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EDITORIALE

LUCA MEI

L’INFORMAZIONE (TECNICA) PORTATRICE DI PACE

Il Premio Nobel per la Pace 2021 è stato assegnato alla filippina Maria Ressa e al russo Dmitrij Muratov, giornalisti indipendenti che hanno denunciato gli abusi di potere e i regimi dittatoriali nelle Filippine, la prima, e difeso la libertà di espressione in Russia attraverso il giornale di opposizione Novaja Gazeta, il secondo. Nella motivazione del comitato svedese che conferisce il Premio Nobel per la Pace si legge che il prestigioso riconoscimento è andato ai due giornalisti “per i loro sforzi nel salvaguardare la libertà di espressione, che è una condizione preliminare per la democrazia e una pace duratura”.

Premesso tutto questo, verrebbe ora da chiedersi cosa c’entri il Premio Nobel per la Pace con una rivista il cui bacino di lettori si trova in ambito industriale, a meno che non si faccia caso al fatto che i due premiati sono operatori dell’informazione, campo in cui rientra, declinata in versione tecnica, anche la nostra attività. Certo, con il Nobel si vola alto (e con quello per la Pace ancora di più) e il rischio di precipitare rovinosamente e di farsi molto male per accostamenti azzardati e presuntuosi è direttamente proporzionale all’altezza, ma, una volta concesso l’azzardo, più che l’accostamento, da una lettura più approfondita della motivazione si può intuire che il premio è stato assegnato ai due giornalisti per aver svolto il loro lavoro con impegno, preparazione, competenza, serietà, onestà e coraggio.

Valori, questi, che, per chi fa informazione, di qualsiasi genere, dovrebbero essere fari da non perdere mai di vista, non solo nelle notti più buie ma anche nei giorni più luminosi. Soprattutto in un’era in cui il mestiere dell’informatore e del comunicatore è palesemente “sprofessionalizzato” dal proliferare di mezzi a disposizione di chiunque voglia esprimere la propria opinione, che rischia di trasformare un pluralismo sacrosanto in un fiume di parole impetuoso e fuori controllo, sempre al limite dell’esondazione nel sensazionalismo, nei falsi scoop, nelle notizie inesistenti e nel fenomeno delle bufale (altisonantemente e anglofonicamente definite “fake news”), in taluni casi alimentato ad arte con scopi divisivi ben lontani da un’arricchente diversità di vedute e culturale, con derive svilenti e che imbruttiscono ogni ambito di convivenza civile. Ecco, allora, cosa può c’entrare il Premio Nobel per la Pace assegnato a due giornalisti per le loro battaglie in nome della libertà, che passa attraverso quella di espressione, portatrice di democrazia e pace durature: l’esempio altissimo che se ne può trarre affinché l’informazione, finanche tecnica, sia profondamente ispirata da sani principi etici, che le permettano di travalicare i confini del messaggio del momento e del proprio contesto circoscritto, per diventare infine foriera di pace.

AMAPLAST: REPORT DALLA TAVOLA ROTONDA CHE HA SEGUITO L’ASSEMBLEA ANNUALE SOSTENIBILITÀ 4.0? UN’OPPORTUNITÀ!

NEL RISPETTO DI UNA TRADIZIONE CHE, A COROLLARIO DELL’ASSEMBLEA ANNUALE AMAPLAST RISERVATA AI SOCI, VEDE UNA TAVOLA ROTONDA APERTA A PUBBLICO E STAMPA DI VOLTA IN VOLTA LEGATA A TEMI D’ATTUALITÀ, ALL’EVENTO DEL 16 SETTEMBRE L’ARGOMENTO DIBATTUTO È STATO QUELLO DEI POSSIBILI MODELLI DI RICICLO E DI RIUSO DELLA PLASTICA

