Il Santo Sepolcro - la guida del pellegrino

Page 1


Progetto editoriale Raffaella Zardoni Coordinamento redazionale Carla Benelli Tommaso Saltini Testi Eugenio Alliata ofm Enrique Bermejo Cabrera Virgilio Corbo ofm Claudio Bottini ofm Lino Cignelli ofm Giovanni Loche ofm Athanasius Macora ofm Alviero Niccacci ofm Michele Piccirillo ofm Foto Archivio ATS pro Terra Sancta, Custodia di Terra Santa Copertina Il Santo Sepolcro, Gerusalemme, di Loris Serraino

FRANCISCAN PRINTING PRESS P.O.B. 14064 Tel. 6266592 - Fax 6272274 91140 Jerusalem – ISRAEL


8 La basilica del Santo Sepolcro 10 Le cappelle del Calvario 12 La tomba di gesù 14 la rotonda 16 gallerie e deambulatorio 18 le cappelle inferiori 20 tracce del complesso costantiniano 22 Legenda

storia 24 Il giardino presso il Calvario 27 l’epoca di costantino 31 La trasformazione crociata 35 i francescani al santo sepolcro 37 L’ultima apertura del Santo Sepolcro 38 un Nuovo inizio

letture 41 la Morte in croce 44 le parole di Gesù in croce 46 il sepolcro nuovo 53 la Risurrezione di Gesù 57 liturgia a gerusalemme 59 lo statu quo 61 Le comunità presenti al santo Sepolcro 64 Informazioni

VISITA

visita

storia

introduzione

letture

sommario


4

Gerusalemme, la CittĂ Vecchia


Cupola della Roccia, mentre i cristiani, percorrendo la via Dolorosa, convergono alla basilica del Santo Sepolcro, che racchiude tra le sue mura il Calvario, dove Gesù è morto crocifisso, e la tomba dove è stato deposto e che lo ha visto destarsi da morte il terzo giorno. Pur essendo la tradizione antica e ininterrotta, l’aspetto della basilica, che annega quasi totalmente tra le affastellate costruzioni della piazzetta, lascia incerto il pellegrino cristiano. Entrato nell’oscuro edificio, egli si chiede come sia possibile che in quello spazio angusto ci siano stati un colle, un giardino e una tomba nuova. È dunque questo il luogo che ha giocato un ruolo così importante lungo i secoli? In coda, in attesa di entrare nella malandata edicola che copre la tomba trovata vuota dalle donne, si ripete le parole dell’angelo: «È risorto! Non è qui!». Risente il primo coraggioso discorso di Pietro: «Dio

5

S

econdo un detto orientale, anche i luoghi hanno un’anima, e per tutti i figli di Abramo, la Città Vecchia di Gerusalemme possiede uno speciale significato. Tra le sue strette vie affollate di gente e mercati, gli ebrei s’identificano nel Muro occidentale e tutto il Monte del Tempio, i musulmani nella


Particolare della Rotonda costantiniana

6

lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere». Uscito dalla piccola aula del sepolcro, il pellegrino quasi non è più disturbato dal brusio e dall’ininterrotto flash delle camere e dei cellulari: ora comprende il motivo di tante presenze, e inizia a capire anche perché queste pietre

non avrebbero potuto attraversare indenni venti secoli di storia. Da molti anni i pellegrini cristiani che giungono alla basilica ripercorrono questi passaggi, dallo sconcerto - per la confusione, le contraddizioni e l’aspetto malandato dell’edificio - alla commozione per la passione del Figlio di Dio morto per amore dell’uomo.


«T

Benedetto XVI, 15 maggio 2009

7

Questa guida si propone di presentare ai pellegrini e ai visitatori la basilica con le sue stratificazioni di mura e liturgie, e accompagnarli nella visita ai luoghi unici e santi della passione, morte e risurrezione di Gesù.

rovandoci in questo santo luogo e considerando quel meraviglioso evento, come potremmo non sentirci “trafiggere il cuore”, alla maniera di coloro che per primi udirono la predicazione di Pietro nel giorno di Pentecoste? Qui Cristo morì e risuscitò, per non morire mai più. Qui la storia dell’umanità fu definitivamente cambiata. Il lungo dominio del peccato e della morte venne distrutto dal trionfo dell’obbedienza e della vita; il legno della croce svela la verità circa il bene e il male; il giudizio di Dio fu pronunciato su questo mondo e la grazia dello Spirito Santo venne riversata sull’umanità intera. Qui Cristo, il nuovo Adamo, ci ha insegnato che mai il male ha l’ultima parola, che l’amore è più forte della morte, che il nostro futuro e quello dell’umanità sta nelle mani di un Dio provvido e fedele».


VISITA

La basilica del Santo Sepolcro «Q

8

uesto Santo luogo è stato consacrato dal sangue di Cristo. La nostra consacrazione niente aggiunge alla sua santità.» Con queste parole veniva introdotto il pellegrino nella chiesa del Santo Sepolcro dopo il restauro del XII secolo. Restauro, ad opera dei crociati, che ha dato al Santo Sepolcro l’aspetto che vediamo ancora oggi: una imponente basilica romanica che raduna e collega le cappelle e i monumenti sparsi sui luoghi della passione e risurrezione del Signore. La prima fondazione del complesso si deve all’imperatore Costantino. Nel 325, durante gli scavi da lui ordinati per rimuovere i templi pagani, vennero ritrovati il sepolcro di Gesù e le reliquie della sua passione. Il complesso che Costantino edificò era dislocato per tutta l’area del Golgota in prossimità del cardo massimo che attraversava la città da nord a sud. La roccia del Calvario rimase a cielo aperto, mentre la tomba fu isolata dalla montagna e incorniciata dalla maestosa rotonda dell’Anastasis. Gli edifici costantiniani furono distrutti nel 1009 dal sultano

al-Hakim e ricostruiti dall’imperatore Costantino Monomaco nel 1042.

Piazzale

Iniziamo la visita dal piazzale sud. La facciata della basilica, pur deteriorata, è una delle più belle opere dell’architettura crociata che si conservano in Terra Santa. Una delle due porte è stata murata già dal tempo di Saladino. La torre campanaria suggerisce la grandezza del progetto crociato, pur essendo oggi la sua altezza ridotta quasi alla metà per un crollo del XVI secolo e i successivi lavori di sistemazione.

A


VISITA

c a

b

addossata alla facciata porta b Laallascala cappella dell’Addolorata - detta

Cappella dei Franchi

dei Franchi - che raggiungeva direttamente il Calvario, permettendo ai pellegrini medievali di sciogliere il voto e acquisire le indulgenze anche se la basilica era chiusa o non si avevano denari per la tassa d’ingresso. Al di sotto c’è un oratorio dedicato a santa Maria Egiziaca.

Pietra dell’Unzione

Nell’atrio della basilica è collocata la Pietra dell’Unzione, in memoria della pietà di Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea che prepararono il corpo di Gesù per la sepoltura. Molto venerata dagli ortodossi, è ornata da candelieri e lampade. Un mosaico sul tramezzo di fronte illustra l’episodio.

c

tore

A

9

. La ta, è itetTerra muorre a del gi la per ssivi


VISITA

Le cappelle del Calvario A destra, nell’atrio, si vedono le cappelle a più piani del Golgota. Gli archeologi hanno confermato che la zona al tempo di Cristo era fuori dalla città, ed era una cava abbandonata, riempita di terra. Questi dati coincidono con le informazioni dei vangeli che parlano di un giardino. Il Calvario oggi si eleva a circa 5 metri dal pavimento della basilica, mentre i punti più profondi della cripta sono 9 metri al disotto. Era quindi un’area molto frastagliata, dove rocce sporgenti potevano essere comodamente scavate come sepolcri familiari. Ambienti simili non sono rari in Palestina. per una ripida scala si A Salendo giunge all’altare del Calvario,

10

Cappella del Calvario

che sorge sopra la roccia su cui fu innalzata la croce di Gesù. La roccia è visibile attraverso le lastre di vetro ai lati dell’altare. I pellegrini possono toccare la roccia attraverso un’apertura nel disco d’argento sotto l’altare, il punto in cui secondo la tradizione sorgeva la croce. Era qui che i pellegrini scioglievano il voto, cioè deponevano sull’altare la piccola croce di legno che era stata consegnata loro in patria all’inizio del viaggio. La cappella appartiene ai greciortodossi ed è decorata con lampade e candele secondo la loro tradizione.

b

Ca Cr

Ne tie de zo di (1 son De vo le do gin Po un


b

a b

VISITA

c Cappella della Crocifissione

Nella cappella a fianco, che appartiene ai francescani, si fa memoria della crocifissione. L’altare, in bronzo argentato, è dono del granduca di Toscana Ferdinando de’ Medici (1588). La decorazione e i mosaici sono rifacimenti del secolo scorso. Del XII secolo è il medaglione della volta raffigurante l’Ascensione. Tra le due cappelle c’è l’altare dell’Addolorata. Il mezzobusto della Vergine è dono della regina Maria del Portogallo (1778). Si discende per una seconda ripida scala.

il Calvario, la cappella di Adac Sotto mo è una tra le più antiche della basi-

lica. Nell’abside si vede la spaccatura della roccia causata, secondo la prima tradizione cristiana, dal terremoto avvenuto al momento della morte di Gesù. La fenditura avrebbe permesso al sangue di Cristo di raggiungere e redimere Adamo che si riteneva essere sepolto qui. Per i primi cristiani questa era anche l’origine del nome Golgota: luogo del cranio. La tradizione ha ispirato l’iconografia del crocifisso che pone ai piedi della croce un teschio, un rivolo di sangue e spesso una grotticella.

11

Cappella di Adamo


La tomba di Gesù e

b

12

a

Procedendo nell’atrio verso ovest (è il flusso dei pellegrini più che un’evidenza architettonica a suggerire la direzione), una pietra circolare segnala il punto dove le tre Marie, le donne dei racconti evangelici, osservarono la deposizione e la sepoltura di Gesù. Passando tra due massicce colonne entriamo nell’Anastasis, o Rotonda, il mausoleo voluto da Costantino come cornice alla tomba di Cristo.

c

d

c

Edicola

Sotto la cupola, al centro della Rotonda, l’edicola (aedicula: casetta) deve oggi il suo aspetto al pesante intervento ottocentesco. La facciata è decorata con file di lampade e grandi candelieri appartenenti alle varie comunità. A causa dei terremoti del secolo scorso, dal 1947 è puntellata da travi d’acciaio e in attesa di urgenti restauri. All’interno l’edicola è suddivisa in due ambienti. Il primo, la cappella dell’Angelo, conserva un pezzo della pietra che chiudeva la tomba di Gesù, sulla quale l’angelo sedeva il mattino di Pasqua.

d

U (c ce ca d d ca la G n se st m g fe G m


e d c b a

d

VISITA

a sù

Una bassa porta (cm 133) introduce nella seconda camera, dove fu deposto il corpo di Gesù. Il bancale è protetto da lastre di marmo. Gli ornamenti non intaccano la semplicità di questo luogo, meta di milioni di pellegrini e centro della fede cristiana. Qui Gesù ha vinto la morte.

parte posteriore e Nella dell’edicola

13

c’è la cappella dei copti, che risale ai tempi dei crociati.


