Pubblicazione mensile d’informazione indipendente |free press
_Aprile -Maggio 2013.
Copertina: Eris
Direttore responsabile ed editoriale: Maria Cristina De Carlo Caporedattore: Maria Marmontelli Progetto grafico: Giuseppe Resta ValeriaSpada AntonioLosito Pierluca Capurso Pubblicità: info: 3489157655 | 3293646844 | 3889338124 Redazione:
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Stampa: IGM di Masiello Antonio | Cassano d. Murge | Bari Editore: Associazione La PrimaVera Gioia | via Pio XII 6 Gioia del Colle | Bari Sede Via De Deo 14, Gioia del Colle | Bari ©PrimaVera Gioia, 2012 Tutti i diritti sono riservati testata iscritta presso i Registri del Tribunale di Bari al Ruolo Generale 1505/2012 e al Registro di Stampa al n. 23
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Ouverture SI CAMBIA? NO, GRAZIE.
Maria Cristina De Carlo / Direttore
FB/ MariaCristina.DeCarlo
INDICE 3 Ouverture 5 Via Roma: lavori in corso, flop di comunicazione, pedonalizzazione 10 Un incubo chiamato depuratore 13 PVG incontra il prof. Monzali 14 Pista ciclabile: siamo alle solite! 16 Proprietà Vacca 20 Quando lo sport è donna: Angela Covella 22 Controvertigine di Ascanio Celestini 23 Romeo e Giulietta indossano le cuffie 24 Missili Jupiter a Gioia 26 Oscar Iarussi 29 Dietro le quinte del circo con gli animali 30 Ad maiora! 31 Welcome Back C.F.F. 32 Referendum 34 Al di sopra di ogni sospetto
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a routine, la semplicità e le comodità piacciono. Sopratutto a chi è abituato a vivere in un piccolo-medio paese di provincia dove tutto scorre lentamente e dove il minimo cambiamento (o meglio novità) crea scompiglio e manda tutti in crisi. Ecco allora che la novità lascia tutti a bocca aperta, o meglio, riempie la bocca dei nullafacenti che hanno da ridire su tutto e tutti perché abituati a camminare in quelle piccole strade di provincia a testa bassa e con i paraocchi. Per non parlare di politica: siamo tutti bravi a fare campagna elettorale e difendere le proprie bandiere. Anche quelle improvvisate o inventate. La vera sfida che ogni persona dovrebbe affrontare, invece, è il continuo mettersi alla prova con le novità e i cambiamenti che l’ambiente offre senza nascondersi dietro qualcosa di già stabilito, scegliendo quindi la strada più facile. Si vive pensando a quello che il nostro vicino dice e pensa di noi; si cerca in continuazione il proprio nome sugli organi di stampa per sentirsi più motivati ad andare avanti e (quando qualcosa non va) sfogare tutta la propria delusione per qualche commento sgradito, facendo nascere una diatriba mediatica senza fine. Si usano le pagine bianche, che poi si trasformeranno in colonne sui giornali, come mezzo per urlare al piccolo mondo che ci circonda quello che non piace, assumendo una posizione da pseudointelletuale che tanto non rispecchia la vera identità. Per non parlare di chi vuole mettersi in mostra sui social network postando frasi, articoli e citazioni che il più delle volte servono solo a dimostrare quanto si è “sempre informati su quello che accade nel mondo”. Cercare una conferma dal mondo che ci circonda significa essere insicuri di se stessi. Questa insicurezza, spesso, è generata
da quei cambiamenti che richiedono la capacità di rispondere alle novità che la vita ci offre. Perché, vi chiederete, elencare queste figure tipiche della società contemporanea, tipiche di quel mondo dell’informazione che oggi si è venuto a creare perché “informare” sembra essere diventata una moda. Tutti si credono giornalisti ma non sanno cosa significa informare e come (sopratutto) lo si deve fare. Vedere qualche format televisivo o leggere giornali di richiamo nazionale non significa avere in mano il potere della “penna” che ti permette di scrivere e arrivare alla gente. Il più delle volte non si arriva al lettore, l’unico vero obiettivo del giornalista. Oggi tutto è cambiato. Ma i cambiamenti che rappresentano delle opportunità non vengono percepiti e il più delle volte vengono ignorati; quelli che generano confusione e scambi di identità, vengono accolti su un tappeto rosso. Il cambiamento manda in crisi il piccolo e il grande sistema: non siamo più in grado di affrontate le novità perché ci piace vivere nella semplicità e in un mondo che ci dia in continuazione delle conferme.
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ViaRoma LAVORI IN CORSO…....... A SORPRESA Dario Magistro |
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cadenza decennale, in Italia torna in auge il tema delle “Grandi Opere”. Nel 2003 fu la volta del “Ponte sullo Stretto”, oggi tocca alla “Riqualificazione di Via Roma e piazze collegate - stralci funzionali Piazza Kennedy e Via Roma Carrabile”. La storia di quest’ultimo progetto parte nel 2010 quando la regione Puglia ha avviato con il nostro Comune una procedura negoziata per l’utilizzazione di fondi ricavati dal “Programma operativo FESR 2007-2013”. Di conseguenza, il Comune ha proceduto a redigere un documento programmatico preliminare di rigenerazione urbana che riguardava inizialmente le seguenti opere: 1 – Riqualificazione del cavalcaferrovia di Via Giovanni XXIII con realizzazione di una nuova banchina ciclopedonale 2 – Parcheggio di scambio di Via Lagomagno a servizio della stazione ferroviaria e prolungamento del sottopassaggio esistente 3 – Riqualificazione urbana di Via Roma e delle piazze collegate. Ma, citando la determina di spesa n. 305 del 02/10/2012, risulta che “…alla luce di varie problematiche tecnico-amministrative, non è stato possibile realizzare le opere innanzi indicate PrimaVera Gioia 5
ai punti 1 e 2”. Il 18 Aprile 2012, il Comune ha inoltrato un’ulteriore istanza alla Regione Puglia, chiedendo che il finanziamento concesso per la riqualificazione del cavalcaferrovia di via Giovanni XXIII fosse utilizzato per la realizzazione di due stralci funzionali (Piazza Kennedy e Via Roma). La risposta della Regione è stata alquanto celere e il 4 Luglio 2012 ha approvato il finanziamento di 1.000.000 € (ricavati dai fondi P.O. FESR 2007-2013 , Asse VII , Linea 7.1 e 7.2). Nel frattempo, con delibera di giunta municipale n. 25 del 12/07/12, il Comune ha cofinanziato l’opera con altri 250.000 €, raggiungendo l’importo complessivo di 1.250.000 €. Il progetto esecutivo, redatto dall’Arch. Giacinto Donvito, è stato approvato il 06/09/12 (G.M. 58). Lavori
Costo
Importo lavori a base d’asta Oneri Sicurezza
937.095,12 € 41.402,40 €
(non soggetti a ribasso)
Per un totale di 978.497,52 €. A questi vanno aggiunti anche : IVA sui lavori ( 10%)
97.849,75 €
a) Saldo progettazione esecutiva
15.432,20 €
b) Coordinamento della sicurezza in fase di progettazione
18.401,28 €
c) Direzione dei lavori
45.572,39 €
d) Coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione
25.418,13 €
CNPAIALP (4% su a, b, c, d) IVA ( 21%) su a, b, c, d Collaudo
4.000 €
IVA (21 %) sulle spese di collaudo
840,00 €
Incentivi uffici amministrativi
5.000,00 €
Spese per espletamento gara
5.000,00 €
Spese di pubblicità
2.500,00 €
Allacci, furniture, accordi bonari
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cercasi sponsor
22.013,04 €
160,00 €
Imprevisti
Walk of fame in via Roma:
4.192,96 €
CNPAIALP (4% ) sulle spese di collaudo
Versamento all’autorità di Vigilanza
Per un totale di 271.502,48 €. Il bando di gara, pubblicato l’8 Ottobre 2012, è stato vinto dalla ditta GIOIA SCAVI s.a.s (di Angelillo Vito e Petrera Antonio), la quale ha offerto un ribasso dell’1,85 % (quantificabile in 19.067,97 €) sull’importo a base di gara e un’offerta tempo pari a 100 giorni. Entrando nello specifico, il progetto iniziale nasceva per donare al Comune un’estesa area pedonale e prevedeva la pavimentazione in continuità da Via Roma sino alla stazione (comprendendo le aiuole del Liceo Classico, svincolate dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali) con nuove panchine e nuovi alberi ad adornare l’intera area. Ma non tutto è andato per il meglio…vediamo perché nei contributi a seguire di Roberta Rizzi e Alessandro De Rosa ¿
150,00 € 16.500,00 € 8.472,73 €
Poco prima che andassimo in stampa , al centro di via Roma è apparso questo simpatico messaggio pubblicitario, posizionato direttamente sulla pavimentazione in pietra. Ci domandiamo: la riqualificazione di via Roma sfocerà nella creazione di una passeggiata a slalom tra manifesti promozionali, in barba al recupero e al rispetto del contesto urbanistico?Attendiamo informazioni su questa “walk of fame” di centri commerciali!
QUANDO LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE FA F L O P Roberta Rizzi |
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ono ancora tutto fuorché sopite le polemiche sorte intorno ai lavori di riqualificazione di via Roma, iniziati l’11 marzo 2013 all’insaputa della quasi totalità della popolazione gioiese. Chissà se si spegneranno al loro completamento, ammesso che si concludano nei 100 giorni concordati. Come già sottolineato da altri organi di stampa, il vero vulnus inflitto alla città dall’Amministrazione è stato la mancanza di comunicazione e di condivisione dell’evento. Il manifesto di scuse firmato dal Sindaco, in cui si spiegava per grandi linee la situazione, è apparso solo il 15 marzo, mentre nei 4 giorni precedenti i più hanno continuato a domandarsi perplessi quale fosse la finalità di quel cantiere spuntato all’improvviso. Le stesse scuse, rilasciate ai nostri microfoni dall’Assessore alla Comunicazione Filippo Donvito, risuonano scontate, al tempo stesso anacronistiche, in un’epoca di estrema versatilità e velocità nel trasferimento delle notizie. Si è persa ancora una volta l’occasione di sperimentare una modalità lungimirante di democrazia partecipata e di dialogo tra Palazzo e comunità,
contribuendo ad aumentare la distanza non solo tra cittadino ed istituzione, ma soprattutto tra cittadino e tessuto urbano. Proviamo a capire meglio. La città, intesa come spazi, vie, edifici, appartiene ai suoi abitanti, che la vivono, che la animano. Lo scenario in cui ci muoviamo tutti i giorni è, più o meno consapevolmente, parte integrante delle nostre esistenze, da un punto di vista sia funzionale (abitazioni, servizi, mobilità, attività economiche) che emotivo. Qualunque intervento su di esso ha delle ripercussioni sulla quotidianità di ciascuno di noi. E’ utopistico pensare che il cittadino non debba avere opinioni, spesso di dissenso e fastidio, su un’opera che va a modificare il suo spazio e quindi le sue abitudini, soprattutto se tale opera gli viene imposta da una ragion di stato non meglio nota. Il risultato peggiore derivante da simili episodi di incomprensione è costituito dalla perdita della visione d’insieme della città. Da un lato, questo porta al naturale ripiegarsi sulla difesa dei piccoli feudi rappresentati dalle esigenze e dalle “comodità” dei singoli; dall’altro, si accentua lo scollamento, endemico tra i gioiesi, rispetto alla collettività, ai luoghi, al paese in generale, percepito come ostile ed estraneo. Sarebbe stato sufficiente che l’Amministrazione, tenendo conto di questo, avesse coinvolto tutta la comunità, illustrando anzitempo il progetto, mostrandosi più attenta verso i disagi che comunque avrebbe procurato ad una parte della popolazione gioiese, accompagnando l’inizio dei lavori con un’adeguata e capillare informazione. Bisogna considerare come la riqualificazione di via Roma vada a intaccare un punto nevralgico del tessuto urbano economicamente, storicamente e culturalmente molto importante, dal momento che ospita anche il Liceo Classico. Si tratta di una via centrale, il cui assetto viene condiviso, oltre che dai residenti, anche da tutti i gioiesi. Magari sarebbe esagerato pensare ad una conferenza stampa ad hoc o alla convocazione preliminare dei rappresentanti delle categorie più penalizzate dalla presenza del cantiere. Magari è ancora più futuristico immaginare di mettere a disposizione un plastico o un rendering di quello che sarà l’aspetto di quella parte della città, a lavori ultimati.
