetto politico di Renzi, dall’altro c’è stata una minoranza che non ha fatto altro che preoccuparsi per chi dovesse avere i posti all’interno dell’assemblea, non a caso è stata interrotta e ci siamo dovuti aggiornare in una seconda assemblea. Nella prima assemblea il Presidente non è stato eletto perché la minoranza non riusciva a raggiungere un accordo. Questo non ha fatto altro che confermare il pensiero che invece di preoccuparsi del cosiddetto “rimpasto politico”, forse bisogna occuparsi dei problemi degli italiani che non hanno il posto di lavoro. E a Gioia cosa puoi portare attraverso questa esperienza ? Spero di poter portare rinnovamento, un distacco dai vecchi sistemi politici, per farmi accogliere all’interno del partito senza pregiudizi. Il mio messaggio, che ho esposto nel primo discorso pubblico a Bari, é che purtroppo un atteggiamento ostile forse allontana anche i giovani che si vogliono avvicinare alla politica perché ci si trova davanti un muro. Secondo me bisogna superare questi schemi, e vorrei esserne l’esempio. Il collegio 2 Bari Sud vedeva come Capolista Michele Emiliano, in seconda posizione Laura Barbi, in terza Saverio Campanella e poi tu. Ti senti all’altezza come prima esperienza? Vuoi far tuo il motto “Il nuovo che avanza !”? Non voglio essere il “nuovo che avanza”, né il “vecchio che avanza”. Ho semplicemente messo a disposizione me stessa per il PD, mi è stata data la possibilità e poi saranno i fatti a parlare. Anche quando ho fatto da garante, c’erano i giovani democratici che lamentavano di non avere lo spazio necessario per il loro avanzamento all’interno del partito. Mi è piaciuto molto il discorso della segretaria di Acquaviva (Valentina Tafuni) che parlava di una freschezza all’interno del partito perché penso che tutti i giovani possano portarla senza rinunciare a quelle che sono le esperienze dei


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predecessori. Per non rinnegare un passato televisivo noto, e avendo intrapreso oggi una carriera politica, due esperienze teoricamente agli antipodi, ritieni che ci sia più ipocrisia in politica o in televisione ? Mi mettete in difficoltà con questa domanda. Ipocrisia in televisione è troppo generale secondo me. Se dobbiamo parlare del programma a cui ho partecipato vi dico che c’è ipocrisia totale, anche se purtroppo era lo specchio di una realtà che esiste all’interno della nostra nazione. In politica ipocrisia potrebbe esserci da parte di alcuni personaggi, anche se nel confrontarmi con i membri degli organismi direttivi del provinciale non l’ho letta, però non mi va di fare nomi. Ho anche invitato chi mi aveva attaccato a confrontarsi personalmente con me, perché non ho bisogno né di un giornale, né di un post per rispondere alle provocazioni, ma non ha voluto accettare il mio invito, quindi evidentemente non si sente all’al-

tezza, nonostante avesse avuto tanto coraggio nel postare tutto il dissenso su di me su facebook. Per concludere questa intervista: cosa pensi di PrimaVera Gioia? Quando voi mi avete contattata sono rimasta un po’ sulle mie perché nessuno l’aveva fatto e temevo che fosse solo un modo per strumentalizzare le mie risposte. Precedentemente ci sono stati episodi che non ho gradito. Non so chi disegna le vostre vignette, ma c’era un chiaro riferimento alla mia persona. Non ho voluto entrare nel merito perché non sono abituata, ma mi sono fatta la mia opinione. Quella vignetta riguardava un avvenimento privato, infatti se non sbaglio da parte di altri esponenti politici ha anche avuto delle conseguenze. Dirmi che non c’è riferimento alla persona sarebbe ipocrisia da parte vostra, e sono rimasta delusa perché non avevo mai avuto a che fare con voi. Di solito si fa satira si fa su qualcosa che io ho deciso personalmente di pubblicare. Vi ringrazio per l’intervista, ora sarete più cattivi con me, ma aspettavo questa occasione per dirvi questo. Tra un “penso” e un “sinceramente” di troppo, PrimaVera non è cattiva, ma la ricerca della verità incattivisce i protagonisti delle nostre “storie”. La satira politica non cerca consensi, ma li partorisce naturalmente, e se il potere della parola, più di quello dell’immagine, centra il bersaglio…allora ha fatto il suo dovere! ¿

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Antonio Losito Alessandro De Rosa |

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Per le strade della nostra piccola babele di provincia abbiamo udito, solo riferendoci agli ultimi tempi, le fanfare all’inaugurazione di certe opere pubbliche confondersi con le divertenti marcette dei repentini ripensamenti sui sensi di percorrenza stradale, miste all’ormai tentennante tintinnio dei passaggi a livello e al requiem dei servizi di quartiere spodestati dai propri spazi dedicati. Abbiamo deciso, in occasione dell’inizio di un nuovo anno, di concederci una rapida digressione su una tematica, per quanto silenziosa (in seguito vedremo perché), comunque nient’affatto di lana caprina, relativa alle iniziative di Edilizia Convenzionata nel territorio gioiese. Ne abbiamo fatto oggetto di conversazione con Donato Lucilla, consigliere di minoranza in Consiglio Comunale per il movimento politico locale Pro.di.gio., il quale, a tal proposito, sottoponeva alla nostra attenzione un aspetto in difetto di trasparenza. Ma procediamo con ordine. Quando, nel merito delle procedure e degli atti attinenti le trasformazioni edilizie ed urbanistiche, si parla di Convenzione, si intende un accordo stipulato tra un costruttore o concessionario, proprietario di un suolo edificabile, e l’autorità comunale; patto secondo cui il privato, mosso dall’interesse di perseguire un obiettivo di guadagno tramite attività edificatoria, incontra il pubblico e ne avalla l’esigenza di alleviare problematiche sociali legate al fabbisogno abitativo, impegnandosi, all’interno della sua operazione imprenditoriale, a realizzare una parte degli immobili secondo il regime tecnico ed economico dell’Edilizia Economica Popolare (EEP), sottoponendo i così fatti alloggi a compravendita a importi calmierati, anziché a prezzi di mercato, o a canoni agevolati in caso di locazione, al fine di renderli accessibili a fasce più svantaggiate di popolazione. 16 PrimaVera Gioia

