Protocolli infermieristici in area cardiologica

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Università degli Studi dell’Insubria – Facoltà di Medicina e Chirurgia CORSO DI DIPLOMA UNIVERSITARIO per INFERMIERE

VALUTAZIONE DI PROTOCOLLI INFERMIERISTICI DI AREA CARDIOLOGICA

RELATORE:

STUDENTE:

D.D.S.I. Maria José Rocco

Emanuele Brunini

anno accademico 2002/03


Ringraziamenti Ringrazio mio padre, mia madre, mio fratello, la relatrice Maria José Rocco per l’enorme aiuto, sostegno e pazienza donatomi per questa tesi.

2


INDICE INTRODUZIONE •5 PARTE PRIMA I PROTOCOLLI INFERMIERISTICI 1. Economia e qualità: standardizzazione o personalizzazione? 2. Risvolti operativi e gestionali

•11

•16

2.1 L’accreditamento delle strutture sanitarie

2.2 L’accreditamento in regione Lombardia

3. Definizione terminologica del protocollo

•17 •24

•27

4. Caratteristiche dei protocolli 

4.1 L’applicazione dei protocolli infermieristici

•33

4.2 Ambiti di applicazione dei protocolli infermieristici

4.3 Finalità dei protocolli infermieristici

4.4 Elementi costitutivi del protocollo

•37

•39 •41

5. Metodologia di elaborazione di un protocollo infermieristico

•43

LINEE GUIDA E PROCEDURE 6. Le linee guida per la pratica clinica 7. Le procedure nella pratica clinica

•46 •55

LA VALUTAZIONE •58 8. Valutazione della qualità dell’assistenza infermieristica 9. Valutazione dei protocolli infermieristici

•62

•65

PARTE SECONDA VALUTAZIONE DEI PROTOCOLLI INFERMIERISTICI CARDIOLOGICI 1. Percorso valutativo dei protocolli infermieristici cardiologici 2. Raccolta dei protocolli infermieristici

•68

•77

3. Valutazione dei protocolli infermieristici scelti

3


Valutazione documento n° 1 •79

Valutazione documento n° 2 •82

Valutazione documento n° 3 e n° 4 •84

Valutazione documento n° 5 •85

Valutazione documento n° 6 •88

Valutazione documento n° 7 •88

Valutazione documento n° 8, n° 9, n° 10 •91

Valutazione documento n° 11 e n° 12 •92

Valutazione documento n° 13, n° 14, n° 15 •92 ESITI DELLA VALUTAZIONE

4. Risultati •93 5. Classificazione dei documenti valutati •96 6. PROPOSTE •97 CONCLUSIONI •100 BIBLIOGRAFIA •102 ALLEGATI 

n° 1 •106

n° 2 •108

n° 3 •111

n° 4 •114

n° 5 •116

n° 6 •119

n° 7 •121

n° 8 •125

n°9

n° 10 •132

n° 11 •137

•130

4


INTRODUZIONE L’attività infermieristica in Italia fino al febbraio del 1999 fu guidata da una normativa precisa, il DPR del 14 marzo 1974, n. 225, definito anche con il termine di mansionario. Il primo mansionario fu approvato il 1940 con il Regio Decreto del 2 maggio, n. 1310, “ Determinazione delle mansioni delle infermiere professionali e degli infermieri generici ”, dove dalla sua analisi secondo le aree di attività è predominante l’area relativa all’assistenza alle prestazioni mediche, con una percentuale pari al 68,3 %.1 È perciò facile pensare, tenendo in considerazione questa percentuale, come l’infermiere sia stato considerato come una figura strettamente esecutrice e strettamente dipendente dall’attività medica. Il primo mansionario rimane in vigore fino al 1974, vale a dire fino a quando fu emanato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 225; nonostante questo D.P.R. di modifica il ruolo “ esecutivo ” dell’infermiere rimane invariato. Infatti anche nel secondo mansionario permane nella maggior percentuale ( 52,3 % ) l’area relativa all’“ assistenza alle prescrizioni mediche ”, anche se emergono tre nuove aree: 

istruzione del personale;

educazione sanitaria;

lavoro d’equipe.

1

Cantarelli, M., 1997. La professionalizzazione dell’infermiere. In: Cantarelli, M. Il modello delle

prestazioni infermieristiche. Milano: Masson, 2 – 69.

5


Emergono dunque nuove aree nelle quali l’infermiere professionale cerca una propria autonomia operativa. L’attività mansionaristica rimane indiscutibilmente invariata fino al 1986, dove nel gennaio e nell’aprile dello stesso anno, furono inviate due circolari, una della Federazione Nazionale dei Collegi IP.AS.VI. ed una del Ministero della Sanità, dopo che si crearono numerose situazioni per le quali furono avanzati ricorsi alle vie legali, da parte dei malati o dei parenti, in quanto gli infermieri erano chiamati sempre più a svolgere attività non regolamentate e di competenza medica. Questo induceva l’incapacità, da parte della Federazione dei Collegi, nel difendere i propri iscritti in causa per azioni dunque non tutelate dalla legge. Le circolari avevano lo scopo di ottenere dei “ chiarimenti ” sulle mansioni degli infermieri professionali e degli infermieri generici. Da questa richiesta da parte della Federazione dei Collegi sono conseguite diverse reazioni a livello della comunità scientifica, sia a livello della stessa Federazione Nazionale dei Collegi IP.AS.VI., sia nell’istituzione di una serie di gruppi di lavoro con l’obiettivo di operare una revisione del mansionario, per predisporre un modello che tenesse conto della realtà attuale infermieristica. In modo particolare la Scuola Universitaria di Discipline Infermieristiche di Milano coinvolse docenti, diplomati e studenti programmando due giornate di studio, nelle quali furono costituiti gruppi di lavoro con lo scopo di migliorare il quadro entro il quale la professione infermieristica si sarebbe dovuta sviluppare in futuro.

6


Si nota perciò uno sforzo, una volontà intenta a cambiare, a disciplinare i vari aspetti dell’esercizio della professione infermieristica in modo da promuovere la nascita di una professione con maggior prestigio e riconoscimento sociale. Questo sforzo, questa ricerca di un’autonomia professionale ha portato alla definizione, nel 1994, del Profilo Professionale dell’Infermiere, cioè il Decreto Ministeriale del 14 settembre 1994, n. 739. Questo Decreto definisce l’infermiere ( art.1.1 ) come quell’ “ operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale, è responsabile dell’assistenza generale infermieristica

”.

Nell’articolo 1.2 vengono citate le funzioni principali del suo operato, che sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria; nell’articolo 1.3 il decreto specifica in modo più delineato le funzioni ripercorrendo il processo assistenziale infermieristico: 

identificazione del bisogno;

pianificazione;

gestione, applicazione e valutazione dell’intervento assistenziale.

Da questo decreto si individua un infermiere RESPONSABILE del proprio operato2, la cui attività è rivolta all’integrazione con altri professionisti ( in quanto membro dell’equipe sanitaria ) o con il personale di supporto, al miglioramento del singolo e del gruppo professionale, con lo scopo di fornire delle prestazioni appropriate.

2

Art 1.1 “ (…) è responsabile dell’assistenza generale infermieristica. ”

7


Oggi la professione infermieristica risulta, da un punto di vista legislativo, essere fondata da quattro pilastri portanti fondamentali:  la “ Riforma degli ordinamenti didattici universitari ”, divenuta legge il 19 novembre 1990, n. 341 che propone una formazione universitaria con un proprio ordinamento didattico, che tuttora, a circa 10 anni di distanza, la nuova riforma universitaria ( Decreto Ministeriale 509 / 2000 ) riconosce la formazione infermieristica come laurea, con la possibilità successiva del conseguimento della laurea specialistica;  il Decreto Ministeriale del 14 settembre 1994, n. 739, il Profilo Professionale, con il quale vengono attribuite delle precise responsabilità;  il Codice Deontologico, elaborato dalla Federazione Nazionale dei Collegi IP.AS.VI. nel 1999, con il quale si dichiara coraggiosamente l’impegno verso la persona assistita e la comunità;  la Legge n. 42 del 26 febbraio 1999. Quest’ultima rappresenta il vero punto di svolta per la categoria infermieristica; in questa legge, infatti, si riconosce un infermiere professionista che opera in campo sanitario ( quindi dotato di una teoria sistematica, di un’autorità professionale, di sanzioni della comunità, di un codice etico e di una cultura professionale ) 3, si sostituisce la denominazione “ professione sanitaria ausiliaria ” in “ professione sanitaria ”, oltre che annulla ufficialmente il regolamento approvato con il Decreto del Presidente della Repubblica del 14 marzo 1974, n. 225, il mansionario, considerato l’ostacolo al processo di crescita della professione infermieristica. 3

GREENWOOD, E., 1980. Attributes of profession. IN: G.P., Prandstraller, Sociologia delle

Professioni, Roma: Città Nuova.

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Si presenta, dunque, uno scenario in cui le varie barriere che impedivano agli infermieri di essere realmente una professione sono state abbattute, dando la possibilità allo sviluppo di un professionista sempre più aggiornato, competente, il quale “ fonda il proprio operato su conoscenze valide e aggiornate, così da garantire alla persona le cure e l’assistenza più efficaci ”4, oltre che essere un professionista sempre più consapevole delle proprie responsabilità vissute come un’opportunità nell’agire autonomamente, dimostrando le specifiche competenze nel raggiungere obiettivi di salute per l’individuo e per la società. È importante che, anche se il professionista possiede autonomia d’azione, il grado di discrezionalità non deve essere così elevato da compromettere il risultato, poiché non tutti dirigono i propri sforzi verso lo stesso obiettivo. Per questo motivo è necessario utilizzare degli strumenti per: 

sviluppare la professione ed esercitare un autocontrollo sulle proprie attività;

elaborare linee di indirizzo per lo svolgimento dell’attività assistenziale efficace, efficiente e sicura, orientata al risultato e al miglioramento continuo;

convogliare lo sforzo dei singoli in univoci risultati per aumentare le possibilità di successo;

fare valutazione degli interventi attuati consentendo quindi una valutazione delle migliori evidenze scientifiche e non basata sulla casualità;

utilizzare in modo razionale le risorse umane e strumentali.5

4

Art. 3.1 del Codice Deontologico della Federazione Nazionale dei Collegi IP. AS. VI. del 1999.

5

Rocco, M.J., La responsabilità condivisa: protocolli e linee-guida, Atti del Simposio

“ Autonomia e responsabilità degli infermieri: strumenti e strategie ” – III Congresso Nazionale, Nursing Cuore 2000, promosso dal GITIC, Montecatini Terme, 24-25 Marzo 2000.

9


Gli strumenti che si possono utilizzare sono differenti e numerosi, ma i più diffusi sono:  le LINEE GUIDA;  i PROTOCOLLI;  le PROCEDURE.

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Parte Prima

I PROTOCOLLI INFERMIERISTICI 1. ECONOMIA E QUALITA’: STANDARDIZZAZIONE O PERSONALIZZAZIONE? In questo secolo, ed in particolare in questi ultimi decenni, la medicina e le scienze ad essa connesse hanno avuto uno straordinario sviluppo che ha consentito di offrire sempre più ampie possibilità di cura; ciò ha indotto un aumento della domanda di assistenza sanitaria. Il problema che da qualche tempo si pone è quello di conciliare la domanda con il costo che la collettività può sostenere; significa, in altre parole, che tutti i servizi mirati alla promozione, alla cura e alla tutela della salute devono poter essere confrontati rispetto ai costi necessari al loro sostentamento. In sanità, trattandosi di un servizio sociale primario, non è possibile immaginare di contenere o selezionare drasticamente la domanda mediante estesi interventi sui prezzi o sulla tariffa delle prestazioni. Diventa, pertanto, indispensabile, nelle condizioni di risorse economiche limitate e con costi terapeutici ancora relativamente elevati, intervenire sul contenuto dei costi secondo criteri di priorità, qualità e quantità. Tuttora la funzione infermieristica nella cultura sanitaria è sempre più connessa a due concetti quali economia e qualità: 1. ECONOMIA, dal concetto stesso di salute che è relazionato, intensamente, ad un concetto di economicità. E’ facile quindi dedurre come l’attività sanitaria, in quanto attività economica, sia strettamente legata ad una valutazione

11


economica, cioè sottoposta al giudizio delle scienze economiche e da queste può

essere

orientata.

Anche il Codice Deontologico della Federazione Nazionale dei Collegi IP.AS.VI. del 1999 propone, nell’art. 2 comma 7, un professionista attento all’uso delle risorse: “ L’infermiere contribuisce a rendere eque le scelte allocative, anche attraverso l’uso ottimale delle risorse… ”; 2. QUALITA’. Un criterio di giudizio dell’assistenza infermieristica è rappresentato dalla Valutazione della Qualità dell’Assistenza Infermieristica ( V.Q.A.I. ), la quale rientra nel più ampio processo di Verifica e Revisione della Qualità dell’assistenza sanitaria e delle cure mediche ( V.R.Q. ), la cui area d’interesse abbraccia, quindi, tutti i livelli professionali ed organizzativi sanitari. In particolare, la qualità della prestazione sanitaria è costituita da una dimensione oggettiva ( o tecnico-professionale ) e, soprattutto, da una dimensione soggettiva, riferita alla soddisfazione del cliente, dove dunque una posizione di centralità viene assunta dalla percezione dell’utente, percezione che nell’arco dell’evoluzione comporta un aumento della domanda di qualità dell’assistenza da parte di cittadini che diventano sempre più coscienti ed informati sui propri diritti esigendo, dunque, un’assistenza sanitaria, se non perfetta, almeno soddisfacente ai propri bisogni. Infatti, le aree della qualità nell’Azienda Sanitaria sono orientabili a: 

gli Utenti / clienti, ovvero la Qualità percepita, riguarda tutti gli aspetti che l’utente-cliente è in grado di cogliere “ con competenza ”, attraverso la sua esperienza diretta negli ambienti e nel rapporto con le persone;

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le Risorse, ovvero la Qualità gestita, riguarda tutti gli aspetti organizzativi che determinano il funzionamento dei processi lavorativi;

la Professionalità degli operatori, ovvero la Qualità erogata, è quella che sta più a cuore al personale medico e infermieristico poiché riguarda essenzialmente l’attività nei processi clinici6.

In quest’ottica appare pertanto evidente l’importanza di valutare la qualità dell’assistenza sanitaria che si è in grado di fornire agli utenti; il miglioramento della qualità dell’assistenza infermieristica deve essere considerato come il tentativo di superamento dell’inadeguatezza delle prestazioni d’assistenza infermieristica con lo scopo di migliorare l’assistenza stessa, abbandonando la tradizione che non si fonda su basi scientifiche, applicando invece il processo di assistenza infermieristica che consiste nell’individuazione dei problemi in base ai bisogni della persona, nella pianificazione degli interventi capaci di risolvere i problemi di pertinenza infermieristica identificati, nell’attuazione e, infine, nella valutazione degli interventi eseguiti e dei risultati raggiunti, basando il tutto sulle migliori evidenze scientifiche correnti. I principi d’economicità e di qualità si traducono operativamente nella ricerca di efficienza7 ed efficacia8 dei servizi sanitari; in modo particolare da un lato è necessario apportare interventi spinti nella standardizzazione dei processi di lavoro, volta ad acquisire l’efficienza tecnica, ossia l’attuazione e il 6

Argentino, M., L’importanza della qualità nell’assetto dell’azienda, Atti del Seminario “ I nuovi

modelli organizzativi ed i rapporti con l’utenza: il ruolo del personale infermieristico ” – Busto Arsizio, 12 settembre 1997. 7

Capacità di raggiungere risultati attesi con il minor costo possibile.

8

Capacità potenziale di un intervento di modificare lo stato di salute delle persone.

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potenziamento delle operazioni produttive che permettono di raggiungere un determinato scopo a minor costo. La standardizzazione dei processi rappresenta il passaggio successivo alla standardizzazione delle risorse. Quest’ultima, concretizzabile nella definizione, in termini di tipo e quantità, delle risorse da impiegare per lo svolgimento di una determinata attività, costituisce la prima tappa della standardizzazione in ambito sanitario poiché le risorse, nella maggioranza dei casi, sono l’aspetto più semplice da uniformare oltre al fatto che la standardizzazione delle risorse è il requisito precedente alla standardizzazione dei processi. La standardizzazione dei processi consiste nell’uniformare le modalità operative utilizzate per la realizzazione di una determinata attività. L’assistenza infermieristica si confronta dunque con temi quali standardizzazione e riorganizzazione per processi. Le finalità dei protocolli infermieristici appaiono compatibili con l’approccio indotto da tali temi, “ a condizione che siano rispettati i vincoli impliciti nella natura professionale ed etica dell’attività infermieristica ”, in quanto “ l’assistenza infermieristica risponde a tutto l’uomo e non solo ad una parte di esso e promuove approcci olistici e non parcellizzati alla salute ”9, oltre che questi strumenti rappresentano una modalità operativa importante indicata per la gestione, valutazione e miglioramento della qualità, non solo in ambito sanitario, ma anche tecnico ed amministrativo. La standardizzazione può apparire in contrasto con il requisito fondamentale delle prestazioni erogate dai professionisti in ambito sanitario, cioè la personalizzazione 9

Motta, P., 1998. Protocolli infermieristici: un inquadramento concettuale e metodologico.

Nursing Oggi, 4, pag. 31.

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dell’intervento assistenziale. Il concetto della personalizzazione delle prestazioni si basa nel porre sullo stesso piano la valenza clinica con la dimensione soggettiva dei bisogni di assistenza sanitaria che la persona manifesta; erogare dunque un’assistenza sanitaria volta alla persona nella sua unicità e globalità. Il contrasto evidente tra standardizzazione e personalizzazione dipende dal fatto che mentre il primo concetto rimanda alla routine ed all’uniformità dei comportamenti, il secondo concetto afferma la necessità di rendere coerenti i comportamenti rispetto alle esigenze della persona assistita. Standardizzare, però, non assume un significato voluto dalla riduzione della prassi in una routine indifferenziata impersonalistica, che non tenga in giusta considerazione l’individualità, la soggettività e la dignità della persona che si assiste, con il rischio di provocare una disumanizzazione, una depersonalizzazione della persona assistita; la standardizzazione può assumere rilevanza professionale ed accettabilità morale nella misura in cui gli infermieri s’impegnano a dimostrare l’efficacia delle proprie azioni, assicurando a tutti coloro che richiedano e necessitano un servizio infermieristico, un elevato livello di qualità prestazionale. Gli strumenti di standardizzazione dell’assistenza infermieristica ( linee guida, protocolli e procedure ) si propongono, perciò, come strumenti in grado di migliorare l’efficacia della gestione delle situazioni cliniche e di diminuire la variabilità di comportamenti, cioè il grado di discrezionalità, dove è importante che non sia così elevato da compromettere il risultato, poiché non tutti dirigono i propri sforzi verso lo stesso obiettivo. Standardizzazione e personalizzazione non devono essere considerate, quindi, come approcci contrapposti e tra loro inconciliabili; il professionista sanitario può,

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infatti, compiere interventi tecnicamente standardizzati senza penalizzare il livello di personalizzazione della prestazione erogata. È possibile, dunque, concepire e praticare l’assistenza infermieristica come attività personalizzata, rivolta alla persona intesa nella sua totalità ed unicità e, ove possibile, standardizzata, cioè orientata alla scelta di quegli interventi che hanno già dimostrato una reale efficacia.

2. RISVOLTI OPERATIVI E GESTIONALI In Italia il concetto di protocollo in campo sanitario è stato introdotto dalla legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale per l’orientamento professionale del medico, grazie alle definizioni di “ protocollo diagnostico ” e di “ protocollo terapeutico ”. Negli ultimi anni il protocollo ha ampliato il suo ambito operativo in Sanità anche a livello infermieristico; l’input a questo sviluppo si deve ricercare innanzitutto a livello legislativo, dove l’emanazione di una serie di decreti e leggi ha reso necessario l’adozione di una serie di strumenti per l’erogazione di un’assistenza di qualità. Il pilastro legislativo della professione infermieristica, rappresentato dal Decreto Ministeriale del 14 settembre 1994, n. 739, propone un infermiere che oltre a pianificare e gestire l’intervento assistenziale infermieristico lo valuta. Individua dunque un infermiere responsabile del proprio operato, rivolto all’integrazione con gli altri professionisti, al miglioramento del singolo e del gruppo professionale, allo scopo di fornire prestazioni appropriate. Tutto ciò si configura al ruolo dei protocolli, in quanto vengono considerati come strumenti che tendono, oltre a ulteriori svariate funzioni, ad omogeneizzare i

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comportamenti, consentendo perciò di eseguire una valutazione dell’assistenza svolta e quindi di prendere decisioni e fare programmazione di interventi appropriati. Un ulteriore punto legislativo fondamentale, più recente al Decreto Ministeriale n. 739, è rappresentato dal Decreto del Presidente della Repubblica del 14 gennaio 1997, relativo al processo di Accreditamento delle Aziende Sanitarie, che oltre a richiamare nuovamente la valutazione e il miglioramento della qualità, individua fra i requisiti minimi l’elaborazione e l’attuazione di alcuni protocolli e procedure.

