AiCARR Journal #89 - Sostenibilità | Sistemi di automazione e controllo

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LA RIVISTA PER I PROFESSIONISTI DEGLI IMPIANTI HVAC&R

ANNO15 - NOVEMBRE-DICEMBRE 2024

NORMATIVA

RISTRUTTURAZIONE ENERGETICA DEL PATRIMONIO EDILIZIO

SOSTENIBILITÀ NEGLI APPALTI PUBBLICI

DECARBONIZZAZIONE

EMISSIONI DI CO2 ANTROPOGENICHE E LORO CONTENIMENTO

B CORP

AiCARR EDUCATIONAL SRL – SOCIETÀ BENEFIT

È CERTIFICATA B CORP

STATO DELL’ARTE

POMPE DI CALORE INDUSTRIALI. PASSATO, PRESENTE, FUTURO

FOCUS - BACS

BACS E CONTROLLO IDRONICO NEI SISTEMI DI CONDIZIONAMENTO

RICERCA

INTEGRAZIONE DI ACCUMULO TERMICO IN FALDA E POMPE DI CALORE IN RETI DI TELERISCALDAMENTO

DECARBONIZZAZIONE DELLA CATENA DEL FREDDO: STUDIO DI FATTIBILITÀ IN AFRICA ORIENTALE

NUOVA SERIE NRG E NRGI

GRANDE EFFICIENZA

NEL RISPETTO DELL’AMBIENTE

POMPE DI CALORE REVERSIBILI E REFRIGERATORI

CONDENSATI AD ARIA

Le pompe di calore reversibili e i refrigeratori condensati ad aria NRG e NRGI sono particolarmente indicati per il riscaldamento, il raffrescamento e la produzione di acqua calda sanitaria nei complessi residenziali e commerciali, o per applicazioni industriali. Dotati di compressori Scroll (inverter nella serie NRGI) e refrigerante ecologico R32, consentono di ottenere la massima efficienza energetica nel massimo rispetto dell’ambiente. Il dispositivo Night Mode permette di ridurre la potenza sonora nelle ore notturne. La versatilità di installazione è assicurata dall’opzione kit idronico a bordo macchina e dalla possibilità di scelta del gruppo di pompaggio più adatto all’impianto servito.

Novità 2024: Con l’ampliamento della gamma solo freddo, la serie NRG si completa. Ora, sia nella versione solo freddo che in quella con pompa di calore, NRG offre potenze fino a 1 MW, soddisfacendo le sempre più numerose esigenze di installazione.

Periodico Organo ufficiale AiCARR n. 89 novembre-dicembre 2024 www.aicarrjournal.org

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L’APPRENDIMENTO CONTINUO COME LINFA PER IL MIGLIORAMENTO CONTINUO

La formazione professionale e l’apprendimento continuo (lifelong learning) sono elementi fondamentali per i professionisti di ogni settore. Per i progettisti nel campo del condizionamento dell’aria e della refrigerazione, l’apprendimento continuo assume un ruolo ancora più cruciale. L’evoluzione delle normative ambientali, le innovazioni tecnologiche e la crescente attenzione alla sostenibilità, infatti, pongono sfide sempre più complesse, in particolare nel contesto della decarbonizzazione.

Come noto, il settore del riscaldamento, ventilazione, condizionamento dell’aria e della refrigerazione (HVAC-R) è responsabile di una parte significativa delle emissioni globali di CO₂. La crescente pressione normativa e la consapevolezza dei cambiamenti climatici spingono l’industria a ripensare i propri sistemi e processi. Le politiche internazionali stanno accelerando la transizione verso soluzioni più sostenibili e a basso impatto ambientale.

Per i progettisti del settore HVAC-R, affrontare la decarbonizzazione implica una serie di sfide specifiche che riguardano l’innovazione dei sistemi, l’integrazione di fonti rinnovabili, l’adozione di tecniche di ottimizzazione dell’efficienza energetica, in uno scenario di costante evoluzione della legislazione e delle normative.

In questo contesto, l’apprendimento continuo non solo è una necessità, ma una vera e propria strategia per restare competitivi e allineati agli obiettivi globali di sostenibilità ambientale, economica e sociale.

G. Downey¹ ha espresso un concetto che per certi aspetti può sembrare ovvio ma che, spesso, non viene considerato nei corsi di laurea in ingegneria: “I problemi ingegneristici non si risolvono da soli. Essi sono sempre risolti dalle persone e nel momento in cui uno introduce le persone all’interno di un processo di problem solving il processo stesso diventa non solo e unicamente tecnico ma coinvolge anche aspetti di tipo sociale”. Downey, poi, indica nella collaborazione tra più figure professionali e nella condivisione creativa delle competenze la strategia per la

definizione e la risoluzione dei problemi tecnici.

AiCARR contribuisce in vari modi all’apprendimento continuo nel settore HVAC-R attraverso seminari, workshop, convegni, editoria oltre che attraverso le attività di formazione di AiCARR Educational. AiCARR da sempre favorisce l’adozione di un approccio collaborativo, che coinvolga esperti del settore, enti di normazione e ricercatori, per stimolare un continuo scambio di conoscenze, accelerando l’adozione di soluzioni innovative e sostenibili ponendo una grande attenzione alle persone, alle comunità e al pianeta.

AiCARR ha accolto con grande favore il desiderio di AiCARR Educational di volersi misurare con elevati standard sociali e ambientali nell’attuale sfidante contesto in continua evoluzione. Tale desiderio si è tradotto in questi mesi nel conseguimento della certificazione B Corp secondo gli standard sviluppati dalla statunitense B Lab, che li elabora prendendo come modello le migliori prassi internazionali nei vari settori di certificazione.

Questo risultato è assolutamente di prestigio: basti pensare che solo il 3% delle aziende, che hanno fatto fin qui richiesta, sono state certificate al mondo. Si aggiunga che a livello globale il numero delle aziende che hanno ottenuto la certificazione nel settore “educational and training services”, come AiCARR Educational, è veramente esiguo. Il conseguimento della certificazione B Corp da parte di AiCARR Educational è di grande importanza per tutta l’Associazione: viene certificata, da un prestigioso ente non-profit super partes, la qualità del lavoro svolto fino a questo punto con riferimento ad aree tematiche come governance, risorse interne, comunità, ambiente, clienti. Contemporaneamente si sottoscrive l’impegno al miglioramento costante, che è uno dei pilastri fondamentali per il mantenimento della certificazione. Si genera quindi un meccanismo virtuoso in cui la nostra offerta di servizi per l’apprendimento continuo diventa “linfa” per il miglioramento continuo di tutte le attività dell’Associazione.

¹ G. Downey,

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NORMATIVA

Ristrutturazione energetica del patrimonio edilizio: sfide e opportunità per la decarbonizzazione

Lo stato del patrimonio edilizio italiano e la necessità di interventi di riqualificazione per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo

L.A. Piterà

DECARBONIZZAZIONE

Emissioni di CO2 antropogeniche e loro contenimento

Le emissioni di CO 2 in atmosfera dai principali settori produttivi e le prospettive per raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica fissati dagli accordi internazionali.

M. Surra

B CORP

AiCARR Educational srl – Società Benefit è certificata B Corp

AiCARR Educational srl – SB è ora una B Corp™ certificata, insieme ad altre più di 9 mila aziende impegnate nel rispetto di elevati standard sociali e ambientali.

M. Colella

STATO DELL’ARTE

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Pompe di calore industriali. Passato, presente, futuro

L’articolo illustra gli sviluppi tecnologici che hanno portato dalle prime macchine alle moderne pompe di calore ad alta temperatura, considerando anche i possibili sviluppi

R. Lazzarin

FOCUS - BACS

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BACS e controllo idronico nei sistemi di condizionamento

L’articolo riassume le principali caratteristiche e funzionalità dei BACS (Building Automation and Control Systems), strumenti importanti per il conseguimento degli obiettivi europei di sostenibilità.

D. Di Canosa

RICERCA

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Integrazione di accumulo termico in falda e pompe di calore in reti di teleriscaldamento di seconda generazione

Fattibilità tecnica dell’integrazione di una pompa di calore ad acqua di falda in un sistema di teleriscaldamento di seconda generazione.

V. Verda, M. Capone

RICERCA

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Decarbonizzazione della catena del freddo: studio di fattibilità in un sito nell’Africa Orientale

Innovativo approccio alla modellizzazione energetica di una cella a temperatura positiva per la conservazione di prodotti alimentari in zone rurali africane.

G. Slaviero, D. Traverso, F. Traverso, M. Noro, C. Zilio, S. Mancin

SOSTENIBILITÀ

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La sostenibilità negli appalti pubblici

CAM negli appalti pubblici: l’evoluzione normativa, l’impatto sui progetti e i benefici ambientali attesi dalla loro applicazione

G. Romano, L. A. Piterà

Novità Prodotti

COMPRESSORI PER REFRIGERANTI NATURALI

Frascold ha presentato a Chillventa 2024 quattro nuove serie di compressori per l’utilizzo con refrigeranti naturali. Nell’Area R&D sono state esposte le novità in ambito prototipi, come il compressore a vite Magnetic, equipaggiato con l’innovativo motore a magneti permanenti per la massima efficienza di regolazione ai carichi parziali, con 2Vi, per adattarsi a diverse condizioni di carico, e certificato ATEX, per poter essere utilizzato con tutti i refrigeranti HC. Lo spostamento volumetrico è fino a 800 m3/h e la potenza del motore elettrico fino a 250 HP. Esposta anche l’estensione di gamma della serie TK HD per CO 2 transcritica nella taglia Z, con spostamenti volumetrici da 58 a 80 m3/h e potenza del motore elettrico fino a 160 HP, per l’uso in booster e pompe di calore industriali. Infine, la nuova serie a CO 2 bi-stadio STK, disponibile in tre taglie suddivise in 11 modelli e ideale per operazioni a basse temperature di evaporazione in condizioni subcritiche e transcritiche, per spostamenti volumetrici di primo stadio da 1,5 a 13 m3/h, con una potenza di motore da 3 a 30 HP. Nell’Area Fredda è stato protagonista il compressore a vite per la refrigerazione FVR sezionato; mentre, nell’Area Calda la taglia Z della serie ATEX HT, progettata per l’impiego nelle pompe

di calore aria-acqua, consentendo la produzione di acqua calda sanitaria a una temperatura fino a 80 °C, e i nuovi modelli per la serie di compressori a pistoni nella taglia W, sia in versione standard che con certificazione ATEX. Quest’ultima estensione di gamma copre spostamenti volumetrici da 259 a 284 m3/h con motori fino a 100 HP, ideali per l’uso nel settore industriale. www.frascold.it

POMPE DI CALORE E TECNOLOGIE ASSOCIATE IN MOSTRA A MILANO

Dall’expertise di MCE – Mostra Convegno Expocomfort, nasce Heat Pump Technologies, la prima Exhibition and Conference internazionale interamente dedicata alle pompe di calore e alle tecnologie connesse.

L’evento si terrà il 2 e 3 aprile 2025 presso Allianz MiCo Milano con lo scopo di agevolare l’incontro tra produttori e gli operatori direttamente coinvolti nella transizione energetica: studi di progettazione, Real estate, facility ed energy manager, general contractor, imprese di installazione e distribuzione e istituzioni e tecnici della PA.

Un’opportunità unica per fornire spunti strategici e individuare le tendenze emergenti, grazie anche alla partecipazione di keynote speaker di rilievo internazionale. Ospiti d’eccezione, in qualità di Conference co-organizer, saranno l’Energy&Strategy Group con uno studio esclusivo sullo stato dell’arte e le prospettive attese delle pompe di calore in Italia e l’European Heat Pump Association (EHPA), la voce del settore europeo delle pompe di calore a Bruxelles. www.heatpumptechnologies.it

POMPE DI CALORE MONOBLOCCO AD ALTA EFFICIENZA

PLP è la gamma Galletti di chiller e pompe di calore monoblocco condensate ad aria per l’installazione esterna, equipaggiate di compressore scroll inverter e caratterizzate dal refrigerante R290, con uno dei più bassi GWP del mercato (pari a 3).

Le unità PLP di Galletti utilizzano batterie alettate con diametri ridotti per il passaggio del refrigerante, riducendone la carica di oltre il 50% rispetto a prodotti di analoga potenza, ma con tecnologia standard.

I 5 modelli della gamma sviluppano potenze in riscaldamento dai 35 ai 65 kW. Il controllo a inverter adegua la potenza resa all’effettivo carico termico e consente la riduzione dell’assorbimento

elettrico all’avviamento del compressore e durante il funzionamento ai carichi parziali, per indici di efficienza stagionali tra i più alti del mercato HVAC (SCOP fino a 4,50 e SEER fino a 5,24).

Le unità PLP producono acqua da –10 °C a 80 °C, acqua calda a 60 °C con aria esterna fino a –20° e funzionano a pieno carico con aria esterna da –20 °C a 48 °C. www.galletti.it

Controllo di CO 2 temperatura e portata chiavi in mano.

Belimo ZoneEase™

La soluzione integrata per il comfort e l‘IAQ

Belimo ZoneEase™ è una sistema di regolazione ambiente basato su tecnologia VAV, che prevede 4 modalità di funzionamento combinate con 19 applicazioni preconfigurate.

Una piattaforma cloud dedicata facilità tutte le procedure di progettazione e messa in servizio, anche in modalità offline.

Gli attuatori VAV contengono tutta la regolazione automatica, integrata e standalone necessaria al controllo delle condizioni di comfort ed IAQ dei singoli locali, facilmente integrabile con il sistema di gestione degli edifici (BMS) tramite i protocolli aperti BACnet MS/TP o Modbus RTU.

I pannelli ambiente, che effettuano misurazioni di temperatura e opzionalmente anche di umidità relativa e CO2 e la Belimo Display App, compongono assieme ai controllori VAV il nucleo della soluzione ZoneEase, rendendo accessibili i dati direttamente sullo smartphone.

Scopri di più su www.belimo.com

Novità Prodotti

VENTILATORI CON GIRANTE AD ALTE PRESTAZIONI

TECNOLOGIA ALTERNATIVA PER INTEGRARE

LA PRODUZIONE DI ACS

Gree, leader mondiale nel raffreddamento, propone soluzioni per ogni necessità di riscaldamento e di produzione di acqua calda sanitaria, offrendo alternative tecnologicamente avanzate anche per la sostituzione di sistemi tradizionali e l’efficientamento energetico. Per chi necessità esclusivamente di integrare la produzione di acqua calda sanitaria (ACS), Gree propone la nuova pompa di calore dedicata Hombask, nelle taglie da 200 e 270 litri. Hombask è un sistema indipendente di ultima generazione progettato per garantire la massima efficienza nella produzione di ACS, utilizzando il refrigerante naturale R290 e classificato in Classe A+ per l’efficienza energetica. La pompa di calore Hombask, dotata di compressore e motore del ventilatore modulanti assicura elevate prestazioni, ottimizzando i consumi energetici grazie a una gestione intelligente del sistema. Inoltre, è provvista di un pratico pannello-comandi che può essere facilmente spostato e installato in un altro ambiente, consentendo di monitorare in modo semplice e costante le condizioni di funzionamento e la disponibilità di acqua calda. www.greeitalia.it

Da molti anni ebm-papst sviluppa costantemente la gamma di prodotti RadiPac, sia in termini di aerodinamica che di tecnologia dei motori EC. Grazie alla nuova girante aerodinamicamente ottimizzata, realizzata con plastica rinforzata con fibra di vetro, il nuovo RadiPac raggiunge portate d’aria fino a 20.000 m3/h e pressioni superiori a 2.000 Pa. Il motore da 8 kW di nuova generazione stabilisce un nuovo benchmark sul mercato: è il più potente della sua categoria, con dimensioni ancora più compatte. La nuova elettronica da 4 kW e 8 kW è dotata di un’interfaccia di controllo configurabile e di serie MODBUS RTU. Da oggi RadiPac è disponibile anche in un nuovo look. RadiPac C si basa sulla più recente tecnologia RadiPac, integrata da un housing costituito da quattro segmenti in lamiera d’acciaio zincata sendzimir di forma aerodinamica, progettati per ridurre ulteriormente le perdite di carico e raggiungere un’efficienza superiore di oltre il 4% rispetto al suo predecessore, indipendentemente dalla direzione in cui lo si installi. www.ebmpapst.com/it/it

EVAPORATORI A ESPANSIONE SECCA

Gli evaporatori a espansione secca BITZER sono ideali per applicazioni a media e alta efficienza. Offrono prestazioni elevate e flessibilità. Il design quadrato degli evaporatori SQD, unito alla tecnologia brevettata di distribuzione del refrigerante, garantisce una performance superiore rispetto agli evaporatori tradizionali. La distribuzione uniforme del refrigerante e i setti rettangolari in materiale composito migliorano lo scambio termico, assicurando una velocità omogenea del flusso d’acqua. Questo permette agli SQD di migliorare il coefficiente di prestazione del compressore, sia a carico pieno che parziale, rispettando le normative internazionali. Inoltre, rispetto agli evaporatori tradizionali e agli scambiatori a piastre, gli SQD offrono prestazioni superiori con una carica refrigerante comparabile o inferiore. Ottimizzati per refrigeranti come R134a, R1234ze, R513A e propano, gli evaporatori SQD coprono un range di capacità frigorifera da 200 a 2000 kW. Numerose le configurazioni disponibili. L’evaporatore cilindrico compatto DH, con tubi a U e connessioni di refrigerante sullo stesso lato, è progettato per massimizzare il

coefficiente di trasmissione di calore grazie alla rigatura interna dei tubi. La configurazione a doppio passo e la struttura flangiata consentono di estrarre l’intero fascio tubiero. Gli evaporatori DH sono disponibili in vari materiali, tra cui rame, cupro-nichel, acciaio inox e acciaio al carbonio. www.bitzer.de/it/it/

VMC PER L’EDILIZIA NON RESIDENZIALE SILENZIOSE

Wavin Italia presenta Ventiza TER, la nuova linea di unità di Ventilazione Meccanica Controllata a doppio flusso con recuperatore di calore per l’installazione in ambienti commerciali o del settore terziario. Disponibili nelle versioni Ventiza TER H, per applicazioni sia a soffitto che a basamento, e Ventiza TER V, pensata per la sola applicazione a basamento con attacchi in linea sul lato superiore. Le nuove macchine commercializzate da Wavin

Italia assicurano la qualità dell’aria all’interno di edifici di medie e grandi dimensioni, grazie all’ampio numero di taglie che raggiungono una portata dell’aria massima di 4.000 m3/h e che si differenziano anche in base alla tipologia di elettronica. Le unità Wavin Ventiza TER sono dotate di ventilatori EC brushless centrifughi a pale indietro che garantiscono ottime performance sul piano della silenziosità e del consumo elettrico, e di un’elevata filtrazione. Tutte le macchine sono infatti provviste di filtro ePM1 70% (ex F7) per l’aria di rinnovo e di filtro ePM10 50% (ex M5) per l’aria di espulsione, oltre a prevedere un recuperatore di calore in controcorrente (Certificato Eurovent). Entrambe le linee Ventiza TER H e Ventiza TER V offrono 7 diverse taglie, con portata d’aria di riferimento alla velocità massima di 800, 1.000, 1.200, 1.600, 2.200, 3.000 e 4.000 m3/h. Ciascun singolo modello può inoltre essere dotato di un’elettronica con funzioni di base (versione L) oppure con funzionalità più avanzate (versione M). www.wavin.com/it-it

Ristrutturazione energetica del patrimonio edilizio: sfide e opportunità per la decarbonizzazione

Il testo analizza lo stato del patrimonio edilizio italiano, evidenziando la scarsa e cienza energetica degli edi ci esistenti e la necessità di interventi di riquali cazione per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo

La superficie calpestabile degli edifici dell’Unione Europea è pari a circa 24 miliardi di m2, di cui oltre il 70% destinato a uso residenziale. Il 75% del patrimonio edilizio è caratterizzato da scarse prestazioni energetiche, con un impatto significativo sul consumo finale di energia, che a sua volta rappresenta il 40% del consumo totale dell’UE, e da emissioni di gas a effetto serra, pari al 36% del totale. Gli edifici sono responsabili di metà delle emissioni di PM2,5. È evidente la necessità di interventi radicali sul patrimonio edilizio europeo per migliorarne la sostenibilità. Attualmente, solo l’1% degli edifici viene sottoposto ogni anno a ristrutturazioni energetiche

profonde, nonostante l’85% degli edifici esistenti sia stato costruito prima del 2001, data di pubblicazione della prima EPBD (Unione Europea, 2002), e sarà presumibilmente ancora utilizzato nel 2050. Tutto ciò ha un grande impatto sul Green Deal del 2019, con il quale l’UE si è impegnata sul lungo periodo a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e nel breve periodo a una riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030, con l’implementazione su larga scala di

tecnologie efficienti, fonti rinnovabili e soluzioni che migliorino la qualità degli ambienti interni.