Ricercando una definizione precisa direttamente nella legislazione nazionale, questo è quel che si può attingere dal Testo Unico sull’edilizia*: il Permesso di Costruire viene conferito ad un privato a fronte di un contributo (art.16 ) che può essere ridotto alla sola

quota degli oneri di urbanizzazione qualora il titolare del permesso si impegni, a mezzo di una convenzione con il comune, ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo (art.17), approvata quest’ultima dalle singole Regioni ma diversificabile, parzialmente, da caso a caso. Le convenzioni, fra le altre cose, stabiliscono obblighi e vincoli cui il concessionario è legato**, tra cui l’inalienabilità del bene, oltre che a prezzi più alti di quelli pattuiti, anche verso soggetti acquirenti privi dei requisiti patrimoniali specifici. La Giunta Comunale gioiese ha approvato in passato convenzioni che (in ottemperanza alle disposizioni della delibera consiliare n.110/80 e della delibera commissariale 505/81) prevedono la seguente procedura: le imprese costruttrici in possesso di suoli inclusi in piani di lottizzazione si impegnano a cedere all’ente comunale, a titolo gratuito, una percentuale pari o superiore al 16,80% della complessiva volumetria d’intervento, per poi ottenerne la riassegnazione in diritto di proprietà, con lo scopo, come detto, di farne edilizia residenziale economica. Parte delle deliberazioni di giunta sono state oggetto di richiesta di visione da parte di Lucilla e del suo movimento nell’ambito di un più generale interessamento sul tema dell’Edilizia Convenzionata; impegno che ha cercato di far luce anche e più specificamente sul perché non avvengano pubblicazioni ufficiali degli elenchi delle iniziative edilizie di questo genere. Mentre, dopo un anno di attesa e ulteriori recenti sollecitazioni, gli atti municipali sono stati infine forniti, resta ancora senza riscontri l’esortazione alla diffusione dell’inventario degli


alloggi convenzionati; lacuna che, stando a quanto ci viene anticipato, potrebbero i prodigini stessi essere intenzionati a colmare in futuro su propria iniziativa. La carenza di trasparenza che qui si evidenzia è fondamentalmente un forte elemento di deterrenza per l’incontro fra la domanda e l’offerta: il beneficiario delle suddette agevolazioni economiche, privato della facoltà di immediata e facile consultazione di una qualsivoglia elencazione, incontra non poche difficoltà nella ricerca del bene atto a soddisfare la sua esigenza e a far valere il suo diritto, ed è costretto, nel migliore dei casi, ad affrontare per proprio conto il tour dei sentito dire, delle agenzie o dei cantieri con l’occhio puntato alla cartellonistica; nel peggiore dei casi, è costretto a rinunciarvi. Pur avendo offerto un servizio sociale, dunque, il comune non è in grado di imprimergli un impulso tale da produrre effettive ricadute sulla vita dei suoi cittadini. Non vorremmo, inoltre, spingerci ad affermare che l’opacità del servizio – congiuntamente all’assenza di controlli – può rivelarsi l’enzima perfetto per certi fenomeni fraudolenti, come le compravendite degli alloggi a prezzi più elevati di quelli stabiliti dall’ente pubblico e pattuiti nella convenzione (la cui parte eccedente sarebbe erogata ovviamente in nero in quanto estranea al contratto)***. Al contrasto di certe pratiche – imparentate alla più generale logica del si salvi chi può che da sempre spinge verso il basso la nave che affonda –, infatti, sono assegnate altre forme di vigilanza e prevenzione. Tuttavia, la trasparenza – con la consapevolezza collettiva ed individuale che ne consegue – è il primissimo baluardo di cui ciascun cittadino dovrebbe avvalersi di fronte alla distorsione delle relazioni economico-sociali fra soggetti privati; e di questo beneficio il primo fra tutti i garanti non può che essere l’ammini-

strazione pubblica, il buon governo. Insomma, anche questo caso dimostra che, benché oggi il pensiero dei più sia rivolto al ginepraio di imposte sulla casa, non ha meno da dolersi chi ancora agogna il diritto di possederne una. ¿

*numerose sono le leggi succedutesi nei decenni, relative all’edilizia

ed in particolare quella residenziale pubblica ed economica popolare: L. n. 167/62; L. n. 865/71; L. n. 10/77; L. n. 457/78; L.n. 179/92; L.n. 448/98. Risale al 2001 il Testo Unico sull’edilizia, D.P.R. 380/2001, che fa riferimento, in quanto T.U., alle leggi precedentemente citate. **la legge sembra essere molto meno chiara sul trasferimento di tali vincoli a coloro che, attraverso la compravendita, succedono nella proprietà. In generale, per evitare speculazioni, il bene dovrebbe continuare a essere sottoposto alle medesime limitazioni di alienazione e di prezzo, salvo nel caso in cui i proprietari decidano di vendere a prezzo di mercato e a chiunque corrispondendo però al comune una somma pari alla differenza fra il prezzo di convenzione, corretto attraverso indici di rivalutazione ISTAT, e il prezzo di compravendita. Tuttavia, disposizioni più precise sono spesso esplicitate nelle singole convenzioni; inoltre è necessario tener presente la sentenza della Corte di Cassazione n.13006 del 2000, la quale ha sancito che, per legge, l’unico ad avere il dovere di contenere il prezzo di cessione è il titolare della concessione. ***queste condotte sarebbero causa di notevoli danni alla collettività:

l’evasione fiscale; il mancato introito, nelle casse comunali, degli oneri di cui l’imprenditore è sgravato; l’inefficacia dell’intento sociale della convenzione, spogliata del vantaggio economico di cui avrebbe dovuto godere l’acquirente. PrimaVera Gioia 17


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Intervista a Gianni Mastrangelo Rosario Milano Lyuba Centrone |

/ lyuba.centrone

Abbiamo con noi Giovanni Mastrangelo, consigliere comunale del PDL. Intraprendiamo la nostra chiacchierata con il tuo excursus politico. Mi sono innamorato della politica da piccolo: la mia prima campagna elettorale l’ho fatta seguendo mio zio per le elezioni europee del 1983 a sette anni. Con una macchina “scassata” abbiamo girato tutto il meridione, da Napoli a Reggio Calabria. C’era tutta la mia famiglia e ricordo le piazze gremite di gente. In famiglia avevo uno zio democristiano e un altro del Movimento Sociale, e personalmente ho seguito le orme di quest’ultimo per una scelta puramente di cuore. Ho fatto parte del Fronte della Gioventù, poi sono stato nel Comitato Provinciale e Regionale, infine Consigliere Comunale. Sempre con coerenza. Hai vissuto sulla tua pelle un cambiamento sistemico dell’attività politica. Cosa ne pensi del nuovo approccio politico? 18 PrimaVera Gioia

Un tempo l’adesione politica era una scelta ideologica. Oggi non c’è più un riferimento ideale. Prima si aderiva ad un piccolo partito (per es. il Movimento Sociale Italiano), non certamente per avere un posto di lavoro, ma per passione. Il Movimento Sociale infatti, fino al ’94, non ha mai amministrato nessun comune, nessuna provincia. Chi, come me, faceva parte della destra veniva ghettizzato a causa del mito antifascista. Però, almeno in Puglia, la destra di Pinuccio Tatarella era una formazione assolutamente non violenta e c’è stata una sana competizione con il Partito Comunista. Proprio perché la tua formazione è destroide, qual’ è stato il tuo rapporto con il Berlusconismo? L’aspetto positivo è che, grazie a Berlusconi, la destra è andata al governo. Però è giusto sottolineare che c’è una distinzione di fondo tra Alleanza Nazionale e Forza Italia. Purtroppo questo sistema elettorale ti spinge a fare delle alleanze. Per esempio, nelle comunali, una lista non può vincere da sola, quindi è necessario fare anche delle scelte difficili. Di Berlusconi apprezzo il fatto che, nonostante tutto, ci metta la faccia. Poi ci sono aspetti che non condivido, come la mancanza di meritocrazia, ma è sempre colpa del sistema elettorale.

