Filiera Grano Duro News - n. 12 - ott 09

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Filiera

Grano duro news Periodico di informazione tecnico-economica a sostegno del Progetto Pilota “Grano duro di alta qualità” in Emilia-Romagna

Sommario I tre anni del Progetto “Grano Duro di Alta Qualità in Emilia-Romagna”

pag. 1

La determinazione del prezzo pag. 3 nei contratti di coltivazione e vendita del frumento duro Grano duro in provincia di Parma? Si, con buoni risultati

pag. 5

I risultati del “Farming Barilla”. pag. 6 Effetti combinati della scelta varietale e della densità di semina

Filiera Grano duronews Periodico di informazione tecnico - economica n. 12 - OTTOBRE 2009 Proprietà e redazione: Società Produttori Sementi Via Macero, 1 - 40050 Argelato (BO) - info@prosementi.com Direttore responsabile: Dott. Marco Bon

I tre anni del progetto “Grano Duro di Alta Qualità in Emilia-Romagna” Roberto Ranieri – Barilla G. e R. Fratelli Società per Azioni – Parma Sono passate tre annate agrarie dall’inizio del progetto Grano Duro di Alta Qualità in Emilia-Romagna. Può essere pertanto utile stilare un bilancio dei risultati ottenuti, in uno scenario che in questi tre anni ha visto drammaticamente cambiare nel giro di pochi mesi le disponibilità e i prezzi delle commodities e quindi anche quelli del grano duro e che sta facendo ora i conti con una crisi economica con pochi precedenti. I risultati del progetto: • il grano duro è sempre più coltivato nella nostra regione oltre che in tutto il resto del Nord Italia; • le qualità tecnologiche del grano duro Alta Qualità sono competitive con quelle del nostro target di riferimento iniziale cioè con il grano proveniente dalla Francia; • l’istituzione esercita il suo ruolo di indirizzo e interviene con autorevolezza a chiarire eventuali criticità di percorso; • gli operatori di filiera (agricoltori, costitutore sementiero, stoccatori e azienda pastaria) stanno onorando gli accordi mostrando tra l’altro una forte capacità di gestire le criticità e di voler far evolvere e aggiornare il progetto stesso; • col passare delle annate si registra una fidelizzazione al progetto che scaturisce non solo dalle transazioni economiche ma da tutta una serie di iniziative tecnico-culturali sorte durante questo percorso. Mi riferisco, infatti, alla newsletter “Filiera Grano duro news”, al tavolo tecnico permanente che agisce sul Disciplinare di Coltivazione e di Stoccaggio e alla sperimentazione specifica come il “Farming Barilla” che permettono il coinvolgimento di competenze provenienti dalle università, dai centri

di ricerca, dagli enti pubblici e dal settore privato; • cresce l’attenzione degli operatori dell’Emilia-Romagna nei confronti di questa specie che sta favorendo l’espressione di iniziative volte a rafforzare la leadership della filiera grano duro/pasta italiana in ambito internazionale: è stato realizzato per esempio nel 2008 a Bologna il Simposio Internazionale “From Seed to Pasta: The Durum Wheat Chain” (organizzato dalla Società Produttori Sementi e dal Cimmyt - Messico) ed è in fase di organizzazione per il prossimo anno, sempre a Bologna, l’esposizione internazionale di filiera “Pasta Trend”. Ma veniamo ad un primo bilancio del raccolto 2009. Le stime quantitative sul raccolto nazionale sono molteplici a seconda dell’organizzazione che le promuove, anche se ormai un dato attendibile potrebbe assestarsi tra 3,3 e 3,5 milioni di tonnellate. Una produzione significativamente al di sotto di quella ottenuta nel 2008 che, infatti, si avvicinava ai 6 milioni di tonnellate. I minori ettari coltivati a causa dei prezzi bassi, la pioggia che ha ostacolato le operazioni colturali dalla semina alla raccolta in molte macroaree italiane e l’insufficiente stato nutrizionale, dovuto in particolare a diffuse carenze azotate, sono le principali cause di questa significativa riduzione. Il Sud Italia è la macroarea più penalizzata sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. I livelli proteici medi sono spesso sotto al 12% di proteine e molte partite si presentano significativamente slavate a causa delle piogge verificatesi a metà del raccolto. In queste aree si stima che le rese agronomiche medie possano attestarsi attorno a 2,2 t/ha.

Stampa: Bime Tipo-Litografia s.n.c. Via Sebastiano Zavaglia 20/24 - 40062 Molinella (BO) Reg. Tribunale di Bologna n. 7711 del 15/11/2006 Periodico realizzato con il contributo della Regione EmiliaRomagna ai sensi della L. R. 28/1998.

