queste istituzioni 10
interventi e inchieste
Crisi economica e tagli de/la spesa pubblica: i conti del «patto sociale» inglese
3 Il dibattito sulla riduzione della spesa pubblica di Paolo Filo della Torre Il revival del liberalismo man-
chesteriano Alcuni dati d'insieme Contro la riduzione della spesa pubblica Reddito nazionale e spesa pubblica: vicende dei principali compaTti « A tagli fatti
28 I tagli della spesa pubblica: forza o debolezza del Governo? di Maria Teresa Salvemini
Si è parlato molto negli ultimi tempi delle analogie fra il «caso » inglese e quello italiano. Può darsi che esercizi di questo genere, se fatti con la necessaria serietà, risultino alla fine utili. Normalmente però non sono fatti con la necessaria serietà. Forse perché difficili e forse per ché non darebbero risultati, da spendere nella chiacchiera politica corrente, maggiori di quelli che si ottengono attraverso un impressionismo generico. L'attenzione al «caso inglese » non è dunque, per noi, un contributo a questo giuoco di confronti. Oltre a rispondere alle ragioni di informazione che assumiamo fra i nostri compiti principali, l'esame del caso inglese qui iniziato suggerisce una diversa linea di riflessione: in quale misura la nuova austerità inglese costituisce un motivo di ripensamento dell'azione del movimento laburista? Ricordava recentemente Gino Bianco nell'introduzione all'antologia, da lui curata, L'esperienza laburista fra le due guerre (La Nuova Italia, 1976), che «le radici di quella convergenza tra keynesianesimo, fabianesimo e marxismo che doveva fornire l'ispirazione intellettuale dell'azione laburista negli anni '40
e '50, sono da ricercarsi in gran parte negli eventi della grande crisi ». Ora, di fronte ad una nuova crisi di grandi dimensioni quella convergenza non basta più, o almeno mostrano la corda le formule in cui si era concretizzata. Se il problema di far fronte alla crisi con strumenti intellettuali adeguati è un problema generale, rimane importante seguire e studiare le reazioni del mondo intellettuale laburista. Il potere laburista dà prova di vitalità. Ma basta constatare che senza il contributo delle forze sindacali e delle forze di sinistra non si governa la crisi (è una delle osservazioni finali di Filo della Torre) se poi nulla ancora di nuovo c'è oltré la linea di stop and go (questa è la valutazione di Maria Teresa Salvemini sulle recenti misure del governo inglese) che riproduce la tecnica di governo di tanti anni, ispirata ad un keynesismo inteso come teoria vulgata del breve periodo? Per altro verso, si consideri un'osservazione colta a caso nel recente libro di Robert Bacon e Walter Eltis (Base pro-
duttiva e crescita economica. Il caso inglese, trad. it., Etas Libri 1976), che è stato giustamente considerato una importante provocazione intellettuale nel dibattito attuale di politica economica in Inghilterra. Notano i due autori considerando l'andamento economico dal 1961 al 1971: «non ci fu in realtà - in Gran Bretagna - un miglioramento nella percentuale di popolazione che stava ricevendo istruzione, o nella disponibilità di
medici e letti d'ospedale molto maggiore di quello che altre economie erano in grado di fornire. Piuttosto, si è verificato un più largo spostamento di forza-lavoro nei servizi del settore pubblico considerato nel suo insieme per raggiungere risultati del tutto simili. ( ... ) Ciò potrebbe aiutare a spiegare perché i lavoratori [occupati nell'industria] non hanno tenuto maggior conto dell'incremento del "salario sociale" nelle contrattazioni salariali. Forse il salario sociale non è cresciuto molto significativamente, se lo si misura come incremento della produzione di servizi sociali. ( ... ) L'incremento nell'occupazione volta a provvedere maggiori servizi pubblici continuò sia durante il boom che in recessione, e fino a tutto il 1975 ogni incremento è stato irreversibile. ( ... ) Si può parlare di un effetto-resistenza che fa sì ché l'occupazione nella sanità e nell'istruzione cresca sempre e non diminuisca mai ». Lasciamo perdere qui l'esame puntuale dei fatti e delle vicende come sono andate. Diciamo semplicemente che le caratteristiche dello sviluppo dei servizi pubblici e sociali alla cui realizzazione, nell'ambito di una società a sistema capitalistico, l'azione laburista è legata in modo particolare dai tempi di Lord Beveridge è una questione centrale: per fare il bilancio e per valutare le prospettive dell'esperienza laburista. Ancora una volta - posti gli interrogativi e compiuta una prima ricognizione - bisognerà tornare sul tema.
quesie istituzioni dicembre 1976 - gennaio 1977
Direttore: Smcio RISTUCCIA - Condirettore responsabile: GIOVANNI BECIIELLONI. Redazione: Mco CIMINI, ENNI0 COLASANTI, MARINA GIGANTE, MARcEU.O ROMEI, FRANCESCO Sioo'ri, VinCENZO SPAZIANTE.
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Il dibattito sulla riduzione de//a spesa pubblica di Paolo Filo della Torre
IL RE VI VAL DEL LIBERALISMO MANCHESTERIANO
lo privato), a spese quindi soprattutto dei servizi sociali e delle forme di intervento statale destinate ad assicurare l'ocLe teorie dei friedmaniti sull'eliminazio- cupazione ed il contenimento di eccessine del deficit spending e del laissez-faire vi ed improvvisi aumenti dei prezzi. in economia sono arrivate ormai anche I gruppi di pressione che lavorano per in Gran Bretagna, dove hanno trovato ter- ottenere questi risultati sono resi oggi reno favorevole anche se le resistenze al più forti dalla dipendenza dell'economia tentativo di trasformare radicalmente le britannica da quelle degli USA e della strutture politiche e sociali del paese si Germania Occidentale, le cui strutture sostanno facendo sempre più rilevanti. ciali sono profondamente diverse e in cui Si chiede un disimpegno dello stato: que- appunto la legge della domanda e dell'of sto, secondo alcuni economisti di moda ferta ha in qualche modo il sopravvento: come Brian Griffith della London School la fluttuazione della sterlina e la sua conof Economics, dovrebbe limitarsi a ga- seguente tendenza al deprezzamento, e rantire l'ordine pubblico, ad assicurare la l'ingresso nel Mercato Comune hanno redifesa ed a gestire alcuni servizi essenso questa dipendenza (ed integrazione) ziali come l'erogazione dell'acqua e del- ancor più marcata. Si debbono poi aggiunl'elettricità. Buona parte di queste teorie gere i mutamenti strutturali dell'industria sono state fatte proprie dal partito con- britannica, che con la fortissima spinta servatore attraverso il suo influente Cen. alla concentrazione industriale e la cotre of Political Studies, che nel redigere stante erosione della qualità delle merci il nuovo manifesto elettorale del massi- britanniche determinata dalla produziomo partito di opposizione sembra ripor- ne di massa, hanno creato, grazie anche re tutta la sua fiducia nella legge della alle formidabili campagne pubblicitarie, domanda e dell'offerta. Ma i conservato- una mini-rivoluzione nella scala di desideri non sono i soli a chiedere un ritorno rabilità di beni e di servizi. ad Adam Smith: ad essi si aggiungono Come ha scritto Eric Hosbawm nel suo nel sostenere il liberalismo e la libera cc Il trionfo della borghesia » ( trad. it. Laconcorrenza, i gruppi industriali più po- terza 1976), nella seconda metà del secolo tenti, i grandi baroni della finanza e, sia scorso la rivoluzione industriale inglese pure in termini leggermente più sfumati, ha inghiottito la rivoluzione politica ed i economisti ed uomini politici liberali e suoi ideali di eguaglianza e di giustizia. della destra laburista. Ricordiamo ad e- Ma dal capitalismo classico che aveva sempio che uno dei primi atti del nuovo creato le grandi fortune individuali ed i Presidente della Confederazione dell'Ingrandi industriali, finanzieri e mercanti, dustria britannica Lord Watkinson è sta- si è passati in questo secolo ad un capitato quello di chiedere al Governo una de- lismo borghese diverso: quello delle socisa svolta nella sua strategia economi- cietà i cui pacchetti azionari sono largaca in direzione appunto della « liberalizza- mente suddivisi e gestiti più dai compuzione ». Il documento degli imprenditori ters che dai capitani d'industria. É il britannici, intitolato cc The road to reco- trionfo di quello che il filosofo Hans Mavery », prevede per il raggiungimento di gnus Enzensberger chiama cc la borghesia questo obiettivo, una diversa utilizzazio- senza volto» che naturalmente non può ne delle risorse del paese, che dovreb- essere sensibile alla creazione di un sibero essere quasi totalmente devolute al stema economico in cui la qualità della settore produttivo (possibilmente a quel- vita abbia un posto di rilievo. Nella corsa -
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al profitto, lo Stato può rappresentare un ostacolo che si cerca di scavalcare e la spesa pubblica viene considerata come una specie di furto al settore privato: sono queste le posizioni sviluppate sul piano dottrinario da economisti che sono andati ben aldilà delle posizioni, peraltro decisamente . reazionarie, della burocrazia industriale britannica. Così ad esempio mentre la Confederazione dell'Industria Britannica considera favorevolmente certi incentivi all'allargamento delle attività imprenditoriali, che includono sgravi fiscali e sovvenzioni, ed ha tutto l'interesse a mantenere a livelli più bassi possibile i prezzi dai quali dipendono i costi finali di produzione dell'industria di base, che è nazionalizzata, autorevoli economisti come Samuel Brittan, (Cuts in Government Spending, The Open University Publications) vedono invece con favore la soppressione di tali sgravi e agevolazioni. Un altro terreno sul quale esiste una chiara divergenza tra la destra economica ed i teorici dei tagli nella spesa pubblica è il settore dell'armamento. I conservatori ed i grandi gruppi industriali ad essi collegati, vogliono mantenere un ruolo di serie A per la Gran Bretagna nella difesa dell'occidente. Gli economisti ispirati alla scuola di Chicago come lo stesso Samuel Brittan, Griffith, Caincross, Flemming e Beckerman ritengono invece che la spesa pubblica debba essere tagliata su tutta la linea; lo stesso quotidiano conservatore The Times, in un articolo non firmato ma attribuito al capo dei ser vizi economici Peter Jay, ha sostenuto di recente che i tagli in questo capitolo dovrebbero essere dell'ordine del due e mezzo per cento. Anche la Tesoreria e la Banca d'Inghilterra spingono per una linea politica deflazionistica che comporti necessariamente una totale revisione delle priorità di politica economica, con un completo ripensamento del sistema del Welfare State: la rivoluzione sociale intrapresa da Beveridge e da Lady Summerskill ed attuata dal governo laburista di Attlee nell'immediato dopoguerra avrebbe quindi fatto il suo corso e si sarebbe ormai giunti alla restaurazione del liberalismo man-
chesteriano. La polemica tra coloro che vogliono ridurre la spesa pubblica e quelli che vogliono espanderla, cela evidentemente un conflitto di interessi: da una parte, ci sono quelli, diretti e chiaramente espressi, degli imprenditori (secondo aspettative neo-manchesteriane) e quelli, indiretti e più nascosti, di un certo tipo di burocrazia che teme di perdere la sua fetta di potere in un'economia socialista; dall'altra parte, ci sono le forze che tentano di difendere gli interessi del proletariato e quelli a lungo termine del sistema economico nazionale. Questo è il motivo di fondo della polemica sulla riduzione della spesa pubblica in Gran Bretagna, anche se gli argomenti portati dalle due parti sono assai più spiccioli e specifici. La destra insiste sulla opportunità di una riduzione della spesa pubblica per poter soddisfare i creditori esteri della Gran Bretagna: il Fondo Monetario, le banche centrali ed una serie di banche private (via euromercato). Questi vedrebbero favorevolmente i tagli perché ritengono che grazie ai servizi sociali gli inglesi vivono ben al di sopra delle loro possibilità, cioè s'intende - delle possibilità del paese nel suo complesso (un paese ancora a forte stratificazione sociale). E si aggiungono altri argomenti tecnici ma largamente disputati: la spesa pubblica causa inflazione perché determina un aumento della liquidità monetaria, gli enti pubblici sono divenuti concorrenziali con il settore privato e causano il rialzo dei saggi di interesse e quindi del costo del denaro, perché offronà sul mercato obbligazionario tassi molto alti, e, ciò che fa maggiormente impressione all'opinione pubblica, il denaro non è sempre bene impegnato e troppo spesso finisce in sperperi. La stampa popolare, controllata da gruppi economici che hanno tutto l'interesse ad allargare la sfera dell'economia di mercato, sta conducendo una feroce campagna per il ridimensionamento del bilancio dei servizi sociali. Si insiste nel drammatizzare i casi nei quali il sussidio di disoccupazione raggiunge le quattrocento sterline al mese (equivalenti a circa
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5 sei milioni all'anno), casi che sono però abbastanza rari (coppie di disoccupati con nove figli a carico) o quelli altrettanto straordinari di emigrati ospitati a spese dello stato in alberghi tutt'altro che a buon mercato, in attesa di poter loro assegnare una casa. Né mancano storie sensazionali come quelle relative ai ter roristi dell'IRA che falsificherebbero i libretti di previdenza per poter addirittura raccogliere fondi per la guerriglia contro gli inglesi nell'Irlanda del Nord. Ma gli sprechi e gli errori nella spesa pubblica facilmente criticabili non si verificherebbero solo nel campo dei servizi sociali. Uno dei più gravi esempi di mancanza di strategia industriale è quello dell'industria automobilistica, praticamente nazionalizzata grazie all'acquisto del pacchetto azionario della British Leyland da parte della holding statale National Enterprise Board. È vero che lo stato la rilevò in un periodo di grave crisi per l'industria dell'automobile su scala m6ndiale e dopo che il tentativo di concentrazione operato dalla vecchia gestione si era rivelato disastroso; ma è anche vero che il take-over statale ha complicato, anziché semplificato, la crisi. Senza dire che la decisione di sovvenzionare la concorrente americana Ford ha aggravato le cose anche perché chiaramente motivata dall'esigenza di mantenere il seggio parlamentare laburista dell'ex boss della Leyland-Innocenti Robinson, quando in occasione delle elezioni suppletive - era chiaro il rischio di perderlo.