VISITA

La Rotonda Rotonda, chiamata Anastasis (risura Larezione), rispetta l’imponente struttu-

Rotonda o Anastasis

ra romana che alternava, su tre ordini, pilastri e gruppi di colonne a grandi finestre. Purtroppo nel corso dei secoli e dei restauri le finestre hanno perso la luce solare diretta e il deambulatorio è stato suddiviso in due piani da un

mezzanino. In occasione dell’ultimo restauro sono state ripristinate le 12 colonne dell’ordine inferiore secondo il progetto originario. Le due colonne vicine all’altare della Maddalena erano, probabilmente, le due parti di un’unica colonna, appartenenti al primo complesso costantiniano o del tempio di Adriano. Il restauro della cupola è terminato negli anni ‘90.

14

di Giuseppe b Tomba d’Arimatea

Sul fondo dell’abside, un passaggio conduce a una tomba a fornetti contemporanea a quella di Cristo, ritrovata nel XV secolo, detta di Giuseppe d’Arimatea. Questo tipo di tomba era più diffuso a Gerusalemme della tomba ad arcosolio (come dai vangeli si deduce dovesse essere quella di Cristo). La tomba conferma che l’area ai tempi di Cristo era usata per sepoltura.


a

VISITA

c e

b

Altare di Maria Maddalena

c

L’altare, addossato alla colonna, ricorda l’apparizione di Gesù alla Maddalena all’esterno del sepolcro. Qui officiano i francescani.

d

Cappella dell’Apparizione

e

Coro o Katholikon

Dal settore nord del vestibolo della Rotonda si entra nella cappella del Santissimo Sacramento. Qui i francescani sono presenti dal XIV secolo. La cappella è dedicata all’apparizione di Gesù risorto a sua Madre. L’episodio non è riportato dai vangeli, ma è tramandato dalla tradizione. Nella cappella si venera la Colonna della Flagellazione. Il Coro dei canonici, o Katholikon, appartiene ai greci che l’hanno separato dal resto dell’edificio lasciandolo aperto solo sull’Anastasis. Nel restauro sono state trovate, sotto il pavimento crociato, le fondazioni della basilica costantiniana detta Martyrion. La cupola è stata ricoperta di mosaici secondo lo stile bizantino. L’idea cosmica della redenzione universale operata dalla morte e risurrezione di Cristo è simbolicamente rappresentata da un cippo in marmo sotto la cupola che viene chiamato Omphalos o ombelico del mondo.

15

a

d


VISITA

Ga De a

Archi della Vergine

Percorrendo la galleria è evidente lo stratificarsi degli interventi susseguitisi nei secoli. Dal muro di fondo, risalente all’originario edificio costantiniano, si staccano le colonne bizantine e i pilastri del transetto crociato. Sul muro si possono notare i fori per l’aggancio dei marmi policromi che rivestivano

l’edificio. Cinque colonne diverse dalle altre, più piccole e grezze, formano i cosiddetti Archi della Vergine, che ricordano le visite della Madre del Signore al sepolcro del Figlio. La memoria doveva essere ritenuta autorevole dai crociati che hanno voluto preservare quest’unica parte del Triportico costantiniano.

termine della galleria si b Algiunge a una cappella disa-

16

Prigione di Cristo

dorna che una tradizione risalente al nono secolo chiama la Prigione di Cristo. Il pavimento è l’unico rimasto ancora calpestabile dell’epoca costantiniana.


c

d

VISITA

b

e f

Gallerie e Deambulatorio

Deambulatorio

c

Cappella di Longino

d

Cappella della Divisione delle vesti

e

Procedendo per il deambulatorio crociato, s’incontrano tre cappelle dedicate a momenti della passione di Gesù. In memoria del soldato romano che con la sua lancia aprì il costato di Cristo facendone scaturire sangue ed acqua. In ricordo di Gesù spogliato delle vesti.

Cappella degli Improperi

Ricorda gli insulti dei sacerdoti e del popolo contro il Crocifisso. Nella cappella si conserva un frammento di colonna sulla quale, secondo la tradizione, sedette Cristo incoronato di spine.

f

17

a


VISITA

Le cappelle Le inferiori

Cappelle inferiori

18

A

Cappella di sant’Elena

Dal deambulatorio una scala scende alla cappella dedicata a sant’Elena. Le pareti della scala sono ricoperte dalle crocette, incise, nel corso dei secoli passati, dai pellegrini armeni a testimonianza della devozione di questo popolo per la Croce. Nel 327 l’imperatrice, madre di Costantino, venne pellegrina a Gerusalemme e volle cercarvi la santa Croce. Il resoconto narra del ritrovamento di tre croci in un’antica cisterna, insieme ai chiodi (dei quali uno è incastonato nella Corona ferrea a Monza, un secondo è nel Duomo di Milano e un terzo a Roma) e del titulus, il cartiglio – voluto da Pilato – che riportava la condanna in tre lingue (un frammento del quale si trova a Roma, nella chiesa di santa Croce). Un miracolo permise di identificare la croce di Cristo. La cappella a tre navate, con 4 colonne che sostengono la cupola, è di proprietà degli armeni e risale al XII secolo. Fonti e scavi archeologici confermano che già nel progetto costantiniano l’aula era in qualche modo utilizzata. La cappella è illuminata da molte lampade secondo lo stile armeno.


c b

VISITA

a

b Ritrovamento della Croce Cappella del

Scendendo ulteriormente – è il punto più profondo della basilica – si giunge alla cappella rupestre del ritrovamento della santa Croce. Una cancellata segnala il punto tradizionale del ritrovamento delle reliquie. Le pareti conservano deboli tracce di affreschi del XII secolo, mentre nel soffitto si riconoscono i tagli a blocchi dell’antica cava di pietra. L’intonaco delle pareti, fatto con materiale idraulico ricco di cenere, tipico del tempo di Cristo, mostra che il sotterraneo era usato, in quel tempo, come cisterna.

anni ‘70, venne scoperto c Negli su un muro adrianeo dietro l’ab-

side della cappella di sant’Elena un graffito precedente la basilica costantiniana, probabilmente del secondo secolo. Il graffito che rappresenta una nave con la scritta Domine Ivimus, «Signore, siamo giunti» è, per ora, la testimonianza più antica di pellegrinaggi al Santo Sepolcro. Poiché l’area non è aperta ai visitatori, per vedere il graffito occorre chiedere agli armeni.

19

Cappella di Vartan


VISITA

c

d

20

e

Tracce del complesso costantiniano


russo di a zio sant’Alessandro Nell’Ospi-

Possiamo avere un’idea delle dimensioni degli edifici costantiniani cercandone le tracce nei dintorni del Santo Sepolcro.

b c

sono state ritrovate tracce di costruzioni dei tempi di Costantino e del foro di Adriano. Tracce dell’ingresso del Martyrion costantiniano sono visibili nel retrobottega di una pasticceria sul lato ovest del suq (mercato arabo).

monastero dei Copti è possic Dal bile scendere alla cisterna. Per il bisogno d’acqua di Gerusalemme, le zone più profonde della vecchia cava erano state riutilizzate come cisterne.

sorgeva il Martyrion, oggi d Dove c’è il monastero

b

e a

Attraversando due cappelle di proprietà degli Etiopi, si giunge nuovamente al piazzale sud davanti all’ingresso del Santo Sepolcro.

21

degli Etiopi composto da piccole celle che si affacciano sul tetto della cappella di sant’Elena.


VISITA

15 18

11

13

14

12

17

10

16

5

2

8 7

9 4

22

1

6 3

23


19

20

21

22 23 24 26

VISITA

Legenda

1. Piazzale 2. Campanile crociato 3. Cappella dei Franchi 4. Entrata 5. Pietra dell’Unzione 6. Cappella della Crocifissione 7. Altare di Maria Addolorata 8. Cappella del Calvario 9. Cappella di Adamo 10. Memoria delle tre Marie 11. Rotonda (Anastasis) 12. Edicola 13. Tomba di Giuseppe d’Arimatea 14. Altare di Maria Maddalena 15. Cappella dell’Apparizione 16. Coro dei Canonici o Katholikon 17. Omphalos 18. Archi della Vergine 19. Servizi 20. Prigione di Cristo 21. Cappella di Longino 22. Cappella della Divisione delle vesti 23. Cappella degli Improperi 24. Cappella di sant’Elena 25. Cappella del Ritrovamento della Croce 26. Cappella di Vartan

23

25


STORIA

La Passione di Gesù in un’incisione del 1629

Il giardino presso il Calvario

24

O

ggi è difficile immaginarsi come il sito si presentasse quasi 2000 anni fa. Monumenti e costruzioni hanno trasformato radicalmente l’area che nel primo secolo era situata fuori Gerusalemme. Inoltre dovremo tenere presenti i cambiamenti subiti nei secoli dall’intera città

senza dimenticare che, dal quarto secolo, questo è stato il punto focale della storia di tutta la Terra Santa e causa di molte e lunghe guerre. Proprio l’interesse che non è mai venuto meno rende quasi universalmente accettato dagli archeologi e dagli storici il dato tramandato dalla tradizione


dino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto» (Gv 19,41).

 La tomba in cui fu posto Gesù apparteneva a Giuseppe di Arimatea:

«Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia» (Mt. 27,59).

 L’entrata della tomba fu chiusa con una pietra:

«Rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò» (Mt 27,60).

 Riguardo alla camera interna della tomba, dai racconti evangelici alcuni studiosi concludono che la tomba fosse del tipo ad arcosolio:

«Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù»(Gv 20,

Il Golgota era fuori della città, ma abbastanza vicino ad essa da permettere ai passanti di leggere l’indicazione della condanna fatta scrivere da Pilato e collocata sulla croce:

«Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco» (Gv 19,20).

 Nel giardino vi era una tomba nuova scavata nella roccia:

«Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giar-

Oggi siamo in grado, grazie alle ricerche archeologiche, di farci un’idea abbastanza esatta della topografia del Calvario. I restauri del 1961 aprirono trincee archeologiche in diversi punti della basilica. Grazie a queste trincee è certo che l’area servì come cava di pietre dall’ottavo al primo secolo avanti Cristo. La cava, di pietra malaki, si dimostra per la presenza di tagli nella roccia prodotti dai cavatori diffusi su tutta l’area,

11-12).

Da cava a giardino

25

(Gv 19,41) .

storia

cristiana che qui sia avvenuta la crocifissione, sepoltura e risurrezione di Gesù di Nazaret. Dobbiamo innanzitutto rileggere le informazioni che i vangeli ci danno sul luogo della crocifissione, sepoltura e risurrezione del Signore se vogliamo farci un’idea chiara intorno a questo sito. I vangeli chiamano questo posto Luogo del Cranio (golgotha in aramaico, kraniou topos in greco, calvariae locus in latino). Il termine “monte” non è usato fino al quarto secolo, quando, isolata la roccia della crocifissione, ne rimase uno spuntone alto circa sei metri. Nei vangeli il Golgota viene semplicemente chiamato un luogo.
 
«Condussero dunque Gesù al luogo del Golgota, che significa luogo del cranio» (Mc 15,22).

 «Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del cranio, detto in ebraico Golgota» (Gv 19,17).