2.1

L’ACCREDITAMENTO DELLE STRUTTURE SANITARIE

L’origine del sistema di accreditamento negli Stati Uniti risale ai 1917, anno in cui l’American College of Surgeon emana l’” Hospital Standardisation Programme ” con il fine di fornire un formale riconoscimento alle istituzioni con maggiori livelli di qualità, stimolando nel contempo quelle con livelli inferiori a migliorare la qualità delle prestazioni rese. Lo scopo era quello di fornire alle comunità uno strumento di valutazione delle strutture ospedaliere esistenti ma anche quello di garantire l’idoneità delle strutture al lavoro dei medici. Ciò è dimostrato anche dalla constatazione che tre dei cinque standard previsti erano diretti a definire un ambiente in cui i medici potessero esplicitare al meglio la loro professionalità. Nel corso degli anni aderiscono a questa iniziativa svariate associazioni mediche e in questo contesto, nel 1951, nasce la Joint Commission on Accreditation of Hospitals ( J.C.A.H. ), che dopo due anni di studi pubblica i primi Standards for

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Hospitals Accreditation, riguardanti i requisiti minimi di strutture e competenze degli enti erogatori di servizi sanitari. La J.C.A.H. è un organismo privato, non a fini di lucro i cui assunti fondamentali sono: 1. la qualità dell’ospedale è legata al possesso di precisi requisiti, definiti standard minimi; 2. gli standard necessitano di continue revisioni; 3. il credito di cui gode ogni ospedale deve essere periodicamente aggiornato; 4. è interesse preciso dell’ospedale essere valutato e accreditato. Il principio è quello di avere un organismo esterno alle istituzioni che effettui una valutazione non solo quantitativa ma anche sui dati di qualità e che controlli l’adesione delle strutture agli standard fissati. Negli anni 50 circa il 50% degli ospedali si sottopone al processo d’accreditamento. Il riconoscimento a livello di Stato Federale arriva tuttavia nel 1965, alcuni standard J.C.A.H. vengono istituzionalizzati e viene data facoltà agli stati di sostituire la regolamentazione pubblica con l’accreditamento da parte della J.C.A.H. Risale al 1970 la pubblicazione del primo Accreditation Manual of Hospitals. La politica dell’accreditamento, quindi, si evolve passando dalla logica dei requisiti minimi a quelli mirati a promuovere e mantenere una grande qualità delle cure, attraverso l’analisi, il controllo e la valutazione delle pratiche cliniche esistenti.

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Negli anni che seguirono gli standard furono estesi anche alle strutture extraospedaliere da cui l’attuale denominazione di Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organization ( J.C.A.H.O. ) La J.C.A.H.O. è un organismo statale, importante per due motivi: 

gli interventi della commissione sono caratterizzati da serietà, correttezza e professionalità;

dagli stessi ospedali proviene direttamente la richiesta di intervento ispettivo della commissione, in quando l’etichetta di accreditamento è molto utile a fini pubblicitari.

A questa commissione “ spetta il compito di elaborare i criteri di qualità e di verificarne il rispetto da parte delle organizzazioni sanitarie, che negli Stati Uniti sono soprattutto private e finanziate generalmente dalle assicurazioni dei cittadini. I criteri di accreditamento della J.C.A.H.O. riguardano tutte le attività di un ospedale, da quelle più propriamente assistenziali a quelle amministrative e alberghiere. I criteri vengono aggiornati annualmente e diffusi capillarmente in appositi manuali. Qualora i criteri stabiliti non vengano rispettati, le azioni messe in atto dal governo possono spaziare dall’invito all’ospedale all’adeguamento entro un certo periodo di tempo, fino alla revoca dell’accreditamento ”.10 Il sistema dell'accreditamento è ormai, tuttora, una realtà consolidata in molti paesi europei ed extra-europei ed è divenuto un mezzo di controllo e di regolazione dell'accesso al mercato sanitario.

10

Casati, M., 1999. La documentazione infermieristica. Milano: McGraw-Hill, 159-160.

19


Nella realtà italiana permane una rilevante confusione terminologica rispetto all’accreditamento. È utile, dunque, una chiarificazione linguistica volta a differenziare le due principali forme di accreditamento, cioè l’accreditamento istituzionale e l’accreditamento professionale o volontario o di eccellenza. Per accreditamento istituzionale significa dare credito ad una struttura sanitaria che, attraverso la combinazione di elementi strutturali, tecnologici ed individuali, “ produce servizi compatibili con criteri e standard prestabiliti, attraverso un procedimento di verifica da parte di un’autorità o di un’istituzione ( per la sanità è la Regione ) con il quale si riconosce il possesso di specifici requisiti, appositamente prescritti ( leggi regionali ), per il raggiungimento di obiettivi considerati strategici. Il procedimento si conclude nell’iscrizione in un elenco/albo da cui possono attingere, per l’autorizzazione, altri soggetti. Tale procedimento è obbligatorio in Italia ”.11 L’accreditamento professionale o di eccellenza è, invece, un “ processo di autovalutazione e revisione esterna tra pari utilizzato dalle organizzazioni sanitarie per valutare accuratamente il proprio livello di performance relativamente agli standard prestabiliti e per attivare modalità di miglioramento continuo della qualità ”.12 È utile questa tabella comparativa13 che specifica ulteriormente le caratteristiche tra i tipi di accreditamento istituzionale e professionale:

11

Orelli, A., 2003. Dall’idea di qualità alla qualità strutturata. Dibattito, 1, 13.

12

Orelli, A., 2003. Dall’idea di qualità alla qualità strutturata. Dibattito, 1, 13.

13

Tratta da: Di Stanislao, F., Liva, C., 1998. Accreditamento dei servizi sanitari in Italia. Torino:

Centro Scientifico Editore, pag. 35 ( modificata ).

20


CARATTERISTICHE

ACCREDITAMENTO ISTITUZIONALE Accesso al mercato

ACCREDITAMENTO PROFESSIONALE Promozione della qualità

Obiettivo

regolamentato da soggetto

delle attività sanitarie e

Opzione

pagatore ( SSN ). Obbligatoria.

Ricaduta

Economica.

dei relativi risultati. Volontaria Prestigio, promozione

Livello di qualità richiesto

Minimo, focalizzato

professionale. Eccellente, mira

essenzialmente sulla

all’ottimizzazione dei

sicurezza.

risultati. Professionale, in

Istituzionale, tramite appositi Gestione

uffici e procedure formalizzate.

Modalità operativa

Contenuti Riferimenti Sanzioni

collaborazione con società scientifiche e associazioni di settore. Azione di consulenza,

Ispezione per la verifica

revisioni fra pari

della corrispondenza formale

finalizzate alla

dei requisiti.

promozione della qualità

operativa e professionale. Prevalentemente istituzionali Prevalentemente e normativi. Normative, regolamenti, piani sanitari. Sanzioni, sospensione del finanziamento.

professionali e scientifici. Evidenza scientifica. Non prevede sanzioni.

Nel “ La documentazione infermieristica ” di Monica Casati 14, l’accreditamento professionale dei servizi sanitari viene definito come “ un’attività volontaria gestita tra pari, mirante a garantire che la qualità delle prestazioni sanitarie non scenda sotto livelli minimi ritenuti accettabili, e sia invece soggetta a un continuo processo di miglioramento. Vengono individuati criteri specifici, considerati 14

Casati, M., 1999. La documentazione infermieristica. Milano: McGraw-Hill, 154-155

21


espressione di buona qualità e riguardanti componenti misurabili delle cure. Questi vengono definiti da gruppi di esperti in base alla letteratura validata, alle indicazioni delle società scientifiche, allo “ stato dell’arte ”, dall’esperienza professionale, al fine di raggiungere definizioni che abbiano caratteristiche di oggettività, misurabilità, riproducibilità, eticità adeguate agli obiettivi. Tali criteri devono tener conto anche delle norme e delle disposizioni di legge specifiche all’elaborazione delle quali prendono parte esperti delle professioni, rappresentanti degli apparati governativi e degli utenti ” Le radici dell’accreditamento sanitario in Italia si possono trovare nella riforma introdotta dalla Legge 833 del 1978, art.25 capo III, in cui si fa riferimento per la prima volta a “… requisiti minimi di strutturazione, dotazione strumentale e qualificazione funzionale del personale, aventi caratteristiche uniformi per tutto il territorio nazionale …”. Dieci anni dopo, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 119, del 23 marzo 1988, afferma la necessità di “… definire gli standard medi assistenziali …e fissare le procedure di verifica della qualità dell’assistenza tenendo conto degli standard assistenziali definiti …”, anche se le profonde innovazioni vengono pienamente riconosciute al Decreto Legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992, che introduce il concetto di aziendalizzazione e finanziamento a prestazione, oltre che inserire con l’art. 8, comma 4 e 7 anche il sistema di accreditamento e l’adozione sistematica della verifica e revisione della qualità e quantità delle prestazioni. Tenendo in considerazione che il sistema di qualità delle prestazioni prevede l’utilizzo di protocolli e procedure proprio come strumenti di formalizzazione dei comportamenti sulla base di una certa progettazione, si può ben capire come

22


questa legge sia estremamente importante per l’adozione di questa serie di strumenti. Anche il primo Piano Sanitario Nazionale, relativo al triennio 1994 – 1997, considera il sistema di accreditamento un punto nodale della nuova sanità italiana, tanto da individuare tra le priorità d’intervento il sistema di valutazione e controllo e l’individuazione dei criteri di accreditamento delle istituzioni sanitarie. È però il Decreto del Presidente della Repubblica del 14 gennaio 1997 che permette di passare dalla fase propositiva ad una fase operativa. Con

tale

decreto

viene

precisato

che

l’accreditamento

è

successivo

all’autorizzazione, la quale può essere intesa come un “ permesso ” di esercizio di un’attività nel rispetto delle norme vigenti, e riguarda non solo le strutture private ma anche quelle pubbliche. Inoltre, il decreto non solo individua due diverse tipologie di requisiti ( strutturali / tecnologici e organizzativi ) ma distingue anche tra: 

requisiti minimi, specificati nel D.P.R. e finalizzati alla concessione dell’autorizzazione sanitaria ( le Regioni conservano comunque la propria autonomia nella definizione delle procedure dell’autorizzazione, “…le Regioni disciplinano le modalità per l'accertamento e la verifica del rispetto dei requisiti minimi…”, art. 2 comma 2. );

requisiti ulteriori, da definire da parte delle Regioni e finalizzati alla concessione dell’accreditamento ( “ Le regioni determinano…gli standards di qualità che costituiscono requisiti ulteriori per l’accreditamento di strutture pubbliche e private in possesso dei requisiti minimi per l’autorizzazione… ”, art.2 comma 4. ).

23


2.2

L’ACCREDITAMENTO IN REGIONE LOMBARDIA

L’accreditamento delle Strutture Sanitarie nella Regione Lombardia costituisce un passo fondamentale verso il miglioramento della qualità dell’assistenza, e di qualificazione degli interventi sanitari erogabili a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Il processo garantisce un livello di sicurezza e di tutela del cittadino attraverso la verifica dei requisiti già previsti dal sistema autorizzativo ( che fa riferimento ai requisiti minimi del D.P.R. del 14 gennaio del 1997 ) e di ulteriori standard di qualità coerenti con le scelte regionali, il cui possesso certificato è condizione irrinunciabile per le strutture che vogliono erogare prestazioni nei diversi livelli di assistenza. Con la Delibera di Giunta Regionale del 6 agosto 1998, il DGR n. 6/38133 ( Attuazione dell’art. 12, comma 3 e 4, della Legge Regionale 11 Luglio 1997 n° 31 ), sono stati definiti i requisiti e gli indicatori per l’accreditamento delle strutture sanitarie della Regione Lombardia. Tale provvedimento è stato adottato in conseguenza alla riforma sanitaria avviata con il decreto legislativo 502, che ha previsto la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private. Questa delibera del 6 agosto definisce i tempi massimi per l’adeguamento delle strutture pubbliche e private, già autorizzate ed in esercizio.15 Di notevole importanza dell’atto deliberativo sono le tabelle 1 e 2, i quali specificano requisiti ed indicatori relativi alle procedure organizzative e alla 15

Da un minimo di 180 giorni per gli aspetti organizzativi generali a 500 giorni per quelli

strutturali e tecnologici generali e specifici.

24


formazione e valutazione del personale, che interessano direttamente la funzione infermieristica: PROCEDURE ORGANIZZATIVE REQUISITO INDICATORE Presso ogni unità operativa Esistenza di modalità codificate per disposizione l’accoglienza, la presa in carico e la protocolli dimissione dei pazienti.

di

tutti

inerenti

gli le

sono

a

operatori

i

procedure

di

accoglienza, presa in carico e dimissione del paziente. Presso ogni unità

operativa

sono

a

disposizione di tutti gli operatori protocolli organizzativi inerenti almeno due tra le seguenti procedure: 

evenienze cliniche più frequenti e

Esistenza di modalità codificate per lo svolgimento di attività particolarmente critiche.

Gestione delle emergenze e/o delle di maggior gravità;

Prelievo, conservazione, trasporto dei materiali organici da sottoporre ad accertamento;

Smaltimento dei rifiuti;

Istruzioni operative di disinfezione e sterilizzazione;

 Gestione dei farmaci. Presso ogni unità operativa disposizione: Modalità per l’erogazione dell’assistenza farmaceutica.

protocolli

sono

a

organizzativi

inerenti alla conservazione, gestione dei farmaci,

dei

dispositivi

medici;

le

procedure per il richiamo dei farmaci e dispositivi medici e prodotti diagnostici. FORMAZIONE E VALUTAZIONE DEL PERSONALE REQUISITO INDICATORE Esistenza di un piano di inserimento per Protocollo di inserimento adottato per

25


gli operatori di nuovo arruolamento.

tutti gli operatori inseriti nella struttura nel periodo considerato.

Dalla lettura delle tabelle proposte nella delibera emerge chiaramente il riferimento a protocolli e procedure, quali strumenti in grado di controllare, all’interno del sistema organizzativo, il rispetto dei requisiti, previsti nel processo di accreditamento, di una determinata struttura sanitaria. In ragione di tale fatto, il processo di accreditamento risulta essere da stimolo per promuovere, attuare o consolidare la produzione e l’implementazione sistematica di una documentazione dell’assistenza infermieristica di tipo professionale, riguardante

ogni

attività

che

rappresenti

un

requisito

funzionale

dell’organizzazione.

3. DEFINIZIONE TERMINOLOGICA DEL PROTOCOLLO Il termine PROTOCOLLO ha origini antiche. Nel suo etimo è composto da due parole greche “ protos ” ( primo ) e “ kolla ” ( colla ); indica il primo foglio di una serie, dove anticamente rappresentava le regole e la memoria storica di una tribù, di una stirpe. Era dunque costituito da un insieme di più fogli incollati in successione tra loro e poi arrotolati, custoditi in preziosi scrigni e confermati con simboli di sigillo, la cui valenza ufficiale e storica veniva confermata e sottolineata dal materiale prezioso con il quale erano composti i fogli: papiro, pergamena, legno o seta. Il protocollo veniva utilizzato per celebrare eventi speciali ( quali: accordi tra regnanti, tra tribù, tra stirpi, congregazioni religiose oppure per descrivere le modalità in cui dovevano avvenire cerimonie solenni,

26


come matrimoni, investiture, riti ecclesiastici, … ) tanto che anche ai nostri giorni si utilizzano i protocolli per celebrare accordi tra Enti e Organizzazioni, accordi per i quali sono condivisi i fini e i valori. Il protocollo rappresenta uno strumento che trova spazio in tutti gli ambiti in cui uno o più elementi, persone, gruppi, istituzioni, devono raggiungere determinate finalità ed obiettivi; il termine mantiene il concetto di insieme di regole, come anticamente, ma assume oggi in maniera preponderante delle valenze operative – organizzative. In chiave manageriale è di fatto riconosciuto come uno strumento operativo di integrazione del lavoro, utilizzato in tutti quei settori professionali la cui attività di più elementi è finalizzata allo stesso obiettivo, oppure quando si vuole rende osservabili, riproducibili e valutabili le attività, i processi, i percorsi. Parlando di protocolli è necessario fornire una corretta definizione terminologica; spesso il termine di protocollo viene confuso con il termine riguardante soprattutto le procedure ma anche concernente le linee guida. Questo uso improprio dei vocaboli può determinare interpretazioni errate, progettazioni non adeguate, confusione di termini e quindi decisioni differenti da quelle previste. Fino a qualche anno fa in Sanità, i protocolli più diffusi sono stati quelli terapeutici e quelli diagnostici. I protocolli terapeutici indicano “ una serie di farmaci da somministrare seguendo un preciso schema che definisce la successione, gli intervalli e le quantità, secondo criteri determinati, per ogni singolo caso ”. I protocolli diagnostici indicano, invece, “ la serie di indagini a cui si sottopongono le persone per i controlli periodici di alcune patologie ”16. 16

Rocco, M.J., La responsabilità condivisa: protocolli e linee-guida, Atti del Simposio

27


Negli ultimi anni il significato e l’ambito applicativo dei protocolli si è ampliato in Sanità, coinvolgendo direttamente l’assistenza infermieristica, dove i protocolli infermieristici interessano non solo l’ambito clinico - pratico, ma anche l’ambito relativo alla formazione ed alla ricerca. È necessario, dunque, tener presente che esistono diverse definizioni di protocollo, espresse da Medici, Ricercatori, Docenti e Infermieri. Sono perciò molteplici le figure che hanno proposto nel corso degli anni una definizione di protocollo. È ancora rilevante la definizione proposta nel 1987 da tre Infermieri Dirigenti quali Lolli A.17, Lusignani M.18, Silvestro A.19, durante il convegno promosso dalla Scuola Universitaria di Discipline Infermieristiche nelle giornate del 2-3 Ottobre 1987 a Milano; essi definiscono il protocollo come “ la formalizzazione della successione di un insieme di azioni fisiche e/o mentali e/o verbali con le quali l’infermiere raggiunge un determinato obiettivo ”. Inoltre essi specificano come il protocollo sia “ un meccanismo di integrazione tra medico - infermiere - organizzazione; risponde ad un criterio prevalentemente efficientista e permette di controllare che il risultato sia raggiunto, attraverso la stabilita conseguenzialità di azioni prefissate di cui non si stabilisce il livello qualitativo. E’ uno strumento poco elastico ed ha efficacia solo se adoperato nel contesto che lo ha elaborato; non ha quindi, valenza generale ma locale. Attualmente lo troviamo prevalentemente utilizzato nei reparti o servizi di “ Autonomia e responsabilità degli infermieri: strumenti e strategie ” – III Congresso Nazionale, Nursing Cuore 2000, promosso dal GITIC, Montecatini Terme, 24-25 Marzo 2000. 17

I. I. D. dell’U.S.L. n. 28 – Bologna Nord.

18

I. I. D. dell’Ospedale “ San Giuseppe ” – Milano.

19

I. I. D. dell’Ospedale Civile – Udine, Presidente attuale della Federazione Nazionale dei Collegi

IP. AS. VI.

28


emergenza, dove si impone velocità e coordinamento di azione in situazioni assistenziali molto variabili, non note; in situazioni che vedono l’operatività contemporanea di più figure professionali; in situazioni in cui si richiede la rigida osservanza, e con priorità prefissate, di pratiche che garantiscano il controllo delle infezioni nosocomiali, la sepsi di determinati supporti tecnologici, una corretta utilizzazione di strumentari di vario genere ecc…”20. Questa citazione è una delle definizioni più autorevoli e complete che possono essere considerate per ottenere una visione iniziale dei protocolli, nonostante che risalga al 1987. Leggendo tale definizione è possibile estrapolare alcuni concetti che successivamente saranno ripresi da diversi autori nelle proprie citazioni e che, inoltre, tuttora possiedono importanza rilevante nella descrizione di questi strumenti assistenziali. In particolare il protocollo viene inteso come uno strumento in grado di integrare l’attività medica, infermieristica e organizzativa ( quindi uno strumento di integrazione anche a carattere organizzativo ) che, secondo un criterio prevalentemente efficientista ( tenendo dunque in considerazione il risparmio delle risorse ), permette all’assistenza infermieristica di raggiungere i propri obiettivi attraverso una formalizzazione della successione di un insieme di azioni fisiche e/o mentali e/o verbali. Inoltre si individua la valenza locale del protocollo, la capacità di permettere una valutazione dell’attività assistenziale di interesse ( se il risultato viene raggiunto ), oltre che stabilire le condizioni di applicazione ( “ dove si impone velocità e coordinamento

20

Lolli A., Lusignani M., Silvestro A., 1987. Protocolli – Standards. In: Cantarelli M., Un modello

professionale per l’assistenza infermieristica. Il passaggio da un’assistenza per mansioni ad un’assistenza per prestazioni, Atti convegno SUDI 2-3 Ottobre 1987, Milano.

29


di azioni, in situazioni assistenziali molto variabili, in situazioni in cui si richiede la rigida osservanza di pratiche ” ). A questa definizione ne conseguono di numerose altre che, alcune, riprendono i precedenti concetti ed altre ne propongono di nuovi; per esempio Massei A. ( 1991 ), Docente Universitario propone la necessità di aggiornamento nella propria definizione ( “ I protocolli devono essere modificati con l’evoluzione della conoscenza scientifica, delle tecnologie, delle modifiche di assistenza, nonché dei modelli organizzativi adottati ”. “ E, comunque, devono essere sottoposti a revisioni ogni tre anni. ” ). Annalisa Silvestro ripropone, alla partecipazione del “ III Convegno Regionale Lombardia. Protocolli e Standards. Gli infermieri di area critica si interrogano. ” del 12 giugno 1993 a Milano, una nuova definizione di protocollo; lo definisce come “ un modello formalizzato del comportamento professionale, che viene elaborato collegialmente, sulla base di conoscenze scientifiche e di riscontri esperienziali ”. Questa citazione, come quella di Massei A., sono molto importanti perché individuano il protocollo come uno strumento che consente di offrire un’assistenza infermieristica che deve essere necessariamente basata su conoscenze scientifiche, le quali devono essere modificate nel tempo quindi aggiornate, in quanto l’evoluzione scientifica permette di risolvere i bisogni

30


assistenziali in modo sempre più qualitativo. Riprende, inoltre, il concetto di valenza locale del protocollo anche se lo propone come uno strumento tendenzialmente flessibile che consente di responsabilizzare il gruppo che lo utilizza. Egli cita anche l’ambito d’utilizzo, “ sia in ambito organizzativo che assistenziale ”, e che consente di “ affrontare e trattare bisogni/problemi comuni a più ammalati che si trovano o nella stessa unita operativa ( ad es: reparto di unità coronaria = mobilizzazione efficace dei pazienti allettati o totalmente dipendenti dall’infermiere ) o coinvolti nella stessa situazione assistenziale ( ad es: mantenimento della ventilazione in paziente in criticità vitale sulla strada a seguito di incidente automobilistico ) ” 21. La definizione di protocollo ha subito perciò diverse modificazioni nel tempo; si può affermare che si è partiti nel concepire il protocollo come la “ formalizzazione della successione di un insieme di azioni fisiche e/o mentali e/o verbali ” ( 1986 ) fino alla sua concezione di “ modello formalizzato del comportamento professionale ” ( 1993 ), dunque “ uno strumento di orientamento, indirizzo e controllo del comportamento professionale ”22. Nella definizione di protocollo considero utile tenere in principale considerazione la definizione proposta da Paolo Motta 23 ( 1998 ), che lo definisce come il “ corso d’azione infermieristica da preferire nell’erogazione di una data prestazione, in una data situazione ”24, “ un determinato iter diagnostico, terapeutico ed

21

Silvestro A., 1994. Procedure, protocolli e standards: teoria e modalità di strutturazione.