società PRODUTTORI SEMENTI S.p.A. BOLOGNA


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Filiera Grano duronews

n. 12 - Ottobre 2009

Il Centro Italia e in particolare le Marche livelli riscontrati della micotossina deossihanno fatto registrare rese più basse ri- nivalenolo (DON) sono stati generalmenspetto a quelle attese ma livelli proteici te bassi e significativamente al di sotto a volte superiori al 14%, mentre la produ- dei limiti di legge. In ogni caso, la forte zione toscana ha evidenziato rese medie variabilità riscontrata tra i lotti, anche di (2,5 t/ha), che per quanto basse sono co- uno stesso centro di stoccaggio (Barilla ha munque superiori a quelle disastrose pre- monitorato con il campionamento ufficiaviste durante la primavera. le ogni singolo lotto delle aree consideraIl Nord Italia è la macroarea italiana che te più a rischio) induce alla prudenza e a è stata meno penalizzata dall’andamento raccomandare una particolare e continua climatico della appena trascorsa anna- attenzione a questo aspetto di sicurezza ta agraria. Le rese agronomiche si sono alimentare. Occorre comunque consideattestate mediamente intorno ai 5,0 t/ha rare come il grano duro ottenuto dal promentre il contenuto proteico, pur ridu- getto Grano Duro di Alta Qualità, abbia cendosi di un punto percentuale rispetto dimostrato da un lato di poter contrastare allo scorso anno, oscilla dal 13,0 al 13,6%; il rischio DON e dall’altro di contribuire in i pesi ettolitrici hanno raggiunto diffusa- modo significativo e distintivo alla filiera mente l’80 kg/hl. durogranicola nazionale. Relativamente al Progetto Grano Duro Rimane una forte incognita sulle semine di Alta Qualità in Emilia-Romagna, sono dell’imminente annata agraria. A causa stati coltivati circa 14.000 ha e sono del protrarsi di una situazione di mercato stati stoccati più di 75.000 t di grano poco favorevole al prezzo dei cereali in duro (pari a una produzione media di generale e quindi anche del grano duro, si circa 5,4 t/ha) con un contenuto medio teme si possano ridurre ulteriormente le di proteine significativamente superiore al superfici seminate soprattutto nei terreni 13% e 81 kg/hl di peso ettolitrico; le varietà meno produttivi, in particolare al Sud Itacoltivate come è noto sono state Norman- lia, dove le basse rese non sarebbero in no, Levante, Saragolla e in piccola parte grado di sostenere i costi di produzione. Svevo (Tab.1). La bianconatura caratteriz- Il differenziale di prezzo in ogni caso tra za un po’ tutte le partite ed è stata causata, grano duro e grano tenero e le rese ormai come precedentemente accennato, da ca- soddisfacenti del grano duro e competitirenze nutrizionali durante lo sviluppo del- ve con il grano tenero, fanno sì che la colla pianta dovute soprattutto all’andamen- tivazione possa invece essere considerata to stagionale che ha ostacolato le conci- tra le più remunerative per gli agricoltori mazioni. La presenza del Fusarium della del Centro e del Nord Italia. spiga è stata diffusamente segnalata, ma i L’obiettivo 2010 del Progetto Grano Duro Tab. 1: Valutazione qualitativa delle produzioni ottenute nel 2009 Valutazioni Merceologiche N° Quantità campioni (t) Bianconati Striminziti Volpati analizzati* (%) (%) (%) CAIP BO-MO 25.088 19 28,4 3 3 PROGEO 6.912 6 20,3 2 5 CEREALI TERREMERSE 12.415 14 16,4 3 5 EMILIA CAP Ravenna 11.283 2 23,0 3 6 ROMAGNA MEDIE 55.697 23,6 3 4 PONDERATE CAPA Cologna 1.900 3 33,8 4 4 CESAC 225 1 8,5 1 4 CO.CER.IT 906 1 35,0 3 10 COMACER 1.378 3 20,0 5 3 COOP. AGR. 1.300 1 6,0 4 6 Tre Spighe CIAAD COOP. GRANDI Ortofrutticola 1.400 1 25,0 1 10 COLTURE Copparese COOP. Maiscoltori 1.914 1 9,8 2 5 Basso Ferrarese MEDIE 9.024 20,7 3 6 PONDERATE 3.403 8 14,1 2 3 CAP Parma Agenzia Soragna 1.800 2 9,3 4 2 CAP PARMA MEDIE 5.203 12,4 3 2 PONDERATE CAP PIACENZA 3.690 7 15,0 4 1 CAPA FERRARA 1.501 4 19,6 2 5 MEDIE PONDERATE 75.115 73 22,0 3 4 GENERALI Organizzazione

* Al momento sono stati analizzati 73 campioni di 73 lotti su 89 totali.

di Alta Qualità in Emilia-Romagna potrebbe essere quello di avvicinarsi alle 100.000 t. Un quantitativo prossimo al 40% del fabbisogno totale del mulino di Pedrignano riteniamo, con la maturità raggiunta dal Progetto, possa essere agevolmente raggiunto mettendo in coltivazione circa 17.000-18.000 ha. Il 2010 sarà anche l’occasione di sperimentare alcune nuove modalità contrattuali e di formazione del prezzo, che assieme ai sistemi contrattuali convenzionali andranno a costituire una miscela di proposte che tenterà di dare risposta alle attese di tutti i partner del progetto. Anche dal punto di vista della gestione agronomica occorrerà mettere in pratica alcune rilevanti osservazioni compiute in questi anni. Ad esempio, dalle ultime sperimentazioni, e in particolare dalla sperimentazione confermata con il Farming Barilla si evidenzia che una riduzione delle dosi di semina favorisce sia contenuti proteici migliori come pure le rese agronomiche. La coltivazione del grano duro costituisce una coltivazione di nicchia in campo mondiale, mentre in Italia è ancora il cereale più diffuso. E’ necessario per la pasta industry nazionale che la filiera tutta e le Istituzioni permettano a questo comparto produttivo di rafforzarsi internamente e di rimanere internazionalmente competitiva. Uno sforzo comune è più che mai necessario per difendere un settore industriale che è un fiore all’occhiello del nostro “Made in Italy”.

Peso Ettolitrico

Umidità

Ceneri 550°C

Sostanze Qualità Colore Azotate Glutine ** grano DON (ppb) Glutograph % ss indice “b” (0-10) 13,0 6,3 23,2 818 13,3 5,9 21,3 555 14,0 6,1 24,4 998 14,0 6,0 23,8 312