 Un luogo chiamato Golgota identifica sia il punto dove la croce fu innalzata sia il giardino:
«Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino»


STORIA 26

dalla attuale via dei Cristiani fino a Khan ez-Zeit (Suq); tracce dei blocchi creati dai cavatori sono visibili anche nella cappella del Ritrovamento della Croce. La cava fu abbandonata nel secondo secolo a.C. e l’area venne adibita a piccoli orti, mentre nelle pareti rocciose furono scavate delle tombe. Una tomba a fornetti - detta di Giuseppe di Arimatea - la vediamo ancora oggi dietro l’altare dei siriani; la sua presenza dimostra che nel primo secolo l’area era ancora al di fuori di Gerusalemme dato che la religione ebraica non permette le sepolture in città. I dati archeologici mostrano che la tomba di Gesù fu ricavata in un pilastro isolato di questa cava. La tomba possedeva una bassa apertura, ci si doveva quasi inginocchiare per potervi passare. Dopo lo stretto passaggio ci si trovava in un vestibolo conducente alla camera funeraria. Qui un solo banco era scavato sul lato destro di chi entrava.
È probabile che Giuseppe d’Arimatea intendesse portare a compimento la sua tomba familiare scavando altri due banchi sui lati di ovest e di sud, ma gli avvenimenti della Settimana Santa hanno sicuramente sconvolto i suoi piani. La costruzione delle nuove mura di Agrippa inglobò l’area nel nuovo perimetro cittadino. Sui luoghi santi i cristiani di Gerusalemme celebravano la Memoria dei grandi eventi. A causa dei disordini che precedettero la prima rivolta giudaica, i cristiani lasciarono Gerusalemme per rifugiarsi a Pella della Decapoli. 
La ribellione terminò

in un bagno di sangue. La X legione romana di stanza in Palestina intervenne nuovamente allo scoppio della seconda rivolta giudaica condotta da Simone Bar Kokheva, terminata con la totale sottomissione della Palestina e la dispersione degli ebrei (diaspora). Gerusalemme fu assoggettata ad un’altra totale trasformazione.

Elia Capitolina Per impedire qualunque risorgimento di nazionalità giudaica, l’imperatore Elio Adriano fondò una nuova città, Elia Capitolina - Elia in suo onore e Capitolina perché destinata a contenere un campidoglio per gli dei romani dove fossero cancellati i ricordi giudaici e cristiani (i romani non identificavano con chiarezza le due religioni). L’area del Golgota, al centro di Elia, sparì sotto i nuovi edifici monumentali, ma una comunità di cristiani non ebrei rimasta in città, tramandò la memoria dei luoghi. San Girolamo nel 313 scrive:

«Dal tempo di Adriano fino all’impero di Costantino, per la durata di circa 180 anni, la statua di Giove era venerata sul luogo della risurrezione, mentre sulla roccia della croce era stata eretta dai gentili una statua in marmo di Venere. Nelle intenzioni degli autori delle persecuzioni, la nostra fede nella risurrezione e nella croce sarebbe caduta in seguito alla loro profanazione con idoli di questi luoghi santi».


L’epoca di Costantino Gerusalemme e il Santo Sepolcro nel mosaico di Madaba

storia

Nel 333 un pellegrino di Bordeaux annota d’aver visto a Gerusalemme un monticello chiamato Golgota con il luogo “a un tiro di pietra” dove il corpo di Gesù fu sepolto. Dopo il ritrovamento, gli architetti di Costantino studiarono un nuovo progetto che comprendesse anche un mausoleo per proteggere ed esaltare la tomba di Cristo. Per erigere l’imponente complesso di edifici, fu sbancata ulteriormente la sella rocciosa del Gareb sia verso nord che verso ovest. Così la tomba, completamente isolata dalla cava, perse l’aspetto e il nome di “grotta” per divenire l’edicola - la casetta - eretta al centro di un vasto spazio sul quale sorse il grandioso mausoleo dell’Anastasis, che è rimasto l’unico mausoleo cristiano romano. Lo sperone del Calvario, ulteriormente tagliato, fu lasciato a cielo aperto, incorniciato da un giardino triporticato, a ridosso della basilica chiamata Martyrium, che, come ricorda la pellegrina Egeria, prendeva il nome dal Golgota: «La chiesa maggiore si chiama Martyrium perché è al Golgota, dietro la Croce, dove il Signore ha sofferto la passione». Il grandioso mausoleo dell’Anastasis fu inaugurato nel 336 (pianta e di-

27

Nel 325 il vescovo di Gerusalemme, Macario, chiese e ottenne dall’imperatore Costantino l’impegno di distruggere i templi pagani costruiti sui luoghi santi. Durante lo sgombero e lo scavo del riempimento accumulato da Adriano per ottenere il livellamento dell’area, fu ritrovata la tomba di Gesù. Eusebio descrive la sorpresa del ritrovamento:

«E quando, rimosso elemento dietro elemento, apparve l’area al fondo della terra, allora contro ogni speranza appariva anche tutto il resto, ossia il venerando e santissimo testimonio della risurrezione salvifica, e la Grotta più santa di tutte riprendeva la stessa figura della risurrezione del Salvatore. Essa quindi, dopo essere stata sepolta nelle tenebre, tornava di nuovo alla luce, e a quanti andavano a vederla lasciava scorgere chiaramente la storia delle meraviglie ivi compiute, attestando con opere più sonore di ogni voce la risurrezione del Salvatore». Il tono di sorpresa denota che il ritrovamento non era previsto. Probabilmente era stata tramandata solo la posizione del Calvario, essendo lo sperone troppo alto per essere totalmente spianato. Eusebio non riporta cosa permise l’identificazione della tomba di Cristo; alcuni ritengono che possa essere stata la presenza di graffiti cristiani.


1

2

3

STORIA

4

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

28

5

Mausoleo dell’Anastasis Edicola sulla Tomba Triportico Sperone del Calvario Basilica Martyrion Cisterna del ritrovamento Atrio orientale Cardo massimo

sposizioni generali sono riconoscibili ancora oggi). Nel perimetro esterno, l’immensa conca absidale era traforata da otto portali e da altrettanti finestroni allungati verso il cielo; all’interno si alternavano colonne e pilastri a sorreg-

gere la galleria, coronata da cupola con oculus. Oltre al fascio di luce che pioveva dalla cupola, la luce proveniente dai finestroni formava la decorazione più bella sull’edicola, ricoperta da preziosissimi ornati, che custodiva la tomba


Il complesso costantiniano

storia

5

6 7

del Signore. Nell’interno, invece, Costantino non volle decorazioni, perché nulla avrebbe potuto abbellire la roccia testimone della risurrezione di Cristo. L’intero complesso, dall’atrio orientale sul cardo massimo all’Anastasis,

si sviluppava su un asse di 150 metri nell’area del Foro adrianeo. La Chiesa di Gerusalemme se ne prese cura, come ci testimoniano gli scritti dei pellegrini. Nel 1896, nel pavimento di una basilica a Madaba, è stato

29

8


trovato un mosaico del VI secolo che riproduce una mappa dei territori tra il Libano e l’Egitto. La città di Gerusalemme domina il magnifico mosaico, e gli edifici del Santo Sepolcro ne sono il centro.

30

STORIA

l’invasione persiana Lo splendore degli edifici costantiniani durò tre secoli. Il 20 maggio del 614 Gerusalemme fu conquistata e saccheggiata dalle orde persiane. Cessata la furia delle devastazioni, delle uccisioni e delle deportazioni, grazie a un editto del 622, si mise mano alle ricostruzioni. Fu l’abate Modesto che, con mezzi scarsi e in circostanze politiche incerte, iniziò il restauro degli edifici del Santo Sepolcro, ricorrendo agli aiuti delle comunità cristiane. Tra le novità del restauro di Modesto, vi è la copertura del Calvario. Nel 638 gli arabi conquistarono la Palestina. Il califfo Omar prese pacificamente possesso di Gerusalemme, visitò il Santo Sepolcro ma non pregò in esso, affinché il complesso non fosse convertito in moschea; stese però il suo mantello nell’atrio orientale del Martyrion che venne destinato al culto personale dei musulmani. I cristiani persero quindi l’accesso principale alla basilica. Con l’andare dei secoli, la dominazione araba si fece più ostile. All’inizio del IX secolo un violento terremoto danneggiò la cupola dell’Anastasis. La chiesa fu incendiata nell’841, nel 938 e ancora nel 966.

La distruzione di al-Hakim

«S

’impadronirono di tutte le suppellettili che si trovavano nella chiesa e la distrussero completamente, lasciando solo qualcosa la cui distruzione era molto difficile. Distrussero anche il Calvario e la chiesa del santo Costantino e tutto quello che si trovava nei loro confini e tentarono di eliminare i sacri resti. Questa distruzione cominciò il martedì il quinto giorno prima della fine del mese di Saffar nell’anno 400 dell’Egira» Yahia Ibn Sa’id, storico arabo

Nel 1009 il califfo al-Hakim ordinò al governatore della Palestina di distruggere il Santo Sepolcro e far sparire i suoi emblemi in modo che non ne rimanesse traccia. L’ordine venne eseguito a partire dal 28 settembre 1009 e quando lo scempio si arrestò, erano state demolite quasi del tutto le chiese del Calvario e la basilica del Martyrion, l’Edicola era stata smantellata fino a scalpellarne la roccia e dell’Anastasis era stato distrutto tutto ciò che la notevole solidità della muratura aveva permesso. Ai cristiani fu proibito visitare il Santo Sepolcro e pregare tra le sue rovine. Nel 1014 la madre di Hakim, che era cristiana, iniziò la ricostruzione del tempio distrutto dal figlio. Nel 1021 un trattato di pace con Costantinopoli permise di iniziare il restauro che terminò sotto il regno dell’impe-


La trasformazione crociata

storia

i santi profeti si trovano sotto il soffitto e sopra le tribune. La cupola della chiesa non è chiusa da una volta di pietra ma è fatta di travi di legno intrecciate tra di loro. La chiesa così ha una apertura alla sommità. Il Santo Sepolcro è collocato al di sotto di questa cupola aperta». Nei medesimi anni, l’acuirsi dello scontro dottrinale e politico tra Roma e Bisanzio culminò, nel 1054, con lo scisma della Chiesa d’Oriente: la divisione tra cattolici e ortodossi che continua ancora oggi.

I

crociati conquistarono Gerusalemme il 15 luglio del 1099. Era loro intenzione restituire al Santo Sepolcro tutto il suo splendore. I crociati concepirono l’idea di radunare i santuari e le cappelle dislocate per tutta l’area edificando una basilica in stile romanico nella zona del triportico costantiniano. Un arco trionfale collegò la Rotonda alla nuova chiesa che era delimitata da colonne e pilastri, dotata di galleria al piano superiore e circondata da un de-

31

ratore Costantino Monomaco. Vista l’impossibilità di ricostruire l’intero complesso, fu restaurata la Rotonda e le cappelle in memoria della Passione, e abbandonato il Triportico e la basilica del Martyrion. La Rotonda venne arricchita con mosaici. L’abate russo Daniele, che ha visitato Gerusalemme prima dell’intervento crociato, ci ha lasciato questa descrizione: «La chiesa della risurrezione è di forma circolare ed è appoggiata su dodici colonne monolitiche e sei pilastri. Il pavimento è composto di bellissime lastre di marmo. Ha sei porte e possiede tribune dotate di 12 colonne. Vivaci mosaici con


1 3 2 10

32

STORIA

4

7 9

ambulatorio a quello inferiore. I bracci del transetto non erano simmetrici per rispettare a nord il corridoio noto come gli Archi della Vergine, e le cappelle del Calvario a sud. Verso est l’edificio era limitato dagli oratori, edificati in memoria di eventi della passione,

8

che si aprivano sul deambulatorio. Dal deambulatorio una scala scendeva alla chiesa di sant’Elena e alla cripta del Ritrovamento della Croce. Con la perdita dell’atrio sul cardo massimo, si presentò la necessità di una nuova facciata monumentale, che venne realizzata sul


La basilica crociata Cupola sulla Rotonda Edicola sulla Tomba Cupola crociata Cappelle del Calvario Chiesa di sant’Elena

6. Cappella del Ritrovamento della Croce 7. Nuova entrata 8. Cappella dei Franchi 9. Piazzale sud 10. Campanile

storia

1. 2. 3. 4. 5.