Scenario Inserto, numero 1, pag. V-VI. 22 23

Ferri C., Infermiere Dirigente, 1993. IID, Docente di Metodologia Clinica e della Ricerca Infermieristica Corso di Laurea per

Infermiere, Università Vita-Salute San Raffaele. Direttore scientifico di Nursing Oggi.

31


assistenziale da attivare a fronte di una situazione clinica ” 25. Infatti, attraverso questa definizione è facile capire cosa indica il termine di protocollo; questa considerazione del protocollo può essere maggiormente arricchita da alcuni concetti proposti da Claudio Spairani26( 2000 ), il quale specifica il protocollo come “ un documento scritto che trasforma i risultati della ricerca infermieristica in una base di conoscenza comune ”, nel quale “ sono individuati gli obiettivi, le risorse, le procedure assistenziali, le motivazioni scientifiche che le sostengono, gli standard di risultato e gli indicatori di verifica ”27. Si delinea dunque la figura del protocollo come un documento composto da vari elementi, in grado di fornire un aiuto al professionista, suggerendo una serie di azioni elaborate con criterio ed efficacia scientifica volte nel trattamento di bisogni riscontrabili in una determinata situazione assistenziale.

4. CARATTERISTICHE DEI PROTOCOLLI 4.1

L’APPICAZIONE DEI PROTOCOLLI INFERMIERISTICI

Nell’attivazione di un protocollo d’assistenza infermieristica è di fondamentale importanza la condizione che rende una determinata situazione protocollabile; è perciò indispensabile stabilire quali sono le condizioni, poiché una verifica della loro presenza consente di attivare un protocollo infermieristico: 24

Motta P., 1998. Protocolli infermieristici: un inquadramento concettuale e metodologico.

Nursing Oggi, numero 4, pag. 32. 25

Motta P., 2001. Linee guida, clinical pathway e procedure per la pratica infermieristica: un

inquadramento concettuale e metodologico. Nursing Oggi, numero 4, pag. 29. 26

Presidente ANIN, Coordinatore Divisione di Neurochirurgia S. Matteo, Pavia.

27

Spairani C., Lavalle T., 2000. Procedure, Protocolli e Linee Guida di Assistenza Infermieristica.

Milano: Masson.

32


l’emergere di una situazione clinica delineata univocamente come ad esempio, la preparazione ad una coronarografia o ad un certo tipo di intervento cardiochirurgico;

la prevedibilità del / dei bisogno /i di assistenza infermieristica, della loro modalità di manifestazione delle loro eventuali cause, in una certa situazione specifica. Nell’esempio relativo alla preparazione della coronarografia, si possono individuare il bisogno di igiene e di ambiente sicuro, in relazione all’esigenza di ridurre la carica batterica dell’area cutanea che sarà la sede di inserimento

dell’introduttore

arterioso,

indispensabile

nell’esame

coronarografico; 

la possibilità di esplicitare uno o più risultati finali attesi dall’applicazione dello specifico protocollo. Nell’esempio, il risultato finale può essere la prevenzione delle complicanze infettive;

la possibilità di scegliere ed indicare gli atti ed azioni da eseguire e da rispettare nel raggiungere l’obiettivo finale, specificando modalità, tempi, risorse, … Nell’esempio, l’esecuzione della tricotomia con della crema depilatoria;

la possibilità di flessibilità del protocollo, cioè la capacità del protocollo di essere modificato in alcune sue parti, che preveda alternative, in modo tale che si adatti nel modo migliore alle particolari esigenze manifestate dalla persona assistita. In sintesi la possibilità di personalizzare il protocollo;

la possibilità di indicare i criteri che consentono di valutare l’efficacia dell’intervento del professionista.

33


Da questi punti è possibile dedurre alcune delle caratteristiche che il protocollo deve rispondere per essere considerato di buona qualità, per essere quindi considerato uno strumento che possiede la qualità necessaria affinché possa essere introdotto nella fase di pianificazione nel processo di assistenza infermieristica al fine di aumentare l’efficacia della prestazione sanitaria. Le caratteristiche del protocollo possono essere così riassunte: I protocolli sono creati all’interno dell’organizzazione specifica in cui devono essere utilizzati: sono prodotti dallo stesso gruppo professionale che li utilizza, hanno quindi valenza locale e tengono in considerazione il contesto organizzativo, cioè,

APPLICABILITA’

le risorse strutturali,

le risorse materiali,

le risorse umane,

presenti nella realtà specifica. L’importanza del contesto organizzativo nella piena applicazione del protocollo è notevole; può, infatti, succedere di avere a disposizione protocolli che propongono sequenze di comportamenti non attuabili, o l’uso di materiali non disponibili, o sequenze di atti da libri di testo. Deve innanzitutto avere la possibilità di essere COMPLETEZZA

applicato a tutti i casi per il quale è stato previsto, oltre che un protocollo completo è quando possiede tutti gli elementi costitutivi relativi alla struttura grafica.

PERTINENZA

Deve possedere una corretta formulazione in base agli obiettivi generali e specifici.

34


Deve essere accettato dal maggior numero possibile di professionisti per aumentare la probabilità di essere CONDIVISIBILITA’

sistematicamente applicato. Essere condiviso, discusso ed accettato da tutti e non imposto è il presunto fondamentale perché non sia rifiutato. Deve avere una descrizione essenziale ed essere di

CONCISIONE

facile consultazione, nonostante la presenza di tutti gli elementi. Non deve consentire nella sua applicazione dubbie interpretazioni, le differenze d’interpretazione devono

CHIAREZZA

essere il più possibile limitate; deve essere scritto con linguaggio chiaro e comprensibile dove le sigle devono essere esplicitate per esteso. Deve possedere la capacità di individuare carenze di

ACCURATEZZA

qualità e di escludere gli elementi con qualità inadeguata. Essere

modificabile,

essere

adattabile

ad

una

personalizzazione del documento, oltre che possedere la capacità di modificarsi al modificare dei fattori FLESSIBILITA’

strutturali, strumentali e professionali. In pratica deve essere modificabile nel tempo, rispetto al mutamento del contesto organizzativo e del miglioramento delle conoscenze.

CREDIBILITA’

Legittimata dalla metodologia utilizzata. Essere basato sulle migliori evidenze scientifiche

FONDATEZZA

disponibili

relative

al

determinato

argomento

assistenziale. RIPRODUCIBILITA’ Deve consentire di ripercorre lo stesso percorso

35


proposto dalle evidenze scientifiche e metodologiche al fine di arrivare alle identiche conclusioni. VALIDITA’

Deve possedere la capacità di raggiungere lo scopo prefissato. Deve consentire la necessità di essere valutato periodicamente mediante indicatori specifici, per essere

VERIFICABILITA’

aggiornato, e per raggiungere risultati qualitativamente sempre migliori.

36


4.2

AMBITI DI APPLICAZIONE DEI PROTOCOLLI INFERMIERISTICI

Il protocollo, nonostante abbia valenza locale ovvero sia valido solo per il contesto per il quale è stato creato in quanto considera le risorse, gli operatori oltre che l’aspetto temporale e culturale di un preciso contesto, può trovare applicazione in vari ambiti relativi all’erogazione di prestazioni assistenziali, essendo uno strumento di lavoro in grado di tradurre conoscenze scientifiche confermate in comportamenti osservabili e misurabili. Può trovare applicazione in ambiti assistenziali quali: 

preventivi;

curativi;

educativi;

nelle cure di mantenimento;

di sostegno;

di riabilitazione;

per interventi palliativi.

In linea generale si afferma che il protocollo è indicato durante tre momenti dell’attività lavorativa: 

nelle tecniche di routine per migliorare le azioni degli operatori dove spesso, queste tecniche routinarie, determinano disomogeneità nei comportamenti degli operatori rispetto ai risultati attesi e all’adeguato utilizzo delle risorse;

nelle evenienze rare e complesse;

dove risulta essere difficile orientarsi sia a livello di conoscenze che di azioni, nelle realtà assistenziali poco o nulla conosciute.


Per definire in modo particolare quali sono le indicazioni per l’elaborazione e la continua verifica di protocolli di buona qualità è necessario tener presente quali situazioni patologiche hanno un maggior peso in termini di mortalità, costi ed impegno assistenziale. È possibile ottenere un quadro indicativo di queste situazioni grazie ai seguenti punti: 

patologie che presentano una percentuale di mortalità o di complicanze superiori ai livelli standard riconosciuti;

patologie il cui trattamento rappresenta il principale utilizzo di risorse;

patologie che richiedono l’integrazione con il territorio o con altre strutture assistenziali, oltre che la presenza inoltre di più figure professionali in una data organizzazione;

patologie che riguardano il maggior numero di ricoverati;

patologie che presentano una degenza superiore a quella prevista dai DRG, oppure presentano costi interni superiori ai ricavi.28

Oltre che: 

la presenza di situazioni di urgenza dove è necessario agire nel modo più rapido, efficiente ed efficace;

nelle situazioni di incertezza in cui la decisione è lasciata alla discrezionalità del professionista ( esempio: quanta eparina è necessaria nella eparinazione del cateterismo venoso periferico? );

nell’introduzione di innovazioni;

in caso di attività rare in un determinato contesto ( esempio: la gestione del catetere venoso centrale in ambiti dove viene raramente utilizzato );

28

Venturini, M., 1999. Ruolo dei protocolli e delle linee guida in un processo di accreditamento.

Professioni Infermieristiche, numero 2, 119 – 123.


nelle pratiche con rigorosità d’esecuzione;

nel caso sia presente personale con scarsa discrezionalità ( esempio: nel caso della pulizia di sale operatorie da parte del personale ausiliario ).29

4.3

FINALITA’ DEI PROTOCOLLI INFERMIERISTICI

I protocolli rappresentano uno strumento dalle enormi potenzialità, poiché il loro utilizzo possiede molteplici finalità dove, però, lo scopo finale è unico ed è rappresentato dal continuo miglioramento della qualità assistenziale offerta assicurando alle persone assistite interventi basati sulla più recente evidenza scientifica. La letteratura propone una serie di funzioni che il protocollo infermieristico possiede, dove le più comunemente citate e dal più facile riscontro pratico sono: 

Omogeneizzare, uniformare i comportamenti riducendo le variabili, ossia obbliga i professionisti ad esercitare il proprio operato nella stessa maniera, riducendo perciò la discrezionalità personale, elemento tale da compromettere il risultato assistenziale.

Diventa uno strumento di formazione permanente, stimola l’aggiornamento continuo, in quanto la sua costruzione e il suo continuo aggiornamento offrono all’infermiere una possibilità di formazione continua; la sua costruzione e modifica comporta una fase di ricerca scientifica con la quale si possono assumere nuove conoscenze utili nella pratica clinica.

29

Rocco, M.J., La responsabilità condivisa: protocolli e linee-guida, Atti del Simposio

“ Autonomia e responsabilità degli infermieri: strumenti e strategie ” – III Congresso Nazionale, Nursing Cuore 2000, promosso dal GITIC, Montecatini Terme, 24-25 Marzo 2000.


Riduce la complessità.

Facilità l’inserimento di studenti e nuovi assunti, in quanto l’utilizzo di protocolli, con i quali si basa l’attività assistenziale di un reparto ospedaliero, faciliteranno il neoassunto e lo studente nel compito di ambientamento e quindi di adeguamento all’attività lavorativa.

Garantisce un’assistenza sicura anche nel rispetto del ricambio di personale.

Rende osservabili, compatibili e valutabili i comportamenti del personale infermieristico, favorisce perciò la valutazione delle pratiche assistenziali oggetto del protocollo; il protocollo, essendo il risultato dell’accordo di più figure professionali all’interno del reparto, costituisce un riferimento per tutti gli operatori, i quali saranno valutati proprio in merito alla sua corretta applicazione.

Favorisce lo sviluppo e la valorizzazione delle competenze attraverso il coinvolgimento, il confronto e la motivazione degli operatori.

Consente

di

adottare

comportamenti

efficienti,

attraverso

l’utilizzo

razionalizzato delle risorse disponibili, in quanto viene identificato precisamente il loro preciso utilizzo a precisi obiettivi. 

Favorisce la diminuzione degli errori.

Tutela il personale, attraverso la dichiarazione di come s’intende svolgere la data attività.

Favorisce l’integrazione tra diversi operatori.

Nonostante il protocollo possieda vari vantaggi, è possibile effettuare delle considerazioni relative a rischi e svantaggi che si può incorrere nella loro applicazione.


1. In primo luogo, si è affermato che il protocollo sono strumenti a valenza locale, creati all’interno di un’organizzazione specifica, che tengono in considerazione un determinato contesto applicativo; sono dunque strumenti validi solo per il contesto per il quale sono stati elaborati e non è possibile utilizzarli in altri settori oltre il contesto d’elaborazione. 2. Questi strumenti talvolta si presentano come rigidi elenchi difficilmente applicabili che non lasciano spazio, in alcune situazioni, alla possibilità di personalizzarlo per soddisfare i bisogni dell’assistito. 3. Inoltre, un punto di discussione può essere rappresentato dalla validità del protocollo, in quanto è facile utilizzare in modo scarso e incompleto le evidenze scientifiche relative al determinato argomento assistenziale trattato dal protocollo. 4. Bisogna infine considerare che l’uso di protocolli potrebbe incentivare la meccanicità

nei

comportamenti;

ciò

si

riaggancia

al

concetto

di

standardizzazione precedentemente proposto, dove si accennava al rischio nell’instaurazione di un’assistenza impersonalistica comportando perciò ad una divergenza nei confronti delle necessità individuali delle persone assistite.

4.4

ELEMENTI COSTITUTIVI DEL PROTOCOLLO

La struttura grafica risulta essere di fondamentale importanza, in quanto alcune caratteristiche intrinseche del protocollo, come COMPLETEZZA e CONCISIONE, sono notevolmente influenzate dalla strutturazione grafica, struttura che può essere notevolmente varia e decisa all’interno del gruppo di lavoro, ma deve contenere tutti gli elementi definiti dalla letteratura come fondamentali in un


protocollo. Inoltre, alcuni di questi elementi garantiscono quei requisiti d’ufficialità che ciascun protocollo deve possedere per essere applicato formalmente all’interno di un reparto. Gli elementi costitutivi del protocollo che la letteratura propone possono essere: 

titolo, che deve esplicitare immediatamente il contenuto del documento. In genere corrisponde all’azione che si vuole protocollare;

obiettivo che si vuole raggiungere con il protocollo;

definizione dell’oggetto di attenzione del protocollo ( ad esempio: protocollo di assistenza alla persona sottoposta a coronarografia, è necessario la definizione di cosa si intende per coronarografia, ecc… );

materiale occorrente elencato in dettaglio, meglio se in successione d’uso;

numero e tipo di operatori coinvolti;

azioni da compiere elencate in sequenza logica indicando le motivazioni scientifiche, gli errori da evitare, gli aspetti critici della letteratura scientifica;

categorie di soggetti, cioè precisazione della/e classe/i di soggetti ai quali si applica il protocollo;

tempi richiesti che valuta la modalità di attuazione;

standard che si vuole raggiungere e quindi il risultato atteso dall’azione (indispensabile per valutare il protocollo);

indicazioni delle possibili eccezioni all’applicazione;

complicanze possibili con relative misure di sicurezza;

smaltimento eventuale del materiale;

citazione per intero delle abbreviazioni presenti;

bibliografia consultata;


data di stesura e data dell’ultima revisione;

nominativi e qualifica dei componenti del gruppo di elaborazione;

timbro, firma o un qualsiasi simbolo, noto a tutti, per la validazione formale del protocollo.

5. METODOLOGIA DI ELABORAZIONE DI UN PROTOCOLLO INFERMIERISTICO La stesura rappresenta un esercizio dal quale dipende fortemente la buona qualità del protocollo, quindi rappresenta la base affinché nasca un documento in grado di rispondere al carattere efficientista delle azioni che il documento veicola. Rappresenta, inoltre, un esercizio del quale sono responsabili i vari professionisti che lo utilizzano; infatti, consente di dare responsabilità al professionista nella partecipazione alla sua stesura oltre che permettere che lo stesso professionista accetti il documento, in quanto l’accettazione del singolo e collettiva è il presupposto fondamentale per una qualitativa elaborazione e applicazione. L’elaborazione di un protocollo è stato definito come “ esercizio logico, attraverso il quale ci si appropria in modo razionale della propria pratica, la si scompone in elementi più importanti e meno importanti, in cose note e meno conosciute, in momenti tecnici e in atteggiamenti più soggettivi e personalizzati, la si valuta e la si modifica per renderla sempre più consona alle proprie esigenze professionali e ai bisogni degli assistiti ” 30. L’elaborazione di un protocollo si basa attraverso un percorso metodologico la cui validità consente di raggiungere un buon prodotto finale. 30

Dossier: protocolli per il Nursing. Rivista dell’infermiere. Febbraio 1986. pag. 77


La prima fase del percorso metodologico di elaborazione è rappresentata dalla costituzione del gruppo di lavoro, il quale può essere composto da diverse figure professionali che vanno a costituire un gruppo multiprofessionale; si consiglia un gruppo formato da un ristretto numero di persone, nel quale andranno chiariti fin dal principio i ruoli di ciascun elemento. Le fasi successive che appartengono al percorso metodologico relativo all’elaborazione di un protocollo sono molto simili alla metodologia utilizzata anche per l’elaborazione di linee guida e procedure; si può affermare che il percorso metodologico di tali strumenti è caratterizzato da una prima fase di studio, a cui segue la vera e propria stesura del documento. Infine, l’ultima fase è quella della validazione, cioè la valutazione del documento. In particolare queste fasi possono essere: 

studiare la letteratura sull’argomento, raccogliere la bibliografia più aggiornata, valutare i risultati della ricerca;

analizzare le pratiche assistenziali esistenti;

costruire e verificare gli strumenti operativi;

redigere il protocollo;

rendere disponibile il protocollo agli operatori;

valutare il protocollo.31

Il punto analizzare le pratiche assistenziali esistenti ha lo scopo di effettuare l’analisi di protocolli in uso in altri reparti o in altre strutture ospedaliere; infatti, l’utilizzo di documenti di altre realtà, senza una previa valutazione critica per

31

Spairani C., Lavalle T., 2000. Procedure, Protocolli e Linee Guida di Assistenza Infermieristica.

Milano: Masson


verificare l’attendibilità, la scientificità e l’applicabilità, può comportare una serie di grossi errori che pregiudicano l’efficienza della prestazione sanitaria. In particolare è possibile identificare 14 fasi ben precise relative al processo di elaborazione di un protocollo, fasi che rispondono ai criteri di analisi e studio, di vera e propria stesura, e di validazione e valutazione precedentemente accennati: 1.

“ individuazione dell’argomento o della situazione problematica che deve essere migliorata. In questa fase può essere utile considerare variabili come l’importanza ( frequenza, gravità, costo, ampiezza ), la risolvibilità ( risorse disponibili, norme, impatto organizzativo, influenze esterne ), la misurabilità ( basata su dati oggettivi che possono essere misurati, verificati ). Possono essere utili strumenti quali l’inchiesta epidemiologica, l’inchiesta sulla soddisfazione, l’analisi delle lamentele o delle attività. In questa fase è possibile analizzare le attività assistenziali esistenti per evidenziare le diversità di comportamento;

2. definizione precisa del problema con tutte le sue componenti, che consenta l’analisi delle possibili cause; 3. effettuazione di un’ampia ricerca bibliografica al fine di adottare un linguaggio comune e verificare l’effettiva conoscenza del problema; 4. definizione degli obiettivi del protocollo in coerenza con la filosofia del gruppo e rispettando i criteri di pertinenza, logicità, precisione, realizzabilità e misurabilità; 5. definizione dello standard a cui si riferisce il protocollo e che si vuole raggiungere;


6. individuazione delle risorse materiali ed umane veramente disponibili in quel contesto; 7. descrizione della processo di lavoro specificando in una sequenza logica e dettagliata, chi fa cosa, come, quando, con quali mezzi e perché ( può essere una procedura all’interno del protocollo ); 8. valutazione delle raccomandazioni con elenco di indicazioni da osservare nell’applicazione del protocollo, pur non essendo previste dalla procedura; 9. descrizione delle complicanze eventuali che possono verificarsi in seguito all’applicazione del protocollo; 10. valutazione delle eccezioni citando le situazioni in cui non deve essere utilizzato il protocollo; 11. individuazione delle modalità e tempi di verifica del protocollo (delle risorse, del processo, del risultato) e del livello di adesione da parte dell’èquipe (individuazione di indicatori); 12. individuazione della data di revisione; 13. validazione del protocollo che consiste nella valutazione e formalizzazione dello stesso ( frequentemente trascurata ) confermandone la validità. Generalmente per protocolli specifici ( es. protocolli di assistenza infermieristica ) sono gli stessi professionisti che provvedono alla validazione attraverso organi formalizzati ( es. Commissione qualità all’interno del Dipartimento Infermieristico ); 14. diffusione del protocollo cercando la condivisione e prevedendo una strategia d’inserimento ” 32. 32

Rocco, M.J., La responsabilità condivisa: protocolli e linee-guida, Atti del Simposio “

Autonomia e responsabilità degli infermieri: strumenti e strategie ” – III Congresso Nazionale,


LINEE GUIDA E PROCEDURE Da un punto di vista strettamente terminologico il protocollo viene spesso confuso con strumenti quali linee guida e procedure, anche se, tali strumenti, risultano avere contenuti, caratteristiche e significati profondamente differenti.