Nel suo libro «The Public Prodigals in the Growth of Public Expenditure and how to control it» (Maurice Tempie Publisher, London, 1976), David Galioway, un economista di destra, indica come causa principale la tendenza dei governi a cercare prestigio politico con incrementi della spesa pubblica, fondati su previsioni economiche quasi sempre irrealistiche. Le cause e gli effetti di queste politiche vengono così riassunte da Galioway: a - i partiti politici si contendono l'elettorato moderato con la promessa di miglioramenti che l'economia dei paese non è in grado di produrre;
b - i piani quinquennali vengono elaborati sulla base di previsioni ottimistiche per cui alla fine il governo deve rimediare con affrettati provvedimenti. La priorità a favore della spesa pubblica causa un incremento del peso fiscale; c - il problema demografico dell'aumento dei pensionati e, in proporzione, del calo della popolazione attiva determina un maggiore onere per l'assistenza sociale; d - i posti di lavoro creati artificialmente dal governo centrale per fronteggiare la disoccupazione nei periodi congiunturali, vengono mantenuti anche nelle fasi d'espansione; e - le varie politiche dei redditi hanno determinato la crescita di sussidi per colmare la riduzione del potere di acquisto dei salari. L'autore sostiene che l'aumento della spesa non ha visto un corrispondente incremento dell'occupazione nel paese ma ha causato invece una riduzione dell'attività economica nel settore privato. « Più il governo aumenta la spesa e più si rende difficile per il settore privato l'attuazione dei piani d'investimento e consumo. All'effetto di disincentivazione degli investimenti provocato da alti tassi d'interesse, le autorità cercano di contrapporre aiuti ed incentivi finanziati dall'indebitamento statale che riduce ancor più la possibilità d'occupazione. Fortunatamente Downing Street ha cominciato a riconoscere l'effetto boomerang di una politica diretta soprattutto all'acquisto di voti ». L'opinione della Banca d'Inghilterra e di vari esponenti conservatori per cui la spesa pubblica è. ormai incontrollabile, si basa largamente sulla convinzione che le direttive del governo centrale non vengono rispettate, se non ignorate, dalle autorità locali. Questo spiegherebbe, secondo la destra, il fatto che nonostante la politica perseguita dal governo, l'obiettivo di automoderazione nella spesa delle amministrazioni locali non ha prodotto i risultati desiderati. È ora il governo laburista a soffrire una apparente impotenza dinnanzi al crescen-
6 te disavanzo del settore pubblico, ma l'esempio più clamoroso si era verificato all'epoca del cancelliere conservatore Anthony Barber, quando alle sue previsioni del dicembre 1973 di una riduzione della spesa pubblica di 1,3 miliardi di sterline era seguito in effetti un aumento di 2,8 miliardi di sterline. Ritornato a Downing Street il governo laburista provvedeva nel 1974 ad aumentare ufficialmente la spesa pubblica di un altro miliardo di sterline, destinato a sovvenzionare i generi alimentari, a incrementare le pensioni e i sovvenzionamenti alle aziende municipalizzate. Pochi mesi dopo venne deciso un altro aumento di 830 milioni di sterline cosicché, invece di un taglio di 1,3 miliardi di sterline, TABELLA n. 1.
il Cancelliere dello Scacchiere Denis Healey si trovò a dover giustificare una estensione del disavanzo di 600 milioni di sterline. ALCUNI DATI D'INSIEME
Conviene, a questo punto, aprire una prima parentesi sui dati, dando alcune notizie di carattere generale. Dalla tabella n. 1 appare chiaro che l'andamento della spesa pubblica non dipende tanto da sprechi finanziari quanto dal costo sociale di una economia debole. Risulta infatti che un settimo della spesa pubblica viene assorbito dalla assistenza sociale, seguita dall'istruzione, dall'edilizia popolare, dall'assistenza sa-
Spesa Pubblica in merci e servizi Investimenti e Consumo 1978/79 1974/75 (milioni di sterline)
Difesa Servizi esteri Commercio ed industria: agricoltura, pesca commercio industria ed occupazione Industrie nazionalizzate: Spesa capitale industrie nazionalizzate Ambiente: Strade e trasporto Edilizia Altri servizi Ordine pubblico Servizi sociali educazione, biblioteca scienze arti Sanità e servizi sociali Assistenza sociale Altri servizi servizi pubblici servizi comuni Irlanda del Nord Totale
Pagamenti per sussidi, prestiti, interessi 1974175 1978/79 (milioni di sterline)
3.520 171
3.805 174
18 594
22 690
100
116
1.175
598
436
389
1.972
971
2.075
2.499
37
-1
1136 1.712 1.384 1.040
1.299 1.481 1.370 1.202
491 1.904 37 15
515 2.196 41 19
3.564 3.829 275
5.907 4.258 272
943 31 6.588
1.088 38 7.658
476 494 535
470 636 593
-
484
440
10.847
22.671
14.317
14.296
21
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Interessi passivi
FoNm: Libro bianco sulla spesa pubblica, 1976
3.800
3.400
18.117
17.696
(The Guardian, 11 dicembre 1976)
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Who's afraid ... ?
nitaria e dalla difesa. Supponendo di poter bloccare tutti gli investimenti nell'industria nazionalizzata, rimarrebbe sempre un disavanzo colossale inasprito da un tasso inflazionistico difficilmente contenibile, ed un reddito in ribasso. Questo è l'aspetto veramente incontrollabile della spesa pubblica che solo una dinamica ripresa industriale può curare. In circostanze normali l'inflazione è contro!labile con inasprimenti fiscali, ma nell'attuale stato di cose questi sarebbero inutili panacee, mentre a loro volta i tagli accentuano la recessione, aumentano la disoccupazione ed alla fine ricreano deficit del bilancio statale per l'assistenza sociale ai disoccupati. Un maggiore controllo dei costi viene diffusamente invocato. Si dovrebbe, sostengono alcuni economisti « moderati », aumentare l'investimento industriale e cercare di ridurre il deficit della spesa sociale attraverso una maggiore fiscalizzazione. Per renderci conto dell'andamento della spesa pubblica bisogna tenere presenti alcuni dati della contabilità nazionale. Nel 1975 il prodotto nazionale lordo del Regno Unito è salito a 94 miliardi di sterline pari a 1.680 sterline pro-capite, contro 1.340 sterline nel 1974. La produzione ha comunque segnato un calo del 2 per cento e nei confronti del 1973 il reddito nazionale in termini reali ha registrato una diminuzione del 5 per cento rifiettendo un grave deterioramento commerciale tra il 1973 ed il 1974. Sempre nel 1975 il reddito salariale ha assorbito il 74 per cento del reddito nazionale contro una media del 69 per cento negli anni precedenti. Per quanto riguarda i profitti aziendali, l'incidenza è stata del 7 per cento contro il 12 per cento, in media, nel corso del precedente decennio. Il reddito disponibile pro-capite al netto di tasse è aumentato tra il 1974 ed il 1975 del 22 per cento. Il consumo è salito in egual misura cosicché il risparmio è rimasto invariato al 14 per cento, segnando tuttavia un considerevole miglioramento rispetto il 9,5 per cento di dieci anni fa. Nelle sue varie voci la spesa totale di
63.373 sterline per i consumi risulta così suddivisa: TABELLA
n. 2 - Ripartizione dei consumi
nel 1975 £ 12.092 alimentari
pari al 19,1°'à 14,5 9.201 alloggio 8,4 5320 abbigliamento 6,2 3.340 manutenzione automobile 4,6 2.927 combustibile, elettricità 2.832 catering 4,5 4,3 2.741 tabacco 4,2 2.679 l,irra 3,5 2.223 alcolici 1.989 viaggi 3,1 1.932 acquisto automobili, motocicl. 3,0 1.539 radio, elettrodomestici 2,4 2,2 1387 mobili ed arredamento 1.152 trattenimenti 1,8 10,0 6.290 articoli vari 8,2 5,129 servizi vari
FONTE:
Centrai Statistica! 0ff ice, sett. 1976
Considerato l'aumento dei prezzi, si è verificato nello stesso periodo un calo nel reddito disponibile pro-capite compreso tra lo 0,5 e l'i per cento corrispondente ad un'eguale riduzione delle spese voluttuarie. Come dimostra l'andamento dei consumi, la Gran Bretagna ha potuto, rispetto agli altri principali paesi industrializzati, migliorare molto meno che altrove lo standard di vita: questo si deve al fatto che i salari, pur avendo registrato tra il 1969 ed il 1972 una forte spinta al rialzo, sono ancora attestati su livelli di gran lunga inferiori a quelli degli altri paesi europei, dell'Australia, Giappone ed USA. L'altro aspetto importante riguarda il passaggio da un'economia orientata verso i beni di prima necessità a quella caratterizzata dalla soddisfazione di biso-gni voluttuari, passaggio che è stato accelerato dalle modificazioni del sistema fiscale britannico: l'abolizione della purchase tax (la tassa di acquisto) caratterizzata da una pluralità di aliquote, e la sua sostituzione con la tassa sul valore aggiunto ad aliquota unica ha tolto ogni carattere selettivo al progredire dei consumi. In secondo luogo, bisogna tener conto del maggiore costo dei prodotti
9 quando tentò, sempre però in un clima di economia di mercato, di aumentare eccessivamente la massa monetaria e di-deprezzare la sterlina per rendere le esportazioni più competitive: la Gran Bretagna sta ancora pagando tale errore perché il meccanismo dell'inflazione e quello del deprezzamento della sterlina si sono rivelati inarrestabili. Ma quel che è più grave è che sia in periodo di deflazione che in quello di reflazione, ad essere sacrificate furono le infrastrutture sociali e che lo stato non intervenne per sostenere le industrie di base. Si osserva che se lo stato avesse compiuto questi interventi, si sarebbero certo avuti incrementi nella spesa pubblica, ma nel senso di correggere la tendenza generale, CONTRO LA RIDUZIONE DELLA SPESA PUBBLICA che era quella ad investire in settori alLe resistenze alla « friedmanizzazione » tamente speculativi come quello immobidel sistema economico britannico, che liare o quello dei beni voluttuari. È vero per avere qualche possibilità di succes- che alla fine del suo mandato Heath si so dovrebbe basarsi su elevate riduzioni ricredette, e tentò di ripristinare la stafiscali dell'ordine di alcuni miliardi di bilità dell'economia britannica attraversterline, sono ormai confinate, sul piano so un'intesa con i sindacati, ma 'arrivò accademico, ad istituti come la Fabian troppo tardi ed inciampò nella trappola Society o la School of Cambridge; sul pia- del conflitto con i minatori. no politico il proletariato e i suoi rap- Che la spesa pubblica non vada ridotpresentanti in parlamento non vedono ta, bensì accresciuta, è quanto sostiene alcuna ragione di dovere pagare per la ri- l'economista Stuart Holland, autore del manifesto programmatico del partito lagenerazione dei profitti degli industriali. A questo proposito si cita spesso l'esem- burista (The Socialist Challenge, The pio del Governo Heath, che puntò tutto Quartet Books, London). sul settore privato abolendo tra l'altro la A chi afferma che - a differenza della holding statale Industrial Reorganisation Germania e degli USA dove i sindacati Corporation - creata dai laburisti sull'im- sono molto più a destra, lo standard di magine dell'IRI e ripristinata di recente vita più elevato, le strutture industriasotto la nuova denominazione di National li molto più competitive ed i salari Enterprise Board - e togliendo alle indu- molto più alti - la Gran Bretagna ristrie statali significative partecipazioni in sente ancora, a trent'anni di distanza, aziende attive, come la Cooks prelevata da dello sforzo bellico e soprattutto dei sucCharles Forte' con un consorzio di ban- cessivi mutamenti ai quali ha dovuto asche. Heath dovette riconoscere il falli- soggettarsi in seguito ai mutati rapporti mento della sua politica drasticamente di potere nel campo internazionale, sicanti-inflazionistica, malgrado la grande ché la fase di post- industrializzazione che capacità del suo Ministro dell'economia si sta attraversando coincide con un geneJohn Davies - ex Direttore Generale rale impoverimento della nazione, Stuart della Confindustria britannica e futuro Holland risponde che questo impovericommissario, alla Comunità Economica mento è soltanto apparente. La verità è Europea -' costretto ad assistere alla ban- che la Gran Bretagna si sarebbe trasforcarotta di numerose aziende tra le quali mata da paese esportatore di merci in la stessa Rolls Royce, che poi dovette lui paese esportatore di capitali. Ne è destesso nazionalizzare. rivata tutta una serie di squilibri che Ed ancor peggio gli andarono le cose vanno dalla insufficienza di investimenti, agricoli ed alimentari, un tempo tenuto artificialmente basso attraverso una serie di interventi a sostegno del mercato, e con sussidi ai produttori. Le nuove realtà che con l'ingresso nel Mercato Comune sono divenute ancor più apparenti, sono accettate di malavoglia dal proletariato inglese abituato ad uno standard di vita qualitativamente elevato ma piuttosto nuovo alla corsa ai consumi. Si tratta di un sistema condizionato ai tempi lunghi, nel quale i ritmi di produzione e di vendita sembrano più lenti che altrove. La società inglese resta profondamente conservatrice anche, e spesso soprattutto, nelle classi popolari.
lo alla mancanza di addestramento professionale e al modesto livello del management e, come si è detto, delle infrastrutture. Il Governo dovrebbe perciò colmare le carenze del settore privato, magari attraverso una holding statale che acquisti il pacchetto di controllo delle aziende capaci di espandersi e di contribuire al successo dell'industria britannica: secondo questa logica, non soltanto la spesa pubblica non può nel complesso essere ridotta, ma deve anzi essere aumentata. Stuart Holland insiste anche su un altro punto essenziale della strategia economica del Regno Unito: la necessità di sostituire alla teoria del « profitto al più presto possibile » che sembra ispirare la City, una programmazione a medio-lungo termine che tenga adeguato conto delle risorse del paese ed in particolare delle sue fonti di energia (petrolio e carbone). È indubbiamente vero che, come sostengono Jim Bail e Terry Burns (The London Business Forecasts) della London Business School, il fallimento delle politiche dei governi britannici deve essere addebitato a « cattiva strategia » e a « cattivo management », oltreché a «cattiva sorte », ma è vero soprattutto che la Gran Bretagna vive l'era della post-industrializzazione senza aver subito i forzati rinnovamenti imposti all'economia tedesca o giapponese, dove insieme agli investimenti di capitale americano e di tecnologia si sono imposti anche molti standars di vita della civiltà americana. La Gran Bretagna ha invece conservato i propri, ciò che spiega anche le resistenze quasi luddiste a certi tipi di meccanizzazione e di razionalizzazione. Il potere dei sindacati condiziona tutta la strategia economica britannica. Le priorità delle Trade Unions rimangono ben delineate: quella dell'occupazione e quella di contenere l'aumento del costo della vita. Ad altri discorsi i sindacati non sembrano molto interessati. Ma è prevedibile che la politica economica di austerity che il Cancelliere dello Scacchiere deve seguire, su prescrizione dei banchieri del Fondo Monetario Internazionale e dei banchieri centrali, avranno l'effetto di aumentare il costo della vita e quello di ridurre l'occupazione.