5

cortile di sud. Per arricchire il piazzale fu innalzata, nell’angolo di nord ovest, una imponente torre campanaria di cinque piani. Sulla facciata venne costruito un accesso monumentale indipendente al Calvario, con la cappella dell’Addolorata. Inoltre fu continuata

e arricchita la decorazione musiva. La nuova basilica fu consacrata il 15 luglio 1149, nel cinquantesimo anniversario della conquista di Gerusalemme. Nella basilica venne istituita una gerarchia latina.

33

6


STORIA

Decadenza

34

Capitelli crociati della facciata

Nel 1187 Gerusalemme venne riconquistata dall’esercito di Saladino e la chiesa del Santo Sepolcro fu chiusa. Grazie ad accordi con l’imperatore di Costantinopoli, venne ristabilita una gerarchia greca. I cattolici, detti Franchi o Latini, furono riammessi per brevi tregue, per poi essere di nuovo allontanati durante la feroce invasione dei Carismini del 1244, quando i cristiani vennero assaliti e trucidati e la basilica ancora una volta gravemente danneggiata. Il pellegrino Thietmar nel 1217 scrive che la chiesa del Santo Sepolcro e il luogo della Passione «stanno sempre chiusi, senza culto e senza onore, e non si aprono che qualche volta ai pellegrini, per forza di danaro». Di fronte alle proteste del mondo cristiano, il sultano si scusò presso il papa Innocenzo IV attribuendo la devastazione a irresponsabili. E assicurò che, riparati i danni, avrebbe affidato le chiavi a due famiglie musulmane perché aprissero la basilica all’arrivo dei

pellegrini (situazione che dura fino ad oggi). Fu un periodo oscuro, funzionari senza scrupoli si prendevano gioco del desiderio delle comunità di avere accesso alla basilica. I pellegrini, dopo il pagamento di una tassa, venivano introdotti nella basilica e ricevevano un luogo e un altare speciale dove potevano assistere anche per più giorni alle cerimonie svolte nella loro lingua. In quel tempo varie colonie cristiane provenienti dalla Mesopotamia, Egitto, Armenia, Etiopia, Siria, Grecia e Georgia si stabilirono a Gerusalemme. La regina georgiana Tamara ottenne per la sua comunità l’esenzione della tassa e il permesso di vivere nella chiesa. I monaci ricevevano cibo e offerte attraverso aperture ricavate nella porta della basilica.

Il santuario gradualmente decadde. I sovrani d’Occidente, perduta la possibilità di ricuperare con le armi i luoghi santi, intavolarono trattative con i sultani per assicurare il culto cattolico e l’assistenza ai pellegrini. Pieno successo l’ebbero i reali di Napoli, che ottennero nel 1333 una residenza per la comunità latina in Gerusalemme.


I francescani al Santo Sepolcro

storia

N

San Francesco che sostiene l’edicola del Santo Sepolcro con i suoi frati, incisione del 1724

35

el 1342, con l’approvazione del papa Clemente VI, l’onore di guardia fu assegnato ai francescani, presenti in Terra Santa dal 1335. Da allora i frati francescani occupano la Cappella dell’Apparizione di Gesù risorto a sua Madre. Fra’ Nicolò da Poggibonsi, che si trovava in quegli anni a Gerusalemme, visitando la basilica del Santo Sepolcro scrisse: «All’altare di Santa Maria Maddalena ufiziano i Latini, cioè Frati Minori, ch’è di noi, Cristiani latini; ché in Ierusalem e in tutto oltremare, cioè in Siria e in Israel e in Arabia, ed in Egitto, non ci è altri religiosi, né preti, né monaci, altro che Frati Minori e questi si chiamano Cristiani Latini». L’archimandrita russo Gretenio riferisce che dentro la basilica, chiusa per tutto l’anno ad eccezione delle feste pasquali e dei pellegrinaggi, stanno permanentemente un sacerdote greco, un georgiano, un franco - cioè un frate minore -, un armeno, un giacobita ed un abissino. Fu un periodo di relativa calma: le diverse comunità cristiane presenti al Santo Sepolcro riuscirono a celebrare insieme i riti della Settimana Santa, compresa la processione della Domenica delle Palme.


36

STORIA

Sotto il dominio turco Nel 1517 il centro di potere del mondo islamico si trasferisce dalla dinastia mamelucca di Egitto ai turchi ottomani. Il sultano, che risiedeva a Costantinopoli, favorì la Chiesa greco ortodossa, e ciò causò molti attriti tra greci e latini. Un terremoto nel 1545 fece cadere parte del campanile. Il denaro e gli intrighi di palazzo trasformarono il Santo Sepolcro in un trofeo da attribuire a chi offriva di più. Tra il 1630 e il 1637 alcune parti della basilica cambiarono mano fino a sei volte. Nel 1644, i georgiani, non potendo sostenere il pagamento delle tasse, lasciarono la basilica e, poco più tardi, se ne andarono anche gli abissini. I francescani riuscirono ad acquistare spazi abbandonati dalle altre comunità.

 Nel 1719, dopo lunghe trattative, i francescani iniziarono il restauro della cupola dell’Anastasis. Nel timore che i lavori venissero bloccati senza ragione, vennero impiegati 500 operai sorvegliati da 300 soldati. Fu rifatta la cupola e il timpano con finestre cieche, ma furono persi i mosaici troppo rovinati. Gli armeni rifecero la scalinata della cappella di sant’Elena e i greci demolirono i piani pericolanti del campanile. L’edicola fu restaurata nel 1728. Un decreto del Sultano del 1757 attribuisce ai greci la proprietà della basilica di Betlemme, della Tomba della Vergine e, in comune con i latini, di parti della basilica del Santo Sepolcro. Da allora non ci sono state più modifiche sostanziali nel possesso dei Luoghi Santi.

L’ultima apertura del Santo Sepolcro

N

el 1555 Bonifacio da Ragusa, Custode di Terra Santa, ottenne l’autorizzazione di procedere ad alcuni restauri e alla costruzione di una nuova edicola. Si trattò di un restauro di grande importanza, e il francescano lasciò una dettagliata descrizione del lavoro compiuto. Fu la prima volta, dal 1009, che venne scoperto il banco di roccia sul quale era stato deposto il corpo del Salvatore. Bonifacio descrive l’avvenimento in una lettera.

L’Edicola ricostruita da Padre Bonifacio secondo un’antica incisione


a RaTerra autolcuni i una un rea, e il gliata piuto. 9, che occia corpo scrive

«S

i offrì ai nostri occhi il sepolcro del Signore in modo chiaro scavato nella roccia: in esso si vedevano raffigurati due Angeli di cui uno con una iscrizione che diceva: “È risorto non è qui”, mentre l’altro indicando il Sepolcro proclamava: “Ecco il luogo dove era stato deposto”. Le figure di questi due Angeli, non appena vennero a contatto con l’aria, scomparvero quasi completamente. Quando, per necessità, si dovette rimuovere una delle lastre di alabastro che coprivano il Sepolcro, posta là da santa Elena perché vi si potesse celebrare il santo sacrificio della Messa, ci apparve quel luogo ineffabile nel quale riposò per tre giorni il Figlio dell’Uomo; ut plane cœlos apertos videre tunc nobis, et illis, qui nobiscum aderant omnibus videremur. Il luogo che era stato bagnato dal sangue

prezioso e da quella mistura di unguento, con cui fu unto per la sepoltura e che mandava ovunque bagliori di luce come fossero raggi luminosi del sole, fu da noi scoperto, venerato con letizia spirituale e con lacrime assieme agli altri che erano presenti. Al centro del santo luogo trovammo un pezzo di legno, che era stato ivi disposto e avvolto in un panno prezioso: non appena lo prendemmo in mano con molta devozione e lo baciammo, al contatto dell’aria, il panno si consumò completamente lasciando soltanto alcuni fili d’oro. Aggiunte a quel prezioso legno vi erano alcune iscrizioni, ma talmente consumate dal tempo, che non se ne ricavava nessuna frase completa, ancorché in principio ad una pergamena si poté leggere in lettere latine maiuscole Helena Magni...»

37

o

storia

Sub Paulo Quarto, et Carolo Quinto Imperatore invinctissimo, anno a Christo nato millesimo quingentesimo quinquagesimo quinto, XXVII Augusti, hora XVI


38

STORIA

Il Santo Sepolcro in un’incisione del 1728

Un nuovo inizio

N

el 1808 un grande incendio causò notevoli danni al Santo Sepolcro. Il permesso di restauro lo ottenne la Russia a nome della Chiesa ortodossa. I lavori, guidati da Komninos di Mitilene, furono importanti: l’edicola sulla tomba acquistò l’elaborato aspetto orientale, nella Rotonda le colonne vennero inglobate in massicci pilastri, la galleria a pianterreno fu suddivisa in appartamenti e mezzanini, e il coro, chiuso da alti tramezzi, tolse la luce alle navate laterali e al deambulatorio. Furono costruite le nuove scale al Calvario eliminando i monumenti sepolcrali di Goffredo di Buglione e di Baldovino I e, in genere, fu tolta ogni insegna

latina e crociata. Una forte scossa di terremoto nel 1867 danneggiò la cupola dell’Anastasis, che fu sostituita con una struttura metallica. Un nuovo terremoto sconvolse la Palestina nel 1927. Nel 1934 la potenza mandataria inglese, che amministrava la Palestina, rinforzò la basilica con cinture e tralicci di legno e ferro lasciando il monumento completamente sfigurato. La cupola, oscurata da un’enorme scaffalatura, non era più visibile. Nel 1954 le tre principali comunità, il Patriarcato greco ortodosso, la Custodia francescana di Terra Santa e il Patriarcato armeno ortodosso, presen-


«È

Paolo VI in visita al patriarca greco Benedictos, il 4 gennaio 1964

Sotto la luce che penetra dalla trasparente lanterna della cupola è evidente lo stato precario dell’edicola, ancora circondata da travi metalliche per evitarne il crollo sotto il peso del tempo. Occorre che l’unità delle comunità trovi il coraggio e la forza per affrontare la grandissima opera del restauro dell’edicola. Sarebbe irresponsabile posticiparlo in questa area tanto soggetta ai terremoti. Si è ben consapevoli oggi che del degrado del Santo Sepolcro non possono essere incolpati i Persiani o al-Hakim.