1. LE LINEE GUIDA PER LA PRATICA CLINICA Le linee guida rappresentano l’ulteriore strumento utile nella pratica clinica. L’elaborazione di linee guida in molti settori della Medicina ha ricevuto una forte spinta grazie al fenomeno dell’“ Evidence Based Practice ”, in modo particolare grazie all’“ Evidence Based Medicine ” ( E. B. M. ), ma soprattutto da quando in Sanità è cresciuta l’attenzione per i costi, da quando perciò l’attività sanitaria è notevolmente condizionata da una politica risparmiatrice. L’Evidence Based Practice e quello che da esso deriva ( Evidence Based Nursing, Evidence Based Medicine, ecc… ) sono strettamente relazionati alle linee guida in quanto esse rappresentano strumenti che permettono al professionista nella pratica clinica di erogare interventi assistenziali basati sulle migliori prove di efficacia e sicurezza; infatti, l’elaborazione di questi strumenti si basa sulla valutazione della letteratura scientifica relativa ad una tematica di interesse, a cui segue una selezione di ciò che può essere utile per la pratica clinica. Lo scopo principale è quello di promuovere una pratica clinica di comprovata efficacia in modo da rispondere al desiderio di erogazione di un’assistenza con la più alta qualità Nursing Cuore 2000, promosso dal GITIC, Montecatini Terme, 24-25 Marzo 2000.


possibile. Il fenomeno dell’E. B. M. nasce ufficialmente nel 1992, quando un gruppo di epidemiologi clinici dell’Università Mac Master, in Canada, effettua una pubblicazione su Jama, con la quale viene espressa l’importanza nell’adottare prove d’efficacia e sicurezza. Tale considerazione è ripresa in questa definizione, dove l’E. B. M. è stato definito come “ l’utilizzo cosciente, esplicito e assennato della migliore evidenza scientifica disponibile quando si tratta di prendere decisioni sul singolo paziente. La pratica della medicina basata sull’evidenza significa integrare nella maestria clinica individuale la migliore evidenza scientifica disponibile della ricerca valida e affidabile ”

33

dove “ la migliore

evidenza deve essere quella capace di ridurre le incertezze di chi deve decidere ”34. In definitiva, l’Evidence Based Medicine propone una Medicina dove il determinato intervento risulta essere basato su prove che garantiscono un’efficacia prestazionale. L’Evidence Based Nursing, nata invece negli ultimi anni, rappresenta l’applicazione dell’Evidence Based Practice nel campo infermieristico; indica, dunque, l’assistenza infermieristica basata sulle evidenze scientifiche, sulle prove d’efficacia e sicurezza. La definizione di linee-guida più universalmente conosciuta, riportata e accettata è quella fornita dall’Institute of Medicine americano nel 1992, secondo il quale le linee guida sono “ raccomandazioni di comportamento clinico, prodotte attraverso un processo sistematico, allo scopo di assistere operatori sanitari e pazienti nel decidere quali siano le modalità di assistenza più appropriate in 33

Gòmez de la Càmara, La medicina basada en la evidencia. Aspectos controvertidos. Formaciòn

Medica Continuada en Atenciòn Primaria, Marzo 1998, pag. 188. 34

Granados, Es util la medicina basada en la evidencia para la toma de decisiones en sanidad?.

Formaciòn Medica Continuada en Atenciòn Primaria, Marzo 1998, pag. 145 – 147.


specifiche circostanze cliniche ”. Nel mondo sanitario italiano le linee guida vengono considerati ufficialmente grazie al Decreto del Presidente della Repubblica del 14 gennaio 1997, lo stesso decreto che, come accennato in precedenza, introduce operativamente l’accreditamento delle strutture sanitarie; in modo particolare esso precisa: “ in tutte le articolazioni organizzativo - funzionali è favorito l’utilizzo delle linee - guida predisposte dalle Società Scientifiche o da gruppi di esperti, per buona pratica clinica nelle varie branche specialistiche. Inoltre devono essere predisposte con gli operatori linee - guida, regolamenti interni che indichino il processo assistenziale con cui devono essere gestite le evenienze cliniche più frequenti o di maggior gravità ”. Le varie definizioni proposte nel corso degli anni suggeriscono di intendere le linee guida come uno strumento di supporto al processo decisionale che un professionista sanitario applica con lo scopo di risolvere i bisogni del singolo utente, giacché tali strumenti suggeriscono le modalità d’assistenza più appropriate in determinate situazioni cliniche. Inoltre questi strumenti devono essere intesi come una guida da affiancare alle conoscenze e alle abilità acquisite con l’esperienza dal professionista, e non come strumenti che rappresentino solo come una rigida istruzione che toglie l’autonomia decisionale e operativa del professionista. Connesse alle linee guida sono presenti le implicazioni che questi strumenti hanno sulla comunità poiché, oltre a costituire un’utilità per l’operatore sanitario, rappresentano anche l’aiuto per l’utente dei servizi sanitari. Infatti, l’utente viene messo nelle condizioni di sapere cosa attendersi in determinate circostanze. Rappresentano anche una garanzia per l’utilizzo razionale delle risorse, il che


comporta sia un risparmio per la struttura assistenziale sia una diminuzione della spesa sanitaria che ciascun cittadino contribuisce. In modo specifico la dimensione sociale relativa alle linee guida viene esplicitata dall’Associazione per la Ricerca sulla Efficacia della Assistenza Sanitaria - Centro Cochrane Italiano, che propone le linee guida come uno strumento in grado di “ migliorare il livello di consapevolezza dell’utenza rispetto al tipo ed alla efficacia degli interventi che vengono offerti ”, oltre che permettere che i “ singoli pazienti non si confrontino più solo con le opinioni di chi li assiste, ma abbiano un punto di riferimento per esprimere nel rapporto con il medico ( e tutti i professionisti sanitari ) i propri punti di vista, aspettative e preferenze ”. Inoltre tale associazione conferisce alle linee guida la capacità di permettere l’acquisizione, da parte degli organismi che rappresentano l’utenza, di un ruolo costruttivo, in quanto è necessario che tali organismi partecipino direttamente all’elaborazione di questi strumenti, con quindi la possibilità di “ incidere in modo positivo sui contenuti e le finalità della ricerca medica, sulle modalità di assistenza, sugli interventi da erogare ”. Il mondo scientifico risulta essere in completo accordo sul fatto che le linee guida devono costituire il risultato di un processo metodologico nel quale sono integrati elementi provenienti dalle prove scientifiche disponibili le quali, a loro volta, devono subire un’opera di filtraggio attraverso una valutazione di professionisti particolarmente esperti nel campo scientifico e da rappresentanti di componenti sociali quali i pazienti, in modo da adottare completamente l’assistenza alle esigenze e necessità della popolazione. Le linee guida si possono distinguere in tre tipi che sono:


1. consensus based guidelines, sviluppate soprattutto attraverso processi di consenso tra esperti con conseguente rischio che le raccomandazioni elaborate non riflettano, in modo ottimale, lo stato delle conoscenze scientifiche disponibili; 2. evidence based guidelines, qualora le linee-guida si basino sulle evidenze scientifiche disponibili e siano il risultato di una revisione sistematica della letteratura relativa all’argomento oggetto di indagine; 3. practice based guidelines, qualora, in assenza di evidenze scientifiche, le lineeguida siano il frutto dell’opinione di singoli esperti. L’elaborazione di queste linee guida può avvenire a due livelli: a livello locale e a livello centrale. Quando la produzione avviene all’interno delle singole strutture sanitarie dove, generalmente, l’elaborazione viene affidata agli operatori che successivamente dovranno utilizzarle si parla di elaborazione ad approccio locale; nel caso in cui l’elaborazione viene invece ad opera di esperti esterni alla realtà clinica, come nel caso di agenzie governative, istituti di ricerca, ecc.. ( come nel caso di Francia, Olanda, USA e Regno Unito ) si parla di elaborazione ad approccio centrale. L’approccio centrale, rispetto a quello locale, consente una maggiore validità scientifica; infatti è difficile pensare che a livello locale possano essere prodotte linee guida di buona qualità scientifica poiché spesso sono presenti situazioni di limitatezza di risorse e competenze che non consentono lo sviluppo di documenti qualitativamente adatti all’attività assistenziale. Questo tipo di approccio viene inoltre “ sponsorizzato ” dal Programma Nazionale per l’elaborazione, diffusione


e valutazione delle linee guida e dei percorsi diagnostici terapeutici 35, dove si individua un processo di elaborazione articolato a livello centrale, anche se ciò deve essere supportato da un approccio periferico, avente lo scopo di trasferire raccomandazioni di carattere generale in raccomandazioni ad interesse delle situazioni locali. Il percorso metodologico nell’elaborazione delle linee guida proposto da Rocco Maria Josè nella pubblicazione “ Evidence Based Nursing e linee guida: quale relazione ” ( Atti del IV Congresso Nazionale Nursing Cuore 2001 promosso dal GITIC, Montecatini Terme, 30 – 31 Marzo 2001 ), è composto da 12 fasi che, come nel caso dei protocolli, possono essere schematizzate in 3 gruppi, ciascuno aventi il rispettivo scopo di analisi e studio, descrizione e stesura, validazione. Si passa perciò da una prima fase di “ Definizione del problema clinico ”, in cui “ occorre individuare l’area prioritaria di interesse per la quale si rende necessario la costruzione di linee guida ”, ad una seconda fase volta a costituire il gruppo di lavoro, nel quale può essere formato da operatori sanitari, figure professionali non sanitarie, rappresentanti dei pazienti e degli utenti. Una volta definita la composizione del gruppo è bene passare alla “ Definizione degli obiettivi ” e, successivamente, alla “ Revisione sistematica e sintesi delle evidenze scientifiche ” ( terza e quarta fase ). Ciò che differenzia in modo radicale il processo metodologico delle linee guida rispetto a quello relativo ai protocolli è la quinta fase; in questa fase gioca un ruolo centrale l’opinione degli esperti, che è importante sia nell’interpretazione

35

Un obiettivo del P. S. N. 1998 / 2000 è rappresentato da “ avviare un programma nazionale per

l’elaborazione, la diffusione e la valutazione di linee guida e percorsi diagnostici e terapeutici ”.


delle evidenze scientifiche sia nella formulazione di “ raccomandazioni in quelle aree dove le conoscenze scientifiche sono carenti o molto contrastanti ”. L’ulteriore differenza tra processo metodologico di linee guida e protocolli emerge con la fase numero 7, dove si ritiene necessario, “ al fine di formulare delle raccomandazioni che tengano conto dei valori sociali e culturali dei potenziali destinatari della linea-guida, valutare, in fase di elaborazione, le preferenze / richieste dei pazienti e/o dei familiari ”. Alla settima fase di “ Valutazione delle preferenze / richieste dei pazienti e/o dei familiari ” segue la “ Formulazione della strategia di disseminazione, d’implementazione, di aggiornamento / revisione e del piano di valutazione ”, e la fase denominata “ Peer – review ”, cioè una riesaminazione del documento da parte di “ un gruppo di esperti esterni al panel che le ha elaborate, al fine di valutarne la validità dei contenuti, il rigore metodologico, la chiarezza, l’applicabilità ”. Le fasi finali sono l’“ Esperienza pilota ”, una sorta di prova formale della linea guida nei contesti clinici per la quale è stata elaborata, e la “ Formulazione finale ”, cioè la stesura finale del testo del documento. Anche le linee guida, come i protocolli, possiedono dei requisiti che deve possedere per essere considerata di buona qualità; naturalmente questi criteri possono rappresentare dei criteri di valutazione critica per linee guida già esistenti e possono essere riassunti attraverso la seguente tabella: La linea guida, applicata, deve permettere di raggiungere il proprio obiettivo in termini di VALIDITA’

risultati attesi nel miglioramento della salute del singolo e della collettività, il che associato a condizioni di risparmio di risorse.


Il

coinvolgimento

di

diverse

figure

RAPPRESENTATIVITA’ /

professionali nell’elaborazione della linea

MULTIDISCIPLINARIETA’

guida garantisce ad essa un elevato grado di

FONDATEZZA

rappresentatività nella comunità scientifica. La linea guida deve essere il risultato delle integrazioni

delle

migliori

evidenze

scientifiche con l’opinione di esperti. È necessario che possa essere applicabile, in APPLICABILITA’

tutte le sue condizioni, all’interno della reale pratica clinica. La linea guida deve consentire di adattare alle specifiche

FLESSIBILITA’

situazioni

raccomandazioni

cliniche

scientifiche

locali in

le sua

costituzione, oltre che poter esplicitare in quali e con quali modalità operative tenere in considerazione le preferenze dei pazienti.

DOCUMENTAZIONE METICOLOSA Nella linea guida devono essere indicate, per FORZA DI

ogni raccomandazione, il grado di buona

RACCOMANDAZIONE

qualità delle evidenze scientifiche su cui si basano. “ Una linee guida si dice riproducibile quando

RIPRODUCIBILITA’

partendo

dalle

stesse

evidenze

scientifiche ed utilizzando lo stesso metodo, due diversi gruppi di esperti giungono alle medesime

REVISIONE /

conclusioni ”.36 L’aggiornamento costituisce un elemento

AGGIORNAMENTO

fondamentale delle linee guida, con il quale si rispettano i principi relativi all’aggiornamento e alla qualità delle raccomandazioni da

36

Rocco M. J. Evidence Based Nursing e linee guida: quale relazione, Atti del IV Congresso

Nazionale Nursing Cuore 2001 promosso dal GITIC, Montecatini Terme, 30 – 31 Marzo 2001.


seguire

in

una

determinata

situazione

assistenziale. La linea guida deve perciò considerare i tempi e le modalità per un suo aggiornamento o revisione. In definitiva, le linee guida sono strumenti che trasmettono raccomandazioni di carattere generale volte a supportare i professionisti a prendere decisioni correlate ad una determinata situazione clinico - assistenziale. Quindi, tali strumenti possono essere utilizzabili, anche, come riferimento scientifico per la predisposizione dei protocolli che, dunque, in questo caso rappresentano l’applicazione locale della linea guida in questione.

2. LE PROCEDURE NELLA PRATICA CLINICA Rispetto alle linee guida ed ai protocolli, le procedure infermieristiche rappresentano la più elementare forma di standardizzazione. Questi documenti a valenza locale, infatti, sono strumenti che conferiscono un’alta rigidità dei comportamenti poiché costituiscono una descrizione dettagliata degli atti, disposti in successione logica, che si realizzano in una data attività infermieristica; possono essere contenute all’interno di un protocollo e permettono di suggerire all’operatore

sanitario

le

modalità

ottimali

nell’eseguire

una

tecnica

infermieristica. Tenendo in considerazione le finalità dei protocolli infermieristici citate precedentemente, è facile pensare a quale siano gli obiettivi dell’applicazione delle procedure. Si osservano diverse similitudini; il concetto fondamentale è rappresentato dal fatto che anche le procedure sono in grado di omogeneizzare i


comportamenti, in modo da ridurre la variabilità prestazionale e quindi raggiungere un’uniformità e riproducibilità dei comportamenti. Da ciò possiamo derivare altre finalità sempre compatibili con le funzioni del protocollo infermieristico; anche le procedure sono in grado di ridurre la complessità, possono garantire un’assistenza sicura giacché consentono di prevenire errori e deviazioni, oltre che rendere valutabili i comportamenti del personale. Si possono intendere anche come strumenti che consentono l’utilizzo razionalizzato delle risorse disponibili ed inoltre rappresentano un valido strumento di formazione in quanto consentono allo studente l’apprendimento di attività. Le procedure infermieristiche possono riguardare diverse attività; infatti, le attività che meritano di essere oggetto di una procedura dipendono strettamente da quando il professionista ritiene che l’elaborazione e l’applicazione di una determinata procedura possa comportare un effettivo miglioramento dell’attività clinica. La letteratura però propone 2 tipi di procedure infermieristiche: 

Rigide.

Orientative.

In sintesi si può affermare che le Le procedure orientative invece si procedure rigide si applicano di fronte applicano in situazioni complesse in cui alle seguenti condizioni:

è presente una chiarezza di obiettivi e di

1. situazioni semplici;

risultati, dove gli operatori possiedono

2. presenza di operatori con scarsa un elevato livello di conoscenze che gli autonomia o dalle caratteristiche permettono strettamente esecutrici; 3. poca chiarezza di obiettivi e di

di

agire

con

autonomia e responsabilità.

elevata


risultati. Analizzando le differenze tra procedure orientative e procedure rigide ci si rende conto che le procedure possono essere applicate da due differenti tipi di operatori; infatti, essendo strumenti rigidi, esse possono essere rivolte all’operatore che possiede una bassa discrezionalità che quindi deve applicarla rigidamente senza variazioni, oppure a professionisti che, attraverso valutazioni coscienti e competenti, sono in grado di modificarla nei casi di necessità. La costruzione di questi strumenti deve derivare anch’esso da un processo metodologico costituito da varie fasi aventi lo scopo di individuare la situazione assistenziale problematica, la consultazione della bibliografia specifica, la ricerca delle migliori evidenze possibili, la stesura stessa, la definizione del periodo di sperimentazione, la valutazione del raggiungimento degli obiettivi prefissati e l’eventuale revisione.

In modo più specifico, Cimatti M. ( 2002 ) propone: 1. “ fase preliminare ”, d’individuazione della situazione assistenziale problematica; 2. “ fase di pianificazione ”, nella quale s’individuano: 

obiettivi;

risorse umane e materiali;

regole del gruppo di lavoro.

3. “ fase di attuazione ”, nella quale si procede alla consultazione della bibliografia con lo scopo di ricercare le migliori evidenze sull’argomento.


4. “ fase di redazione della traccia ”, la stesura del documento in cui devono comparire i seguenti elementi:titolo;  scopo;

 modalità

operative;

 obiettivi/risultato;

 tempi

 destinatari;

 data

di stesura;

 standard

di risultato;

 data

di revisione;

 operatori

coinvolti;

 materiali

necessari;

di esecuzione;

 autori.

5. “ Fase di applicazione ”; 6. “ Fase di verifica, valutazione ”, in cui si valuta l’efficacia della procedura e il raggiungimento degli obiettivi prefissati, con la definizione di periodi di verifica e attraverso l’utilizzo di indicatori di misura.37

LA VALUTAZIONE Responsabilità, competenza, integrazione sono le parole chiave che identificano l’infermiere; egli con il suo agire determina la qualità dei risultati e contribuisce a delineare e definire con chiarezza l’immagine attuale e futura della professione. L’infermiere è un professionista che dovrebbe svolgere un’attività assistenziale efficace e sicura, attività proveniente da una valutazione delle migliori evidenze scientifiche disponibili. Ma cosa s’intende per valutazione? Il Vocabolario della Lingua Italiana propone la valutazione come la

37

Cimatti, M., 2002. Linee guida, protocolli, procedure: metodologia di costruzione e filosofia

infermieristica. NEU, numero 3, pag. 42.


“ determinazione del valore di cose e fatti di cui si debba tenere conto ai fini di un giudizio o di una decisione, di una classifica o graduatoria ”. L’attività di valutazione è un’attività molto complessa e di grande impegno, nonostante che essa sia riconosciuta come una caratteristica intrinseca della conoscenza e delle decisioni pratiche; è una caratteristica intrinseca della conoscenza perché conoscere qualcosa significa valutarla, cioè attribuirle una valenza, un significato. Ciò riguarda la vita ordinaria e non solo nel caso delle attività scientifiche più complesse. In ogni giorno, in ogni attimo della vita, l’essere umano impiega continuamente la propria capacità di elaborare dei giudizi. Per questo la valutazione è un’attività umana sempre presente ( sia rivolta agli altri e al mondo che ci circonda, sia rivolta a noi stessi ); un operazione intellettuale, di natura psicologica perché si basa sul giudizio delle proprie competenze e capacità, ma anche di natura socio - politica in quanto comporta delle decisioni che direttamente o indirettamente confluiscono sugli altri. È sufficientemente chiaro come la valutazione coinvolga vari aspetti di un individuo quali conoscenze, valori e credenze; rimane perciò un fatto soggettivo ma che può divenire attendibile se collegato alla misurazione. Per misurazione si intende una stima, basata su regole che assicurano accuratezza ed obiettività, con la quale si attribuiscono caratteristiche o proprietà quantitative e qualitative a comportamenti, processi, oggetti. Si può affermare che la misurazione fornisce dati da sottoporre alla valutazione e la valutazione, dunque,


serve a dare un giudizio di significatività ai dati proposti, cioè interpretare le misure ed assegnare ad esse dei significati. La valutazione si presenta come un processo formato da 5 fasi fondamentali: 1. Concettualizzazione del problema e scelta del metodo. Si tratta di definire che cosa valutare, i risultati che si vogliono raggiungere e quale metodo di lavoro utilizzare. Per quanto riguarda che cosa valutare, è possibile indicare come oggetto di valutazione gli obiettivi e i contenuti che caratterizzano quello che si sta analizzando. L’obiettivo rappresenta lo scopo che si vuole raggiungere mediante un’esperienza. Esso va definito con chiarezza e precisione, in modo tale da capire inequivocabilmente le caratteristiche del risultato che si vuole raggiungere al termine di una sequenza. È necessario però chiarire che prima di valutare il risultato è necessario valutare tutti gli elementi che concorrono a raggiungerlo. Per questo che si valutano:  piani

di lavoro;

 problemi  gli

da affrontare;

strumenti, per verificare la propria pertinenza con gli obiettivi da

raggiungere;  l’elaborazione  le

e l’applicazione degli strumenti;

singole fasi dell’attività.

Le ulteriori fasi del processo sono: 2. Raccolta delle informazioni necessarie alla risoluzione del problema; 3. Interpretazione delle informazioni raccolte; 4. Elaborazione del giudizio;


5. Comunicazione del giudizio e sua ricaduta sulle scelte. Quest’ultima rappresenta la fase decisionale del processo valutativo che consente di stabilire come comunicare e utilizzare il giudizio elaborato nella fase precedente. La valutazione infermieristica rappresenta prima di tutto una fase fondamentale del processo di assistenza infermieristica; infatti, la valutazione viene svolta sia sugli obiettivi centrati sulla persona assistita, al termine ipotizzato per il raggiungimento degli obiettivi stessi, sia continua, che si svolge man mano che si attuano interventi per verificare se si sta effettivamente procedendo nel verso giusto man mano che si attuano interventi assistenziali. Come citato in precedenza, lo scopo finale dell’utilizzo di protocolli è rappresentato dal continuo miglioramento della qualità assistenziale offerta. Questa considerazione propone l’importanza di valutare la qualità dell’assistenza sanitaria che si è in grado di offrire agli utenti.