kg/hl

%

% ss

80,9 82,1 79,4 80,0

13,1 12,6 13,2 12,1

1,88 1,88 2,00 1,99

80,5

12,9

1,93

13,5

6,1

23,3

723

81,6 77,7 80,3 78,7

13,5 15,1 13,7 13,3

1,99 1,80 2,04 1,86

13,6 12,1 14,0 13,3

5,6 6,0 5,3 5,7

26,0 24,4 25,3 22,1

718 511 639 613

82,3

12,7

2,01

14,9

5,7

20,2

322

84,5

12,2

2,02

13,1

5,5

25,5

943

80,1

12,9

2,07

13,9

5,3

25,0

816

81,1

13,1

1,99

13,7

5,5

24,2

688

82,0 82,1

12,6 12,9

1,94 1,96

13,9 13,8

5,8 6,3

24,8 23,6

123 397

82,0

12,7

1,95

13,9

6,0

24,4

218

81,9 82,2

12,2 13,6

1,86 1,91

13,1 13,6

6,2 5,3

24,9 22,9

530 1.182

80,8

12,9

1,93

13,5

6,0

23,6

683

** Dati riferiti a 30 campioni.


Filiera Grano duronews CONTRATTI DI COLTIVAZIONE

La determinazione del prezzo nei contratti di coltivazione e vendita del frumento duro Herbert Lavorano - HL STRATEGIES srl Le condizioni di mercato in vista delle prossime semine di grano duro stanno causando notevoli incertezze, sia per quanto riguarda i prezzi che per quanto riguarda, più in generale, la sostenibilità economica della coltura. È perciò interesse comune degli acquirenti e dei venditori creare le condizioni affinché la filiera mantenga la sua redditività complessiva, rispettando al contempo gli interessi economici di tutti i partecipanti: imprese agricole, stoccatori e molini. Uno strumento per ridurre l’incertezza del collocamento e dell’approvvigionamento dei prodotti agricoli è da sempre il contratto di coltivazione e vendita. L’impresa agricola si impegna a coltivare un determinato appezzamento con una determinata coltura (in genere nel rispetto di un disciplinare di produzione), l’acquirente industriale (o anche lo stoccatore) si impegna ad acquistare il raccolto. I contratti di coltivazione sono particolarmente diffusi nelle colture industriali altamente specializzate (ortaggi da industria, colture energetiche o tessili, altre colture alimentari come il luppolo, l’orzo da malto ecc.), mentre stentano a prendere piede lì dove il prodotto è indifferenziato e prevale l’aspetto “liquido” della commodity (mais, frumento). Il frumento duro si trova in un certo senso nel mezzo tra questi due casi, perché da una parte è, per la statistica mondiale dei seminativi, un prodotto di nicchia (6% in media del raccolto mondiale totale di frumento), dall’altro il suo mercato è fortemente condizionato dall’andamento degli altri cereali, con tutto ciò che ne consegue in termini di volatilità dei prezzi. Ne consegue che la problematica principale per la diffusione dei contratti di coltivazione è costituita dal prezzo, o meglio dal meccanismo della sua determinazione. Infatti, il contratto è in genere stipulato, per il grano duro nazionale, durante l’autunno, mentre la consegna del prodotto e la determinazione del suo valore avvengono a partire dal raccolto all’inizio dell’estate successiva. Se il prezzo è una variabile completamente esogena (ad esempio perché legato alle quotazioni di una borsa merci), il venditore deve affrontare in caso di un eccessivo ribasso dei prezzi il rischio di non poter

Quotazioni medie Borsa Merci di Bologna Grano duro nazionale Produzione Nord - Fino (kg/hl 80; ce 1+1% max) 550,00 500,00 450,00

2007 / 2008

400,00 350,00 300,00 250,00 200,00

2008 / 2009

150,00 100,00 Ottobre

Novembre Dicembre Gennaio

2007/2008

Febbraio Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre Ottobre

2008/2009

coprire i costi di produzione o addirittura di andare in perdita. L’acquirente invece rischia di non vedersi consegnare il quantitativo pattuito, con l’onere di dover reperire la materia prima in altri canali o di compromettere la stipula di contratti nelle campagne successive. Modelli di pricing Sostanzialmente, la determinazione del prezzo “in avanti” di un prodotto agricolo può avvenire con tre diverse modalità: 1. Il valore di riferimento è un prezzo desunto dalle quotazioni espresse dalle Borse Merci al momento della cessione, cui viene applicata una correzione concertata dalle parti. È questo il caso dei cereali a paglia o di altre commodities agricole che hanno al livello nazionale o internazionale un mercato sufficientemente liquido per consentire agli operatori le opportune coperture finanziarie o materiali. Il problema del frumento duro è che i flussi finanziari messi in moto dal mercato non consentono un mercato dei titoli derivati. Il prezzo di mercato per la merce nazionale è tuttora formato da contratti fatti (e valutati dalle commissioni delle Borse merci) sul mercato spot. Le quotazioni internazionali e altri elementi (offerta estera, cambio Euro/US$, prezzo

del petrolio) influiscono sì sulle quotazioni, ma solo in modo indiretto e non permettono agli operatori di maturare delle aspettative razionali e confortate dalle opportune contromisure. Le correzioni al prezzo espresso dal listino sono correlate alla logistica e alla qualità (% proteina). Per i contratti di coltivazione di frumento duro, s’è potuto osservare che in presenza di prezzi ragionevolmente alti per l’impresa agricola, l’aggiunta di valore al prodotto può essere incentivante, ma che le fasi di estrema oscillazione (al rialzo o al ribasso) tendono a ridurre gli sforzi verso una maggiore qualità. 2. Il valore di riferimento è sostanzialmente un costo di produzione cui si applica un margine (concordato tra le parti in cifra fissa o in percentuale) e si aggiungono i costi logistici e le premialità qualitative a seconda dei casi. È il metodo più diffuso per le colture industriali specializzate. Il prezzo viene pattuito tra le parti prima delle semine, salvo possibili correttivi relativi ai costi, e fornisce, tra le diverse variabili (climatiche e produttive innanzitutto), un elemento di certezza del contratto. Questo metodo prevede una trattativa di tipo “tecnico” e non speculativo, nel senso che dovranno