Il taglio della spesa pubblica accompagnato dalla riduzione dei sussidi, dall'masprimento delle tariffe pubbliche e da una maggiorazione dell'I VA rappresenta una svolta inaccettabile. Certo, la Confederazione dell'Industria britannica, nel suo documento Road to recovery, sembra aver buon gioco a dimostrare i vantaggi che a lungo termine deriverebbero dai tagli proposti sotto il profilo dell'occupazione e del contenimento dell'inflazione. I sindacalisti, malgrado il loro impegno a sostenere il governo laburista, sono decisamente attratti dagli argomenti del Ruskin Trade Union Research Unit di Oxford che ha notevolmente contribuito a fare sì che il Congresso della Trade Unions a Brighton e poi quello laburista a Blackpool accettassero mozioni decisamente ostili alle riduzioni nella pubblica spesa. Si fa tra l'altro presente che in realtà i tagli sono già stati imposti e sono molto consistenti, poiché il governo ha adottato i cosiddetti cash-limits, vale a dire una stretta osservanza dei preventivi di spesa dei vari specifici progetti. In realtà, per via dell'inflazione galoppante e del maggior costo delle importazioni, buona parte dei programmi decisi dovrà essere ridimensionato sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Di conseguenza, lo stato provvede a molto meno di quanto abbia fatto negli anni precedenti. Aggiungere a queste limitazioni anche riduzioni di spesa in termine di valori non indicizzati con la pressione inflazionistica significa perciò apportare tagli assai superiori a quelli che appaiono sulla carta.
Il documento del Ruskin Trade Union Research Associa tion, apparso sotto il titolo « Economie Strategy and sterling crisis «, critica a fondo la politica economica del governo perché: la strategia della svalutazione della sterlina per rendere le esportazioni più competitive ha spinto verso l'alto i prezzi dei beni alimentari in Gran Bretagna; il governo non ha provveduto a liquidare le sterling balances; si sono lasciati aumentare i prezzi all'interno malgrado l'esistenza di un
11 price-code che è la controparte del contenimento dei salari; si sono praticamente abbandonati i sussidi per i prodotti alimentari; per attirare capitali esteri è stata praticata una politica di alti tassi di interesse con contraccolpi negativi sugli investimenti; è stato imposto un aumento dei contributi per la sicurezza sociale a spese dei datori di lavoro, che ha pure inciso negativamente sull'occupazione. Queste politiche sono state condannate da oltre cento parlamentari laburisti, che in una mozione presentata ai Comuni criticano la politica economica del Cancelliere dello Scacchiere e chiedono che non si proceda ad ulteriori tagli della spesa pubblica. Secondo il gruppo Tribune, per far fronte all'indebitamente esterno, il Governo potrebbe facilmente procedere alla liquidazione delle azioni ed obbligazioni di gruppi esteri contenute nei portafogli non soltanto individuali ma •anche di società britanniche: una somma di alcune decine di miliardi di dollari potrebbe essere rimpatriata in Inghilterra. Una ope-, razione di questo genere sarebbe possibile senza dovere certo minacciare le attività economiche del Regno Unito su scala internazionale, né gli impegni del lavoro e della tecnologia britannica aldilà della Manica. Tribune insiste sulla necessità di alternative al taglio della spesa pubblica per riportare la Gran Bretagna sulla via dell'espansione: Eric Heffer, un ex Ministro di Wilson, ha ribadito più volte che già nel bilancio 76-77 sono contenuti tagli effettivi dell'ordine di un miliardo e centoventitré milioni di sterline. Egli scrive sul Times: « Il Governo si è arreso alla pressione della Confederazione dell'Industria Britannica, della City e dei conservatori. Ne è prova l'affermazione dell'esponente del gabinetto ombra John Biffen: il Cancelliere dello Scacchiere dà segni di essersi convertito (alla deflazione) sul letto di morte ». Una conversione questa, alla quale Heffer e la sinistra del partito laburista si oppongono decisamente. Ma la loro battaglia contro i tagli nella
spesa pubblica risulta indebolita dal fatto che la maggioranza del gruppo parlamentare laburista è su posizioni moderate e sembra dare molto più ascolto alle considerazioni di Keith Joseph nel suo « Right Approach », il documento programritico conservatore, che non ai classici ideali di un partito di sinistra. L'alternativa favorita rimane quella di tentare la via dell'espansione proteggendo il mercato interno dai contraccolpi dell'aumento della liquidità sulla bilancia dei pagamenti. Questa protezione dovrebbe essere praticata attraverso l'inasprimento delle barriere doganali. Il Ministro delle fonti di energia Wedgwood-Benn insiste su questo concetto ed ha preparato le linee di un piano accettato dalle Trade Unions e dall'esecutivo del Labour Party. Gli avversari di Benn definiscono il suo modello « un piano per un'economia in stato d'assedio,' e controbattono sostenendo che se la Gran Bretagna prendesse la strada del proteiionismo potrèbbe essere seguita da altri paesi, provocando così un ritorno ad una situazione di recessione che richiama alla mente i fantasmi degli anni trenta. Roy Jenkins, ex Cancelliere dello Scacchiere, ora Presidente della Commissione della Comunità Economica Europea, uomo che gode di grande prestigio sia nel paese che all'estero, è certo uno dei principali punti di riferimento per i moderati laburisti: tuttavia le sue posizioni in materia di spesa pubblica non si discostano da quelle dei conservatori. Alla fine degli anni sessanta Jenkins, come Cancelliere dello Scacchiere, impose una deflazione selvaggia che se permise di riportare in attivo la bilancia dei pagamenti e di ridurre la spinta inflazionistica, fece però perdere popolarità al suo partito, che risultò sconfitto nelle successive elezioni ad opera di Heath. La sinistra laburista accusa Jenkins addirittura di manipolare le cifre quando sostiene che la spesa pubblica rappresenta il sessanta per cento del reddito nazionale: in realtà non supererebbe il 48%. Tuttavia le stime variano molto: ad esempio quella effettuata dalla Tesoreria parla del 55% circa.
12 Un altro asprissimo conflitto in materia di valutazioni è quello che concerne gli
effetti di tagli nella spesa publica sull'occupazione. Secondo la sinistra del Labour Party un taglio di cinque miliardi così come viene raccomandato dal partito conservatore, porterebbe ad una disoccupazione dell'ordine di tre milioni di unità. Su tagli eccessivamente drastici il fronte degli oppositori si allarga notevolmente e comprende lo stesso Cancelliere dello Scacchiere Denis Healey ed i suoi sottosegretari. Uno di questi, Joel Barnett, ha di recente detto che è già difficile appor tare tagli modesti e che parlare quindi di una decurtazione di 5 miliardi di sterline è un'assoluta follia. Nessun governo, ha rilevato Barnett, sarebbe in grado di imporre al paese tale sacrificio; chi propone tagli di tali dimensione ignora volutamente gli effetti che ne deriverebbero sul tessuto della società inglese. In termini monetari una riduzione che porti a dimezzare l'attuale disavanzo richiederebbe un aumento di 2 sterline e più alla settimana negli affitti popolari, il pagamento delle prescrizioni mediche, dei medicinali, delle mense scolastiche: per una famiglia con tre figli, significherebbe un extra costo di 6 sterline la settimana che salirebbe a 10 sterline se si contano i costi ospedalieri. Sarebbe poi inevitabile una riduzione del 10 per cento delle pensioni. E tutto questo ridurrebbe la spesa pubblica di di due milioni e mezzo di sterline. Riferendosi alle pressioni internazionali per costringere l'Inghilterra a imboccare questa strada, Barnett si augura che gli altri paesi industrializzati si rendano conto di cosa significhi chiedere ai lavoratori enormi sacrifici in tempi di recessione economica e crescente disoccupazione. Il problema della spesa pubblica, fa osservare l'On. Barnett, sta suscitando una isteria di massa sollecitata da un profondo senso di panico: « Ma è proprio sotto questa minaccia che bisognerà resistere contro provvedimenti non solo controproducenti dal punto di vista economico ma socialmente distruttivi >'. Alla Tesoreria si è, di proposito, voluto
assumere una linea assai più drastica perché meno condizionata da necessità di voti o da considerazioni elettoralistiche. Uno dei più alti funzionari della Treasury, Alan Lorne, Permanent Undersecretary (grado corrispondente a quello di direttore generale) si è meritato la prima pagina del Times per alcuni suoi commenti a proposito degli effetti dei tagli nella spesa pubblica sull'occupazione: in una conferenza all'Università di York, egli ha sostenuto infatti che una conseguenza del genere potrebe essere addirittura positiva per l'andamento dell'economia britannica, ed un suo collega ha addirittura sostenuto che appunto perché crea disoccupazione, il taglio della spesa pubblica può rappresentare una alternativa alla politica dei redditi ed al contratto soéiale. E l'Economist del tredici novembre giunge alla conclusione che si potrebbe cominciare con il licenziare centomila impiegati statali che pesano molto negativamente sul bilancio dello stato. La riduzione della spesa pubblica viene sostenuta particolarmente da coloro che vorrebbero vedere una riduzione del carico fiscale particolarmente per la fascia più alta degli stipendi.
REDDITO NAZIONALE E SPESA PUBBLICA: VICENDE DEI SINGOLI COMPARTI
Nel 1975 il 29 per cento d'aumento nel gettito fiscale ha visto un incremento del 33 per cento dell'imposta sul reddito e del 36 per cento degli oneri sociali. t invece salita del solo 20 per cento la tassa sui consumi. La spesa pubblica ha registrato nel 1975 una maggiorazione del 30 per cento, di cui un 25 per cento d'aumento degli interessi passivi sui prestiti ed un 61 per cento dei sussidi agli enti locali. Ma mentre il gettito fiscale delle amministrazioni locali è salito del 44 per cento, la spesa per merci e servizi ha riscontrato un incremento del 46 per cento e quella per l'istruzione del 54 per cento, riflettendo gli incrementi salariali degli insegnanti.
13 Come nel 1973 e 1974 l'incremento è risultato di 12.535 milioni di sterline; suddivisa in percentuale per categoria la spesa totale viene così allocata: Difesa Trasporti pubblici Trasporti vari Edilizia popolare Istruzione Assistenza sanitaria Assistenza sociale
1965
1910
1975
14,9 4,2 7,2 6,8 11,2 9,0 17,0
11,3 4,1 8,8 5,8 12,1 9,2 17,9
9,5 4,6 9,7 7,9 12,6 9,7 16,4
Al momento nel quale scriviamo (dicembre 1976) la spesa pubblica risulta così ripartita: Difesa Servizi esteri Agricoltura, pesca Commercio, industria e occupazione Compagnie nazionalizzate Strade e trasporti Edilizia Altri servizi pubblici Istruzione, biblioteche, scienze, arti Assistenza sanitaria Previdenza sociale Altri servizi pubblici Servizi comuni Irlanda del Nord
5,644 1,275 851 2,601 3,310 2,487 4,435 2,467 7,362 6,608 11,559 835 807 1,597
Totale
53,671
Riserve di emergenza
706 54.377
ForE: Central Statistica! 0ff ice
Esaminiamo qui di seguito le vicende dei principali comparti della spesa pubblica.
* Le industrie nazionalizzate Le industrie nazionalizzate producono un fatturato di oltre 13 miliardi di sterline rispetto ad un prodotto nazionale lordo di 92 miliardi di sterline. Ma nel 1974 l'industria statale accusava una perdita di oltre i miliardo di sterline e nell'anno finanziario al marzo 1976 il passivo delle sei corporations è stato di circa 600 milioni di sterline. Nel 1975-76 gli investimenti pubblici in questo settore si sono aggirati sui 4 miliardi di sterline, una somma che ha superato di gran lunga il volume degli investimenti nell'industria privata.