1. VALUTAZIONE DELLA QUALITA’ DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA La valutazione della qualità dell’assistenza infermieristica può essere intesa come un processo non avente lo scopo di misurare individualmente il personale infermieristico, ma assume un significato volto al raggiungimento di obiettivi di qualità e al miglioramento del livello dell’assistenza prestata alle persone assistite. Rappresenta dunque un mezzo di controllo del valore del lavoro infermieristico


che consente di verificare come la qualità si evolve nel tempo e di adottare delle misure interventistiche volte a migliorare situazioni che vanno degradandosi. Dal punto di vista infermieristico le motivazioni che possono indurre gli infermieri a valutare la qualità dell’assistenza infermieristica ( V.Q.A.I. ) sono numerose. È possibile però elencare due motivi essenziali: 1. il primo è la continua crescita della spesa sanitaria dalla quale deriva una politica di risparmio delle risorse che, se non opportunamente guidata da professionisti della sanità, potrebbe compromettere la qualità dell’assistenza. È importante che l’infermiere sia riconosciuto come un attore nel governo della spesa sanitaria. L’economia sanitaria, infatti, propone generalmente il medico come il professionista da cui dipende il consumo delle risorse in quanto legittima la domanda e decide la risposta sanitaria; l’infermiere, però, non svolge un ruolo meno determinate in quanto, in autonomia, decide la risposta ai bisogni della popolazione da cui dipendono, quindi le risorse impiegate. 2. Il secondo motivo è la discrepanza tra la qualità dell’assistenza infermieristica teoricamente erogabile e la qualità che realmente è erogata. La valutazione della qualità diventa uno strumento per migliorare la propria professionalità perché solo il professionista che misura e confronta i risultati della propria pratica con quelli attesi è in grado di riscontare eventuali differenze identificandone le cause e ponendo la misura di miglioramento. È possibile considerare altri due motivi che possiedono una rilevanza ed importanza. La valutazione della qualità dell’assistenza infermieristica coinvolge anche una motivazione etica e di sicurezza, in quanto ciascun persona ha il diritto


di ricevere il più alto livello di assistenza infermieristica fornita da infermieri con un patrimonio di competenza e di professionalità. Inoltre, è dovere dell’equipe infermieristica

erogare

un’assistenza

sicura

eliminando

le

prestazioni

inappropriate, inutili e nocive. Per migliorare la qualità è necessario definire gli strumenti concettuali che si devono utilizzare per la valutazione: 

i criteri di valutazione;

gli indicatori in grado di oggettivare il fenomeno preso in esame;

gli standard.

Il criterio è la variabile in gioco che deve essere presente necessariamente per formulare il giudizio. Secondo molti autori il criterio deve possedere alcune caratteristiche riassumibili con l’acronimo CROMO, ovvero il criterio deve essere: 

C comprensibile;

R ragionevole, cioè condiviso da tutti;

O osservabile;

M misurabile;

O ottenibile.

L’indicatore è un elemento empirico che deve permettere di rilevare e misurare i processi assistenziali nel loro insieme d’azioni e risultati. Si tratta di un dato che permette di tradurre quantitativamente una situazione. Gli indicatori sono numerosissimi e dipendono da “ cosa ” si sta cercando di misurare. Essi possono fare riferimento agli aspetti strutturali ( indicatori di struttura ), al livello qualitativo e quantitativo delle prestazioni erogate ( indicatori di processo ), ai


risultati raggiunti ( indicatori di risultato, in termini di soddisfazione dell’utente, miglioramento dell’autonomia nel soddisfazione dei bisogni di assistenza infermieristica, … ). Per standard si intende il valore di riferimento, il livello che deve essere raggiunto da una variabile per ottenere un livello di qualità, livello che si basa su valori medi ottenuti da misurazioni effettuate su campioni di soggetti. In sintesi procedere ad una valutazione dell’assistenza infermieristica significa: 

descrivere l’attività infermieristica come dovrebbe essere a livello ottimale;

descrivere l’attività infermieristica così come viene svolta nella realtà;

misurare l’attività infermieristica con l’ausilio di norme e criteri;

stimare la differenza tra la situazione definita come ottimale e quella riscontrata realmente;

stabilire le azioni correttive per gli elementi che non corrispondono alle norme o ai criteri tenuti in considerazione.

2. VALUTAZIONE DEI PROTOCOLLI INFERMIERISTICI La valutazione e la revisione dei protocolli rappresenta un’attività importante per i gruppi assistenziali coinvolti e permette di pensare a quello che viene fatto, come viene fatto e come viene documentato. La letteratura inerente alla elaborazione dei protocolli infermieristici propone la valutazione come l’ultima fase del percorso metodologico relativo alla elaborazione di questi strumenti. La valutazione di un protocollo infermieristico è un’attività necessaria e fondamentale, in quanto è necessario una valutazione di tali documenti perché un eventuale utilizzo senza una previa valutazione critica per verificarne la qualità può comportare una serie


di grossolani errori che pregiudicano l’efficienza della prestazione sanitaria. La valutazione di un protocollo infermieristico tiene in considerazione vari aspetti. La letteratura riconosce valido un protocollo quando: 

“ la revisione della letteratura è stata ampia;

la stessa è stata sottoposta a valutazione critica;

le indicazioni presenti periodicamente vengono rivalutate, alla luce delle più aggiornate acquisizione sull’argomento ” 38.

Questa citazione pone una particolare attenzione alla revisione e valutazione della letteratura oltre che all’aggiornamento che il protocollo subisce in base alle evoluzioni scientifiche sull’argomento d’interesse.

La valutazione di protocollo infermieristico non prevede la sola analisi di questi aspetti ma è un percorso più ampio che interessa in ciascun protocollo: 

la struttura grafica;

le caratteristiche qualitative.

La valutazione di un protocollo infermieristico deve tenere conto delle caratteristiche che deve possedere un protocollo, vale a dire l’applicabilità, la completezza, la pertinenza, la condivisibilità, la concisione, la chiarezza, l’accuratezza, la flessibilità, la credibilità, la fondatezza, la riproducibilità, la validità e la verificabilità ( cioè tutte le caratteristiche che sono riportate nel paragrafo 4.1 ).

38

Casati, M., 1999. La documentazione infermieristica. Milano: McGraw-Hill, 142.


Inoltre, la valutazione deve anche interessare la struttura grafica, cioè deve prevedere la verifica della presenza di tutti gli elementi costitutivi di un protocollo. Questa valutazione, volta dunque a verificare se presenti tutti gli elementi costitutivi, può tener in considerazione dei modelli di riferimento per la stesura dei protocolli come il “ Modello per la stesura dei protocolli di assistenza infermieristica ”39. Questo modello rappresenta uno schema generale di riferimento sviluppato secondo le indicazioni e il linguaggio del sistema ISO, dal quale è possibile ricavare tutti gli elementi costitutivi che un protocollo deve possedere e nasce dalla esigenza primaria di uniformare la struttura dei documenti che sarebbero stati prodotti nelle varie unità operative da infermieri e medici.

Parte Seconda

39

Disponibile on line al sito:

www.users.unimi.it/~morabito/Protocolli/_Documenti/ADA_LORI_CRIS_14%20LUGLIO.pdf


VALUTAZIONE DEI PROTOCOLLI INFERMIERISTICI 1. PERCORSO VALUTATIVO DEI PROTOCOLLI INFERMIERISTICI CARDIOLOGICI. La valutazione dei protocolli infermieristici d’interesse cardiologico presente in questo elaborato viene organizzata attraverso un percorso che può essere schematizzato in due fasi: 1. la prima fase comporta un’individuazione, quindi una valutazione della struttura grafica del protocollo. Tale fase ha lo scopo di individuare gli elementi costitutivi che permettono di considerare questi documenti come un “ vero ” protocollo, cioè il protocollo come viene descritto dalla letteratura; infatti, questo percorso valutativo prevede che, solo nel caso in cui si è stabilito che si tratta di un protocollo, il documento può essere sottoposto alla seconda fase valutativa.


2. La seconda fase è volta ad un’analisi orientata alla valutazione di alcune delle caratteristiche qualitative del protocollo, per giungere ad una classificazione per livelli. Nella prima fase, dunque, si valuta la presenza degli elementi costitutivi di un protocollo attraverso l’uso di una check list. Questa check list prevede di: 

confermare la presenza del singolo elemento costitutivo del protocollo e di specificare quando l’elemento è ben dichiarato con uno specifico titolo oppure è inserito nel testo e quindi deducibile dalla lettura di altri elementi grafici ( per esempio, è possibile che il risultato atteso del protocollo sia inserito all’interno dell’obiettivo );

riportare

letteralmente

il

singolo

elemento,

quando

possibile

( compatibilmente con la lunghezza ), e effettuare delle brevi considerazioni volte a descrivere e specificare brevemente ciò che riporta l’elemento considerato. Individuati gli elementi costitutivi è necessario stabilire se il documento può essere considerato un protocollo. Tale distinzione è possibile effettuarla partendo dalla definizione proposta da Paolo Motta ( 1998 ), che definisce il protocollo come il “ corso d’azione infermieristica ”, “ da attivare a fronte di una situazione clinica ”. Questa definizione suggerisce principalmente due elementi che devono essere necessariamente presenti per considerare un protocollo come tale: 

il corso d’azione infermieristica da attivare;

la situazione clinica per la quale il protocollo può essere attivato.


La letteratura propone i due precedenti elementi come i componenti che un protocollo deve essere in grado di dettagliare. In particolare un protocollo può essere considerato tale quando è in grado di dettagliare: 

la situazione clinica del paziente per la quale il protocollo può essere attivato ( es., la preparazione ad un determinato intervento chirurgico );

il problema di pertinenza infermieristica che il protocollo si propone di affrontare e/o i risultati che si intendo raggiungere ( es., la prevenzione delle infezioni chirurgiche );

le azioni e le procedure da attivare.40

Da tale considerazione si può affermare che gli elementi indispensabili affinché si possa parlare di protocollo siano: 

la definizione della situazione clinica del paziente che può essere indicata in diversi elementi del protocollo;

l’obiettivo del protocollo o risultato atteso;

le azioni da compiere.

Inoltre, è fondamentale che siano presenti ulteriori elementi giacché la loro presenza garantisce quei requisiti di formalizzazione che ciascun protocollo deve possedere per essere applicato ufficialmente all’interno di un reparto, come indicatore di credibilità dello stesso: 

nominativi e qualifica del gruppo di elaborazione;

simbolo di validazione formale;

data di stesura;

40

http://www.nursing.it/wri/faq/doc/pm1.htm


data ultima revisione ( può non essere presente nel caso che il protocollo non sia stato revisionato );

oltre che: 

la bibliografia.

In particolare è fondamentale che un protocollo sia in grado di garantire un’assistenza aggiornata alle ultime conoscenze scientifiche e la bibliografia rappresenta l’elemento dove si citano le fonti da cui risalgono le conoscenze scientifiche riportate nel protocollo. Se il documento viene considerato come un protocollo si può passare alla seconda fase del percorso valutativo. Per questa seconda fase è innanzi tutto necessario individuare quali caratteristiche qualitative possono essere interessate nella valutazione del protocollo, poiché l’analisi proposta dalla sola lettura non può consentire una valutazione di tutte le caratteristiche qualitative riconosciute in letteratura. Infatti, possiamo per esempio considerare la caratteristica applicabilità del protocollo: per valutare tale caratteristica è necessario prendere in considerazione dati riferibili al contesto organizzativo della singola unità o del singolo servizio operativo che utilizza il protocollo, dati perciò relativi alle risorse umane, alle risorse materiali e alle risorse strutturali che permettono di capire se il protocollo risulta essere di piena applicazione. Le caratteristiche qualitative considerate nella seguente fase di valutazione sono la completezza, la chiarezza e la credibilità in quanto la valutazione può basarsi attraverso determinati indicatori individuabili attraverso una lettura analitica del singolo protocollo. Anche la caratteristica fondatezza rientra nel processo


valutativo, anche se questa caratteristica è valutabile solo parzialmente tramite la sola lettura del protocollo. La fondatezza è garantita dall’utilizzo delle migliori e più recenti prove d’efficacia relative al determinato argomento d’interesse del protocollo; un indicatore indiretto della fondatezza del protocollo può essere la bibliografia, la quale deve essere recente, i riferimenti non devono risultare obsoleti, ma avere un limite temporale di 5 anni dalla pubblicazione e di una certa autorevolezza. 1. La completezza di un protocollo risponde ad una semplice considerazione: un protocollo presenta un alto grado di completezza quando è costituito dal maggior numero di elementi relativi alla propria struttura; un protocollo più presenta elementi costitutivi più è completo. Nel caso di questo percorso valutativo nella prima fase viene verificata la presenza degli elementi “ indispensabili ”. In questa seconda fase si verifica la presenza di ulteriori elementi costitutivi che permettono di considerare un protocollo completo, quali sono: 

titolo;

definizione;

numero degli operatori coinvolti;

tipo degli operatori coinvolti;

materiale occorrente;

tempi richiesti;

categorie di soggetti;

vincoli, limiti, possibili eccezioni all’applicazione;

complicanze possibili;


smaltimento del materiale;

glossario di abbreviazioni o sigle.

Questi elementi unitamente a quelli “ indispensabili ” ne producono 19 in totale. 2. La valutazione della caratteristica chiarezza si basa essenzialmente sulla valutazione del linguaggio e delle modalità con le quali è stato scritto il documento. Il linguaggio deve essere chiaro e comprensibile, in modo tale da non consentire dubbie interpretazioni e differenti modalità di applicazione del documento. Inoltre influisce positivamente sulla chiarezza anche la presenza di un glossario volto ad esplicitare per esteso sia sigle che abbreviazioni utilizzate nel testo. Quest’ultima considerazione è particolarmente importante nell’ambito cardiologico giacché è consueto l’utilizzo di sigle ed abbreviazioni. Perciò nella valutazione della chiarezza è utile tenere in considerazione i seguenti quesiti: 

Il documento è scritto utilizzando un linguaggio chiaro?

Il documento è scritto in modo tale da essere di facile comprensione?

È presente un glossario per abbreviazione o sigle nel caso siano utilizzate nel testo?

La caratteristica chiarezza viene, dunque, rispettata quando il documento presenta un linguaggio chiaro che consente una facile comprensione ed evita la possibilità di diverse interpretazioni del testo. Inoltre, tale caratteristica è rispettata se è presente un glossario per le sigle e/o le abbreviazioni utilizzate


nel testo del documento; la presenza del glossario è fondamentale nel caso in cui si utilizzano sigle di uso specialistico e quando queste sigle vengono utilizzate all’interno dell’elenco di azioni da attivare, dove la chiarezza e la comprensione di tali sigle è fondamentale nell’applicazione del protocollo. 3. La caratteristica credibilità invece dipende dalla presenza o meno di alcuni elementi costitutivi del protocollo. Infatti, nella valutazione di questa caratteristica gioca un ruolo fondamentale la presenza di un segno di validazione formale del documento, in quanto: 

il segno di validazione formale certifica che il protocollo è ufficializzato e quindi è uno strumento che può essere introdotto ufficialmente all’interno della pratica assistenziale;

la presenza di un segno di validazione presuppone che il documento sia stato valutato prima della sua attuazione. Questo suggerisce che il documento abbia soddisfatto determinati requisiti e quindi riconosciuti come uno strumento adatto ad essere applicato nella pratica clinica.

Inoltre è possibile tenere in considerazione un ulteriore elemento la cui presenza è segno di credibilità del protocollo ed è rappresentato dall’indicazione di nomi e qualifiche dei professionisti che lo hanno elaborato. L’indicazione del gruppo di lavoro presuppone cha alla base del documento ci sia un percorso metodologico di elaborazione; la formazione di un gruppo di lavoro rappresenta la prima fase del percorso d’elaborazione di un protocollo, allo scopo di favorire un dibattito costruttivo e una sinergia di competenze. Dunque, nella valutazione di questa caratteristica è utile tenere in considerazione questi quesiti:


Nel documento è presente un simbolo che lo approvi e accerti la sua validazione?

Nel documento sono indicati i nominativi e la qualifica dei professionisti che direttamente hanno collaborato alla stesura?

Nel caso in cui il documento è stato rivisto, è possibile individuare chi ha eseguito la revisione?

È da tenere in considerazione a fini valutativi che la sola mancanza del simbolo di validazione, cioè quell’elemento che permette di riconoscere ufficiale un documento, non permette di affermare che la caratteristica credibilità è rispettata. 4. Un discorso particolare va intrapreso per quanto riguarda la fondatezza. La valutazione di questa caratteristica sarebbe maggiormente corretta effettuarla attraverso una ricerca volta a riscontrare le migliori evidenze scientifiche disponibili

sull’argomento

del

protocollo,

per

paragonarle

con

i

comportamenti indicati nel documento in questione. All’interno di questa tesi la caratteristica fondatezza è stata valutata indirettamente valutando la bibliografia riportata all’interno del documento. I riferimenti bibliografici devono avere una data di pubblicazione non superiore a 5 anni dalla data di stesura del protocollo. Ciò nasce dalla considerazione che l’assistenza infermieristica in ambito cardiologico risente dell’evoluzione rapida delle conoscenze. Una bibliografia recente aumenta il grado di fondatezza di un protocollo, in quanto fondato su conoscenze aggiornate.


Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è il numero delle fonti riportate nella bibliografia. Un protocollo viene riconosciuto valido quando la revisione della letteratura è stata ampia; una bibliografia può essere considerata ampia quando comprende almeno 5 fonti bibliografiche, dove il 75% di queste fonti deve riguardare argomento clinico – assistenziale.

Nell’analisi di questa caratteristica possono essere utilizzati ulteriori quesiti che sono: 

In bibliografia sono presenti articoli di riviste scientifiche?

In bibliografia sono riportati atti di congressi, conferenze, seminari?

In bibliografia sono riportate linee guida?

Un articolo pubblicato in un’autorevole rivista scientifica presuppone sia stato valutato, tanto che la sua pubblicazione testimonia che l’articolo pubblicato possiede una certa valenza scientifica e qualità. Nel caso di atti di congressi, conferenze e seminari, in genere sono riportate relazioni di esperti che analizzano un determinato tema: ciò conferisce, a queste fonti, una buona fondatezza scientifica, soprattutto nel caso di eventi proposti dalle più importanti associazioni infermieristiche. Le

linee

guida

sono

strumenti

che

possono

essere

considerati

nell’elaborazione di protocolli e, come ci suggerisce la letteratura, sono in grado di suggerire comportamenti basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili da considerare in una determinata circostanza clinico – assistenziale.

Le

linee

guida

rappresentano

perciò

strumenti

dove


l’autorevolezza e la credibilità possono essere considerate elevate, sopratutto quando sono prodotte da organismi centrali ( es. Ministero, Federazione Collegi, Associazioni Professionali, ecc… ).

2. RACCOLTA DEI PROTOCOLLI INFERMIERISTICI CARDIOLOGICI La scelta di valutare questo tipo di documenti dipende strettamente dal forte interesse personale che nutro per l’area cardiologica; infatti, l’oggetto della valutazione di questa tesi sono i documenti che interessano quest’area. Ciò significa che la valutazione è orientata a tutti quei documenti che per argomento e per Unità Operativa di applicazione interessano l’assistenza infermieristica di area cardiologica. I documenti sottoposti a valutazione sono stati raccolti tenendo in considerazione questi due elementi: 

argomento e/o luogo di applicazione di interesse assistenziale infermieristico cardiologico;

presenza della parola “ protocollo ”, volta dunque a definire il documento come tale.

Il numero dei documenti oggetto di valutazione, che rispettano le precedenti caratteristiche, sono 15 e sono stati recuperati in 4 Aziende Ospedaliere della provincia di Varese e Milano tranne un documento, il quale è stato preso da una pubblicazione di atti di convegno del G.IT.I.C., il Gruppo Italiano Infermieri di Cardiologia.


A ciascuno è assegnato un numero; per ottenere una chiara visione dei documenti valutati è possibile elencarli in questo modo:

NUMERO ASSEGNATO 1 2 3 4 5 6 7

TITOLO RIPORTATO NEL DOCUMENTO Protocollo per l’assistenza infermieristica alla persona con dolore anginoso. Assistenza infermieristica

alla

persona

sottoposta

a

coronarografia. Protocollo sulle attività infermieristiche da attuare alla persona sottoposta ad inserimento di contropulsatore aortico. Protocollo rimozione dell’introduttore arterioso. Posizionamento e rimozione del FemoStop. Assistenza infermieristica alla persona sottoposta a PTCA: angioplastica coronarica transluminale percutanea. Protocollo Coronarografia e Ventricolografia. Assistenza infermieristica alla persona sottoposta ad impianto di pace-maker. Protocollo per l’impianto di endoprotesi aortobisiliaca

8

Excluder Gore // Cook Zenith per via percutanea femorale

9

nell’aneurisma dell’aorta addominale. Protocollo per commissurolisi mitralica percutanea. Protocollo per la preparazione e l’esecuzione

10

11

12 13 14 15

della

angiocardiografia e coronarografia. Protocollo operativo Card. n°1: Linee guida per l’assistenza infermieristica alla persona sottoposta ad Angioplastica Percutanea Transluminale ( PTCA ). Protocolli infermieristici per attività di sala P.M. Protocollo per Angioplastica. Protocollo di preparazione ed assistenza al paziente candidato ad impianto di PM. Protocollo per Coronarografia.