DI ERMANNO PEDROTTI, LUCA MEI E RICCARDO AMPOLLINI

In quel di Arese, nell’immediata cintura Nord-Ovest di Milano, sorge il museo storico dedicato alla produzione dell’Alfa Romeo. Inaugurato nel 1976, il complesso museale si estende per 4800 metri quadri e su sei piani ospita 256 vetture, 150 motori storici, 15 propulsori aeronautici, fotografie, manifesti promozionali e filmati d’epoca, come pure spazi per esposizioni, cinema 4D, servizi fotografici ed eventi. Ed è qui che il 16 settembre scorso si è tenuta l’assemblea annuale dei soci Amaplast, cui ha fatto seguito la tavola rotonda dal titolo “Sostenibilità 4.0”. A quest’ultima sono intervenuti: Marco Versari, presidente del consorzio Biorepack, responsabile relazioni pubbliche di Novamont e past president di Assobioplastiche; Walter Ganapini, membro onorario del comitato scientifico dell’Agenzia Europea Ambiente, cofondatore di Legambiente e past president di Greenpeace Italia; Osvaldo Bosetti, direttore industriale di Goglio Europa; Camillo Rovida, consulente Amaplast. A Ilaria Vesentini, amministratore delegato del Centro Studi Mecs-Amaplast, è invece spettato il compito di moderare l’incontro. Prima dell’inizio della tavola rotonda, per ben inquadrare i contorni dell’argomento poi affrontato dai relatori, Giovanni Regano, analista del Centro Studi Mecs-Amaplast, ha presentato alcuni risultati di un’analisi GlobalData sul grado di consapevolezza dei consumatori in tema di sostenibilità negli imballaggi che, in buona sostanza, vedono in pole position un prodotto con indiscusse peculiarità in tema di sostenibilità ecologica, seguito a ruota dal design degli involucri stessi. Dopodiché è iniziato il dibattito tra Ilaria Vesentini e gli ospiti.

“IN PRIMA BATTUTA CHIEDO A MARCO VERSARI CHE COSA SONO LE BIOPLASTICHE, MA SOPRATTUTTO QUAL È LO SCENARIO, IN TERMINI DI CRESCITA E DI RICICLO, CHE VOI OPERATORI VI ATTENDETE NEI PROSSIMI ANNI?”

“Questa è la mia prima uscita pubblica in veste di presidente di Biorepack, consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile, il cui statuto è stato approvato con decreto del 16 ottobre

2020 dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico. Biorepack è il settimo consorzio di filiera del sistema Conai. Rispondo alla prima parte della domanda in qualità di past president di Assobioplastiche. Per bioplastiche si intendono quei materiali e quei manufatti, da fonti sia rinnovabili che fossili, che possiedono la caratteristica di essere biodegradabili e compostabili. Assobioplastiche suggerisce di non includere nella definizione di bioplastiche quei materiali derivanti, parzialmente o interamente, da biomassa, che non siano biodegradabili o compostabili, preferendo indicarli con il nome “plastiche vegetali”. Per quanto riguarda invece gli scenari di sviluppo, occorre dire che questi materiali non sono nati con l’obiettivo di sostituire la cosiddetta plastica tradizionale, bensì di rispondere a specifici problemi ambientali, laddove essi esistano. Nello specifico, le plastiche compostabili sono state messe a punto per raccogliere la sezione organica dei rifiuti, che rappresenta la quantità maggiore di tutti i rifiuti prodotti dai cittadini e la cui raccolta non è facilissima, perché emana cattivi odori, attira animali, sporca. Un sacchetto compostabile permette in primis alle famiglie di raccogliere bene la frazione umida e, successivamente, di raccoglierla e riciclarla al meglio. Relativamente allo scenario di sviluppo del consorzio, i dati di Plastic Consult ci raccontano di un settore con crescita costante a doppia cifra; di conseguenza, come operatori del riciclo, ci aspettiamo un aumento costante delle quantità di imballaggi da gestire”.

“IN ALTRE PAROLE, IL PROCESSO DI RICICLO A VALLE È FONDAMENTALE PER SOSTENERE ANCHE TUTTA LA PARTE PRODUTTIVA A MONTE?”

Marco Versari, presidente di Biorepack, responsabile relazioni pubbliche di Novamont e past president di Assobioplastiche “È così. L’Italia, poi, non solo sta ottenendo buoni risultati nel recupero della frazione organica, ma sta pure portando al di fuori dei confini nazionali un modello di sviluppo industriale e di innovazione di eccellenza”.

“L’ITALIA È QUINDI SALDAMENTE POSIZIONATA IN QUESTO BUSINESS?”

“Sì e lo è perché è partita prima di altri paesi. Inoltre, notiamo con una certa soddisfazione che alcune recenti normative europee si ispirano a quelle italiane; ciò significa anche creare nuovi mercati per le plastiche biodegradabili e compostabili made in Italy”.

