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Samuele Fortunato
from TRAKS MAGAZINE #34
by Fabio Alcini
Di Chiara Orsetti 25 anni, originario di Como, Samuele Fortunato ha pubblicato il suo secondo ep, intitolato Ta Da! “Questo disco è la mia redenzione, nasce in un nuovo ciclo vitale che ho intrapreso”, racconta l’artista, che ha da poco deciso di dedicare completamente la sua vita alla musica
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Ta Da! è il tuo secondo ep, un progetto semplice ma allo stesso tempo carico di significati… ci racconti come è nato e la tua esperienza in Val Bormida?
Ta Da! nasce quasi per caso, sei tracce scritte di getto, alcune nel periodo appena precedente all’uscita del disco e altre scritte nel corso degli anni. In Val Bormida ci capitai per caso, fu la prima meta del mio viaggio alla Kerouac, senza un soldo in tasca e con le idee molto confuse. Scoprii Teatro Cantiere, un’associazione culturale, che mi ospitò e mi diede modo di registrare i pezzi. In quella casa ci vive Zeff, un musicista straordinario e completamente pazzo che mi è stato vicino durante le incisioni, è lui che suona la tromba in Lisbona – Pisa.
I riferimenti letterari all’interno delle tue canzoni non mancano: oltre ai grandi classici, che tipo di lettura ti appassiona?
Non saprei definire con esattezza un determinato tipo di letture “preferite”, vado a momenti e mi affido molto all’ispirazione. Mi piacciono quei libri dove ogni fra
se è un macigno, una pugnalata, quei libri che ti fanno fissare il vuoto dopo ogni parola.
Uno dei brani che ha maggiormente colpito la nostra attenzione è Baudelaire, per l’atmosfera, la malinconia e la sensazione di essere fuori dal tempo e dallo spazio. Ci racconti di come è nato il brano?
Baudelaire nasce sette anni fa, in una cucina, in una casa, in una notte. Vivevo ancora con la madre di mia figlia, e una sera, dopo aver sistemato i giocattoli della bambina, mi misi seduto e il primo ver-
so (“riordino il disordine che hai lasciato dentro il cuore mio”) mi piombò addosso. Avevo accanto a me i Diari intimi di Baudelaire, così cominciai a leggere qualche frase qua e là e la canzone prese forma. Parla di due diverse donne che hanno fatto parte in modi diversi della mia vita, nella canzone
sono diventate una sola, per esigenze poetiche diciamo.
Sei diventato padre giovanissimo, e nonostante le “responsabilità” leggo che da poco hai abbandonato tutto ciò che non riguarda la musica. Un salto importante, che sicuramente richiede un grande coraggio…
Cosa consiglieresti a chi non è ancora sicuro di “mollare tutto” per seguire la musica, o più in generale, un sogno?
Lasciare tutto non è per forza la soluzione migliore, aiuta però, ecco tutto. Non avere un piano b ti sprona, o ce la fai o non mangi. Nel mio caso preferisco non avere neanche un piano a, se non hai un piano non può andarti male.
La chitarra è stato il tuo primo strumento e una grande passione. Ci sono artisti a cui ti sei ispirato? Come sono cambiati i tuoi gusti nel corso degli anni?
Sono cresciuto ascoltando Rino Gaetano e Battisti con mia madre, passando per Vasco e Venditti. Mio fratello e mio padre mi contagiarono con la passione per i Doors. La figura di Morrison mi ha permesso di scoprire scrittori che sono poi diventati i miei punti di riferimento. La seconda moglie di mio padre mi fece scoprire Bowie, e non la ringrazierò mai abbastanza per questo. In breve tempo David Bowie divenne per me un idolo indiscusso. Mi ispiro molto però ai cantautori classici italiani, De Andrè, Capossela, cose così insomma.