La EPBD (Unione Europea, 2024) attualmente in vigore, pubblicata a maggio di quest’anno, stabilisce all’Art. 9 per gli Stati membri di definire gli standard minimi di prestazione energetica e una traiettoria per la riqualificazione progressiva del parco edilizio ogni anno, con criteri differenti per gli edifici residenziali e non residenziali.

L.A. Piterà*

In particolare per gli edifici non residenziali gli Stati membri devono stabilire requisiti minimi di prestazione energetica, espressi da un indicatore numerico del consumo di energia primaria o finale in kWh/m2|a, che non devono essere superati. Le percentuali di edifici soggetti a riqualificazione energetica che dovranno rispettare questa norma, 16% al 2030 e 26% al 2033, sono state stabilite sulla base del parco immobiliare non residenziale al 1º gennaio 2020, stando alle informazioni disponibili e, laddove necessario, di un campionamento statistico; ciò significa che, entro il 2030 ed entro il 2033 rispettivamente, il 16% e il 26% degli edifici consumeranno meno del valore massimo fissato.

Per gli edifici residenziali , gli Stati membri devono stabilire una traiettoria nazionale per la progressiva ristrutturazione del parco edilizio, espressa come diminuzione del consumo medio di energia primaria in kWh/m2|a dell’intero parco edilizio residenziale nel periodo compreso tra il 2020 e il 2050, e devono individuare il numero di edifici e unità immobiliari o superfici da ristrutturare annualmente.

Al fine di quantificare la sfida che questi obiettivi imposti dalla UE rappresentano per l’Italia è importante conoscere lo stato del patrimonio edilizio esistente, che da un recente rapporto ENEA (ENEA, 2024a) basato sui dati ISTAT del 2011, comprende circa 14,5 milioni di edifici, di cui 12,4 milioni a uso residenziale e circa 1,6 milioni a uso non residenziale. Oltre il 73% degli edifici residenziali, è stato costruito prima del 1976, anno in cui fu introdotta la prima legge sul contenimento energetico, per cui è evidente l’urgenza di interventi di riqualificazione per migliorare le prestazioni energetiche di un patrimonio immobiliare particolarmente datato.

Gli edifici non residenziali, pari a circa 1,7 milioni, sono destinati per il 19% alla produzione, per il 16% al commercio e per il 12% ai servizi.

Patrimonio edilizio pubblico

Gli edifici pubblici, che notoriamente dovrebbero costituire un esempio di efficienza, anche energetica, rappresentano circa il 7,5% del consumo totale di energia finale nell’Unione Europea. Su questo tema, all’Art.5, la EED (Unione Europea, 2023) impone agli Stati membri una riduzione annuale dell’1,9% del consumo di energia finale rispetto al 2021. Inoltre, ai sensi dell’Art. 6, ogni anno almeno il 3% della superficie utile degli edifici riscaldati e/o raffrescati di proprietà pubblica, con superficie superiore a 250 m² e non classificati NZEB a energia quasi zero al 1º gennaio 2024, deve essere ristrutturato per raggiungere lo standard NZEB o ZEB (Zero Emission Building), salvo approcci alternativi equivalenti.

Sono previste deroghe per gli edifici storici, gli immobili destinati a scopi di difesa nazionale e i luoghi di culto, mentre gli alloggi sociali possono essere esclusi se le ristrutturazioni non risultano neutrali in termini di costi. Gli Stati membri devono adottare criteri di efficacia economica e fattibilità tecnica per selezionare gli edifici da ristrutturare, eventualmente introducendo passaporti di ristrutturazione per garantire il raggiungimento degli obiettivi entro il 2040.

In Italia sono state identificate circa 770 mila unità immobiliari di proprietà pubblica, di cui 670 mila non sottoposte a vincoli e quindi potenzialmente idonee per interventi di riqualificazione energetica. La superficie lorda complessiva di questi edifici non vincolati ammonta a circa 209 milioni di m²,

circa il 78% del totale, e rappresenta quindi un’importante opportunità per migliorare l’efficienza energetica del patrimonio edilizio pubblico. Considerando solamente le unità non residenziali pubbliche, la superficie scende a circa 163 milioni di m². Questi dati sottolineano l’enorme potenziale del settore pubblico italiano nel contribuire agli obiettivi nazionali ed europei di decarbonizzazione e transizione energetica, soprattutto attraverso interventi mirati che riducano i consumi e migliorino la sostenibilità degli edifici.

Patrimonio edilizio privato

Il patrimonio edilizio privato ammonta a circa 12,8 milioni di edifici, di cui circa 12,4 milioni destinati a uso residenziale, 260 mila a uso commerciale, 57 mila a uso ufficio e 27 mila a uso alberghiero, che rappresentano rispettivamente l’87%, il 10%, il 2% e l’1% del totale.

Per quanto riguarda l’edilizia residenziale, circa il 25,4% degli edifici esistenti (3,2 milioni) è stato costruito prima della Seconda guerra mondiale. In quel periodo, si prediligeva la muratura con spessori elevati che si rastremavano, per motivi strutturali, dalle fondazioni verso l’alto. Solo pochi edifici erano realizzati con tecniche miste, includendo alcuni elementi in calcestruzzo armato, confinati all’interno dell’involucro in muratura.

Nel periodo della ricostruzione post-bellica e fino al 1976, anno di pubblicazione della Legge 373 (Governo Italiano, 1976) – il primo strumento legislativo dedicato al contenimento dei consumi energetici – è stato costruito il 47,3% degli edifici italiani (5,9 milioni), senza alcuna considerazione della termofisica degli edifici.

Dal 1976 al 1990, ovvero nel periodo compreso tra l’entrata in vigore della Legge 373 e quella della Legge 10 (Governo Italiano, 1991), è stato realizzato il 12% degli edifici (1,7 milioni), mentre il restante 15,3% (1,9 milioni) è stato costruito dopo il 1991.

Gli edifici destinati a esclusivo o prevalente uso ufficio sono 74.358, di cui 17.229 sono pubblici e 57.129 privati con una superficie complessiva, di quest’ultimi, di circa 35 milioni di m². La distribuzione geografica di queste superfici varia significativamente a seconda delle regioni: circa 20 milioni di m² di uffici privati in Lombardia, seguita da Veneto, Emilia-Romagna e Lazio, che si attestano tra 8 e 9 milioni di m².

La ripartizione degli uffici privati per zona climatica mostra una predominanza della zona E, con il 55,4% della

superficie totale. Seguono la zona D con il 23,3%, la zona C con il 14,5%, e le zone A e B con un complessivo 5,8%.

La zona F, infine, rappresenta appena l’1% della superficie destinata a uffici. Questi dati sottolineano non solo la rilevanza regionale nella distribuzione degli edifici a uso ufficio, ma anche la necessità di pianificare interventi di efficienza energetica adeguati alle diverse condizioni climatiche del territorio italiano.

Attestati di prestazione energetica

Gli immobili certificati registrati nel SIAPE, Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica, non possono essere considerati pienamente rappresentativi dell’intero parco immobiliare, a causa della bassa percentuale di edifici dotati di attestato di prestazione energetica. in particolare, secondo le stime ISTAT del 2021.

Al 31 dicembre 2019 erano dotate di APE solo 1.614.921 delle 35.271 .829 abitazioni destinate a uso residenziale, cioè al 4,58% del totale. Al 31 dicembre 2023 questo numero è salito a 4.611.412 , pari al 13,07% del totale. Evidentemente c’è stato un incremento di attestati, probabilmente dovuto agli incentivi economici per la riqualificazione energetica, poco significativo però rispetto alla consistenza complessiva del patrimonio immobiliare.

Per mostrare la variabilità del valore medio di energia primaria rinnovabile e non e delle relative emissioni di CO2 in funzione dell’epoca di costruzione del patrimonio immobiliare italiano, nelle Tabelle 1 e 2 è mostrata un’analisi dei dati presenti nel SIAPE per due categorie di edifici , rispettivamente E1(1) – residenziale a carattere continuativo e E2 – terziario.

In Figura 1 è rappresentata la distribuzione per epoca di costruzione delle classi energetiche sia per il settore residenziale sia per quello terziario.

I due rapporti pubblicati quest’anno da ENEA (2024a e 2024b), relativi alla consistenza del parco immobiliare nazionale e alla certificazione energetica degli edifici confermano che l’utilizzo delle informazioni presenti nel SIAPE potrebbe risultare non adeguato per rappresentare il settore immobiliare anche per gli edifici non residenziali e per definire correttamente una soglia di riqualificazione con valore di riferimento al 2020. Infatti, dai rapporti citati, emerge, ad esempio, che nel settore degli uffici privati, su circa 654.761 unità a uso privato e 38.375 a uso pubblico, solo 35.654 sono dotate di APE, pari al 5,1%.

TABELLA 1 Valore medio di energia primaria rinnovabile e non e relative emissioni di CO2 in funzione dell’epoca di costruzione del patrimonio immobiliare italiano per la categoria E1(1), residenziale a carattere continuativo

EPgl,nren [kWh/m2|a]

[kWh/m2|a]

TABELLA 2 Valore medio di energia primaria rinnovabile e non e relative emissioni di CO2 in funzione dell’epoca di costruzione del patrimonio immobiliare italiano per la categoria E2, terziario

APE

EPgl,nren [kWh/m2|a]

[kWh/m2|a]

[kg CO 2 /m2|a]

Consumo di energia nel settore residenziale

Il Rapporto annuale sull’efficienza energetica pubblicato da ENEA nel 2022, basato sui dati del 2020, considera il consumo medio di energia primaria ed evidenzia che il settore residenziale in Italia ha consumato nel 2020 30,7 Mtep di energia, registrando un calo dell’1,5% rispetto all’anno precedente. La riduzione ha interessato tutte le fonti energetiche, a eccezione dell’energia elettrica e delle fonti rinnovabili solare termico, geotermia e pompe di calore, il cui contributo è rimasto marginale. Va comunque tenuto presente che durante la pandemia da COVID-19 nel residenziale c’è stato un aumento del consumo di energia elettrica legato alla maggiore presenza in casa per smart working e intrattenimento domestico.

Il settore della Climatizzazione ha assorbito circa 0,9 tep/appartamento, per cui in prima analisi si potrebbe ipotizzare un valore medio di 104 kWh/m2|a come valore soglia al 2020 per il settore residenziale.

Tra il 1990 e il 2020, il consumo energetico residenziale è cresciuto del 17,6%, con due fasi distinte: un aumento

BIBLIOGRAFIA

del 35,8% fino al 2010 e una successiva contrazione del -13,4%, grazie a normative e incentivi per migliorare l’efficienza energetica. I consumi di calore e fonti rinnovabili, seppur in crescita, rimangono modesti, rispettivamente 0,9 Mtep e 0,3 Mtep.

Conclusioni

Il patrimonio edilizio italiano presenta sfide significative per migliorare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni del settore edilizio, riassumibili nei seguenti punti:

• ridotta efficienza energetica: gran parte degli edifici italiani, il 47,3%, è stata costruita tra l’immediato dopoguerra e il 1976, anno in cui entrò in vigore la prima legge sul contenimento dei consumi energetici. Un altro 12% è stato costruito tra il 1976 e il 1990, prima che entrasse in vigore la L. 10;

• elevato consumo energetico: i consumi medi nel residenziale, così come riportati da ENEA nel Rapporto annuale sull’efficienza energetica del 2002, riflettono inefficienze diffuse e richiedono interventi su larga scala;

• necessità di una strategia di riqualificazione: le 670 mila unità immobiliari

∙ Unione Europea. 2002. Direttiva (UE) 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico in edilizia. Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 4.1.2003, serie L.

∙ Unione Europea. 2023. Direttiva (UE) 2023/1791 del parlamento europeo e del consiglio del 13 settembre 2023 sull’efficienza energetica e che modifica il regolamento (UE) 2023/955 (rifusione). Bruxelles. Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 20.9.2023, L231/1.

∙ Unione Europea. 2024. Direttiva (UE) 2024/1275 del parlamento europeo e del consiglio del 24 aprile 2024 sulla prestazione energetica nell’edilizia (rifusione). Gazzetta ufficiale dell’Unione europea dell’8.5.2024, serie L.

∙ Governo Italiano, 1976. Legge 30 marzo 1976, n. 373. Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici. Roma. Poligrafico dello Stato.

∙ Governo Italiano, 1991. Legge 9 gennaio 1991, n. 10. Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso nazionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. Roma. Poligrafico dello Stato.

∙ ENEA 2024a. La consistenza del parco immobiliare nazionale. Roma. ENEA.

∙ ENEA 2024b. Rapporto sulla Certificazione Energetica degli Edifici. Roma. ENEA.

pubbliche non vincolate e i 12,8 milioni di edifici privati rappresentano un enorme potenziale per la riqualificazione energetica, ma richiedono strategie integrate e incentivi efficaci;

• copertura insufficiente degli APE: la scarsa diffusione degli attestati di prestazione energetica, in particolare per il settore non residenziale, limita la possibilità di delineare soglie di riferimento chiare per la riqualificazione energetica;

• determinazione del fabbisogno di energia primaria: si ritiene che l’indicatore dell’energia primaria totale (EPren + EPnren) non sia adeguato a definire la prestazione dell’edificio e fissare la soglia massima da utilizzare per verificare il raggiungimento degli obiettivi di riduzione percentuale dei fabbisogni previsti dalla EPBD del 2024 per i settori considerati.

Questa considerazione deriva dal fatto che, nei casi in cui si adottano interventi che sfruttano l’energia rinnovabile per sostituire quella non rinnovabile, si devono considerare gli appropriati fattori di conversione per l’energia primaria rinnovabile e non. A seconda dei casi, ciò può comportare una riduzione non significativa del valore dell’energia primaria totale ante e post-intervento rispetto ai benefici ottenibili utilizzando esclusivamente l’indicatore dell’energia primaria non rinnovabile, che è anche quello maggiormente correlato alle emissioni di gas a effetto serra.

In sintesi il raggiungimento degli obiettivi europei per il 2030 e il 2050 richiede una trasformazione sistematica dell’intero settore edilizio. Sarà fondamentale aumentare il tasso di riqualificazione energetica, sostenere e incentivare le strategie efficienti, promuovere l’adozione di fonti rinnovabili e implementare approcci innovativi come i passaporti di ristrutturazione.

Per l’Italia, questa sfida è amplificata dalla necessità di affrontare un patrimonio edilizio eterogeneo e climaticamente diversificato, adottando strategie regionali differenziate e un piano nazionale integrato che includa criteri di sostenibilità economica, tecnica e ambientale. Solo attraverso un impegno coordinato tra istituzioni, cittadini e settore privato sarà possibile trasformare il parco edilizio in una risorsa chiave per la transizione energetica e la decarbonizzazione.n

* Luca Alberto Piterà, Segretario Tecnico di AiCARR

Emissioni di CO² antropogeniche e loro contenimento

La concentrazione di CO2 nell’atmosfera ha raggiunto valori che non riescono a essere compensati dagli ecosistemi, con importanti ricadute climatiche e ambientali. L’articolo traccia un punto della situazione analizzando le emissioni dei diversi settori e le prospettive, per raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica ssati dagli accordi internazionali

La crescita della concentrazione di CO² in atmosfera

L’aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, dai valori precedenti all’epoca industriale

agli attuali, è ormai un fatto scientificamente appurato. L’immissione in atmosfera nell’arco di poco più di un secolo di prodotti della combustione di mate-

riali fossili, originatisi dalla decomposizione di sostanze organiche avvenuta nel corso di milioni di anni, testimonia incontrovertibilmente la responsabilità

1

della CO2 registrato nell’Osservatorio di Mauna Loa dal 1958 al 2023 [1]. L’osservatorio di Mauna Loa, nelle isole Hawaii a 3397 m slm in prossimità della vetta dell’omonimo vulcano, consente delle misurazioni rappresentative in quanto non risente di fonti di inquinamento né dell’influenza della vegetazione locale ed è quindi stato scelto come riferimento mondiale

2

dell’andamento climatico degli ultimi duemila anni. Si notano molto bene i periodi caldi e freddi (di ampiezza più o meno comparabile) e il trend di raffreddamento generale. Fonte: Institute of Geography, JGU [2].

dell’uomo nell’alterazione di un equilibrio che ha caratterizzato la natura da quando sono presenti le specie animali sulla Terra.

La composizione dell’aria che respiriamo, alle altitudini alle quali sono collocati la maggior parte degli insediamenti umani, è costituita da una miscela di azoto (78%), ossigeno (21%), argon (0,9%), anidride carbonica (0,04%) e altri componenti minori.

La concentrazione della CO2 è molto piccola, ma il suo aumento dal valore di 278 ppm dell’epoca preindustriale a quello attuale di 421 ppm, avvenuto nell’arco di poco più di un secolo, può determinare un aumento medio della temperatura tale da non poter più controllare l’effetto di desertificazione del pianeta.

Lo mostra inequivocabilmente la “curva di Keeling” in cui si osserva come l’anidride carbonica in atmosfera, misurata in parti per milione dall’Osservatorio di Mauna Loa [1], continui a salire, come mostra la Figura 1 aggiornata a ottobre 2023: 421 ppm contro 315 ppm del 1958, quando sono iniziate le misurazioni. Si noti come la curva assuma un andamento a “dente di sega”: questo a causa della riduzione estiva (nell’emisfero boreale che contiene il 39% di terre emerse rispetto al 19% dell’emisfero australe) operata dalla fotosintesi clorofilliana delle piante verdi. Sappiano come negli ultimi duemila anni ci siano state forti variazioni nella temperatura media del pianeta, tanto da potersi evidenziare un optimum climatico medievale (periodo nel quale i vigneti si sono estesi a tutta l’Inghilterra ed è documentato lo sbarco di Erik in Vichingo (985 d.C.) in Groenlandia, chiamata proprio Terra Verde perché ricoperta di prati).

Tuttavia, queste variazioni non sono ascrivibili a elevate concentrazioni di CO2 in atmosfera. La riprova è data dalle recenti indagini avvenute tramite carotaggi nei ghiacci antartici che hanno consentito di ricostruire, tramite l’analisi dell’aria inglobata nei ghiacci, l’andamento della anidride carbonica a partire da 800.000 anni fa, ossia molto prima cha la specie homo sapiens facesse la sua comparsa sulla Terra. Si è constatato che durante le ere glaciali e interglaciali che hanno caratterizzato il clima del pianeta in tale periodo, la concentrazione della CO2 è variata da un minimo di 170 ppm a un massimo di 300 ppm.

Confrontando i dati di emissione di CO2 con l’aumento delle temperature e con l’innalzamento del livello degli oceani si osserva una diretta proporzionalità tra i fenomeni (Figura 3).

FIGURA
Andamento
FIGURA
Ricostruzione
FIGURA 3 Confronto tra gli andamenti di CO2, temperature e innalzamento del livello degli oceani [3]

L’effetto serra

L’effetto serra è un fenomeno naturale grazie al quale è possibile la vita sulla Terra. Infatti, parte della radiazione proveniente dal sole, riemessa sotto forma di calore (radiazioni infrarosse), viene schermata e di nuovo irradiata sulla Terra per effetto della presenza di alcuni gas (principalmente anidride carbonica, vapore acqueo e metano). Tale fenomeno consente all’atmosfera di trattenere parte del calore proveniente dal sole, aumentando la sua temperatura media da –18 °C (valore che si avrebbe in assenza dell’effetto dei gas serra) al valore medio di 15 °C al suolo (Figura 4).

In epoca preindustriale l’anidride carbonica immessa in atmosfera per effetto dei processi di ossidazione (combustione del carbonio e respirazione animale in cui una molecola di carbonio si unisce a una di ossigeno per formarne una di CO2) era compensata dalla fotosintesi clorofilliana.

Oggi l’immissione di elevate quantità di anidride carbonica derivante da combustibili di origine fossile (carbone, petrolio, metano) ha incrementato l’effetto serra naturale di una rilevante componente antropica che, se non controllata, può far crescere la temperatura media terrestre (global warming) secondo i modelli climatici fino a 5,8 °C, con conseguenze devastanti per la Terra quali fenomeni estremi (uragani, inondazioni e siccità), innalzamento del livello dei mari, desertificazione e perdita della biodiversità.