“L’EUROPA SI STA QUINDI MUOVENDO IN MODALITÀ SINERGICA CON L’ITALIA, RISPETTO A TALE DELICATA QUESTIONE?”

“Bruxelles crede nella biodegradazione; campo nel quale ricerca e industria fanno la loro parte. Ma al contempo non spinge abbastanza affinché il cittadino s’impegni a raccogliere di più e meglio non solo la plastica, ma tutto. È poi quantomeno bizzarro pensare che solo dal 2024 sarà obbligatoria la raccolta della frazione organica in Europa. E qui la nostra associazione si sta adoperando per divulgare in sede UE le ragioni per cui le bioplastiche hanno avuto successo in Italia”.

“TENENDO CONTO CHE GLI OBIETTIVI CHIAVE PER IL 2030 MIRANO A UNA RIDUZIONE DEL 40% DELLE EMISSIONI DI GAS SERRA RISPETTO AI LIVELLI DEL 1990, A UNA QUOTA DEL 32% DI ENERGIA RINNOVABILE, A UN MIGLIORAMENTO DEL 32,5% DELL’EFFICIENZA ENERGETICA, È POSSIBILE FARE UNA STIMA DELLA QUANTITÀ DI BIOPLASTICHE CHE L’INDUSTRIA ITALIANA ARRIVERÀ A PRODURRE ENTRO QUELLA DATA?”

“Sappiamo che, ad oggi, l’Italia ha immesso sul mercato 110 mila tonnellate di plastica compostabile. È un fatto che siamo di fronte a un mercato in forte crescita. Se poi l’Italia saprà fare squadra, se avrà modelli da proporre, se tali modelli diventeranno vincenti, allora il nostro palcoscenico sarà quantomeno l’intera Europa, con tutte le conseguenze possibili. Attualmente in Europa vengono prodotti 10 milioni di tonnellate di scarti organici e due terzi di questi finiscono in discarica. Solo un terzo viene raccolto, e quasi la metà in Italia. È facile immaginare cosa potrebbe significare raccogliere il rifiuto umido in tutta Europa con una normativa come la nostra, che prevede che gli scarti organici vengano raccolti in purezza, con materiali compostabili e basta. Significherebbe passare da 60 milioni a 400 milioni di abitanti solo per il

Walter Ganapini, membro onorario del comitato scientifico dell’Agenzia Europea Ambiente, cofondatore di Legambiente e past president di Greenpeace Italia

business dei sacchetti compostabili dell’umido. Per le buste della spesa il trend è identico. Qui l’Italia ha fatto una scelta intelligente e coraggiosa quando ha detto: “Andiamo a fare la spesa con buste riutilizzabili. Se poi non abbiamo buste riutilizzabili, comperiamo le compostabili che poi usiamo per la raccolta dell’umido. Semplicissimo”. È vero che, come conseguenza immediata, l’Italia ha visto ridursi di quasi due terzi la produzione di buste tradizionali, ma le aziende produttrici sono rimaste, si sono riconvertite e già oggi vendono buste compostabili pure fuori dall’Italia”.

“A QUESTO PUNTO MI RIVOLGO A WALTER GANAPINI CHIEDENDOGLI SE, NEL SUO DOPPIO RUOLO DI CHIMICO E AMBIENTALISTA, È D’ACCORDO CON QUANTO ESPOSTO DA VERSARI?”

“In linea di massima concordo con quanto detto da Marco Versari. Dal canto mio, sono convinto che i polimeri e le bioplastiche siano prodotti di un lungo cammino di conoscenza e che, a tale proposito, nel nostro Paese abbiamo un retroterra di primordine. Penso a Raul Gardini, per dire, e all’intuizione che negli Anni Ottanta ebbe in Montedison, in merito alla filiera che oggi definiamo di chimica verde; che è peraltro davvero sempre molto interessante, e non perché si pensa che le plastiche siano il diavolo - personalmente, poi, sono contrario sia a demonizzare sia a divinizzare le tecnologie - ma perché le bioplastiche sono oggettivamente dei buoni prodotti”.