3. VALUTAZIONE DEI PROTOCOLLI INFERMIERISTICI SCELTI VALUTAZIONE DOCUMENTO n° 1 Il documento n° 1 è da considerarsi un protocollo (check list valutativa, allegato n° 1 ); la situazione clinica è facilmente individuabile, in quanto sia il titolo, sia l’obiettivo, sia il risultato, ci consentono di capire che tale strumento può essere attivato in tutte le situazioni di dolore toracico con lo scopo di identificare la natura anginosa del dolore e adottare, quindi, le misure volte a portare una sua risoluzione. Dunque, anche il secondo criterio cioè la necessità che il protocollo sia in grado di dettagliare il problema di pertinenza infermieristica da affrontare e/o i risultati che si vogliono raggiungere dalla sua applicazione risulta essere soddisfatto, in quanto sia l’obiettivo che il risultato sono citati nel documento. Lo stesso discorso vale per le azioni da attivare, giacché sono presenti le indicazioni da seguire alla comparsa del dolore toracico, nella condizione della presenza accertata del dolore anginoso e nel caso di una sua persistenza. Completezza. Secondo i parametri di valutazione la caratteristica completezza viene rispettata; oltre agli elementi indispensabili per un protocollo ne sono presenti ulteriori che aumentano il grado di completezza. Nel protocollo n.1, infatti, sono presenti 15 elementi su un totale di 19; ciò rappresenta una percentuale pari al 78,9 %. Chiarezza. Per quanto riguarda la chiarezza si può affermare che il protocollo è stato scritto in un modo tale da non consentire delle dubbie interpretazioni in quanto viene utilizzato un linguaggio chiaro e di facile comprensione.


Il titolo, l’obiettivo e il risultato sono riportati in modo tale che consentono di individuare immediatamente sia il contenuto sia lo scopo che il protocollo si prefigge. Anche le azioni vengono riportate con un linguaggio chiaro e di facile comprensione; la descrizione delle azioni è riportata in modo preciso, il che consente di avere univoche interpretazioni. È necessario però riportare un’osservazione; nella sezione delle azioni “ Accertata la natura anginosa del dolore toracico ” vengono riportate 2 modalità di somministrazione del nitroderivato. La prima di queste modalità prevede la somministrazione di 1 perla di TNT sub-linguale; sarebbe necessario specificare la dosologia del farmaco che costituisce la perla sub-linguale. Non viene inoltre riportato l’indice delle sigle utilizzate, anche se sono sigle ( PA, FC, FR, ECG, TNT, UTIC ) usate comunemente nell’attività infermieristica dove quindi un indice per la loro definizione non è fondamentale per la chiarezza e la comprensione del protocollo. Credibilità. Il protocollo può essere considerato credibile in quanto sia il nome che la qualifica del gruppo di elaborazione del documento vengono riportate; è presente anche il segno di validazione, dove la sigla DIPCAR-1-02 indica che il protocollo è stato convalidato e numerato dal dipartimento cardiotoracico della stessa Azienda Ospedaliera. Non viene indicato il gruppo che ha revisionato il documento ( Agosto 2002 ) anche se è possibile dedurre che il gruppo di revisione corrisponda al gruppo di elaborazione, in quanto la data di revisione viene indicata in seguito alla data di elaborazione e non all’interno dell’apposita griglia di fine documento volta a schematizzare lo stato delle successive verifiche del documento.


Fondatezza. Per quanto riguarda la fondatezza del protocollo, la bibliografia prevede due fonti. Per entrambi il limite temporale di 5 anni viene rispettato. La prima fonte è una relazione tenuta ad un Convegno Nazionale dell’associazione infermieristica di maggior rappresentanza per i professionisti che operano nel campo della cardiologia in Italia. È necessario specificare che questa fonte bibliografica riguarda la metodologia di costruzione di linee guida, protocolli e procedure questi strumenti e i contenuti clinico –assistenziali. Per la seconda fonte bibliografica è opportuno precisare l’importanza dell’autore. Infatti, il Prof. Eugene Braunwald è particolarmente noto nella comunità medicoscientifica internazionale in quanto, appunto, è l’autore del volume Heart Disease che è giunto alla 6° edizione e viene considerato come colui che maggiormente ha contribuito allo sviluppo della Cardiologia clinica negli ultimi vent'anni, tanto che gli è stata conferita la Laurea ad Honorem in otto Università sparse in tutto il mondo oltre che, l’ultima, il 15/05/2003 presso l’Università degli Studi di Padova. Si tratta perciò di una fonte bibliografia di importanza e autorevolezza scientifica. Ciò che non ci permette di considerare pienamente presente la caratteristica fondatezza, nonostante il limite temporale di 5 anni sia rispettato, è il numero delle fonti bibliografiche utilizzate. Infatti, la presenza di solo 2 fonti bibliografiche non rispetta il criterio predefinito, anche perché il 50% non ha contenuti clinico - assistenziali.


VALUTAZIONE DOCUMENTO n° 2 Il documento n° 2 può essere considerato un protocollo ( check list valutativa, allegato n° 2 ), in quanto possiede gli elementi fondamentali, in particolare: 

la situazione clinica del paziente è presente in quanto il titolo consente di capire fin dal primo istante della lettura i destinatari del protocollo e, inoltre, all’interno della definizione, il paragrafo “ A cosa serve e a chi consigliarla ” si tratta in modo specifico le tipologie di pazienti sottoposti a procedura coronarografia;

l’obiettivo è anch’esso indicato e da esso è possibile ricavare anche il risultato atteso dall’applicazione del protocollo;

le azioni da attivare sono riportate all’interno del protocollo, sia per quanto riguarda l’assistenza nel pre procedura, sia per quanto riguarda l’assistenza nel post procedura e il giorno successivo alla procedura.

Completezza. La caratteristica completezza viene rispettata; oltre alla presenza del gruppo di elaborazione, del simbolo di validazione, della bibliografia e della data di elaborazione che insieme all’obiettivo, alle azioni da attivare e alla descrizione della situazione clinica ci consentono di definire il documento come un protocollo, sono presenti ulteriori elementi che aumentano il grado di completezza. Infatti all’interno del protocollo n° 2 sono presenti ben 16 elementi rispetto ad un totale di 18 ( il totale, in realtà, è costituito da 19 elementi in quanto è inclusa la data di revisione. In questo caso, la data di revisione, non rientra nel conteggio in quanto il protocollo non è stato rivisto e rientra nel parametro dei 3 anni

proposto

dalla

letteratura

come

limite

minimo

da

osservare


nell’aggiornamento di questi strumenti ); da ciò risulta una percentuale pari al 88,9 %. Chiarezza. Per la valutazione della caratteristica chiarezza del protocollo è possibile affermare che il documento è stato elaborato utilizzando un linguaggio intento a descrivere in modo chiaro e preciso sia la definizione della procedura coronarografica, sia il processo di lavoro necessario nell’assistenza pre e post coronarografia. In particolare, ogni intervento assistenziale viene descritto in modo chiaro e completo tanto che non vengono tralasciati valori numerici di riferimento ( es., avvisare il medico se F.C. < 45 batt/m’ o >100 batt/m’ ), dosologia dei farmaci e tempi da rispettare. Inoltre viene sempre indicato quando l’intervento assistenziale viene attuato o prevede una valutazione da parte del medico ( es., “ Se il paziente presenta angina instabile ed è in trattamento con Eparina il medico valuterà la necessità di una eventuale sospensione qualche ora prima dell’esame ” ). Non è presente all’interno del protocollo un glossario delle sigle utilizzate ( ECG, P.A. UTIC, E.V. PTCA, m.d.c. ); sono sigle che vengono utilizzate comunemente all’interno dell’attività infermieristica, tranne nel caso della PTCA dove il significato completo della sigla ( Angioplastica Coronarica Transluminale Percutanea ) può non essere conosciuto comunemente in quanto spesso, nel linguaggio parlato, si utilizza una terminologia volta a definirla come “ Angioplastica Coronarica ” oppure si fa riferimento a tale procedura utilizzando direttamente la sigla. Credibilità. La caratteristica credibilità del documento n° 2 viene rispettata pienamente; i nominativi e la qualifica delle persone coinvolte nel gruppo di elaborazione sono riportati ed, inoltre, il segno di validazione formale è presente.


Questo segno di validazione indica la numerazione data al documento all’interno dell’unità operativa da cui proviene, per cui questo segno costituisce una prova della sua approvazione, della sua ufficialità e quindi credibilità. Fondatezza. Per quanto riguarda la fondatezza del protocollo la bibliografia è ampia ed è costituita da 10 fonti di cui: 

3 atti di convegni di un’associazione italiana infermieristica specifica di area cardiologica;

1 testo scritto da un infermiera di area cardiologica;

1 articolo di un autorevole rivista specialistica italiana;

5 siti internet consultati.

Tutte le fonti bibliografiche rispettano il limite temporale di 5 anni. I siti internet consultati rappresentano anch’essi delle fonti d’informazione attendibili, in quanto: 

3 sono di Aziende Ospedaliere ad elevata specialità per l’area cardiologica;

1 è di una rivista scientifica specializzata italiana;

1 è di una rivista scientifica infermieristica di area cardiologica americana.

VALUTAZIONE DOCUMENTO n° 3 e n° 4. Il documento n° 3 non può essere considerato un protocollo ( check list valutativa, allegato n° 3 ) in quanto sono assenti due degli elementi che devono necessariamente essere presenti affinché possa essere considerato come tale: sia il segno di validazione formale, sia l’obiettivo. Dunque, l’assenza di questi elementi costitutivi dei protocolli non ci permette di passare alla seconda fase del percorso valutativo.


Il documento n° 4 non può essere considerato un protocollo ( check list valutativa, allegato n° 4 ). In particolare tra gli elementi indispensabili si notano 2 mancanze: 

la bibliografia;

i nominativi e qualifica dei componenti del gruppo di elaborazione.

Per quanto riguarda la mancanza di quest’ultimo elemento costitutivo della struttura dei protocolli, in verità la mancanza di tale elemento è relativa solo alla citazione dei nominativi; infatti, la qualifica viene indicata poiché fanno parte del gruppo di elaborazione il personale infermieristico delle Unità Operative di Cardiochirurgia, Unità Coronarica, oltre che del servizio di Emodinamica. L’impossibilità di considerare il documento come un protocollo in quanto mancante di 2 elementi costitutivi fondamentali non ci permette di passare alla seconda fase valutativa.

VALUTAZIONE DOCUMENTO n° 5 Il documento n° 5 può essere considerato un protocollo ( check list valutativa, allegato n° 5 ). La situazione clinica per la quale il protocollo può essere attivato è facilmente individuabile dato che sia il titolo, sia la definizione della metodica qualificano la tipologia di persone per cui questo protocollo è applicato, cioè alle persone che, in situazione d’occlusione coronarica, parziale o totale, da placche aterosclerotiche, devono essere sottoposte alla metodica della PTCA. Gli obiettivi del protocollo sono indicati, così come sono riportate le azioni volte a garantire un’assistenza infermieristica dal momento del ricovero ( Assistenza preprocedura ) fino al giorno della dimissione.


Completezza. La caratteristica completezza viene dunque rispettata in quanto il documento è un protocollo; dalla tabella, volta all’identificazione degli elementi grafici costitutivi del documento, sia i nominativi e la qualifica del gruppo di elaborazione, sia il simbolo per la validazione formale, sia la data di stesura, sia la bibliografia sono presenti, oltre naturalmente all’obiettivo, alle azioni e alla situazione clinica d’interesse del protocollo. Oltre a questi elementi sono presenti ulteriori elementi che aumentano il grado di completezza del protocollo; sono presenti, infatti, 16 elementi costitutivi in un totale di 18 elementi ( la data di revisione non rientra nel conteggio in quanto il protocollo non è stato rivisto e rientra nel parametro di 3 anni proposto dalla letteratura come limite da osservare nell’aggiornamento di questi strumenti ), dal quale si ricava una percentuale pari al 88,9 %. Chiarezza. Questo protocollo è scritto attraverso un linguaggio che consente fin dalla prima lettura la sua comprensione nonostante tratti l’assistenza di una metodica specialistica della Cardiologia interventistica. La descrizione, la definizione della metodica viene riportata in modo tale da ottenere una chiara e precisa visione dei principi teorici ( Cos’è?, a cosa serve e a chi consigliarla?, quali sono le possibili complicanze?, … ) e pratici ( Come si esegue? ) che stanno alla base della metodica. La descrizione del processo di lavoro rispetta sia la chiarezza, sia la precisione delle azioni dettagliate, il che non consente al professionista differenti interpretazioni del protocollo che pregiudicano, a sua volta, l’efficacia dell’assistenza. Queste azioni sono descritte in modo chiaro e completo; nel caso della somministrazione di farmaci viene sempre riportata la dose necessaria e i tempi di somministrazione oppure si cita chiaramente la


necessità di somministrare il farmaco secondo la prescrizione medica. Inoltre, nel caso del ReoPro ( Abciximab ) ( Antiaggregante piastrinico ) si raccomanda la somministrazione per una via indipendente senza miscelarlo con altri, oltre che al fatto che deve essere usato con Aspirina ed Eparina, mentre nel caso del Tiklid vengono riportati i segni relativi ad una sua manifestazione allergica, oltre che i comportamenti da adottare successivamente. Anche nel caso in cui il paziente presenta anamnesi positiva ad allergia al mezzo di contrasto si riporta la modalità relativa alla profilassi anti-anafilassi. Per quanto riguarda il monitoraggio della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, sono indicati valori di riferimento da tenere in considerazione per avvisare il personale medico: 

Rilevare la P.A.  Avvisare il Medico se P.A. Sistolica >180mmHg o <100mmHg, P.A. Diastolica >100mmHg.

Rilevare frequenza cardiaca  Avvisare il Medico se F.C. <45batt/m’ o >100batt/m’.

Da osservare l’assenza di un glossario volto ad esplicitare le sigle utilizzate all’interno del protocollo. La definizione per intero delle sigle manca nel caso di sigle ad uso comune; in particolare le sigle non definite sono OTA, OSS, ECG, PA, EV, UTIC, IMA, FC, m.d.c. Nel caso di sigle relative a componenti ematici quali HDL, LDH, CPK, CK MB è necessario esplicitare per intero la loro sigla poiché, nonostante utilizzate comunemente, la loro conoscenza del nome per esteso non è comune. Invece, il significato della sigle PTCA, DCA e S.E. sono riportate direttamente nel testo in quanto rappresentano sigle di uso strettamente specialistico.


Credibilità. La valutazione della caratteristica credibilità di questo documento è sovrapponibile al documento n° 2 in quanto il documento n° 5 presenta lo stesso gruppo di elaborazione e similitudine nel segno di validazione formale Fondatezza. Anche la bibliografia del protocollo è la stessa utilizzata nella stesura del documento n° 2 per cui la valutazione della caratteristica fondatezza è sovrapponibile.

VALUTAZIONE DOCUMENTO n° 6 Il documento n° 6 non può essere considerato un protocollo ( check list valutativa, allegato n° 6 ); infatti, all’interno del documento non sono presenti quegli elementi che garantiscono i requisiti di formalizzazione che ciascun protocollo deve possedere per essere applicato nella pratica clinica. In particolare

il

documento non riporta sia la data di stesura, sia i nominati e le qualifiche dei professionisti che hanno direttamente collaborato alla stesura, sia il segno di validazione formale oltre che alla bibliografia e l’obiettivo La mancanza di tali elementi non permette innanzi tutto di dare una datazione temporale precisa al documento.

VALUTAZIONE DOCUMENTO n° 7 Il documento n° 7 può essere considerato un protocollo ( check list valutativa, allegato n° 7 ); infatti, gli elementi costitutivi quali data di stesura, simbolo per la validazione formale, nominativi e qualifica del gruppo d’elaborazione sono presenti. Anche la bibliografia è riportata come la situazione clinica per la quale il


protocollo può essere attivato; il titolo consente fin da subito di individuare precisamente l’argomento trattato dal protocollo ed, inoltre, all’interno nella definizione, sono spiegate semplicemente le condizioni patologiche, il cui trattamento prevede la necessità di ricorrere all’impianto di un pacemaker. L’obiettivo viene indicato all’interno del protocollo; si riscontrano, oltre a due obiettivi, riportati nello spazio intitolato “ Obiettivo ”, anche altri due obiettivi che vengono citati all’interno del processo di lavoro, come titolo per gli interventi assistenziali relativi all’assistenza pre-procedura. In particolare nel documento si specifica in tal modo: “ Assistenza pre-procedura: uniformare i comportamenti che incideranno in maniera significativa sulla qualità della procedura e di conseguenza sull’efficacia della prestazione ”, e “ Assistenza pre-procedura: preparazione all’intervento ”. Completezza. La caratteristica completezza viene rispettata pienamente all’interno del documento, definito come un protocollo assistenziale; inoltre sono presenti altri elementi, per un totale di 16 su 18 ( 88,8% ) ( la data di revisione non rientra nel conteggio in quanto il limite di aggiornamento temporale di 3 anni viene rispettato ), che aumentano il grado di completezza del protocollo. Chiarezza. La caratteristica chiarezza del protocollo viene in parte soddisfatta; infatti, questo protocollo è strutturato in modo tale da essere facilmente comprensibile al lettore grazie all’utilizzo di un linguaggio semplice e chiaro. La semplicità del linguaggio viene ben coadiuvata dalla cura nei particolari, dalla precisione riscontrabile nella descrizione di alcuni interventi assistenziali. In particolare nella definizione, che occupa le prime tre pagine del protocollo, si spiega sinteticamente la funzionalità cardiaca oltre che comprendere la


descrizione del pacemaker, dell’intervento di posizionamento, dei controlli da effettuare ad intervalli prestabiliti e delle precauzioni da insegnare alla persona portatrice di pacemaker. Ciò elencato nella definizione è facilmente comprensibile tanto che questo protocollo risulta un valido strumento d’informazione sia per il personale sanitario, sia per lo stesso paziente che necessita informazione affinché dubbi, paure, ansia siano ridotte al minimo ma anche per fornire indicazioni sulle precauzioni da tenere in considerazione per evitare complicanze nella vita futura. Le azioni sono descritte in modo chiaro e semplice. La caratteristica chiarezza viene riconosciuta parzialmente rispettata per il fatto che non è presente un glossario volto ad esplicitare la sigla STP. Tale sigla, infatti, presente nell’assistenza pre-procedura per la preparazione all’intervento ( somministrare terapia antibiotica Cefamezin 1 gr E.V. come STP ), è di difficile interpretazione ed assume un’importanza rilevante all’interno del documento, poiché

è

presente

all’interno

dell’elenco

delle

azioni

e

riguarda

la

somministrazione dell’antibiotico che rappresenta un’azione di fondamentale importanza per la prevenzione di complicanze settiche. È fondamentale dunque una sua definizione per esteso affinché la caratteristica chiarezza possa considerarsi rispettata completamente. Credibilità. La valutazione della caratteristica credibilità è sovrapponibile alla valutazione presente nel documento n° 2. Fondatezza. Anche la valutazione della fondatezza di questo protocollo è identica a quella fatta per il documento n° 2 e il successivo documento n° 5, in quanto questi 3 documenti, provenienti dalla stessa Azienda Ospedaliera e riportanti la stessa data di elaborazione, presentano la stessa identica bibliografia.


VALUTAZIONE DOCUMENTO n° 8, n° 9 e n° 10. La valutazione dei documenti n. 8, n. 9 e n. 10 viene riportata in un'unica scheda valutativa, poiché questi documenti sono stati elaborati dagli stessi professionisti e sono utilizzati nel Laboratorio di Emodinamica della stessa Azienda Ospedaliera. Inoltre è facile riscontrare delle caratteristiche strutturali simili. I documenti n° 8, n° 9 e n° 10 non possono essere considerati dei protocolli ( check list valutativa, allegato n° 8 ): 

l’obiettivo del documento e il risultato atteso non sono presenti;

le azioni da compiere sono indicate;

la definizione della situazione clinica del paziente per la quale il documento può essere attivato è presente ed è indicata nel titolo in quanto da esso si individua che il documento n° 8 è attivato nel caso di persone sottoposte ad impianto di endoprotesi aortobisiliaca per via percutanea femorale nell’aneurisma dell’aorta addominale, il documento n° 9 è attivato nel caso di persone sottoposte ad intervento di commissurolisi mitralica percutanea, mentre il documento n° 10 è attivato nel caso di persone da sottoporre all’esame angiografico e coronarografico;

i nominativi e la qualifica del gruppo di elaborazione sono presenti;

il segno di validazione formale è presente nel caso del documento n° 8, mentre nel caso del documento n° 9 e n° 10 tale elemento non è presente;

la data di stesura è riportata nel documento n° 9 e n° 10 mentre nel documento n° 8 è presente solo la data di revisione;

la bibliografia è assente.


Si può osservare come in ciascun documento mancano degli elementi fondamentali che non consentono di definirli come protocolli per cui non è possibile passare alla seconda fase del percorso valutativo.

VALUTAZIONE DOCUMENTO n° 11 e n° 12. Il documento n° 11, a causa della mancanza dell’obiettivo, dei nominativi del gruppo di elaborazione e della bibliografia, non può essere considerato un protocollo ( check list valutativa, allegato n° 9 ). Tenendo in considerazione i criteri la cui presenza permette di definire un documento come un protocollo, nel documento n° 12 si osservano diverse mancanze ( check list valutativa, allegato n° 10 ); innanzi tutto non è presente l’obiettivo e sono mancanti tutti elementi la cui presenza garantisce quei requisiti di formalizzazione che ciascun protocollo deve possedere per essere applicato ufficialmente all’interno di una realtà ( nominativi e qualifica del gruppo di elaborazione, simbolo per la validazione formale, data di stesura e data di revisione ); inoltre è mancante la bibliografia.

VALUTAZIONE DOCUMENTO n° 13, n° 14, n° 15. I documenti n° 13, n° 14, n° 15 presentano aspetti strutturali molto simili; si può affermare che si tratta di strumenti molto semplici poiché sono costituiti da una sola pagina e il numero degli elementi costitutivi è molto ridotto. Questi documenti, dunque, non possono essere considerati dei protocolli ( check list valutativa, allegato n° 11 ) poiché tra gli elementi indispensabili per poterli


considerare come tali sono presenti solo le azioni da compiere in tutti e tre i documenti. Nel caso del documento n° 14 è presente anche il segno di validazione rappresentato dalla firma di un medico e il titolo ci consente di definire la situazione clinica per cui si applica il documento, cioè nel caso di pazienti candidati all’impianto di pace maker.