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Il “governo Povia” nasce dal grande tradimento che alcuni consiglieri hanno fatto nei confronti della vecchia amministrazione. Cosa ne pensi? Nei tre anni di governo di centro destra di fronte a me ho sempre avuto un avversario: Sergio Povia, che ce ne ha dette di tutti i colori. Sinceramente non riesco a cambiare idea in poco tempo. Probabilmente c’è qualcuno fin troppo “elastico”! Non so se la


responsabilità sia solo di chi cambia, ma anche di chi vota queste persone. Probabilmente la gente oggi non segue più l’ ideologia, ma vota il soggetto. Oggi come oggi non paga essere coerenti. Per esempio, ho verbali di consigli comunali durante i quali Sergio Povia ha ridicolizzato il consigliere Antonicelli, probabilmente la soglia di sopportazione di quest’ ultimo è tanto elevata da permettergli di scegliere di stare dalla parte dell’ ex nemico. In consiglio comunale hai sollevato il tema della questione morale. Credi sia opportuno ribadirlo con maggior rigore soprattutto in merito alle ultime vicende giudiziarie? Nel momento in cui ci sono stati due arresti importanti, non ho mai voluto speculare da un punto di vista politico (e avrei potuto tranquillamente farlo). Ho detto a Povia che, a prescindere dall’ esito delle indagini, nel momento in cui vi è il coinvolgimento di due persone importanti nella la maggioranza, se fossi stato in lui, avrei rassegnato le dimissioni. Poi, a seguito di una nuova candidatura, i cittadini avrebbero potuto confermargli o meno la fiducia. Ci chiediamo: com’è mai possibile che debba per forza arrivare un giudice, una guardia di finanza per fare della questione morale un argomento di discussione? In tutti questi anni, quando molte volte ho sollevato delle questioni, sono rimaste lettere morte. Purtroppo, la situazione della classe politica non consente di valutare in maniera serena le candidature. Vi è una raccolta di voti e non di consensi. Avere consensi significa poter andare in giro a testa alta, senza che la gente abbia sospetti su di te. Oggi, per candidarsi e vincere le elezioni, basta spendere qualche migliaia di euro. Da noi, sospetti di questo genere ce ne sono. C’è chi si fa comprare con buoni benzina, chi con buoni dalla parrucchiera. Dunque, la responsabilità è anche dell’ elettorato.

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Un giudizio sulle altre questioni scottanti: Zone F. Sino ad oggi abbiamo sbagliato. Però non vorrei che Gioia diventasse una nuova Punta Perotti: è vero che si è abbattuto un ecomostro, ma a danno dei contribuenti. Emiliano avrebbe potuto acquisire quegli immobili come patrimonio del Comune. Certo, gli ambientalisti spingevano affinché venissero abbattuti, ma pensandoci, si è solo fatto un favore alla famiglia Matarrese che

ha ottenuto un cospicuo risarcimento. Dunque: è bello l’ effetto spettacolare che ha avuto il sindaco di Bari, però oggi chi paga questi soldi? Nel 2011 però, furono concesse le autorizzazioni per la costruzione di due immobili che ora sono nell’ occhio del ciclone: quello situato sul suolo dell’ Ex Arena Castellano (Ditta Monte) e quello di fianco al Seven (Ditta Loica). Tu facevi parte di quel consiglio comunale, quindi sei stato in qualche modo partecipe di quegli “errori”: cosa puoi dirci a riguardo? Le autorizzazioni edilizie sono dei provvedimenti monocratici, non passano né dal consiglio comunale, né dalla giunta. E’ il dirigente dell’ ufficio tecnico che, valutando i progetti prevenutigli, decide se approvarli o meno. Noi non siamo stati affatto coinvolti. E’ una piena responsabilità di Laruccia che, è giusto ammetterlo, non ha fatto altro che proseguire tutti i permessi di costruire rilasciati in precedenza. Ce ne sono almeno una quindicina, che sono anche più vecchi del ’72 (anno in cui risale il nostro Piano Regolatore n.d.r.). Non c’è stato nemmeno un diniego. Sono stati tutti autorizzati in precedenza! Un tecnico deve comunque seguire un indirizzo politico, se l’ indirizzo politico aveva questo modus operandi di base… I problemi con le Zone F si sono sviluppati subito dopo le concessioni che per decenni sono state date ad occhi chiusi. Ci si è svegliati un po’ troppo tardi in quanto tutto andava bene a tutti, anche a coloro i quali, in seguito, questo problema lo hanno portato in consiglio. All’ improvviso, chissà per quale ragione, ci si è ricordati delle zone F e dei modi sbagliati con cui erano state gestite, anche se per tantissimi anni nessuno si era sognato di aprire bocca sulla questione. Se i consiglieri agiscono in maniera poco limpida per decenni sicuramente questo avviene a causa del conflitto di interessi. All’interno della questione morale, non credi sia doveroso riportare in consiglio questa palese verità? Assolutamente si. Viviamo in una realtà piccola, dunque l’ambito lavorativo di un consigliere può creare conflitto d’ interesse. E’ ovvio che sta alla moralità del consigliere astenersi nel momento in cui si crea un coinvolgimento diretto. C’è chi è in grado di mantenere una linea diritta e invece c’è chi per anni ha intrecciato due linee. Riconosciamo che all’ interno del Consiglio comunale, sei tra i pochissimi che prendono parola. Però abbiamo anche notato una incoerenza: Lucilla e Cuscito hanno presentato diversi ricorsi che però non hanno la tua firma. Tutte le volte che mi hanno richiesto di sottoscrivere un documento, l’ ho fatto. Ovviamente facciamo parte di due coalizioni agli antipodi, è ovvio che nel gioco delle parti ognuno deve prendere la sua strada. Anche io ho portato avanti molte battaglie per conto mio. Ti senti sicuramente un po’ solo in questo Consiglio comunale,


perché ci sono pochissimi consiglieri che davvero svolgono il proprio mandato con qualità. Come reputi l’ assenteismo fisico e/o intellettuale di molti tuoi colleghi? Purtroppo non è sempre possibile presiedere i consigli comunali per coloro i quali, come Piero Longo, svolgendo altri incarichi in Provincia quasi tutte le mattine sono impegnati in commissione. Molte volte abbiamo chiesto di spostare le sedute al pomeriggio, ma non ci è mai stato concesso.