Per finanziare il passivo di tutta l'industria nazionalizzata il governo ha dovuto reperire due miliardi e settecentoquaranta milioni di sterline in prestiti che hanno portato la proporzione del rimborso del debito nazionale ad 1 sterlina su ogni cinque spese. Il futuro di circa 1 milione di lavoratori nel settore nazionalizzato dei trasporti, di 250.000 in quello carbonifero, di 220.000 in quello siderurgico e di 343.000 in quello energetico, del gas ed elettricità, dipende dalla predisposizione di un quadro operativo più efficiente di quello finora realizzato. L'inefficienza delle aziende statali si riflette sulla produttività: quattro minatori inglesi raggiungono - si calcola - la produttività pro-capite di un americano, così come nell'industria siderurgica il rapporto è 3 a 1, in quella telefonica di 2 a 1. L'incidenza dei salari sui costi è: per le poste dell' per i trasporti pubblici deI per il carbone del per le telecomunicazioni deI per l'acciaio del per il gas del
80 per cento 70 per cento 50 per cento 39 per cento 34 per cento - 30 per cento
Ad eccezione della British Steel Corporation che nell'anno finanziario 1975-76 ha subito una perdita di 250 milioni di sterline, gran parte delle aziende nazionalizzate hanno migliorato considerevolmente Il ritorno alla redditività del Post Office ce prevede un attivo di 150 milioni di sterline contro un passivo di 300 milioni di sterline nel 1975: è questo il risultato dei colossali incrementi delle tariffe postali sommati ad una effettiva riduzione della manodopera dovuta al processo di conversione all'elettronica attualmente in corso, processo che sta costando la perdita di circa 15.000 posti di lavoro nelle tradizionali aziende fornitrici di apparecchiature telefoniche. Il ritorno alla redditività del Post Office contraddice le linee direttive stabilite dal governo centrale nel 1961 per il raggiungimento della parità di bilancio entro un periodo di cinque anni al netto di ammor tamenti e saldo di interessi; ma sta dimostrando anche un altro aspetto sorprendente e cioè che l'utente non ha reagito,
14 come si pensava, agli incrementi con un minor uso dei servizi postali. Altre aziende in attivo sono la British Gas Corporation con un attivo di 25 milioni di sterline (contro. un passivo di 45 milioni di sterline l'anno precedente), l'Electricity Coùncil con 10 milioni di sterline
circa (contro una perdita precedente di 257 milioni di sterline) ed il National Coal Board con un attivo di 52 milioni di sterline. Dalla seguente tabella è possibile stabilire l'andamento del settore pubblico negli ultimi anni.
TABELLA n. 3 - Tassi medi di crescita annui delle Industrie nazionalizzate. Produzione British Airways British Gas British Rail BSC (British Steel Cor.) Electricity NCB (National Coal Board) Post Office: Posts Telecommunications National Bus NFC (National Freight)
Impiego
Produzione pro-capite
1960-74 1960-75 1963-75 1968-75 1960-75 1960-75
11,0% 7,4 0,0 -3,9 4,7 4,3
3,6 -1,4 -5,5 -2,5 -1,6 -5,9
7,1 8,9 5,8 -1,4 6,3 1,7
1960-75 1960-75 1969-75 1969-75
-0,1 9,7 -2,2 -4,5
0,1 2,1 -3,4 -6,5
-0,2 7,5 1,1 2,1
Bilancio industrie nazionalizzate Fatturato m. £
Anno al British Gas British Railways Board Electricity Council National Coal Board Post Office British Steel Corp. F0Nm:
31. 3.76 31.12.75 31.22.75 29. 3.76 31. 3.76 3. 4.76
.
Profitto o perdita m. £
Tassaz.
m. £
1565,6 1268,5 3277,7 1982,2 3205,7 2356,7
+ 25,2 -506,8 8,5 -38 + 147,9 -246,1
0,1 .0 0 1,3 0,1 8,6
13.656,4
-609,3
10,1
Financial Times, 19 nov. 1976
dare il progetto di sfruttamento di un Nello, scorso luglio il Cancelliere dello vastissimo giacimento a Selby, ma l'autoScacchiere Denis Healey ha reso noto che le industrie nazionalizzate dovranno ri- restrizione non dovrebbe compromettere durre nel 1977-78 gli investimenti di capi- il piano decennale per l'industria del carbone concordato tra sindacati, governo e imtale di 157 milioni di sterline. Le azienprenditori. Il maggiore risparmio, e cioè 40 de del gas, carbone, energia elettrica e petrolio in particolare saranno le più col- milioni di sterline nel 1977-78, verrà ralizpite con un risparmio coercitivo calco-- zato dilazionando il progetto per il reattore lato in 112 milioni di sterline. Una ecce- nucleare (SGHWR). zione viene fatta per la British National Il rendimento del capitale investito nelle industrie nazionalizzate è notoriamente Oil Corporation, considerata un « caso speciale », poiché naturalmente il gover- basso. La British Airways ha subito un no vuole assicurarsi un progresso senza calo dal 10 per cento negli anni 60 all'i per cento nel 1975. La British Steel Corintoppi nella produzione petrolifera. Le aziende del carbone, del gas e dell'elet- poration è riuscita a mantenere un 8,9 per cento. Il Post Office ha registrato una ritricità si vedranno costrette ad economizduzione dal 9,8 per cento nel 1970-71 al zare 20 milioni di sterline ciascuna, oltre ad altri 7 milioni di sterline di tagli 5,2 per cento nel 1975. Lo scarso rientro supplementari. Per l'industria del carbo-- del capitale impiegato è una nota ricorrente nell'investimento industriale in Gran ne in particolare, ciò significherà riman-
15 (Tribune, ottobre 1976)
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Bretagna. Un'osservazione che si fa di solito è questa: mentre l'industria privata deve convincere gli azionisti della propria abilità a conseguire un profitto, e mentre le industrie statali hanno accesso a larghi prestiti garantiti dal governo, questo persegue nello stesso tempo politiche dei prezzi che rendono difficile la realizzazione di un ragionevole rendimento. Così, ad un altissimo costo del capitale investito non corrisponde un soddisfacente rientro di capitale. Si veda il caso della British Steel Corporation che per il 1974-75 ha versato un dividendo di 7,1 milioni di sterline su un capitale investito di 545 milioni di sterline. Altre aziende hanno ricevuto denaro gratuitamente, come i 215 milioni di sterline alla British Rai! nel 1974 concessi senza alcun obbligo o interesse. Ma altre ancora sono state incoraggiate a reperire prestiti
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sul mercato dei capitali con il rischio garantito dalla Tesoreria. La politica di alti prezzi che ha visto nel 1975 un incremento delle tariffe telefoniche del 100 per cento, postali dell'87 per cento, ferroviarie del 49 per cento, elettriche del 48 per cento e del carbone del 38 per cento non sembra abbia avuto quegli straordinari effetti sulla posizione finan-, ziaria delle aziende statali, apparentemente incapaci di raggiungere un qualsiasi profitto o parità a causa del fatto che, - assume il management -. trattandosi di prezzi amministrati non è possibile modificarli con la necessaria tempestività. Ed è per questo, a parte altre considerazioni, che il governo ha deciso di ridurre i sovvenzionamenti, costringendo le industrie nazionalizzate a cercare rimedi all'interno delle aziende. Per combattere gli sprechi ed aumentare
16 il rendimento del settore pubblico un documento di recente pubblicazione sulle industrie nazionalizzate, a cura del National Economic Development Organisation (NEDO), contiene la proposta di istituire consigli speciali di supervisione sul management. Vivaci sono state le opposizioni: tali consigli, formati da funzionari statali, finirebbero - si dice - con l'esacerbare ulteriormente l'inefficienza amministrativa e con l'istituzionalizzare gli interventi dall'esterno. Il rapporto del NEDO ha Comunque sottolineato che lè corporations hanno acquisito una tale importanza economica da non poter essere trattate come semplici aziende private finite per caso nelle mani dello Stato. Una delle critiche più incisive contenute nel rapporto riguarda l'assoluto fallimento delle direttive del Libro Bianco del 1967 sugli investimenti e sul rendimento del capitale investito. Il problema basilare, secondo il rapporto, sarebbe costituito dall'incapacità di ovviare alla reciproca sfiducia che intercorre tra i dirigenti delle industrie nazionalizzate ed i funzionari dello Stato, che in teoria dovrebbero predisporre un quadro gestionale e seguirne la realizzazione. Nonostante i tentativi di circoscrivere l'interventismo statale ed i pochi casi di dialogo aperto quali si sono verificati nell'industria del carbone, i rapporti tra le « cor porations » ed i dicasteri di Whitehall sono degenerati nel più aperto antagonismo. I funzionari statali lamentano l'imposizione di programmi già definiti dalle aziende e queste contestano una eccessiva supervisione da parte di funzionari assolutamente incompetenti in materia industriale. Gli uffici statali ripetono che ad essi non sono state date sufficienti informazioni industriali e commerciali per poter giudicare le proposte al vaglio, mentre i dirigenti aziendali ribattono che non dispongono di adeguati riferimenti sulla politica che il governo intende perseguire sull'energia, trasporti, poste e telecomunicazioni ecc. L'antagonismo esistente nel settore pub buco tende forse ad essere esagerato, ma i conflitti tra i dirigenti aziendali e i funzionari statali mostrano un fenomeno di
incompatibilità significativo, che ha varie manifestazioni a livello personale. Nel caso delle British Railways si è assistito ad una concentrazione della supervisione ministeriale e ad un tentativo di programmazione assai mal riuscito. In quello dell'industria siderurgica la strategiaa lungo termine definita neI 1973 per assicurare una coerente politica d'investimento si è arenata per la miriade di questioni insorte su punti secondari e particolari dell'azione da seguire.
* Difesa La netta contrapposizione tra una destra decisa a tagliare la spesa pubblica ed una sinistra decisa a resistere a questi progetti viene meno per quanto riguarda gli armamenti. In questo caso le preoccupazioni di bilancio espresse per tutti gli altri settori della public expenditure scompaiono, così come scompaiono, dall'altra parte della barricata, quelle relative agli effetti che i tagli possono avere dal punto di vista politico e sociale. vero d'altronde che alcuni autorevoli sindacalisti di sinistra, che operano in aziende come la British Aircraft Corporation, la Vickers, la Rolis Royce e la Lucas Aerospace (questi ultimi con un documento di mille e duecento pagine), hanno presentato piani per un diverso uso della tecnologia britannica da utilizzare anziché per l'industria di guerra per quella nazionale di potenziamento delle fonti di energia. t anche vero che tali piani peccano - secondo molti osservatori - di irrealismo: i costi della conversione potrebbero in molto casi rivelarsi anti-economici e non necessariamente gli obiettivi che in tal modo si vogliono aggiungere rappresentano realistiche priorità per il rilancio dell'economia britannica. Il dibattito diventa chiaramente politico e ideologico e così, mentre da un lato si possono ascoltare discorsi fin troppo allarmistici sulle intenzioni e sulla potenza militare dell'URSS e dei suoi alleati, dall'altro si presenta la spesa militare inglese come una inutile stravaganza od addirittura, quel che sembra oggi palesemente forzato, come uno dèi motivi di tensione
17 (Tribune, novembre 1976)
su scala internazionale. Il partito conservàtore sembra avere adottato una linea molto rigida. La signora Thatcher si è meritata la definizione - attribuitale dalla Tass - di « signora di ferro» e la nomina di Winston Churchill (nipote dello statista omonimo) a ministro della difesa del Governo Ombra segna una netta svolta rispetto al passato. Oggi i conservatori sono per il confronto diretto con l'URSS, mentre fino a ieri sembrava prevalere la linea di Macmillan, fautore del dialogo e del disarmo. Era stato d'altronde il conservatore Times ad iniziare la campagna per il ridimensionamento del ruolo della Gran Bretàgna come potenza militare, e l'abbandono delle posizioni ad est di Suez era stato accolto dalla màggioranza del partito come una decisio- ne più che necessaria. All'improvviso ritorno dei conservatori agli accenti da guer-
ra fredda ha fatto riscontro una maggiore rigidità della sinistra laburista: sono almeno trenta i parlamentari che sostengono apertamente il ritiro dell'Inghilterra dalla NATO' mentre almeno un centinaio chiede che le spese militari 'siano drasticamente tagliate. L'opinione pubblica è decisamente favorevole a questa riduzione ed in particolare ad un disimpegno dalla Germania dove l'Armata britannica sul 'Reno gioca un ruolo predominante nel confronto con le forze del patto di Varsavia. Quando il Primo Ministro Callaghan, nel corso di una intervista televisiva svoltasi dopo uno dei più pesanti attacchi 'speculativi'alla sterlina, ha prospettato, sia pure in termini molto ipotetici, l'ipotesi di un ritiro delle truppe dalla Repubblica Federale, la sua popolarità è immediatamente salita. Ma lo stesso Callaghan e i suoi Mi-
18 nistri si mantengono su posizioni decisamente atlantiche, sia perché continuano a puntare sulle attuali alleanze, sia perché la politica estera della Gran Bretagna poggia ormai da un lato sull'America, verso la quale rivendica « relazioni speciali », e dall'altro sul Mercato Comune, non volendo certo rimanere esclusa dall'eventuale processo di integrazione europea. Ma la spesa nel settore militare si mantiene su livelli elevati, anche perché l'industria degli armamenti ha accreditato la concezione di fare avanzare la tecnologia e di of frire colossali opportunità di contratti nel Medio Oriente, e nonostante che nel 1974 il manifesto elettorale del Labour Party avesse promesso una netta riduzione del bilancio della difesa. Ora, malgrado il clima di austerità ed i tagli che interessano praticamente tutti gli altri settori, il libro bianco governativo prevede che entro la fine di questa decade la Gran Bretagna avrà aumentato, in termini reali, del quattro per cento le spese militari. Malgrado l'ex Ministro della difesa Mason abbia promesso considerevoli economie, queste dovrebbero essere dell'ordine di circa un miliardo di sterline (270 milioni annunciati da Heath e 670 dai laburisti). Nel momento attuale tale spesa è pari a cinque miliardi e quattrocento milioni di sterline contro i quattro miliardi e mezzo dello scorso anno e corrisponde ad oltre il cinque per cento del prodotto nazionale lordo. Il Segretario Generale del Comitato per il Disarmo Nazionale David Griffiths ha fatto rilevare che l'acquisto di 385 aerei di combattimento Tornado, che il Regno Unito si è impegnato ad effettuare nei prossimi anni, supera di venti volte il bilancio del Medical Research
Council. Una difficoltà obiettiva è quella di « quantificare» la spesa per l'Armata sul Reno, stimata intorno ai 600 milioni di sterline all'anno ma contabilizzata in cifre molto inferiori. In Gran Bretagna la spesa militare, pur essendo scesa in percentuale rispetto al prodotto nazionale lordo dal 5,8 nel 1974 al 5,7 per cento nel 1975, si mantiene ancora a livelli superiori a quelli di altri paesi europei ad eccezione del Portogallo e della Grecia. Le percentuali sono infatti:
Portogallo 7,5% Grecia 6,9% Francia 4,6%, Germania occidentale 4,1% (5,0 se incluso Berlino), Turchia 4,1%, Olanda il 3,9%, Norvegia il 3,6%, Belgio il 3,3%, Danimarca il 2,9%, Italia il 2,8% (dati elaborati dall'Istituto di ricerca del partito laburista, marzo 1976). Anche se si considerano gli effetti inflazionistici, il balzo nella spesa militare da un anno a questa parte è certo notevole. Le previsioni di bilancio parlavano di 4,526 milioni di sterline nel 1975-76 e 5,604 milioni di sterline nel 1976-77. Del bilancio militare il 45,6 per cento va al personale, il 35,3 per cento all'equipaggiamento ed il 19,1 per cento alle costruzioni. L'equipaggiamento ha registrato un aumento da 33,6 a 35,3 per cento e su una spesa di 1.990 milioni, 514,9 sono andati alla Marina, 437,2 milioni di sterline all'Esercito e 840,2 milioni di sterline alla Aeronautica. I sottomarini Polaris costano ora 78 milioni di sterline contro i 58 milioni dell'anno precedente. Un secondo incrociatore anti-sottomarini è stato commissionato per 150 milioni di sterline ed il nono sottomarino atomico entrerà quest'anno in servizio (costo 31 milioni di sterline nel 1974) e altri due sono in costruzione. Sono inoltre in corso trattative con gli Stati Uniti per l'acquisto di un sottomarino lanciamissili e nuovi tipi di «sonar » sono in via di sviluppo per le navi di superfice. Pure l'esercito avrà un nuovo tipo di missili. Quest'anno entrerà in azione l'US Lance. Per la RAF è in arrivo il « Tornado », l'aereo da combattimento di costruzione anglo-tedesco-italiano, per il quale la Gran Bretagna ha già piazzato un or dine. Il libro bianco sulla difesa fa osservare che tutto questo costosissimo equipaggiamento è necessario perché i paesi del patto di Varsavia stanno migliorando qualitativamente e quantitativamente i loro armamenti. Per giustificare il bilancio così alto l'ex Ministro della difesa Roy Mason ha ricordato le conseguenze sull'occupazione, che potrebbe subire tagli troppo drastici. Ma a luglio è stato ugualmente annunciata una riduzione di circa 10.000 posti di lavoro ci-
19 vili per consentire un risparmio di 534 milioni di sterline entro il 1978-79. Una riduzione vera e propria della spesa militare è un progetto a medio termine la cui realizzazione è rinviata al 1983-84: dal 1976 al 1984 si dovrebbe gradualmente operare una decurtazione delle spese militari di 4,7 miliardi di sterline.