“NELLA VASTISSIMA GALASSIA DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE CI SONO POSIZIONI DIVERSE IN MERITO ALLE EMERGENZE AMBIENTALI E CLIMATICHE. QUAL È LA SUA OPINIONE AL RIGUARDO?”

“Oggi siamo di fronte a tre crisi sistemiche, tra loro interconnesse: la pandemica, la finanziaria/ industriale, ma, soprattutto, l’irreversibile emergenza climatica. Oggi si parla di decarbonizzare l’economia. Occorre uscire dal modello di sviluppo incentrato sulle risorse fossili. Da tempo si sapeva già tutto, da molto tempo. La prova sta in queste poche, ma potenti, frasi del pre-

mio Nobel per la Pace Lučka Kajfež Bogataj, nel 2007: “L’età della pietra non è finita perché sono finite le pietre: è finita perché tecnologie più avanzate (strumenti in bronzo) sono state sviluppate per soddisfare le esigenze dell’umanità. Allo stesso modo l’era dei combustibili fossili non finirà perché esauriremo petrolio e carbone”. È un fatto che ancora oggi rispetto alle fonti fossili, in particolare idrocarburi, gas naturale e carbone, non siamo stati in grado di ridurre le emissioni dannose e climalteranti. Raggiunte 400 ppm di CO2 in atmosfera, il cambiamento climatico è divenuto irreversibile. La scienza ci dice che a 450 ppm di CO2 nell’atmosfera si è prossimi al rischio di estinzione della specie. Pur essendo per mia natura alieno da catastrofismi, sono preoccupato. Si dia perciò celere attuazione all’Agenda 2030, perché oggi siamo a più di 415 ppm di CO2”.

“DA AMBIENTALISTA, RITIENE SODDISFACENTI GLI OBIETTIVI CORALMENTE SBANDIERATI SUL TEMA SPECIFICO DELL’ECONOMIA CIRCOLARE NEL CAMPO DEI RIFIUTI PLASTICI?”

“Al di là dei proclami e degli slogan, sulla questione dei rifiuti plastici io sono esterrefatto per come l’Italia tenda spesso a divenire il cimitero dell’innovazione. E qui porto un esempio concreto. Per conto del Ministero dell’Ambiente, nel 1990 Enimont aveva sperimentato procedure che permettevano di miscelare i rifiuti plastici nei bitumi per gli asfalti stradali. Si arrivò anche ad asfaltare una trentina di chilometri tra Siracusa e Ragusa, su strade esposte ad alta concentrazione di salinità in aria e a forte irraggiamento solare: i risultati furono eccellenti, sia per la durevolezza del manto stradale sia per gli effetti anacustici rilevati. Dopodiché, come Ministero, realizzammo un censimento nazionale sui grandi produttori di bitumi esistenti, dal quale emerse che in ogni regione ce n’era almeno uno in grado di processare con continuità le grandi quantità di rifiuti plastici disponibili. Tutto ok? Niente affatto. Non se ne fece più nulla. Perciò fa specie, oggi, leggere dei tanti incendi di rifiuti perlopiù plastici stoccati illegalmente dall’estremo Nord al Meridione d’Italia, se pensiamo che nell’Italia degli Anni Novanta avevamo in mano una buona soluzione e che, mentre da noi non se n’è fatto nulla, in paesi come Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito, Germania, ma pure Cina, Filippine e non solo, è consuetudine asfaltare le strade con bitumi contenenti percentuali di rifiuti plastici adeguatamente trattati. Cercate in rete “Plastic Roads” per averne conferma. Il recupero del plasmix come materiale per asfalti divenga la priorità. Paiono aprirsi anche ulteriori possibilità di recupero dei rifiuti plastici come materia, a partire da quelle in siderurgia”.

Osvaldo Bosetti, direttore industriale di Goglio Europa “SULLA SCORTA DEI TREND CITATI IN APERTURA DI TAVOLA ROTONDA DA GIOVANNI REGANO, A OSVALDO BOSETTI PONGO ORA LA TIPICA DOMANDA DA UN MILIONE DI DOLLARI: QUAL È L’EVOLUZIONE DEL PACKAGING NON SOLO NEL BREVE, MA PURE NEL MEDIOLUNGO PERIODO?”