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Siamo quasi giunti al termine dell’ intervista. Puoi darci un giudizio a bruciapelo su questa giunta. Credi sia all’ altezza di questo paese? Assolutamente no. E’ da un anno che chiedo al Sindaco di incaricare un nuovo assessore, poiché ritengo che serva una nuova figura. Oggi nessuno fa l’assessore a tempo pieno, anche per un fatto economico. Una giunta che si rispetti non può permettersi di fare alcuni degli errori che la nostra giunta ha commesso. Povia non tollera né le critiche che provengono dall’ opposizione, né dalla maggioranza. Ormai non ha più consensi . Se oggi andassimo a votare, certamente non si ripeterebbe la sua vittoria. In questo numero abbiamo salutato il nuovo anno stilando la classifica dei Top e Flop di Gioia del Colle nel 2013. Fai la stessa cosa anche tu. FLOP: gestione Tasse e Servizi. Loro sprecano dalla mattina alla sera, poi con la scusa del buco in bilancio hanno portato la tassazione al massimo. Questo buco, però, non c’è mai stato. Il debito lasciato dalla scorsa amministrazione era già stato estinto dal commissario “spalmando” l’avanzo di amministrazione. Così sono state pagate sia la SPES che le sentenze sugli espropri fatte durante la prima amministrazione Povia, quando il nostro comune non si è nemmeno difeso durante alcuna delle cause in cui era coinvolto! Fra le altre cose, aggiungerei un interrogativo doveroso: vi sembra tollerabile portare al massimo l’ IMU che ha un introito di trecentomila euro massimo e il giorno dopo questa decisione -proprio il giorno dopo!- spendere duecentosessanta mila euro per rifare un impianto di condizionamento? TOP: Mi mettete davvero in difficoltà. Cosa volete che vi dica? Ironicamente rispondo: la Sagra della Salciccia fatta in un comune come il nostro, in cui non abbiamo nemmeno un allevamento di maiali! ¿

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Diario di Bordo ITALIA_ROMANIA Emanuele Donvito |

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Quello dell’identità europea è un problema antico. Ma il dialogo tra letterature, filosofie, opere musicali e teatrali esiste da tempo. E su di esso si fonda una comunità che resiste alla più grande barriera: quella linguistica. (Umberto Eco) Sono seriamente tentato dal dire che questo è stato un anno fortunato per me, ma mi piace più pensare che agendo virtuosamente (per dirla con Macchiavelli), io sia riuscito ad ottenere e a vivere delle esperienze molto simpatiche e utili ai fini dello sviluppo di una buona coscienza europea, non rassegnandomi all’idea che la mia esperienza sia stata il frutto di una mera casualità. La virtù in questione è la voglia di ricercare, e questo che sto scrivendo è un piccolo diario di viaggio, che fa calare il sipario (almeno per quest’anno) alle mie scorribande per il Vecchio Continente. Il 12 febbraio 2013 si parte da Bari Palese alla volta di Suceava (Romania), facendo scalo a Bucarest in uno dei giorni più freddi che la Romania abbia visto quest’anno. L’impatto è abbastanza forte fuori dall’aeroporto Henri Coanda! A Bucarest si respira un’aria tanto fredda quanto nuova (nonostante le innumerevoli Mercedes del ’75; vecchie auto rumorose e super-inquinanti che circolano per le strade). È curioso mettere piede in un paese che fino a ventiquattro anni fa, era governato da una dittatura comunista e che ha guidato la transizione verso la democrazia in maniera a dir poco sanguinosa. Ma, è ancora più sorprendente quando si arriva con la consapevolezza che, nonostante ciò, la Romania ha adottato una delle Costituzioni più pluraliste d’Europa ma che, allo stesso tempo, la sua società conserva ancora discriminanti rancori nei confronti della minoranza culturale Rom e vecchie e nuove paure verso un vicino, che si chiama Ungheria, ispirato da un revisionismo un po’ retrò. Quindi, dopo tre ore di ritardo della coincidenza aerea per Suceava (causa nebbia), successivo dirottamento del volo sull’aeroporto di Jasi e due ore e mezza di pulmino verso la destinazione sulle note di Goran Bregovic e Gogol Bordello, finalmente si arriva laggiù, insieme alla mia group leader italiana e altri partecipanti della nostra delegazione, per prendere parte ad uno dei progetti dello Youth in Action Program dell’Unione Europea. Il soggiorno in questa città, vicina ai confini ucraini, durerà dieci giorni e il tema sviluppato sarà la promozione della coscienza europea attraverso la formula dei


workshops e delle serate internazionali. I ragazzi che vi partecipano provengono dalla Turchia, dalla Serbia, Moldova, Romania, Ucraina e ovviamente dall’Italia. Eviterò di descrivere nel dettaglio tutte le attività svolte durante il progetto, piuttosto cercherò di sottolineare la loro bontà. Il soggiorno è completamente spesato dall’Unione Europea e il viaggio di andata e ritorno rimborsato al 70%. Un dato significativo nella misura in cui alla domanda “Ma perché l’Europa ha deciso di regalarmi un soggiorno all’estero?” la risposta è: “perché, i giovani saranno ingaggiati negli anni a venire a formare un’Europa tollerante, prospera, comune e unita! Pertanto, la promozione della coscienza europea non è altro che creare un sentimento di appartenenza, di cittadinanza all’interno dello spazio comune, attraverso la condivisione di spazi, progetti e idee!” Dunque, non è un caso che la maggior parte dei progetti si svolgano nella vecchia terra dei Daci o, come la chiamano i francesi “la petitesœurdesBalkans” (evidentemente, per la lingua rumena di origine latina), in quanto la Romania è in attesa di una completa integrazione nell’Unione Europea. Di lì verso Cluji-Napoca, a far visita ad un’amica spagnola in Erasmus conosciuta a Malta nel 2012 durante una vacanza-studio, con un treno di fabbricazione italiana che impiegherà sette ore per percorrere trecento Km. Un viaggio a dir poco bizzarro! In Romania spesso si può constatare la mancanza di infrastrutture (in questo caso i trafori nei Monti Carpazi) pertanto, i treni sono costretti a viaggiare a passo d’uomo per scalare e discendere le montagne. Ma i paesaggi innevati sono meravigliosi. La compagnia di due signore anziane che mangiano uova lesse in cabina tutto sommato la tollero (con qualche sorriso sarcastico di troppo a dire la verità) ma finalmente, si arriva a destinazione! Qui, in Transilvania la situazione è differente. Il folklore della regione e dell’omonima città di Bucovina, con i suoi balli e vestiti tipici viene presto dimenticata, per lasciare spazio ad una zona altamente industrializzata ma aimè, permeata di sentimenti nazionalisti, probabilmente causati dell’appetito dell’Ungheria per questa parte rumena, nella quale vive una grande minoranza ungherese che si ostina a custodire la propria lingua e la propria cultura ma che, a sua volta, subisce continue pressioni da parte delle autorità nazionali, le quali esigono il rispetto delle tradizioni locali, compresa la lingua. Talvolta però, la gastronomia unisce i popoli, infatti per strada si può gustare dell’ottimo KurtosKalacs ungherese e nei bar la potentissima Palinka rumena (60% di alcool per proteggersi dal freddo pungente). Ci impiego un solo pomeriggio per incontrare nel Black Shadow, un pub di Cluji, un personaggio singolare di nome Nicolae (guardate un po’ il caso: io provengo dalla terra di S. Nicola di Bari). Quest’ultimo, in preda al Dio Bacco, alla fine di una partita di Europa league giocata dalla Steaua Bucarest, decide di avvicinarsi a me e alla mia amica Ana per fare amicizia e per ricordarci, con un perfetto inglese che la Spagna, l’Italia e la Romania sono nazioni latine e che l’Hungary è una terra di gay, che lui disprezza (lo dice la parola stessa, diceva, pronunciando Ungheria in inglese). Seguirà una piccola colluttazione, ma al di là di tutto questo, si fa ritorno il 23 febbraio, dopo una serata elettro-pop in un locale “garage” di cluji, passando un giorno ed una notte a Padova (una delle città più ricche d’Europa, grazie al pellegrinaggio per Sant’Antonio), a seguito di una scelta fatta