* Edilizia popolare Negli ultimi tre anni la spesa per l'edilizia popolare ha subito un incremento del 60 per cento; rispetto all'ammontare globale della spesa pubblica si è passati dal 6 per cento al 9 per cento; nei confronti del prodotto nazionale dal 2,5 al 5 per cento. Un così drastico incremento non trova co. munque riscontro in una visibile espansione del numero delle abitazioni popolan, poiché le sovvenzioni sono state lar gamente assorbite dallo spaventoso aumento dei costi di costruzione e delle aree fabricabili e dall'aumento dei mutui delle autorità locali agli acquirenti privati. In questo ultimo decennio il numero totale delle abitazioni ha superato quello dei nuclei familiari, ma se l'offerta di alloggi è migliore rispetto ad altri paesi europei, il « problema della casa » o meglio ancora « i sintomi» di tale problema si stanno facendo sentire. La metropoli londinese in particolare soffre di una inefficente distribuzione di alloggi, causata dai lunghissimi periodi di blocchi degli affitti e dalle rigidezze burocratiche di un settore sovvenzionato da più di mezzo secolo. Quest'anno l'incidenza della edilizia popolare sulla spesa pubblica è stata di circa 4 miliardi di sterline ed è appunto il mantenimento di questo bilancio per i prossimi tre anni che il governo laburista si prefigge. L'edilizia popolare non è stata quindi colpita come altre voci, tuttavia poiché negli ultimi tre anni si è avuto un aumento del 60 per cento, si nutrono dubbi sulla possibilità di mantenere il costo al livello attuale, quando il tasso inflazionistico si aggira ancora sul 15 per cento e solo fra due anni potrebbe scendere al di sotto del 10%.
Considerando che il 54 per cento degli immobili in Gran Bretagna è di proprietà privata ed il 32 per cento di proprietà delle amministrazioni locali, un livellamento dell'onere che grava sulla spesa pubblica per abitazioni popolari potrebbe essere attuato con un drastico aumento dei fitti. In effetti si parla di aumentare nei prossimi quattro anni i fitti e le tasse sulle abitazioni che sono riscosse dalle amministrazioni locali, in modo da coprire il 50 per cento dei costi assunti dagli enti locali per l'edilizia popolare. Attualmente la percentuale è del 43 per cento ma nel 1968 aveva toccato il 74 per cento. In termini monetari si tratterebbe di un risparmio di circa 180 milioni di sterline l'anno entro il 1978-79. Poiché secondo gli attuali regolamenti le tasse locali sui suoli e.sulle proprietà immobiliani sono riscosse direttamente dalle casse delle amministrazioni locali invece di passare attraverso la Tesoreria, sono gli enti locali ad avere il maggiore incentivo ad aumentarli: tuttavia per raggiungere l'obiettivo del 50 per cento del costo totale dell'edilizia popolare, sarebbe necessario un aumento superiore all'indice del costo della vita. Esiste inoltre il problema dell'indebitamento i cui interessi passivi costituiscono il 70 per cento del programma edilizio delle amministrazioni locali, pari a circa 2 miliardi di sterline. Una soluzione al problema che è stata proposta dagli economisti della Tesoreria sarebbe quella di incoraggiàre le autorità locali a vendere le abitazioni costruite su finanziamento statale. Le amministrazioni concederebbero il mutuo necessario e gli interessi percepiti andrebbero a coprire i costi di costruzione, né ci si dovrebbe preoccupare della concorrenza del settore privato, che non è in grado di costruire a prezzi inferiori. Si fa però osservare che ormai non è più valido il principio che aveva ispirato il sovvenzionamento dell'edilizia circa mezzo secolo fa: il numero di nuclei familiari che non sono in grado di versare un deposito per l'acquisto di una abitazione (in genere l'i per cento) in modo da ottenere il mutuo delle amministrazioni locali (99 per cento) si è sensibilmente ridotto con l'andare degli anni.
20 * Trasporti Sulla politica dei Governi britannici in tema di trasporti, incidono spesso in maniera determinante i gruppi di pressione. Per questo si assiste ad un continuo deterioramento delle ferrovie a spese del settore autostradale, al quale per la verità la Gran Bretagna si era affacciata con un certo ritardo rispetto alle nazioni maggiormente industrializzate. È nella seconda metà degli anni cinquanta, quando i conservatori si lanciarono con Macmillan nella corsa ai consumi ed agli alti profitti e condannarono i modelli di tipo socialista che la Gran Bretagna si era data con i governi laburisti del dopoguerra, che iniziò lo smantellamento delle ferrovie e venne invece potenziata la rete autostradale. Il dr. Beeching, presidente della British Railways, al primo accenno di austerity fece piazza pulita dei cosiddetti rami secchi, e cioè dei servizi ferroviari e delle loro infrastrutture in molte parti del paese: da allora si è cominciato a guardare alle ferrovie come ad una corporation che deve essere attiva piuttosto che ad un ser vizio pubblico. L'Inghilterra che vantava la rete ferroviaria più sviluppata del mondo, ne ha ora una molto modesta. I grossi autoveicoli servono meglio al trasporto delle merci a scapito dell'ambiente ma a vantaggio dei profitti e della rapidità. Le ferrovie, proprio perché debbono essere attive, non sono competitive se non in alcuni casi e si prevede che entro la fine di questo decennio il traffico stradale aumenterà del 50 per cento. D'altra parte, la spinta a tagliare la spesa pubblica colpisce la stessa rete autostradale, ed alcuni colossali progetti, come quello del tunnel sotto la Manica, con tutte le infrastrutture ad essi connesse, hanno dovuto essere abbondanti. Per il trasporto dei passeggeri, sècondo le statistiche relative al 1975, dieci miliardi di unità hanno usato la strada e 714 milioni la ferrovia (s'intende, com'è ovvio, che l'uso dei mezzi di trasporto è in media di decine di volte per ciascun individuo). Le ferrovie inglesi sono state uno dei primi settori ad essere nazionalizzati ma si cerca ora per questa azienda il pareggio attraverso l'aumento delle tariffe. Il graduale abbandono dei prezzi po-
litici dalle sovvenzioni ai servizi pubblici ha conciso dal 1975 con un incremento delle tariffe sulla rete urbana di Londra del 100 per cento e dell'80 per cento in media sulla rete nazionale. Per questo si dice che, in termini di distanze, il treno è più caro del Concorde, ma sembra che le polemiche non arresteranno per ora il processo verso l'autosufficenza finanziaria che richiederà nei prossimi cinque anni aumenti minimi tariffari del 7,5 per cento ed una riduzione di manodopera di 40.000 unità. Il rischio di un netto calo degli utenti di questi servizi non sembra scoraggiare il governo, intenzionato ad eliminare a tutti i costi le sovvenzioni che nel 1975 sono state pari a circa 500 milioni di sterline. Per permettere quindi un taglio della spesa pubblica per i trasporti pubblici non sarà sufficiente un temporaneo blocco di tutti i lavori di manutenzione. Comunque non sarebbe stato in alcun modo possibile mantenere l'economicità dei prezzi, in quanto diversi anni di contenimento non hanno avuto l'effetto desiderato di aumentare i] numero degli utenti e gli ingenti incrementi dei prezzi avvenuti dal 1974 in poi sono in larga parte il contraccolpo dell'esplosione salariale e dell'inflazione dei costi in generale. Cosicché la spesa pubblica nel settore dei trasporti ha segnato una rapida crescita, che si calcola essere stata negli ultimi 4 anni del 7,5 per cento l'anno. L'investimento capitale ha comunque segnato un incremento del 16-17 per cento e le sovvenzioni sono cresciute di un 41 per cento l'anno. Secondo un criterio economico molto emplice, per ridurre il disavanzo le tariffe dovrebero salire al di sopra dei costi ed è sulla base della previsione di 1 miliardo di sterline di sovvenzioni nei prossimi tre anni che il governo è stato cotretto a scegliere la strada impopolare 4legli incrementi tariffari piuttosto che richiare una paralisi dei servizi e massicci icenziamenti. Una contrazione del 3 per pento l'anno nella rete ferroviaria e dell'il per cento per i vagoni letto è parte del processo di razionalizzazione del vastissimo ed efficiente (e per questo costoso) sistema ferroviario inglese. La quantità 'dovrà dunque far largo all'economicità ma
21 ciò non significherà necessariamente un deterioramento qualitativo dei servizi. Se si considera ad esempio la rete della Creater London che serve due milioni giornalieri di pendolari, i servizi interurbani ferroviari e metropolitani sono di una tale frequenza che possono consentire una certa riduzione degli orari senza provocare eccessivi disagi agli utenti. Ma è proprio per la vastità e la densità demografica del sud-est inglese che è impossibile una razionale politica di trasporti su scala nazionale. Un altro problema delTABELLA
le ferrovie inglesi, analogo a tanti altri settori industriali, è l'obsolescenza marcata degli impianti: una certa produttività può essere acquisita solo attraverso ingenti investimenti di capitali. Ma questi non sembrano attualmente possibili. In verità, una strategia per i complessi problemi finanziari dei trasporti pubblici non è stata ancora definita. Come scelta ad effetto immediato è stata per ora imboccata la strada dell'autofinanziamento attraverso l'adozione di prezzi commerciali.
n. 4 - Spesa Pubblica per i Trasporti 1972-73
73-74
74-75
75-76
Investimenti strade Ferrovie
642 m 131 m
712 143
647 143
622 197
—2% +16
Altri trasporti pubblici
133
143
141
171
+ 17,6
906
998
931
991
+ 3%
164 340 84
228 347 90
426 327 108
461 336 109
+41.4 + 1,5 + 7,3
1494
1663
1792
1897
+ 76
819
858
914
915
+ 4,3
Sussidi Manutenzione strade Amministr. Totale Contribuzione dalle amministrazioni locali .