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Filiera Grano duronews essere valutati da entrambi le parti i seguenti elementi: - la resa unitaria ad ettaro, - la tecnica colturale impiegata, - i costi colturali conseguenti. Questa modalità può prevedere meccanismi correttivi in funzione dell’evoluzione dei costi, ed eventualmente tenere in considerazione la redditività delle colture di rotazione. 3. Nella terza modalità si adotta una soluzione mista che integra aspetti delle due opzioni riportate sopra. In questo caso, il prezzo - base è dato dal costo di produzione (più il giusto margine e i costi logistici), corretto, con una percentuale da stabilire, dalla quotazione di listino vigente nel periodo di cessione. Questa soluzione sembra essere particolarmente confacente al frumento duro: da una parte si garantisce la sostenibilità della coltivazione diminuendo il rischio dell’impresa agricola, dall’altra si conserva un legame con la quotazione di mercato. Una prima sperimentazione è in corso nell’ambito del progetto SIGRAD, nella quale tra Barilla SpA e il Consorzio Agrario Provinciale di Pesaro e Urbino è stato stipulato un accordo che prevede un prezzo fissato per un 70% dal costo di produzione e per il restante 30% dalla quotazione del listino di Bologna. Per la campagna 2009/2010, una tipologia di contratto a soluzione mista verrà proposto da Barilla ai produttori agricoli anche all’interno del Progetto “Grano duro di alta qualità in Emilia-Romagna”. Conclusioni Certamente, la nuova fase ribassista potrebbe spingere gli acquirenti a ridurre la parte fissa del prezzo a favore di quella variabile, ma la via verso il “prezzo misto” sembra oramai tracciata. Restano da definire alcuni aspetti, come ad esempio il ruolo che svolgerà la componente di prezzo legata alla qualità del prodotto e la contrattazione tra imprese agricole e stoccatori da una parte, e tra questi e i molini dall’altra per la determinazione dei costi logistici. Ciò nonostante, la stipula di contratti con modalità “mista” di determinazione del prezzo rappresenta senz’altro un meccanismo, seppur imperfetto, di riduzione del rischio per gli operatori. Riguardo i risultati pratici dell’applicazione di questi contratti dovremo aspettare la prossima campagna di commercializzazione 2010/11, nella speranza condivisa di una ripresa dei mercati.

n. 12 - Ottobre 2009

INTERVISTE

Grano duro in provincia di Parma? Si può fare con buoni risultati Giorgio Avanzini, agricoltore oltre che contoterzista di Colorno della provincia di Parma, il prossimo anno seminerà ancora la varietà Levante per il “Progetto Grano duro di alta qualità in Emilia-Romagna”. «Siamo contenti dei risultati raggiunti quest’anno» afferma Avanzini. «Abbiamo coltivato la varietà Levante, un grano duro di taglia media che non ha avuto problemi di allettamento, arrivando bene a maturazione. 30 gli ettari seminati, da cui abbiamo ottenuto una produzione media superiore ai 50 q.li per ettaro (produzione non trascurabile in riferimento all’annata), ottenendo del grano di ottima qualità, 82 di peso specifico e un tenore proteico superiore a 15. La granella l’abbiamo consegnata ad un centro di stoccaggio del Consorzio Agrario di Parma». Risultati ottenuti in una annata che ha visto un andamento meteo non favorevole per la coltura, elevata piovosità invernale e primaverile, elevate temperature a metà maggio al momento della maturazione del grano, piovosità al momento della raccolta. «Per ottenere questi risultati in una annata come quella appena terminata, che ha visto il grano sott’acqua fino a maggio, abbiamo seguito la coltura dalla semina alla raccolta, concimando nei momenti importanti, senza abbondare nelle quantità ma dosandole secondo le necessità. La concimazione è fondamentale per la resa produttiva e qualitativa del grano». Dopo l’annata 2007/08 che ha visto un andamento climatico estremamente sfavorevole alla coltura in particolare al Nord, con il manifestarsi del problema delle micotossine, come è andata quest’anno? «Da questo punto di vista le indicazioni inserite nel disciplinare di coltivazione rispecchiano la nostra filosofia. Poniamo grande attenzione alla rotazione colturale, nell’ottica anche di ridurre quanto più possibile il rischio di possibili attacchi fungini, seminando il grano duro, eventualmente anche su sodo, solo dopo bietola, erba medica o pomodoro;

Varietà di grano duro Levante

successioni colturali che ci hanno sempre dato ottimi risultati. Se invece siamo costretti a riseminare dopo cereali estivi (mais ad esempio) interriamo i residui colturali. Rispettare queste semplici regole porta a non avere o al massimo a ridurre i problemi di fusariosi della spiga che vanificherebbero tutto l’impegno che promulghiamo, danneggiando la qualità del raccolto». Ci troviamo in una momento difficile della filiera cerealicola, con le borse merci in continuo ribasso per tutte le tipologie di grani e cereali che influenzeranno non poco le scelte per la prossima annata. Cosa ne pensa del Progetto, ritiene che dia qualche garanzia in più agli agricoltori? «Partecipare al Progetto è importante anche perché a fronte di valori di mercato quest’anno molto bassi, i premi alla qualità possono rendere più remunerativa la coltura, dando qualche soddisfazione in più a noi agricoltori. Certo, se si avesse la certezza di avere un prezzo minimo di vendita garantito del grano raccolto si avrebbero maggiori garanzie e questo aiuterebbe noi agricoltori a programmare meglio le operazioni colturali. E’ necessario che si arrivi ad un prezzo più adeguato ai costi di produzione». Aderirete al Progetto anche il prossimo anno? «Certamente, anche per la stagione 2009/2010 abbiamo previsto di aderire al Progetto Grano duro di alta qualità, tramite il Consorzio Agrario di Parma, seminando una delle varietà di grano duro inserite nel disciplinare, molto probabilmente il Levante. D’altro canto siamo in un territorio, la Pianura Padana, in cui riteniamo si possa fare grano duro di alta qualità, ottenendo ottimi risultati». Avete quindi già impostato l’ordinamento colturale per la stagione 2009/2010. «Si, quasi completamente. Stiamo già preparando i terreni per averli ben drenati, senza ristagni d’acqua. Prevediamo di seminare abbastanza presto con una densità non troppo fitta, circa 160-170 kg/ettaro».