39

tarono al governo della Giordania una relazione comune sulla necessità di intervenire sulla facciata, sul transetto e sulla cupola della Rotonda. I lavori iniziarono nel 1961. Il 2 gennaio 1997 è stata inaugurata la nuova cupola dell’Anastasis. La decorazione della cupola propone 12 raggi d’oro, rappresentanti i 12 apostoli, ognuno dei quali si divide in tre punte luminose, simboleggianti la Trinità. La luce esalta il fondo madreperlaceo che, man mano che sale, si accende di stelle. Questo fondo s’ispira alla descrizione biblica della nube luminosa che accompagna la presenza di Dio.

storia

veramente ricco di simbolismo il fatto che, nonostante il peso della storia e le numerose difficoltà, i cristiani, sfortunatamente divisi, lavorano insieme per restaurare questo tempio che essi stessi hanno costruito nell’unità mentre le loro divisioni hanno consentito che decadesse.»


40

letture

Altare del Calvario


il calvario Concentriamo l’attenzione sul Calvario, il primo polo della basilica crociata. Esso ci conserva una metà del Mistero pasquale, quella dolorosa e meritoria: la crocifissione e morte del Cristo, nuovo Adamo e nostro destino di salvezza e di gloria. Il senso e il messaggio del Calvario li possiamo apprendere solo alla scuola della Parola di Dio, senza la quale non conosciamo niente e non vediamo che nebbie e confusione.

Nome e ubicazione

Calvario è parola di formazione latina.

Essa traduce il termine ebraico golgota, che significa cranio. Questa denominazione è dovuta all’aspetto del sito, un’antica cava abbandonata composta da rocce sbozzate. Oggi il Calvario si trova dentro le mura di Gerusalemme, ma all’epoca della crocifissione di Gesù «il luogo detto del Cranio, in ebraico Golgota» (Gv 19,17), era fuori dalla Città Santa. Lo attesta Giovanni, affermando che «era vicino alla Città» (Gv 19,20), e l’autore della Lettera agli Ebrei, che offre una spiegazione teologica al supplizio subito da Gesù fuori dalla Città: «Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, subì la passione fuori della porta della città. Usciamo dunque verso di lui fuori dell’accampamento, portando il suo disonore: non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» (Eb 13,12-14).

La croce

Gesù morì sulla croce che aveva portato lui stesso, aiutato da un certo Simone di Cirene, simbolo del discepolo che porta la croce dietro a Gesù. La croce era un patibolo a due aste sovrapposte. Nel II secolo sant’Ireneo ne dava il significato simbolico: «Il Verbo incarnato, appeso al legno per riscattarci e vivificarci, ha riunito i due po-

41

G

erusalemme ha per i cristiani un cuore: la basilica sul Calvario e la Tomba di Cristo, memoriali degli ultimi eventi della vita terrena del Dio che si è fatto uomo per la nostra salvezza, è morto e il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture. Sono i Luoghi Santi di Cristo per eccellenza, definiti dai Padri centro e ombelico della terra, le sorgenti da cui l’uomo attinge salvezza e vita. I due Luoghi Santi sono correlativi e inseparabili, come lo è il mistero pasquale della morte e risurrezione di Gesù Cristo che qui si è compiuto e che si compie incessantemente.

letture

La morte in croce


poli, giudei e pagani, in uno per mezzo dell’estensione delle braccia. Due infatti sono le braccia perché due sono i popoli disseminati fino ai confini della terra, ma al centro c’è un solo capo». La morte in croce, subita dal Signore per nostro amore, era la più orribile delle morti al dire dello storico Eutichio. Lo ricorda anche santa Chiara d’Assisi: «Contempla la ineffabile carità per la quale lui volle soffrire sul patibolo della croce, dove morì con la morte più turpe di ogni altra».

42

letture

L’ora

Gesù fu crocifisso verso mezzogiorno e spirò alle tre del pomeriggio. Era un venerdì vigilia di Pasqua, un 13 di nisan, probabilmente il 7 aprile del 30. Nell’ora, secondo il rituale giudaico, in cui tutto ciò che era fermentato doveva scomparire dalle case per fare posto agli azzimi della Pasqua. Per il nuovo testamento quei riti erano simboli del mistero cristiano: col sacrificio di Gesù, nostra Pasqua, iniziava la nuova ed eterna alleanza tra Dio e l’intera umanità.

La scena

Il Calvario è l’altare del mondo. Gesù Cristo crocifisso è insieme sacerdote e vittima del sacrificio con cui si attua l’opera della redenzione. Tutto sul Calvario gravita intorno al Crocifisso, Signore della natura e della storia. Tutto e tutti prendono senso da lui: la Madre, le pie donne, Giovanni, i crocifissori, gli astanti, l’umanità e la creazione intera. Siamo ormai nella pienezza dei tempi. La croce è l’inizio dell’ascensione al cielo, ha detto Giovanni Paolo II.

La croce è il trono del Cristo vittorioso su tutte le forze del male: «Regnavit a ligno Deus» – Dio ha regnato dal legno - canta la liturgia, eco della Scrittura e dei Padri. La sua vittoria è la nostra vittoria. Facciamo nostra la scelta del buon ladrone. Guardando il Crocifisso come lui, cioè con umiltà e fiducia, si finisce col cedere alla sua attrazione d’amore, con l’amarlo, con l’invocarlo ed esserne quindi salvati.

le Cause della morte di gesù ♦♦ La morte di Gesù è stata decretata nel processo eseguito dal Sinedrio e rimessa alla decisione del prefetto romano Ponzio Pilato. ♦♦ Indirettamente, sono responsabili di questa morte i peccatori, cioè tutta l’umanità perché tutti hanno peccato, ciascuno secondo la gravità delle proprie colpe. Tutti perciò, come chi fu presente, dobbiamo batterci il petto e volgere lo sguardo a colui che abbiamo trafitto. ♦♦ Nel nuovo testamento è ricordata anche la responsabilità del diavolo e dei suoi angeli, che Paolo chiama i dominatori di questo mondo e li considera primi responsabili della crocifissione di nostro Signore. ♦♦ La morte del Gesù ha un’altra causa, ancora più profonda e decisiva delle precedenti: è l’amore misericordioso di Dio Padre, amore che non ha un perché ed è il perché di tutto. Dio ha salvato l’umanità peccatrice per puro


Significato della morte di Cristo «Cristo patì per voi lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti» (1Pt 2,21-24). La morte

del Cristo crocifisso ci è esempio e salvezza. Chiede che sia condivisa attraverso il compimento fedele dei nostri doveri quotidiani di sacrificio, preghiera, lavoro. Nessuno potrà dispensarcene o esserne dispensato. «Chi non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo» (Lc 14,27), «non è degno di me» (Mt 10,38). Accogliamo l’esortazione dello Spirito: «Deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo» (Eb 12,1-3).

43

amore, perché ricco di misericordia. Questa è la verità capitale della rivelazione. L’amore salvifico di Dio Padre è stato condiviso e testimoniato perfettamente dal Figlio: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Questo amore supremo è il suo, e Gesù ce lo ha dimostrato qui, sul Calvario, versando per noi il suo sangue, fino all’ultima stilla. Veramente «l’amore ha crocifisso il pastore buono delle pecore», come annotava san Giovanni Climaco.

letture

Altare della Cappella della Crocifissione


Le parole di Gesù in Croce Il Crocifisso è ormai sfinito eppure trova la forza di parlarci ancora. Ognuna delle sette Parole sulla croce è una specie di summa del vangelo, sono parole di salvezza e di vita che nessuna lettura, per quanto penetrante, potrà mai esaurire.

44

letture

«Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno.» Sant’Elredo commentava: gli sembrò poco pregare, volle anche scusare. Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno. Sono, sì, grandi peccatori ma poveri conoscitori. Gesù è il fratello buono che ci insegna, con l’esempio, ad amare e beneficare tutti, anche i nemici, per essere così anche noi figli del Padre che è nei cieli.

«In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso.»

È la risposta di Gesù al ladrone pentito. Una parola detta con fede salvò il ladrone, annota san Giovanni Climaco. Veramente, chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.

«Donna, ecco il tuo figlio.»

Maria viene data all’uomo, a ciascuno e a tutti, come madre, spiega Giovanni Paolo II. È un gesto che esprime la riconoscenza e la fiducia del Figlio nella Madre educatrice. Gesù ci dona a lei perché ci formi tutti a immagine e somiglianza del Primogenito.

«Ecco la tua Madre.»

Gesù, l’amico, dopo averci donato il suo Padre celeste, ci lascia anche sua Madre per farci partecipi della sua beatitudine filiale.

«Ho sete.»

Gesù si ricollega all’antico testamento, attuandone il salmo 69.

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»

Al colmo del dolore, Gesù emette un forte grido pronunciando il salmo più messianico dell’antico testamento. Giovanni Paolo II commenta: «Vi è stato un momento di desolazione, nel quale Gesù si è sentito senza appoggio e difesa da parte di tutti, perfino di Dio».


Cappella del Calvario, particolare del Crocifisso

«Tutto è compiuto!»

È la voce dell’obbedienza filiale, una voce piena di umile fierezza. Il Figlio di Dio, sempre docile e sottomesso, può dire d’aver compiuto l’opera del Padre, così come era annunziata dalla Scrittura: la salvezza del mondo per mezzo del sacrificio della propria vita. La disobbedienza del primo Adamo ha perduto l’umanità, l’obbedienza del nuovo Adamo l’ha salvata e continua a salvarla.

45

«Gesù muore da Figlio. Muore in perfetta conformità al volere del Padre, per la finalità di amore che il Padre gli ha affidato e che il Figlio ben conosce» ha detto, ancora, Giovanni Paolo II. Il Maestro e modello unico, dopo averci insegnato a vivere con la sua vita, c’insegna a morire con la sua morte. Figlio docile e devoto di Dio Padre, ha obbedito a lui fino alla morte e alla morte di croce e amato i fratelli fino al dono totale di sé.

letture

«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.»


46

letture

Deposizione, cappelle del Calvario

Il sepolcro nuovo «C redo in Gesù Cristo, nostro Signore, il quale fu crocifisso, morì e fu sepolto.»

In ogni domenica e solennità, quando il popolo cristiano rinnova la professione di fede, proclama con queste parole l’evento e il mistero della morte e sepoltura di Gesù. Questo articolo della nostra fede ha il suo esplicito fondamento nei testi del nuovo testamento.