* Sussidi e sovvenzioni La Gran Bretagna, date le sue strùtture sociali avanzate, ha praticato ancora prima dell'avvento del governo laburista di Attlee una politica di interventi volti ad assicurare un elevato livello di vita ed a correggere gli squilibri determinati da una economia di mercato. Oltre ai sussidi alle industrie nazionalizzate, allé amministrazioni locali ed alle attività culturali, il Governo ha da sempre sostenuto artificialmente i prezzi dei beni alimentari attraverso sussidi agli agricoltori e più di recente attraverso i controlli sui prezzi. Gli impegni comunitari ed il lobbying delle industrie alimentari sta forzando il governo laburista a cambiare strada. Ma in questo modo si determinano aumenti del costo della vita di tali proporzioni da rendere difficile l'intesa con i sin-
Percentuale
dacati per una ordinata politica salariale. Mentre scriviamo si affaccia tra l'altro la ipotesi di una svalutazione della sterlina verde con la prospettiva di una ulteriore incidenza negativa sui prezzi dei prodotti agricoli ed alimentari. Mentre a Bruxelles il governo inglese sta combattendo contro una svalutazione della sterlina verde, il Segretario di Stato per i prezzi e la protezione dei consumatori, Roy Hattersley, ha annunciato una riduzione dei sussidi sui prodotti caseari che determineranno un aumento dello 0,1 per cento del costo della vita. Anche questo provvedimento è in linea con la politica di riduzione della spesa pubblica che prevede minori sussidi per i prezzi alimentari passando da 572 milioni di sterline nel 1975-76 a 409 milioni di sterline nel 1976-77. I tagli sono progressivi tanto che nel 1977-78 questo capitolo di spesa scen-
22 derà a 200 milioni di sterline e nel 1978-79 a 84 milioni di sterline. Sull'argomento i sindacati hanno scatenato un'accesa polemica, accusando il governo di mettere deliberatamente in pericolo il contratto sociale, ma il ministro Hattersley si difende ricordando che la politica di controllo dei prezzi alimentari era stata adottata nel 1974 con l'obiettivo di essere abbandonata nel più breve tempo possibile. Il risparmio di 180 milioni di sterline che la riduzione dei sussidi sui prezzi alimentari consentirà, non basta a convincere i sindacati ad ingoiare la pillola amara di una non calcolata inflazione dei prezzi di articoli di prima necessità. Tanto più che alla fine del 1977, a meno che la CEE non conceda una proroga, l'Inghilterra dovrà portare i prezzi alimentari al livello di quelli comunitari, il che comporterà un aumento del 50 per cento. Secondo le statistiche ufficiali i sussidi per i prodotti alimentari avevano consentito ad una famiglia media un risparmio di 71 pence alla settimana. Il governo sta ora esplorando la possibilità di continuare un effettivo sovvenzionamento dei prezzi mediante la CEE. Quest'anno la Comunità ha contribuito con 19 milioni di sterline ai 106,5 milioni di sterline per i prezzi del burro ed ha fornito circa la metà dei 94 milioni di sterline per il sistema d'intervento sui prezzi della carne bovina. Un'altra forma di protezione è la resistenza a svalutare la sterlina verde, ma ciò nonostante i provvedimenti di auto-restrizione riguardanti l'Agricoltura, tradotti in cifre, appaiono colossali. Entro il 1979-80 è prevista una diminuzione da i milardo e 36 milioni a soli 525 milioni di sterline: degli 827 milioni di sterline in meno, 525 milioni costituiranno un risparmio sui prezzi amministrati e 125 milioni saranno sottratti al sovvenzionamento dei prezzi d'acquisto dello zucchero di canna dai paesi produttori del Commonwealth. Anche se non sembra che i tagli colpiscano direttamente l'industria agricola, certo il governo sta gradualmente abbandonando i sistemi d'intervento che avevano reso l'industria agricola inglese una tra le più protette ed efficienti. I coltivatori vengono spinti cioè a competere per i prezzi più al-
ti sul mercato mentre il governo manterrà garanzie minime per le derrate più sensibili agli sbalzi della domanda ed offerta. Una novità importante è rappresentata dai sussidi per l'occupazione. La Cassa Integrazione sta proteggendo 120.000 posti di lavoro ad un costo globale di 124 milioni di sterline, anzi il suo ammontare verrà aumentato da 10 a 20 sterline la settimana per operaio per una durata di 4 mesi e mezzo, in modo da incoraggiare gli imprenditori a preservare l'occupazione: messo in atto da agosto, il cosiddetto Temporary Employment Subsidy è una delle carti vincenti nella politica economica di Denis Healey, intesa a difendere il più possibile l'occupazione in attesa di una ripresa delle attività industriali. I sussidi sono offerti alle aziende che ne fanno richiesta al Ministero dell'Occupazione assieme al loro sindacato. Questa soluzione viene favorita dal governo in quanto la cassa integrazione è meno costosa dell'indennità di disoccupazione ma spesso lo stato dell'azienda non permette di sostenere la quotaparte che gli imprenditori si devono assumere. In questo modo comunque 120.000 lavoratori non figureranno alla fine del 1977 tra le fila dei disoccupati. Per quanto riguarda invece la industria, i sussidi dello Stato a favore delle aziende, tra cui la Rolis Royce, sono ammontati a 761 milioni di sterline dal 1971 al 1975. * Assistenza sociale Circa 15 miliardi di sterline l'anno vengono spesi in Inghilterra per la sanità e la assistenza pubblica sotto l'ombrello della legislazione del National Welfare State ispirata da Lord Beveridge. L'assistenza sanitaria incide per 5,4 miliardi di sterline sul costo totale del Welfare State, ma è l'assistenza sociale (pensioni, indennità, disQccupazione, assegni familiari ecc.) che assorbe circa 9 miliardi di sterline. Le pensioni sono state portate da novembre a 24,50 sterline la settimana per coppia e 15,30 sterline per persona singola, ma in questa somma sono comprese altre forie di assistenza, ciò che dimostra come l'obiettivo di Lord Beveridge di offrire un generoso pensionamento
23 non sia stato raggiunto. Ma è il corollario di tante forme assistenziali extra che ha reso tutto il sistema un'ingombrante ed inestricabile ragnatela burocratica. Ad esempio in particolari circostanze si affida alla discrezionalità dei funzionari la concessione di determinate forme di assistenza: si pensi ai contributi al Costo di riscaldamento o alla bolletta dell'elettricità. Così nel 1971 circa il 15 per cento dei beneficiari di extra assistenza sociale ricevevano allo stesso tempo altri supplementi. L'anno scorso la percentuale era salita al 39 per cento con un totale di 945.000 beneficiari. Per far fronte a tutto questo lavoro extra
il Department of Health and Social Security ha dovuto aumentare il personale di 4.000 persone, mentre all'amministrazione delle pensione e le indennità di disoccupazione provvedono 30.000 dipendenti pubblici. Evidentemente il Welfare State ha perduto la flessibilità e forse l'entusiasmo dei primi anni appesantendosi di ammirevoli ma non sempre indispensabili iniziative che hanno richiesto un fortissimo incremento di personale per far fronte all'accresciuto lavoro amministrativo.
Il Libro Bianco sulla spesa pubblica prevede per l'assistenza sociale e sanitaria un aumento del 4,6 per cento per il 1978-79. Esclusi gli interessi passivi l'assistenza sociale e sanitaria corrisponde al 31,8 per cento della spesa pubblica. Nel 1978-79 viene prevista un'allocazione per le pensioni di ulteriori 450 milioni di sterline in previsione di un incremento del numero dei pensionati pari a 270.000 unità. Il National Health Service impiega più di i milione di persone e dal 1974 al 1975 il costo salariale degli ospedali e gli enti locali è salito in Inghilterra e Gailes da 1,2 a 2 miliardi di sterline, con un incremento cioè del 66 per cento. Per quanto riguarda le pensioni il governo di Londra, sia laburista o conservatore, osserva di solito lunghi intervalli tra un incremento e l'altro; ma con la spinta inflazionistica degli ultimi anni e le pressioni da parte dei sindacati il governo Wilson ha dovuto concedere aumenti ed indennità a lungo termine per il carovita. È così avvenuto che tra marzo 1974 e marzo 1976 l'onere delle pensioni sulla spesa pubblica si è accresciuto di 400 milioni di sterline l'anno con una continua tendenza all'aumento, in linea con il costo della vita.
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TABELLA n. 5 - Spesa per l'assistenza sociale 1970-71 Pensioni Invalidità Infortuni Pensioni vedove md. Pensioni guerra Pensioni supplementari Ass. supplementare Assegni familiari Assist. maternità
3.386 124 303 244 470 522 646 821
In tempi di ampia disoccupazione l'indennità di disoccupazione incide notevolmente sui costi sociali. Quest'anno gli indennizzi supereranno le aspettative di 338 milioni di sterline in previsione di una disoccupazione di 850.000 unità ed un incremento salariale del 17,5 per cento l'anno.
* Burocrazia Affermando recentemente che l'apparato
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1975-76 4.801 430 144 386 260 386 807 533 505
£m 1976-77 4.920 446 143 382 245 381 876 545 505
1977-78 4.963 448 143 381 236 376 •858 533 510
1978-79 4.993 452 142 380 228 371 804 520 521
£m 1979-80 5.039 460 142 381 220 368 747 508 529
burocratico britannico è già troppo pletorico - opinione che rispecchia d'altronde quella della destra conservatrice - l'Economist ha avanzato la proposta di ridurre il numero degli impiegati statali di ben centomila unità; ne sono scaturite vivacissime polemiche: l'entità del taglio proposto è tale da. apparire provocatorio, ma è certo che comunque andranno le cose, molti posti di lavoro saranno perduti. Le riduzioni dovrebbero essere effettuate
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24 soprattutto nel settore della pubblica istruzione ed in quello dei servizi sociali: il libro bianco pubblicato nel febbraio dell'anno scorso aveva già indicato la necessità di una riduzione di spesa per questi capitoli, ed il Ministro Morris, ha annunciato quest'anno riduzioni di posti di lavoro per alcune decine di migliaia di unità, riguardanti principalmente il settore della sanità e della sicurezza sociale. Non c'è da stupirsi quindi se il Segreta-
rio Generale della Society of Civil and public servants ed il Segretario generale della Civil and Public Servants Association hanno lanciato una decisa campagna atta a dimostrare i danni che deriveranno alle strutture economiche è sociali dall'indebolimento dell'apparato burocratico (The case against the cuts, Society of civil and public servants publications). In questo settore la Gran Bretagna ha una vecchia tradizione di efficienza e di integrità e si teme che le decisioni del governo toglieranno alla Gran Bretagna un altro dei suoi punti di forza. Ma i tagli nella burocrazia sono necessariamente connessi con le riduzioni di spesa e quindi con il ridimensionamento delle attività nel settore pubblico e nei servizi. Nulla da meravigliarsi quindi se il sindacato di questo settore considera il problema della riduzione della spesa pubblica nel suo insieme e lo affronta globalmente difendendo lo statu quo. * Pubblica istruzione Uno dei tradizionali slogans dei laburisti nei giorni di opposizione, era « meno denari per l'armamento, più denari per la istruzione »: quando sono andati al Governo nel difficile periodo della fine degli anni sessanta, essi si sono infatti ben guardati dall'intaccare il bilancio, temendo i risentimenti che si sarebbero creati nell'elettorato. E tuttavia i laburisti sono stati accusati di trattare la pubblica istruzione come una mostruosa « vacca sacra'> che viene lasciata ingrassare a spese del bilancio dello stato. Russe! Lewis dell'ufficio studi del partito conservatore ha scritto che negli ultimi
dieci anni il numero degli insegnanti è cresciuto di 239.000 unità e quello degli impiegati nella pubblica istruzione di altre 278.000 unità; sempre secondo i conservatori, sarebbe del tutto assurdo continuare a prevedere una media di quasi mille sterline all'anno per ciascuno dei settecentomila studenti che hanno diritto all'assistenza dello stato. Quando sono stati al potere, i conservatori hanno mostrato meno rispetto per la « vacca sacra »: nel 1973, l'allora Cancelliere dello scacchiere Anthony Barber decise un taglio del bilancio per la pubblica istruzione pari a 182 milioni di sterline, che sarebbe stato operante dall'esercizio 74-75. Questa decisione fu riesaminata dai laburisti che,, tornati al potere, preferirono orientarsi verso una politica di ordinati controlli. In teoria, il Cancelliere dello Scacchiere ha fissato un limite massimo di aumento pari al quattro per cento all'anno ma in pratica a causa dell'inflazione il valore reale della spesa statale per la pubblica istruzione è andato decrescendo. Si deve aggiungere che il bilancio si è fatto ancor più modesto da quando il Cancelliere è stato costretto a diminuire anche il valore nominale della spesa, operando un taglio netto di ottantasei milioni di sterline al quale ne seguiranno altri. Si deve aggiungere che i fondi destinati all'edilizia scolastica sono stati dimezzati e le economie previste per la costruzione dei laboratori, le scienze, la tecnologia e le arti pesano negativamente sulla qualità dell'istruzione in Gran Bretagna. Lo stesso Segretario di Stato alla Pubblica Istruzione ha, di recente, dichiarato: « Non potremo garantire l'impiego a tutti gli insegnanti, le mense scolastiche costeranno di più e sarà inevitabile un aumento dei costi di altri servizi scolastici. È una scelta difficile che siamo costretti ad effettuare dinnanzi alla situazione economica del paese e per via delle difficoltà che stiamo attraversando ». La crisi si presenta ancora più grave se si esamina la situazione delle scuole gestite dalle amministrazioni locali, i cui bilanci sono stati decurtati negli ultimi tempi e che ovviamente non sono più in grado di sostenere le spese di gestione. Così in tutta
25 la Gran Bretagna si assiste alla chiusura di asili infantili, a licenziamenti di insegnanti, ad un aggravio delle spese sostenute dalle famiglie per l'acquisto di libri e per le mense scolastiche. La spinta inflazionistica determina problemi sempre più gravi per uno dei settori più sensibili della vita inglese. Se la scure del Cancelliere aggiungerà il suo peso negativo, il sistema scolastico britannico potrebbe piombare nella serie b dell'istruzione e della cultura.