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La tanto invocata democrazia partecipata passa anche ”semplicemente” attraverso la massima trasparenza degli atti e la massima programmazione della comunicazione istituzionale. Lasciamo a chi ne ha il mandato e le competenze (si spera) il compito di elaborare e pianificare l’intervento urbanistico. E’ un diritto dei cittadini, tuttavia, essere informati e resi partecipi, soprattutto quando a cambiare non è solo la viabilità per 3 mesi, bensì l’aspetto e il modo di concepire uno spazio vitale in cui tutti sono protagonisti. Solo attraverso il coinvolgimento di tutta la cittadinanza nella crescita e nell’evoluzione del paese Raffaelepossiamo Sassone non restare vittime del ricatto degli interessi particolaristici, miopi, legati a Valeria Spada modelli economici e culturali degli anni ’70. Per intenderci, quelli refrattari alle zone pedonali, legati alla bellezza dell’asfalto e del cemento, centrati sul binomio ormai obsoleto sviluppo economico/mobilità su quattro ruote. Non si trattava, quindi, solo di comunicare una data di inizio dei lavori o variazioni ai sensi di marcia. L’Amministrazione comunale avrebbe avuto l’occasione di veicolare un messaggio indispensabile per il futuro di Gioia del Colle: la riscoperta del senso di appartenenza alla città. Nella misura in cui colui che vi abita sente di farne parte, cresceranno il suo interesse e il suo legame verso le dinamiche che la coinvolgono. Percepire come proprie anche le aree al di fuori delle mura domestiche di ciascuno è il passo fondamentale per lo sviluppo di un senso civico diffuso. E’ compito dell’Amministrazione guidare il cittadino nell’immaginare spazi urbani più belli, di cui andare orgoglioso e in cui riconoscersi ogni giorno. E’ suo compito fornirgli il tempo necessario e gli strumenti per comprendere e valutare i cambiamenti. I disagi temporanei, le difficoltà di qualche mese, la modifica forzata di alcune abitudini passeranno in secondo piano se adeguatamente annunciati e motivati da un progetto di più ampio respiro che riguarda un quartiere, una strada, un monumento che sentiamo “nostri”. Fino a quando si continuerà a far piovere dall’alto provvedimenti indecifrabili e inattesi si lascerà che l’attenzione rimanga focalizzata solo su problemi (sia pure legittimi) di parcheggio e di ingorghi. La rimozione del cantiere sarà solo vissuta come una liberazione piuttosto che come la piacevole scoperta del volto nuovo che Gioia e via Roma assumeranno¿ 8 PrimaVera Gioia
APRIRE O NO IL TRAFFICO SU VIA ROMA:
È DAVVERO QUESTO IL PROBLEMA? Alessandro De Rosa |
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nche se un po’ a sorpresa, dato l’ambito materiale su cui insiste la discussione e complice la crisi economica, la riqualificazione di via Roma ha fatto sì che gli esercenti delle attività commerciali presenti su quella strada muovessero un’inaspettata richiesta all’amministrazione comunale: la riapertura al traffico di via Roma. A pochi giorni dalla chiusura delle aree interessate dall’intervento, una folta rappresentanza dei commercianti ha chiesto e subito ottenuto un incontro con l’Assessore Masi per ricevere lumi su quanto stava accadendo e rassicurazioni circa la durata del disagio. Riconosciuto il palese e grossolano errore in fatto di comunicazione di inizio lavori, difficilmente comprensibile ed ammissibile, data la più volte sventolata esperienza nel governo della città da parte di tutta l’amministrazione, e rilasciate le doverose scuse a cittadini/commercianti, increduli di fronte all’impossibilità di raggiungere il proprio posto di lavoro, quasi che una calamità naturale vi si fosse inaspettatamente abbattuta, ecco che la discussione prende una piega che non ti aspetti. Strozzati, come tutti i cittadini contribuenti, da un innalzamento repentino delle tasse, IMU in testa, che per altro non ha seguito criteri di equità ma di indistinta linearità, e colpiti da un drastico calo dei consumi, prima e fisiologica conseguenza delle politiche di austerity, i commercianti non hanno esitato ad imputare ai lavori in corso un ulteriore calo dei propri affari. Da qui il passo è stato breve per avanzare la richiesta di riaprire definitivamente al traffico l’attuale area pedonale di via Roma, soluzione indispensabile - a loro dire - per rivitalizzare un settore, quello del commercio, altrimenti destinato ad una buia e ineluttabile sorte. A questo punto, la semplice circolazione dei mezzi a motore sarebbe la panacea di tutti i mali che affliggono il commercio, al netto della crisi economica. Beh, se il risultato economico di
tale iniziativa fosse assicurato, si potrebbe anche chiudere un occhio su quelle che sono le tendenze oramai consolidate dei più moderni e civili paesi occidentali: chiusura definitiva al traffico di gran parte dei centri cittadini, incremento dell’uso dei mezzi pubblici, politiche di supporto alla mobilità sostenibile, ecc. Sarebbe quindi un modello da esportare in quei “folli” Paesi Scandinavi, che ottusamente continuano a vietare al traffico sempre maggiori porzioni dei loro centri abitati, favorendo la socialità, abbattendo l’inquinamento urbano, mutando le abitudini sedentarie della popolazione con innegabili benefici per la salute. Destiamoli da questo loro sogno, prima che l’intero settore della distribuzione imploda in quei paesi!
Non deve sorprendere se, a pochi chilometri da Gioia, piazze come quella di Noci, Putignano, Conversano hanno adottato negli anni politiche volte alla riqualificazione del centro storico e delle principali arterie commerciali della città, e soprattutto non hanno avuto paura di chiudere al traffico tali luoghi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, compresi i cittadini gioiesi, che preferiscono fare shopping in queste piazze per poi concedersi lunghe passeggiate in viali affollati di gente e colmi di attività commerciali (bar, pub, pizzerie) che continuano a drenare soldi dalle tasche dei passanti e a far sopravvivere un’intera categoria di lavoratori. Un po’come avveniva a Gioia alla fine degli anni Novanta, salvo poi contemplare il nulla.
Ma siamo certi che la ripresa dei consumi, sempre al netto della crisi, dipenda dalla riapertura delle isole pedonali? Forse no, ed il perché è presto detto.
Cosa sarebbe Gioia oggi se le varie amministrazioni avessero perseguito in passato tali scelte e non solo quelle di cementificazione massiccia delle zone periferiche, per altro senza servizi per il cittadino? Cosa sarebbe Gioia se, invece di utilizzare le zone F al di fuori della loro naturale destinazione, queste avessero seguito la loro naturale sorte? Se ci fosse un centro storico degno di questo nome in una cittadina a naturale vocazione storicoculturale-turistica? Avremmo noi oggi una via Roma deserta già alle 20:30 della sera mentre il corso principale di Putignano pullula di gente, anche gioiese, oltre le 2 di notte?
Se è vero che si potrebbe disquisire ed arrivare a punti di vista spesso divergenti sul fatto che il passeggio favorirebbe lo stazionamento innanzi alle vetrine, una maggiore attenzione alla merce esposta ed una più facile propensione ad effettuare l’acquisto rispetto ad un fugace passaggio in macchina, incalzati dai clacson assordanti e scoraggiati dalla penuria di parcheggi, in quanto trattasi di motivazioni di carattere socio-culturale e di abitudini personali, diviene più difficile opporsi invece ad altre argomentazioni di carattere economico-urbanistico. La politica distributiva adottata dalle aziende del settore moda e degli accessori moda (le proteste arrivano in gran parte dai commercianti di questi ambiti commerciali) non bada più ai fronzoli, come l’esclusività della piazza, ma solo alla politica del fatturato, adottando la quale un commerciante di Gioia potrebbe promuovere marchi non presenti in piazze limitrofe. Putignano, ad esempio, offre al consumatore finale la possibilità di trovare lo stesso articolo sia nella boutique sotto casa che nei paesi limitrofi: il consumatore viene dunque attratto inevitabilmente dal negozio che, oltre ad avere il titolare o la commessa “più simpatici”, è inserito in un contesto urbano in grado di soddisfare altre esigenze, oltre quelle del puro shopping. Ecco allora che la differenza è rappresentata da centri storici riqualificati, atti a ricevere il turista classico ed il turista commerciale, in quanto l’eliminazione del degrado urbano può consegnare i luoghi rigenerati alle iniziative imprenditoriali del privato: boutique, ristoranti, negozi vari, che, uniti a piazzette e vie chiuse al traffico in grado di invogliare al passeggio e all’aggregazione sociale, sarebbero il giusto viatico per il rilancio della vivibilità urbana e della città tutta ed una probabile soluzione alla crisi dei commercianti (crisi economica permettendo). In un contesto come questo, sarebbe molto più facile anche organizzare eventi socio-culturali ed enogastronomici in scorci e cornici paesaggistiche che sono la vera risorsa e il volano della ripresa economica italiana, soprattutto a livello locale.
Avremmo le proteste dei commercianti per la chiusura al traffico di nuove zone e la richiesta di riaprire zone già chiuse oppure assisteremmo alla strenua difesa da parte loro di zone pedonali pullulanti di gente? E se opere come la riqualificazione di via Roma si facessero a pochi mesi di distanza dalla loro progettazione e non dopo decenni? Forse non è tanto azzardata l’ipotesi che nel 2013 non sono i commercianti di una stessa fascia merceologica presenti in diverse città ad essere in concorrenza fra loro, ma le stesse città, che con il loro stato dei luoghi riescono ad attirare più o meno pubblico, fattore che inevitabilmente influisce sulle sorti economiche dei commercianti. Se in una tale situazione al cittadino/commerciante può essere al massimo richiesto un incremento degli sforzi lavorativi e magari lo studio di nuove strategie commerciali, non è possibile di certo chiedere loro lungimiranza in fatto di decoro urbano, viabilità, investimenti per la rivalutazione del paesaggio urbano. Ed allora lo sguardo volge ineluttabilmente verso l’amministrazione, verso la politica, chiamata ad avere la mente al futuro e le mani nel presente, chiamata a risolvere i problemi o quanto meno a non crearne di nuovi. Come in ogni ambito della vita umana il presente non è altro che il risultato di un lungo e lento lavoro di preparazione, formazione, studio e costruzione, che con una buona dose di competenze, lungimiranza, programmazione ed amore per la propria città prima che per i propri interessi, porterà dei risultati. Siamo ancora in tempo a Gioia per tutto ciò? ¿ PrimaVera Gioia 9
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Rosario Milano
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’ notizia dell’8 febbraio scorso che il Sindaco di Sammichele di Bari, Filippo Boscia, ha denunciato il suo collega gioiese Sergio Povia per i reati di disastro ambientale e attentato alla salute pubblica. In seguito, il Sindaco di Sammichele ha emesso due ordinanze (n. 10 del 15.03.2013 e n. 12 del 22.03.2013) che impongono l’adozione di misure restrittive di autotutela ai proprietari terrieri interessati dallo sversamento dei liquami provenienti dal depuratore di Gioia del Colle, stoccati nei campi di spandimento, da cui si origina la contaminazione dei terreni attigui. A fondamento dell’atto di giunta, c’era stata una lettera a firma del direttore sanitario del Dipartimento di prevenzione dell’ASL, che metteva in guardia circa i danni causati da tale fenomeno. Gli amici casalini hanno dichiarato guerra al nostro Comune nella figura del loro sindaco e hanno disposto misure draconiane a tutela dei campi in quarantena che anche le autorità di Fukushima dovrebbero imporre. Non è certo la prima volta che il 10 PrimaVera Gioia
depuratore cittadino e i relativi campi finiscono sotto esame della magistratura e della stampa locale. I campi di spandimento situati al confine tra il Comune di Gioia del Colle e quello di Sammichele di Bari raccolgono i reflui provenienti dal nostro depuratore, che, canalizzati lungo trincee e canali nella suddetta zona, finiscono poi nella Lama San Giorgio. Secondo il dettato del Piano di Tutela delle Acque (DGR n. 883/2007), la lama in questione costituisce un recapito finale ammissibile per l’effluente depurato, a condizione che vengano rispettati i criteri dettati dalle norme di legge, definiti dalla Tabella 4 del suddetto provvedimento normativo. La situazione è piuttosto complessa, come accade sempre per le faccende di questo nostro bel Paese. Il gestore del depuratore, la società Pura Depurazioni, controllata dall’AQP, è accusata del cattivo funzionamento del depuratore gioiese, accuse che la società respinge per una serie di motivi. Innanzitutto, al tempo della realizzazione dell’impianto negli anni No-