I vangeli narrano con cura e amore l’ultimo atto della vicenda umana di Gesù, la discesa del suo corpo crocifisso nella tomba. Potrebbe apparire strano, ma resta un dato di fatto incontestabile che gli evangelisti si sono attardati a descrivere passione, morte e


Tutti e quattro gli evangelisti sono concordi nel riferire il fatto della sepoltura al termine del lungo e drammatico racconto della passione e della morte di Gesù e come preludio della sua risurrezione. Tali racconti assicurano a livello narrativo la continuità tra la morte e la risurrezione, e in essi traspare un’atmosfera di serena attesa dopo la grande tensione che caratterizza i racconti della passione. In tutti e quattro i vangeli troviamo la richiesta fatta a Pilato da Giuseppe d’Arimatea per ottenere il corpo di Gesù e il consenso di Pilato. Giovanni parla di Nicodemo che porta

letture

Nei racconti evangelici

una quantità enorme di mirra e aloe. Secondo i sinottici, Giuseppe presiede la deposizione e avvolge il corpo di Gesù in un lenzuolo. Giovanni annota che Giuseppe e Nicodemo presero il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i giudei. Nuovamente poi tutti gli evangelisti conoscono il seppellimento in un sepolcro nuovo scavato nella roccia, appartenente a Giuseppe d’Arimatea. Il sepolcro si trovava in un orto vicino al luogo della crocifissione e al suo ingresso si fa rotolare una pietra. Alla scena sono presenti le donne che hanno assistito alla morte di Gesù; stando a Luca, esse prepareranno gli aromi e gli oli profumati, e osserveranno poi il riposo del sabato. I fatti si svolgono rapidamente nella cornice del tramonto e della vigilia: si stava facendo sera e stava per cominciare il riposo del sabato. Questo grappolo di notizie può essere ulteriormente arricchito da altri dettagli trasmessi dagli evangelisti. Così Giovanni riferisce del colpo di lancia al costato, evento di enorme significato, e riporta la notizia che a interessarsi della sepoltura di Gesù e degli altri due condannati furono anzitutto le autorità ebraiche. Bisognava rimuovere i corpi dei condannati per non compromettere la santità del sabato che, nel caso specifico, era il sabato solenne che coincideva con la festa di Pasqua. Di qui si capisce perché le autorità giudaiche chiedano al prefetto romano di affrettare la morte dei condannati e di rimuovere i corpi (cf. Gv 19,31).

47

sepoltura di Gesù. Trattandosi di tradizioni e scritti risalenti a comunità e autori che credevano nella risurrezione di Gesù, viene da pensare che sarebbe dovuto accadere il contrario, vale a dire che, alla luce della risurrezione di Gesù, la sua passione e morte venissero minimizzate come semplici incidenti di percorso. Evidentemente la prospettiva di un’autentica visione di fede non è questa. La passione e la morte costituiscono non una sconfitta, ma il punto culminante del glorioso combattimento di Gesù, e la sepoltura è momento essenziale della vicenda del Figlio di Dio fatto uomo. Essa ha la funzione di attestare per sempre, contro coloro che avrebbero voluto negarla, la realtà e la verità della sua morte.


48

letture

Deposizione e Compianto su Cristo, mosaici dell’atrio

Questo dettaglio appare in armonia con il libro del Deuteronomio dove si prescrive la sepoltura dei condannati a morte prima del calare della notte. Inoltre un celebre passo del Talmud dice che Gesù fu appeso la vigilia di Pasqua. Matteo parla dei sigilli e delle guardie al sepolcro e, ancora, in tutti e quattro i vangeli si narra la scoperta della tomba vuota. Indubbiamente non tutti i dettagli narrativi hanno lo stesso peso e le differenze autorizzano a pensare che non era intenzione degli evangelisti fornire una descrizione minuziosa di tutti i gesti compiuti; nonostante ciò numerose e importanti sono le conferme degli studiosi circa l’attendibilità storica di questi resoconti, avallati finora anche dai risultati delle ricerche scientifiche sulla Sindone di Torino.

I discepoli nascosti Constatata la morte di Gesù, ci si

aspetterebbe che persone incaricate dalle autorità giudaiche eseguissero la deposizione del corpo di Gesù dalla croce e la conseguente sepoltura in un sepolcro comune riservato ai malfattori giustiziati. Le cose invece si svolgono diversamente, perché a questo punto scompaiono le autorità giudaiche e si presenta un amico di Gesù, Giuseppe d’Arimatea, personaggio fin qui sconosciuto al lettore del vangelo, ma che doveva essere ben noto ai primi cristiani. Giuseppe d’Arimatea è il personaggio chiave di tutto l’episodio. I racconti evangelici lo presentano con grande rilievo sul piano sociale e religioso: uomo ricco, membro autorevole del sinedrio che non aveva condiviso la decisione contro Gesù, che aspettava il regno di Dio, discepolo di Gesù. Giovanni a questo punto fa intervenire un altro singolare discepolo di Gesù che si associa a Giuseppe. Si tratta di Nicodemo, che agli inizi del


questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto ciò che essa ha fatto» (Mt 26,13). La Chiesa di Gerusalemme e i cristiani di Terra Santa fanno memoria di Giuseppe d’Arimatea e di Nicodemo ogni anno il 31 agosto.

la sepoltura

letture

I racconti dei vangeli non descrivono la deposizione di Gesù dalla croce e offrono pochi elementi su come il corpo venne preparato per la sepoltura. Quanto alla prima si può legittimamente pensare che Giuseppe fu aiutato da altre persone. Riguardo alla preparazione immediata per il seppellimento, i dati possono essere integrati con le conoscenze ricavate dalla Bibbia e dalle fonti giudaiche antiche.

49

ministero di Gesù era andato a trovarlo di notte e da lui aveva ricevuto l’annunzio della vita nuova dall’alto. I due illustri personaggi, appartenenti al sinedrio e discepoli nascosti di Gesù, toccati dalla prova suprema d’amore del loro Maestro, escono dall’ombra investiti da un coraggio straordinario. Essi si manifestano apertamente discepoli del Crocifisso e ciascuno gli offre un dono: Nicodemo i preziosi oli e profumi per l’unzione, e Giuseppe la sua tomba nuova. I vangeli li hanno affidati per sempre al ricordo e alla venerazione dei cristiani. Essi certamente non immaginavano che avrebbero ricevuto in cambio la stessa promessa riservata da Gesù alla donna che a Betania gli aveva unto il capo di olio profumato: «Dovunque sarà predicato


50

letture

Sepoltura di Gesù, mosaici dell’atrio

Stando a queste fonti, normalmente i riti preparatori comprendevano la chiusura degli occhi, la legatura delle mandibole, l’acconciatura della barba e dei capelli, la lavatura del cadavere e la sua unzione, il rivestimento e la copertura del volto con un sudario; quindi seguiva il corteo funebre per il trasporto alla tomba del cadavere, con mani e piedi fasciati. Vi furono tutti questi interventi sul corpo di Gesù? I vangeli ne tacciono molti e, data la situazione eccezionale, viene da pensare che effettivamente si procedette in fretta. L’interesse degli evangelisti al riguardo sembra soffermarsi sugli aromi e sugli indumenti. Marco e Luca parlano dell’acquisto di aromi e pensano ad aromi liquidi. Giovanni invece sembra pensare ad aromi solidi e parla del loro impiego nella sepoltura di Gesù. Il quarto evangelista, l’unico che riferisce di Nicodemo, indica intenzionalmente la misura esorbitante di cento libbre - circa 33 chilogrammi - della mistura composta da mirra, una resina aromatica, e dall’aloe, un profumo, certo allo scopo di dimostrare che quel morto era davvero re,

come era scritto sulla tavoletta che sovrastava la croce, e come tale veniva trattato. Anche il sepolcro usato per Gesù è nuovo, e così si faceva per i re. Gli aromi venivano cosparsi sul corpo e tra gli indumenti, assicurando l’adesione delle stoffe e delle bende, e lasciati accanto al defunto. È difficile, stando al solo testo del vangelo, farsi un’idea esatta delle tele e del loro numero. Solitamente l’indumento principale consisteva in una vera e propria tunica mortuaria o in una pezza di lino abbastanza preziosa usata per avvolgere il corpo del defunto, che doveva essere totalmente coperto. Il corpo di Gesù fu quindi deposto nella tomba che gli evangelisti dicono


sul Calvario, lo hanno visto morire in croce ed ora ne osservano la tomba; per prime lo vedranno risorto ricevendo da lui il comando di portare l’annuncio pasquale ai fratelli.

51

nuova, scavata nella roccia, situata in un orto non lontano dal luogo della crocifissione, che si chiudeva rotolando una pietra al suo ingresso. All’epoca di Gesù i poveri venivano sepolti nella terra; Gesù riceve la sepoltura che solo i ricchi potevano avere. Il gruppo delle donne appare come il corteo funebre di Gesù, che, stante la vicinanza della tomba al luogo della crocifissione, dovette essere molto breve. La pietà cristiana ha da sempre integrato il racconto vedendo tra le donne Maria, la Madre di Gesù, pronta ad accogliere ancora in seno il Figlio per un ultimo gesto di pietà. Le donne sono soprattutto testimoni: hanno seguito Gesù dalla Galilea fin

Nella sepoltura del corpo del Signore la fede e la pietà cristiana non hanno visto solo il gesto d’amore dei discepoli, ma anche la prova che il Figlio di Dio, incarnandosi, ha preso realmente un corpo mortale e che si è realmente sottoposto alla morte. Ecco perché liturgia, arte e letteratura, sia d’Oriente che d’Occidente, non hanno mai cessato di contemplare e celebrare questo momento. A Gerusalemme, nella tarda serata del Venerdì Santo, nella basilica del Santo Sepolcro, si raccolgono cristiani di Terra Santa e pellegrini provenienti da tutte le parti del mondo per rivivere in un clima di grande commozione questo evento della vita di Gesù. I francescani guidano una solenne e suggestiva rievocazione della deposizione dalla croce, dell’unzione e della sepoltura di Gesù. Non meno suggestive sono le celebrazioni dei fratelli greci-ortodossi e delle altre comunità cristiane. Ogni venerdì, la Chiesa sparsa su tutta la terra fa memoria della sepoltura del suo Signore, con le parole della preghiera serale: «Donaci, o Padre, di unirci nella fede alla morte e sepoltura del tuo Figlio per risorgere con lui alla vita nuova».

letture

nella liturgia


52

letture


La risurrezione di Gesù La presentazione più antica della risurrezione si ritrova nei discorsi di Pietro negli Atti degli apostoli. Nel secondo capitolo degli Atti, Pietro rende ragione della Pentecoste, un fenomeno interno alla comunità degli apostoli che si è manifestato al popolo nel rumore del tuono e attraverso la loro capacità di parlare lingue diverse. Pietro spiega che gli apostoli non sono ubriachi, ma che lo Spirito è sceso su di loro, come aveva predetto il profeta Gioele. Il grande giorno di Dio è venuto grazie a Gesù Nazareno che voi avete crocifisso, ma Dio lo ha fatto risorgere strappandolo dalla morte, come David aveva predetto nel salmo 16. Il salmo infatti non parla di David stesso, poiché egli morì, fu sepolto e il suo sepolcro è ancora tra noi. Ma David previde la risurrezione del Cristo, il quale è stato elevato alla destra di Dio, ha ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso e lo ha riversato ora su di noi, come voi vedete e sentite. La conclusione del discorso di Pietro è netta: «Sappia dunque con sicurezza tutta la casa di Israele che Dio ha reso Signore e Cristo questo Gesù che voi avete crocifisso» (At 2,36). Accenniamo ai punti essenziali di questo discorso e degli altri che seguono. Il fatto centrale annunciato è la risurrezione di Gesù, del Crocifisso che la

Negli inni e nelle sequenze

Le comunità cristiane organizzano il culto e professano la loro fede. Le preghiere e gli inni di queste comunità consistono essenzialmente nell’an-

Cristo Risorto, edicola, cappella dei Copti

letture

Negli Atti degli apostoli

gente ben conosceva. Di questo fatto gli apostoli sono testimoni di fronte a Israele. La discesa dello Spirito è conseguenza della risurrezione. Dio ha realizzato le promesse antiche risuscitando Gesù che è Signore ed è Cristo, il Messia. I tempi futuri sono già cominciati. L’annuncio è strettamente teocentrico: è Dio che ha risvegliato o ha rialzato Gesù dalla morte. La cristologia è arcaica: Gesù è servo di Dio, il servo fedele descritto dal profeta Isaia; ma la fede è già sicura: Gesù è detto Messia, Signore, cioè Dio. L’annuncio consiste nel fatto che Dio ha risuscitato Gesù. Si aggiunge solo che con questo, Dio ha realizzato il suo piano di salvezza, come aveva promesso. In questo si vede la riflessione degli apostoli alla luce delle Scritture. Il discorso di Pietro a Cornelio, nel capitolo decimo degli Atti, precisa dei particolari che si ritrovano nella tradizione primitiva: Gesù è risuscitato nel terzo giorno; per diversi giorni si è manifestato a testimoni prescelti; ha dato loro l’ordine di predicare al popolo perché si penta e creda.