La conferenza delle parti della convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), tenutasi a Parigi nel 2015 (COP21), ha stabilito l’obiettivo di un

aumento massimo della temperatura media globale di 2 °C (e ideale di 1,5 °C) rispetto alla situazione preindustriale (1850) e l’azzeramento dell’emissione antropica di gas serra entro la seconda metà del XXI secolo.

Il contenimento delle emissioni

Il primo accordo internazionale (Kyoto 1997 – COP3), entrato in vigore

nel 2005, ha stabilito precisi obiettivi vincolanti per la riduzione dei gas serra (riduzione del 5% delle emissioni tra il 2008 e il 2012 rispetto a quelle del 1990).

Il protocollo di Kyoto concerne le emissioni di sei gas climalteranti:

• biossido di carbonio (CO2);

• metano (CH4);

• protossido di azoto (N2O);

• idrofluorocarburi (HFC);

• perfluorocarburi (PFC);

1

EMISSIONI TOTALI DI CO 2 – PER NAZIONE – [Mt CO 2]

Elaborazione da fonte

TABELLA
Emissioni di CO2 per nazione [5]
FIGURA 4 Scambio radiativo e influenza dell’effetto serra atmosferico – Fonte NASA [4]

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CO 2 E CO 2 EQUIVALENTE

Abbiamo visto l’importanza dell’anidride carbonica in termini di riscaldamento dell’atmosfera. Altri gas, responsabili dell’effetto serra, possono essere rapportati alla CO2 in termini di conseguenze sul clima. È stato così possibile introdurre un’unica unità di misura, dell’impronta carbonica (carbon footprint) chiamata CO2e (CO2 equivalente) che comprende l’impatto dei diversi gas a effetto serra (GHGs = Green House Gases) sul riscaldamento globale in termini di quantità di CO2 calcolati sulla base dell’indice Global Warming Potential (GWP).

Grazie a questa unità di misura possiamo, infatti, calcolare con un solo valore l’impatto ambientale che un’attività, un evento o un prodotto causerebbero, emettendo molti e diversi gas serra, considerandoli nell’equivalente quantità di anidride carbonica.

Come si calcola la CO2 equivalente di un gas serra?

Per calcolare la CO2 equivalente di un gas serra è necessario moltiplicare la massa del gas per il suo Global Warming Potential (GWP), indice elaborato dal Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico dell’ONU (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC). Il Global Warming Potential, valore fisso che esprime qualsiasi gas serra in termini di CO2, misura il potenziale riscaldamento assorbito da una determinata quantità di un gas serra in comparazione con quello assorbito dalla stessa massa di CO2 nell’arco di un periodo di tempo determinato, solitamente pari a 100 anni.

Posto pari a 1 il GWP dell’anidride carbonica o biossido di carbonio (CO2), gas emesso quando si bruciano dei combustibili fossili, abbiamo che ad esempio il metano (CH4, GWP = 28), prodotto principalmente negli allevamenti e nelle discariche, ha una capacità inquinante di 28 volte superiore a quella della CO2 . Quindi l’effetto dei GHGs è moltiplicativo di quello della CO2. Si osservi come in un periodo in cui le caldaie vengono progressivamente sostituite dalle pompe di calore (più efficienti in condizioni climatiche non rigide e in grado di sfruttare direttamente energia elettrica autoprodotta), il cui funzionamento si basa sul ciclo frigorifero, il contenimento del GWP per i fluidi frigorigeni assume un’importanza ancor più rilevante.

• esafluoruro di zolfo (SF6).

Anche se tutti i 36 paesi che hanno partecipato al primo periodo di impegno hanno rispettato il protocollo, le emissioni globali sono aumentate del 40% dal 1990 al 2010.

Successivamente con l’emendamento di Doha (2012) è stato adottato un secondo periodo di impegno dal 2013 al 2020, con l’obiettivo di ridurre le emissioni del 18% rispetto al 1990.

Tuttavia, nonostante le 28 conferenze delle parti che si sono succedute e la sottoscrizione dei trattati da parte della quasi totalità delle nazioni mondiali, le emissioni globali di CO2 hanno subito un aumento dal 1990 a oggi del 72%, passando dai 22,7 a 39 miliardi di tonnellate (Tabella 1).

Dalla Tabella 2 si evince la sempre maggiore incidenza dei paesi emergenti, principalmente Cina e India che vanno ad affiancarsi a USA e Russia come maggiori emettitori. L’Unione Europea, grazie alla politica introdotta, ha ridotto la sua incidenza dal 16% del 1990 al 6% attuale.

I detrattori delle politiche di contenimento delle emissioni osservano che l’impegno dell’Europa non potrà cambiare il trend di riscaldamento globale. Tuttavia, perfino Cina e i paesi arabi hanno iniziato a investire in modo rilevante nelle rinnovabili, anche solo per la riduzione della disponibilità dei combustibili di origine fossile (il picco del petrolio è stato plausibilmente superato), il cui costo di estrazione ne rende sempre meno conveniente l’utilizzo; una circostanza che se ben sfruttata può trasformarsi in una leva economica di grande interesse per l’economia internazionale.

[5] EMISSIONI

DI GHG IN CO 2

TABELLA 2 Emissioni di GHGs in CO2 equivalente per nazione

Le emissioni per settore

Vediamo ora di analizzare i settori responsabili delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera.

La Tabella 3 riporta le emissioni globali di CO2 per settore, mentre la Tabella 4 fornisce le emissioni di gas serra (GHGs) trasformate in CO2 equivalenti.

Dalla Tabella 3 si vede che le emissioni derivanti dagli usi energetici costituiscono la parte più cospicua, il 38,2% del totale; seguono quindi le emissioni dovute ai trasporti (21,1%), nel cui comparto il trasporto su strada incide per ben il 17,9%.

Questo significa che la rivoluzione elettrica della mobilità permetterà di tagliare una mole consistente delle emissioni emesse a livello globale (ovviamente producendo l’energia elettrica da fonte rinnovabile).

È interessante valutare gli andamenti delle emissioni provenienti dai vari settori, riportati nelle Figure 5 e 6.

La ripartizione globale della CO2 è simile a quella dei gas serra totali: predominante è la produzione di elettricità e calore, seguita da trasporti, manifattura ed edilizia. La maggior parte delle emissioni dirette provenienti dall’agricoltura derivano dal metano (prodotto dai processi digestivi del bestiame) e dal protossido di azoto (rilasciato dall’applicazione di fertilizzanti).

Internet

La presenza della rete e il suo sviluppo a livello di interfacce di comunicazione nel periodo della pandemia di Covid-19 ha consentito lo smart-working e le teleconferenze evitando una paralisi completa dell’economia mondiale quale sarebbe potuta accadere solo dieci anni prima.

La riduzione degli spostamenti ha determinato una diminuzione delle emissioni di CO2. Quindi, aspetti sociali a parte, potremmo illuderci di aver trovato una prima soluzione al problema del riscaldamento globale. Il mondo digitale, tuttavia, è molto più energivoro di quanto si possa immaginare.

Si calcola che nel 2030 la rete potrebbe consumare un quinto di tutta l’energia elettrica mondiale, anche a causa della diffusione dell’Internet delle cose (IoT) e del 5G, che permetterà di trasmettere una quantità ingente di dati.

I maggiori consumi si hanno nei data center, cioè i cloud, che svolgono la funzione di server. In questo campo si stanno facendo notevoli progressi verso un maggiore uso di rinnovabili ed è stata avanzata la proposta di costruire i futuri data center in luoghi freddi, in modo tale da ridurre i consumi.

Settore

Agricoltura – Suoli agricoli, combustione dei residui colturali, fermentazione enterica, gestione del letame, emissioni indirette di N 2 O dall'agricoltura

Edifici – Combustione stazionaria non industriale su piccola scala

Sfruttamento dei combustibili – Produzione, trasformazione e raffinazione dei combustibili

Combustione industriale – Combustione per lavorazioni industriali

Industria Energetica –Impianti di produzione di energia e calore (pubblici e autoproduttori)

Processi – Processi industriali (es. emissioni derivanti dalla produzione di cemento, ferro e acciaio, alluminio, prodotti chimici, solventi, ecc.)

Trasporti –Combustione mobile (stradale, ferroviaria, navale e aerea)

Rifiuti – Smaltimento dei rifiuti solidi e trattamento delle acque reflue

TOTALE

Elaborazione da fonte EDGAR – Emissions Database for Global Atmospheric Research – 2024 data

Grafico 1 - Emissioni di CO2 per settore [Mt CO2]
TABELLA 3 Emissioni di CO2 per settore [5]
FIGURA 5 Emissioni di CO2 per settore [Mt CO2]. Elaborazione da fonte EDGAR – Emissions Database for Global Atmospheric Research – 2024 data

Agricoltura – Suoli agricoli, combustione dei residui colturali, fermentazione enterica, gestione del letame, emissioni indirette di N 2 O dall'agricoltura

Edifici – Combustione stazionaria non industriale su piccola scala

Sfruttamento dei combustibili – Produzione, trasformazione e raffinazione dei combustibili

Combustione industriale – Combustione per lavorazioni industriali

Industria Energetica –Impianti di produzione di energia e calore (pubblici e autoproduttori)

Processi – Processi industriali (es. emissioni derivanti dalla produzione di cemento, ferro e acciaio, alluminio, prodotti chimici, solventi, ecc.)

Trasporti –Combustione mobile (stradale, ferroviaria, navale e aerea)

Rifiuti – Smaltimento dei rifiuti solidi e trattamento delle acque reflue

Elaborazione da fonte EDGAR – Emissions Database for Global Atmospheric Research – 2024 data

La respirazione umana

Ogni giorno respiriamo mediamente 12500 litri d’aria. L’aria espirata contiene il 4% di anidride carbonica. Pertanto, l’emissione giornaliera è di 500 l/giorno (0,5 m3/giorno) di CO2. La densità dell’anidride carbonica in condizioni standard è di 1,98 kg/m3. L’emissione media di una persona è di 1,98 × 0,5 = 0,99 kg/giorno.

La popolazione mondiale ha raggiunto nel 2023 gli 8 miliari di abitanti.

L’emissione totale di CO2 è pertanto pari a 0,99 × 365 × 8 × 109 / 1000 = 2,89 miliardi di tonnellate all’anno, pari a circa il 5,6% delle emissioni totali.

Le emissioni vulcaniche

La normale attività vulcanica, se si escludono le grandi eruzioni come quella del Pinatubo del 1991, determina complessivamente un’immissione di circa 645 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, valore trascurabile sul totale delle emissioni (circa l’1,2%).

Le emissioni di carbonio accumulate in atmosfera

La molecola dell’anidride carbonica è costituita da un atomo di carbonio (peso atomico 12 g/mole) e due di ossigeno (peso atomico 16 g/mole). Il peso del carbonio rapportato alla molecola è del 27,3% (12/44).

In Tabella 5 si può vedere il bilancio annuale del carbonio immesso e assorbito dall’atmosfera.

Quindi vengono emessi (2023) circa 55,8 miliardi di tonnellate di CO2, derivanti dall’attività antropica, bilanciati dalla fotosintesi clorofilliana e dall’assorbimento degli oceani solo per 21,3 miliardi di t (Tabella 5).

L’incremento medio annuo netto di CO2,eq in atmosfera è quindi (dato medio relativo agli ultimi anni) di circa 33,4 miliardi di tonnellate.

È provato, dalle misurazioni eseguite da Keeling, che la concentrazione della CO2 è passata da un valore di 278 ppm (parti per milione) nel 1960 alle attuali 421 ppm. Poiché la massa atmosferica è di circa 5,15 x 1015 t, si è passati da una quantità di 1432 miliardi di t a 2168 miliardi di t, con un incremento di circa 736 miliardi di tonnellate di CO2, corrispondenti a un valore medio nel periodo di 12,3 Gt/anno. Possiamo allora assumere come quantità di CO2 presente in atmosfera un valore approssimato di 2000 Gt, corrispondenti a 545 Gt di carbonio.

Grafico
Agricoltura

L’abbattimento della CO² in atmosfera

Si è visto come sia presente attualmente in atmosfera un elevato esubero di anidride carbonica, non essendo i cicli naturali in grado di compensare le emissioni. Ci si può chiedere se e come sia possibile ridurne la quantità.

Esistono sostanzialmente tre metodi per ridurre i livelli di CO2:

• la cattura e la depurazione;

• la cattura e lo stoccaggio;

• l’incremento degli ecosistemi che si nutrono di anidride carbonica.

La cattura dell’anidride carbonica (carbon capture) è un processo che consente di recuperare la CO2 per poterla poi valorizzare in vari modi oppure sequestrarla per evitare che venga emessa in atmosfera.

La cattura della CO2 può avvenire direttamente dall’aria oppure ripulendo le emissioni delle attività industriali. Le tecnologie di cattura nella produzione di energia elettrica da combustibili fossili sono costose e complesse (il costo attuale è di circa 500 euro/ tCO2).

Lo stoccaggio del carbonio è, invece, un processo di “confinamento geologico” della molecola per immagazzinarla nel sottosuolo. Tecnicamente, la CO2 viene transitoriamente stoccata in forma liquida, in modo da ridurne il volume, e poi iniettata nel sottosuolo o sotto il fondale marino, sfruttando giacimenti esausti di idrocarburi. Questa tecnologia comporta elevati rischi in relazione alla impermeabilità al gas degli strati geologici di contenimento.

Attività antropica

Azione naturale

(*) La respirazione animale e la zootecnia sono comprese nei processi.

Fonte Global Carbon Budget 2022

Un approccio più semplice e sicuro è dato dall’incremento degli ecosistemi verdi, in grado di operare la fotosintesi clorofilliana, catturando l’anidride carbonica presente nell’aria, trasformandola nuovamente in carbonio (carbonio verde) e immagazzinandola nei loro tessuti.

Si può anche parlare di carbonio blu, riferendosi alla anidride carbonica assorbita dagli organismi appartenenti

agli ecosistemi marini. Le alghe e le piante subacquee (praterie di posidonia, barriere coralline e fitoplancton oceanico) e le foreste tropicali di mangrovie riescono a trattenere molta più CO2 delle piante terrestri. È interessante chiedersi quanta anidride carbonica può essere eliminata da un singolo albero. Il valore preciso dipende dal tipo di essenza, dalla specie (arborea o arbustiva), dalla classificazione in termini di fusto (alto o basso), dalla caducità o meno delle foglie, dalla zona climatica e da tutta una serie di fattori da valutare. Considerando una specie arborea da filare di alto fusto, si può dire che in un contesto urbano un albero può assorbire dai 10 ai 30 kgCO2/anno, valore che sale a 20 – 50 kgCO2/anno in un contesto naturale.

Un trilione di alberi

Potremmo domandarci a questo punto se sia possibile abbattere totalmente la quantità di CO2 in esubero, emessa a partire dalla Rivoluzione industriale, e riportarla ai valori di concentrazione preindustriali attraverso il processo naturale della fotosintesi

TABELLA 5 Bilancio del carbonio e della CO2 nell’atmosfera [6]

clorofilliana e, se sì, quanti alberi occorrerebbe piantare per raggiungere tale obiettivo. Abbiamo visto che le emissioni di CO2 non bilanciate ammontano a circa 33,4 miliardi di tonnellate all’anno. Poiché si può assumere mediamente che un albero, in un contesto naturale assorba 0,035 t CO2/anno ne deriva che occorrerebbero 954 miliardi piante per compensare l’incremento annuo di anidride carbonica.

Il World Economic Forum ha proposto di piantare 1000 miliardi di alberi entro il 2050, mediante l’iniziativa “One trillion trees”, per compensare l’anidride carbonica emessa e ridurre anche in parte quella già accumulata nell’atmosfera. È come se ogni abitante della Terra si facesse carico di piantare 125 alberi.

Ci sarebbe sulla Terra lo spazio per una piantumazione così massiccia?

Una densità elevata, ma accettabile di alberi potrebbe essere di 1000 alberi per ettaro, pari a 10 m2 per albero.

In tal caso occorrerebbe una superficie libera di 1000 milioni di ettari, pari a 10 milioni di km2, per intenderci, un territorio completamente libero, grande quanto 10 volte la Francia o l’intero deserto del Sahara.

Questa estensione è all’incirca una volta e mezzo quella della attuale foresta amazzonica e questo dato dovrebbe essere di monito circa le conseguenze

BIBLIOGRAFIA

del disboscamento che viene praticato annualmente per la conversione in coltivazioni agricole, come quelle di soia, o per pascoli estensivi per la produzione di carne bovina.

Si tratta dunque di un’estensione possibile, ma non sempre praticabile per via del clima che dovrebbe ospitare tali piantagioni e per le ragioni politico-sociali che tale iniziativa comporterebbe.

Inoltre, occorre considerare che le specie vegetali hanno due temibili nemici che potrebbero depotenziare il progetto di riforestazione: le fitopatologie e gli incendi boschivi.

Gli interventi andrebbero quindi eseguiti con criterio, realizzando ampie piste di separazione onde evitare il propagarsi di epidemie e fiamme.

Conclusioni

Le energie rinnovabili stanno assu-

[1] Pieter Tans, NOAA/ESRL (2023), Ralph Keeling Scripps Institution of Ocanography.

[2] Kiehl and Trenberth (1997). Sun Climate System. NASA (translated by IqRS, redrawn by Christoph S.).

[3] Climatizzati.ch

[4] Institute of Geography, Johannes Gutemberg Universitat Mainz.

[5] EDGAR (Emissions Database for Global Atmospheric Research) Community GHG Database, a collaboration between the European Commission, Joint Research Centre (JRC), the International Energy Agency (IEA), and comprising IEA-EDGAR CO2, EDGAR CH4, EDGAR N2O, EDGAR F-GASES version EDGAR_2024_GHG (2024) European Commission, JRC (Datasets).

[6] Pierre Friedlingstein et Al. Global Carbon budget 2022. Earth System Science data 2022; 14: 4811-4900.

mendo un peso crescente in termini di produzione energetica ed è quindi auspicabile che, lavorando sulle fonti sostenibili, sull’efficientamento energetico e sulla riduzione dei consumi superflui, sia possibile conseguire l’obiettivo di un’inversione di tendenza che porti al conseguimento del target europeo della neutralità carbonica per il 2050.

L’Europa ha conseguito gli obiettivi del “Pacchetto Energia e Clima” 20-20-20 che si proponevano per il 2020 la riduzione del 20% delle emissioni di gas serra rispetto a livelli del 1990, il raggiungimento del 20% dell’energia da fonti rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica del 20%.

Ma si riuscirà a convincere anche gli altri paesi, cosiddetti emergenti, della necessità di una conversione verso la sostenibilità ambientale? Questo cambiamento potrà avvenire solo se il passaggio alle fonti energetiche rinnovabili sarà visto da tutti non soltanto come una necessità, ma come un’opportunità.

In questo mutamento conterà molto lo sviluppo di nuove tecnologie. Occorrerà tuttavia un cambio radicale nei principi alla base dei sistemi economici che dovranno basarsi non più sul PIL, ma su parametri di benessere che tengano conto della riduzione dello spreco, della riciclabilità dei prodotti e dell’abbattimento dell’inquinamento, nella considerazione che un’espansione illimitata su un pianeta dalle risorse limitate è impossibile e può portare solamente al disastro. In quest’ottica occorrerà abbandonare la visione meccanicistica dell’economia e delle organizzazioni sociali e produttive, retaggio della cultura analitica e riduzionista cartesiana, per favorire l’emergere di una nuova concezione sistemica della vita.n

* Marco Surra, Esperto di gestione energia civile e industriale

AiCARR Educational srl –Società Benefit è certificata B Corp

AiCARR Educational srl – SB, attiva nella formazione sui temi dell’e cienza energetica, è ora una B Corp™ certi cata, unendosi a una comunità globale di oltre 9.000 aziende impegnate nel rispetto di elevati standard sociali e ambientali.

M. Colella*

AiCARR Educational srl, Società Benefit, azienda di riferimento nell’ambito della formazione professionale e del lifelong learning sui temi dell’efficienza energetica, il 18 Settembre 2024 ha concluso il suo iter di certificazione per diventare una Benefit Corporation o B Corp.