vanta, non si tenne conto dell’espansione del fabbisogno idrico e quindi della crescente produzione di reflui che vengono invece depurati dallo stesso impianto. Il processo di depurazione, definito tecnicamente di ossidazione aerobica, trasforma la sostanza organica in inerte, necessitando per questo di un flusso di reflui che deve mantenersi costante per qualità e quantità. Il gestore accusa i caseifici locali e le società di trasporto del non funzionamento dell’impianto per via dell’immissione degli scarti della lavorazione casearia direttamente in fogna, quando invece dovrebbero essere trattati presso gli impianti appositamente dedicati. D’altronde, l’impianto per il trattamento del siero realizzato accanto al depuratore per conto della Comunità Montana, che produrrebbe scarti della depurazione esigui e in linea con i criteri della già citata Tabella 4, è bloccato per via delle autorizzazioni negate a causa dell’emergenza: anche questi scarti, infatti, andrebbero a finire nei campi di spandimento. Del resto, lo sviluppo edilizio ha generato un problema di smaltimento delle acque bianche, che vengono indirettamente assorbite dal sistema fognario e indirizzate verso il depuratore. Se si verifica un sovraccarico a causa dell’eccessivo afflusso di reflui o s’interrompe il processo di depurazione per l’immissione di prodotti diversi dai liquami fognari, questi ultimi vengono bypassati e incanalati tali e quali direttamente verso i campi di spandimento incriminati. A causa della mancata manutenzione, le vasche di spandimento, che esistono da circa 50 anni, malgrado il fabbisogno idrico del Paese sia ovviamente cresciuto, sono divenute impermeabili, causando sversamenti nei campi circostanti e fenomeni come i fontanazzi, destinati a “inquinare” i campi attigui a quelli di spandimento. Del resto, la legge prevede anche le vasche vengano depurate prima di essere espanse, cosa che ovviamente non accade nel nostro caso. Il PM che da tempo si occupa della vicenda ha incaricato l’Ing. Romanazzi, lo stesso che realizzò l’impianto, di studiare una soluzione al problema. Appurate le carenze della nostra classe dirigente e gli evidenti danni causati all’ecosistema, c’è da dire che la legge impone al Comune di Gioia del Colle di canalizzare i reflui del depuratore verso Lama San Giorgio (le lame costituiscono infatti l’alternativa ai corsi d’acqua che in Puglia mancano).. Nel frattempo però Lama San Giorgio è diventata Parco Regionale, con il conflitto di destinazione d’uso che ne consegue. Le Conferenze di Servizi, l’Autorità di Bacino e l’Assessore Regionale Barbanente hanno già espresso il proprio
parere, giudicando inevitabile lo sversamento in Lama San Giorgio dei 5000 metri cubi di reflui giornalieri depurati a Gioia del Colle, quota che raggiunge i 30 mila metri cubi se si considera tutto il bacino che sversa in Lama San Giorgio. L’AQP ha addirittura proposto di canalizzare direttamente in Lama (eliminando i campi di spandimento) e di ristabilire la continuità idraulica che porterebbe direttamente in mare i reflui: seguendo la stessa linea di pensiero del Sindaco di Sammichele, è facile intuire la reazione dei bagnanti e dei pescatori baresi. Diverso il caso in cui la Regione intervenga finanziariamente per far funzionare i depuratori che rispettino la Tabella 4 o per migliorare lo stoccaggio dei reflui: si potrebbe ad esempio vendere a prezzo politico l’acqua depurata ai vivai. La Commissione Consiliare della Regione ha chiesto all’AQP di acquistare nuovi campi per l’espandimento e ha chiesto la copertura delle vasche così come avviene per gli impianti di compostaggio dei rifiuti solidi. Non siamo pronti a dare soluzioni funzionanti, ma certamente l’approccio non può essere quello di scaricare sul vicino le responsabilità di un problema complesso. Le politiche antiliberali del beggar-my-neighbour (alla lettera mendicante il mio vicino, ad indicare politiche economiche tipicamente protezionistiche destinate a migliorare le condizioni economiche interne a danno di paesi esteri) causano vistose tensioni: domani il Comune di Casamassima potrebbe protestare contro quello di Sammichele, la cui fortuna è di scaricare direttamente in Lama (che passa direttamente sotto al Paese), senza bisogno di utilizzare i campi di spandimento, una soluzione che potrebbe mascherare quindi il cattivo funzionamento del depuratore; ogni Comune posto più a valle della Lama potrebbe fare lo stesso fino a causare la reazioni del mare Adriatico - che per nostra fortuna non ha i soldi per pagare gli avvocati. D’altronde, a noi che amiamo la polemica, non può sfuggire il dubbio che la proposta di inibire l’utilizzo dei terreni “inquinati” sia venuta direttamente dal direttore del Dipartimento di prevenzione dell’ASL: una proposta adottata dal Sindaco di Sammichele, ma non recepita dal Comune di Gioia del Colle. A fronte del rischio che potrebbe essere reale, ammesso che il clamore suscitato sulla vicenda serva a sollevare compiutamente la questione (sebbene i campi siano là da 50 anni), piovono sospetti sul provvedimento che potrebbe solo preludere ad un maxi risarcimento a favore dei proprietari dei terreni contaminati dalla fogna di quei giudei maledetti.¿
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INCONTRA IL PROF. MONZALI AL CHIOSTRO COMUNALE Enrico Febbraro |
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enerdì 5 Aprile 2013, l’Associazione Culturale Primavera Gioia, in collaborazione con il circolo ARCI Lebowski, ha dato il via ad una serie di incontri e momenti di discussione aperti alla cittadinanza con la presenza di esponenti della società civile e del mondo accademico. Il primo incontro della rassegna intitolata “Dialoghi tra un impegnato e un non so”, gentile prestito gaberiano, ha visto arrivare nella nostra città, su invito degli organizzatori, il prof. Luciano Monzali, professore associato in Storia delle Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Tema della serata i rapporti tra Italia e popolazioni balcaniche sul confine orientale nel primo Novecento. In partico-
lare, su suggerimento di Rosario Milano, promotore dell’iniziativa, si è costituito un gruppo di lettura su due testi tra quelli che sono frutto della produzione storiografica del prof. Monzali. Le due opere scelte per l’occasione, gentilmente messe a disposizione da “La Librellula”, partner di tutto il ciclo di eventi, sono state Il sogno dell’egemonia. L’Italia, la questione jugoslava e l’Europa centrale (1918-1941), ed. Le Lettere (2010) e L’occupazione italiana della Iugoslavia (1941-1943), sempre per i tipi de Le Lettere (2008), scritto con Francesco Caccamo. L’incontro è stato patrocinato dal Comune di Gioia del Colle che ha messo a disposizione il rinnovato spazio del chiostro del Palazzo di città, contenitore ideale per momenti di incontro con la cittadinanza.
La partecipazione del pubblico è stata al di sopra delle più rosee aspettative, fugando ogni dubbio circa la bontà e la validità sul nostro territorio di iniziative culturali e di dibattito. Dopo il saluto della prof.ssa De Giorgi, assessore comunale con delega alla cultura, il prof. Monzali ha tenuto un discorso panoramico ed introduttivo sulla sofferta e travagliata storia dei rapporti tra Italiani e popolazioni balcaniche sul tormentato confine orientale. Questa introduzione ha dato il via ad una serie di domande da parte del pubblico sulle questioni principali trattate dall’autore nelle due opere prese in considerazione dal gruppo di lettura. Il dibattito si è sviluppato in maniera molto interessante, mantenendo un discreto profilo storiografico, senza mai risultare pesante per un pubblico magari non troppo avvezzo a questioni di storia italiana del ‘900, per decenni lasciate in secondo piano dalla critica, dai media e anche dai programmi scolastici. Dalle risposte del prof. Monzali, si è potuto evincere come l’analisi della storia di quell’area dell’Europa, incrocio inevitabile di culture e popolazioni così eterogenee, sia un elemento imprescindibile per spiegare e comprendere l’assetto internazionale e comunitario in cui noi oggi viviamo. L’incontro si è concluso intorno alle ore 20, intrattenendo gli astanti per circa due ore, con le ultime domande da parte del gruppo di lettura e le conclusioni finali del prof. Monzali. I prossimi incontri vedranno ancora la presenza di esponenti del mondo accademico ed in particolare quello che si terrà il 24 maggio, sarà incentrato su questioni di stretta attualità inerenti la sanità pubblica. Per maggiori informazioni, cerca La Primavera Gioia su fb ed iscriviti al gruppo per essere informato sulle prossime date e su tutte le nostre attività. ¿ PrimaVera Gioia 13
Territorio
PISTA CICLABILE: SIAMO ALLE SOLITE!
Emanuele Donvito |
/emanuele.donvito.7
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iamo alle solite! La città di Gioia del Colle non merita di avere nemmeno una pista ciclabile decente. Questa sicuramente è un’osservazione semplicistica, ma assolutamente immediata, in quanto anche un adolescente - soggetto che si presume privo di un senso civico maturo e di strumenti conoscitivi che lo aiutino a giudicare l’utilità e la regolarità di un’infrastruttura tale all’interno di un centro urbano - sarebbe in grado di riconoscere lo stato di abbandono e lo scarso utilizzo da parte dei cittadini gioiesi della stessa pista ciclabile. Dall’esposto inviato alla Corte dei Conti in data 5 aprile 2013 dai consiglieri di opposizione Donato Lucilla ed Enzo Cuscito, si possono facilmente evincere quali siano stati gli errori di forma e di sostanza, fatti in sede progettuale dall’ente che ha promosso la realizzazione dell’opera: la Comunità Montana Murgia Barese Sud-Est. In questa sede, faremo solo qualche cenno ai vizi procedurali, ovvero di forma, finalizzandoli piuttosto ad una discussione più proficua che riguarda sia i danni sociali subiti dai cittadini a causa dell’inosservanza di alcune norme sia i comportamenti di amministratori e progettisti; nondimeno, faremo riferimento agli errori sostanziali, evitando giudizi sull’opportunità di erogare somme di danaro a fronte della realizzazione di una tale infrastruttura, sebbene lo stesso esposto inviato alla Corte dei Conti trovi il suo fondamento nell’aver individuato un danno erariale in sé.
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iamo alle solite dunque. In primis perché, a livello generale, sussiste un nuovo contenzioso che il Comune di Gioia del Colle probabilmente affronterà. In particolare, in sede giudiziaria, verranno esaminati presunti errori fatti in campo edilizio ed urbanistico di certo non nuovi alle nostre precedenti amministrazioni comunali, così come a quella attuale. Inoltre, ciò che risulta dalla cronistoria dei prov14 PrimaVera Gioia
vedimenti illustrata nell’esposto potrebbe ricondursi a questioni di ordine politico, o meglio, di continuità politica. Chiariremo in seguito questo punto.
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on Delibera di Giunta n. 183 datata 27 ottobre 2007, il Comune di Gioia del Colle prende atto dell’istanza della Comunità Montana, con la quale trasmette copia di planimetria esecutiva riferita alla viabilità ciclistica nell’ambito del POR Puglia 2000-2006; assente il progetto con l’integrazione proposta dal dirigente dell’UTC e riportata in rosso sulla predetta planimetria, vistata dal medesimo dirigente; trasmette copia della delibera e copia della planimetria, come integrata e vistata dal dirigente dell’UTC alla Comunità Montana Murgia Barese SudEst. Successivamente, in data 23 ottobre 2008, l’Ufficio Tecnico del Comune di Gioia del Colle chiede alla Comunità Montana alcune modifiche al progetto definitivo (allegato n. 9). Le stesse richieste di modifica al progetto non saranno accettate dalla Comunità Montana, in prossimità della data dell’ultimazione dei lavori, dichiarandole ingiustificate e prive di senso. Questo perché i lavori sono stati seguiti dai dirigenti comunali e quindi, secondo le considerazioni dell’ente promotore del progetto, tali modifiche si scostavano dall’intesa precedentemente raggiunta. È qui che nasce la controversia e la successiva non omologazione da parte del Comune a fronte dell’omologazione di conformità della Comunità Montana.
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onsiderando che il Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Gioia del Colle è cambiato con l’avvento della giunta Longo insediatasi ad aprile del 2008, è legittimo chiedersi se una giunta di centro sinistra e una giunta di centro destra, attraverso i pareri tecnici dei dirigenti, mutino l’approccio al concetto di piano urbanistico o di salvaguardia della
I segnali stradali indicano la percorribilità della pista ciclabile, che però non è omologata
salute pubblica, essendo fedeli ad una specifica linea di pensiero che volgarmente chiamiamo di “destra” e di “sinistra”. Quest’ultima considerazione potrebbe sembrare l’ultimo vagheggiamento di chi scrive, ma in fin dei conti sembra l’unica spiegazione plausibile a questo cambio di rotta. In altro modo, dovremmo pensare che qualcuno ha delle responsabilità gravi in ordine alle competenze che esplica all’interno di un’istituzione, sia che si tratti del settore amministrativo e tecnico, sia che si tratti della parte politica della stessa istituzione. In altre parole, un dirigente tecnico non può valutare un progetto in maniera positiva se viola il codice della strada ad esempio, e l’organo rappresentativo su proposta dell’organo esecutivo sia della Comunità Montana sia del Comune di Gioia del Colle, non può e non deve approvare a cuor leggero l’erogazione di fondi pubblici, avvalendosi di limitate (numericamente parlando) consulenze tecniche dei soli due uffici tecnici operanti in seno alle due istituzioni in argomento. Qualcuno potrebbe dire che si tratta della dittatura della maggioranza, ovvero, se si hanno i numeri per governare, passa qualsiasi provvedimento. Ed è a questo punto che entra in ballo una componente importantissima del sistema politico italiano: i partiti! Istituzioni che, a livello locale e in particolare a Gioia del Colle, sembrerebbero prive di figure professionali tecniche, in grado di esaminare tempestivamente progetti come questo in trattazione, denunciando ex-ante agli organi giudiziari - e non sui volantini o sui giornali locali - gli sfaceli della classe dirigente, quando opera in sede istituzionale in maniera sprecona e spavalda. La democrazia partecipata è anche questo ma, a livello locale, è principalmente questo! Quindi, sarebbe quanto mai opportuno che qualcuno, oltre ad assumersi la responsabilità politica e morale all’interno dei partiti o dei movimenti rappresentati, fornisse delle risposte al quesito di cui sopra.