53

Gli esegeti distinguono in momenti storici diversi i resoconti della risurrezione riportati nel nuovo testamento.


letture 54

nuncio di Cristo morto e risorto. Gli esegeti hanno identificato molte di queste formule antichissime disseminate specialmente nelle lettere di san Paolo. Ne nominiamo una, riportata nella prima lettera ai Corinzi. Nella chiesa di Corinto, di mentalità greca, alcuni negavano la risurrezione corporale dei morti mettendo in pericolo la fede stessa cristiana. Paolo cita un insegnamento tradizionale, in una formula certamente più antica della lettera scritta nel 56: «Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli» (1Cor 15,3-7). Il vangelo primitivo si riassume, dunque, in quattro verbi: morto, sepolto, risuscitato, apparso. E specifica: per i nostri peccati, secondo le Scritture, il terzo giorno. Le apparizioni sono importanti perché costituiscono i testimoni; ed è sottolineato: alcuni dei quali vivono ancora. Tra coloro che videro il Risorto, solo qui sono nominati 500 fratelli e Giacomo, vescovo di Gerusalemme. Si parla di apparizioni a Cefa e agli altri apostoli, cioè agli inviati ufficiali della chiesa primitiva. Non si nominano le donne, che hanno pur avuto un ruolo importante nei racconti evangelici. Probabilmente queste formulazioni arcaiche risentono della legislazione giudaica, al cui interno

sono nate, che non riconosceva la testimonianza resa dalla donna.

Nei vangeli

Si ritiene che il vangelo di Marco sia stato scritto tra il 67 e il 70, Luca tra il 75 e l’80, Matteo tra l’85 e il 90 e Giovanni verso la fine del primo secolo. Gli esegeti ammettono una fonte scritta comune a Matteo e Luca, anteriore a Marco. Ciò significa che prima dei vangeli circolavano delle raccolte parziali dei detti e fatti di Gesù a uso delle comunità. Gli evangelisti perciò utilizzarono del materiale precedente a loro, e sicuramente non scrissero tutti insieme, nella stessa stanza! Ciascuno compose il suo vangelo scegliendo dalla tradizione orale e scritta, e organizzando il testo in base ai bisogni della sua comunità, del suo ambiente, e secondo la propria concezione e il proprio scopo, tutti però guidati dallo Spirito del Risorto. Ci sono perciò differenze tra gli evangelisti. Solo un lettore distratto può pensare che gli evangelisti dicano le stesse cose. Negare tutto per queste differenze sarebbe ingiusto. Voler conciliare tutto ad ogni costo, come si faceva a volte nel passato, sarebbe altrettanto ingiusto. Oggi gli esegeti notano le differenze e cercano finché è possibile di spiegarle nel quadro generale d’ogni singolo vangelo. Quando non è possibile, lasciano aperto il problema. Del resto la nascita di tradizioni diverse si comprende bene se si pensa che le comunità cristiane erano molto lontane le une dalle altre e le comunicazioni complesse: erano gli anni delle rivolte giudaiche terminate con la distruzione di Gerusalemme e la diaspora degli


colosa, dopo la quale Pietro riceve il mandato di pascere le pecore di Gesù. L’evangelista Giovanni esprime una riflessione teologica più avanzata sugli eventi che racconta. Lo si vede nelle apparizioni alla Maddalena e a Tommaso. Gesù è la stessa persona che hanno conosciuto, eppure essi non lo riconoscono. La Maddalena, quando vede Gesù, pensa che sia il giardiniere. Sa che Gesù è morto e perciò cerca dove lo hanno portato, poiché non è più nel sepolcro. Il testo di Giovanni ripete due volte il termine “si voltò - voltatasi”. Molti esegeti non amano questa ripetizione. Si tratta di un’aggiunta o di due versioni del racconto cucite insieme? Invece è proprio qui il punto del racconto. L’evangelista per due volte fa volgere Maria verso Gesù perché essa deve riconoscerlo due volte, prima come identico al Maestro che è morto ed è stato sepolto; poi come il Risorto. Cioè, come lo stesso e come diverso. Il Crocifisso è vivo: la Maddalena lo capisce quando si sente chiamare per

letture

Risurrezione, sacrestia dei francescani

55

ebrei. Considerate sotto questa prospettiva, le divergenze, che riguardano i dettagli, danno maggiore risalto alle convergenze sui fatti essenziali dell’insegnamento e della vita di Gesù. Leggendo parallelamente i racconti della risurrezione possiamo cogliere diverse sottolineature. ♦♦ L’essenziale, per Marco, è l’angelo che annuncia, a nome di Dio, che Gesù è risorto. A differenza degli altri evangeli le donne - per paura - non dicono a nessuno ciò che hanno visto. ♦♦ Per Luca tutte le apparizioni si svolgono il giorno della risurrezione a Gerusalemme. Luca insiste sul fatto che Gesù spiegò le Scritture agli apostoli e aprì loro gli occhi perché comprendessero che «proprio queste cose il Cristo doveva soffrire per entrare nella sua gloria», poiché «così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme». Inoltre i discepoli di Emmaus lo riconoscono mentre spezza il pane. Parola ed Eucaristia fanno riconoscere il Cristo risorto. ♦♦ In Matteo appare l’eco della polemica con i giudei. Il fatto che la tomba fosse stata trovata vuota era indiscutibile, ma i giudei sparsero la voce che fossero stati gli apostoli a trafugare il corpo di Gesù. ♦♦ Riferiti solamente da Giovanni, ci sono: l’episodio di Pietro che corre al sepolcro con un altro discepolo (solo accennato nel vangelo di Luca), l’apparizione a Tommaso e la pesca mira-


letture

Pie Donne al sepolcro, Cappella dell’Angelo

nome: «Maria!». Vivo nel suo corpo, ma la sua esistenza non è più quella terrena e il rapporto con lui sarà diverso: «Non mi trattenere». «Non vi lascerò orfani, ritornerò a voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete» (Gv 14,18-19) aveva promesso Gesù prima di patire. E Gesù infatti è tornato, risorto, per stare con i discepoli, anche se diversamente da prima: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv

14,23).

Nell’episodio di Tommaso, la frase di Gesù: «Beati quelli che pur non avendo visto, crederanno» (Gv 20,29) vale per noi, come valeva già per i cristiani per cui Giovanni scriveva. Tommaso non dovrebbe aver bisogno di vedere da sé il Risorto, ma avrebbe dovuto credere ai discepoli che avendolo veduto glielo hanno testimoniato.

56

Nelle lettere di Paolo

La riflessione sulla risurrezione di Gesù prosegue e si sviluppa nelle lettere di

Paolo. Riflessione che fu stimolata, in Paolo, principalmente da due nitide ragioni: la risurrezione è il contenuto essenziale della fede cristiana; senza la risurrezione la fede è vuota e non può salvare. Abbiamo visto che i discepoli stessi non credettero subito; alcuni cristiani di Corinto trovarono difficile accettare che i morti potessero risorgere con il loro corpo. Nel secolo scorso la risurrezione di Gesù venne ritenuta una favola da studiosi cosiddetti liberali, che professavano di poter ammettere solo ciò che è controllabile dall’uomo. Ma la risurrezione di Gesù, come il più grande degli atti di Dio nella storia umana, non può essere controllata dall’uomo. è antistorico negare la risurrezione solo perché non può essere verificata dallo scienziato, ed è impossibile voler dare prove, cosiddette “scientifiche”, della risurrezione, in quanto la fede nella risurrezione non sarà mai il risultato di prove umane. Come ha scritto l’allora cardinal Ratzinger nel 1985: «Il Risorto non si vede come un pezzo di legno o di pietra. Lo vede solo colui al quale egli si rivela. E si rivela soltanto a colui che può essere inviato. Non si rivela alla curiosità, ma all’amore». Ma non possiamo scordare che, grazie alle ricerche di quest’ultimo secolo, moltissimi dati considerati “fiabeschi” si stanno rivelando straordinariamente fondati. Sono messaggi che ci ricordano che il Figlio di Dio, il Signore della storia, è sempre il pastore buono delle pecore che non disdegna di venire in cerca dei “Tommaso” del nostro tempo.


Liturgia a Gerusalemme «M

bra.» Le celebrazioni a cui lei ha partecipato sono rinnovate ancora oggi dai francescani, dopo lo studio delle fonti che il Concilio Vaticano ha suggerito. Egeria racconta la liturgia domenicale celebrata nella basilica del Santo Sepolcro: «Non appena il primo gallo ha cantato, il vescovo scende ed entra nella grotta dell’Anastasis dove già risplende un gran numero di luci. Appena la gente entra, uno dei sacerdoti recita un salmo e tutti rispondono. Poi si dice una preghiera; quindi uno dei diaconi recita un salmo, ugualmente segue una preghiera. Un terzo salmo è detto da un membro del clero, si recita una terza preghiera e si fa memoria di tutti. Si portano nella grotta dell’Anastasis alcuni incensieri, in modo che tutta la basilica si riempia di profumo. Allora il vescovo, in piedi dietro i cancelli con il vangelo, si avvicina alla porta della risurrezione del Signore. Dopo la lettura del vangelo, il vescovo esce, accompagnato con inni, alla Croce, e tutto