Filiera Grano duronews CONSIGLI COLTURALI

I risultati del “Farming Barilla” 2009. Effetti combinati della scelta varietale e della densità di semina Pierluigi Meriggi – Horta Srl, Spin Off Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza Roberto Ranieri – Barilla G. e R. Fratelli Società per Azioni – Parma Le densità di semina utilizzate nelle colture di frumento duro nel nord Italia variano generalmente fra i 400 e 700 semi germinabili per metro quadro e derivano principalmente dalla consuetudine di consigliare le dosi del seme in peso. Tali densità risultano il più delle volte eccessive e oltre a peggiorare i parametri qualitativi della produzione favoriscono l’allettamento delle colture. La scelta di una corretta densità di semina non rappresenta una decisione “semplice” ma deve tenere in considerazione molteplici fattori. Per l’importanza che tale decisione ha sul prosieguo della coltivazione sarebbe necessario avvalersi di semplici e pratici strumenti di supporto alle decisioni (DSS) che indirizzino e aiutino nella scelta sia il tecnico sia l’agricoltore.

Farming Barilla 2009 - Campo parcellare “varietà per densità di semina”

In un precedente numero di questo stesso periodico (n. 9 - Marzo 2009 “Trasferimento tecnologico per il frumento duro di alta qualità in Emilia-Romagna”) è stata presentata l’attività sperimentale realizzata il corrente anno nell’Az. Agr. Cà Bosco di Ravenna nell’ambito del Progetto “Farming Barilla”. La finalità del Progetto è stata quella di affrontare alcune problematiche tecniche ancora aperte, quali: 1) l’adattamento ed affinamento della tecnica colturale al continuo variare degli andamenti climatici, 2) la sensibilità del frumento duro al complesso delle fusariosi della spiga e di conseguenza all’insorgere del fenomeno delle micotossine e 3) la sensibilità del frumento duro all’allettamento. Al fine di raggiungere gli obiettivi proposti, una delle attività maggiormente studiate è stata quella della messa a punto agronomica delle varietà, con particolare riferimento

alla densità di semina ed alla concimazione azotata. Infatti all’interno del Farming Barilla le varietà del “Progetto Alta Qualità” sono state “studiate” in 2 prove sperimentali. Una in cui le varietà (Saragolla, Levante, Normanno e uno standard commerciale) sono state sottoposte a differenti densità di semina (100-200-300-400-500-600 semi deposti per m2) e l’altra dove le stesse varietà sono state oggetto di differenti livelli di concimazione azotata (0-50-100-150-200-250 kg di azoto per ettaro). Da un esame generale delle 2 prove emerge chiaramente come sia l’apporto di differenti quantità di azoto sia la scelta di diverse densità di semina abbiano fatto variare in modo significativo le produzioni in granella delle varietà (figg. 1 e 2). Relativamente all’effetto dell’azoto si può far riferimento alla figura 1. Nella stessa si conAzoto

+

L Levante t

+

Normanno N

+

S Saragolla ll

Standard Varieetà

Vaarietàà

St d d Standard

+ 4

5

6

7

ferma una significativa ampiezza di risposta del dato produttivo a conferma dell’importanza dell’elemento azoto sulla produttività della coltura ma anche un diverso comportamento delle varietà. Mentre per Levante, Normanno e la varietà standard la distribuzione dei dati è molto simile in quanto sono isolati i risultati produttivi dei test non concimati (outlier di color blu), per Saragolla la produzione del test non concimato, in virtù dei buoni livelli conseguiti, non viene segnalata separatamente. Quanto sopra sembra indicare per quest’ultima varietà un migliore adattamento a condizioni di stress nutrizionali (e quindi ad una maggiore efficenza nell’utilizzo dell’azoto). L’argomento verrà approfondito in note successive relative alla fertilizzazione. Per quanto attiene all’effetto della densità di semina, lo stesso è risultato complessivamente inferiore all’effetto dell’azoto ma pur

+

Levante

+

Normanno +

Saragolla g 8

R in iin Resa granella ll 13% (t/ha) ) Resa granella 13%(t/h (t/ha)

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10

Fig. 1 - Distribuzione delle produzioni ottenute da 4 varietà sottoposte a 6 livelli differenti di concimazione azotata. Il box rappresenta il 50% dei dati mentre i baffi il rimanente 50%. La linea all’interno del box rappresenta la mediana mentre la croce rappresenta la media.

Densità di semina

+

4

5

6

7

8

9

10

Resa in granella 13% (t/ha) Resa in granella 13% (t/ha)

Fig. 2 - Distribuzione delle produzioni ottenute da 4 varietà sottoposte a 6 livelli differenti di densità di semina. Dati elaborati secondo il Box and Whiskers Plot.

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Filiera Grano duronews

I principali fattori da prendere in esame per definire una corretta densità di semina sono: - scelta varietale. Per ciascuna varietà si deve ad esempio considerare la diversa capacità di accestimento, la suscettibilità all’allettamento ed alle malattie, la germinabilità ed il peso dei 1000 semi; - condizioni ambientali. Fra queste occorre prevedere il tipo di terreno, la data di semina e l’areale di coltivazione. Queste informazione hanno una significativa influenza sul potere di accestimento della varietà in quanto quest’ultima è influenzata oltre che dal genotipo anche dal clima; - perdite di emergenza. La qualità del letto di semina, la profondità di semina, la presenza di scheletro od ancora la semina su sodo rappresentano aspetti che influiscono sulla emergenza dei semi deposti e quindi sono da tenere in dovuta considerazione. Come si evince dalla figura 3 la scelta di una densità di semina equilibrata incide sia sulla struttura della pianta/coltura sia sui principali parametri della produzione. Effetti della densità di semina sui parametri colturali e produttivi Prima di discutere i risultati ottenuti nella prova “densità per varietà” occorre ricordare che tutti i dati che verranno presentati

Livelli

Semi deposti n° teorico/m2

Investimento definitivo al 12 gennaio piante/m2

1 2 3 4 5 6

100 200 300 400 500 600

105 205 300 392 484 571

Tab. 1 - Valori medi di investimento ottenuti realmente in parcella a metà gennaio a confronto dei 6 livelli di densità di semina teorici.