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uttavia, quello che concretamente la cittadinanza ha subito è un danno sociale, il quale si concretizza nel momento in cui l’infrastruttura non è funzionale al miglioramento delle condizioni ambientali e di salute della popolazione. È opportuno ricordare a questo punto che il POR (Programma Operativo Regionale) inserito nella programmazione regionale 2000-2006 per il miglioramento della situazione ambientale intercettato dalla Comunità Montana Barese Sud-Est e indirizzato alla municipalità di Gioia del Colle, con uno stanziamento di € 284.757,26 più altri € 7.500,00 in aggiunta, erogati dal Comune di Gioia del Colle, non ha raggiunto i suoi obiettivi. Inoltre, c’è stato l’ennesimo spreco di risorse pubbliche e questo ricade direttamente sulle tasche dei contribuenti gioiesi. ¿ PrimaVera Gioia 15
Politica
Proprietà Vacca: braccio di ferro tra pubblico e privato Antonio Losito
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ome i nostri lettori avranno notato, è no-
il primo provvedimento amministrativo da parte
stra abitudine interessarci della cosa pub-
dell’Ufficio Tecnico per occupazione abusiva di suo-
blica quando gli esiti dei rapporti tra sin-
lo pubblico nei suoi confronti. Il suolo in questione
goli individui - o tra essi e la collettività - siano degni
era un lotto (Foglio 61, Allegato L, Particella 3872)
di nota per la loro esemplarità, ma più spesso quan-
ubicato, come espressamente descritto negli atti di
do essi necessitino di approfondimento o di verifi-
compravendita del suolo prima (1960) e del fabbri-
ca. Cercheremo dunque di ripercorrere una vicenda
cato poi (1970), tra le vie Raffaello Sanzio, Palach
dai connotati affatto nitidi, che vede contrapposta
(allora via IX Savonarola) e Cairoli, e confinante a
la Pubblica Amministrazione a un privato cittadino,
sud con altri due suoli privati.
tentando di fare un po’ di luce e, dove occorre, di sollevare dubbi e perplessità da entrambe le parti su una vicenda che paradossalmente può apparire di scontata risoluzione e al contempo registrare uno sfiancante conflitto di posizioni: ciascuna rivendica, a partire dalle medesime prove, la limpidezza delle proprie motivazioni, come due pokeristi sfidanti, che continuano a bleffare e rilanciare pur conoscendo il valore delle carte avversarie.
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u di esso, con licenza edilizia datata 1961, i neo proprietari, fratelli di Mario Vacca, realizzarono
un edificio di tre piani residenziali più pian terreno di locali commerciali, alcuni dei quali aventi aperture anche a sud verso una pertinenza venutasi a costituire all’interno del lotto edificatorio per rispettare vincoli di distanza dai confini secondo Regolamento edilizio allora vigente (deliberato dal Podestà con
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provvedimento N.381 del ’31, art. 56). La parte di faber far ciò partiremo dai fatti concreti. Sabato 13
bricato denunciata come abusiva dall’U.T.C. sarebbe
Aprile 2013, il signor Mario Vacca ci segnalava
proprio la recinzione costruita attorno a questa area
che il Comune avrebbe eseguito il lunedì seguente
accessoria. Mario Vacca, divenutone proprietario nel
opere di demolizione a scapito di una sua proprie-
’70, presentò memoria scritta per documentare le
tà immobiliare. Questo evento, verificatosi come da
proprie ragioni, e sembrò convincere la P.A. a desi-
programma e portato a termine entro il giorno 24
stere dall’abbattimento, tant’è che per 14 anni calò
dello stesso mese, è il momentaneo epilogo di una
sulla vicenda un sipario che si sarebbe riaperto solo
vicenda lunga diciassette anni. Risale infatti al 1996
nel 2010, esibendo la stessa scenografia e qualche
16 PrimaVera Gioia
La proprietà a seguito della demolizione dei muri di recinzione
nuovo attore. Anche il copione non cambiava: ac-
ne dell’onere della prova richiesta al proprietario o
cuse di abusivismo da un lato, accuse di vessazione
presunto tale del fondo per attestare una legittimità
dall’altro; oggetto del contendere, ancora una volta,
abbastanza chiara già dai documenti suddetti, pre-
questa presunta prosecuzione di via Enrico Castel-
sentati da Mario Vacca in tre memorie scritte.
laneta (allora X Savonarola) fino a via Cairoli.
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a prima considerazione utile al nostro ragionamento è la seguente: via Enrico Castellaneta
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a torniamo ai fatti: come si diceva, il Comune, per entrare in possesso del bene, aveva a
disposizione due possibili vie: l’una era avviare una
non ha mai ricoperto, almeno in tempi documenta-
sacrosanta procedura di esproprio (opzione che
bili e soprattutto pertinenti alla vicenda in questio-
avrebbe necessitato dell’esborso di un giusto inden-
ne, il ruolo di strada nel tratto in discussione - dato
nizzo); l’altra consisteva nel dimostrare che il trasfe-
non solo difficilmente confutabile alla presenza di
rimento di proprietà fosse già avvenuto. Qui entra
documenti quali gli atti notarili di compravendita
in gioco uno dei documenti attorno ai quali forse
e di locazione, ma anche decisivo per chiarire che
si è addensata maggiore foschia: la licenza edilizia,
il Comune non può far rivalere la propria autorità
datata 1961, con cui gli allora proprietari del fondo
su quel suolo, se non attraverso l’esibizione di do-
erano legittimati dal Comune a realizzare la palazzi-
cumenti che dimostrino una qualsivoglia forma di
na oggi visibile, nella realizzazione della quale era-
trasferimento di proprietà. A questo proposito, già
no obbligati ad allontanarsi di 4 metri dal confine
è bene sottolineare una stranezza, ossia l’inversio-
con altre proprietà; spazio che avrebbe garantito, PrimaVera Gioia 17
per una dimensione pari alla metà della sua sezione,
del ’94), laddove esse si riferiscono esplicitamente a
la futura apertura di una strada larga 8 metri. Ora
quell’area, affibbiandole l’appellativo di pertinenza
apriamo un altro piccolo inciso: appare ovvio che
o cortile (e ammettendone in qualche modo il carat-
l’altra metà della carreggiata avrebbero dovuto ga-
tere privato).
rantirla le due proprietà frontiste; circostanza non rispettata da uno dei due privati, il quale ha realizzato un fabbricato ad un piano, staccandosi dal confine di soli due metri. Più che fare le pulci a soggetti terzi
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on ci dilungheremo nello sgranare il rosario delle diffide, delle note protocollate e delle
ordinanze scambiate dal 2010 a oggi tra le parti; ci
(mansione che in questa sede non ci compete), il
limiteremo ad evidenziare un altro aspetto che salta
dato è rilevante per le conseguenze che ha in ter-
all’occhio.
mini pratici, in quanto suggerirebbe il disinteresse dell’amministrazione comunale alla realizzazione della strada, salvo aprirne una la cui osservanza delle norme potrebbe risultare dubbia.
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on vorremmo essere fraintesi se parlassimo di sospetta sollecitudine nel portare a com-
pimento l’opera di abbattimento dei manufatti in questione. Una vicenda lunga 17 anni di certo non
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remettendo che l’entrare nel merito del suo
può dirsi frettolosa. Tuttavia è lecito chiedersi le
contenuto e tentare di esprimere a partire da
ragioni dell’escalation degli ultimi mesi, che hanno
esso giudizi pro o contro qualcuno sarebbero stati
condotto l’amministrazione comunale ad accedere
gesti da parte nostra supponenti e maldestri, ci li-
(gesto al limite tra l’immissione in possesso e l’effra-
miteremo a fare un’osservazione complessiva sulla
zione, secondo le ragioni del contestatario) in una
succitata licenza edilizia: parrebbe che proprio que-
proprietà, la cui natura pubblica o privata è ancora
sta, contrariamente alla sua natura di perentorietà e
da sancirsi in sedi opportune, per demolire un ma-
inequivocabilità, nasconda il diavolo in qualche det-
nufatto la cui legittimità o meno d’esistere va ancora
taglio, dimostrandosi la fonte di tante speculazioni,
dimostrata nelle medesime sedi. Tornando al para-
ciascuna condotta al mulino della propria partigia-
gone col tavolo verde, questa parrebbe una mossa
neria.
d’azzardo. Il coinvolgimento dell’opinione e della ragione pubblica subentra in questa storia per due
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motivi: in prima istanza, c’è da domandarsi se è mai a una parte, il Comune sostiene che proprio da
possibile che vicende come questa, dove si rinnova
quell’atto si evince la negoziazione tra i sog-
sistematicamente un contenzioso tra i diritti dei sin-
getti coinvolti, pubblici e privati, con la quale i se-
goli individui e gli interessi della collettività di cui gli
condi si impegnavano verso i primi a cedere a titolo
enti pubblici sono garanti, debbano concludersi con
gratuito quella striscia di terra; da ciò risulterebbe
atti di forza di una delle parti, dopo aver vacillato
l’abusività della recinzione oggetto della contesa.
per anni sul filo tagliente della incapacità o non vo-
Dall’altra, il privato sostiene l’inesistenza di ogni
lontà di tutti o alcuni di ricercare onestamente il luo-
sorta di consensualità sulla cessione immediata del
go, neanche tanto occultato, dove risiede la verità o
diritto di proprietà del suolo, e che quella carta sa-
quantomeno convergono il buon senso e la buona
rebbe anzi la prova del fatto che tutto sia in regola.
fede. In secondo luogo, ci chiediamo chi salderà alla
Stando a questa linea di difesa, il diritto di cui egli ha
fine il conto: un’amministrazione può correre il ri-
goduto dal giorno dell’acquisto ad oggi sarebbe non
schio, anche solo remotamente, di avere torto alla
solo sancito da quella licenza, ma addirittura confer-
fine di un incauto avventurarsi e di pagare la sua
mato da grafici catastali e da ordinanze comunali (ci
ansia di giustizia (se è di questo che si tratta) con i
viene addotta come esemplare la N.101, Prot. N.3709
soldi dei contribuenti? ¿
18 PrimaVera Gioia
…ho cercato di essere il più obiettivo possibile; mi scuso se è affiorato nei miei interventi qualche giudizio eccessivamente duro ma, sicuramente, mai preconcetto; tutto quello che ho fatto è stato dettato dalla passione e imposto dalla regola etica che ha sempre contraddistinto il mio impegno; una passione mai ispirata all’interesse personale ma costantemente alimentata da una incommensurabile sete di giustizia e dall’ingenuo proponimento di tentare di contribuire a fare qualcosa di buono per questa mia amata città m
agioiaprimaveragioi
primaveragioiaprimav
ragioiaprimaver
aprimaveragioi
PrimaVera Gioia 19
Sport
Quando lo sport è donna: Angela Covella vince l’Ultramaratona di Putignano (categoria TF) Maria Marmontelli |
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/maria.marmontelli.9
onostante ci sia poco spazio a Gioia per declinare lo sport femminile a livello agonistico, eccezion fatta per la pallavolo, è motivo di orgoglio segnalare la vittoria della gioiese Angela Covella al Campionato Italiano di Ultramaratona 2013 categoria TF (23-34 anni), svoltosi nel centro storico di Putignano lo scorso 23 marzo. Angela ha percorso 54 km e 693 m in 6 ore, vincendo la seconda edizione del campionato organizzato dalla IUTA (Italian Ultramarathon and Trail Association), che quest’anno ha deciso di premiare la città del Carnevale, scegliendola come sede per lo svolgimento di questa impegnativa ma coinvolgente manifestazione podistica: si tratta, infatti, di una gara di corsa su strada di oltre 43 km (la maratona prevede, invece, un percorso lungo “soltanto” 42 km e 195 m), che si disputa per categorie suddivise in base all’età e al sesso dei partecipanti, in un arco di tempo pari a 6 ore (per questo denominata la 6 ore di San Giuseppe). La scarsa attenzione riservata alla notizia dalla stampa locale e il curriculum di tutto rispetto della nostra atleta la dicono lunga sul perché Gioia non abbia mai offerto grandi possibilità alle donne che intendono praticare sport a livello agonistico. Escludendo infatti la partecipazione ai campionati di pallavolo femminile under 16 e under 18 e la parentesi di Stop di Petto, torneo dilettantistico di calcetto femminile che tanto tifo ed entusiasmo suscitò qui a Gioia alla 20 PrimaVera Gioia
fine degli anni Novanta, Angela, classe 1979, non trova spazio nella sua città d’origine per continuare a praticare il calcio a livello agonistico. Sarà perché si tratta di una disciplina sportiva tradizionalmente appannaggio dell’ormai ex sesso forte e poco consona a certe frivolezze da diva, sta di fatto che Angela deve guardare oltre i confini della città federiciana, del vino e della mozzarella per coltivare la sua passione: è così che nel 2003 disputa il primo campionato di calcetto femminile di serie C nella squadra di Acquaviva, vincendo nel 2007 la classifica capicannonieri del campionato CSI (Centro Sportivo Italiano). Nel 2008, milita nella squadra del Sammichele, l’anno successivo in quella del Noci per poi tornare a Sammichele a disputare il campionato 2010-2011. La stessa cosa accade quando, sempre nel 2011, spinta dal bisogno di trovare una nuova identità sportiva, l’atleta decide di passare dal calcetto alla corsa: la sua scelta, in quel momento, è condizionata dall’assenza di una società podistica sul territorio gioiese ed è per questo che decide di iscriversi alla società Nadir di Putignano, cui rimane tutt’oggi legata da motivi affettivi, nonostante a Gioia sia nata nel 2012 la ASD Gioia Running, che conta però al momento soltanto 6 atlete su un totale di 52 iscritti (fonte: http://www. fidal.it/societa/GIOIA-RUNNING-A-SD-/BA713, informazioni aggiornate al 2013).