57

G

erusalemme è la città della luce e della risurrezione. Cristo risuscitando divenne per tutti luce di vita. Luce gioiosa, luce infinita. Questa è una verità reale, non solo ideale. È una realtà perché il Signore è sempre vivo ed estende la sua risurrezione, in modo particolare, a quanti ne celebrano la memoria nel luogo stesso dell’avvenimento storico e nell’ora più significativa: quando la notte è vinta dalla luce, la morte dalla risurrezione. Questo accade qui, a Gerusalemme. Il Sepolcro vuoto è segno del compimento del mistero pasquale. Già i primi cristiani giungevano a questo luogo, mossi dalla gratia orationis, annotava la pellegrina Egeria nel IV secolo. «Ma ciò che qui soprattutto è veramente gradevole e mirabile - scrive Egeria - è che in ogni occasione gli inni e le antifone e le letture e le preghiere che il vescovo dice, manifestano espressioni sempre intonate e convenienti alla ricorrenza che si festeggia e al luogo in cui si cele-

letture

a ciò che qui soprattutto è veramente mirabile è che in ogni occasione gli inni e le antifone manifestano espressioni intonate e convenienti al luogo in cui si celebra.» Egeria


letture 58

il popolo lo segue. Ivi nuovamente si dice un salmo e si recita una preghiera. Il vescovo, quindi, benedice i fedeli e avviene il commiato». Seguendo lo svolgimento delle veglie domenicali quaresimali, si può dire che i francescani di Terra Santa rivivono con semplicità e gioiosa consapevolezza ciò che Egeria scriveva della comunità cristiana di Gerusalemme sedici secoli fa. Il sabato notte, alle ventitre e trenta, la comunità francescana, guidata dal padre Custode, converge alla basilica. La veglia si celebra nella Cappella dell’Apparizione e inizia con la processione dei ministri che recano il libro dei vangeli, accompagnato da incenso e ceri. Il vangelo, simbolo della presenza di Gesù Cristo, Parola di Dio, viene solennemente posto sull’altare. Dopo l’Invitatorio, che dispone l’assemblea alla conversione, all’ascolto della Parola e alla lode, e l’inno che ambienta nel tempo liturgico quaresimale, segue il canto della salmodia. Dopo ogni salmo e antifona, attraverso convenienti spazi di silenzio, si favorisce la dimensione contemplativa della liturgia e si fa seguire una preghiera. I testi sono scelti dall’antica liturgia ispanica che accoglie notevoli influssi della prima liturgia della Chiesa madre di Gerusalemme. Alla salmodia segue la proclamazione delle letture e i tre cantici dell’antico testamento. A questo punto della veglia s’inserisce la parte tipica della liturgia gerosolimitana - voluta perché tutto sia adatto al luogo -: la memoria della risurrezione. L’assemblea lascia la cappella dell’Apparizione

e, recando ceri accesi, simboli della luce di Cristo risorto, si reca al Sepolcro del Signore, mentre il padre Custode porta l’evangeliario e i diaconi lo incensano. Durante la processione s’alterna l’antifona: «Un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Alleluia». Si fa quindi l’incensazione della tomba e dell’evangeliario. Al termine di questo rito si torna alla cappella dove il Custode - per rispettare la liturgia annotata da Egeria - proclama il vangelo della risurrezione. La commemorazione di tutti i fedeli e la solenne acclamazione del Signore risorto con il Kyrie eleison concludono la veglia. Tutto ciò rende evidente il carattere pasquale: a Gerusalemme, nella basilica della Risurrezione è sempre la Pasqua del Signore. La tomba vuota lo attesta, il vangelo lo proclama: «Il Signore è veramente risorto!». Mentre la comunità francescana lascia la basilica, i fratelli greci-ortodossi iniziano la loro liturgia eucaristica accompagnati da un meraviglioso coro di monache russe che ricordano le mirofore del mattino di Pasqua. Anche loro proclamano il vangelo della risurrezione, come più tardi faranno i fratelli armeni ortodossi. E così, mentre la notte è a metà del suo corso, si inizia a realizzare una unità nel servizio e nell’annuncio di Gesù Cristo, risorto dai morti e vivente in eterno, che supera e riscatta ogni divisione.


Lo Statu Quo

59

letture

L

o Statu Quo è un insieme di tradizioni storiche e condizionamenti, di regole e leggi, che stabilisce i rapporti, le attività, i movimenti che si svolgono nelle Basiliche dove la proprietà è comune a più confessioni cristiane. Per secoli le varie comunità cristiane sono vissute sotto il dominio islamico fianco a fianco, malgrado la differenza profonda di dogma, rito e lingua. I francescani, in Terra Santa dal 1333, avevano acquisito nel tempo molte proprietà nei Luoghi Santi e, dal 1516 al 1629, ne erano i proprietari principali. Con la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi, nel 1453, il Patriarca greco, divenuto suddito dell’impero, fu dotato di un’estesa giurisdizione su tutti i fedeli di rito greco-ortodosso dell’impero Ottomano, giurisdizione che aumentava di pari passo con le conquiste turche e quindi, dal 1516, anche sui cristiani di rito ortodosso della Terra Santa. Da quel momento, con l’approvazione del sultano ottomano,


letture 60

i Patriarchi ortodossi di Gerusalemme sono greci. Nel 1622, in un periodo di aspro conflitto tra le potenze occidentali e l’impero ottomano, inizia la contesa sulle proprietà dei Luoghi Santi. I francescani, facilmente accusati di essere spie delle potenze straniere, sono messi in difficoltà e devono ricorrere per far valere i propri diritti agli ambasciatori delle potenze europee. I greci avevano il sostegno della Russia e i Luoghi Santi divennero così una merce di scambio, specialmente nel periodo tra il 1690 e il 1757. Nella prima metà del secolo XIX, l’alleanza della Turchia con la Russia ebbe conseguenze dirette anche sulla questione dei Luoghi Santi e nel 1852 il Sultano consacrò lo Statu Quo nunc (la condizione di fatto sussistente al momento dell’accordo) come volevano i greci. Lo Statu Quo di diritto si affermò e dura ancor oggi, restando l’unico riferimento per risolvere litigi e contestazioni. In assenza di testi ufficiali ci si affidò a note di carattere privato, che lasciarono la situazione giuridica confusa e incerta. Due famiglie musulmane hanno il privilegio della custodia della porta della basilica, che viene Il rito serale della chiusura della basilica

aperta secondo gli orari stabiliti dalle tre comunità maggiori. Alla fine della prima guerra mondiale, con il dissolversi dell’Impero Ottomano e l’affidamento della Terra Santa al mandato britannico, il problema dei Luoghi Santi diventa internazionale. Il governo mandatario non volle o non seppe come regolarsi, e il governo giordano, che gli succedette nel 1948, seguì la stessa politica. Anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite intervenne più volte nominando commissioni e patrocinando l’internazionalizzazione di Gerusalemme, ma senza raggiungere risultati concreti. Al momento, le tre principali comunità - greca francescana e armena - sono riuscite a trovare l’intesa per un restauro della basilica del Santo Sepolcro, avviato nel 1961, i cui lavori, pur procedendo assai lentamente, continuano a tutt’oggi.


Le Comunità presenti al Santo Sepolcro «E

Sono i Frati Minori ad avere il mandato di custodire in Terra Santa i luoghi consacrati dalla presenza di Gesù. È una particolare missione che è stata loro affidata dalla Santa Sede fin dal 1342, come lascito della visita profetica di san Francesco al sultano d’Egitto nel 1219. I francescani al Santo Sepolcro celebrano ogni giorno secondo la liturgia cattolica romana e prestano assistenza ai pellegrini che affollano il santuario. 
La loro vita al Santo Sepolcro è scandita dalle funzioni liturgiche delle varie ore del giorno e della notte. Lo Statu Quo stabilisce come, quando e dove le varie comunità debbano avvicendarsi per

61

francescani

calendario liturgico, ma anche la maggior parte di ciò che avviene ogni giorno, mese e anno.

 I francescani incominciano la celebrazione della messa dopo gli armeni, alle quattro del mattino, e terminano il loro servizio all’edicola del Sepolcro con la solenne Eucaristia comunitaria delle ore sette. Per le altre preghiere si servono della cappella del Santissimo Sacramento. Tra le celebrazioni liturgiche, la comunità francescana anima ogni giorno, dalle quattro alle cinque del pomeriggio una processione che percorre il Santuario incensandone gli altari e le cappelle. La suggestiva liturgia, a cui si uniscono gruppi di pellegrini, rievoca con inni, antifone e preghiere i momenti della passione, morte, sepoltura e risurrezione del Signore.

letture

la Provvidenza volle che, accanto ai fratelli delle Chiese orientali, per la cristianità di occidente fossero soprattutto i figli di Francesco d’Assisi, santo della povertà, della mitezza e della pace, a interpretare in modo genuinamente evangelico il legittimo desiderio cristiano di custodire i luoghi in cui affondano le nostre radici spirituali.» la preghiera, regolandone, non solo il Giovanni Paolo II


greci ortodossi

62

letture

La Chiesa greca-ortodossa è presente in Terra Santa da 1700 anni, come discendente diretta di san Giacomo, primo vescovo di Gerusalemme. Il patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme si considera Chiesa Madre della Terra Santa, con il proprio Katholikon (cattedrale) al centro del Santo Sepolcro. La Chiesa ortodossa celebra le preghiere, le cerimonie e le feste secondo la tradizione bizantina e seguendo il calendario giuliano. Tra le liturgie più antiche proprie degli ortodossi c’è il rito della santa luce del Sabato Santo.

Armeni

Il popolo armeno, il primo ad abbracciare il cristianesimo come religione nazionale, è presente a Gerusalemme a partire dal V secolo. Nella basilica del Santo Sepolcro appartiene agli armeni la cappella di sant’Elena. Per le loro cerimonie utilizzano l’antica lingua armena.


Copti

I copti sono i discendenti della prima comunità cristiana della valle del Nilo (il termine copto significa egiziano). Secondo una tradizione sono giunti a Gerusalemme con sant’Elena agli inizi del IV secolo. La chiesa copta-ortodossa possiede nel Santo Sepolcro l’altare dietro l’edicola della tomba dove celebra ogni domenica la messa e la liturgia in copto, la lingua egiziana prima della diffusione dell’arabo.

Siriani

Gli etiopi (o abissini) rappresentano il primo paese cristiano in Africa. La loro comunità, improntata alla vita monastica, nel Medioevo doveva godere a Gerusalemme di importanti diritti persi durante il periodo ottomano. Attualmente una piccola comunità di monaci vive poveramente nelle celle sul tetto della cappella di sant’Elena.

63

etiopi

letture

La Chiesa siriaca di rito antiocheno è la prima erede dell’antica Chiesa giudeo-cristiana e oggi rappresenta i cristiani di lingua siriaca dell’est. La sua lingua liturgica è l’aramaico, la lingua di Gesù. Già dall’VIII secolo un suo arcivescovo risiede a Gerusalemme. Nel Santo Sepolcro i siriani possiedono la cappella dell’abside ovest della Rotonda.


Informazioni Apertura e chiusura della Basilica Orario indicativo estivo: 5-21 tutti i giorni. Orario indicativo invernale: 4 - 19 tutti i giorni. Sante messe domenicali Orario estivo: 5.30 - 6.00 - 6.30 (solenne in latino) e 18. Orario invernale: 4.30 - 5.00 - 5.30 (solenne in latino) e 17.

Sante messe feriali: Orario estivo: 5.30 - 6.00 - 6.30 - 7.00 - 7.30 (solenne in latino), sabato ore 18. Orario invernale: 4.30 - 5.00 - 5.30 - 6.00 6.30 (solenne in latino) - 7.15, sabato ore 17.

Processione quotidiana Orario estivo 17.00 tutti i giorni; orario invernale 16.00 tutti i giorni. Il passaggio dall’orario estivo all’orario invernale è regolato dal particolare computo dell’ora vigente in Israele, si suggerisce quindi di verificarlo presso la Basilica o il CIC - Christian Information Centre (dentro la Porta di Jaffa, di fronte alla Cittadella, tel 972 2 6272692 - www.cicts.org) - dove è possibile ottenere informazioni riguardo a tutte le funzioni delle diverse comunità cristiane presenti al Santo Sepolcro.

64

Si ringrazia Lo Studium Biblicum Francescanum per l’accesso all’archivio di piante, testi e disegni; Marie Armelle Beaulieu per le ricerche iconografiche; Paola Pozzo per lo sviluppo dei modelli della Basilica; Irene Boschetti, Osvalda Cominotto e Silvana Tassetto per la redazione dei testi.

Stampa Franciscan Printing Press - Israel - 2010


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.