AiCARR Educational, società controllata da AiCARR Associazione, eroga corsi incentrati sulle tematiche del benessere sostenibile, della climatizzazione degli ambienti confinati e, più in generale, delle tecnologie impiantistiche per la produzione, la distribuzione e l’utilizzo dell’energia termica in ambito civile e industriale. AiCARR Educational ha iniziato poco più di 10 anni fa un percorso di continuo miglioramento della governance e della sua offerta, diventando attualmente in Italia un autorevole punto di riferimento per la crescita professionale di progettisti,

tecnici di aziende e di amministrazioni che operano nel settore della climatizzazione civile e industriale. La sua proposta didattica, completa e flessibile, costantemente incentrata sui temi connessi alla sostenibilità ambientale, in un’ottica di decarbonizzazione sempre più spinta degli edifici, le consente di rispondere alle esigenze di formazione e aggiornamento di professionisti nelle varie fasi della carriera professionale. Nell’ambito delle attività per il miglioramento continuo, AiCARR Educational ha deciso di diventare prima una Società Benefit per intraprendere poi il percorso perconseguire la certificazione B Corp.

Il processo di verifica e certificazione di AiCARR Educational quale B Corp è stato condotto dalla statunitense BLab, un network non profit che lavora in ambito internazionale con l’obiettivo di operare una trasformazione dell’economia globale ponendo una grande attenzione alle persone, alle comunità e al pianeta.

Alla data attuale le B Corp certificate nel mondo sono poco più di 9000 in 104 Paesi, in Italia 307, suddivise per settori di appartenenza. AiCARR Educational srl è certificata nel settore Educational & Training Services che conta 55 aziende certificate a livello globale.

Certificazione B Corp

La certificazione B Corp viene rilasciata alle società in grado di dimostrare che la propria attività si svolge nel rispetto di elevati standard di performance sociale e ambientale, valutati attraverso un rigoroso questionario denominato BIA – Benefit Impact Assessment. Il BIA è tecnicamente una check list che consente di valutare il modo di lavorare di una azienda, indipendentemente da ciò che produce, attraverso una rendicontazione su cinque aree tematiche: governance, risorse interne, comunità, ambiente e clienti. Dimostrare una elevata performance sociale e ambientale significa ottenere un punteggio di valutazione nel BIA pari o superiore a 80. AiCARR Educational srl ha concluso il suo processo di valutazione con un punteggio di 105,6, ben al di sopra del valore minimo richiesto, e ha reso pubbliche le proprie performance rispetto agli standard nel suo

profilo B Corp pubblico, presente nel sito web di BLab.

Elevata performance sociale e ambientale

Nel suo status di società controllata da una Associazione non profit AiCARR Educational ha inteso andare oltre la sua quotidiana attività di erogazione di corsi di formazione in materia di sostenibilità e uso corretto delle fonti energetiche, per manifestare l’impegno concreto nei confronti dell’ambiente e del sociale. Questo impegno era già stato ufficializzato nel dicembre 2023 con una modifica dello status giuridico che ha portato AiCARR Educational a diventare legalmente una Società Benefit, ovvero una società che nel suo statuto sancisce l’impegno a perseguire azioni volte ad avere un impatto sociale e ambientale positivo. Tale importante impegno comporta l’onere di rendicontare i risultati delle sue azioni attraverso la pubbli-

cazione annuale di un bilancio di sostenibilità, che affianca quello relativo alle attività economiche.

Essere diventati una Società Benefit ha generato, come naturale conseguenza, il desiderio di volersi misurare con gli elevati standard sociali e ambientali sviluppati all’interno di un contesto internazionale continuamente in evoluzione per adeguarsi ai mutamenti in atto. In particolare, gli standard a cui si fa riferimento sono quelli sviluppati dalla statunitense BLab che li elabora prendendo come modello le migliori prassi internazionali nei vari settori di certificazione, potendo contare sul contributo di stakeholder esterni oltre che di gruppi di lavoro interni.

La certificazione B Corp va, dunque, oltre la certificazione di prodotto o di servizio perché è volta alla misura delle prestazioni sociali e ambientali di una azienda e valuta il suo modo di agire nei confronti delle cinque aree di impatto più importanti: governance, risorse interne, comunità, ambiente e clienti.

Miglioramento continuo

La decisione di certificarsi come B Corp può derivare da molteplici motivazioni, tutte collegate alla volontà di operare in maniera più etica e responsabile. AiCARR Educational ha scelto di voler misurare il suo personale impatto sulla società e sull’ambiente in maniera trasparente potendo contare sul coinvolgimento e la motivazione delle sue risorse interne.

Il risultato finale del BIA, conseguente alle risposte fornite a domande personalizzate per il settore di appartenenza e collegate agli indicatori di impatto, rappresenta solo il punto di partenza per un miglioramento continuo che costituisce uno degli aspetti più rilevanti della certificazione B Corp. Le aziende, infatti, sono tenute a sottoporsi a una nuova valutazione ogni tre anni per mantenere lo status di B Corp e dare prova del miglioramento conseguito.

L’impegno che AiCARR Educational ha assunto con la nuova certificazione, che affianca quella di qualità ISO 9001, consiste nel lavorare costantemente per migliorare le proprie performance sociali e ambientali promuovendo, con le sue azioni, un sistema economico inclusivo, equo e rigenerativo a beneficio delle persone, delle comunità e, in ultima analisi, del pianeta.n

* Mariapia Colella, Socio AiCARR, Amministratore Unico di AiCARR Educational srl – Società Benefit

VANTAGGI A LUNGO TERMINE E RISPARMIO ENERGETICO PER LE POMPE DI CALORE DI GREE

Simone Bragato, direttore commerciale di GREE Italia commenta l’impegno dell’azienda nello sviluppo di pompe di calore ad alta efficienza, nel rispetto degli obiettivi di sostenibilità e con un occhio a design e funzionalità.

Le pompe di calore sono la chiave per la transizione energetica e la decarbonizzazione, soprattutto per quanto riguarda le ristrutturazioni. Quali sono, a suo

avviso, i pro e i contro di questa tecnologia? E quali gli ostacoli che ancora frenano l’utente finale verso questa scelta?

Le pompe di calore rappresentano sicuramente uno degli elementi chiave per la transizione energetica e l’efficientamento delle abitazioni. Tuttavia, nel contesto delle ristrutturazioni, esistono ancora alcuni aspetti che richiedono particolare attenzione. Tra questi, la posa dell’unità esterna può rappresentare una sfida, soprattutto nei condomini o complessi residenziali dove potrebbero esistere vincoli architettonici o strutturali. Un’altra considerazione importante riguarda la disponibilità di potenza elettrica dell’abitazione, che in alcuni casi può risultare insufficiente e richiedere un aumento di capacità. Nelle nuove costruzioni, invece, questi aspetti possono essere gestiti sin dalla fase di progettazione, facilitando l’installazione delle pompe di calore. Per questi motivi, in GREE offriamo un servizio di pre-vendita e specialisti dedicati per assistere i clienti nella gestione di qualsiasi situazione e fornire il supporto tecnico necessario.

di di grande

Il grande vantaggio di queste soluzioni risiede nel risparmio energetico, soprattutto perché possono essere facilmente integrate con impianti fotovoltaici, rendendole altamente sostenibili e a basso impatto ambientale. Le nostre pompe di calore, con un coefficiente di prestazione (COP) superiore a 4, garantiscono un elevato livello di efficienza energetica.

Inoltre, questi sistemi permettono di gestire in modo efficiente, e attraverso tecnologie smart, il riscaldamento, il raffreddamento e la produzione di acqua calda sanitaria utilizzando una sola fonte di energia.

Uno degli ostacoli attuali è rappresentato dal prezzo, che risulta più elevato rispetto ad altre tecnologie. È quindi fondamentale concentrarsi sui valori e sull’efficienza dei sistemi, evidenziando i vantaggi a lungo termine e il risparmio energetico che possono offrire.

Il boom delle pompe di calore in questi ultimi anni è stato sicuramente favorito sia dagli incentivi fiscali che dalle evoluzioni geopolitiche che hanno fatto emergere le criticità della dipendenza dal gas metano a favore dell’elettrificazione. Ora che gli incentivi sono diminuiti, come sta reagendo il mercato?

Oggi il mercato, rispetto al periodo caratterizzato dagli incentivi, sta attraversando una fase di rallentamento. Tuttavia, quel periodo è stato fondamentale per far conoscere agli utenti la tecnologia delle pompe di calore, evidenziandone vantaggi e benefici, contribuendo così a creare una maggiore cultura e consapevolezza in materia. In GREE, i sistemi a pompa di calore fanno parte del nostro portafoglio prodotti da diversi anni, il che ci ha consentito di essere fin da subito pronti con soluzioni efficaci e affidabili.

Negli ultimi tempi, le aziende si sono dimostrate sempre più attente a sostenibilità ed economia circolare. Ritenete che il tema della sostenibilità di prodotto sia oggi un aspetto importante e da valorizzare in ottica di filiera?

Con il crescente focus su queste tematiche, è fondamentale trasmettere l’attenzione che l’azienda dedica all’ambiente lungo l’intera filiera. In GREE, crediamo che la sostenibilità inizi dall’offrire prodotti affidabili e duraturi, capaci di garantire un ciclo di vita sostenibile. Per questo motivo, il nostro headquarter investe significative risorse nella ricerca e sviluppo, dedicando oltre 100.000 m² a questi sforzi, per innovare continuamente in direzione di soluzioni più ecologiche.

Le normative entro il 2032 imporranno un cambio di rotta incentivando l’uso di gas refrigeranti naturali e a basso impatto climatico. Come si sta orientando l’azienda?

GREE ha nel suo DNA un impegno significativo nella ricerca e sviluppo, già da diversi anni è attiva nella ricerca di soluzioni con l’utilizzo di refrigeranti alternativi naturali ed ecologici, con l’obiettivo di promuovere soluzioni sempre più sostenibili per il settore della climatizzazione.

Nel corso dell’ultimo anno, GREE ha inaugurato un nuovo polo produttivo di 100.000 m2, dedicato specificamente alla produzione di sistemi in R290. Questa nuova struttura non solo rappresenta un passo importante nella transizione verso refrigeranti più puliti, ma testimonia anche la dedizione di GREE all’innovazione e alla qualità. Attraverso processi di produzione avanzati e controlli rigorosi, la fabbrica è in grado di garantire prodotti altamente performanti, affidabili e rispettosi dell’ambiente.

Come si coniuga la tecnologia avanzata dei prodotti con gli aspetti di design e di funzionalità, in relazione per esempio al controllo a distanza o alla programmabilità del funzionamento?

GREE dedica molto impegno verso le nuove tecnologie e nuove soluzioni come, ad esempio, l’intelligenza artificiale per l’ottimizzazione degli utilizzi delle macchine come nel modello Airy o l’integrazione con sistemi a controllo vocale. Le macchine GREE sono dotate di funzionalità WiFi, consentendo l’accesso da remoto tramite app. Questa tecnologia permette agli utenti di monitorare e gestire i propri sistemi di climatizzazione ovunque si trovino, garantendo un controllo pratico e immediato. In aggiunta, i nostri sistemi integrati supportano la supervisione attraverso Building Management Systems (BMS). Questa integrazione consente una gestione centralizzata e ottimizzata degli impianti, rendendo possibile il monitoraggio in tempo reale delle performance e delle condizioni operative. Grazie a dashboard personalizzate e report dettagliati, i gestori degli edifici possono prendere decisioni consapevoli e tempestive, migliorando l’efficienza energetica e riducendo i costi operativi.

Simone
Bragato, direttore commerciale GREE

Pompe di calore industriali. Passato, presente, futuro

Circa 2⁄3 dell’impiego di energia nell’industria è imputabile a calore di processo. Una frazione importante dell’inevitabile calore di scarto è a temperatura inferiore a 100 °C e può essere sfruttata da pompe di calore, rendendolo utile per molti processi termici. L’articolo illustra gli sviluppi tecnologici che hanno portato dalle prime macchine alle moderne pompe di calore ad alta temperatura, considerando anche i possibili sviluppi R. Lazzarin*

In Europa il settore industriale è responsabile di 1⁄4 del consumo finale di energia. Circa 2 ⁄3 dell’impiego di energia nell’industria è imputabile a calore di processo. Le temperature richieste per il calore di processo presentano una grandissima variazione che può andare dai valori modesti del riscaldamento degli ambienti, che possono essere anche inferiori a 60 °C, ai

valori ben più alti del settore metallurgico, che possono superare i 1500 °C. Tuttavia, molti settori industriali utilizzano un calore di processo a temperature inferiori a 200 °C come, ad esempio, nel settore alimentare e nelle industrie cartiera e tessile.

A fronte del largo impiego di calore di processo vengono prodotte enormi quantità di calore di scarto. Una frazione di questo calore di scarto, stimata attorno al 42%, è a bassa temperatura, inferiore a 100 °C e non risulta utile neppure per recuperi termici passivi.

Pompa di calore per teleriscaldamento installata presso l’acciaieria Marienhütte a Graz (Austria)

Può, invece, essere sfruttato da pompe di calore, rendendolo utile per molti processi termici. Sono necessarie per questo pompe di calore ad alta temperatura, in grado di lavorare a temperature ben maggiori di 100 °C. Differiscono notevolmente dalle pompe di calore convenzionali, non solo per le potenzialità ben più grandi e per i refrigeranti richiesti, ma anche per le tecnologie. Pompe di calore a ricompressione meccanica del vapore consentono incredibili riduzioni nella domanda termica in processi come concentrazioni, distillazioni, essiccazioni o desalinizzazioni. D’altro lato, trasformatori di calore possono valorizzare una frazione del calore di scarto portandola a temperature utili.

Nel passato una pompa di calore industriale era un dispositivo in grado di superare a mala pena i 100 °C. Oggigiorno una pompa di calore industriale può arrivare a temperature fino a 200 °C. Recenti sviluppi stanno consentendo di aumentare il COP e l’incremento di temperatura fra sorgente termica e calore prodotto. In questo articolo verranno illustrati gli sviluppi tecnologici che hanno portato dalle prime applicazioni alla situazione attuale, considerando anche i possibili sviluppi.

Introduzione

Circa il 20% del totale consumo energetico mondiale è imputabile alla produzione termica nel mondo industriale, ottenuta prevalentemente da combustibili fossili. Si stima che circa il 50% del consumo energetico industriale si ritrovi sotto forma di calore di scarto. Di questo, circa il 60% si ritiene sia calore di scarto a bassa temperatura (<220 °C). L’energia richiesta dall’industria manifatturiera per la produzione di vapore tecnologico viene valutata pari

al 30% del consumo energetico totale. Il consumo energetico nel settore industriale nella UE (a 27) è attorno a 3200 TWh (275 Mtep) all’anno e rappresenta il 26% del consumo totale.

Le pompe di calore ad alta temperatura (HTHP – High Temperature Heat Pumps ) possono sfruttare calore di scarto, producendo calore a temperature utili, ad esempio con la produzione di vapore vivo. Queste pompe di calore industriali potrebbero coprire circa 28 TWh (2,4 Mtep) della domanda termica nell’intervallo 100-200 °C a livello europeo, cioè l’1,5% del totale del consumo termico. La sorgente “fredda” di queste pompe di calore utilizzerebbe circa 21 TWh/anno (1,8 Mtep con l’ipotesi di un COP pari a 4) [1]. Viene richiesta un’attenzione speciale al settore industriale, tenendo conto che viene considerato responsabile del 20% delle emissioni di gas serra in Europa, senza conteggiare le emissioni indirette dovute alla fornitura di energia dall’esterno (come l’energia elettrica). Gran parte dell’impiego energetico nell’industria (66%) è attribuibile alla produzione di calore di processo [2].

Generalità

Per prima cosa va ricordato che, ogni qualvolta il calore di scarto si trovi

a una temperatura maggiore di quella richiesta, la scelta preferibile è un recupero termico passivo mediante uno scambiatore di calore. Solo quando i due livelli di temperatura si invertono la pompa di calore può essere una buona soluzione. Sono affermazioni che sembrano ovvie, ma questo criterio non è sempre seguito. Quindi è corretto che spesso la pompa di calore sia preceduta da uno scambiatore di calore.

Per quanto riguarda la valutazione del COP di una pompa di calore, una stima, anche se grossolana, è consentita dal rapporto di Carnot. Le moderne pompe di calore possono raggiungere un COP dell’ordine del 60% del rapporto di Carnot: dove, ovviamente, T1 è la temperatura utile e T2 è quella della sorgente. Quando una pompa di calore è azionata da energia elettrica, il COP che va considerato accettabile dipende da come viene prodotta l’energia elettrica. Se la produzione è prevalentemente termoelettrica con gas naturale con un rendimento di trasformazione e distribuzione del 40%, viene richiesto al minimo un COP di 2,5 per arrivare a parità nella richiesta di energia primaria. Per una temperatura utile di 150 °C si ha un limite nell’incremento di temperatura di 100 °C (parità), ma sarebbe preferibile restare entro i 60-70 K per ottenere una concreta superiorità in termini di energia primaria. Si vedano dei valori nella Tabella I che fornisce il COP ottenibile da una pompa di calore industriale che opera a 150 °C in funzione della differenza fra tale temperatura e quella della sorgente fredda. Queste considerazioni perdono validità qualora l’elettricità sia prodotta con altri mezzi, dall’idroelettrico al fotovoltaico o all’eolico o al nucleare.

La situazione odierna delle pompe di calore nel divario fra calore utile e sorgente è illustrata dalla Figura 1 che riporta in ascissa la temperatura della sorgente fredda e in ordinata la possibile temperatura utile: i due valori seguono la retta leggermente divergente dalla diagonale. Si può partire dal valore limite di 60 °C delle pompe di calore convenzionali per arrivare ai 130 °C delle HTHP (sorgente di almeno 60-70 °C) e terminare con i 180 °C delle pompe di calore ad altissima temperatura (VHTHPVery High Temperature Heat Pumps) con una richiesta dalla sorgente fredda superiore ai 100 °C.

La Figura 2 riassume le tecniche impiegate nelle HTHP.

TABELLA 1 Stima del COP ottenibile da una pompa di calore industriale che operi a 150 °C in funzione della differenza fra tale temperatura e quella della sorgente fredda

1 Collegamento fra varie tipologie di pompe di calore fra la temperatura della sorgente e la temperatura utile

Esse si dividono anzitutto in sistemi chiusi e in sistemi aperti. I primi prevedono macchine a compressione meccanica del vapore e sistemi ad assorbimento. I secondi si dividono invece in sistemi a ricompressione meccanica del vapore e a ricompressione termica del vapore. I sistemi ad assorbimento prevedono due importanti gruppi con funzioni del tutto diverse: le pompe di calore ad assorbimento e i trasformatori di calore. Gli azionamenti dei sistemi possono essere molteplici e vanno da energia elettrica a energia meccanica quando non a energia termica derivante da combustione diretta o da vapore vivo. Le tecniche prevalentemente impiegate ad oggi sono i sistemi a compressione meccanica suddivisi grosso modo a metà fra sistemi chiusi e aperti, restando comunque importante anche il ruolo dei sistemi ad assorbimento, in particolare quello dei trasformatori di calore.

Il passato (1855-2000)

La prima pompa di calore nella storia venne realizzata nel 1855 dall’austriaco Peter Ritter von Rittinger che l’applicò nelle sue miniere di sale a Ebensee nell’Alta Austria. Il sale di miniera viene estratto inviando dell’acqua e traendone una salamoia che deve essere essiccata per ricavarne il sale. La separazione dell’acqua mediante riscaldamento da combustione è molto onerosa dal punto di vista energetico. Il sistema ideato operava, invece, a ricompressione meccanica del vapore ed è rappresentato in Figura 3. Ai due grandi alambicchi centrali perviene la salamoia che è stata preriscaldata dalle condense calde scaricate.

La salamoia viene riscaldata nei 4 scambiatori di calore a lato degli alambicchi da vapore vivo proveniente dai due compressori, che si notano nell’estremità inferiore sinistra dello schema. Questi compressori sono azionati da cadute d’acqua. La salamoia entra molto calda negli alambicchi (il vapore vivo dai compressori viene prodotto a 138 °C) e qui separa vapore, mentre sul fondo si raccoglie una soluzione molto concentrata in sale. Da questa soluzione si ricava, per centrifugazione, sale industriale ovvero, per successiva essiccazione, sale da cucina. La parte interessante del sistema è legata alla vicenda del vapore che si sviluppa negli alambicchi alla temperatura di 117 °C e alla pres-

sione di 1,7 bar. Questo vapore viene aspirato dai compressori e portato alla pressione di 3 bar, alla quale la temperatura di condensazione è appunto 138 °C. In questo modo per ogni kg di vapore che si sviluppa dall’alambicco la sua condensazione consente la produzione di un’uguale quantità di vapore. Il ridotto incremento di temperatura nella compressione consente di ottenere dei COP anche superiori a 10.