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a cosa spinge una donna a concepire lo sport come competizione? Nel caso di Angela, tutto nasce da un’innata predisposizione all’agonismo e dalla voglia di migliorarsi e di reagire positivamente alle sfide quotidiane incontrate nella sua militanza in campionati di tutto rispetto, dove l’obiettivo per chi si iscriveva ai corsi non era solo quello di imparare la tecnica, ma di finalizzare quest’ultima alla partecipazione al campionato. Con il supporto di tanti bravi coach incontrati lungo il suo cammino sp urale che condizionano o addirittura invogliano alla pratica agonistica dello sport. Ed è quello che Angela ha potuto constatare con i propri occhi durante la preparazione dell’Ultramaratona: “Basti pensare al cosiddetto autodromo di Putignano, una pista lunga circa 3 km sulla via che porta a Castellana, decentrata rispetto al centro urbano ma non troppo periferica e soprattutto ben illuminata di notte, tant’è che è possibile imbattersi in atleti che si allenano alle 5 del mattino così come alle 22 di sera, in piena sicurezza, data la completa assenza di cani randagi. La pista è frequentata non solo da professionisti della corsa, ma anche da principianti, dilettanti e gente che viene apposta dalla vicina Castellana, in macchina o addirittura a piedi. A Gioia invece correre è sempre un’avventura piena di insidie, soprattutto per l’inciviltà dei proprietari delle ville di campagna che non tengono i cani al
guinzaglio, lasciandoli liberi di avventarsi contro chi semplicemente vuole correre. A Putignano si può dire che le donne corrano quasi tutte, tant’è che esistono una società podistica esclusivamente femminile ed altre tre miste. E’ l’esempio di come la collaborazione tra istituzioni, società sportive e cittadini riesca a creare le condizioni idonee per favorire la pratica dello sport a tutti i livelli. A Putignano c’è poi una varietà di palestre e di attività sportive: si può fare triathlon (piscina, bicicletta e corsa) oppure, nella zona industriale, ci si può iscrivere a palestre di arrampicata (con imbracatura) su parete artificiale attrezzata -è la più grande d’Europa, alta 16 m ed è anche sede di gare - oppure, soprattutto per le donne, ci sono corsi di tessuto, una disciplina circense che consiste in una danza acrobatica da svolgersi sospesi in aria, grazie al supporto di lunghe strisce di tessuto appese saldamente al soffitto. Ogni occasione lì è buona per organizzare un evento sportivo che viene vissuto
dagli abitanti del posto come autentico momento di aggregazione sociale”.
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ltre all’agonismo, c’è un altro aspetto interessante che emerge dal racconto sull’Ultramaratona del 23 marzo. L’idea vincente è stata quella di allestire un percorso di 1280 m non su una strada qualunque, bensì nei meandri del centro storico di Putignano in continuità con un tratto di corso Umberto: qui, un tabellone elettronico mostrava ai podisti in transito il tempo e i chilometri già percorsi, grazie al rilevamento effettuato da un microchip inizialmente infilato nei lacci delle loro scarpe. Nel centro storico, erano allestiti, inoltre, diversi punti ristoro messi a disposizione degli atleti dagli albergatori del posto, mentre gruppi di musica folcloristica animavano gli angoli più suggestivi presenti lungo il percorso. L’evento così organizzato ha attratto moltissimi appassionati che sono accorsi anche dai paesi limitrofi a fare il tifo per i loro beniamini.
Non solo. In un’ottica lungimirante di ricaduta economica sul territorio, gli organizzatori hanno pensato di proporre il giorno successivo alla 6 Ore di San Giuseppe un altro evento podistico: la Marcialonga di San Giuseppe. Con questa oculata strategia, molti “turisti sportivi” hanno optato volentieri per un pernottamento presso le strutture ricettive di Putignano e dintorni, che così hanno beneficiato in termini economici dei due eventi sportivi allestiti ad hoc in sequenza. È questo un esempio virtuoso che anche Gioia dovrebbe seguire, come pare stia già facendo la società Gioia Running con una manifestazione podistica in cantiere per giugno. E chissà che non sia l’occasione giusta perché le donne gioiesi si sveglino dal torpore che le rende così assenti dallo scenario sportivo e, guarda caso, anche da quello politico.¿
PrimaVera Gioia 21
Teatro
CONTROVERTIGINE Breve storia della storia italiana secondo Ascanio Celestini Fiamma Mastrapasqua |
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he Ascanio Celestini non abbia nemmeno un po’ di affanno alla fine di un monologo durato 100 minuti non è qualcosa d’inaspettato né di assurdo. E non è nemmeno tanto assurdo vederlo alla fine dello spettacolo “PRO PATRIA- Senza Prigioni, Senza Processi” indossare un paio di occhiali da sole a specchio e la giacca di una divisa militare su un paio di mutande bianche, mentre ripete ossessivamente, a mo’ di canzone, le parole “Niente è uguale a niente, niente per niente è uguale a niente, niente per due è niente…” Sì, perché già le sue sole parole, recitate in un modo unico e travolgente, possono essere sia assurde sia banali. “PRO PATRIA” sono le parole di un detenuto che scrive un discorso (per gli altri e per sé stesso) mentre dialoga con Mazzini, tacito e invisibile. In una cella di due metri per due, rappresentata da un pavimento verde e da un fondale bianco pieno di manifesti e ritagli di giornale, un ergastolano (data di uscita 9/99/9999) prova e riprova il suo discorso. Dice: “I morti e gli ergastolani hanno una cosa in comune, non temono i processi. I morti perché non possono finire in galera. Gli ergastolani perché dalla galera non escono più.” Un discorso serio, importante, dove intreccia la propria storia con quelle di Mameli, Mazzini, Pisacane e Garibaldi. Attorno a lui vagano presenze talvolta inquietanti, talvolta rassicuranti: un padre vero con le mani sempre nere a via di lucidare mobili (pulite e bianche solo nel momento della sua morte), un padre ideale che ha fatto la Storia, un eroe per così dire; un secondino chiamato “Intoccabile” (come quello de “I Promessi Sposi” “sbaglia” Celestini ridendo), padrone vivo e reale della vita carceraria e un immigrato dall’Africa, il “Matto Negro Africano”, un uomo che dorme cinque minuti ogni ora, che ha cercato di evadere due volte (la seconda provando a rendersi invisibile con una “pozione” miracolosa e vagando nudo per Roma) e che parla con i gorgoglii della macchinetta del caffè. Non ci sono scenografie spettacolari, superflue per uno spettacolo del genere: basta uno sgabello rosso sangue, un prato inglese verde smeraldo e uno sfondo bianco per creare l’effetto “Bandiera Italiana” e le musiche in sottofondo 22 PrimaVera Gioia
sono semplicemente due composizioni classiche (rivisitate) di Chopin. E Celestini ride, parla, gesticola, si alza e si siede, canticchia e indica, alza e abbassa la voce, resta zitto e si gode le risate del pubblico. Ma nonostante l’ilarità generale e il viso sereno, il suo è un monologo pieno d’idee, di racconti passati e di orrori presenti, carico sia di parole vere e dure che di parole lievi e serene. C’è la storia della sua infanzia umile e sempre soggetta a ceti sociali più elevati e c’è la sua storia presente, la sua vita di mezzo matto rinchiuso in una cella piccolissima senza diritti. Non può essere nemmeno definito un matto vero, al cento percento, perché lui parla solo con Mazzini e finché non lo vede, può solo essere considerato una metà, cui è stata data la semi-infermità mentale. E infine c’è questo senso di CONTROVERTIGINE, questa voglia di saltare e non tornare più che ci accompagna nella quotidianità. “Tutti, almeno una volta nella vita, affacciandosi alla finestra, hanno pensato di saltare. Per qualcuno l’ossessione ritorna non appena si sporge. Bastano pochi metri d’altezza. Quando l’idea si fa largo nel cervello, stringe le mani sulla balaustra del balcone o sugli stipiti della finestra per frenare l’impulso. L’attrazione per il vuoto è come una controvertigine. Solo pochissimi saltano per davvero, ma tutti, almeno una volta nella vita, affacciandosi alla finestra, hanno pensato di fare il salto.”¿
Romeo e Giulietta indossano le cuffie dell’mp3 Quando Montecchi e Capuleti giocano a fare i comici sul palco Fiamma Mastrapasqua |
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/ fiamma.mastrapasqua
elensa”. Questa è stata la parola con cui lo sceneggiatore Francesco Niccolini ha definito la più nota tragedia d’amore teatrale: “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare è la triste vicenda dei due innamorati ostacolati da un antico astio familiare. Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti soffrono, piangono, pregano, si amano, si nascondono, cercano di fuggire e non trovano altra via d’uscita se non quella dell’inganno e, infine, quella della morte. L’opera è dunque tutto tranne che comica. Eppure Tonio de Nitto (regia) e Francesco Niccolini (adattamento e traduzione) sono riusciti a rinnovarla e a renderla divertente e ironica, sempre però mantenendo tratti drammatici o dolci amari. Alternando saggiamente scoppi di risa a momenti di assoluto silenzio, colpiti dalla dolcezza e dalla tristezza delle scene, il risultato è ottimo. Ma perché lo spettacolo è piaciuto tanto, sia a giovani che ad adulti? La risposta è semplice: poeticamente si fanno parlare i sei attori (che interpretavano più personaggi) in rima, eccetto gli eterni innamorati (perché l’amore vero fulmina e non ha bisogno di regole precise per essere espresso) e attenersi nonostante tutto ai versi dell’opera cinquecentesca. Per far divertire il pubblico, invece, c’è bisogno di inventiva, di un tocco originale, estroso, di qualcosa che sia comico e moderno allo stesso tempo, ma non troppo calcato: il risultato potrebbe essere quello di creare uno spettacolo grottesco e finto. E allora basta aggiungere qualcosa che sia alla portata di tutti. Un paio di grosse e colorate cuffie appese al collo dei protagonisti per esempio. E aggiungiamoci anche una balia impicciona, manesca e con l’affanno (la vera, pardon, il vero show-man sul palco: la balia era interpretata da un uomo), un cugino (Menico ucciso poi per mano
dell’invidioso e arrogante Tebaldo Capuleti) sempre a caccia di donne, una canzone dei Radiohead e un ballo di gruppo. Niente come vedere Montecchi e Capuleti ancheggiare sulle note di “Fiesta” di Raffaella Carrà rende uno spettacolo teatrale tanto comico. Senza dimenticare però che si sta assistendo a una delle opere più dolci, più drammatiche e più sentite della letteratura mondiale di tutti i tempi. Tanto coinvolgente quanto bello e tanto vero quanto ironico, lo spettacolo “Romeo e Giulietta” di Niccolini- de Nitto è da vedere e rivedere. Non importa quante volte, non importa che età avete o quale sia la professione. Una discreta conoscenza sull’opera di Shakespeare e una predisposizione verso le arti teatrali farebbero di voi un ottimo spettatore. Lasciatevi letteralmente coinvolgere dall’esuberanza dei personaggi e godetevi lo spettacolo. Non fate caso alla balia che cerca disperatamente la cara Giulietta tra il pubblico, distribuendo una certa quantità di confusione e centrini da asciugare per gli spalti, e non pensate mica che Romeo vi stia dedicando un poema: recita soltanto, il suo cuore è per la giovane Capuleti! E ricordatevi di spegnere il cellulare. Romeo e Giulietta erano sì moderni ed “emancipati” non usavano un Nokia o un iPhone per scambiarsi parole d’amore… Alla domanda: “Perché scrivere un’altra versione di Romeo e Giulietta?” Francesco Niccolini risponde che la tragedia racconta non solo una storia d’amore ma la colpa della soppressione dell’infanzia e dell’adolescenza. Un delitto pianto universalmente, poiché rappresenta la fine di un’età libera. Per dirla con Shakespeare, “non c’è niente da fare, la giovinezza morirà per tutti.”. La soluzione da trovare affinché non muoia sta a noi. ¿
Storia
Gioia del Colle, il
rapporto
di
Alan G. James sui missili Jupiter Enrico Febbraro |
/enrico.febbraro.9