nei grafici sono stati ottenuti da popolazioni di piante che erano sostanzialmente vicine all’obiettivo teorico di investimento ma non esattamente equivalenti (tab. 1). Pur tuttavia vista la ottima prossimità fra obiettivo teorico di investimento e popolazione definitiva delle piante, in tutti i grafici si è mantenuto per semplicità il valore teorico impostato prima della semina. Inoltre la prova sperimentale è stata realizzata secondo uno schema a parcelle suddivise (4 varietà, 6 densità, 4 ripetizioni) per un totale di 96 parcelle elementari. La semina con seminatrice parcellare è stata effettuata il 30 3,5

Coefficiente di accestimento

Densità di semina Oggetto di questa nota è in particolare la discussione dei risultati ottenuti nella seconda prova ove è stato studiato il fattore densità di semina. Come è noto, la densità di semina nel frumento rappresenta un fattore rilevante per le piante per catturare le risorse disponibili ed è una pratica agronomica tra le più importanti in grado di influenzare la resa in granella e le principali caratteristiche qualitative della produzione. Purtroppo nel nostro Paese la tecnica agronomica non ha ancora sufficientemente valorizzato i vantaggi derivanti dall’adozione di densità di semina più equilibrate, come in altre agricolture “avanzate”. Da varie esperienze realizzate in numerosi Paesi su frumento tenero e duro a semina autunnale, anche con una bassa densità di piante, il tasso di crescita relativo della coltura è risultato elevato ed è stato in grado di mantenere invariata la produzione di sostanza secca per ettaro. Inoltre le colture allevate con bassa densità di piante hanno incrementato la superficie fotosintetizzante per pianta grazie alla maggior durata dell’accestimento, ad una aumentata superficie fogliare per pianta ed una maggiore soprav-

vivenza dei culmi. Anche la efficienza fotosintetica è stata superiore con densità più ridotte probabilmente in virtù di una migliore distribuzione delle radiazioni attraverso la biomassa vegetale. Pertanto in colture a densità ridotte di piante, nonostante una diminuzione della produzione di spighe, la migliore radiazione ha consentito di ottenere un significativo incremento di numero di chicchi per spiga (Whaley et al., 2000). Inoltre esperienze realizzate proprio in Pianura Padana hanno chiaramente dimostrato che colture con basse densità di piante resistono maggiormente al fenomeno dell’allettamento e consentono anche una sanità maggiore delle piante.

2,5 2,0 1,5

Condizioni ambientali tipo di terreno epoca di semina e areale di coltivazione Perdite all’emergenza qualità del letto di semina profondità di semina natura del terreno

maggiore efficienza fotosintetica migliore assorbimento dell’azoto

Densità di semina equilibrata

Struttura della coltivazione numero di spighe/m 2 produzione in biomassa stato nutrizionale allettamento ciclo colturale

R2 = 0,9958

0,5

0

100

200

300

400

500

600

700

4b

640

y = 0,0003x2 - 0,3381x + 644,48

620

R2 = 0,897

600 580 560 540 520

0

100

200

300

400

0,790

500

600

700

4c

y = -6E-05x + 0,7397 R2 = 0,8792

0,770 0,750 0,730 0,710 0,690 0,670 0,650

0

100

200

300 400 Densità di semina

500

600

700

2

Parametri produttivi

condizioni meno favorevoli alle malattie ed all’allettamento

y = 6E-06x2 - 0,0085x + 4,0781

1,0

500

Scelta varietale capacità di accestimento suscettibilità allettamento suscettibilità alle malattie germinabilità peso dei 1000 semi

4. a 4a

3,0

0,0

N TESTER 24 marzo

tuttavia molto significativo nel caso di alcune varietà. Infatti come si evince dalla figura 2 dove sono riportate le distribuzioni delle produzioni in granella delle quattro varietà in prova, passando dallo standard commerciale a Levante, Normanno e infine Saragolla si allarga la “forbice” delle produzioni. In altre parole, al di là del potenziale produttivo espresso da ciascuna varietà, in alcune la densità di semina non rappresenta un elemento importante in grado di influenzare la produzione (vedi la varietà standard) mentre in altre condiziona fortemente le prestazioni produttive. Le variazioni dovute alle diverse densità di semina riscontrate nel 2009 nella prova in questione sono da considerarsi inferiori a quelle del 2008 anno in cui il fenomeno dell’allettamento aveva allargato sensibilmente l’intervallo delle produzioni.

n. 12 - Ottobre 2009

NDVI 29 aprile

6

resa in granella tenore proteico peso 1000 semi peso ettolitrico

Fig. 3 - Fattori che incidono sulla scelta di una corretta densità di semina e parametri coinvolti.

(semi/m )

Fig. 4 - Influenza della densità di semina sulla capacità di accestimento delle varietà (4a), valore dell’N Tester (lettore di clorofilla) (4b) e NDVI (indice sintetico su biomassa e intensità di clorofilla ottenuto con lo spettro radiometro) (4c). Ciascun punto del grafico rappresenta la media delle 4 varietà in prova (Saragolla, Normanno, Levante e standard di confronto) e delle 4 ripetizioni (16 valori elementari).


Filiera Grano duronews 600

5a

400

300 y = -5E-05x2 + 0,418x + 328,73

200

R2 = 0,9812

100

0

100

200

300

400

500

600

83,8

3,5

2

y = 1E-06x - 0,0024x + 83,271

83,6

Peso ettolitrico

700

5b

84,0

R2 = 0,8669

83,4 83,2 83,0 82,8 82,6 82,4 82,2 82,0

0

100

200

300

400

500

600

8,50

700

y = -0,001x + 8,235

8,30

8,10 8,00 7,90 7,80 7,70 7,60 0

100

200

300 400 Densità di semina

500

Varietà B

2,5 2,0 1,5

100

200

300

400

500

600

100

200

300

400

500

600

100

200

300

400

500

600

10,00

R2 = 0,8002

8,20

7,50

Varietà A

3,0

1,0

5c

8,40

Resa granella 13% U (t/ha)

E’ importante conoscere le risposte delle singole varietà al variare della densità di semina in quanto ogni genotipo reagisce in modo un po’ differente. Ad es. la varietà A ha evidenziato una minore capacità di accestimento. Dal punto di vista produttivo si è avvantaggiata da una densità ridotta di semina (i valori più elevati sono stati ottenuti con 100 - 200 semi/m2) ma non è stata molto penalizzata dalle alte densità. La varietà B ha mostrato una maggiore capacità di accestimento, ha ottenuto le rese più elevate in un range di valori più ampio (da 100 a 400 semi/m2) ma è sembrata risentire maggiormente delle elevate densità alle quali associa le rese più ridotte. Entrambe le varietà evidenziano una riduzione del tenore proteico all’aumentare della densità di semina.