Le prime pompe di calore per impieghi industriali erano in linea di principio simili operativamente a quelle disponibili per il mercato commerciale, differendo essenzialmente nei livelli termici possibili, nei refrigeranti e nelle capacità. Il primo problema che si pose ai proget-

FIGURA 2 Ramificazione delle diverse tecnologie per pompe di calore industriali
FIGURA 3 Schema della pompa di calore a ricompressione meccanica del vapore realizzata nel 1855 da Peter Ritter von Rittinger
FIGURA

tisti fu proprio quello di scegliere un refrigerante adatto alle più alte temperature. Vennero subito scartati i refrigeranti allora maggiormente diffusi (CFC12 e HCFC-22) in favore di CFC-114 in grado di lavorare sopra i 100 °C, conservando una buona stabilità.

Lo schema, come si è detto, era molto simile a quello delle pompe di calore convenzionali (Figura 4). Nella parte superiore sinistra della figura l’evaporatore è alimentato da calore di scarto a 90 °C. Ne deriva un vapore di refrigerante che entra nel compressore a 80 °C. La compressione porta a una temperatura di condensazione di 135 °C che consente la produzione di calore utile a 130 °C [3]. La macchina appena descritta era ai limiti operativi nel periodo considerato (ultimo decennio del secolo scorso). Una macchina chiamata Templifier , prodotta dalla Westinghouse e con un certo successo commerciale, poteva operare a 100 °C con un COP di 3,5 e una sorgente fredda a 60 °C.

Un primo accorgimento per ridurre il lavoro di compressione e la temperatura potenzialmente elevata all’uscita del compressore fu l’impiego di un economizzatore (Figura 5). Si tratta di un elemento di scambio termico nel quale, mediante vaporizzazione di una parte del condensato a una pressione intermedia, viene sotto-raffreddato ulteriormente il condensato, mentre il vapore, prodotto alla pressione intermedia e introdotto nel compressore, consente un raffreddamento del vapore compresso con una riduzione del lavoro di compressione. Le relative trasformazioni sono rappresentate sul diagramma p-h di Figura 6 che mostra la quota di lavoro di compressione risparmiato (l’area 22'33') e la minore temperatura raggiunta a fine compressione.

L’altro interessante sviluppo tecnologico intervenuto nell’ultimo decennio del secolo scorso è legato alle prime pompe di calore industriali ad assorbimento. Il prodotto rappresentativo è una pompa di calore commercializ-

zata dalla Mitshubishi-York, alimentata da vapore vivo a 165 °C. La sorgente fredda era calore di scarto a 40 °C con riscaldamento di acqua da 50 a 90 °C. Lo schema della macchina è rappresentato in Figura 7, dove si notano il

FIGURA 4 Pompa di calore a compressione a temperatura elevata operante su calore di scarto a 90 °C
FIGURA 5 Ciclo di una pompa di calore con economizzatore e iniezione di liquido a pressione intermedia in un compressore scroll
FIGURA 6 Rappresentazione sul piano pressione entalpia del ciclo con economizzatore di Figura 5
FIGURA 7 Schema di una pompa di calore ad assorbimento industriale

cilindro inferiore di bassa pressione con evaporatore e assorbitore e quello superiore di alta pressione con generatore e condensatore. La macchina rappresentata, a fronte della fornitura di vapore vivo per 0,6 MW, consentiva la produzione di acqua calda per 1 MW, traendo dal calore di scarto la differenza di 0,4 MW. Risultando trascurabile il lavoro richiesto dalle pompe rispetto a queste quantità, il COP viene calcolato a 1,7, valore da considerare elevato, tenendo presente l’alimentazione quasi esclusivamente termica della macchina. Il ciclo seguito dalla macchina si può seguire sul diagramma pressione-temperatura della soluzione H2O-LiBr di Figura 8. Nel diagramma le diagonali rappresentano le linee a concentrazione costante di sale a partire da quella più a sinistra di refrigerante puro (acqua) che connette condensatore con evaporatore. Dal generatore scende verso l’assorbitore la soluzione riconcentrata in sale, mentre la soluzione diluita da concentrare si dirige dall’assorbitore verso il generatore. Si notano nel diagramma le due pressioni e le tre temperature operative (in realtà assorbitore e generatore operano in un intervallo di temperatura).

I trasformatori di calore sono un’ulteriore, molto importante, applicazione del principio dell’assorbimento. Il trasformatore di calore sfrutta energia termica a una temperatura non utile, valorizzandone una parte a un livello termico utilizzabile. La Figura 9 illustra questa operazione, mostrando una fornitura termica a media temperatura alla macchina, da cui esce una frazione a temperatura elevata e la parte rimanente viene dissipata a una temperatura più bassa.

Il ciclo termodinamico della macchina è rappresentato in Figura 10. Calore di scarto a un livello termico fra 60 e 100 °C mette a disposizione energia termica a una temperatura più alta di 40-50 K che diventa utile per molti processi industriali (potrebbe consentire di produrre vapore vivo alla pressione di 5 bar). Il COP della macchina può aggirarsi attorno a 0,4-0,5, vale a dire che circa metà dell’energia termica di scarto risulta disponibile ad alta temperatura. Una delle prime applicazioni del trasformatore di calore ebbe luogo in Olanda presso l’acciaieria Hoogovens a L’Aja nel 1991 [4]. Il trasformatore di calore veniva alimentato da 9,3 MW di cascame termico a 90 °C, derivante dal sistema di raffreddamento di un laminatoio a caldo. Ne derivavano 4 MW a 130 °C per la produzione di vapore vivo, mentre la quota rimanente veniva dissipata in torre evaporativa a 20-25 °C. Oltre a dimezzare il carico della torre evaporativa,

FIGURA 8 Rappresentazione del ciclo di pompa di calore ad assorbimento sul piano pressione temperatura della miscela H2O-LiBr. Si notino da sinistra a destra le diagonali di refrigerante puro e di concentrazione debole e forte della soluzione. Il sistema lavora con due pressioni e tre temperature

FIGURA 9 Funzione di un trasformatore di calore: energia termica a temperatura intermedia permette di ottenere energia termica a una temperatura più alta

FIGURA 10 Rappresentazione del ciclo di un trasformatore di calore sul piano pressione temperatura della miscela H2O-LiBr. Si notino da sinistra a destra le diagonali di refrigerante puro e di concentrazione debole e forte della soluzione. Il sistema lavora con due pressioni e tre temperature con fornitura termica a temperatura intermedia e calore utile alla temperature più elevata

l’impianto consentiva un risparmio di energia valutato in 3000 tep/anno. La foto di Figura 11 mostra dall’esterno il trasformatore di calore. Le 4 colonne sono rispettivamente il condensatore, il rigeneratore, l’evaporatore e l’assorbitore della macchina e operano secondo lo schema di Figura 12: il cascame termico a 100 °C alimenta rigeneratore

ed evaporatore, mentre l’effetto utile a 150 °C deriva dall’assorbitore.

Il presente (2000-2024)

A partire dai primi anni del 2000, dell’ampia famiglia dei refrigeranti organici rimanevano in vita solo gli HFC, completamente privi dell’atomo di Cl, ad esempio R32 o R134a ovvero

R152. La messa al bando era dovuta ai limiti legati al potenziale di distruzione dell’Ozono ODP (Ozone Depletion Potential). Fra i possibili refrigeranti usati per la sostituzione si fece ricorso alle miscele multicomponente, nelle quali venivano miscelati in adatte proporzioni due o più refrigeranti.

In pochi anni un altro severo vincolo riguardava i refrigeranti: il potenziale di riscaldamento globale GWP (Global Warming Potential). La Direttiva europea F-gas prevedeva la sostituzione dei refrigeranti che avessero un GWP>2500 e, a partire dal 2022, addirittura >150. Sostanzialmente due soli HFC sembrano in grado di rispettare questo limite restrittivo (R161 e R152a).

Un gruppo di refrigeranti di recente sviluppo è in grado di rientrare nei limiti della Direttiva F-gas. Si tratta di HFC insaturi (HFO idro-fluoro-olefine) prodotti in alternativa ai normali HFC con elevato GWP, basati sulla molecola del propilene.

Considerando la storia sfortunata di

tutti i refrigeranti sintetici proposti nel passato (è appena stato messo al bando quello che era divenuto il più popolare, lo R245fa), la migliore soluzione secondo molti ricercatori è il ricorso ai refrigeranti naturali:

• propano HC-290 (C 3 H 8 ); molto infiammabile;

• butano HC-600 (C 4 H 10 ); molto infiammabile;

• ammoniaca R-717 (NH3); tossico e infiammabile;

• anidride carbonica R-744 (CO2); pressione critica molto bassa e dislivello di pressioni molto elevato;

• acqua R-718 (H2O); capacità termica volumetrica molto bassa e limitazione agli 0 °C.

L’impiego dello R-744, anidride carbonica, pur con l’elevato dislivello di pressione e il ricorso a un ciclo transcritico, fu un importante innovazione. L’effetto utile viene ottenuto da un raffreddamento dei gas caldi dopo la compressione nel cosiddetto gas cooler e non con il consueto condensatore delle

pompe di calore. Si può, ad esempio, riscaldare dell’acqua pressurizzata con il raffreddamento dei gas di CO2

In questo modo ci si può avvicinare all’efficiente ciclo di Lorenz (un ciclo nel quale i processi di cambiamento di fase avvengono a temperatura variabile, mantenendo differenze di temperatura abbastanza uniformi con un fluido monofase che si sta riscaldando/raffreddando).Il riscaldamento di un fluido è qui seguito quasi in parallelo dal raffreddamento del refrigerante con un dislivello di temperatura quasi uniforme, a differenza di quanto avviene con il raffreddamento di un refrigerante in conden-

13 Confronto fra il possibile scambio termico di un gas cooler con dell’acqua da riscaldare rispetto al riscaldamento in un condensatore. Viene rappresentato anche l’andamento delle temperature all’evaporatore

FIGURA 11 Immagine di un trasformatore di calore operante presso l’acciaieria Hoogovens den Haag, Olanda per una potenza termica utile di 4 MW
FIGURA 12 Schema a blocchi di un trasformatore di calore che riceve calore di scarto a 100 °C per produrre vapore tecnologico a 150 °C
FIGURA

14 Schema a blocchi e rappresentazione sul piano pressione-entalpia di un ciclo a pompa di calore nel quale un eiettore sfrutta il salto di pressione fra condensatore ed evaporatore

sazione (Figura 13). Una delle maggiori controindicazioni dello R-744 sta nella grande differenza di pressione fra evaporatore e fine compressione. Una moderna innovazione riesce a sfruttare in parte questa differenza di pressione mediante l’uso di un eiettore all’uscita del gas cooler, riducendo il lavoro di compressione. La Figura 14 rappresenta lo schema della macchina e le trasformazioni sul piano pressione-entalpia dello R-744 [5]. L’espansione nell’ugello fino a una pressione leggermente inferiore a quella dell’evaporatore con forte aumento della velocità consente di aspirare il vapore prodotto nell’evaporatore (punto 9), comprimendolo fino alla pressione intermedia del separatore di liquido (flash tank). Di qui il vapore, dopo un leggero surriscaldamento nello scambiatore, viene aspirato dal compressore, il cui lavoro viene ridotto per il minore divario di pressione fra separatore e gas cooler

Uno schema di grande interesse per la produzione di vapore vivo con pompa di calore è rappresentato in Figura 15. Si ricorre a una pompa di calore a due stadi in cascata con due cicli frigoriferi e due diversi refrigeranti. L’evaporatore del ciclo ad alta temperatura viene riscaldato dalla condensazione del ciclo inferiore. Il condensatore ad alta temperatura HT usa il processo 2'3' per produrre l’evaporazione di acqua ad alta temperatura che si dirige a un separatore di liquido in condizioni di saturazione. In questo modo il vapore saturo viene poi compresso da vapore saturo a vapore surriscaldato fino alla condizione rappresentata da 7.

Uno dei processi maggiormente energivori nell’industria è la separazione di due liquidi (concentrazione), soprattutto se uno di questi è acqua. Infatti, se la separazione è ottenuta tramite evaporazione, vengono richiesti almeno

16

2500 kJ kg-1, (0,7 kWh kg-1). Il vapore che si separa in questo processo è a una pressione e a una temperatura troppo basse per essere di qualche utilità, né risulta significativo un recupero termico. I processi industriali coinvolti non sono per nulla marginali dal punto di vista macroeconomico. Nel settore caseario in Italia si stima la necessità di far evaporare 2 Mt all’anno di acqua, 2,5 Mt nella lavorazione di limoni e pomodoro, altrettanto per l’amido e 4,5 Mt per lo

zucchero. L’evaporazione della quantità corrispondente d’acqua (11,5 Mt) richiederebbe un costo energetico superiore a 700 ktep, qualora ottenuto da vaporizzazione per riscaldamento a singolo effetto. Altri processi particolarmente energivori sono la desalinizzazione, le distillazioni e le essiccazioni. In molti di questi processi la ricompressione meccanica del vapore (MVR Mechanical Vapour Recompression) è una tecnologia in grado di garantire

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FIGURA 15 Ciclo bistadio in cascata con produzione a valle di vapore tecnologico mediante un’ulteriore compressione
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Rappresentazione schematica di una pompa di calore a ciclo aperto a ricompressione meccanica del vapore

17 Sistema di valorizzazione del vapore sviluppato tramite una compressione realizzata con un eiettore alimentato da vapore tecnologico

drastiche riduzioni dei costi energetici. Si tratta probabilmente della tecnologia HTHP attualmente più diffusa. Un costruttore vanta la realizzazione di oltre 2500 impianti [6]. Il processo seguito, in fondo, non è molto diverso dall’antica pompa di calore di Ritter. Il vapore che si sviluppa nel processo è compresso meccanicamente e questo basta a valorizzare l’entalpia del vapore, che può essere condensato a una temperatura utile per fornire energia al processo in modo da produrre altro vapore. La piccola differenza di temperatura fra evaporazione e condensazione consente di raggiungere valori elevatissimi di COP, che spesso superano 10. La Figura 16 illustra uno schema di un sistema di concentrazione mediante MVR. Viene richiesto del vapore vivo per attivare il processo: la sua condensazione sviluppa vapore dalla soluzione. Il vapore viene aspirato da un compressore e la sua compressione porta a una pressione sufficiente a consentire una condensazione a una temperatura tale da permettere uno scambio termico con la soluzione da concentrare, tramite

un’area di scambio di entità legata anche al rapporto di compressione. Attualmente si sceglie una differenza di temperatura di circa 10 K con un rapporto di compressione orientativamente di 1,4, anche se talvolta si scende a soli 5 K. La scelta dipende dal compromesso fra l’area di scambio che può essere ridotta a rapporti di compressione crescenti e il costo energetico della compressione. Dati i bassi rapporti di compressione in gioco, vengono utilizzate delle soffianti (blowers), anziché i consueti compressori volumetrici. Il nome viene adottato per compressori con rapporto di compressione basso, più elevato che per i ventilatori, ma inferiore a quello dei compressori tradizionali. Le soffianti sono di solito macchine centrifughe con un singolo stadio di compressione. Considerando un sistema MVR che presenti un rendimento isentropico della compressione di 0,65, verrebbero richiesti 25 kWh di energia meccanica per l’evaporazione di 1000 litri d’acqua. L’energia richiesta

per la fase di avvio dipende ovviamente da come viene gestito il processo, ma si può valutare in maniera cautelativa, aumentando del 5% l’energia fornita. In ogni caso, il COP può risultare anche superiore a 20.

Per completezza va considerato un processo concorrente a quello appena descritto. Si tratta della compressione termica del vapore (TVR – Thermal Vapour Recompression), prodotta mediante un eiettore, come rappresentato in Figura 17. Una quota del vapore tratto dalla soluzione da concentrare viene compresso mediante un eiettore alimentato da vapore vivo. L’incremento di pressione consente di sfruttare il calore di condensazione per alimentare il processo. Il costo energetico è legato alla pressione del vapore vivo, al grado di compressione che si vuole raggiungere e alla pressione cui il vapore si sviluppa. Il sistema termico appena presentato è suscettibile di un notevole miglioramento, utilizzando il principio dell’effetto multiplo. Uno schema a triplo effetto è rappresentato in Figura 18. Il vapore vivo alimenta una prima vaporizzazione che deve avvenire a una pressione sufficientemente elevata per consentire una condensazione a temperatura adeguata per alimentare un secondo stadio di concentrazione a una pressione minore, operando in maniera analoga in un terzo stadio. Le prestazioni si possono migliorare dal punto di vista energetico con l’aumento del numero degli stadi. In qualche caso si arriva

FIGURA
FIGURA 18 Schema di un sistema a ricompressione termica del vapore a triplo effetto

anche a 7, ma con un impianto di estrema complessità e rigidità di gestione. Egualmente i costi in termini di energia primaria si possono valutare da 2 a 3 volte superiori allo MVR. La scelta fra i due sistemi in concorrenza risulta fortemente dipendente dal sistema tariffario di energia elettrica e gas.

Il futuro (2025-20??)

In futuro si può prevedere un ruolo importante del principio dell’assorbimento con l’uso di sistemi a doppio effetto ovvero accoppiati con compressione meccanica.

Come per le macchine frigorifere ad assorbimento, i sistemi a doppio effetto consentono di migliorare le prestazioni. Un possibile schema è rappresentato in Figura 19. Energia termica viene fornita al generatore di alta pressione (HPG) a una temperatura relativamente elevata, dell’ordine di 180 °C. La condensazione del refrigerante evaporato ha luogo a temperatura elevata in un condensatore di alta pressione (HPC), che può in tal modo alimentare un secondo generatore di bassa pressione (LPG). Il vapore prodotto condensa in un condensatore di bassa pressione con effetto termico utile. Il condensato passa come sempre a un evaporatore (E) da cui il vapore si dirige verso l’assorbitore (A) con un secondo effetto utile. Dal momento che il vapore separato dalla soluzione nel LPG non richiede fornitura esterna di energia, il COP della pompa di calore si incrementa e in alcuni prototipi è arrivato a 2,2, valore assai elevato per azionamento termico della macchina [7].

Un concetto analogo può essere applicato anche al trasformatore di calore. Qualora vi sia abbondanza di cascami termici, c’è la possibilità di incrementare la differenza di temperatura ottenibile tramite un trasformatore di calore a doppio effetto. Lo schema è rappresentato in Figura 20. Il calore di scarto viene inviato contemporaneamente a generatore e a evaporatore come nel trasformatore di calore a singolo effetto. In maniera analoga l’assorbitore produce un effetto termico utile che, in questo caso, è finalizzato a produrre vapore in un evaporatore a maggiore pressione dove il refrigerante liquido è arrivato tramite una pompa. Di qui il vapore viene assorbito da un assorbitore a maggiore pressione, con un effetto termico utile a più alta temperatura. L’assorbitore a più alta pressione si interfaccia direttamente con il generatore per l’arrivo della soluzione concentrata e con l’assorbitore a bassa pressione per il ritorno della soluzione

FIGURA 19 Schema di una pompa di calore ad assorbimento a doppio effetto
FIGURA 20 Schema a blocchi di un trasformatore di calore a doppio assorbimento
FIGURA 21 Rappresentazione del ciclo di un trasformatore di calore a doppio assorbimento sul piano pressione temperatura della miscela H2O-LiBr
FIGURA 22 Confronto delle pressioni alle diverse temperature di ammoniaca pura e miscele acqua-ammoniaca

FIGURA 23 Schema a blocchi di un trasformatore di calore ibrido compressione-assorbimento utilizzato nell’essiccazione di pasta in Cina

FIGURA 24 Andamento delle temperature nelle fasi di assorbimento e di rigenerazione confrontato con l’andamento delle temperature dell’effetto utile e della sorgente fredda

a bassa pressione ed evaporatore ad alta. I primi prototipi realizzati sottolineano l’interesse dello schema presentato. Un sistema realizzato con una potenza utile di 200 kW ha reso possibile la produzione di vapore vivo a 180 °C mediante calore di scarto a 88 °C, e raffreddamento del condensatore a 25 °C con un COP di 0,278 [7].

Lo sviluppo tecnico più promettente nel settore delle VHTHP (Very High Temperature Heat Pumps) è probabilmente quello dei sistemi ibridi compressione/assorbimento. All’aumentare della temperatura del calore prodotto, le pompe di calore a compressione devono operare a pressioni crescenti, in particolare quelle che impiegano ammoniaca. Una soluzione che consente di limitare la pressione, pur lavorando a elevate temperature, è il ricorso al ciclo ibrido compressione/assorbimento. In questo ciclo il compressore deve portare il vapore a una pressione più ridotta rispetto a quella che ci sarebbe stata a parità di temperatura con il ciclo tradizionale. Si può infatti vedere dalla Figura 22 come, alla temperatura di 100 °C, la soluzione al 50% presenti una pressione quasi dimezzata rispetto a quella dell’ammoniaca pura alla stessa temperatura.