appena fuori l’aeroporto di Venezia-Treviso. Tutto solo, a constatare un senso di appagamento per la mia esperienza in Romania, gustando uno Spritz e ripassando le lezioni di storia italiana attraverso le varie targhe che commemorano i giorni della resistenza italiana nella zona dell’Isonzo durante la Prima Guerra Mondiale. A Padova soggiorno nell’ostello Casa a Colori, che oltre al classico servizio di ristorazione, si occupa di ospitare i richiedenti asilo politico provenienti dalla Libia e dall’Africa in generale, a seguito dell’esplosione delle Primavere arabe. Gli abitanti di questa casa, mi racconta Giuseppe (receptionist e studente leccese fuori sede), spesso sono stanchi di essere in bilico e mettono in scena delle proteste nel quartiere ma, all’interno della struttura sono parte integrante dello staff e collaborano. Il vicinato invece è praticamente insensibile alla situazione, Caritas a parte. La sera mi fermerò a scherzare e a guardare una partita della Juventus con qualcuno di loro (rigorosamente in streaming!). A malincuore il giorno dopo si fa ritorno nella mia terra, per sostenere due esami all’università e cercare qualche lavoretto, poiché con i miei amici Lello e Antonio,si parla da un po’ di fare un viaggio Interrail ma, non si sa ancora dove! Da me, in una cittadina di più o meno ventisettemila anime (Gioia del Colle), la situazione dei rumeni cambia radicalmente. Infatti, trovando lavoro in una pizzeria, ho la fortuna di conoscere Mirela, originaria di un piccolo paesino vicino Suceava, con la quale comincio subito a chiacchierare per poter condividere attraverso il nostro immaginario luoghi sconosciuti ai maleducati clienti del posto. Luoghi difficili sì, ma le persone non più difficili di qualsiasi altro essere umano con tanta dignità, la stessa dissipata da dei datori di lavoro italiani che pagano l’intera giornata di lavoro di Mirela venticinque euro, con una busta paga dichiarata part-time e negandole il diritto sacrosanto di percepire tredicesima e ferie pagate con tanto di insulti, provocazioni e battute disgustose. Ma, il tempo di sopravvivere fino ad agosto e sono libero da quel postaccio! Nel frattempo con Lello abbiamo preparato il viaggio e la scelta è caduta su Spagna e Portogallo. Antonio non ci accompagnerà poiché ha i suoi progetti da seguire… ¿

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no l’auditorio e lo preparano al discorso dell’ex rettore. Il professor Petrocelli esordisce citando un passo tratto da Atlas di Jorge Luis Borges in cui descrive un sogno fatto nel primo giorno del suo viaggio ad Atene, culla della civiltà Greca e vista per ciò come il principio di tutto; lo stesso Hegel, aggiunge Petrocelli, sostiene che “al nome Grecia

l’uomo colto si sente a proprio agio come a casa propria”.

CORRADO PETROCELLI AL LICEO CLASSICO La cultura classica come paradigma della modernità Alessandro Digregorio |

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Sabato 14 dicembre nell’aula magna del Liceo Classico “P.V. Marone”, è stato accolto l’ex rettore dell’Università degli Studi di Bari Corrado Petrocelli che ha tenuto una conferenza-dibattito sulla ”La cultura

classica come paradigma della modernità”. Gli studenti del Liceo Classico si sono interrogati sull’utilità di quest’ultima, dato che nel terzo millennio viviamo in un mondo che esige competenze da ciascuno e che tralascia l’ importanza delle conoscenze, fondamenta degli studi classici. Il professor Petrocelli si è impegnato nel cercare di fornire una spiegazione a tutti quegli interrogativi che affollano le menti dei giovani studenti e lo ha fatto un sabato pomeriggio a poca distanza dalle vacanze natalizie riempendo totalmente l’aula magna del Liceo. L’incontro si è aperto con gli interventi dei suo organizzatori, il professor Leopoldo Attolico e la professoressa Grazia Procino. Entrambi hanno saputo accogliere a pieno il pubblico interessato alla conferenza, avendo a cuore l’argomento e la voglia di far rivivere nei propri alunni quella cultura classica, che deve essere vista come un input per allontanarsi dalla massificazione: deve essere principio di riflessione tra Mytos e Logos. Inizia così un viaggio a ritroso nel tempo sulle note di una tastiera e di un violino suonate rispettivamente da Fiamma Mastrapasqua e Aurora Lagravinese che abbraccia22 PrimaVera Gioia

Quello che sottolinea l’ex rettore è la straordinaria capacità dei Greci di cercar sempre l’ordine delle cose, il saper rintracciare la misura, il ritmo; il mondo stesso per i Greci è Kosmos (struttura perfetta e ordinata). Einstein sosteneva di non sapere niente né di se stessi né degli altri, ma era del parere che per realizzare se stessi all’interno di una società bisognava essere razionali come i Greci, gli stessi Greci che seguivano il principio della Metis, una forma di pensiero che si applica alle realtà mobili. Piena incarnazione di tutto ciò non può essere altro che Odisseo polymechanos e polytropos (il tutto fare, dai molti luoghi, dalle molteplici identità). Insomma Petrocelli non fa altro che descrivere un intricato percorso, un filo rosso che collega tutta l’umanità a partire dalla società Greca, passando per filosofi, letterati del calibro di Machiavelli, il quale ritrovava la sua serenità nelle letture solitarie dei classici antichi, per arrivare a Edoardo Sanguinetti e Antonio Gramsci, quest’ultimo sosteneva lo studio dei Classici dichiarando che si impara il Latino per conoscere e capire se stessi. Lo studio classico è ritenuto pericoloso da Tocqueville perché veicola idee radicali come la Libertà, rende vive le idee. Rivivere il passato, secondo Petrocelli, è la chiave per vivere pienamente il nostro presente da cittadini responsabili e consapevoli di ciò che ci circonda.