Alla fine degli anni ‘50 del secolo scorso, Gioia del Colle e tutto il territorio murgiano sono stati un vero e proprio ombelico del mondo di allora. Erano presenti - e a quanto rilevano alcune cronache dell’epoca anche molto ben visibili - dieci postazioni di ricovero e lancio di almeno trenta testate nucleari puntate verso il nemico rosso che stava ad Est. Risale esattamente al 10 agosto 1959 il momento in cui il governo italiano siglò con gli Stati Uniti l’accordo che prevedeva l’installazione nelle Murge delle suddette testate. Esse furono attive fino al 1963 e vennero poi rimosse in seguito agli accordi derivanti dalle tensioni cubane per la simmetrica installazione balistica russa nel territorio del regime castrista. I sovietici, con le installazioni cubane, pareggiarono il vantaggio tattico che gli Usa avevano ottenuto in Europa con gli Jupiter presenti sulla Murgia e installati anche in altre aree, tra cui la Turchia...Ma questa è un’altra storia. Torniamo ai nostri missili. Nel frattempo, Alan G. James produce al termine di una visita al nostro aeroporto militare un rapporto che per decenni rimane secretato e che da pochi anni è disponibile anche sul web. Ma Chi era Alan G. James? Si trattava di un inviato dell’ufficio Affari europei del Dipartimento di Stato americano in visita al comando della 36ª Aerobrigata Interdizione Strategica di Gioia del Colle il 15 settembre 1961..James scrive esplicitamente che il permesso di visitare Gioia del Colle e i siti coinvolti viene rilasciato dal nostro dicastero degli Interni e dalle varie Autorità competenti “on condition there is no publicity”(James è accompagnato in questa visita sia da un membro del senato che da un membro del congresso americano). Traspare dalle parole dell’autore del rapporto un’evidente sorpresa riguardo come il governo italiano tenti di tenere sopita il più possibile la vicenda delle installazioni pugliesi, quando egli stesso 24 PrimaVera Gioia
ammette che sono clamorosamente visibili e l’opinione pubblica locale conosce la localizzazione di questi siti. Interessante da questo punto di vista la testimonianza di Peppino Vasco, memoria storica della sinistra gioiese, che riprendiamo da un articolo di Ilaria Ficarella della Gazzetta del Mezzogiorno dell’11 febbraio 1999: Massiccia era in quegli anni l’adesione dei cittadini alla lotta contro il nucleare a Gioia. Una lotta che non si è mai realmente sopita. Venne eretto in piazza un facsimile di cartone a dimensioni reali di un missile Jupiter e sui bordi era elencato tutto quel che si sarebbe potuto fare per la città con il denaro impiegato per costruire uno solo di quei missili. La polizia tentò di distruggerlo. Il rapporto continua, descrivendo con grande dovizia di particolari quelle che sono le condizioni di sorveglianza di ogni singolo sito, alcune caratteristiche tecniche degli stessi nonché il ruolo della vigilanza esterna e la questione della doppia chiave. James riconosce alla parte italiana coinvolta nel programma Jupiter un alto tasso di affidabilità ed in particolare sottolinea il ruolo di sorveglianza esterna ai siti affidata all’Arma dei Carabinieri. Egli suppone che un attacco esterno di tipo terroristico presso uno o più siti difficilmente potrebbe sfuggire al controllo dei carabinieri. Interessante la questione della doppia chiave per il lancio dei missili. Una volta ottenuto l’ordine definitivo, un missile poteva essere scagliato solo se entrambe le chiavi, una in mano italiana ed una in mano USA, fossero state correttamente azionate. Può sembrare in apparenza una questione tecnica, ma in realtà dimostra come il governo italiano avesse un ruolo di primissimo piano nella gestione e negli eventuali obiettivi del
programma Jupiter. Il rapporto si conclude con una riflessione di James in cui si sottolinea l’importanza assegnata a Jupiter dalle autorità italiane e il fatto che, quando gli Usa decideranno di uscire dal programma, dovranno farlo in maniera molto “careful”: possiamo ipotizzare che la questione Jupiter sulle autorità dell’epoca avesse un peso fortissimo da mettere quasi cer-
tamente in relazione con lo scenario storico in cui si svolsero tali eventi. Sono passati cinquanta anni ormai dalla rimozione dei missili e dallo smantellamento delle postazioni, ma il territorio presenta tracce indelebili di quel periodo storico. Anche nella cultura popolare, non solo gioiese, i luoghi che hanno ospitato gli Jupiter contengono nel loro nome molto spesso la parola missili, declinata più o meno diversamente a seconda delle varie inflessioni dialettali. Sul destino di queste aree nel periodo successivo alla rimozione delle testate, sono interessanti le parole del sindaco Sergio Povia, che riprendiamo dal già citato articolo della Gazzetta del Mezzogiorno:”Le aree in cui sono state custodite per anni le testate nucleari appartengono al demanio militare. Perciò non sappiamo dire come siano state gestite in questi anni. E per lo stesso motivo non è mai esistita la possibilità di rilevare quelle aree per farne alcunché”. Possiamo concludere quindi che la nostra comunità di fatto non è mai stata all’oscuro della presenza di queste postazioni, ma forse soltanto con l’andar del tempo ha preso pienamente coscienza di che cosa vi fosse realmente custodito. La presenza di questi missili nel cuore del Mediterraneo, puntati oltre la cortina di ferro, sono stati, di fatto, una delle cause scatenanti di una delle tensioni più forti USA-URSS durante il primo periodo della Guerra Fredda. A modo nostro siamo stati protagonisti involontari di una grande pagina di storia, anche se forse non ce ne siamo mai del tutto accorti. ¿
Come funzionano le testate nucleari? Emma Lomonte |
/emma.lomonte
Il PGM-19 Jupiter, prodotto dalla Chrysler, era un missile a medio raggio, con una gittata tra i 1000 e i 5500 km, armato con una potente testata che sfruttava reazioni di fusione termonucleare.Tali reazioni – tipiche del Sole e delle stelle del nostro universo – si ottengono in laboratorio mediante compressione di due nuclei atomici, che, avendo entrambi carica positiva, hanno la tendenza a respingersi. In seguito a compressione, invece, l’interazione forte, che spinge particelle subatomiche dello stesso segno ad aggregarsi, prevale sulla forza di repulsione elettromagnetica. Il risultato è la generazione di un nucleo di massa maggiore con neutroni liberi e il rilascio di una consistente quantità di energia. Nelle testate, si possono impiegare anche reazioni di fissione nucleare, in cui il nucleo di un elemento pesante (ad es. l’uranio-235 o il plutonio-239), una volta colpito da un neutrone, decade (si suddivide) in frammenti di minori dimensioni, con emissione di grandi quantità di energia e radioattività. Cosa sarebbe successo se questi missili fossero stati manomessi o peggio ancora sganciati sul territorio gioiese? ci sarebbero state una seconda Hiroshima e una seconda Nagasaki in un attimo. Il calore della reazione avrebbe provocato istantaneamente la volatilizzazione della sostanza organica, con la conseguente scomparsa di tutte le forme di vita nel raggio di diversi chilometri e un enorme numero di ustionati destinati alla morte tra atroci sofferenze nelle zone più esterne. Un lampo di spaventosa intensità avrebbe causato cecità tra la popolazione e lo spostamento d’aria dovuto all’esplosione avrebbe raso al suolo case, edifici e tutto il resto. Le radiazioni sprigionate avrebbero condotto alla morte un altrettanto considerevole numero di persone, con ripercussioni di carattere genetico e malformazione di feti. La nube e le polveri radioattive si sarebbero disperse anche negli strati alti dell’atmosfera, oscurando la radiazione solare e diffondendosi in altre aree del pianeta. Non sarebbe stato meglio dunque dirottare le ingenti somme di denaro investite per la costruzione di questi missili sulla ricerca del cosiddetto “nucleare pulito” per cui Carlo Rubbia ha speso una vita intera? Un nucleare non più connesso a quell’ossessivo pensiero dello “smaltimento delle scorie radioattive a lungo termine”. Amaldi, uno dei ragazzi di via Panisperna, ha affermato che “quando un uomo crede di poter fare qualcosa, fino alla fine la realizza”. Accostando questa massima al pensiero di Hans Jonas sul “principio di responsabilità e sul diritto di ogni uomo a morire” in una società in cui la Scienza, affiancata dal suo braccio armato che è la Tecnica, domina imperante e senza scrupoli, forse si riuscirebbe a fare del nucleare anche uno strumento di progresso e non di regresso. E il forse è mera retorica. ¿ PrimaVera Gioia 25
Cinema
Intervista a Oscar Iarussi Maria Castellano |
/maria. castellano.5
Giovedì 11 aprile, presso il Chiostro comunale, in occasione dell’incontro organizzato dal Presidio del Libro di Gioia del Colle e dall’Associazione culturale Polifonie, abbiamo avuto il piacere di intervistare Oscar Iarussi, giornalista e saggista, critico cinematografico, docente di Storia del Cinema Americano all’Università di Bari, Presidente di Apulia Film Commission fino a novembre 2011, membro della commissione esperti della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Ecco cosa ha risposto alle nostre domande. 1) Nel suo saggio “Il viaggio nel cinema americano” lei elabora il concetto di genere Western inteso come cinema americano per eccellenza. Cosa intende? Il cinema western lo definisco come 26 PrimaVera Gioia
genere per eccellenza, perché tutta la storia del cinema negli Stati Uniti è concepita come una generosa espansione verso l’Ovest. Questo è un concetto singolare, perché in realtà la frontiera ha una sua storicità: si chiude infatti nel 1895, quando cioè le ultime terre degli Stati Uniti vengono colonizzate. Il cinema in America comincia quando la frontiera è ormai chiusa da circa vent’anni. Tutto il western è una sorta di metagenere, con uno sguardo retrospettivo e nostalgico verso qualcosa che non c’è più, una gigantesca poetica della nostalgia. Il canone stesso del western si trova in altri generi americani, dal cinema di guerra a tutto il filone sulla seconda guerra mondiale, fino al cinema sul Vietnam per giungere a quello sulle guerre in Afghanistan e Iran. Ebbene, il canone, il meccanismo drammaturgico e narrativo è ricalcato su quello del western. Elementi in comune sono l’attraversamento del territorio del nemico, sempre in agguato, verso cui si prova sia attrazione sia repulsione. C’è poi un
superamento di prove che conducono ad un premio, che rappresenta a sua volta una promessa di felicità (conquista di una terra o di una donna). Il protagonista assoluto è l’eroe dai mille volti e un generale anelito verso il ricominciamento, la ricerca di qualcos’altro. Ciò vale anche per il cinema di fantascienza, dove avviene la conquista di altri mondi e quindi di altre frontiere. L’unica eccezione è rappresentata dal genere della commedia, che invece ha un suo sviluppo originale di matrice più europea. 2) Nel saggio “Ciak si Puglia, cinema di Frontiera 1989- 2012”, lei traccia in maniera appassionata un bilancio di quella ricca stagione che ha fatto della Puglia il set privilegiato di produzioni cinematografiche di qualità. La nostra regione è rinomata quale perla rara da un punto di vista paesaggistico e per la sua ospitalità. Cosa pensa Oscar Iarussi della Puglia cinematografica? Già da molti anni con la mia attività saggistico-giornalistica, avevo intuito che bisognava dare una cornice a
questa terra. L’episodio netto che ha delineato la Puglia e l’ha resa terra di frontiera è avvenuto nei primi anni ‘90, quando la regione fu investita dalle migrazioni albanesi. Le frontiere hanno un fascino interessante per il cinema, la letteratura e la musica, perché sono dei luoghi dove avvengono dei fatti, si producono dei traumi, degli strappi, dove c’è passaggio di storie. Quando c’è un passaggio di uomini e di donne, avviene un passaggio di storie e di echi, come ne “Le vie dei canti” di Cathwin. La Puglia cinematografica quindi non è intesa soltanto da un punto di vista squisitamente paesaggistico, ma è stata ed è una regione interessante per questa sua cangiante identità, per questo suo profilo in continuo mutamento. Queste sue peculiarità hanno attratto registi anche da molto lontano e ciò, a mio avviso, soprattutto in virtu’ di questa migrazione avvenuta un ventennio fa. Poi le cose sono mutate, c’è stata quella che io definisco una provvidenziale esperienza di natura istituzionale, ovvero la creazione di una Film Commission, alla quale io ho personalmente contribuito in qualità di presidente per alcuni anni. Si sono messe in atto con successo delle politiche di un certo interesse che si sono rivelate attrattive per i territori e di sostegno per le produzioni filmiche. Credo però che oggi ci troviamo in una stagione differente e in parte ineffabile che va analizzata. Non lo dico per reticenza, ma perché segnalare una differenza rispetto al passato, prendere atto che una situazione stia mutando, anche se non si sa come, è già un rilievo giornalistico. Dare quindi per scontato che tutto sarà sempre com’è adesso, sarebbe un grave errore assolutamente da evitare. 3) In gran parte dei paesi europei il doppiaggio non esiste. Partendo dal presupposto che l’Italia rappresenta la patria dei grandi doppiatori, il dato di fatto è che siamo purtroppo indietro rispetto all’Europa, dal momento che il film in lingua originale acquista