* Enti locali La svalutazione della sterlina costringe il governo ad operare ulteriori tagli nell'impossibilità di attenersi agli obiettivi definiti nei provvedimenti di luglio circa la spesa pubblica. Un più stretto giro di vite sugli enti locali sarebe tuttavia destinato ad incontrare una tenace resistenza da parte del sindacato dei dipendenti statali, che ha già dovuto digerire una riduzione del personale a causa della politica di austerità. L'altra alternativa sarebbe un aumento delle imposte di famiglia con il rischio peraltro di mettere in pericolo il contratto sociale. Dall'altro canto, una restrizione lieve non avrebbe l'effetto di contenere entro il 30 per cento l'onere dello Stato per gli enti locali. Le amministrazioni locali godono da più di cent'anni di un'assoluta autonomia di gestione e da 440 anni del diritto di determinare il livello fiscale da imporre per l'imposta di famiglia. L'unica restrizione che il governo di Londra potrebbe realizzare è una riduzione dei sussidi oppure il rifiuto a garantire prestiti, reperibili sul mercato dei capitali. Preferendo far leva sulla forza di persuasione che sullo scontro frontale, l'allora ministro dell'Ambiente, ora ministro degli esteri, Anthony Crosland è riuscito a strappare alle autorità locali la promessa di un blocco della spesa per il 1976. Questo anche per la preoccupante considerazione che la spesa nel 1975-76 è già stata pari a quella prevista per il 1976-77. Dal momento che nel corso dell'anno si è verificato un ulteriore incremento deI 3-4
per cento sarà necessario nel prossimo anno finanziario un taglio aggiuntivo del 44,5 per cento, pari a 500 milioni, per riportare il bilancio in linea con i limiti prestabiliti. Altrimenti dovranno essere i contribuenti ad adossarsi la differenza. Nell'attuale clima di austerità e di sacrifici richiesti alla popolazione, gli enti locali hanno ovviamente qualche reticenza ad imporre ulteriori oneri fiscali ma allo stesso tempo trovano difficile economizzare sia per l'intransigenza dei sindacati verso riduzioni di personale che per il crescente aumento dei costi. D'altra parte un inasprimento delle tasse comunali vedrebbe l'elettorato accusare di malgoverno non solo le amministrazioni locali ma anche il governo centrale. L'attuale ministro dell'Ambiente, Peter Shore, ritiene che il blocco sulla spesa degli enti statali imposto da Anthony Crosland riuscirà entro il 1977-78 a far rientrare i conti in modo che, eliminato l'eccesso di spesa, il governo di Londra potrà ristabilire le sovvenzioni alle amministrazioni locali sulla base del budget. A
« TAGLI » FATTI
Per il momento, ma forse soltanto per il momento, la polemica sulla spesa pubblica si è assopita. Il Cancelliere dello Scacchiere Denis Healey ha mostrato la precisione di un farmacista nel dosare sapientemente i tagli di bilancio con misure fiscali e monetarie. I tagli della spesa pubblica sono risultati molto meno rilevanti del previsto e poiché hanno colpito anche il settore della difesa, la sinistra ha limitato le sue ostilità. La diplomazia britannica ha lavorato molto bene su Bonn e su Washington per far loro -capire che la deflazione selvaggia non sarebbe stata digerita dall'Inghilterra: essa avrebbe avuto come uniCO risultato l'inasprimento dei rapporti tra governo e sindacati e quasi Certamente la caduta del governo moderato di Callaghan. Le conseguenze di eventuali dimissioni di Callaghan sono abbastanza chiare: o le elezioni immediate con la vittoria dei conservatori, o il governo di salute pubblica con la partecipazione e l'ap-
26 poggio dei moderati dei due principali partiti e probabilmente di tutto il gruppo liberale. Ma la svolta a destra dovrebbe poggiarsi sulle sabbie mobili di una contrattazione salariale che non avrebbe più come base il « contratto sociale ». Callaghan e Wilson hanno potuto ottenere l'appoggio dei sindacati per una politica di contenimento dei salari che secondo valutazioni attendibili comporta una contrazione annua, in media, del dieci per cento sulle buste-paga. È stata così corretta la tendenza ad un alto livello salariale che si era sviluppata fin dall'inizio degli anni settanta quando i conservatori pensarono di innescare un boom economico che si rivelò in realtà, molto più semplicemente, un boom da inflazione. Da una politica di austerity ci si aspetta che le industrie britanniche evitino di trovarsi definitivamente fuori dai mercati di esportazione (ed anche da quello interno) a causa della perdita di competitività dei prezzi, condizionata a sua volta dai costi di produzione. Un Governo incapace di ottenere l'appoggio dei sindacati è condannato all'insuccesso. Il Political Economic Centre che praticamente elabora la politica economica del partito della signora Thatcher, risente di una fortissima influenza friedmanita che ripudia ogni tipo di interventismo, punta esclusivamente sulla legge della domanda e dell'offerta per stabilire il livello dei salari, e ritiene che la disoccupazione possa giocare a favore degli imprenditori per tenere più basse le richieste dei lavoratori. Heath aveva tentato quella strada con risultati disastrosi, ma la Thatcher sembra decisa a ripercorrerla. Un ritorno al potere dei conservatori all'insegna della conflittualità sarebbe assolutamente disastroso per la Gran Bretagna: si avrebbe uno scontro frontale senza possibilità di vie d'uscita e con l'unica alternativa di nuove elezioni ed il ritorno dei laburisti al potere: con la differenza però che i laburisti sarebbero allora i laburisti di Wedgwood Benn fortemente marxisti e poco ben disposti, a differenza di quelli molto moderati di mister Callaghan, verso l'atlantismo. Ed il risultato potrebbe essere molto simile
anche nel caso che una coalizione centrista si sostituisca al presente governo. D'altronde gli stessi « alleati » dell'Inghilterra devono essersi resi conto che è ben difficile governare il paese senza l'appoggio dei sindacati. Lo stesso Callaghan aveva spiegato, nel corso di una trasmissione televisiva, i rischi che deriverebbero da un atteggiamento eccessivamente severo dei possibili creditori della Gran Bretagna: il paese sarebbe inevitabilmente spinto verso l'isolazionismo, si metterebbe in pericolo la liberalizzazione del commercio mondiale e soprattutto si indebolirebbe l'alleanza atlan: tica e gli altri trattati difensivi dell'Occidente. Queste sono le ragioni della maggiore flessibilità dimostrata dai tedeschi e dagli americani nei confronti dell'Inghilterra, che è stata così praticamente autorizzata ad una politica economica assai meno severa di quanto non fosse possibile fare accettare ai sindacati. La Gran Bretagna ha potuto perciò ottenere tre colossali prestiti grazie all'appoggio, sia pure indiretto, della Germania e degli USA: quello del Fondo Monetario Internazionale per circa quattro miliardi di dollari, quello sull'euromercato alla Banca d'Inghilterra per un miliardo e mezzo di dollari e quello, considerato ancora più importante, rappresentato dalla garanzia per i saldi esterni in sterline per ulteriori cinque miliardi di dollari. Con la sterlina finalmente al riparo dagli attacchi speculativi, il Governo ha un margine di manovra assai più vasto, ma è disposto ad usarlo soltanto gradualmente. L'austerity continuerà almeno per due anni ed il Governo laburista non si fa eccessive illusioni neppure sugli anni ottanta, quando il petrolio del Mare del Nord sarà divenuto una realtà. « Il petrolio fornirà la base per la ripresa del'economia, non una soluzione a tutti i nostri problemi » si legge nell'ultimo liro bianco sulla spesa- pubblica (a cura
lei Public Expenditure Survey Commettee, 28 gennaio 1977) dal quale appare evidente che il Governo laburista non vuole tradire la fiducia che è riuscito a guadagnarsi nei confronti dei paesi creditori e del Fondo Monetario Inter-
27 nazionale, mentre la Price Commission (Price Commission Report, sett.-nov. HMSO) prevede che l'inflazione resterà sui livelli del 19% ancora quest'anno. Se è vero cioè che il Governo di Londra è riuscito ad ottenere condizioni molto più favorevoli rispetto alle previsioni, secondo le quali si sarebbero dovuti operare tagli per circa cinque miliardi di sterline, è anche vero che le riduzioni annunciate, assai più modeste; sono state imposte insieme ad una politica fiscale pesantissima, a un controllo feroce della liquidità monetaria, ad alti tassi di interesse, ed al contratto sociale che comprime redditi e salari. Si deve anche aggiungere che alla riduzione della spesa pubblica ed ai provvedimenti di austerity già annunciati, seguiranno, come si legge nel nuovo libro bianco sulla spesa pubblica, ulteriori decisioni per contrarre il deficit di bilancio di altri cinquecento milioni di sterline, un obiettivo questo che può essere raggiunto soltanto attraverso ulteriori tagli di spesa pubblica od attraverso altri inasprimenti fiscali. Il Governo britannico ha anche riconosciuto che uno degli obiettivi dei nuovi tagli è quello di spostare le risorse del paese dai settori sociali (improduttivi) a quelli industriali. I risultati diretti sono due: il deterioramento della qualità del welfare state e l'aumento dei prezzi delle aziende nazionalizzate costrette ora a far quadrare i conti. Il nuovo libro bianco ammette perciò che agli aumenti del 10% per il
gas, del 12% per il carbone, del 7% per l'elettricità registrati nel '76 ne seguiranno altri. Vi è anche da dire che a causa di questo tipo di politica, il settore pubblico contrae ora la sua consistenza rispetto alla situazione precedente ai tagli annunciati. In termini reali questi sono infatti già di gran lunga superiori alle cifre ufficiali che ci mostrano una riduzione della spesa pubblica; che scende al livello di cinquantuno miliardi di sterline contro i cinquantatre miliardi e rnez-. zo del '76. Il settore pubblicosarà costretto a diminuire i suoi posti di lavoro ed il libro bianco ammette ora che ciò sarà inevitabile. I tagli colpiscono soprattutto l'agricoltura (551 milioni di sterline), la rete autostradale (300 milioni), la pubblica istruzione (200 milioni) e l'edilizia popolare (300 milioni) ma a fare le spese di questa politica di austerity saranno soprattutto le amministrazioni locali. Il 1976 è stato, dunque, l'anno della svolta nella politica economica e sociale della Gran Bretagna. Il paese è stato costretto ad una amarissima cura di austerity, forse un po' meno pesante di quanto si pensava ma sempre tale da abbassare lo standard di vita dei sudditi britannici. Le forze di sinistra ed i sindacati hanno avuto un ruolo decisivo ed hanno mostrato che senza il loro apporto è difficile governare in questi tempi di crisi. Rimane da sapere quale assetto sociale deriverà da questa svolta.