“Operando in seno a una realtà prettamente manifatturiera, mi piace intanto dire che il 2020 ha significato per noi un traguardo importante: 170 anni d’attività nel packaging. Traguardo che ha trovato un’azienda attiva in più settori del confezionamento; in primis nei prodotti alimentari (caffè, cibi in polvere, in pezzi o liquidi, piatti pronti), ma anche nei prodotti chimici e farmaceutici, come anche in cibo per animali e detergenti. Ma l’azienda ha pure una Divisione Macchine che progetta e realizza linee di confezionamento e soluzioni integrate e modulari “chiavi in mano”. In questa duplice veste di fornitori di packaging e di costruttori di macchine per il packaging, il nostro team di ricerca e sviluppo persegue obiettivi quali la riduzione dello spessore dei laminati, l’individuazione di nuovi materiali riciclabili, compostabili e biodegradabili, e non solo. Detto ciò, provo ora a rispondere alla domanda da un milione di dollari. Come già accennato, noi lavoriamo a contatto con il cliente, sia la multinazionale o il piccolo produttore, ed è sia da loro sia dalle direttive europee che abbiamo il feedback di trend in chiave green. È quindi da anni che siamo impegnati nello sviluppo di materiali che possano rientrare nella filiera del riciclo e dei compostabili. Due filoni paralleli ed entrambi percorribili. Lavoriamo allo spostamento dal multistrato contenente materiali diversi, compreso l’alluminio, verso nuovi packaging monoma-

Camillo Rovida, consulente Amaplast

Dario Previero, riconfermato alla presidenza di Amaplast fino al 2023, alla fine della tavola rotonda ha lanciato un messaggio di augurio agli astanti

teriale. Nel corso di questo lavoro si sono compiuti studi ad hoc, in collaborazione con centri di ricerca e università, sulla riduzione della CO2 che potrebbe essere immessa nell’ambiente durante queste nuove lavorazioni. Quegli studi ci dicono che per l’imballaggio monomateriale, a base di PE o PP, si ha un impatto inferiore del 38% sull’emissione di CO2. In altre parole, se ho due materiali, uno standard e uno nuovo, sul nuovo riesco ad avere un rilascio di CO2 inferiore del 38%. Ergo: il riciclabile porta anche a un abbattimento delle emissioni di CO2. Dopodiché ci restano ancora punti di domanda sull’utilizzo pratico di questi nuovi materiali: se il cliente finale confeziona il prodotto in questi nuovi materiali, poi trasferisce il suo prodotto a 10 mila km di distanza e, magari, sta sul mercato per un anno prima di raggiungere l’acquirente finale, il nuovo imballo green mi dà le stesse performance del vecchio imballo? Ad oggi la sfida sta in questi termini; come pure sui costi”.

“QUESTI MATERIALI, DA VOI IN GOGLIO, SONO QUINDI ANCORA IN FASE DI STUDIO?”

“Sono in fase di test, ma ci sono alcune multinazionali che hanno già iniziato a immettere sui loro mercati questi nostri nuovi materiali. E qui subentra un aspetto peculiare che molto ci aiuta: come già detto, fabbrichiamo anche macchinari per il packaging. Ciò ci consente di testare in casa la macchinabilità dei nostri nuovi materiali, di confrontarli con gli standard, di capire come possiamo agire per aiutare il cliente a incrementare il gap rispetto allo standard”.

“CI PUÒ DIRE QUALCOSA DI PIÙ SUI TEMPI PER L’OTTIMIZZAZIONE DI QUESTI NUOVI MATERIALI ECOSOSTENIBILI?”

“I tempi non sono lunghi. Già oggi abbiamo nel nostro portafoglio prodotti riciclabili già testati a base di poliolefine”.

“ULTIMO IN ORDINE CRONOLOGICO, MA NON CERTO D’IMPORTANZA, A CAMILLO ROVIDA CHIEDO INTANTO LUMI SU RICICLO CHIMICO E MECCANICO. DOPODICHÉ, QUAL È LO STATO DELL’ARTE DEL RICICLO CHIMICO?”