ESITI DELLA VALUTAZIONE 1. RISULTATI Il percorso valutativo eseguito ha permesso di riscontrare, sui 15 documenti analizzati, la presenza di 4 reali protocolli. I protocolli riscontrati, che costituiscono il 26,6 %, sono il documento n° 1, n° 2, n° 4, n° 7. Tenendo in considerazione le modalità valutative, la caratteristica completezza di questi 4 documenti è sempre rispettata però la percentuale degli elementi costitutivi presenti in ciascun protocollo è differente; infatti, nei protocolli n° 2, n° 4 e n° 7, la percentuale degli elementi presenti assume un valore pari al 88,9 %, mentre nel protocollo n° 1 tale percentuale è pari al 78,9 %. Nonostante la percentuale alta di elementi presenti è possibile notare delle similitudini relative agli elementi mancanti; infatti gli elementi costitutivi mancanti sono esclusivamente 3: 

complicanze possibili, assente solamente nel protocollo n° 1;

smaltimento del materiale, assente al 100 % nei 4 protocolli;

glossario di abbreviazioni o sigle, assente al 100 %.


Tenendo in considerazione questi dati si nota la poca importanza che si da nella presenza di un glossario volto a definire per intero abbreviazioni e/o sigle che compaiono nel protocollo; il glossario invece rappresenta un utile elemento costitutivo che se presente aumenta la chiarezza e la comprensione del testo, soprattutto nel caso in cui siano presenti sigle e/o abbreviazioni non conosciute da tutti. La caratteristica credibilità viene rispettata al 100 % nei 4 protocolli individuati; tale valore non viene confermato per la caratteristica fondatezza. Infatti, il protocollo n° 1, non presenta rispettata questa caratteristica a causa del numero ridotto di fonti elencate in bibliografia ( 2 fonti presenti quando il numero minimo richiesto è 4, con almeno il 75 % di fonti che trattano argomentazioni clinico – assistenziali ). Dunque la fondatezza viene rispettata per il 75 %. Un discorso particolare va eseguito nel caso della caratteristica chiarezza; tale caratteristica infatti, nel caso del documento n° 7, è parzialmente rispettata per la presenza di una sigla difficilmente comprensibile che assume un’importanza rilevante all’interno del protocollo. Nel caso degli altri 3 protocolli tale caratteristica è rispettata nella sua totalità. È possibile schematizzare i risultati ottenuti per ciascun protocollo con la seguente tabella dove per ciascuna caratteristica di ciascun documento si riporta un “ SI ” nel caso in cui la caratteristica viene rispettata, “ NO ” nel caso contrario e “ IN PARTE ” nel caso in cui la caratteristica viene rispettata parzialmente.


Tabella n° 1. N° D O

CARATTERISTICHE

C . 1 2 5 7

COMPLETEZZA CHIAREZZA CREDIBILITA’ FONDATEZZA SI SI SI NO SI SI SI SI SI SI SI SI SI IN PARTE SI SI

Il 73,3 % dei documenti valutati non possono essere considerati dei protocolli per la mancanza di alcuni elementi costitutivi ritenuti indispensabili per poter considerare un documento come un protocollo. Gli elementi mancanti in questi 11 documenti possono essere elencati in ordine decrescente: 

obiettivo, assente al 91%;

bibliografia, assente al 91%;

nominativi e qualifica dei componenti del gruppo di elaborazione, assente al 64%;

segno di validazione formale, assente al 64%;

data di revisione, assente al 64%;

data di stesura, assente al 54%.

La percentuale di assenza più elevato si nota per l’obiettivo e per la bibliografia. La mancanza di questi due elementi è grave nella situazione dei protocolli infermieristici; tale assenza comunica che non è presente un’esatta conoscenza del significato dei protocolli infermieristici e, di pari passo, non è presente una conoscenza della metodologia d’elaborazione. L’assenza di questi due elementi fa


presupporre una mancanza di conoscenza delle caratteristiche della struttura grafica del protocollo e trasmette anche la presenza di una errata concezione di questi strumenti che non assumono il valore di strumenti la cui applicazione consente di raggiungere degli obiettivi attraverso interventi assistenziale basati sulle migliori evidenze scientifiche derivabili da un’ampia ricerca bibliografica.

2. CLASSIFICAZIONE DEI DOCUMENTI VALUTATI A questo punto è necessario stabilire quali documenti possono essere adottati come protocolli d’assistenza infermieristica. È necessario, dunque, effettuare una classificazione volta a differenziare un documento accettabile da un documento non accettabile. La classificazione può essere eseguita classificando ciascun documento in due categorie principali: 

ACCETTABILE;

NON ACCETTABILE.

Un documento per essere accettabile deve presentare inequivocabilmente una caratteristica: deve essere stato considerato, nel percorso valutativo, un protocollo. Dunque, i documenti ACCETTABILI sono i protocolli n° 1, n° 2, n° 5 e n° 7. I restanti 11 documenti vengono classificati come NON ACCETTABILI. È necessario però effettuare un ulteriore classificazione per la categoria dei documenti accettabili è stata utilizzata un’ulteriore suddivisione in 2 sottocategorie che meglio precisano la classificazione. Infatti, 2 dei 4 protocolli presentano parzialmente rispettate delle caratteristiche qualitative. Le due sottocategorie possono essere definite come:


ACCETTABILE COMPLETAMENTE;

ACCETTABILE SE MODIFICATO.

Nella sottocategoria “ ACCETTABILE SE MODIFICATO ” vengono classificati dunque quei protocolli che presentano una o più caratteristiche che non sono rispettate o che sono solo parzialmente rispettate. Tenendo in considerazione la tabella riportata anche precedentemente ( Tabella n° 1 ) si nota che nel protocollo n° 1 la fondatezza non viene rispettata, mentre il protocollo n° 7 presenta la caratteristica chiarezza rispettata solo parzialmente. Dunque, questi due protocolli sono inseribili nella categoria ACCETTABILI SE MODIFICATI. Nel caso invece dei protocolli n° 2 e n° 5, sono classificabili come protocolli ACCETTABILI COMPLETAMENTE poiché presentano tutte le caratteristiche valutate rispettate.

PROPOSTE Questa breve sezione di tesi ha lo scopo di fare proposte da tener presenti nel caso in cui, nella realtà, si debba valutare dei protocolli d’assistenza infermieristica. La valutazione da me eseguita può essere definita come una valutazione parziale dei protocolli raccolti ed individuati; infatti, la valutazione eseguita interessa 4 delle caratteristiche qualitative dei protocolli. Una valutazione di questo tipo nasce dalla scelta di effettuare una valutazione a “ tavolino ”, cioè orientata a quelle caratteristiche che possono essere valutate con un’analisi diretta del protocollo.


Nel caso in cui si debba valutare protocolli di assistenza infermieristica in una realtà operativa è necessario che il tipo di valutazione da eseguire sia più allargata, cioè che tenga conto di tutte le caratteristiche qualitative di un protocollo che la letteratura propone. Per effettuare una valutazione di questo tipo è necessario che non sia eseguita da una singola persona ma che la valutazione sia il frutto di un lavoro di gruppo. Questo gruppo di lavoro deve essere, innanzitutto, composto da un numero non eccessivo di persone; questa considerazione è spiegabile in quanto gruppi molto grandi possono rendere difficoltosa l’integrazione e la discussione tra le varie persone che lo costituiscono. La costituzione del gruppo di lavoro dipende strettamente dai professionisti interessati dall’applicazione del protocollo. Reputo notevolmente importante la multidisciplinarietà del gruppo di lavoro; infatti, la presenza di più figure professionali produce diversi vantaggi. In particolare un gruppo multidisciplinare consente l’unione di più specialità e discipline; questo consente di valutare il protocollo in diversi aspetti e livelli di ciascuna sua caratteristica con la possibilità di ottenere una valutazione specifica per ogni ambito assistenziale. Le figure che reputo necessarie nella costituzione di un gruppo di lavoro volto alla valutazione dei protocolli possono essere differenziate in: 

esperti clinico – assistenziali. La varietà della qualifica di questa categoria dipende strettamente da due elementi: 

l’ambito clinico di applicazione del protocollo;

gli operatori direttamente coinvolti dall’applicazione del protocollo.


esperti di metodologia di sviluppo dei protocolli. Tenendo in considerazione che “ la metodologia rappresenta la garanzia di un buon prodotto finale ” 41, la presenza di un esperto di metodologia è un requisito fondamentale per la valutazione dei protocolli infermieristici poiché la competenza di questo professionista consente una valutazione della metodologia utilizzata nell’elaborazione del protocollo, ma funge anche da supervisore per il rispetto della metodologia di valutazione del protocollo in questione;

economisti ed amministratori sanitari.

Quest’ultima categoria di figure professionali è di particolare importanza all’interno della valutazione dei protocolli infermieristici; reputo fondamentale che una valutazione complessiva dei protocolli infermieristici debba tenere in considerazione l’aspetto economico. È, infatti, necessario che un gruppo di lavoro possieda le conoscenze e le abilità necessarie per effettuare una valutazione dei costi da sostenere per applicare il protocollo in questione, cioè il tipo di risorse sia strutturali, sia materiali, sia umane che l’eventuale applicazione del protocollo coinvolge. È importante dire che i 4 protocolli accettabili riscontrati sono stati elaborati da gruppi che hanno realizzato una formazione sulla metodologia di elaborazione. Dunque, applicando un percorso di valutazione di protocolli di assistenza infermieristica, è importante a monte formare il personale circa la metodologia scientifica di elaborazione di tali strumenti operativi. 41

Rocco, M.J., La responsabilità condivisa: protocolli e linee-guida, Atti del Simposio

“ Autonomia e responsabilità degli infermieri: strumenti e strategie ” – III Congresso Nazionale, Nursing Cuore 2000, promosso dal GITIC, Montecatini Terme, 24-25 Marzo 2000.


Infine, la classificazione finale del protocollo potrebbe essere restituita agli autori dotandola di una breve relazione che specifici, in caso di necessità, quali variazione o completamento sono necessari.

CONCLUSIONI Come affermato all’inizio dell’elaborato, il ruolo dell’infermiere negli ultimi 15 – 20 anni è cambiato molto; il processo d’aziendalizzazione delle strutture sanitarie ha comportato enormi cambiamenti nel panorama sanitario e nell’essere infermiere. Nonostante i numerosi cambiamenti, che ci sono stati e che ci saranno nel contesto sanitario ed infermieristico, l’obiettivo comune da seguire costantemente è quello di fornire un servizio di buona qualità agli utenti attraverso l’utilizzo di soluzioni che integrano etica, economia, efficacia e qualità. Una di queste soluzioni possono essere i protocolli se però essi vengono elaborati attraverso un’adeguata metodologia scientifica. Il risultato di questo processo valutativo non è certo confortante considerando la bassa percentuale di protocolli ritenuti “ accettabile ”, anche se il campione è piuttosto contenuto. Questo lavoro non pretende di essere esaustivo sul tema della valutazione della qualità di questi strumenti poiché molte cose devono essere ancora scritte e sono notevoli gli spunti di approfondimento. Il messaggio che vorrei che fosse arrivato a chi avesse letto queste pagine è l’importanza della valutazione di questi strumenti; purtroppo, in molte realtà non è presente una mentalità volta a considerare i protocolli come strumenti utili per la pratica clinica. Vengono spesso elaborati dei documenti di dubbia qualità soprattutto perché non è nota la metodologia scientifica di elaborazione


È fondamentale un cambiamento attraverso il quale si possa riconoscere l’importanza di questi strumenti per la professione infermieristica, sia da un punto di vista delle persone assistite, in quanto aiutano a soddisfare i bisogni con la maggiore qualità possibile, sia da un punto di vista dello stesso professionista, in quanto sono strumenti di aiuto nell’attività e favoriscono l’accrescimento della professionalità del singolo, rappresentando mezzi di continua formazione e aggiornamento professionale. Dunque, ogni professionista e/o futuro professionista deve essere in grado di individuare ed eventualmente elaborare la migliore documentazione evitando atteggiamenti di passività volti ad accettare sempre e comunque strumenti di dubbia validità, ma sviluppare una capacità critica volta al miglioramento della propria professione, miglioramento che può e deve interessare anche i protocolli di assistenza infermieristica. È mia ferma convinzione considerare che tutto può essere migliorato e deve, eticamente, essere migliorato.


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ALLEGATO n°1 ELEMENTO GRAFICO

PRESENTE

NOTE Protocollo per l’assistenza

TITOLO

OBIETTIVO DEL PROTOCOLLO

DEFINIZIONE

SI

infermieristica alla persona con dolore anginoso Attivare interventi adeguati ed uniformi

SI

per il trattamento precoce del dolore anginoso Nell’allegato 1 vengono definite le

SI

“ Caratteristiche del dolore e segni clinici principali in alcuni tipi di patologie ”

NUMERO OPERATORI COINVOLTI TIPO DI OPERATORI

SI

2

SI

Infermiere ( 1 ), medico ( 1 ).

COINVOLTI Sfigmomanometro e fonendoscopio, MATERIALE OCCORRENTE TEMPI RICHIESTI

SI

SI

saturimetro, elettrocardiografo, occorrente per ossigeno terapia, farmaci nitroderivati. Sono presenti indicazioni temporali riferibili alla somministrazione d’ossigeno alla presenza di marcata dispnea ( 10 l/m per 15’ ) e la valutazione della riduzione/


scomparsa del dolore angionoso. Sia dal titolo, sia dall’obiettivo, sia dal CATEGORIE DI SOGGETTI

SI

risultato è possibile individuare la classe di soggetti ai quali si vuole applicare il protocollo. Viene citata le modalità di azione da

AZIONI DA COMPIERE

RISULTATO ATTESO

eseguire durante la comparsa del dolore SI

toracico, una volta “ Accertata la natura anginosa del dolore toracico ” e “ In caso di dolore anginoso persistente ”. Identificare la natura anginosa del

SI

dolore toracico ed attuare un trattamento precoce.

VINCOLI, Vengono indicate sia eccezioni ( “ Non

LIMITI, POSSIBILI ECCEZIONI

SI

ALL’APPLICAZION E COMPLICANZE POSSIBILI SMALTIMENTO MATERIALE GLOSSARIO DI

viene somministrata né modificata la terapia con nitroderivato nei seguenti casi: …… ) e variabili.

NO NO Nel testo vengono indicate sigle quali

ABBREVIAZIONI,

NO

SIGLE DATA DI STESURA DATA ULTIMA

SI

Dicembre 2001

SI

Agosto 2002

SI

1 CO DI

REVISIONE NOMINATIVI E

PA, FC, FR, ECG, TNT, UTIC.

QUALIFICA DEI

6 infermeri

COMPONENTI DEL

2 CO INF

GRUPPO DI ELABORAZIONE SEGNO DI

SI

È presente la sigla “ DIPCAR-1-02 ”


che certifica la numerazione e quindi

VALIDAZIONE

l’adozione del documento secondo

FORMALE BIBLIOGRAFIA

SI

certificazione ISO. 2 fonti bibliografiche elencate

PRESENTE

NOTE

ALLEGATO n°2 ELEMENTO GRAFICO TITOLO OBIETTIVO DEL PROTOCOLLO

SI SI

Assistenza infermieristica alla persona sottoposta a coronarografia Garantire l’assistenza pre e post procedura evitando le complicanze Viene riportato in merito alla coronarografia: che cos’è?, come si

DEFINIZIONI

SI

esegue?, a cosa serve e a chi consigliarla?, quali sono le possibili complicanze?

NUMERO OPERATORI

SI

COINVOLTI TIPO DI OPERATORI

3 Infermiere ( 1 ), Medico Cardiologo

SI

COINVOLTI

( 1 ), Operatore di supporto ( OTA, OSS ) ( 1 ). Viene indicato l’occorrente per: eseguire prelievo ematico, incanalare

MATERIALE OCCORRENTE

SI

vena periferica, eseguire ECG, rilievo P.A., farmaci previsti, oltre che Cerotto Soffix-Med, sacchetto di sabbia, guanti

TEMPI RICHIESTI

SI

monouso. Viene indicato il tempo relativo alla durata dell’esame coronarografico. All’interno della “ Descrizione del processo di lavoro ” sono riportate


diverse indicazioni temporali da osservare in alcuni interventi assistenziali. Il titolo consente di individuare la classe di soggetti ai quali si applica il protocollo, cioè alla persone sottoposte CATEGORIE DI SOGGETTI

a coronarografia. Inoltre, più SI

precisamente, all’interno del paragrafo “ A cosa serve e a chi consigliarla? ”, vengono indicate le condizioni patologiche di pazienti che costituiscono le indicazioni alla procedura. Vengono differenziate le azioni da

AZIONI DA COMPIERE

SI

eseguire nel pre-procedura, nel postprocedura e il giorno successivo alla procedura. E’ possibile individuarlo nell’obiettivo,

RISULTATO ATTESO

SI

giacché evitare le complicanze rappresenta il risultato atteso dall’applicazione del protocollo. Nel documento, all’interno della “ Descrizione del processo di lavoro ”,

VINCOLI,

vengono indicate particolari condizioni

LIMITI, POSSIBILI ECCEZIONI

(es., paziente in terapia con SI

Insulinoterapia, se presenta valori

ALL’APPLICAZION

alterati di creatininemia, ecc… ) in cui è

E

COMPLICANZE

necessario applicare determinati SI

interventi assistenziali. Citate nel paragrafo “ Quali sono le possibili

POSSIBILI SMALTIMENTO

anticoagulanti, Ipoglicemizzanti orali o

complicanze? ”. NO


MATERIALE GLOSSARIO DI ABBR. O SIGLE DATA DI STESURA DATA ULTIMA REVISIONE

Non presente il glossario delle sigle NO

utilizzate, cioè ECG, P.A. UTIC, E.V.

SI

PTCA, m.d.c. 12. 2002 Non necessita di revisione in quanto il

NO

limite temporale di 3 anni viene rispettato.

NOMINATIVI E QUALIFICA DEI COMPONENTI DEL

SI

GRUPPO DI

1 AFD 5 IP

ELABORAZIONE SEGNO DI VALIDAZIONE

SI

Protocollo 01

FORMALE BIBLIOGRAFIA

SI

5 fonti informative cartacee e 5 siti internet consultati.

ALLEGATO n° 3 ELEMENTO GRAFICO

PRESENTE

NOTE Protocollo sulle attività infermieristiche

TITOLO

SI

da attuare alla persona sottoposta ad inserimento di contropulsatore aortico.

OBIETTIVO DEL PROTOCOLLO

NO Nel documento viene indicato, riferibili al contropulsatore, “ Generalità ed

DEFINIZIONE

SI

effetti emodinamici ”, “ Indicazioni ”, “ Controindicazioni ” e “ Complicanze ”.

NUMERO

NO


OPERATORI COINVOLTI TIPO DI OPERATORI COINVOLTI MATERIALE OCCORRENTE TEMPI RICHIESTI

NO

NO SI

L’elenco del materiale necessario non è presente. Riportati diversi tempi da osservare nell’assistenza. Nelle “ Indicazioni ” è possibile individuare la classe di soggetti che

CATEGORIE DI SOGGETTI

SI

possono necessitare dell’inserimento del contropulsatore aortico, quindi le persone a cui può essere applicato il documento. Riportate azioni relative a: “ Atti da compiere durante il posizionamento ”, “ Sequenza per

AZIONI DA COMPIERE

SI

l’impostazione del CA “Datascope System 98”, “ Norme da osservare dopo l’impianto ” e “ Assistenza infermieristica durante la rimozione del CA ”.

RISULTATO ATTESO VINCOLI,

NO

LIMITI, POSSIBILI ECCEZIONI

NO

ALL’APPLICAZION E COMPLICANZE POSSIBILI

SI

Ischemica dell’arto inferiore, tromboembolia ed infarto nei distretti a valle, ematoma, pseudo aneurismi,


dissecazione aortica, infezione locale, setticemia, trombocitopenia, anemia emolitica, rottura del pallone, embolia renale. SMALTIMENTO MATERIALE GLOSSARIO DI ABBR. O SIGLE DATA DI STESURA DATA ULTIMA REVISIONE NOMINATIVI E

NO NO

Utilizzate sigle quali V.S., IMA, ECG, CPA, PA, CA, PM. Febbraio 2003

SI NO

QUALIFICA DEI COMPONENTI DEL

3 IP

SI

1 Medico

GRUPPO DI ELABORAZIONE SEGNO DI VALIDAZIONE

NO

FORMALE

BIBLIOGRAFIA

SI

Manuale operativo System 98;

Protocollo “ assistenza infermieristica al paz. Sottoposto ad impianto IABP ” redatto da IP ter.int Multimedia – Sesto S. Giovanni MI.

ALLEGATO n° 4 ELEMENTO GRAFICO

PRESENTE

NOTE Protocollo rimozione dell’introduttore

TITOLO

SI

arterioso. Posizionamento e rimozione

OBIETTIVO DEL

SI

del FemoStop. Rimuovere gli introduttori arteriosi


PROTOCOLLO DEFINIZIONE

evitando emorragie e ematomi. NO La tabella raffigurante le azioni da

NUMERO OPERATORI

eseguire permette facilmente di SI

COINVOLTI

individuare il numero e il tipo di operatori coinvolti, cioè 1 Medico e 1 Infermiere.

TIPO DI OPERATORI

SI

Vedi sopra.

COINVOLTI Elettrocardiografo, sfigmomanometro, MATERIALE OCCORRENTE

SI

Femostop ( archetto, fascia e manometro ), guanti, bisturi, garze sterili, farmaci ( Atropina, Effortil ). “ Regola la pressione finale del Femostop e la diminuisce di 20 mmHg

TEMPI RICHIESTI

SI

ogni 15 minuti …”; “ Quando la pressione del manometro è a zero da almeno 15 minuti … ”.

CATEGORIE DI SOGGETTI

NO Indicate le azioni relative alla rimozione

AZIONI DA COMPIERE

RISULTATO ATTESO

SI

dell’introduttore e posizionamento del FemoStop, oltre che le azioni relative alla rimozione del Femostop. L’evitando le emorragie e ematomi,

SI

suggerito dal protocollo rappresenta il risultato atteso.