un imprescindibile valore aggiunto. Qual è il suo personale punto di vista a riguardo? Penso che i film in lingua originale siamo una scelta virtuosa. Tuttavia ritengo che, sia in virtu’ della lunga tradizione che ha scuola del doppiaggio italiano, sia purtroppo per la chiusura che il nostro Paese mostra nei confronti delle lingue straniere - triste costatazione la mia - un conto è fare degli strappi virtuosi e culturali d’essai, rivolgendosi ad un pubblico “aristocratico”, un conto è decidere oggi di proporre solamente film in lingua originale. Sarebbe come uccidere l’esercizio cinematografico. 4)In un’Italia nella quale la cultura è sempre stata ai margini del nostro bilancio nazionale, il cinema sta attraversando un periodo difficile. Secondo lei, la settima arte in Italia è in crisi solo per un momento economico penoso o c’è anche crisi di idee e di fertilità creativa? C’è mancanza di curiosità? Questo è un vecchio dilemma che si ripercuote sulla vicenda cinematografica da decenni. Io credo che, prima ancora del cinema, sia l’Italia ad essere in crisi e non soltanto in crisi economica ma in crisi d’identità. Siamo in un momento nel
quale nemmeno il Paese sa se essere partecipe di uno scenario europeo; gli italiani non hanno ancora deciso se essere o meno europei di un’Europa peraltro anch’essa in forte crisi. Questo processo di smarrimento si ripercuote, come è ovvio che sia, anche sulla scena cinematografica. 5) In questi ultimi mesi, la “Fabbrica dei sogni” sta attraversando quel processo di digitalizzazione già affrontato da stampa, fotografia, libri, televisione, home video. Ci si auspica che l’intera industria cinematografica viva una seconda vita. Lei crede nelle opportunità di sviluppo che può offrire questa innovazione tecnologica? Credo che come in tutti i casi di trasformazione tecnologica, ci siano delle legittime ma superabili paure. Come sempre avviene nei casi di modifica del supporto tecnologico, subentrano il timore e la classica domanda “Che si fa adesso?”. Il problema si presenta soprattutto per gli operatori del settore o per l’imprenditore cinematografico che dispone della sala in pellicola e deve passare al digitale, deve trovare il modo di farlo, soprattutto trovare i mezzi economici che permettano questo passaggio. Ma sono certo che si tratti solo di un processo di trasformazione che con il tempo non susciterà più paure e interrogativi. ¿ PrimaVera Gioia 27
Lyuba Centrone |
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/maria. castellano.5
razie all’ impegno del neonato Comitato per la tutela dei diritti degli animali si torna a parlare di circo a Gioia del Colle. Nel 2004 un’ordinanza comunale finalmente aveva imposto il divieto ai tendoni di stabilirsi nella nostra cittadina, poi poche settimane fa il traffico si ferma a causa di un elefante portato a spasso dal suo addestratore. Quindi il WWF, l’Arci Lebowsky, l’associazione Petali di Pietra e l’associazione Ombre hanno unito le loro forze per la creazione del suddetto comitato e il 30 aprile scorso hanno dato vita ad un’interessante quanto illuminante conferenza con Erica Franco, responsabile del settore Circhi della LAV e Vincenzo Angelillo, archeologo, preistorico, primatologo e ricercatore presso il “Centre Europé de Recherche Prehistorique” di Travel in Francia. Più che tracciare cronachisticamente gli interventi dei due esperti, è importante dare un’informazione chiara su quello che è il circo degli animali e collaborare così con gli obiettivi del Comitato. In Italia il Circo con gli animali è una realtà che paradossalmente ancora riceve sovvenzionamenti dal FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) in quanto, nell’obsoleto 1968, si riconobbe la sua portata educativa. Quarantacinque anni dopo, è fondamentale ribaltare questo status quo ed educare i più piccoli ad aborrire gli spettacoli del circo che prevedono “lavoratori” senza contratto firmato come elefanti, tigri, dromedari, ecc. Senza contratto firmato. Questo è il nocciolo della questione. Nessun animale giunto al circo ha ricercato quel lavoro sulla facciata di un giornale nè si è presentato per un regolare colloquio di lavoro. Anzi, quello che avviene davvero dietro le quinte del Circo è esattamente il contrario di tutto ciò, si tratta della manifestazione che la pratica della schiavitù esiste ancora anche in un paese apparentemente democratico come il nostro e non solo sugli animali, ci sarebbe da aggiungere. Già perché, tra parentesi, è notizia recente che a Vibo Valentia il circo della famiglia Wanet Togni sia stato chiuso per aver ridotto in schiavitù alcuni lavoratori “umani” stranieri. Ma, tornando all’argomento, gli animali spesso già adulti vengono addestrati preventivamente da “esperti” del settore, che operano prevalentemente in Francia e Spagna. Il cosiddetto “metodo dolce” (quello dei bocconcini premio) è un alibi utilizzato per oscurare le vere metodologie applicate per gli animali esotici sui quali è assolutamente impossibile “operare” con lo stesso metodo utilizzato per i cani e i gatti.
Quello che avviene è un addestramento basato su paura e privazione del cibo con due fasi ben distinte. La prima, quella portata avanti dagli addestratori esperti al di fuori dei tendoni, quindi prima che gli animali giungano nel circo, utilizza metodi quali la sottomissione e le percosse. La seconda, l’allenamento, inizia quando il circo ha acquistato l’animale e si accinge ad insegnargli l’esercizio. Durante questa fase, l’addestratore deve semplicemente ricordare all’animale quello che gli è stato già insegnato durante la prima fase dell’ addestramento, ovvero che è l’ uomo che comanda, e impartirgli l’ ordine. Per gli animali come i leoni marini, che non possono ricevere percosse a causa della loro delicatezza fisica, ci si affida solo, per dire, alla privazione del cibo. Il racconto di tutto questo è stato accompagnato dalla visione di un filmato che, attraverso microcamere nascoste, documentava la vera realtà del circo. La mia penna non riuscirà ad essere tanto affilata quanto quelle immagini e può semplicemente raccontare dell’estenuante rumore delle percosse sulla pelle, delle immagini di elefanti che dondolavano come presi da autismo, bufali che cercavano di liberarsi dalle gabbie e tante altre atrocità. Come se tutto ciò non fosse bastato, l’intervento del dott. Vincenzo Celiberti ha ricordato a tutti quanto gli animali siano molto simili agli uomini. Tanto per fare un esempio, un gorilla ha solo il 97% di compatibilità genetiche con un uomo e che Koko, un esemplare femmina di gorilla, si destreggia perfettamente con il linguaggio americano dei segni (ASL). E’ così intelligente da esser arrivata a farsi beffa dei suoi interlocutori sostenendo di essere un uccello per poi confessare la piccola bugia “detta” così, per scherzare. Ovviamente i rappresentanti del Comune erano tutti troppo impegnati nei loro uffici per poter spendere del tempo a presenziare seppur disinteressatamente alla manifestazione. L’ unica breve comparsata è stata quella dell’ assessore Masi e del sindaco Povia, il quale ha risposto all’ironico saluto al microfono aperto del dott. Vincenzo Celiberti con un: “Ne riparliamo in altra occasione”. Ci auguriamo che questa “altra occasione” ci sia davvero, ma nel frattempo difendiamoci, decidendo di boicottare il circo con gli animali. Il circo con gli animali non è uno spettacolo né per bambini né per adulti. Non è uno spettacolo. Il circo con gli animali è un massacro.¿ PrimaVera Gioia 29
Etica
Dietro le quinte del circo con gli animali
Innovazione
AD MAIORA Laura Castellaneta |
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Cos’è “Ad Maiora”? È il classico sogno nel cassetto che realizzi a costo di rinunciare ad altre cose in regime di incertezza totale. Ho sempre avuto la passione dell’artigianato creativo a margine di altri lavori precari inerenti alla mia laurea in Scienze Politiche. Dopo tanti impieghi che alla lunga ti demoralizzano, cerchi stabilità attraverso qualcosa di più concreto, anche al di fuori di quello che il tuo percorso di studi suggerisce. “Ad Maiora” nasce nel dicembre 2011 come laboratorio e banco di prova per promuovere la mia linea realizzata con tessuti e materiali da riciclo. La novità è che questo negozio ospita gratuitamente molti artigiani che vogliono esporre, differenziandosi dalle attività che offrono uno spazio a pagamento con l’affitto del temporary shop. La scelta degli espositori in base a cosa viene fatta? Chi sono? Ho conosciuto numerosi artigiani, alcuni dei quali con una tecnica molto alta e li ho portati qua, altri invece mi contattano attraverso internet. Mi piace l’idea che si possano alternare in uno spazio sia pure limitato rispetto a quello di una piazza. Ciò che faccio ha sicuramente un ritorno in termini pubblicitari ed economici ed io in questo modo ho prodotti sempre nuovi in negozio, una formula volta al risparmio per me e per chi espone. Io non posso far pagare un artigiano e rischiare di non vendere il suo prodotto, quindi il contratto di un mese dà a chiunque la possibilità di avere una propria visibilità, vendendo opere del proprio ingegno in maniera occasionale. Attualmente ci sono 12 espositori: illustratrici, ragazze che creano gioielli con i materiali e le tecniche più vari, altre che realizzano linee di abbigliamento, per la casa e l’arredamento. Qual è la differenza tra le vendite in negozio e quelle online? Finora online ho venduto poco perché il mercato è grande e chi compra ha le idee chiare. In questo tipo di vendite c’è una fiducia di base nei confronti sia della persona che sta dietro il monitor, sia della fotografia e dei sistemi di pagamento, invece chi viene qua va consigliato e guidato all’acquisto. La gente non è abituata ad osservare, ma guarda distrattamente e il mio compito è argomentare sul prodotto, spiegando cosa c’è dietro ogni singolo pezzo, chi è l’artigiano, qual è il proget30 PrimaVera Gioia
to all’origine e quali sono le possibili evoluzioni. La mia clientela è diversificata, ma mi piacerebbe lavorare di più con quella più creativa, perché il divertimento sarebbe quello di creare una cosa ad hoc per il cliente, personalizzata e irripetibile. Quali sono le modalità e i progetti per valorizzare ancora di più questo spazio? Uso molto internet, ma lavoro tanto sul passaparola. Ogni tanto faccio qualche mercatino, partecipo ad eventi come il “Salon Bizarre” e spero di poter fare delle mostre. Farò esposizioni e fiere dell’artigianato specializzate, mi piacerebbe fare laboratori perché ci sono richieste, soprattutto in una fase di recupero generale delle cose. L’interesse c’è nonostante la concorrenza, l’assenza di un marchio, il fatto che i prodotti non sempre ci sono ma si devono realizzare. Ho preferito stare lontana dalle reti della burocrazia ed essere libera di muovermi, ma magari un domani, per incrementare il giro d’affari del negozio, mi servirà il supporto di una consulenza, perché gestire contemporaneamente la clientela, la produzione dei pezzi, l’approvvigionamento dei materiali, la pubblicità, la parte amministrativa, la pulizia e l’ordine del negozio è difficoltoso. C’è un messaggio che vorresti lanciare ai nostri lettori? Io sono un ex consulente di orientamento al lavoro e sono arrivata a fare una cosa mia perché vedevo troppa gente lamentarsi dell’assenza di lavoro attraverso una sorta di autocommiserazione. Bisogna provare ad inventare, tentare la strada dell’autonomia, nel piccolo, con un’idea, con un progetto, con una collaborazione, perché la piccola e media impresa sono il cuore pulsante dell’economia italiana .Mettendoti in proprio fai uno sforzo per sottrarti alla massa che cerca lavoro dipendente altrove, ma sei uno in meno che deve essere assorbito dal sistema occupazionale. ¿
Musica
WELCOME BACK C.F.F. Quinto album e nuovo tour per la band gioiese Per ulteriori informazioni sui CFF, è possibile visitare la pagina www.facebook.com/cffeilnomadevenerabile.