Bernardo di Chartres diceva che ”noi siamo come nani che stanno sulle spalle dei giganti, così che possiamo vedere più lontano di loro non grazie alla nostra statura o all’ acutezza della nostra vista, ma perché - stando appunto sulle loro spalle - stiamo più in alto di loro...” ¿


Quando la fotografia racconta Attimi di vita gioiese in 72 foto

Maria Cristina De Carlo |

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/MariaCristina.DeCarlo

L’invenzione della fotografia non ha cambiato solo il percorso tradizionale dell’arte, ma ancoscienza del mondo.

La fotografia è divenuta uno strumento di lettura della storia perché ha creato un reportage di un tempo passato, che è stato catturato dall’obbiettivo fotografico. Come scriveva il sociologo e saggista Roland Barthes: “la fotografia è un volto rubato alla morte”. Un immagine macabra, ma che racchiude il senso dell’attimo che è passato e non tornerà più. La fotografia diventa testimone di quel tempo che rivive attraverso gli scatti rubati o pose ben servite. Dalla voglia di rivivere le tradizioni del tempo, dalla curiosità di conoscere più da vicino la società e la vita quotidiana di Gioia del Colle, nasce il libro D’antan di Sebastiano Lagostante. L’opera è stata redatta in collaborazione con Esther Celiberti, Pino Dentico, Sergio D’Onghia, Franco Giannini, Sebastiano Lagosante, Giuseppe Mastromarino, Dina Montebello, Domenico Paradiso. D’antan nasce grazie ad incontri inaspettati fra Sebastiano, Sandro Sisto e Sergio D’Onghia. Come si legge nella prefazione al libro, che apre a una post-prefazione a dodici sezioni che ripercorrono per temi la storia di Gioia del Colle, Sebastiano Lagosante scrive: “Tutto è nato nel pomeriggio del 10 settembre 2012 quando incontrai l’amico collezionista Sandro Sisto che aveva da poco acquistato, da mercatini dell’usato del nord-Italia, delle fotografie e cartoline che riguardavano la nostra città…”. Dopo circa un anno, Sebastiano ha ripreso in mano quel patrimonio storico-fotografico. Attraverso scrupolose ricerche effettuate presso le Biblioteche di Gioia del Colle, Molfetta

e Bari è nata l’opera D’antan presentata alla cittadinanza giovedì 19 dicembre presso il chiostro Comunale di Gioia del Colle. L’opera si presenta come un regalo alla città perché aggiunge alla tradizionale storia locale, retroscena sviluppati grazie al lavoro di ricerca dei redattori del libro. Sono state datate e correlate di didascalia 72 fotografie ma, come ha dichiarato Sebastiano Lagosante, “Molte sono quelle da analizzare”. Le difficoltà non sono mancate: erano scarse le notizie dei fotografi che operavano a Gioia del Colle a cavallo tra l’800 e il ‘900. Alcuni erano semplici appassionati della fotografia e pochi quelli che lo facevano per professione. Dal lavoro svolto, emerge che bisognerà attendere i primi anni del Novecento per iniziare a trovare vedute della città realizzate da qualche appassionato di fotografia. Infatti, di questo periodo conosciamo splendide riprese fotografiche del sacerdote Michele Buttiglione, dell’insegnante Giovanni Bufano e di Vincenzo Cassano. Di Giovanni Bufano, oltre la sua professione, ad oggi non si sa molto: parlano però le sue foto. Egli ha avuto la fortuna, grazie all’avvio della elettrificazione dei centri urbani, di operare in anni in cui la fotografia stava diventando alla portata di tutti. È evidente che non utilizzando macchine fotografiche di grande formato, poté dedicarsi al reportage cogliendo attimi, riportando emozioni e sensazioni tipiche delle ricorrenze religiose, degli eventi ma anche della quotidianità della gente comune. Questo ci dicono le fotografie - poi diventate cartoline – della vendemmia, della fiera di Gioia del Colle ma anche della vecchia Fiat Torpedo. D’antan diventa così testimone e testimonianza di un tempo passato perchè, parafrasando il sociologo Alfredo De Paz, “ognuno di noi è ormai coinvolto irrimediabilmente in una dimensione fotografata della realtà; niente sarà più come prima dell’invenzione della fotografia”. ¿ PrimaVera Gioia 23


Autori Cinema

Elegie dall’inizio del mondo. UOMINI E ALBERI

Maria Cristina De Carlo |

/MariaCristina.DeCarlo

Abbiamo già parlato sulle pagine di PrimaVera Gioia di “Densamente spopolata è la felicità”, documentario del gioiese Francesco Dongiovanni girato sull’altopiano della Murgia, incentrato sulla vita di un anziano pastore che, tra cielo, pietre e solitudine, conduce le sue greggi vivificando il destino che per centinaia di anni fu dei suoi padri. Quel lavoro ha permesso a Francesco Dongiovanni di farsi conoscere non solo in Italia, considerato che, oltre a proiezioni importanti come quelle all’Imaginaria Film Festival di Conversano o al BIF&ST, all’ABC di Bari, ha partecipato alle Giornate del Cinema Etnografico di Mosca, al festival “Days of Ethnographic Film” di Lubiana e al festival Les Écrans Documentaires di Arcueil (Parigi). Alla fine del 2013, invece, sempre con la produzione di Murex, Francesco Dongiovanni pubblica “Elegie dall’inizio del mondo. Uomini e alberi”. Ne abbiamo parlato con lui.

“Elegie dall’inizio del mondo. Uomini e alberi” è il titolo del tuo ultimo progetto che ha già riscosso successo a Dicembre scorso a Bologna, presso Spazio Menomale; durante la rassegna “Avvistamenti” di Bisceglie; alla Mediateca di Bari e a Roma, presso la sala Trevi, in occasione della rassegna “L’alfabeto perduto della realtà. Il cinema di Franco Piavoli”. A breve vedremo l’opera proiettata anche al Teatro Rossini di Gioia del Colle, precisamente giovedì 6 Febbraio. In cosa consiste questo lavoro? Il lavoro consiste nel recupero e nel riutilizzo di alcune pellicole in 8mm degli anni Sessanta e Settanta che fanno parte dell’archivio storico di Domenico Notarangelo, noto giornalista, politico e scrittore lucano, di origini pugliesi. Le immagini riguardano una delle feste popolari più famose della Basilicata, la festa del ‘Maggio’ di Accettura. L’archivio di immagini di Domenico Notarangelo è stato un punto di partenza o un’epifania per il tuo lavoro? 24 PrimaVera Gioia