VINCOLI, La rimozione del Femostop è consentita

LIMITI, POSSIBILI ECCEZIONI

SI

ALL’APPLICAZION E COMPLICANZE

solo nel caso in cui la pressione del manometro è a zero da almeno 15 minuti e non ci sono sanguinamenti.

SI

L’obiettivo propone come complicanze


possibile ematomi ed emorragie. Inoltre come altra complicanza viene citata la POSSIBILI

reazione vagale per cui l’infermiere controlla colorito, sudorazione, nausea e vomito.

SMALTIMENTO MATERIALE GLOSSARIO DI ABBR. O SIGLE DATA DI STESURA DATA ULTIMA REVISIONE

NO NO

Presenti sigle quali P.A. e FC.

SI

1998

NO Non citati i nomi del gruppo di

NOMINATIVI E

elaborazione ma solo la qualifica in

QUALIFICA DEI COMPONENTI DEL

NO

GRUPPO DI

quanto nel documento è riportato: “ Elaborato dal personale infermieristico delle UU.OO di CCHTI,

ELABORAZIONE

EMODINAMICA, UCIC ”.

SEGNO DI VALIDAZIONE

SI

FORMALE BIBLIOGRAFIA

NO

Presente la dicitura: SPECIFICO S2

ALLEGATO n° 5 ELEMENTO GRAFICO

PRESENTE

NOTE Assistenza infermieristica alla persona

TITOLO

SI

sottoposta a PTCA: angioplastica coronarica transluminale percutanea. 1. Garantire l’assistenza pre e post

OBIETTIVO DEL PROTOCOLLO

procedura evitando le SI

complicanze. 2. Assicurare un’adeguata educazione sanitaria.


Viene riportato in merito alla PTCA: che cos’è?, come si esegue?, a cosa DEFINIZIONE

SI

serve e a chi consigliarla?, quali sono le possibili complicazioni?, oltre che definizioni di: Aterotomia, Stenting diretto, Stent medicati.

NUMERO OPERATORI

SI

COINVOLTI TIPO DI OPERATORI COINVOLTI MATERIALE OCCORRENTE

TEMPI RICHIESTI

3 Infermiere ( 1 ), Medico Cardiologo

SI

SI

SI

( 1 ), Operatore di supporto ( OTA, OSS ) ( 1 ). All’interno di “ Individuazione risorse materiali ”. All’interno della “ Descrizione del processo di lavoro ” vengono inseriti tempi da osservare per varie fasi dell’assistenza. Dal titolo si individua che la classe di

CATEGORIE DI SOGGETTI

SI

soggetti a cui si applica il protocollo precede le persone sottoposte alla procedura di PTCA. Il processo di lavoro descritto prevede: “ Assistenza pre-procedura ”,

AZIONI DA COMPIERE

SI

“ Assistenza post-procedura ”, “ Assistenza il giorno successivo la procedura ”, “ Assistenza il giorno della dimissione ”. L’obiettivo propone di garantire

RISULTATO ATTESO

SI

l’assistenza evitando le complicanze; ciò rappresenta il risultato atteso dall’applicazione del documento.


VINCOLI, Nella descrizione del processo di lavoro

LIMITI, POSSIBILI ECCEZIONI

SI

ALL’APPLICAZION

vengono citate condizioni che se presenti è necessario adottare ulteriori interventi assistenziali.

E Citate nel paragrafo “ Quali sono le COMPLICANZE POSSIBILI

SI

possibili complicanze? ”. Indicate, inoltre, all’interno della descrizione del processo di lavoro altre complicanze.

SMALTIMENTO MATERIALE GLOSSARIO DI

NO Usate sigle quali ECG, P.A., E.V.,

ABBREVIAZIONI O

NO

UTIC, IMA, F.C., m.d.c., CK, CK MB,

SIGLE DATA DI STESURA DATA ULTIMA

SI

LDH, APTT, OTA, OSS. 12. 2002

REVISIONE NOMINATIVI E

NO

QUALIFICA DEI COMPONENTI DEL

SI

GRUPPO DI

1 AFD 5 IP

ELABORAZIONE SEGNO DI VALIDAZIONE

SI

Protocollo 02

FORMALE BIBLIOGRAFIA

SI

5 fonti informative cartacee e 5 siti internet consultati

ALLEGATO n° 6 ELEMENTO GRAFICO TITOLO

PRESENTE

NOTE

SI

Protocollo Coronarografia e


Ventricolografia OBIETTIVO DEL PROTOCOLLO

NO Viene riportata la descrizione del Laboratorio di Emodinamica, la strumentazione, i cateteri, le guide, gli

DEFINIZIONE

SI

introduttori, la composizione del kit sterile e preconfezionato per la preparazione del campo sterile, …, oltre che vengono descritte le indicazioni relative alla metodica. All’interno del documento viene

NUMERO OPERATORI

riportato la tipologia del personale che NO

COINVOLTI

lavora in Sala Emodinamica ma non il numero e il tipo degli operatoti coinvolti dall’applicazione del documento.

TIPO DI OPERATORI

NO

COINVOLTI Viene riportato l’elenco di materiali e MATERIALE OCCORRENTE

SI

strumenti utilizzati in Sala Emodinamica e il materiale necessario all’esecuzione della Coronarografia. Indicati tempi relativi a: “ sospensione terapia anticoagulante

TEMPI RICHIESTI

SI

( da 3 giorni prima ) ”, “ EN 20 gtt ( circa 1h prima ) ” e tempi per

CATEGORIE DI SOGGETTI

SI

rimozione della fasciatura compressiva. Le indicazioni alla procedura prevedono: Asintomatici con malattia coronaria nota o sospetta, sintomatici con malattia coronaria nota o sospetta, dolore toracico atipico di incerta origine, infarto miocardico completo,


valvulopatie, cardiopatia congenita nota o sospetta. Elencate azioni relative alla preparazione del paziente, preparazione AZIONI DA COMPIERE

SI

degli operatori, preparazione del paziente in sala, oltre che è presenta la descrizione relativa all’esecuzione della procedura.

RISULTATO ATTESO VINCOLI,

NO

Si indicano i comportamenti che gli

LIMITI, POSSIBILI ECCEZIONI

SI

ALL’APPLICAZION E COMPLICANZE POSSIBILI SMALTIMENTO MATERIALE GLOSSARIO DI ABBR. O SIGLE DATA DI STESURA DATA ULTIMA REVISIONE NOMINATIVI E

operatori devono obbligatoriamente adottare nei confronti della sterilità della Sala e della protezione da raggi X.

NO NO NO NO NO NO

QUALIFICA DEI COMPONENTI DEL GRUPPO DI ELABORAZIONE SEGNO DI VALIDAZIONE

NO

FORMALE BIBLIOGRAFIA

NO

Si riportano sigle quali CD-R, SEF, pm, AICD, PTCA, ECG, BPAC, PA.


ALLEGATO n° 7 ELEMENTO GRAFICO TITOLO

PRESENTE

SI

NOTE Assistenza infermieristica alla persona sottoposta ad impianto di pace-maker. 1. Fornire un’assistenza adeguata al paziente prima e dopo la procedura evitando complicazioni. 2. Fornire indicazioni e conoscenze

OBIETTIVO DEL PROTOCOLLO

adeguate al paziente e ai suoi SI

familiari riguardo la presenza dello stimolatore. Inoltre, all’interno della descrizione del processo di lavoro, viene indicato lo scopo relativo all’applicazione degli interventi assistenziali riferibili all’assistenza pre-procedura. Il documento presenta una descrizione relativa a: fisiologia cardiaca e sistema

DEFINIZIONE

SI

di conduzione atrio-ventricolare, pacemaker, intervento di posizionamento, controllo e precauzioni che il paziente deve tenere in considerazione.

NUMERO OPERATORI

SI

COINVOLTI TIPO DI OPERATORI COINVOLTI MATERIALE OCCORRENTE

3 Infermiere ( 1 ), Medico Cardiologo

SI

SI

( 1 ), Operatore di supporto ( OTA, OSS ) ( 1 ). All’interno di “ Individuazione risorse materiali ”.


“ L’intervento in media richiede una o due ore ”, “ il giorno successivo o 48 TEMPI RICHIESTI

SI

ore dopo il paziente può tornare al proprio domicilio ”. Presenti, inoltre, tempi riferibili a vari interventi assistenziali. Il titolo propone come classe di pazienti

CATEGORIE DI SOGGETTI

SI

cui si applica il documento le persone che necessitano l’impianto di pacemaker. Il processo di lavoro descritto prevede: “ Assistenza pre-procedura ”,

AZIONI DA COMPIERE

SI

“ Assistenza post-procedura ”, “ Assistenza il giorno successivo la procedura ”, “ Assistenza il giorno della

RISULTATO ATTESO

dimissione ”. “ Evitare le complicanze ” proposto SI

nell’obiettivo rappresenta il risultato

VINCOLI,

atteso dall’applicazione del documento. La descrizione del processo di lavoro

LIMITI,

propone interventi assistenziali da

POSSIBILI

adottare nella situazione in cui la

ECCEZIONI ALL’APPLICAZION E COMPLICANZE POSSIBILI

SI

SI

persona è in terapia con anticoagulanti orali e in trattamento con ipoglicemizzanti orali o insulinoterapia. Nell’assistenza post-procedura sono riportate le azioni relative alla identificazione della presenza di: pneumotorace, emopericardio da tamponamento cardiaco, tromboflebite o trombosi venosa profonda, enfisema sottocutaneo, ematoma, infezioni. Inoltre, all’interno del testo, si fa


riferimento alla identificazione di alterazioni cutanee e segni di decubito della tasca anche se, quest’ultima, si verifica tardivamente. SMALTIMENTO MATERIALE GLOSSARIO DI ABBR. O SIGLE DATA DI STESURA DATA ULTIMA REVISIONE NOMINATIVI E

NO NO SI

GRUPPO DI

E.V., STP, Rx. 12. 2002

NO

QUALIFICA DEI COMPONENTI DEL

Presenti sigle ECG, P.A., OTA, OSS,

1 AFD SI

3 IP

SI

Protocollo 04

ELABORAZIONE SEGNO DI VALIDAZIONE FORMALE BIBLIOGRAFIA

SI

5 fonti informative cartacee e 5 siti internet consultati


ALLEGATO n° 8 ELEMENTO GRAFICO

8

9

10

NOTE

NOTE

NOTE

( n. 8 )

( n. 9 )

( N. 10 )

Protocollo per l’impianto di endoprotesi aortobisiliaca TITOLO

SI

SI

SI

Protocollo per la

Excluder Gore // Cook Zenith

Protocollo per commissurolisi

preparazione e l’esecuzione

per via percutanea femorale

mitralica percutanea

della angiocardiografia e

nell’aneurisma dell’aorta

coronarografia.

addominale OBIETTIVO DEFINIZIONE NUMERO OPERATORI COINVOLTI

NO NO

NO NO

NO NO

SI

SI

SI

7

8

4

Medico Cardiologo TIPO DI OPERATORI COINVOLTI

SI

SI

SI

Emodinamista ( 1 ), Medico

Cardiologi ( 2 ), Anestesista

Chirurgo ( 1 ), Medico

( 1 ) ( disponibile su chiamata ),

Anestesista ( 1 ), AFD ( 1 ), I.P.

AFD ( 1 ), I.P. ( 2 ), Tecnico

( 1 ), Tecnico radiologo ( 1 ),

radiologo ( 1 ), Ausiliario ( 1 ).

Ausiliario ( 1 ).

Medico cardiologo ( 1 ), I.P. ( 1 ), Tecnico Radiologo ( 1 ), Ausiliario ( 1 ).


MATERIALE OCCORRENTE

Elenco del materiale SI

SI

SI

cardiologico e chirurgico necessario per l’intervento.

Presente l’elenco relativo al

Elenco del materiale necessario

“ Materiale cardiologico e

per l’esecuzione della

campo sterile ” e

procedura coronarografica e

Strumentazione.

angiografica.

Indicato il tempo d’esecuzione dell’impianto ( 3 ore ), oltre che TEMPI RICHIESTI

SI

SI

NO

il tempo relativo alla profilassi

Indicato il tempo di esecuzione

antibiotica ( da effettuarsi nel

della procedura ( 1 ora ).

reparto di provenienza 1 ora prima l’inizio procedura ) Il titolo propone come destinatari del protocollo i CATEGORIE DI SOGGETTI

AZIONI DA COMPIERE

pazienti da sottoporre SI

SI

SI

SI

SI

SI

all’impianto di endoprotesi

Il titolo precisa la tipologia di

Dal titolo è possibile stabilire

intervento per cui la categoria di che la classe di soggetti a cui è soggetti è individuabile; tale

indirizzato il documento sono

documento è applicato nel caso tutte le persone che necessitano

aortobisiliaca per via percutanea

di pazienti sottoposti ad

di essere sottoposte alla

femorale nel caso di aneurisma

intervento di commissurolisi

procedura di Angiografia e

dell’aorta addominale. Il documento illustra le azioni

mitralica percutanea. Vengono indicate azioni

Coronarografia. Vengono indicate le azioni

per l’esecuzione della

relative a: “ Approccio

relative alle competenze del

procedura, relative

percutaneo al setto

Cardiologo Emodinamista,


all’approccio percutaneo arterioso, all’approccio chirurgico dell’arteria femorale, all’impianto dell’endoprotesi, alle suture arteriose, oltre che le competenze delle persone coinvolte dal documento. RISULTATO ATTESO VINCOLI, LIMITI,

NO

NO

NO

POSSIBILI

NO

NO

NO

Interatriale ”, “ Puntura del setto interatriale ”, “ Dilatazione della valvola mitrale ”, oltre che le azioni relative alle competenze del personale coinvolto.

dell’Infermiere Professionale ( in sala ), del Tecnico di Radiologia ( in sala ) e dell’Ausiliario ( dentro e fuori dalla sala ).

ECCEZIONI COMPLICANZE POSSIBILI

Insufficienza mitralica NO

SI

NO

cardiaco. Per lo smaltimento dei rifiuti, il

SMALTIMENTO EVENTUALE DEL

SI

SI

NO

MATERIALE GLOSSARIO DI ABBREVIAZIONI O

importante, tamponamento

NO

NO

NO

Si fa riferimento per lo

documento fa riferimento al

smaltimento dei rifiuti al

protocollo operativo n.14 –

protocollo in uso nell’Azienda.

generale in uso nella stessa

Le sigle AFD, T.I. non sono

Azienda Ospedaliera. Presenti sigle quali AFD, ECG,

Solo la sigla AFD è citata nel

esplicitate nel testo, mentre IP,

P.A. ECO, U.O., ev, U, PHT,

protocollo senza una sua


TCA, S.O. sono definite

SIGLE

TCA.

definizione per intero.

15 Febbraio 2000

30 Novembre 2000

1 Medico

1 Medico

1 Medico

1 AFD

1 AFD

1 AFD

direttamente al suo interno. Non viene riportata la data di elaborazione, in quanto è

DATA DI STESURA

NO

SI

SI

riportato la data della versione 2 del documento, che rappresenta la data di revisione.

DATA ULTIMA

SI

NO

NO

SI

SI

SI

VALIDAZIONE

SI

NO

NO

FORMALE BIBLIOGRAFIA

NO

NO

NO

REVISIONE NOMINATIVI E QUALIFICA SEGNO DI

22 settembre 2001

Protocollo 2709


ALLEGATO n° 9 ELEMENTO GRAFICO

PRESENTE

NOTE Linee guida per l’assistenza

TITOLO

SI

infermieristica alla persona sottoposta ad Angioplastica Percutanea Transluminale ( PTCA ).

OBIETTIVO DEL PROTOCOLLO DEFINIZIONE NUMERO OPERATORI

NO NO NO

COINVOLTI TIPO DI OPERATORI COINVOLTI MATERIALE OCCORRENTE

NO

NO Presenti indicazioni quali: “ Digiuno dalla mezzanotte; a circa due ore dal

TEMPI RICHIESTI

SI

rientro in reparto eseguire …; mobilizzare la persona nel letto dopo due ore dalla rimozione del

CATEGORIE DI SOGGETTI

AZIONI DA COMPIERE

Femostop ”. Dal titolo è possibile affermare che le SI

persone a cui si applica il documento riguarda quelle sottoposte a PTCA. Riportate azioni da eseguire il giorno precedente alla procedura, il giorno

SI

della PTCA, dopo la PTCA ( in reparto ), nelle ore successive e la mattina seguente.

RISULTATO

NO


ATTESO VINCOLI,

Nel documento è riportato un vincolo

LIMITI, POSSIBILI ECCEZIONI

relativo alla rimozione dell’introduttore SI

arterioso: “ … che non potrà comunque essere rimosso se c’è ancora in corso

ALL’APPLICAZION

eparina ”.

E

“ Informare la persona del fatto che COMPLICANZE POSSIBILI

non deve muoversi nel letto, non deve SI

sollevare la testa e piegare la gamba per evitare l’insorgenza di emorragie e/o ematomi anche gravi ”.

SMALTIMENTO MATERIALE GLOSSARIO DI ABBR. O SIGLE DATA DI STESURA DATA ULTIMA REVISIONE NOMINATIVI E

NO Utilizzate sigle, non direttamente NO

esplicitate, quali VES, Rx, ECG, U.O.,

SI

HIV, AP, PTT. 1997

NO

QUALIFICA DEI COMPONENTI DEL

Il documento cita solo “ Elaborato dal NO

GRUPPO DI

personale infermieristico della Cardiologia ”.

ELABORAZIONE SEGNO DI VALIDAZIONE

SI

FORMALE BIBLIOGRAFIA

NO

Protocollo operativo Card. N°1

ALLEGATO n° 10 ELEMENTO GRAFICO

PRESENTE

NOTE


TITOLO OBIETTIVO DEL PROTOCOLLO

SI

Protocolli infermieristici per attività di sala P.M.

NO È presente una breve introduzione volta ad elencare le manovre eseguite in sala Pace Maker, i strumenti presenti e le conoscenze fondamentali che un I.P. di

DEFINIZIONE

SI

cardiologia-UCIC deve avere sulle attività di questa sala. Inoltre vengono elencate le indicazioni al posizionamento del pace maker temporaneo oltre che una breve descrizione del suo funzionamento. Viene indicato nel documento che al momento della preparazione del paziente prevede la collaborazione di 2

NUMERO OPERATORI

SI

COINVOLTI

infermieri, mentre durante la procedura di posizionamento del pace maker temporaneo è sufficiente la presenza di un solo infermiere che coadiuva il medico.

TIPO DI OPERATORI

SI

Vedi sopra.

COINVOLTI Elencato il materiale relativo alla MATERIALE OCCORRENTE

SI

procedura di posizionamento del pace maker temporaneo e all’impianto di pace maker definitivo “ Controllo e rimedicazione della ferita

TEMPI RICHIESTI

CATEGORIE DI

SI

SI

a 24 ore dall’intervento…”; “ Rimozione punti di sutura in 7° giornata ”. Le indicazioni al posizionamento del


pace maker temporaneo indicano quali persone necessitano sia del pace maker

SOGGETTI

temporaneo, sia del pace maker definitivo. Per quanto riguarda l’assistenza nel posizionamento di pace maker temporaneo vengono riportate le azioni relative alla preparazione del paziente ed alla procedura di posizionamento.

AZIONI DA COMPIERE

Per quanto riguarda l’assistenza SI

nell’impianto di pace maker definitivo elencate le azioni relative alla preparazione del paziente in reparto, alla preparazione del paziente in sala pace maker, all’assistenza durante l’impianto, all’assistenza al termine dell’impianto.

RISULTATO ATTESO VINCOLI,

NO

LIMITI, POSSIBILI ECCEZIONI

NO

ALL’APPLICAZION E COMPLICANZE POSSIBILI SMALTIMENTO MATERIALE GLOSSARIO DI ABBREVIAZIONI O SIGLE DATA DI STESURA

“ Controlli frequenti della medicazione SI

per evidenziare eventuali sanguinamenti ”.

NO Utilizzate le seguenti sigle: p.m., CVE, NO

V.V.I., INP, P.A., F.C., ECG, I.A.B.P., I.P., UCIC.

NO


DATA ULTIMA REVISIONE NOMINATIVI E

NO

QUALIFICA DEI COMPONENTI DEL

NO

GRUPPO DI ELABORAZIONE SEGNO DI VALIDAZIONE

NO

FORMALE BIBLIOGRAFIA

NO



ALLEGATO n° 11 ELEMENTO GRAFICO 13 14 15

NOTE

NOTE

NOTE

( n. 13 )

( n. 14 )

( N. 15 )

Protocollo per preparazione ed TITOLO

SI

SI

SI

OBIETTIVO DEFINIZIONE N° OPERATORI TIPO DI OPERATORI MATERIALE

NO NO NO NO NO

NO NO NO NO NO

NO NO NO NO NO

Protocollo per Angioplastica

assistenza al paziente candidato ad impianto di PM

Presenti tempi da osservare TEMPI RICHIESTI

SI

SI

SI

nell’attuazione delle azioni riportate. Il titolo permette di individuare

CATEGORIE DI

NO

SI

NO

SOGGETTI AZIONI DA COMPIERE RISULTATO ATTESO VINCOLI, LIMITI,

che i soggetti a cui si applica il documento sono le persone candidate all’impianto di PM

SI SI SI NO NO NO NO NO NO

Protocollo per Coronarografia


POSSIBILI ECCEZIONI ALL’APPLICAZIONE COMPLICANZE POSSIBILI SMALTIMENTO MATERIALE GLOSSARIO ABBR. O SIGLE DATA DI STESURA DATA REVISIONE NOMINATIVI E QUALIFICA SEGNO DI

NO NO NO NO NO NO NO NO NO

Presenti le sigle: I.P., PA, FC,

Presenti: PT, PTT, E.V., ECG,

Presenti: Rx, PT, PTT, CK,

ECG, ACT, CKMB.

Rx.

MB, PA, FC.

NO NO NO NO NO NO NO NO NO

VALIDAZIONE FORMALE NO SI NO BIBLIOGRAFIA NO NO NO

Firma di un medico


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