“I rifiuti d’imballaggi in plastica post consumo provenienti da raccolta differenziata (domestica, commerciale e industriale) sono selezionati in flussi più omogenei di polimero da destinare al riciclo meccanico. Il riciclo meccanico degli imballaggi in plastica consente di trasformare i rifiuti in plastica in materie prime seconde. Le tecnologie di riciclo chimico, attraverso processi di degradazione termica e/o demolizione del polimero in condizioni controllate, anche attraverso reazioni di idrolisi, metanolisi e glicolisi, sono i processi che consentono di ottenere nuove materie prime per la filiera petrolchimica e/o nuovi monomeri e oligomeri che possono essere utilizzati per produrre nuovi prodotti, o nuovi polimeri. I processi di pirolisi e gassificazione consentono di utilizzare i flussi di rifiuti d’imballaggi non selezionabili, e di conseguenza non processabili mediante il riciclo meccanico. Il riciclo chimico rappresenta dunque una soluzione complementare al riciclo meccanico, al fine di aumentare la circolarità e l’efficienza delle risorse utilizzate, raggiungendo gli obiettivi approvati dalla Commissione europea nella sua strategia per le materie plastiche. Attualmente il processo di riciclo chimico più comune in Europa prevede il riutilizzo dei rifiuti d’imballaggi in plastica non selezionabili in altoforni, all’interno dei quali le materie plastiche sono gassificate in syngas e vanno a sostituire coke, carbone o gas naturale come agente riducente per la conversione di minerali ferrosi e altri metalli ossidati in metalli puri. Tutte le società principali della chimica, quali Basf, Borealis, Ineos, Sabic, Total, Trinseo e Versalis, sono impegnate nello sviluppo di progetti di ricerca e industrializzazione delle diverse tecnologie di riciclo chimico (depolimerizzazione, pirolisi termica e catalitica, gassificazione, idrocracking) in collaborazione con le società di ingegneria e/o proprietarie di tecnologie. Per quanto riguarda i progetti di sviluppo, in Italia sono state avviate varie attività. Il progetto Hoop di Versalis prevede un accordo di sviluppo congiunto con la società d’ingegneria SRS, allo scopo di trasformare via pirolisi i rifiuti in plastica mista, non riciclabili meccanicamente. Eni e Versalis hanno sottoscritto un accordo con il consorzio Corepla per mettere a fattor comune le proprie competenze al fine di valorizzare e riciclare gli imballaggi in plastica, in particolare quelli non riciclabili meccanicamente che generano il plasmix, attraverso i processi di gassificazione e riciclo chimico via pirolisi. LyondellBasell ha annunciato l’avvio del nuovo impianto pilota di riciclo molecolare MoReTec a Ferrara, che consente di trasformare la plastica finora non riciclabile in nafta, da cui è possibile creare nuova plastica vergine. Garbo, società di Cerano (Novara) ha messo a punto un processo innovativo, denominato ChemPET, in grado di convertire, tramite depolimerizzazione (via glicolisi) gli scarti a base di PET attualmente non recuperabili, in un intermedio, il BHET (bis-idrossi-etilen-tereftalato), che può essere utilizzato, in sostituzione dei monomeri di origine fossile, per creare nuovamente PET vergine. Plastipak Italia Preforme, parte del gruppo Plastipak Packaging, e Garbo hanno stretto una partnership esclusiva per l’Italia, volta a sviluppare su scala industriale il riciclo chimico di PET per impieghi nella produzione di preforme per bottiglie. Maire Tecnimont ha annunciato che la sua controllata NextChem e Agilyx Corporation, pioniera nel riciclo avanzato della plastica post consumo, hanno firmato un accordo per supportare lo sviluppo di impianti di riciclo chimico avanzato a livello mondiale. L’accordo integra la tecnologia avanzata di pirolisi di Agilyx con l’esperienza di NextChem, leader nel licensing, nello sviluppo e nei servizi EPC (Engineering, Procurement, Construction) per soluzioni di riciclo della plastica. Nell’ambito del riciclo meccanico, infine, Versalis ha sviluppato una nuova linea di prodotti in plastica da riciclo, denominata Revive, a diversa base polimerica, stirenica o polietilenica”.

I protagonisti della tavola rotonda: oltre ai relatori, anche Ilaria Vesentini, che ha moderato l’incontro, e Dario Previero (secondo da destra), che ha fatto gli onori di casa

“HA MENZIONATO GRANDI NOMI. UNA PMI ITALIANA NON POTREBBE ESSERE IN GRADO DI SVILUPPARE SUOI STUDI SULLA PIROLISI?”