Coefficiente di accestimento

0

Differenze fra le varietà

600

700

Resa granella 13% U (t/ha)

Spighe / m2

500

2

(semi/m )

di ottobre. Nella prova è stata adottata una tecnica colturale (precessione colturale, lavorazione del terreno, concimazione azotata, controllo infestanti, difesa dalle malattie fungine) uniforme per tutte le parcelle. Le relazioni fra i principali parametri esaminati e la densità di semina sono riportati nelle figure 4, 5 e 6. Nelle stesse i dati sono riferiti alla media delle quattro varietà in prova e pertanto i modelli che ne derivano rappresentano un andamento generale dei fenomeni. - Il coefficiente di accestimento è stato influenzato significativamente dalla densità di semina come del resto era atteso. Come evidenziato in figura 4a lo stesso ha variato da 3,3 (ovvero 2,3 culmi di accestimento medi oltre il culmo principale) a 1,2 (ovvero 0,2 culmi di accestimento medi). Riducendo pertanto la densità di semina la coltura ha in parte recuperato emettendo un maggior numero di culmi di accestimento, pur tuttavia non compensando completamente il numero di culmi totali presenti nelle parcelle con semina più densa. - Anche la colorazione delle foglie è stata influenzata dalla densità di semina. In due occasioni del ciclo colturale, ed esattamente il 24 marzo (inizio accestimento) e 2 maggio (inizio spigatura) su tutte le parcelle è stato effettuato il rilievo fotometrico della quantità di clorofilla nelle foglie con

9,00 8,50 8,00 7,50 7,00 6,50 6,00

16,0 15,5 Proteine SS (%)

Fig. 5 - Influenza della densità di semina sul numero di spighe, peso ettolitrico della granella e resa in granella. Ciascun punto del grafico rappresenta la media delle 4 varietà in prova (Saragolla, Normanno, Levante e standard di confronto) e delle 4 ripetizioni per un totale di 16 valori elementari.

9,50

15,0 14,5 14,0 13,5 13,0 12,5 12,0 Densità di semina (semi/m 2 )

l’N tester. I rilievi in entrambe le occasioni hanno evidenziato una colorazione più intensa nelle parcelle con densità di semina inferiore e per contro più clorotica in quelle con densità superiori. Vengono riportati in figura 4b i soli risultati del rilievo del 24 di marzo in prossimità della concimazione di inizio levata, nel quale le parcelle con le più elevate densità “denunciavano” una evidente carenza di azoto. A titolo esemplificativo il valore medio dell’N tester nelle parcelle con 600 semi/m2 è risultato di 532, molto vicino al valore di 537 dei testimoni a “zero” azoto della prova contigua. Il loro aspetto avrebbe pertanto “chiamato” un ingiustificato ulteriore apporto di azoto con conseguenti maggiori rischio di allettamento. - I valori così elevati di N tester nelle parcelle a bassa densità indicano sì una ottima colorazione delle foglie ma nulla dicono sulla stima della biomassa presente nelle parcelle. Per completare l’informazione sono stati effettuati rilievi anche con lo spettro

In primo piano le 2 parcelle affiancate seminate ad alta densità (600 semi/m2) di Saragolla. In generale le elevate densità di semina hanno evidenziato ad inizio levata una significativa carenza azotata (colture più gialle) e in fase di spigatura una emissione anticipata della spiga di qualche giorno. Questi effetti sono tipici di piante stressate da una competizione eccessiva fra i singoli soggetti. I fenomeni sono stati recuperati con il diminuire della densità di semina. radiometro, strumento messo a disposizione dalla Società Produttori Sementi di Bologna e in grado di fare una valutazione anche della biomassa fogliare. Questo strumento innovativo fornisce un valore numerico adimensionale, teoricamente compreso tra -1 e +1 denominato NDVI (Normalized Difference Vegetation Index), sfruttando la diversa risposta della copertura vegetale alle bande spettrali del visibile (rosso) e del vicino infrarosso. Tale valore è stato dimostrato essere in stretta relazione con lo stato di salute della vegetazione, intesa come biomassa e area fogliare (Leaf Area Index), ed ai processi biochimici ad essa correlati (attività fotosintetica). Anche per questo parametro le densità più ridotte sono quelle che hanno fornito i valori più elevati. In altre parole con un minor numero di piante si è assistito ad una migliore efficienza fotosintetica e una maggiore produzione di biomassa (fig. 4c). - In figura 5a è evidenziata la relazione fra numero di spighe per m2 e densità. Come