Ho incontrato per la prima volta Domenico Notarangelo ormai diversi anni fa in occasione dell’organizzazione della mostra delle sue famosissime foto scattate sul set del “Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini, mostra che organizzai al teatro Rossini con il cineclub Bandeàpart attivo a Gioia alcuni anni fa. Ricordo con grande piacere quella mostra che, quando venne presentata a Gioia ormai sette-otto anni fa, non era ancora nota, come lo è stata poi in seguito con esposizioni in Italia e in Europa. Da allora i miei rapporti con Notarangelo sono rimasti costanti e quando gli ho proposto di lavorare sulle pellicole del suo archivio lui ha accettato con entusiasmo di collaborare. Ma per parlare di Mimì Notarangelo e del suo lavoro non basterebbe tutto lo spazio di questa intervista. Ogni documentario si forma intorno a una serie di elementi che creano il carattere del documentario stesso che può essere culturale, informativo, sociale, politico, etc. Quale è il messaggio di “Uomini e alberi”? Non credo nelle categorie. Già la stessa distinzione tra fiction e documentario mi sembra poco utile. E se c’è una cosa che evito di fare quando lavoro con le immagini è di costruire un messaggio da veicolare. Trovo che questo modo di lavorare sia molto limitante e castrante. Da anni studio e approfondisco questioni relative all’antropologia, alle tradizioni, al rapporto tra immagini e tempo e quando ho visto le pellicole dell’archivio di Notarangelo ho sentito che quello studio poteva trovare uno sbocco creativo, una forma e un linguaggio che volevo indagare e approfondire. Poi tutto quello che lo spettatore trova nel film è il frutto dell’esperienza della visione e a me interessa soprattutto questo aspetto, il fatto cioè che lo spettatore abbia un ruolo attivo, che non venga accompagnato per mano dove il regista decide di portarlo, ma che possa fare il suo percorso scegliendo una delle tante possibilità, delle tante direzioni che un buon film deve avere. E spero che questo valga anche per i miei lavori. “Uomini e Alberi” è il primo episodio delle Elegie. Quante sa-


ranno? Ci stai già lavorando? Non ho ancora cominciato a lavorare al prossimo episodio ma credo che si tratterà di un lavoro dedicato ai paesi della Lucania e alla vita quotidiana così come si svolgeva negli anni Sessanta. Vedremo. La ricerca delle tradizioni, la scoperta del proprio territorio e dell’essere umano sono tasselli fondamentali e costanti nelle tue opere. Negli anni ti ricorderanno sicuramente come un testimone della nostra storia. Quanto è importante riportare alla luce storie “fuori dalla storia tradizionale”? Più che di testimonianza o di tradizioni preferisco parlare di memoria, intesa come il luogo dell’incontro e spesso dello scontro tra il tempo e lo spazio. Il mio sguardo è interessato al punto di contatto tra questi due elementi in quanto in esso vengono a maturazione riflessioni di una densità enorme che cerco di indagare. Riflessioni che inevitabilmente investono non solo il passato ma anche il nostro presente. I prodotti cinematografici richiedono spesso l’utilizzo di più linguaggi. La musica del documentario è stata composta da Mario Marinoni e Vanni La Guardia. Possiamo dire che siamo nel campo di quella che un tempo si definiva “musica concreta”, votata alla psichedelia (nel senso più squisitamente etimologico del termine). Che idea di musica avevi in testa e come consideri il risultato finale? La musica ha un posto importante in questo lavoro. Avevo in mente sin dall’inizio una certa idea e Mario Marinoni e Vanni La Guardia sono stati molto bravi a capire cosa volevo e a tradurre la mia idea in un suono che non fosse di commento alle immagini. Volevo che i due linguaggi, il cinema e la musica, non si prevaricassero e non si snaturassero nell’incontrarsi. Volevo dei suoni che creassero un mood in grado di far entrare in contatto lo spettatore con le immagini ad un livello percettivo più intenso e profondo. E credo che loro lo abbiano fatto benissimo. Alla fine sono molto soddisfatto del lavoro fatto, è stata una bella esperienza di collaborazione e confronto. Quanto costa più o meno girare un documentario? Quali sono le reali difficoltà che un giovane del sud Italia incontra quando vuole creare un prodotto cinematografico? La domanda è piuttosto complessa e merita un’analisi che qui non è possibile fare. Il fattore economico è un elemento fondamentale e certamente in questo momento nel nostro paese tutto ciò che ha a che fare con la creatività vive un momento di grande difficoltà. Difficoltà che aumenta quando, come nel mio caso, si scelgono linguaggi e percorsi impervi e poco, passami il termine, mainstream. Ma alla fine voglio risponderti dicendo che non è la mancanza di denaro a bloccare una buona idea, così come non sarà un grande budget a rendere migliore un film brutto. ¿ PrimaVera Gioia 25


Buoni propositi q

incisione del Deberny

Rosario Milano

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isulta difficile sottrarsi all’esercizio dei buoni propositi immediatamente dopo la mezzanotte del 31 dicembre di ogni anno, e anche noi non vorremmo sottrarci a questo esercizio retorico. Ci piacerebbe anche indicare qualche buon proposito per i nostri amministratori, non perché siamo ossessionati dalla loro esistenza o perché intimamente polemici, ma semplicemente perché con questo periodico indipendente noi siamo da sempre orientati alla ricerca di una reciproca comprensione tra noi e chi comanda la giostra. Inizialmente, al fine di evitare spiacevolissimi equivoci, sentiamo comunque la necessità di esprimere il nostro orami consueto mea culpa preventivo per ogni tipo di considerazione offensiva nei confronti dei soggetti citati; anzi, diciamo che ogni riferimento a fatti e personaggi è puramente casuale. Piano piano, poco poco, gradiremmo chiedere al sindaco di la Bonheur c’est sur la Colline (Gioia del Colle) di rinverdire il suo libro dei ricordi, di fare un passo indietro per capire dove è l’arcano, perché ci appare incomprensibile la distanza tra il Povia I del 1995 e il Povia III: gli uomini, le idee, la speranza e tutto quello che può essere compreso nelle categorie politiche risultano non sovrapponibili tra questi due intervalli di tempo. Anche personaggi sprovveduti sarebbero in grado di ribattere con frasi ad effetto (tutto scorre, tutto cambia, solo gli sciocchi non cambiano mai opinione, nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma). Tuttavia, con non dissimile loquacità risponderemo che in politica al trasformismo c’è 26 PrimaVera Gioia

un limite, superato il quale anche quanto di glorioso si è fatto nel passato smette di avere un senso. Esemplare è il cammino a ritroso, da gambero, di cui si è reso protagonista uno dei più bei e freschi personaggi di quel Consiglio comunale del 1995, il compagno Lenin Masi. Con buona pace di Vladimir Il’ičUl’janov, il nuovo epigono del radical chic di sinistra locale armeggia con arguzia le armi del consenso, ma ha ormai smarrito la carica ideale degli esordi, di quando io stesso l’osservavo ammirato guidare cortei con slogan ad effetto in cui tutti credevamo. Già, noi credevamo, ma poi ci si ritrova qui, tutti senza più fede e senza ardore ideologico, io a fare i conti con una coscienza che non ti da fiato, gli altri, non so. Ad esempio, la sinistra italiana può ormai annoverare nei suoi fondamenti il conflitto d’interessi. Accade quindi che un assessore con il nome importante si trova a votare la delibera (n. 178, del 15/12/13) attraverso cui il Comune si costituisce parte civile contro il provvedimento di annullamento di un permesso di costruire, disposto dalla Provincia di Bari, lavori di costruzione che agli atti dell’Ufficio Tecnico risultano diretti dal medesimo assessore, che si auto-vota. Insomma, proletari di tutto il mondo, “mangiate che dovete essere mangiati”! Ma non solo sono cambiati i protagonisti di quella che era stata una stagione di speranza, ma anche le pratiche democratiche e amministrative sono di gran lunga peggiorate. Il Consiglio comunale sembra avere meno verve e incisività del parlamento della Repubblica Popolare Socialista di Romania, ed è più silenzioso di un rasoio elettrico di ultima generazione. In molti vorrebbero che da Fatima ci giungesse il miracolo del verbo per quei consiglieri che non hanno mai proferito parola, per chi come il consigliere Martucci costituisce un vero e proprio oggetto misterioso, non identificabile. In tempo di crisi potremmo anche pensare: al diavolo la discussione democratica, meno chiacchiere e più fatti, l’importante è il progresso. Allora finiamo per credere nell’efficacia del decisionismo di Povia, ci convinciamo che questa forma di autocrazia da lui creata, che per alcuni tratti appare la corte di Luigi XIV, il Re Sole, sia la forma