Uno schema di ciclo ibrido compressione/assorbimento è rappresentato in Figura 23 [8]. Si può partire dall’elemento chiamato rigeneratore (desorber – DES), una sorta di generatore parziale, riscaldato dalla sorgente fredda dal quale la soluzione H2O-NH3 esce in condizione di saturazione con parziale evaporazione di NH3. Nel separatore liquido-vapore (LVS) si separano i vapori di NH3 e vengono aspirati dal compressore (COM). La soluzione è ora povera in NH3 e viene portata a pressione più elevata da una pompa della soluzione (SP). Il passo successivo è la miscela fra la soluzione e il vapore appena compresso che avviene nell’assorbitore (ABS) con sviluppo termico utile. La soluzione, ora diluita, passa nel rigeneratore a minore pressione dopo uno scambio termico con la soluzione proveniente dal separatore di liquido.

diluita, che verrà ulteriormente diluita nell’assorbitore di bassa pressione. La comprensione delle diverse trasformazioni può essere agevolata dall’esame delle stesse sul diagramma pressione-temperatura-concentrazioni di

Figura 21. Si notano le tre diverse pressioni nella scala delle ordinate, mentre sulle ascisse si hanno le tre diverse temperature con un valore intermedio fra quella del cascame termico e della temperatura utile per assorbitore

Va notato che l’incremento progressivo nella concentrazione di refrigerante, che avviene nell’assorbitore, comporta una variazione continua di temperatura nella miscela fra ingresso nell’assorbitore alla più alta temperatura e uscita a temperatura minore. Questo andamento è vantaggioso quando si voglia riscaldare un fluido senza cambiamento di fase, dato che la differenza di temperatura fra la soluzione in fase di assorbimento e il fluido da riscaldare resta relativamente costante, avvicinandosi al

comportamento del ciclo di Lorenz, come visto in precedenza in altra applicazione [9]. Lo stesso andamento si ritrova nel rigeneratore (Figura 24). Nella parte alta del grafico viene rappresentato il raffreddamento progressivo che interviene nell’assorbitore a partire dalla miscelazione della soluzione povera in refrigerante proveniente dalla pompa e il vapore di refrigerante puro proveniente dal compressore. In corrispondenza dell’uscita dell’assorbitore si ha l’ingresso del fluido da riscaldare la cui temperatura aumenterà fino al valore finale. Un andamento a ruoli rovesciati si trova nel rigeneratore dove il progressivo incremento di temperatura della soluzione avviene a spese del raffreddamento del flusso relativo alla sorgente fredda. Il COP di queste macchine deve tener conto del lavoro necessario al compressore, alle pompe e dell’efficienza dei loro motori elettrici:

dove QABS rappresenta il calore utile e WSP e WCOM sono rispettivamente i valori di lavoro meccanico di pompa e compressore, mentre ηel è il rendimento dei loro motori elettrici.

Nei prototipi si sono ottenuti valori superiori a 3 e viene presentato da un costruttore un apparecchio in fase di commercializzazione (Figura 25) [10].

Conclusioni

La diffusione delle pompe di calore nelle applicazioni industriali è ancora limitata, ma ci sono già svariate proposte relative a macchine ormai in

BIBLIOGRAFIA

commercio e già preparate per l’installazione. Sono almeno 10 i costruttori a livello internazionale che offrono nei loro cataloghi pompe di calore per impieghi industriali con temperature utili da 90 °C fino a 175 °C e potenze termiche nell’ampia gamma da 100 kW fino a 15 MW [11]. Oggi, la tecnologia più matura appare quella relativa alle pompe di calore MVR in applicazioni come essiccazioni, concentrazioni e distillazioni, senza dimenticare la dissalazione. Nel prossimo futuro ci si può attendere che le pompe di calore ibride a compressione/assorbimento possano consentire temperature superiori a 200 °C con possibili applicazioni in svariati settori industriali.n

* Renato Lazzarin, ex Presidente AiCARR, Università di Padova Sede di Vicenza Dipartimento di Tecnica e Gestione dei Sistemi industriali

[1] G. Kosmadaki, “Estimating the potential of industrial (high-temperature) heat pumps for exploiting waste heat in EU industries”. Appl Therm Eng;156: 287–98, 2019. https://doi.org/10.1016/j. applthermaleng.2019.04.082

[2] White paper: Strengthening Industrial Heat Pump Innovation, HTHP Symposium, SINTEF, 2020. https:// www.sintef.no/globalassets/sintef-energi/industrial-heat-pump-whitepaper/2020-07-10-whitepaper-ihp-a4.pdf

[3] R. Lazzarin, Heat Pumps in Industry: I Equipment, Heat Recovery Systems and CHP, vol. 14 n.6, 581-597, 1994.

[4] R. Lazzarin, Heat Pumps in Industry: II Applications, Heat Recovery Systems and CHP, vol. 15 n.3, 305-317, 1995.

[5] O. Bamigbetan et al., “Review of vapour compression heat pumps for high temperature heating using natural working fluids”, Int. J. of Refrg., 80, 197-211, 2017. http://dx.doi.org/10.1016/j.ijrefrig.2017.04.021

[6] Howden Chart Industries, https://www.chartindustries.com/Products/Mechanical-Vapor-Recompression, visited August, 2024

[7] Z. Xu, R. Wang, “Absorption heat pump for waste heat reuse: current states and future development”, Energy, 11(4): 414–436, 2017 https://doi.org/10.1007/s11708-017-0507-1

[8] C.Liu et al., “A high-temperature hybrid absorption-compression heat pump for waste heat recovery”, Energy Conv. and Mgmt., 172, 391-401, 2018. https://doi.org/10.1016/j.enconman.2018.07.027

[9] J. Kim et al., “Experimental study of operating characteristics of compression/absorption high-temperature hybrid heat pump using waste heat “, Renewable Energy 54. 13-19, 2013. http://dx.doi. org/10.1016/j.renene.2012.09.032

[10] Hybrid Energy AS. https://www.hybridenergy.no/tech-overview/

[11] R. Lazzarin, “Pompe di calore industriali: nuove prospettive per la produzione di energia termica per l’industria”, Editoriale Delfino, pp. 160, ottobre 2024.

FIGURA 25 Schema a blocchi di una pompa di calore ibrida compressione-assorbimento realizzata da Hybrid Energy AS

BACS e Controllo Idronico nei Sistemi di Condizionamento

L’articolo riassume le principali caratteristiche e funzionalità dei BACS (Building Automation and Control Systems), strumenti importanti per il conseguimento degli obiettivi europei di sostenibilità, in termini di riduzione delle emissioni di carbonio e di un uso più e ciente delle risorse energetiche

Preambolo Normativo

La gestione dei sistemi di condizionamento attraverso i BACS (Building Automation and Control Systems) è regolata da normative avanzate che stabiliscono criteri di efficienza e comfort negli edifici. La ISO 52120 definisce i requisiti per i sistemi di controllo degli edifici, favorendo una gestione ottimale dell’energia e migliorando l’efficienza dei sistemi di automazione. Il Decreto Requi-

siti Minimi, aggiornato al 2024, stabilisce i criteri minimi di efficienza energetica per edifici nuovi ed esistenti, incentivando l’uso di tecnologie che riducono i consumi e le emissioni. La ISO 16484 fornisce linee guida per i sistemi di automazione e controllo degli edifici, definendo le specifiche tecniche necessarie per una gestione integrata ed efficace. Queste normative stabiliscono un framework per progettare, installare

e gestire i sistemi di automazione, assicurando edifici intelligenti e adattabili alle esigenze degli utenti, ottimizzando così il consumo energetico e migliorando il comfort ambientale.

Architettura dei BACS

I sistemi BACS sono strutturati su diversi livelli di controllo e componenti hardware dedicati, progettati per gestire vari aspetti dell’automazione degli edifici.

1. Controllo DDC (Direct Digital Control) per applicazione specifica

⚬ Descrizione: i dispositivi DDC per applicazioni specifiche sono progettati per controllare singoli aspetti del sistema, come il riscaldamento, la ventilazione o il raffreddamento. Questi dispositivi offrono un controllo preciso e affidabile per le funzioni assegnate, come la regolazione delle valvole o dei ventilatori.

⚬ Funzionalità: i DDC per applicazioni specifiche possono includere algoritmi di controllo standard come il PID e avanzati e personalizzati, come anticipatori e Curve Climatiche, che verranno descritti più avanti, basati sulle esigenze specifiche del sistema, e possono comunicare con altri dispositivi tramite protocolli standardizzati.

2. Controllo DDC per Applicazioni Avanzate

⚬ Descrizione: per le applicazioni più complesse che richiedono una gestione integrata di più sistemi, i BACS utilizzano controllori DDC avanzati. Questi dispositivi coordinano funzioni multiple, come la gestione integrata del clima e dell’illuminazione, e possono gestire algoritmi complessi come l’OSS-Optimal Start/Stop per ottimizzare l’efficienza dell’intero edificio.

⚬ Funzionalità: includono capacità di controllo predittivo, strategie di ottimizzazione energetica e integrazione con sistemi di gestione dell’energia.

3. Controllo dell’Edificio

⚬ Descrizione: a livello di controllo dell’edificio, i BACS centralizzano la gestione di tutti i sottosistemi attraverso un controller DDC principale. Questo livello fornisce una visione globale e unificata della performance dell’edificio, permettendo il coordinamento e l’ottimizzazione di tutti i sistemi di automazione.

⚬ Funzionalità: i controllori di edificio gestiscono la comunicazione tra i diversi sistemi, monitorano le prestazioni globali e implementano strategie di gestione e ottimizzazione a livello di edificio. Possono generare

report, allarmi e sofisticate interfacce web.

4. Postazione Operatore

⚬ Descrizione: la postazione operatore è il punto di supervisione e controllo centrale per tutti i dispositivi

BACS. Permette agli operatori di monitorare, configurare e ottimizzare i sistemi di automazione dell’edificio.

⚬ Funzionalità: fornisce strumenti di visualizzazione, diagnostica e controllo remoto. Gli operatori possono accedere ai dati di performance, generare report e gestire allarmi e notifiche.

Protocolli di Comunicazione

I BACS utilizzano diversi protocolli di comunicazione per garantire l’interoperabilità tra i vari dispositivi e sistemi, tra cui citiamo i più comuni:

1. Protocolli Cablati

⚬ BACnet: un protocollo standard per l’automazione degli edifici che consente la comunicazione tra dispositivi di diversi produttori. BACnet supporta la comunicazione tramite Ethernet e reti seriali.

⚬ KNX: un protocollo utilizzato principalmente per il controllo dell’illuminazione e delle applicazioni di building automation. KNX offre una comunicazione affidabile e scalabile attraverso cavi twisted-pair, powerline e IP.

⚬ Modbus: un protocollo di comunicazione seriale ampiamente usato per il controllo e la supervisione dei dispositivi di automazione. Modbus è semplice e robusto, supportando la comunicazione via RS-485 e TCP/IP.

2. Protocolli Wireless

⚬ Zigbee: un protocollo di comunicazione wireless progettato per applicazioni a bassa potenza e rete di sensori. Zigbee è adatto per l’automazione domestica e la gestione dell’energia.

⚬ Z-Wave: un protocollo wireless usato principalmente in ambienti residenziali e commerciali per la comunicazione tra dispositivi di automazione domestica. Z-Wave è noto per la sua interoperabilità e bassa latenza.

⚬ LoRa: un protocollo wireless per la comunicazione a lungo raggio e a bassa potenza. LoRa è utilizzato per applicazioni che richiedono una copertura estesa e basso consumo energetico, come il monitoraggio ambientale e il controllo remoto.

Il controllo PID (Proporzionale-Integrale-Derivativo) è una tecnica avanzata utilizzata per regolare variabili come temperatura, pressione e flusso, migliorando la precisione rispetto ai sistemi On/Off. Il controllo PID si basa su tre componenti principali, ognuna delle quali contribuisce a ridurre il tempo necessario e l’errore nel mantenere la variabile controllata vicino al setpoint desiderato.

1. Setpoint: il setpoint rappresenta il valore target che il sistema di controllo cerca di raggiungere. Ad esempio, se il setpoint per la temperatura è impostato a 22 °C, il sistema regolerà i suoi componenti per mantenere la temperatura il più vicino possibile a questo valore.

2. Variabile Controllata: la variabile controllata è il parametro che il sistema cerca di mantenere al valore del setpoint. Nel caso di un sistema di riscaldamento, questa variabile potrebbe essere la temperatura dell’acqua di ritorno.

3. Variabile di Controllo: Questa variabile è modificata dal sistema di controllo per influenzare la variabile controllata. Per esempio, la velocità della pompa o l’apertura di una valvola sono variabili di controllo che regolano il fl usso dell’acqua nel sistema.

Il controllo PID utilizza tre strategie principali.

• Proporzionale (P): regola l’uscita in proporzione all’errore corrente. Se l’errore è grande, il controllo proporzionale applica una correzione significativa. Questo approccio riduce l’errore, ma può causare oscillazioni se utilizzato da solo.

errori passati e aggiusta l’uscita per eliminare l’errore residuo che il solo controllo proporzionale non riesce a correggere. È essenziale per garantire che il sistema raggiunga e mantenga il setpoint con precisione.

• Derivativo (D): basato sulla previsione dell’errore futuro, si occupa di correggere le oscillazioni e migliorare la stabilità del sistema. La componente derivativa valuta la velocità con cui l’errore sta cambiando e applica una correzione basata su questa valutazione.

Rispetto ai controlli On/Off, che alternano tra due stati estremi (acceso/ spento), il controllo PID fornisce una regolazione continua e più fine, riducendo l’oscillazione e migliorando la stabilità e l’efficienza del sistema.

Controllo del Circuito

Primario

Il circuito primario di un sistema di condizionamento comprende elementi fondamentali come caldaie, chiller, pompe di calore, valvole e circolatori. I BACS gestiscono questi componenti per ottimizzare il loro funzionamento e migliorare l’efficienza complessiva del sistema. Di seguito le principali aree di controllo.

1. Regolazione della Temperatura dell’Acqua di Uscita: utilizzando sensori di temperatura e valvole di controllo, i BACS regolano la temperatura dell’acqua che viene distribuita nel circuito. Questa regolazione è cruciale per mantenere il sistema in equilibrio e prevenire sia il surriscaldamento che il raffreddamento eccessivo.

Controllo PID e Variabili di Controllo

• Integrale (I): si occupa dell’errore passato accumulato nel tempo. Questa componente somma gli

2. Controllo della Velocità della Pompa: i BACS gestiscono la velocità delle pompe utilizzando variatori di velocità. Questa regolazione dinamica

permette di ottimizzare la portata dell’acqua in base alla domanda termica, riducendo il consumo energetico e migliorando l’efficienza operativa.

3. Gestione della Pressione: sensori di pressione monitorano e regolano la pressione all’interno del circuito primario. Le valvole di regolazione e i dispositivi di controllo della pressione aiutano a mantenere valori ottimali, evitando sovraccarichi e prevenendo situazioni di vuoto che potrebbero compromettere l’efficienza del sistema.

4. Prevenzione del Congelamento: i BACS monitorano la temperatura dell’acqua per prevenire il congelamento nei circuiti primari. Utilizzano riscaldatori di protezione e sistemi di allerta per garantire che l’acqua non scenda al di sotto dei valori critici che potrebbero causare danni.

5. Curva Climatica: le curve climatiche sono implementate per adattare la temperatura dell’acqua alla temperatura esterna. Questa strategia consente una regolazione più precisa e responsiva in base alle condizioni meteorologiche, migliorando il comfort, l’efficienza energetica e riducendo il consumo di combustibile.

6. Optimal Start/Stop: i BACS ottimizzano i cicli di accensione e spegnimento delle caldaie o pompe di calore per minimizzare l’usura dei componenti e migliorare l’efficienza operativa. Questa ottimizzazione è basata sulla domanda di calore, sulle condizioni operative e spesso sulle previsioni del tempo nella zona, adattando i tempi di avvio e arresto per ridurre il consumo energetico e prolungare la vita utile degli apparecchi.

Controllo dello Scambiatore di Calore

Lo scambiatore di calore svolge un ruolo critico nel trasferimento di energia termica tra circuiti. Se i circuiti sono diversi e lavorano a temperature molto diverse un impianto può contemplare diversi scambiatori di calore. I BACS gestiscono vari aspetti per garantire un’efficace operazione e prestazioni ottimali.

1. Regolazione della Temperatura di Uscita: i BACS regolano la temperatura dell’acqua in uscita dallo scambiatore utilizzando sensori di temperatura e controlli PID. Questa regolazione è essenziale per mantenere l’efficienza del trasferimento termico e prevenire il surriscaldamento o il raffreddamento eccessivo.

2. Monitoraggio della Prestazione: i dati sulla differenza di temperatura tra ingresso e uscita dello scambiatore sono monitorati per valutare le prestazioni. Un ampio intervallo di temperatura potrebbe indicare una perdita di prestazione, necessitando interventi di manutenzione o pulizia.

3. Gestione della Velocità della Pompa di Circolazione: I BACS regolano la velocità delle pompe di circolazione che influenzano il flusso dell’acqua attraverso lo scambiatore. Questa regolazione dinamica aiuta a mantenere il flusso ottimale e a garantire un trasferimento di calore efficiente.

4. Prevenzione del Blocco e del Calcare: i BACS adottano strategie per prevenire la formazione di calcare e blocchi all’interno dello scambiatore. Questo include la regolazione della temperatura e l’implementazione di programmi di pulizia periodica per mantenere l’efficienza operativa.

5. Interfaccia con il Sistema di Monitoraggio: i dati dello scambiatore

sono integrati in un sistema di monitoraggio centrale che permette la supervisione e l’ottimizzazione delle prestazioni. Questa integrazione facilita anche la pianificazione di manutenzioni preventive e interventi tempestivi.

Controllo del Circuito Secondario

Il circuito secondario distribuisce il calore o il freddo agli ambienti, e i BACS gestiscono diversi aspetti per garantire comfort ed efficienza.

1. Regolazione della Temperatura: sensori di temperatura e valvole sono utilizzati per mantenere l’acqua nel circuito secondario alla temperatura desiderata. Questo aiuta a garantire un comfort uniforme e a prevenire fluttuazioni di temperatura.

2. Controllo delle Pompe: i BACS regolano le pompe per ottimizzare la circolazione dell’acqua. Utilizzando variatori di velocità, possono adattare la portata dell’acqua alle esigenze termiche variabili, migliorando l’efficienza del sistema e riducendo il consumo energetico.

3. Bilanciamento del Circuito: monitorano la pressione e la temperatura per garantire un flusso uniforme attraverso il circuito secondario. Questo bilanciamento è essenziale per evitare zone fredde o calde e per garantire un comfort ottimale in tutto l’edificio.

4. Gestione della Distribuzione: i BACS gestiscono le valvole di distribuzione per ottimizzare la distribuzione del calore o del freddo ai terminali. Queste valvole sono regolate in base alla domanda termica degli ambienti, migliorando l’efficienza complessiva del sistema.

5. Ottimizzazione Energetica: le strategie di ottimizzazione energetica includono la regolazione automatica della portata dell’acqua e l’utilizzo di algoritmi di previsione per adattare il funzionamento del sistema alle variazioni della domanda di energia.

Naturalmente anche i circuiti secondari possono essere diversi a seconda degli impieghi e delle temperature di esercizio.

Controllo dei Terminali Ambiente

I terminali ambiente, come ventilconvettori e radiatori, sono gestiti per garantire il comfort e l’efficienza.

1. Regolazione della Temperatura Locale: i BACS utilizzano sensori di temperatura e valvole per mantenere la temperatura degli ambienti al valore impostato. Questa regolazione fine assicura che ogni ambiente

raggiunga e mantenga il comfort desiderato.

2. Controllo della Ventilazione: gestiscono la velocità dei ventilatori per migliorare la distribuzione dell’aria e il comfort ambientale. La regolazione automatica in base alla domanda termica e alla qualità dell’aria, qualora vengano alimentati anche da aria primaria, contribuisce a un ambiente confortevole e salutare.

3. Gestione della Zonizzazione: implementano sistemi di zonizzazione per controllare separatamente le diverse aree dell’edificio. Questa strategia migliora l’efficienza energetica e consente regolazioni personalizzate per ciascuna zona.

4. Controllo dei Termostati Ambientali: i BACS integrano vari termostati per una supervisione centralizzata e regolazioni precise della temperatura. Questo approccio garantisce che ogni area dell’edificio mantenga condizioni ambientali ottimali.