“Data la complessità dei processi di riciclo chimico che trasformano i rifiuti di plastica post consumo in nuove materie prime o in nuovi monomeri e oligomeri per l’industria chimica, le realtà industriali impegnate nei progetti di sviluppo e industrializzazione dei processi di riciclo chimico sono fondamentalmente le società principali della chimica, in collaborazione con quelle di ingegneria e/o proprietarie di tecnologie di pirolisi e depolimerizzazione”.

Al termine di queste testimonianze, Dario Previero, direttore generale dell’azienda di famiglia costruttrice di macchine per il riciclo della plastica e riconfermato alla guida di Amaplast fino al 2023, s’è rivolto al pubblico in sala per dire, semplicemente ma pragmaticamente, che bisogna saper cogliere le sfide in atto, che è necessario saper rivedere le proprie capacità d’innovazione e, soprattutto, che bisogna essere veloci nel saper realizzare soluzioni in linea con l’agenda 2030.

NEWS

Global Plastics Ranking Cina, USA e Germania ai primi posti per volumi scambiati di materie plastiche

Il Global Trends Report 2021, pubblicato dall’associazione statunitense Plastics Industry Association, offre una panoramica degli scambi commerciali di materie plastiche tra gli Stati Uniti e il resto del mondo che copre il 2020 e il primo semestre del 2021. Include inoltre la classifica Global Plastics Ranking dei primi 100 paesi, redatta in base ai volumi degli scambi di materie plastiche. Tale classifica, tra l’altro, misura il “peso” della plastica nell’ambito delle singole economie nazionali. Nel 2020 il mercato cinese delle materie plastiche si è classificato al primo posto, raggiungendo un valore di 180,2 miliardi di dollari, seguito da quello di USA (129,6 miliardi) e Germania (110,9 miliardi). Nel 2018 gli Stati Uniti occupavano il terzo posto dietro alla Germania, ma negli ultimi due anni l’hanno superata. Considerando che quello della plastica è un settore maturo, l’andamento della crescita riflette l’evoluzione dell’economia misurata in termini di PIL. Per questo motivo, non è insolito vedere le economie più forti rivestire il ruolo di protagoniste anche nel commercio globale di materie plastiche. L’espansione dell’economia cinese ha determinato anche la crescita del comparto industriale, che comprende il settore materie plastiche. Nel periodo 2001-2020 il PIL cinese ha registrato una crescita media dell’8,7%. In tale periodo la quota globale delle esportazioni cinesi di materie plastiche e relativi prodotti è aumentata dal 4,0% del 2001 al 16% del 2020. Alla luce dell’espansione della classe media in Cina, si prevede che nei prossimi anni i consumi incrementeranno la propria incidenza sul PIL del paese asiatico. Ciò significa una crescita più accentuata della produzione e delle importazioni di materie plastiche. La quota della Cina sul totale delle importazioni mondiali di materie plastiche è aumentata dall’8% del 2001 all’11% del 2020. Mentre nello stesso periodo la crescita economica degli Stati Uniti è stata in media dell’1,7%, gli USA si confermano come il maggior consumatore mondiale di beni fabbricati in altri paesi. Il 70% del PIL USA finisce infatti nei consumi. La quota statunitense sul totale delle importazioni mondiali di materie plastiche è rimasta stabile intorno al 10% nel periodo 2001-2020, mentre quella dell’export è diminuita dal 14% al 10%. Data la loro economia da oltre 19 trilioni di dollari, si prevede che gli Stati Uniti continueranno a svolgere un ruolo chiave a livello globale in questo settore. Il ruolo della Germania nel settore globale delle materie plastiche è invece ancorato alle innovazioni nel campo di macchinari e tecnopolimeri. Il comparto manifatturiero tedesco è ricco di opportunità per i nuovi prodotti e le nuove applicazioni dei polimeri. Per questo motivo, accanto alla sua crescita economica, il ruolo della Germania in questo settore è destinato a rimanere significativo. Il rapporto stima in 110,9 miliardi di dollari il valore degli scambi commerciali di materie plastiche in Germania per il 2020. Analogamente agli Stati Uniti, la quota della Germania sul totale delle esportazioni globali è diminuita, passando dal 13% del 2001 all’11% del 2020, mentre la quota delle importazioni è stata in media del 7,3. Rispetto agli USA, l’incidenza dei consumi sul PIL della Germania rimane relativamente bassa con