Filippo Linzalata |
/filippo.linzalata
Si chiama ATTRAVERSO la nuova creatura dei C.F.F e Il Nomade Venerabile , lanciata ad aprile ed anticipata dal videoclip Nostra signora della neve, edito a tre anni di distanza dall’ultimo album - raccolta LUCIDI NERVI IN CIRCOSTANZE DI GHIACCIO. I C.F.F. tornano a calcare il palcoscenico partendo da Pulsano e Acquaviva delle Fonti e travolgendo il pubblico con la voce calda e graffiante della straordinaria Anna Maria Stasi, mirabile interprete del lavoro del paroliere nonché bassista Vanni La Guardia, autore della maggior parte dei testi (altri pezzi invece portano la firma di Anna Surico e della stessa Anna Maria Stasi).L’album, il quinto in uscita, succede in ordine cronologico a Ghiaccio (2004), Circostanze (2006), Lucidi nervi (2009), Lucidi nervi in circostanze di ghiaccio (2010) e tocca la dimensione intimistica dell’uomo moderno rapportata alla vita di tutti i giorni, strutturando l’intera opera attorno al tema affascinante e multisfaccettato del tempo.Con Attraverso i CFF mostrano un livello di qualità alto, con un sound diverso da quello degli album precedenti, concedendosi maggiormente a vibrazioni punk rock , post rock, stoner. La scelta azzeccata, visto il risultato ottenuto, è in piena continuità con il leitmotiv della loro carriera improntata sulla continua sperimentazione, non ristretta alla sola musica ma anche alla rappresentazione scenica. Andando a ritroso nel loro progetto, infatti, possiamo notare come i C.F.F. abbiano espresso la propria musica spaziando dalla video arte al teatro-danza, il tutto rafforzato dalla collaborazione con Anna Moscatelli.Correva l’anno 1999 quando Vanni La Guardia e Nicola Liuzzi fondavano i C.F.F. (Concettuale Fisico Fastidio) e il Nomade Venerabile (in riferimento alla componente scenico-teatrale caratteristica degli esordi), presto affiancati da Monica Notarnicola, tastierista dei C.F.F. per ben 8 anni. Da allora si sono succeduti una serie di trionfi e importanti riconoscimenti degni della miglior gavetta. La band,
attualmente composta da Anna Maria Stasi (voce e movimenti scenici), Vanni La Guardia (basso e voce), Anna Surico (chitarre e korg microstation), Fabrizio Lavegas (chitarre e moog) e Lorenzo Velle (batteria e cori) si afferma fin da subito come uno dei migliori prodotti sulla scena indie rock italiana, subendo influenze di mostri sacri del rock anni ’80 e ’90 tra cui The Cure, JoyDivision, fino ai compatrioti CCCP-Fedeli alla Linea, Massimo Volume e Scisma. E proprio l’ex fondatore degli Scisma, Paolo Benvegnù, nel 2009 si presta alla collaborazione nell’album LUCIDINERVI assieme, tra gli altri, a Franz Goria dei Fluxus, Paolo Archetti Maestri degli YoYo Mundi e Umberto Palazzo, definendo i C.F.F. come “uno dei migliori gruppi in Italia, con una grande forza e abnegazione”. Dal loro debutto hanno conseguito prestigiosi risultati, come la partecipazione nel 2002 alla tappa materana dell’ I-Tim Tour e nel 2005 al rinomato Sziget festival di Budapest, kermesse di sette giorni in cui si esibiscono artisti di tutto il mondo con una media di 350.000 visitatori. Nel giro di pochi anni le loro partecipazioni sulla scena musicale si intensificano arrivando a fare oltre 400 concerti tra Italia ed estero, ottengono premi della critica e la voce di Anna Maria Stasi è eletta da Paola Turci miglior voce della rassegna Venerelettrica International Female Rock festival di Perugia. Migliorano le loro performance musicali dal vivo, aprendo i concerti dei più blasonati Marlene Kuntz, Giorgio Canali e Rossofuoco, Moltheni e Giardini di Mirò. Poi una sosta lunga 3 anni. Tre anni nei quali il lavoro artistico della band apparentemente si ferma. L’impegno nella ricerca poetica però prosegue in una dimensione raccolta, lontana per l’appunto dalle platee. Quel che ne nasce è un progetto intimistico e “metropolitano” allo stesso tempo. “ATTRAVERSO” infatti traccia la linea dell’eterna scissione tra la nostra interiorità ed il mondo esterno, tra il divenire intimo di noi stessi e il divenire fisico della storia, dei costumi. La continua lotta tra l’essere umano e la sua storia che solo “attraverso” il binario del Tempo Interiore o Fisico scoprono una sinergia nuova… ¿
PrimaVera Gioia 31
Al di sopra di ogni sospetto q
Rosario Milano
L
a democrazia che oggi viviamo qui in Europa, piaccia o non piaccia ai conservatori, è figlia della rivoluzione. Anche se la rivoluzione francese fu per antonomasia la rivoluzione borghese, si trattò pur sempre di atti radicali che determinarono una chiara discontinuità nella Storia della modernità. In questa occasione, ci piacerebbe discutere a proposito di uno dei segni distintivi della Rivoluzione francese: il principio dell’uguaglianza. Per opportunità narrative tralasceremo tutte le interpretazioni filosofiche e politologiche che derivano dal principio in oggetto all’art. 1 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, ma ci limiteremo ad affermare che questo definisce soprattutto un limite e fornisce legittimità al concetto stesso di libertà democratiche. Nella Gioia del Colle degli anni 2010 - che in termini generali si può sempre eleggere a esempio paradigmatico dell’italica nazione cantata da, buon anima, Mino Reitano - i poteri forti sono invece sopra la linea mediana della legge, che di fatto uguale per tutti non è. Questa affermazione agli occhi del lettore medio e incazzato può apparire scontata, quasi lesiva dell’intelligenza umana, un’ovvietà da ‘Porta a Porta’ della quale facciamo a meno e per la quale non sarebbe necessario pagare delle spese di stampa. Il denaro costituisce potere, la legge è discriminante; uguaglianza e democrazie non esistono, e più o meno tutti ne sono coscienti. Accade però che, spesso, ad essere al di sopra della legge siano le aziende, gli apparati che allo Stato si rifanno e che con il tricolore e l’inno di Mameli hanno un
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rapporto morboso; in questo caso le aporie democratiche appaiono anche più scomode. Non vogliamo fare sensazionalismi da Striscia la Notizia, ma appare evidente che, se non vogliamo ridurre queste riflessioni al solito ricettario di belle parole e di emozioni che valgono soltanto per il tempo della lettura, è necessario dare nomi e cognomi alle cose. Qualche anno fa una giovane e coraggiosa ragazza alle prese con una nuova attività imprenditoriale sportiva mi raccontava delle difficoltà legate alla concessione da parte dell’ufficio ASL delle autorizzazioni necessarie all’avviamento dell’impresa. Il problema era la presenza di un parcheggio su asfalto, le cui dimensioni richiedevano la realizzazione di un sistema di trincee drenanti al fine di depurare le acque meteoriche (piovane) che sarebbero finite nei terreni vicini di loro stessa proprietà. Nulla di inesatto in principio, poiché è quanto disposto dal dettato del Piano di Tutela delle Acque che la Regione Puglia ha adottato con il DGR n. 883/2007 al fine di adeguare la normativa regionale alle diposizioni del D. Lgs. n.152/2006, recanti “norme in materia ambientale” (il legislatore statale aveva a sua volta recepito le norme della Direttiva 2000/60/CEE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del 23 ottobre 2000). Tuttavia, da questo breve cenno, derivavo almeno due considerazioni. La prima è che l’ultimo livello del potere esecutivo, costituito dall’ufficiale della strada, l’ufficio ASL nella fattispecie, dovrebbe far applicare la legge a tutti, non in maniera arbitraria, ma comunque in modo ragionevole al fine di
rendere le norme legittime agli occhi del cittadino. Una soluzione certamente pericolosa, che rimanda necessariamente a un livello elevato di preparazione da parte degli agenti e sulla quale non formuleremo ulteriori analisi. La seconda considerazione, per me la più importante nell’elaborazione di questa riflessione, è che la stessa legge, fatta applicare giustamente a tutti i poveracci di questo mondo, anche, ripeto, a un parcheggio di pochi metri quadrati di un giovane cooperativa di trentenni, non si faccia applicare a una società di diritto privato di nome Azienda Nazionale Autonoma delle Strade spa che, malgrado la privatizzazione nel 2002, resta comunque in mano al Ministero del Tesoro della Repubblica Italiana. Ancora una volta, mi cogliete in pieno conflitto di interessi: parlo infatti di esperienze personali e sono mosso da rancori personali; poco male, perché per caso mi trovo dalla parte della legge, anzi, tra coloro i quali si trovano al di sotto della legge e per questo schiumo di rabbia. Se vuoi costruire un parcheggio, devi preoccuparti di depurare l’acqua di poche centinaia di metri quadrati che non può finire nei terreni, perché inquinano; se invece ti chiami ANAS puoi anche non preoccuparti di scaricare centinaia di litri di acque meteoriche direttamente nella falda acquifera, senza neanche passare attraverso i campi di spandimento e i filtri costituiti dagli strati. Più precisamente, in un inghiottitoio naturale situato tra via Polmonare e via Santa Candida, in contrada Bassa Gaudella, l’ANAS, utilizzando un canale di scolo, canalizza volontariamente tutto quello che l’acqua piovana ripulisce sul manto stradale della SS 100 (per una superfice di circa 3 ettari e mezzo): pneumatici, carburanti, bottiglie, lattine, ecc. Ogni cosa, spinta dal flusso dell’acqua va a condire la falda acquifera del nostro paesino di collina. Del resto, le mie riflessioni sono avvalorate dalla pratica in uso negli ultimi mesi dalla stessa ANAS che al posto di investire euro per adeguarsi alla normativa vigente in relazione al trattamento delle acque meteoriche, continua a dilapidare un patrimonio in pratiche oscure: mi riferisco alla circostanza riportata da alcuni tecnici incaricati di effettuare perizie per espropri lungo l’asse della SS 100 (lavori affidati spesso al benemerito gruppo Marcegaglia) che sarebbero stati liquidati con cifre pari a tre volte il valore effettivo. Non ci sorprenderemmo se gli espropri andassero a vantaggio di nomi noti, ma in generale occorre chiedersi perché l’ANAS può continuare ad andare in deroga alla legge quando i danni causati all’ambiente – per non parlare delle persone e delle colture – sono tali da chiedere uno sforzo concreto in direzione del rispetto della normativa. La spiegazione è semplice: nessuno impone all’ANAS di stare al di sotto della legge e la magistratura impiega invece decenni per imporre soluzioni. Ma l’ANAS non è la
sola a fare delle nostre falde acquifere quel che le pare, senza che alcun solerte ufficio igienico sanitario dell’italica nazione, sempre attento invece in materia di cappe fumarie e scarichi, si adoperi per imporre le medesime norme. Mi riferisco a tutto il complesso residenziale denominato Villaggio Azzurro e annesso Aeroporto militare che, di fatto, almeno fino al novembre 2011, destinava attraverso apposita tubatura degli scarichi reflui direttamente in falda acquifera, nello stesso inghiottitoio e utilizzando il canale in comune con l’ANAS. Leggende metropolitane senza nulla di leggendario narrano che questi complessi residenziali di circa un migliaio di unità non abbiano nessun allaccio alla rete fognaria: provate a chiedere un’autorizzazione per un locale di un ristorante con tali lacune e certamente vi verrà negata; se invece rappresentate le Forze Armate (che ringraziamo per la protezione dagli alieni, dai cinesi, dai comunisti e da Bin Laden) potete anche fare a meno della fogna e scaricare in falda acquifera quando il vostro depuratore – inadeguato per dimensioni - raggiunge il “troppo pieno”. Come dire, questa è la differenza tra i cittadini al disotto della legge e chi invece vive perennemente al di sopra di ogni sospetto. Se non rischiassi di risultare ulteriormente ridicolo alle orecchie di molti, ogni tanto avrei voglia di dare una spiegazione molto romantica alla mia ostinata residenza a Gioia del Colle. Vorrei dire che qui, in questa via e nella stanza di casa, ho costruito la mia trincea. Da giovani si è sempre terzomondisti; io lo sono ancora. Tuttavia, ti capita di crescere e capire che anche la difesa di questi diritti piccolo borghesi ispirati ai principi delle società debitrici della rivoluzione nata nel 1789, è qualcosa per cui vale la pena di impegnarsi. Una sensazione confortata dalla considerazione che, nelle società cosiddette avanzate come la nostra, almeno sul piano teorico, non è possibile definire una gerarchia per la tutela dei diritti politici, civili e sociali. Del resto, posso garantire che l’organismo umano, soprattutto la testa, non risponde positivamente a queste piccole forme di violenza e di sopruso, perpetrate da una macchina burocratica irresponsabile rispetto alle proprie azioni. Ho conosciuto il dolore che si prova a non avere speranza, la disperazione che si prova a non avere ascolto nelle sedi istituzionali, il disagio di essere governati da idioti senza né arte né parte. Troppi esseri umani vivono ancora al di sotto della legge e, trincerati, aspettano una speranza. Non siamo soliti vendere sogni e fare promesse; per questo ci sono zio Silvio e gli aspiranti alchimisti della sua setta. Noi ci limitiamo a riprometterci e a promettere che resteremo qui a sostenere i diritti di chi non ha amici forti e non ha agganci da spendere. ¿
Via Dante, 80