5. Monitoraggio e Manutenzione dei Terminali: i BACS rilevano malfunzionamenti e pianificano interventi di manutenzione. Effettuano controlli regolari e gestiscono riparazioni per garantire prestazioni affidabili e continuative.

Controllo dell’Acqua Calda Sanitaria (ACS)

Il sistema ACS, gestito dai BACS, garantisce un approvvigionamento costante e sicuro di acqua calda.

1. Regolazione della Temperatura dell’ACS: monitorano e regolano la temperatura dell’acqua sanitaria con sensori, valvole, riscaldatori booster, assicurando una temperatura sicura e confortevole.

2. Controllo della Produzione di ACS: gestiscono caldaie o pompe di calore in base alla domanda di acqua calda, ottimizzando il funzionamento per ridurre i consumi e migliorare l’efficienza.

3. Gestione dello stoccaggio di ACS: controllano il livello e la temperatura dell’acqua nei serbatoi di accumulo per garantire una disponibilità costante e ottimizzare la produzione e distribuzione.

4. Integrazione con altri sistemi: coordinano il sistema ACS con riscaldamento e ventilazione, ottimizzando la gestione dell’energia, recuperandola ove possibile e riducendo i costi di esercizio e l’impatto ambientale dell’edificio.

5. Monitoraggio della Qualità dell’Acqua: monitorano parametri come pH e impurità per garantire l’acqua sanitaria sicura e adatta all’uso.

Controllo della Proliferazione

della Legionella

Il controllo della proliferazione della Legionella è cruciale per garantire la sicurezza dell’acqua sanitaria e i BACS possono operare diverse strategie.

1. Regolazione della Temperatura: mantengono l’accumulo di acqua sanitaria sopra i 60 °C e la temperatura di ritorno sotto i 50 °C per prevenire la proliferazione della Legionella.

2. Cicli di Temperatura Alta: programmano cicli di sanificazione a 70 °C per uccidere i batteri e ridurre il rischio di proliferazione.

3. Controllo della Temperatura di Stoccaggio: monitorano e regolano la temperatura nei serbatoi di accumulo per mantenere valori sicuri e costanti.

4. Gestione dei Flussi: controllano i flussi d’acqua per evitare stasi prolungate e ridurre il rischio di proliferazione della Legionella.

5. Monitoraggio della Qualità dell’Acqua: rilevano pH e batteri, con allarmi per prendere misure correttive tempestive.

6. Manutenzione e Ispezione: pianificano ispezioni regolari e manutenzione dei sistemi di distribuzione per evitare accumuli di sedimenti e proliferazione batterica.

Asseverazione secondo UNI/TS 11652

L’asseverazione secondo la UNI/TS 11652 garantisce che i BACS rispettino le normative vigenti e ottimizzino l’efficienza energetica. Il processo include i passaggi descritti di seguito.

1. Verifica della Conformità Normativa: assicura che i BACS rispettino le specifiche tecniche e normative, inclusa la progettazione e l’installazione.

2. Ispezioni e Test Operativi: testa i componenti per garantire presta -

zioni, sicurezza e operatività.

3. Certificazione di Conformità: fornisce una certificazione ufficiale che attesti il rispetto dei requisiti normativi e di prestazione.

4. Pianificazione della Manutenzione: valuta le esigenze di manutenzione e aggiornamenti, includendo controlli regolari e interventi preventivi.

5. Monitoraggio Continuo: include un sistema di monitoraggio per mantenere conformità e prestazioni, consentendo una gestione proattiva.

Annex B della ISO 52120

L’Annex B della ISO 52120 definisce le funzioni minime che i BACS devono implementare per garantire un’efficace operazione. Queste funzioni, ora integrate nella normativa, sono descritte di seguito.

1. Funzionalità Minime: stabilisce requisiti per il controllo della temperatura, ventilazione e illuminazione, incluse regolazioni automatiche e ottimizzazioni basate sui dati.

2. Integrazione e Coordinamento: i BACS devono integrare diversi sistemi dell’edificio per una gestione centralizzata e ottimizzata.

3. Monitoraggio e Controllo: richiede un monitoraggio continuo dei parametri ambientali e operativi per ottimizzare le prestazioni.

4. Interfaccia Utente: fornisce interfacce utente intuitive per una gestione semplice ed efficace.

5. Sostenibilità e Efficienza: sottolinea l’importanza della sostenibilità e dell’efficienza energetica, riducendo il consumo di energia e le emissioni di CO2

Smart Readiness Indicator (SRI)

Il Smart Readiness Indicator (SRI)

valuta la capacità di un edificio di utilizzare tecnologie intelligenti per migliorare efficienza e comfort. I BACS contribuiscono al punteggio SRI attraverso:

1. Adattabilità alle Nuove Tecnologie: i BACS sono progettati per adattarsi a nuove tecnologie, migliorando il punteggio SRI e mantenendo l’edificio aggiornato con le innovazioni in automazione.

2. Ottimizzazione dell’Efficienza Energetica: ottimizzano l’efficienza energetica dell’edificio, riducendo il consumo di energia e migliorando il punteggio SRI.

3. Integrazione con Sistemi Smart: integrare i BACS con tecnologie smart contribuisce a migliorare il punteggio SRI, garantendo una gestione efficiente delle risorse.

4. Interfaccia e Controllo: fornisce interfacce utente avanzate e opzioni di controllo remoto, migliorando la funzionalità e il punteggio SRI.

5. Manutenzione Predittiva: implementa tecniche di manutenzione predittiva che riducono i tempi di inattività e migliorano la sostenibilità dell’edificio.

ISO 50001 e IPMVP

L’ISO 50001 è uno standard internazionale per la gestione dell’energia, poiché fornisce un framework per migliorare l’efficienza energeticain tutta l’organizzazione. I BACS contribuiscono all’ISO 50001 monitorando e controllando i consumi energetici, raccogliendo dati e facilitando l’analisi delle performance energetiche. Attraverso l’uso dei BACS, le organizzazioni possono ottimizzare i loro sistemi energetici, migliorare le prestazioni e ridurre i costi operativi.

L’IPMVP (International Performance Measurement and Verification Protocol) è uno standard per la verifica delle prestazioni energetiche degli edifici. I BACS supportano l’IPMVP attraverso:

1. Misurazione Accurata: i BACS raccolgono dati precisi sul consumo energetico e sulle performance del sistema, facilitando una misurazione accurata dei risparmi energetici.

2. Verifica delle Prestazioni: utilizzano strumenti di verifica per confrontare i dati effettivi con i dati previsti, assicurando che le misure di efficienza energetica stiano producendo i risul-

BIBLIOGRAFIA

∙ ISO 52120 - Building automation and control systems: Specifica i requisiti per i sistemi di controllo degli edifici per migliorare l’efficienza energetica. Disponibile su: ISO 52120

∙ Decreto Requisiti Minimi 2024: Normativa italiana che stabilisce i criteri minimi di efficienza energetica per edifici nuovi e ristrutturati. Dettagli e testi disponibili presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

∙ ISO 16484 - Building automation and control systems: Definisce le specifiche tecniche per i sistemi di automazione e controllo degli edifici. Disponibile su: ISO 16484

∙ ISO 50001 - Energy management systems: Specifica i requisiti per un sistema di gestione dell’energia per migliorare l’efficienza energetica. Disponibile su: ISO 50001

∙ IPMVP - International Performance Measurement and Verification Protocol: IPMVP - Efficiency Valuation Organization (EVO) (evo-world.org)

∙ Obiettivi climatici dell’Unione Europea 2030 e 2050: Obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio e promozione della sostenibilità energetica stabiliti dalla Commissione Europea. Informazioni disponibili su: Commissione Europea - Clima e Energia

∙ ASHRAE Handbook a.a.v.v.

∙ Documentazione informativa Siemens Building Technologies

tati desiderati.

3. Reportistica e Analisi: forniscono report dettagliati e analisi dei dati per dimostrare i risparmi ottenuti e supportare la rendicontazione delle performance energetiche.

Attraverso il supporto alla ISO 50001 e all’IPMVP, i BACS giocano un ruolo cruciale nella gestione dell’energia e nella creazione di report utili alle strategie ESG (Environmental, Social, and Governance). Utilizzando i dati che governano l’edificio, i BACS aiutano a monitorare, migliorare e dimostrare l’efficacia delle strategie ESG, contribuendo a edifici più sostenibili e responsabili.

Il Ruolo dei BACS nel Green Deal Europeo

I Building Automation and Control Systems (BACS) offriranno dunque un contributo significativo al conseguimento degli obiettivi del Green Deal europeo. Attraverso i BACS, è già oggi possibile monitorare e ottimizzare il consumo energetico di ogni edificio in tempo reale, creando un ambiente altamente controllato e reattivo alle esigenze specifiche di ciascuno spazio.

Grazie ai BACS è possibile costruire un “digital twin” di ogni edificio automatizzato. Questo modello virtuale replica l’infrastruttura fisica e operativa dell’edificio e può interagire con sistemi avanzati di intelligenza artificiale per analizzare e prevedere le esigenze energetiche di intere comunità, regioni e nazioni.

L’integrazione con l’intelligenza artificiale consente di modellare l’uso, lo stoccaggio, la condivisione e il trasporto dell’energia in modo più efficiente, adattandosi alle fluttuazioni della domanda e alla capacità della rete. Questa capacità di adattamento e previsione è cruciale per il conseguimento degli obiettivi europei per il 2030 e il 2050, che mirano a ridurre le emissioni di carbonio e a promuovere un uso più sostenibile delle risorse energetiche. Implementando i BACS, gli edifici possono contribuire significativamente alla resilienza della rete elettrica, supportando la transizione verso un futuro a basse emissioni di carbonio e migliorando l’efficienza complessiva del parco edifici europeo.

I BACS, dunque, rappresentano una chiave fondamentale per la realizzazione degli obiettivi climatici e ambientali a lungo termine sia dell’ONU che della COP28.n

* Domenico Di Canosa, Presidente Smart Buildings Alliance for Smart Cities ETS

The REHVA HVAC World Congress CLIMA is the leading international scientific congress in the field of heating, ventilation, and air conditioning (HVAC). After the great success of the 2022 edition, organized by the Dutch association TVVL, the baton now passes to AiCARR for the organization of CLIMA 2025: the 15th REHVA HVAC World Congress, which will be held in Milan, Italy, from June 4th to 6th, 2025.

The theme of this Italian edition is “Decarbonized, healthy, and energy-conscious buildings in future climates”, a topic that highlights the fundamental importance of the HVAC sector in all its aspects. In this perspective, CLIMA 2025 will offer professionals, academics, and companies in the HVAC sector a unique opportunity for international discussion about these “hot” topics.

MORE INFO: www.climaworldcongress.org info@climaworldcongress.org | info@aicarr.org

Integrazione di accumulo termico in falda e pompe di calore in reti di teleriscaldamento di seconda generazione

L’analisi presentata in questo lavoro considera la fattibilità tecnica dell’integrazione di una pompa di calore ad acqua di falda in un sistema di teleriscaldamento di seconda generazione, per accrescere signi cativamente la percentuale di calore prodotta da energia rinnovabile, senza modi care le impostazioni di funzionamento degli impianti di riscaldamento negli edi ci e nelle sottostazioni

V. Verda, M. Capone*

La Commissione Europea, con l’emissione della versione 2023 della Direttiva sull’Efficienza Energetica, ha modificato i criteri per la definizione di

teleriscaldamento efficiente, indicando alcuni obiettivi da raggiungere nei prossimi anni relativamente alle quote di

calore immesso in rete e prodotto da fonti energetiche rinnovabili (RES), da calore di scarto (WH), da cogenera-

zione (CHP) e cogenerazione ad alta efficienza (HECHP) [1]. Questi obiettivi sono: prima del 2028, almeno 50% RES, 50% WH, 75% CHP o una combinazione di almeno 50% delle precedenti; entro il 2035, almeno 50% RES, 50% WH, 80% HECHP o una combinazione di almeno 50% delle precedenti, con almeno 5% RES o WH; entro il 2040 almeno 50% RES, 50% WH, 80% HECHP o una combinazione di almeno 80% delle precedenti con almeno 35% RES o WH; entro il 2045, almeno 75% RES, 75% WH o una combinazione di almeno 95% RES, WH e HECHP, con almeno 35% RES o WH; entro il 2045, una combinazione di almeno 75% RES e WH; entro il 2050, una combinazione del 100% RES e WH.

Per il raggiungimento di questi obiettivi di decarbonizzazione è fondamentale che, negli impianti di teleriscaldamento attualmente operanti, sia ridotta la temperatura di mandata dell’acqua [2].

In passato, quando è stata costruita la maggior parte dei grandi impianti di teleriscaldamento, era comune considerare valori di progetto della temperatura di mandata superiori a 100 °C, al fine di ridurre la portata dell’acqua circolante e, conseguentemente, ridurre i diametri delle tubazioni. A questi criteri di progetto, in letteratura si associa il concetto di teleriscaldamento di 2a generazione. Negli anni ’70 e ’80 è stato adottato il teleriscaldamento di 3a generazione, caratterizzato da temperature di mandata dell’ordine di 90 °C. A questo gruppo appartiene la maggior parte dei sistemi oggi operanti. I criteri di progettazione attualmente proposti, soprattutto nel caso di sistemi di piccole dimensioni, definiscono i sistemi a bassa temperatura che operano a 50-70 °C, i sistemi a bassissima temperatura che operano a 35-50 °C [3], nonché il teleriscaldamento neutro, che funziona a circa 20-35 °C.

Una delle principali sfide in questo ambito è legata alla transizione delle reti di 2a e 3a generazione verso temperature di esercizio più basse, con l’obiettivo di aumentare le opportunità di integrazione di calore proveniente da impianti geotermici e solari, di calore in eccesso proveniente da attività industriali e commerciali [4] e di aumentare l’efficienza di soluzioni power-to-heat, con particolare riguardo alle pompe di calore [5]. Si ritiene che questa transizione debba portare al raggiungimento di valori di temperatura dell’ordine di 60-70 °C [6]. Le principali limitazioni rispetto a questo target sono associate ai requisiti dei sistemi di riscaldamento attualmente installati negli edifici collegati a tali reti (spesso radiatori ad alta temperatura), alle dimensioni degli scambiatori di calore installati nelle sottostazioni e ai diametri delle tubazioni della rete [7].

Nel caso di reti di teleriscaldamento di grande estensione, esse possono essere considerate costituite da una rete di trasporto, che collega i vari impianti di produzione alle diverse zone della città, e da più reti di distribuzione, ciascuna delle quali collega la rete di trasporto ai diversi edifici di un’area. Un possibile approccio alla transizione consiste nel ridurre le temperature di esercizio a livello di rete di distribuzione. In questo lavoro, si propone un percorso di decarbonizzazione di reti di grande estensione che consiste nel mantenere costante la temperatura di esercizio nella rete di trasporto durante la stagione di riscaldamento, mentre la temperatura nelle reti di distribuzione viene regolata in funzione della temperatura esterna attraverso la miscelazione di acqua calda proveniente dalla rete di trasporto e acqua calda prodotta da una pompa di calore. Nel caso esaminato

in questo articolo, la disponibilità di acqua di falda viene sfruttata per alimentare la pompa di calore e per immagazzinare il calore in eccesso nei periodi di bassa richiesta termica da parte delle utenze, in modo da utilizzarlo nei periodi di maggiore fabbisogno.

Riduzione di temperatura della rete di distribuzione

Il caso di studio considerato in questo lavoro è costituito da una rete di teleriscaldamento di grande estensione, che alimenta oltre 6500 edifici. La potenza complessivamente richiesta in un giorno tipico invernale è di circa 1 GW, con picchi mattutini che raggiungono 1,4 GW. La domanda viene coperta principalmente con impianti di cogenerazione ad alta efficienza, mentre gli accumuli termici coprono i picchi. La temperatura di mandata viene mantenuta a circa 120 °C durante la stagione di riscaldamento. La rete di distribuzione considerata per la transizione è molto piccola, con solo 3 edifici che ospitano uffici. La domanda annua di energia termica è di 870 MWh, mentre il fabbisogno termico stazionario massimo (senza considerare i picchi mattutini) è di circa 860 kW e corrisponde a una temperatura media esterna di 0 °C. Va notato che questo valore di temperatura esterna è registrato dal sensore utilizzato per il controllo della sottostazione; tale misura risulta superiore alla temperatura reale a causa delle interazioni con l’edificio in cui è installata la sottostazione.

Per analizzare la possibilità di ridurre la temperatura della rete di distribuzione si utilizza un modello stazionario delle sottostazioni, che esprime la temperatura minima di mandata a ciascun edificio in funzione della temperatura esterna. I parametri del modello sono ottenuti direttamente dalle misure disponibili in ciascuna sottostazione. Le misure disponibili in ogni condizione di funzionamento sono la portata dell’acqua del teleriscaldamento fornita alla sottostazione (G), le quattro temperature allo scambiatore di calore (T1, T2, T3 and T4 in Figura 1) e la temperatura esterna (Tout).

La prima fase della procedura consiste nella valutazione della firma energetica degli edifici, che rappresenta la potenza termica richiesta in condizioni stazionarie al variare della temperatura media esterna [8]. La potenza termica è valutata come il prodotto della portata massica lato rete (G) per il calore specifico dell’acqua per la differenza di temperatura tra mandata e ritorno (T 1 – T2). La

firma energetica di uno dei tre edifici collegati alla rete di distribuzione è riportata in Figura 2a. Il secondo elemento del modello è costituito dall’utilizzo dei dati disponibili dalla sottostazione in un’espressione della differenza di temperatura logaritmica media. Questo consente di determinare la quantità UA, che è il prodotto dell’area di trasferimento del calore per il coefficiente di scambio termico globale dello scambiatore di calore. Come rappresentato nella Figura 2b, si osserva che il coefficiente di scambio termico globale risulta sostanzialmente direttamente proporzionale alla portata in massa. Il modello della differenza di temperatura logaritmica media può quindi essere utilizzato per ottenere la portata necessaria a fornire un certo flusso termico alla sottostazione, in funzione della temperatura di mandata del teleriscaldamento e della portata in massa. Questa relazione è mostrata in Figura 2c per una delle sottostazioni esaminate. La Figura rappresenta i risultati del modello confrontati con i dati sperimentali, evidenziando come l’approccio adottato sia adeguato per effettuare la valutazione della minima temperatura di alimentazione.

Il grafico mostra che, mantenendo le condizioni di funzionamento del secondario costanti (T3 e T4), la temperatura T1 necessaria per scambiare un certo flusso termico può essere ridotta aumentando la portata massica. Va però considerato che il valore massimo della portata in massa che può essere fornita a una sottostazione è limitato dai diametri delle tubazioni e dalle condizioni di funzionamento della rete; la portata massima che può essere fornita alla sottostazione definisce quindi il limite di riduzione della temperatura di alimentazione.

Considerando che la portata fornita alla sottostazione possa essere mantenuta al valore massimo consentito, si ottiene che la temperatura minima di alimentazione può essere ulteriormente ridotta quando la richiesta di calore della sottostazione diminuisce.

Installazione della pompa di calore

Nella rete di distribuzione si considera l’installazione di una pompa di calore ad acqua di falda in grado di produrre fino a 400 kW di acqua calda a una temperatura massima di 85 °C, come mostrato in Figura 3. L’allacciamento alla rete di trasporto garantisce la copertura del fabbisogno termico anche quando il fabbisogno è superiore a 400 kW e la temperatura minima richiesta per l’alimentazione degli edifici è superiore a 85 °C.

Definendo T1,1, T1,2 e T1,3 le temperature minime di mandata delle tre sottostazioni, la temperatura di mandata della rete di distribuzione Ts viene selezionata come il massimo tra questi tre valori. Il flusso termico totale e la temperatura sono garantiti agendo sulla portata dell’acqua a 120 °C fornita dalla rete di trasporto e la temperatura dell’acqua in uscita dalla pompa di calore. La Figura 4 mostra il flusso termico richiesto dalle utenze della rete di distribuzione in funzione della temperatura esterna e la quota coperta

dalla pompa di calore (la restante parte è coperta dall’acqua proveniente dalla rete di trasporto). Quando la temperatura esterna è inferiore a circa 7,5 °C, il contributo della pompa di calore è inferiore a 400 kW perché la temperatura di mandata da fornire alle cabine è superiore a 85 °C. Quando la temperatura esterna è superiore a 12,5 °C, la pompa di calore è in grado di soddisfare i requisiti delle utenze sia in termini di flusso termico sia di temperatura di mandata. In base alla distribuzione delle temperature esterne durante la

FIGURA 3 Schema di installazione della pompa di calore in una rete di distribuzione
FIGURA 2 Modello della sottostazione
FIGURE 1 Schema della sottostazione

stagione di riscaldamento, risulta che la pompa di calore possa funzionare coprendo circa l’86% del fabbisogno di riscaldamento, con un COP medio di 3,6. La quota corrispondente di calore fornito agli utenti finali da fonte rinnovabile risulta quindi compresa tra 62% (se l’energia elettrica delle pompe di calore proviene da fonte fossile) e 86% (se l’energia elettrica delle pompe di calore è generata da fonte rinnovabile).