7


Filiera Grano duronews

6a

16,0 15,5

Proteine % SS

Conclusioni Dall’analisi dei risultati della sperimentazione di campo sono emersi indubbiamente alcuni aspetti di assoluto interesse e in grado di giustificare l’interesse rivolto a questo tipo di esperienze che sono relativamente nuove per il frumento duro e per l’ambiente della Pianura Padana. Infatti la ricerca agronomica, in passato, ha proposto soluzioni a basse densità di investimento in particolare per le aree dell’Italia centrale e meridionale, interessate maggiormente da situazioni di deficit idrico durante il ciclo colturale e pertanto teoricamente maggiormente favorite da una minore competizione fra i soggetti per le ridotte risorse disponibili. Pensiamo sia possibile proporre un’oculata riduzione delle dosi di semina anche per alcune aree del Nord come la Pianura Padana. Dall’esperienza dell’annata, possiamo ricavare le seguenti indicazioni. • In termini di qualità dell’habitus della pianta di frumento, con una densità di semina più equilibrata, miglioriamo l’attività fotosintetica dell’apparato fogliare senza compromettere la quantità totale di biomassa prodotta. • Densità elevate per contro caratterizzano le colture con ingiallimenti diffusi che talvolta possono richiamare dosi eccessive di azoto. • Dal punto di vista qualitativo una semina più equilibrata favorisce un miglior tenore proteico della granella e pesi ettolitrici comunque elevati. • Dal punto di vista operativo è opportuno orientarsi verso densità in grado di valorizzare maggiormente i potenziali delle varietà seminate. Nel conseguire ciò occorre comunque tener presente che non tutte le varietà beneficiano allo stesso modo di una riduzione di investimento. • Nel decidere la quantità di seme da distribuire per ettaro, al fine di fissare un’investimento equilibrato della coltura, occorre tenere presente tutte le condizioni

y = -0,0018x + 15,034 2

R = 0,88

15,0 14,5 14,0 13,5 13,0

0

100

200

300

400

500

600

1,20

Resa proteine 13% U (t/ha)

precedentemente accennato le varietà a semina più rada, nonostante il maggiore accestimento, non sono riuscite a compensare l’elevato numero di spighe presenti nelle parcelle seminate a densità più elevate. Infatti le densità di 100 e 600 semi/m2 hanno fatto registrare rispettivamente 368 e 569 spighe/ m2 con circa 200 spighe di differenza fra le due condizioni estreme. Questo dato potrebbe già significare una minore produzione per le densità più rade. In realtà così non è stato in quanto la produzione finale dipende oltre che dal numero di spighe anche dal numero di semi per spiga e dal loro peso. - Per quanto riguarda i principali parametri della produzione, i risultati sono stati in linea con quelli ottenuti in passato. Sia il peso ettolitrico che la resa in granella sono risultati ottimali alle densità di semina più ridotte. In particolare per quanto riguarda il peso ettolitrico i valori registrati, peraltro molto buoni, hanno avuto una variazione da 83 (100 semi/m2) a 82,2 kg/hl (500 semi/m2) (fig. 5b). Anche la resa in granella pur con una certa variabilità dovuta essenzialmente al diverso comportamento varietale, ha evidenziato una chiara tendenza alla diminuzione all’aumentare della densità di semina (fig. 5c). Gli approfondimenti sull’influenza della densità di semina sulla produzione in granella sono riportati nei due box specifici allegati alla presente nota. - Infine in figura 6 sono rappresentati gli effetti sul tenore proteico e sulla quantità di proteine prodotte per ettaro. Relativamente al tenore in proteine la figura 6a conferma sostanzialmente ciò che è stato osservato in passato in sperimentazioni analoghe. Piante più spaziate confermano di poter assimilare meglio l’azoto dal terreno, la granella è meglio nutrita e la pianta riesce a sintetizzare più proteine. Ciò è evidente anche dalla figura 6b nella quale sono riportate le quantità di proteine per ettaro: i valori più elevati sono stati conseguiti sempre a densità più ridotte.

n. 12 - Ottobre 2009

700

6b

1,15

y = -0,0003x + 1,0808

1,10

2

R = 0,9852

1,05 1,00 0,95 0,90 0,85 0,80

0

100

200

300

400

500

600

Legenda: A, B, C, ... = Classi di significanza statistica per p=0,05 (Newman Keuls test)

10,00

R sa 1 Res 13% % ((t/h ha)

Nell’ambito del “Farming Barilla” è stata realizzata una sperimentazione parcellare dove è stata studiata l’interazione “azoto per densità di semina”. Il fattore azoto aveva 2 livelli: 141 e 191 kg/ha di azoto. Il livello 141 nei grafici è indicato con N mentre il livello 191 con N+. Il fattore densità di semina aveva anch’esso 2 livelli: 250 e 450 semi deposti/m2. Di seguito sono riportati i risultati relativamente alla varietà Levante per quanto attiene alla resa in granella e all’allettamento. La resa in granella più elevata è stata ottenuta con 250 semi/m2 e con 141 unità di azoto, mentre la più bassa con 450 semi/m2 e 191 unità di azoto. In percentuale la perdita di resa in granella è risultata del 12,5%. L’allettamento è risultato inversamente proporzionale alla produzione, raggiungendo i valori più elevati, prossimi al 50%, nelle parcelle con densità di semina e dosi di azoto più elevati. I risultati confermano che la combinazione fra colture fitte e alte disponibilità di azoto conferisce instabilità della coltura e rappresenta un elemento di rischio per l’ottenimento di alte rese.

2

(semi/m )

Fig. 6 - Influenza della densità di semina sul tenore proteico della granella e sulla quantità di proteine prodotte per ettaro. Ciascun punto del grafico rappresenta la media delle 4 varietà in prova (Saragolla, Normanno, Levante e standard di confronto) e delle 4 ripetizioni per un totale di 16 valori elementari.

ambientali e saper valutare le eventuali perdite durante la fase di emergenza. • Le popolazioni ridotte sembrano essere più avvantaggiate in condizioni di eccesso di azoto, infatti sia la produttività che la stabilità delle piante sono risultate superiori con investimenti equilibrati rispetto a colture con una fittezza eccessiva. • Una razionalizzazione delle quantità di seme impiegata per ettaro può consentire alcune economie all’interno dei costi di produzione. • Nell’attuare una densità di semina più ridotta occorre fare maggiore attenzione alla gestione delle malerbe, cercando le soluzioni più efficaci e la massima tempestività nelle applicazioni di post-emergenza.

A AB BC

9 00 9,00

C

8,00 7 00 7,00

A

50 0 50,0 40,0 30,0

BC

20,0 10 0 10,0 0,0

C Levante 250 N

700

Densità di semina

Densità di semina e concimazione azotata

A etta Alle am mento (% %)

8

C Levante 250 N+

Levante 450 N

Tesi sperimentali

Levante 450 N+


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