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Prefazione
Sovente le prime righe dei volumi istituzionali vengono spese per elogiare l’opera, l’impegno profuso o la sua rilevanza nel campo di studio. In questa occasione vale l’opposto, perché l’eterodossia questa edizione del Rapporto sul Mercato del Lavoro espone il lettore ad analisi complesse difficili da seguire, sebbene non scontate, che mettono direttamente in discussione cliché acquisiti riguardo all’economia milanese.
Inoltre, lo studio dell’economia insediata presentato attraverso il contributo delle singole imprese al mercato del lavoro locale, piuttosto che essere esauriente necessita di approfondimenti e riflessioni, ben più ampie rispetto alla esposizione di questa pubblicazione istituzionale. L'analisi proposta identifica nell'intreccio tra i settori produttivi e la dimensione di impresa quali elementi determinanti nella creazione di occasioni di occupazione e nel determinare la qualità del lavoro, lanciando, implicitamente, un dibattito sulla direzione dello sviluppo futuro dell’area metropolitana.
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La parabola dell’economia milanese ha determinato le condizioni del lavoro, infatti, terminata negli anni ‘70 del secolo scorso, la fase di produzione delle grandi fabbriche, dalla occupazione operaia di massa, la città è stata in grado di reinventarsi nei due decenni seguenti quale capitale dell’immateriale, dei servizi ad alto valore aggiunto, attraverso la filiera e il paradigma dell’alta moda e del design, la città dei professional. Sostituiti, nell’ultimo decennio, all'instaurarsi dell’economia dell’evento, di cui EXPO 2015 è stato il punto più alto. Milano, ha scoperto una nuova vocazione, la città che fino agli anni ‘80, vedeva chiudere gli alberghi e gli hotel in estate per mancanza di clienti attratti dalle località turistiche marine e montane, è diventata l’epicentro di importanti investimenti, italiani e stranieri, nel settore ricettivo, trasformazione che ha generato una diversa richiesta di manodopera e condizioni di lavoro.
Oggi, alla luce anche degli effetti della pandemia, sui comportamenti ed abitudini delle persone, quel modello di sviluppo potrebbe non essere più sufficiente per assicurare “buona” e “piena” occupazione.
Diana De Marchi
Consigliera delegata al Lavoro e Welfare