“I protagonisti del commercio globale delle materie plastiche si troveranno ancora una volta ad affrontare sfide su più fronti”, ha dichiarato Perc Pineda, chief economist di Plastics Industry Association. “Come confermato dall’ascesa di altri paesi nella classifica Global Plastics Ranking, la domanda globale di materie plastiche è stata e dovrebbe mantenersi sana, anche in considerazione dei vantaggi in termini di costi rispetto ad altri materiali e alla varietà delle applicazioni destinate ai comparti del manifatturiero e dei servizi”

un 49,5% nel secondo trimestre 2021, in diminuzione a confronto del 50,9% del secondo trimestre 2020. Nel commercio globale delle materie plastiche, gli accordi commerciali - in particolare il NAFTA (North American Free Trade Agreement) e il più recente USMCA (USA-Mexico-Canada Agreement) - confermano la loro importanza per gli Stati Uniti. I maggiori partner commerciali del paese sono infatti Messico e Canada, che nel 2020 sono saliti di livello nel Global Plastics Ranking rispetto al 2019, entrando nella “top ten” rispettivamente al 9° e al 10° posto. Le stime indicano un valore degli scambi di materie plastiche di 33,5 miliardi di dollari per il Messico e di 30,9 miliardi per il Canada. Le economie dei paesi USMCA dovrebbero migliorare ulteriormente nel biennio 2021-2022 e, di conseguenza, anche il commercio di materie plastiche fra i tre partner. Nel Global Plastics Ranking vi è posto anche per gli attori globali emergenti. Uno di questi è il Vietnam, che nel 2020 si è classificato al 16° posto, in progresso rispetto alla 20° posizione occupata nel 2019. Il valore dei suoi scambi commerciali di materie plastiche è salito a 22,4 miliardi di dollari, mentre le esportazioni si sono rafforzate grazie soprattutto al costo del lavoro favorevole. L’India, invece, è scesa al 19° posto rispetto al 16° del 2019. La Turchia completa la top 20 a scapito dell’Arabia Saudita.

L’anno è iniziato sotto i migliori auspici per il polistirene espanso Mercato dell’EPS in decisa ripresa nel 2021

Superate le difficoltà del 2020, dovute soprattutto agli effetti del lockdown, la filiera dell’EPS è cresciuta a ritmo sostenuto nel primo semestre del 2021. È quanto è emerso dalla consueta indagine annuale sul comparto, realizzata dalla società di consulenza Plastic Consult per conto di Aipe, l’associazione italiana per il polistirene espanso sinterizzato. Nel 2020, in Italia, sono state lavorate 116000 t di polistirene espanso vergine rispetto alle 124500 t del 2019, con un decremento dei volumi pari al -6,8%. L’edilizia si conferma il principale settore d’utilizzo dell’EPS con 62500 t, in particolare nel segmento lastre e blocchi, mentre l’imballaggio si piazza al secondo posto con 49900 t. Sempre secondo l’analisi di Plastic Consult, le perdite si sono concentrate nei primi mesi del 2020, complici le chiusure imposte dalla lotta alla pandemia, con un parziale recupero nella seconda parte dell’anno. Tendenza, questa, che è proseguita nel primo semestre dell’anno in corso, in cui si è registrata una crescita del 21% dell’impiego complessivo di materia prima rispetto allo stesso periodo del 2020. A consuntivo, infatti, alla fine di giugno erano già state superate le 60 mila tonnellate. A registrare le prestazioni migliori è stato sempre il segmento lastre e blocchi (+34%), spinto soprattutto dall’edilizia (+39%). Quest’applicazione è sostenuta dagli incentivi fiscali che premiano gli investimenti nell’isolamento termico degli edifici. Cresce del 9% il comparto preformati, sostenuto pure in questo caso dalle prestazioni dei prodotti per edilizia. Anche il comparto imballaggi registra andamenti positivi, con una crescita del 20% e del 5% rispettivamente nei segmenti lastre e blocchi e preformati. In particolare, crescono gli imballi in EPS per i prodotti non alimentari. Cresce infine l’impiego di EPS riciclato, che però non è compreso nei dati fin qui esposti, che riguardano esclusivamente i materiali vergini.

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