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/ tagli della spesa pubblica: forza o debolezza del Governo? di Maria Teresa Salvemini
In contropartita di aperture di credito da parte del Fondo Monetario Internazionale per un ammontare pari a 3.360 milioni di Diritti Speciali di Prelievo (oltre 3.400 miliardi di lire), il governo inglese si è impegnato a ridurre la spesa pubblica per un ammontare di 1 miliardo di sterline sull'esercizio 1977-1978, e di 1,5 miliardi in quello 1978-1979. La riduzione è ((a prezzi 1976 », il che rende il taglio effettivo assai più pesante. Tale riduzione segue un taglio di 1 miliardo nella spesa pubblica per il '77-'78 già deciso nel luglio 1976. Assieme ad una maggiore pressione fiscale, realizzata attraverso imposte indirette, si pensa di ridurre il deficit a 8,7 miliardi di sterline neI 1977-78 (contro i 10 miliardi inizialmente previsti), con un'incidenza sul reddito nazionale pari al 6% (il 9% nel 1976-1977). Appare facile da queste cifre capire l'accusa mossa al Governo laburista, di cedimenti alla ((logica dei banchieri », propria della delegazione del F.M.I.. Logica da banchieri, cioè anche logica da conservatori, da antikeynesiani, da seguaci del liberalismo manchesteriano: l'articolo di Paolo Filo della Torre chiarisce da quante parti, e con quali argomenti, l'accusa è stata mossa. Ed anche indica quanto sia ampio lo schieramento d'opinione a favore di un'azione di ridimensionamento della spesa pubblica nella stessa Gran Bretagna. Appare chiaro in ciò l'effetto non solo della crescente influenza della scuola monetarista anche in terra inglese (vedi la London School of Economics), ma anche di nuovi orientamenti di pensiero, a carattere peraltro non monetarista, nelle grandi scuole economiche tradizionali Cambridge e Oxford - la cui influenza sull'opinione pubblica, mediata dalla grande stampa d'informazione, è una caratteristica della cultura inglese media. Non a caso, infatti, due dei contributi più significativi al dibattito sulla spesa
pubblica, l'analisi fatta dagli economisti
del Cambridge Economic Policy Group (Godley, Cripps ed altri) circa il legame tra deficit pubblico e deficit dei conti con l'estero, e l'interpretazione della crisi inglese come effetto di una dislocazione di forza lavoro verso il settore pubblico fatta dagli economisti di Oxford Bacon ed Eltis, hanno trovato accoglimento, prima ancora che in scritti accademici, in articoli sul Times e sul Sunday Times. Sul Times stesso altri economisti di Cambridge (Kahn, Posner) hanno esposto le loro critiche: da qui il nome di ((Cambridge debate» dato alla controversia.• Indipendentemente dal loro interesse scientifico, può essere interessante dare una breve sintesi di questi argomenti, anche per vedere in che modo si possono ritenere tradotti nella politica economica del governo inglese. IL ((CAMBRIDGE DEBATE » L'articolo di Godley e Cripps sul Times del gennaio 1974 aveva un titolo provo-
catorio: Why Britain needs a fresh set of principles to manage economy; la risposta di Kahn e Posner, nell'aprile successivo, era a tono: Challenging the «elegant and striking» paradoxes of the New School. Gli economisti di Cambridge si af frontavano quindi in un pubblico dibattito, divisi in Old School e New School, ambedue con pretesa di influenzare le decisioni di politica economica del Governo. Qualcuno ha detto che il dibattito non fu, per chiarezza delle argomentazioni e fondatezza dei ragionamenti, all'altezza dei protagonisti; e ne rimase un'attesa di ulteriori approfondimenti. Ma l'impatto sull'opinione pubblica e sul comportamento del Governo fu ugualmente assai forte. Partendo dall'osservazione che non può non esserci identità tra il surplus finanziario del settore privato dell'economia,
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29 e la somma del deficit finanziario del settore pubblico e dell'avanzo finanziario dell'estero, Godley e Cripps facevano osservare come, essendo il primo termine piuttosto stabile, ogni variazione del secondo termine dell'identità doveva trovare compenso in una variazione dell'ultimo termine: il che significa che col variare del disavanzo pubblico varia nello stesso senso il disavanzo con l'estero. L'ipotesi che sta dietro questa trasformazione di una identità ex post in una relazione causale è, evidentemente, quella che in nessun modo l'avanzo finanziario del settore privato possa variare al variare della politica di bilancio, o perché esso è « stabile' (prima versione) o perché esso dipende dal reddito disponibile (seconda versione, in un memorandum presentato da Cripps, Godley e Fetherston all'Expenditure Committee) in maniera da non poter essere positivamente influenzato né dalla crescita del disavanzo pubblico né dall'aumento della spesa se finanziato con tasse. Queste ultime ipotesi ravvicinano il pensiero della New School di Cambridge a quello dei monetaristi americani, configurando un netto ritorno al modo di pensare prekeynesiano. Godley e Cripps sostengono quindi che non è corretto attribuire il deficit di bilancia dei pagamenti a fattori esogeni, e cercare di influenzarlo con variazioni del cambio: quel che occorre è definire livelli di spesa pubblica compatibili con l'equilibrio di bilancia dei pagamenti; realizzato tale equilibrio, se si vorrà perseguire un obiettivo di crescita dell'occupazione, si potrà agire anche sul cambio, per stimolare le esportazioni (accettando al contempo, senza problemi, l'aumento delle importazioni). È proprio su questa ricetta che Kahn e Posner dissentono: essi attribuiscono molta più efficacia alla svalutazione e ribadiscono la tradizionale fiducia nel meccanismo riequilibratore della manovra del cambio, mentre negano che Io stimolo indotto da una ripresa delle esportazioni possa essere sufficiente, da solo, a far salire in maniera adeguata l'occupazione. Contestando la necessità di tagliare la spesa pubblica prima di realizzare
l'equilibrio di bilancia dei pagamenti, essi riconfermano anche fiducia nel meccanismo di riassorbimento automatico del deficit pubblico conseguente ad una ripresa economica, meccanismo che agisce sia dal lato delle entrate che da quello delle spese. Tanto più, essi argomentano, che alcune relazioni strutturali che dovrebbero rendere stabile il surplus finanziario del settore privato - come la propensione al risparmio sia delle famiglieche delle imprese - sono in realtà direttamente influenzabili da politiche economiche adeguate; il che significa rifiutare l'idea di una proporzionalità diretta e automatica tra deficit pubblico e deficit dei conti con l'estero. In conclusione, e riassumendo, per la New School la riduzione della spesa pubblica è condizione necessaria e sufficiente per riportare in equilibrio la bilancia dei pagamenti; per la Old School (keynesianamente più ortodossa) la riduzione della spesa pubblica sarà una conseguenza tanto del riconquistato equilibrio di bilancia dei pagamenti (da perseguire con politiche monetarie e commerciali) quanto di una ripresa economica affidata, come sempre, ad un'efficace politica di sostegno della domanda interna. Appare chiaro, quindi, che per quanto concerne il tema in esame, la controversia è più sui tempi e sui modi per ridurre la spesa pubblica che non sulla opportunità, nei lungo periodo, di ridurla (in assoluto o in rapporto al reddito nazionale). Questo, del resto, non è per i keynesiani ortodossi una contraddizione; essi contestano, in questi ultimi anni, l'interpretazione che si fa del pensiero keynesiano quando gli si attribuisce un'acritica fiducia nelle capacità espansive di qualsiasi tipo di spesa pubblica. J. Robinson ha chiaramente affermato, a questo proposito, che Keynes « non voleva che la gente scavasse buche per poi riempirle »; aveva chiara, infatti, la differenza tra una spesa pubblica in grado di favorire un vero processo di crescita economica e sociale ed una capace solo di offrire sostegno nel breve periodo all'occupazione. Di conseguenza, non può vedersi una contraddizione nel loro pensiero quando auspicano un freno al processo di crescita di una spe-
30 sa che per sua natura preme sulle risorse senza in nessun modo favorirne l'aumento. IL CASO INGLESE SECONDO BACON E ELTIS
Dopo l'articolo sul Sunday Times (10 novembre 1974) Bacon ed Eltis hanno esposto nel 1976 in maniera completa il loro
pensiero nel libro Britain's Economic Pro biem: Too Few Producers, tradotto in italiano col titolo Base produttiva e crescita economica. Il caso inglese (Etas Libri 1976). La tesi, molto sinteticamente, è la seguente: - l'economia può essere divisa in due settori, uno «commercializzato ', dove cioè i beni e i servizi si comprano sul mercato, ed uno cc non commercializzato », che è quello dei servizi pubblici finanziati da tasse o in deficit, ed anche quello delle industrie pubbliche se producono in perdita, e sono sovvenzionate. È da notare perciò che questa distinzione non corrisponde alla tradizionale distinzione settore privato - settore pubblico. Tutti i beni consumati, investiti od esportati sono prodotti del settore « commercializzato ». La domanda interna di questi beni proviene però sia dagli Occupati in questo settore, sia dagli occupati nel settore pubblico (non commercializzato). Occorre pertanto che tale produzione sia di dimensioni adeguate, se non si vuole dover scegliere tra consumi, investimenti, esportazioni. Una volta però effettuata la scelta di sacrificare gli investimenti all'aumento della spesa pubblica, come i due autori ritengono abbia fatto l'economia inglese dopo il 1960, si avvia un circolo vizioso in cui inflazione, recessione e deficit della bilancia dei pagamenti si alimentano l'un l'altro. - La caduta degli investimenti deriva dal fatto che mentre i lavoratori nell'industria sono riusciti a preservare i loro redditi, pur in presenza di una forte pressione fiscale intesa a finanziare un crescente numero di occupati nel settore dei servizi pubblici, le imprese hanno visto cadere i loro profitti, e lo stato non è stato capace di mettere in opera mec-
canismi di attivazione degli investimenti che sostituissero il tradizionale stimolo dell'alto saggio di profitto. - La dislocazione di risorse dagli investimenti ai consumi (pubblici e privati) avviene sia in presenza di disavanzo (poiché Bacon ed Ellis mostrano di accogliere, se pure di sfuggita, alcune delle argomentazioni proprie dei monetaristi, teorici del crowding out (o « spiazzamento »), cioè dell'effetto di freno che le tensioni finanziarie indotte dal deficit pubblico hanno sugli investimenti), sia in presenza di pareggio del bilancio, quando questo sia ottenuto accrescendo l'imposizione fiscale sulle imprese. Essi rifiutano infatti la tesi di Kaidor circa la possibilità, per queste, di traslare le tasse sui lavoratori attraverso aumenti dei prezzi, vedendo nella concorrenza internazionale e nelle politiche di blocco dei prezzi tentate a più riprese dal Governo inglese un ostacolo allo svolgersi di questo processo. Si delinea pertanto la necessità di accrescere la quota di produzione destinata ad investimenti e ad esportazioni scegliendo fra due alternative: o si riduce la quota di risorse assorbite dalla spesa pubblica; lasciando invariati investimenti e consumi dei produttori di beni e ser vizi commercializzabili (il che significa, ovviamente, in parte espulsione di occupati dal settore pubblico, in parte riduzione delle sovvenzioni e dei trasferimenti, in parte anche riduzione degli investimenti pubblici), ovvero si mantiene invariata tale quota, e forse anche la si accresce, ma si usa la politica fiscale e quella monetaria in modo da ridurre i consumi privati e gli investimenti nei servizi. Questa seconda politica, che è da loro denominata « di sinistra », sarebbe in grado di garantire un sufficiente processo di accumulazione di capitale a condizione che lo stato riesca a convogliare fondi verso l'industria in misura massiccia, tale da assicurare un sostegno effettivo di domanda al sistema produttivo, e senza lasciarsi troppo condizionare da problemi di bilancia dei pagamenti nel breve periodo (cui si può far fronte con restrizioni alle importazioni). L'aspetto migliore del lavoro di Bacon
31 ed Eltis è la chiarezza con cui si imposta la necessità di operare delle scelte in tema di destinazione delle risorse e quindi di modello sociale - nessun fondamento teorico valido potendosi trovare nella posizione di chi ritiene di poter garantire, contemporaneamente, maggiori e crescenti servizi pubblici e maggiori e crescenti beni e servizi privati senza trovare, al contempo, soluzioni istituzionali capaci di assicurare l'ammontare di investimenti che è necessario per una adeguata crescita della produzione interna di beni « commercialjzzabili» sul mercato interno e su quello estero. Una certa insoddisfazione permane però nel lettore per due punti: primo, per quanto riguarda l'avvio del processo di progressivo ampliamento dell'occupazione del settore « non commercializzato », in quanto questo processo è al tempo stesso una conseguenza dell'espulsione di occupati dall'altro settore: il che chiama in causa un'antecedente incapacità del settore industriale inglese ad espandersi in maniera adeguata prima che le maggiori esigenze finanziarie dell'altro settore rendessero tale espansione meno facile. Nel libro Eltis e Bacon mettono in luce, infatti (in risposta ad un rilievo di D. Smith), anche il peso di una errata scelta industriale consistente nella scelta di investimenti labour saving, il cui effetto è stato di scaricare occupati nel settore pubblico. L'altro punto è che anche la caduta delle esportazioni può ascriversi ad una sequenza causale diversa da quella suggerita, che implica una sostituzione di domanda interna alla domanda estera, e presuppone una domanda estera invariata, se non crescente, ed invece ascriversi alla incapacità delle industrie inglesi a mantenere certi mercati esterni in presenza di concorrenti agguer-
riti e aggressivi, e quindi al loro ripiegarsi sul più facile e protetto mercato interno. Il minor sostegno dato dalle esportazioni all'occupazione risulta quindi anch'esso causa, prima che conseguenza, dell'espansione della occupazione nei settori « facili» dei servizi pubblici. Ecco perché la sola prescrizione di taglio della spesa pubblica non risulta alla fine convincente sotto il profilo del recupero di dinamismo strutturale. IL GOVERNO RIMANE ALLO «STOP AND GO »
Tuttavia, messo alle strette dalle condizioni poste dai banchieri internazionali, e sorretto dalla convinzione di un limitato dissenso popolare, il Governo inglese ha proceduto a tagli della spesa soprattutto in queste direzioni: spese militari; trasferimenti alle industrie; costruzioni ed opere pubbliche; sussidi alimentari. Non sembra, ad una prima impressione, che si tratti del tipo di spese di cui i teorici avrebbero auspicato il taglio: anche in Inghilterra piuttosto esigua appare la possibilità di ridurre il numero di occupati nel settore pubblico o le loro remunerazionj; così si taglia dove si può, e non dove, astrattamente, si dovrebbe. Ciò significa che, probabilmente, la perdita di occupazione sarà realizzata nelle industrie pubbliche, nell'attività edilizia, e nell'industria meccanica (armi), e che la spesa pubblica per sussidi ai disoccupati e salvataggi industriali potrà crescere. A ben vedere, sono tagli che indicano assai più la debolezza, che non la forza, del Governo laburista inglese, e appaiono piuttosto un'ennesima edizione della politica di stop-and-go che non la manifestazione di una scelta precisa sulla direzione da imprimere all'economia inglese.
ICHhE$I trimestrale di ricerca e pratica sociale edizioni Dedalo Anno VI, numero 23, 1976 Raffaele Di Paolo, Carlo Alla ricerca dei tagli perduti. Ernst,
Le 150 ore nella realtà meridionale e nelle zone periferiche.
Mario Gattullo,
L'andamento della selezione scolastica in Italia.
Paolo Botta, Maria Fonte, Lucia Improta, Enrico Pugliese, Francesco La struttura del settore calzaturiero a Napoli. Ruggiero,
Nel supplemento socio-economico articoli di F. Ciafaloni, M. Regini, A. Russi, S. Martignanl e un documento del Collettivo politico dei lavoratori dell'Università di Bologna. Direttore resfonsabile: Vittorio Capecchi - Redazione: Inchiesta / Casella postale 752 Bologna Amministr.: edIzioni Dedalo, casella postale 362, Bari 70100 Un fascicolo lire 1.000. Abbonamento annuo lire 5.000 (estero lire 7.000) versamenti sul conto corrente postale 13/6366 intestato a edizioni Dedalo, casella postale 362, Bari 70100
POLITICA DEL DIRITTO ottobre 1976
numero 5
anno VII
507
Editoriale
511
In attesa della riforma penale. - Corpi separati e regime democristiano. - Lavoro e questione femminile. - il pretore e la stampa.
527
Genericismo partecipatorio e controllo sociale, di Ernesto Bettinelli
543
Ricambio parlamentare e rendimento politico, di Gianfranco Pasquino
567
« Penale» e « civile » nella legislazione valutaria
573
Indirizzo e coordinamento nel nuovo assetto dei rapporti fra stato e regioni, di
Commenti: Il neo-concordato.
dj Francesco Galgano
Marco Cammelli 619
Documenti e discussioni: Costituzione e società civile (O. Corradini). - Con-
trollo del mercato e teorie del consumo (M. Bessone) 627
Esperimenti » nella protezione del consumatore in Svezia. - Il controllo sociale della droga. - Governo del territorio e public planning «. - Pene e misure alternative. Notizie: Il « diritto della distribuzione . -
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