migliore di governo, che senza una giunta, con alcune comparse e qualche comprimario si possano raggiungere i migliori risultati in termini di efficacia amministrativa. Poi, arriva Natale, e sotto l’albero ogni gioioso gioiese perde di colpo la voglia di ridere, nonostante ci sia la casa di Babbo Natale in Piazza Pinto, o forse anche per quello (a proposito, Cristina D’Avena ci aspetta ancora in aeroporto?). CERIN, TARES, sigle che ci ricordano il codice fiscale, ma che invece hanno fatto andare di traverso il panettone ai tanti ex gioiosi gioiani. Ci avevano spiegato che appaltare serve a rendere più efficaci i servizi, perché esternalizzando le cose vanno alla grandissima, e invece scopriamo che la gran parte delle cartelle sono errate, che il già elevato salasso richiesto da questa amministrazione, in cambio di servizi che stentiamo a riconoscere, è completamente impazzito (le cartelle errate sono la norma e non “un parte residuale”, come invece inopportunamente dichiarato dal volantino della segretaria PD e come, ovviamente, affermato dall’amministrazione con numeri irrealistici alla mano). In più, alcuni cittadini, mal sopportando il regime monarchico e neo-feudale in cui siamo piombati, non credendo ciecamente, poveri loro, nella novella del liberalismo e del progresso portata da sovrano poviano, hanno addirittura provato con successo a raccogliere le firme per un referendum. Il quesito referendario contesta la concessione del servizio a favore di una società attraverso un atto di giunta (governo), piuttosto che attraverso il consiglio comunale (organo rappresentativo) come di fatto prescritto dalle leggi vigenti. Del resto, nel merito, la stessa è una società abbastanza discussa, il cui amministratore delegato sembrerebbe sottoposto ad un procedimento giudiziario per concussione. Ovviamente, il referendum è rimasto bloccato da cavilli burocratici costruiti a tavolino per aggirare il regolamento comunale, e in sfregio di quei diritti celebrati dalla stessa Costituzione repubblicana (art. 75), che evidentemente la nostra amministrazione sta cercando di modificare a piacimento, un po’ come è accaduto con le zone F della città-stato di Gioia del Colle. La sete di euro potrebbe avere indotto l‘infallibile e incorruttibile società CERIN a fare un bluff, a sperare che tutti non si accorgessero degli errori macroscopici, ma mi sembra davvero irrealistico, quasi come l’11 settembre. Tuttavia, la buon anima della nonna Marietta avrebbe avuto difficoltà a riprendersi dallo shock della cartella (per un appartamento di 32 mq si è passati da 72 euro a 225), così come immagino sia accaduto alla gran parte dei cittadini che hanno appreso la mala novella per posta ordinaria. Gli strafalcioni dell’abilissima società di servizi giungono dopo che la nostra amministrazione aveva già definito tariffe elevatissime per la TARES, stridenti con le esperienze dei comuni limitrofi (quelle sporche giunte di sinistra con poca moderazione)

e forse più alte di quelle richieste ai residenti di Beverly Hills, Los Angeles, California. Si è rischiato il linciaggio all’Ufficio tributi, dove, più che i forconi rischiavano di arrivare le ruspe, e ora è tutto da rifare, confidando in una maggiore sobrietà dei costumi da parte della società CERIN: smettetela con gli allucinogeni e riprovateci! Dal cilindro, caro buon Sergione, dovresti tirare fuori un’altra magia, perché questa ormai è andata, anzi mi sa che si rischia di perdere ancora credibilità, e forse (dico forse!) sarebbe ora di tirare i remi in barca. Noi, che pure giornalisti professionisti non siamo, ci ripromettiamo per quest’anno di offrire la nostra verità, con sempre più dovizia di particolari, con maggiore scientificità, cercando magari di riconsegnare al giornalismo quella dignità spesso smarrita, nel rispetto di quei giornalisti e reporter che nel mondo, nel corso del 2013 hanno perso la vita (129 vittime) o la libertà (211 imprigionamenti) nell’adempimento delle loro funzioni. Tuttavia, così come sempre accade ai più deboli, a chi deve compiere il doppio e il triplo della fatica per fare cose normali in contesti normalizzati, la nostra capacità di tenere fede agli impegni risulta sempre più difficile a causa dell’esaurimento, del logoramento. Sensazione che viene oltremodo rafforzata in questi giorni in cui siamo tornati a una dimensione di normale desolazione, dopo la fine dell’abbuffata del periodo natalizio, quando migliaia di esiliati gioiesi sono tornati a farci visita, a beneficiare della stessa fogna nera di noi altri provinciali. Si rimane in pochi, con una speranza flebile, forse troppo flebile e precaria, “come d’autunno le foglie sugli alberi”, direbbe l’Ungaretti. Sinceramente, per questo inizio anno non dìsputa politica sappiamo dove andare a scavare per cercare un po’ di ottimismo, quindi non ci resta che confortarci con un mantra autocelebrativo e piagnone, consolarci con il mito del martirio, un viatico senza scadenza per chi non sa a cosa appigliarsi per continuar a credere. Noi altri iniziamo a sentirci come i “soldati fantasma” giapponesi, come il capitano FumioNakahira, che nella primavera del 1980 si consegnò spontaneamente alle autorità filippine dopo essere rimasto nascosto per quasi 35 anni nella giungla a combattere la propria guerra in nome dell’imperatore Hirohito. Non so quando rinsaviremo, ma per il momento restiamo anche noi asserragliati, impegnati caparbiamente in battaglie fantasma, convinti di avere una causa da difendere mentre tutto il mondo intorno sembra non condividere nessuna speranza. Ma, a voi che pensate come degli immortali e agite con l’arroganza di chi non deve chiedere conto, conviene che iniziate a formulare dei buoni propositi, poiché fintanto che non compreremo un biglietto di solo andata, fino a quando non sceglieremo di consegnarci, continuerete ad avere i nostri occhi puntati addosso e le nostre penne cariche di limaccioso inchiostro. PrimaVera Gioia 27



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