Modello della falda

Un ulteriore miglioramento che può essere implementato in questo sistema

consiste nella possibilità di sfruttare il funzionamento estivo della pompa di calore come chiller. In questo caso, il calore rilasciato dal condensatore può essere immagazzinato nella falda ed estratto durante la stagione di riscaldamento, al fine di aumentare le prestazioni della pompa di calore. Un effetto analogo può essere ottenuto immagazzinando nella falda acquifera il calore in eccesso proveniente da processi produttivi, supermercati o data center, da impianti rinnovabili (principalmente collettori solari) o calore rilasciato da altri chiller. Poiché l’acqua di falda nell’a-

rea considerata per l’installazione scorre con una velocità dell’ordine di 1-2 m/giorno, l’estrazione dell’acqua deve essere effettuata a valle dell’iniezione, a una distanza che dipende dal ritardo temporale tra la disponibilità di calore in eccesso e il suo utilizzo.

Per calcolare correttamente l’efficienza di questo accumulo termico, può essere utilizzato un modello termofluidodinamico del sottosuolo. Questo modello considera le equazioni di continuità, della quantità di moto e dell’energia. L’equazione della quantità di moto è scritta sotto forma di equazione di Darcy:

(1)

nella quale v è la velocità, k la permeabilità del terreno, μ la viscosità dinamica e p la pressione. L’equazione (1) può essere sostituita nell’equazione di continuità (2) ottenendo così l’equazione differenziale da risolvere:

(3)

L’equazione di conservazione dell’energia può essere scritta in forma transitoria:

(4)

nella quale λ è la conducibilità termica equivalente della porzione di suolo saturo, T è la temperatura, ρ è la densità e c è il calore specifico. Il dominio computazionale adottato per l’installazione esaminata in questo lavoro comprende il pozzo di iniezione, il pozzo di estrazione (situato a circa 220 m a valle dell’iniezione), la porzione di terreno non saturo (senza flusso d’acqua) e la prima unità satura. Il modello è stato validato attraverso il confronto dei risultati numerici con le misure di temperatura disponibili da piezometri [9].

La richiesta di raffrescamento per i tre edifici è stimata in 325 MWh e si verifica nel periodo compreso tra metà maggio e metà settembre. La corrispondente quantità di calore da smaltire nella falda è stimata in circa 450 MWh. La Figura 5 mostra l’evoluzione della plume termica nella falda nel caso in cui l’iniezione di calore sia combinata con un’estrazione che alimenta la pompa di calore coerentemente con il profilo presentato in Figura 4. Le temperature in Figura 5 variano tra 15 °C (indisturbata) e 22 °C (temperatura massima di iniezione).

L’efficienza annua del sistema di accumulo con la configurazione esaminata, calcolata come rapporto tra l’energia

FIGURE 5 Evoluzione di temperatura nella falda
FIGURA 4 Richiesta della rete di distribuzione (potenza termica e temperatura minima) e funzionamento della pompa di calore

termica associata all’incremento di temperatura dell’acqua estratta dal terreno nella stagione invernale rispetto alla temperatura indisturbata (15 °C) e l’energia immessa nella falda nel periodo estivo, è superiore al 60%. Il COP della pompa di calore durante il funzionamento nella stagione di riscaldamento è mostrato in Figura 6. Le due curve si riferiscono al funzionamento quando la pompa di calore viene alimentata con acqua a temperatura indisturbata e quando viene utilizzato il calore immagazzinato. Nel primo caso la variazione è correlata solo alla temperatura di mandata della pompa di calore (vedi Figura 4), mentre nel secondo caso si sfrutta l’effetto positivo dovuto alla maggiore temperatura dell’acqua di falda. Nel caso in cui sia sfruttato il calore immagazzinato, il COP medio della pompa di calore può aumentare fino a circa 4,2, con un aumento della percentuale di calore da energia rinnovabile a 66% se l’alimentazione elettrica proviene da fonte fossile e oltre 76% nel caso di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

Conclusioni

In questo lavoro viene proposta l’integrazione di una pompa di calore ad acqua di falda nella rete di distribuzione di un impianto di teleriscaldamento di seconda generazione. Il fabbisogno termico degli edifici connessi al teleriscaldamento è soddisfatto agendo preferenzialmente sulla temperatura di mandata nella rete di distribuzione, che viene quindi ridotta quando la temperatura esterna è più elevata. I requisiti in termini di temperatura di mandata e richiesta di calore sono soddisfatti attraverso opportuna miscelazione della portata prodotta a 85 °C (o inferiore) dalla pompa di calore e l’acqua a 120 °C disponibile dalla rete di trasmissione. Questa opzione consente di aumentare significativamente la percentuale di calore prodotta da energia rinnovabile, senza modifi-

RINGRAZIAMENTI

L’analisi sviluppata nell’articolo è parte di un progetto finanziato nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), Missione 4, Componente 2, Investimento 1.3 – Bando di Gara No. 341 of 15.03.2022 del Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR); finanziato dalla Commissione Europea– NextGenerationEU. Codice progetto PE0000021, Decreto di concessione No. 1561 del 11.10.2022 adottato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), CUP E13C22001890001, Titolo del Progetto ”Network 4 Energy Sustainable Transition – NEST”.

care le impostazioni di funzionamento degli impianti di riscaldamento negli edifici e nelle sottostazioni. Nel lavoro viene esaminata un’ulteriore opzione che consiste nello sfruttare calore in eccesso disponibile nell’area e immagazzinato in acqua di falda. Questo consente di aumentare ulteriormente la quota di energia rinnovabile utiliz-

BIBLIOGRAFIA

zata per alimentare la porzione di rete di teleriscaldamento ottenendo, nel caso specifico, una riduzione del 14% del consumo di elettricità della pompa di calore.n

* Vittorio Verda, Martina Capone, Politecnico di Torino, Dipartimento Energia.

[1] Directive (EU) 2023/1791 of the European Parliament and of the Council of 13 September 2023 on energy efficiency and amending Regulation (EU) 2023/955.

[2] T. Benakopoulos, R. Salenbien, D. Vanhoudt, and S. Svendsen, “Improved Control of Radiator Heating Systems with,” Energies, vol. 12, no. 17, 2019.

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FIGURE 6 Variazione del COP della pompa di calore con e senza sfruttamento dell’accumulo termico

La figura del Direttore dei lavori è fondamentale nel campo dell’edilizia. Al contrario di quanto accade nella esecuzione degli appalti pubblici, l’appalto di un lavoro privato non ha disposizioni specifiche.

La direzione dei lavori negli appalti privati edili, scritto da uno degli autori tecnici tra i più apprezzati, più fecondi e più seguiti nel panorama della letteratura di settore, è un manuale sistematico che illustra secondo quale sequenza il direttore dei lavori deve operare nella esecuzione dell’appalto privato in edilizia, con l’obiettivo di eliminare l’insorgere del contenzioso

Il testo affronta in maniera sistematica e sequenziale – dal contratto d’appalto alla segnalazione certificata di agibilità – l’operato del direttore dei lavori nell’esecuzione di appalti privati edili, con l’obiettivo di prevenire l’insorgere del contenzioso.

La direzione dei lavori nell’esecuzione dell’appalto privato, rispetto a quello pubblico, è infatti spesso sottovalutata e i compiti e le responsabilità del direttore dei lavori in questo ambito sono poco noti.

Si rivolge a tutti i professionisti, Ingegneri, architetti, geometri che operano nel settore dei lavori privati.

Decarbonizzazione della catena del freddo: studio di fattibilità

in un sito nell’

Africa Orientale

Viene proposto un innovativo approccio alla modellizzazione energetica di una cella a temperatura positiva per la conservazione di prodotti alimentari in zone rurali africane, dove non sussiste la possibilità di utilizzo della rete elettrica, con l’obiettivo di poter alimentare la camera solamente tramite energia derivante da impianto fotovoltaico

G.Slaviero, D.Traverso, F.Traverso, M.Noro, C.Zilio, S.Mancin*

Secondo un report dell’International Institute of Refrigeration (IIR), il 46% del cibo prodotto ogni anno, circa 1,6 miliardi di tonnellate, necessita di essere refrigerato. Di questa parte, meno della

metà riceve un corretto trattamento, portando a uno spreco di cibo intorno ai 475 milioni di tonnellate, sufficienti a nutrire circa 950 milioni di persone. Le

pratiche di refrigerazione inefficienti nel contesto della catena del freddo rappresentano il 2,5% delle emissioni totali di gas serra, pari a circa 4,4 Gton di

CO2 equivalenti. Una importante distinzione da riportare è quella tra food loss (cibo perso) e food waste (cibo sprecato). Nella prima categoria rientra il cibo perso nella fase post raccolta e durante i processi di trattamento, nella seconda, invece, vi rientra la perdita di cibo causata dai consumatori e dai retailers. In Figura 1 il grafico presenta più chiaramente i diversi trend di spreco del cibo in varie zone del mondo. In particolare, si può notare come nelle zone a maggior sviluppo industriale, quali Europa e Nord America, prevale la perdita di cibo per ragioni legate al consumo. In tali regioni, infatti, supermercati e retailers richiedono ai produttori elevati standard estetici per la vendita. Se si considerano invece le regioni dell’Africa Settentrionale e Sub-Sahariana si nota come la perdita di cibo nelle fasi di post-raccolta e lavorazione sono predominanti [1].

Le ragioni dello studio

Il clima caldo e umido di tali regioni e la mancanza di infrastrutture della catena del freddo per il mantenimento del cibo sono le principali ragioni per cui lo spreco alimentare è così elevato negli stati in via di sviluppo. Se si considera l’Europa, infatti, la capacità media

di stoccaggio a temperatura controllata delle derrate alimentari è di circa 200 m3 ogni 1000 abitanti, mentre, negli stati africani in via di sviluppo, tale dato è di 19 m3 ogni mille abitanti [2]. Un secondo aspetto del problema è quello ambientale. Uno studio condotto in Sudafrica [3] ha rilevato che il consumo di energia elettrica per il mantenimento a temperatura positiva di un pallet di frutta e verdura è di 7,62 kWh al giorno con un’emissione di CO2 equivalente pari a 7,52 kg al giorno per pallet. Il motivo è principalmente legato alla fonte di energia elettrica utilizzata nella maggior parte delle regioni rurali del territorio africano, principalmente generatori diesel. Come riportato da Worldbank. org [4], solo il 50,6% della popolazione

Sub-Sahariana ha accesso alla rete elettrica, ma se si considerano, per esempio, le aree rurali del Burkina Faso, la percentuale di accesso alla rete scende al 9%.

L’utilizzo del fotovoltaico potrebbe rappresentare una possibile soluzione sotto aspetti ambientali e sociali, se applicato alla scarsa capillarizzazione della rete elettrica africana. Nel continente africano i benefici del fotovoltaico sono considerevoli se si considera che l’output elettrico dato da 1 kW di picco installato, per esempio, in Somalia, è

di 1336 kWh/anno, con un irraggiamento sul modulo di 2360 kWh/m2/anno [5].

Piccole celle frigorifere off-grid, alimentate esclusivamente da sistemi fotovoltaici, potrebbero essere utilizzate dagli agricoltori locali per conservare frutta e verdura, anche in aree remote senza accesso alla rete elettrica principale. La conservazione di alimenti deperibili nelle celle frigorifere richiede però un funzionamento continuo, senza interruzioni di energia. Tale requisito non è soddisfatto dalle fonti di energia rinnovabile come il fotovoltaico, che dipende strettamente dalle condizioni di irraggiamento solare per il funzionamento. Una soluzione da considerare per migliorare la stabilità e flessibilità del sistema energetico è l’implementazione delle tecnologie di accumulo di energia termica (thermal energy storage, TES). I sistemi TES sono in grado di immagazzinare l’energia ed erogarla al di fuori delle ore di punta, quando la capacità di produzione di energia elettrica è ostacolata dalle condizioni meteorologiche o durante le ore notturne, garantendo una fornitura di energia più affidabile per soddisfare la domanda. I TES possono essere classificati in tre tipi principali: sensibile, latente e termochimico. L’accumulo di energia termica latente (LTES) è noto per la sua capacità di immagazzinare da 4 a 8 volte più energia per unità di volume rispetto all’accumulo sensibile [6]. Gli accumuli termici latenti utilizzano un materiale a cambiamento di fase (phase change material, PCM) per immagazzinare e rilasciare energia attraverso la sua fusione e solidificazione, con un processo quasi isotermico [7]. Il presente caso studio riporta un’analisi, condotta mediante il software di simulazione TRNsys, di una cella frigorifera di 50 m3 destinata alla conservazione di frutta e verdura a temperatura positiva presso Mogadiscio (Somalia). Il sistema prevede un chiller condensato ad aria, alimentato esclusivamente da fotovoltaico, accoppiato a un accumulo termico a ghiaccio, destinato a fornire capacità di raffreddamento alla camera quando il chiller non può essere alimentato.

Modellizzazione in Trnsys

In Figura 2 è riportato lo schema a blocchi del setup proposto in TRNsys. La cold room è rappresentata come una single zone building larga 2,6 m, lunga 7,5 m e alta 2,6 m; le pareti sono costituite da uno strato di isolante disponibile in commercio, con uno spessore di 20 cm, con conducibilità termica pari a 0,034 W m-1 K-1 e densità

FIGURA 1 Perdita di frutta e verdura per regioni del mondo
Consumo Distribuzione Lavorazione Post raccolta Agricoltura

di 40 kg m-3. Il set-point di temperatura della camera è fissato a 5 °C e la capacità di raffreddamento è limitata alla capacità del chiller e dell’accumulo. Le condizioni climatiche sono definite tramite il database Meteonorm.

Il chiller condensato ad aria è stato modificato, implementando nel codice della Type la possibilità di far variare la frequenza del compressore in funzione della potenza istantanea prodotta dall’array fotovoltaico.

Al fine di limitare la potenza assorbita dal chiller è stato quindi introdotto un parametro, denominato PVsignal, calcolato nell’equazione 1:

(1)

dove PPV rappresenta la potenza istantanea prodotta dal fotovoltaico in watt e Pr,C è la potenza frigorifera nominale del chiller. Il parametro calcolato nell’equazione 1, limitato a variare tra 0 e 1, moltiplicherà a ogni iterazione della simulazione la potenza frigorifera in output della macchina frigorifera, simulando una sorta di controllo in frequenza dettato dalla disponibilità di potenza derivante dal fotovoltaico. Al fine di replicare un caso più vicino alla realtà, l’accumulo è stato descritto come un nuovo elemento, derivante da un modello disponibile in commercio e non presente nella libreria offerta da TRNsys. Il TES considerato ha dimensioni di 1400 mm × 710 mm × 650 mm è può contenere fino a 300 litri di acqua. All’interno vi sono 16 roll-bond distanziati tra di loro di 31 mm, all’interno dei quali scorre la miscela di acqua e glicole proveniente dalla camera o dal chiller, se lo storage va rispettivamente scaricato o caricato. Le dinamiche di carica e scarica dell’accumulo termico derivano da un esteso lavoro sperimentale condotto presso il DTG di Vicenza [8]. Tali andamenti di carica e scarica sono definiti dalle equazioni 2 e 3 per un accumulo con capacità pari a 18 kWh:

Ps ss out LTES =− + 8 196 6 030 4 312 32 (discharge) (2)

Ps ss in LTES, =− +− + 7 129 17 279 15 545 5 340 32 (charge) (3) dove s rappresenta la frazione solida (rapporto tra volume di ghiaccio presente e totale) all’interno dell’accumulo, mentre Pout,LTES e Pin,LTES rappresentano rispettivamente la potenza che l’accumulo è in grado di erogare e di assorbire. I grafici in Figura 3 e Figura 4 permettono di visualizzare l’andamento di carica e scarica dell’accumulo.

Con riferimento alla Figura 4, è possibile visualizzare la capacità dell’accumulo di erogare energia verso la camera fredda. Se si ipotizza di avere l’accumulo totalmente carico grazie a un funzionamento continuativo del chiller durante

FIGURA 2 Rappresentazione schematica del sistema modellizzato in TRNsys

FIGURA 3 Energia accumulabile dall’accumulo di ghiaccio in funzione della frazione solida

TABELLA 1 Caratteristiche principali del modulo PV

FIGURA 4 Energia erogabile dall’accumulo di ghiaccio in funzione della frazione solida

Fornitore e modello del modulo Silfab SLA230 monocristallino

Output massimo di potenza [W] 230

Tensione operativa massima [V] 29,50

Corrente operativa massima [A] 7,80

Tensione a circuito aperto [V] 37,40

Corrente di corto circuito [A] 8,30

VOC [%/K] -0,35

ISC [%/K] 0,03

NOCT [°C] 45

le ore diurne, si avrà una solid fraction pari a 1 (100% ghiaccio).

In tali condizioni, sin dalle prime ore notturne, il dispositivo sarà in grado di erogare più di 5 kW di potenza di raffreddamento. Risulta importante notare come, dimezzando per esempio la frazione solida (50% acqua e 50% ghiaccio), la potenza disponibile risulta pari a 1,2 kW, quattro volte minore rispetto al caso di completa carica. In questo lavoro, inoltre, sono stati testati diversi accumuli,

con capacità di 6, 12 e 18 kWh. Essendo la capacità massima proporzionale alla potenza erogabile, per gli accumuli più piccoli è stato utilizzato un coefficiente di penalizzazione: per l’accumulo da 6 kWh, per esempio, i coefficienti dell’equazione in Figura 3 e 4 sono dimezzati. In generale tale accumulo può essere considerato scalabile, nel caso in cui fosse necessario un accumulo da 36 kWh i coefficienti menzionati precedentemente sarebbero raddoppiati.

Carica/Solidificazione f(s)

Per quanto riguarda i pannelli fotovoltaici, le caratteristiche sono state replicate all’interno del software utilizzando il datasheet di un pannello monocristallino disponibile nel mercato, di cui si riportano le principali caratteristiche in Tabella 1.

Risultati delle simulazioni

Un esempio operativo della funzione del parametro PVsignal, oltre che dei profili di potenza elettrica in output del PV e potenza assorbita dal

chiller, sono riportati in Figura 5 per la prima settimana di luglio. In Figura 6, per lo stesso periodo, si presenta la potenza frigorifera fornita dal chiller all’accumulo (Pin,LTES) e la potenza frigorifera fornita dall’accumulo alla camera fredda (Pout,LTES), in funzione della frazione solida. La funzione PVsignal, come trattato precedentemente, tiene traccia della potenza utilizzabile dall’impianto frigorifero in funzione della disponibilità di energia da fotovoltaico. Prendendo in considerazione, per esempio, la gior-

nata del 2 luglio, il campo fotovoltaico produce tutta l’energia necessaria a mantenere costante il setpoint di temperatura della camera. Osservando infatti il grafico relativo all’accumulo termico latente in Figura 6, questo ha ricevuto solamente energia in input durante le ore di sole, portando la quantità di ghiaccio da circa 5% al 70%. Se si osserva invece la giornata del 5 luglio, la produzione di energia elettrica da fotovoltaico è nettamente inferiore rispetto alla giornata considerata nel caso precedente. In questo caso è possibile notare infatti che anche durante le ore di sole è necessario un intervento dell’accumulo per mantenere la temperatura desiderata di 5 °C all’interno della camera.

L’obbiettivo dello studio è quello di sviluppare un tool per il dimensionamento di camere fredde a temperatura positiva off grid, alimentate esclusivamente da fotovoltaico per servire agricoltori in zone rurali africane. Al fine di condurre un’analisi completa sono stare eseguite più simulazioni su in intero anno solare, valutando diversi set-up di mix energetici per fornire la camera frigo. L’analisi parametrica prevede quattro differenti array fotovoltaici e tre differenti taglie di accumulo latente. I tre accumuli latenti con setup a roll-bond hanno capacità di stoccaggio pari a 6 kWh, 12 kWh e 18 kWh che equivalgono rispettivamente a 65 kg, 130 kg e 200 kg di acqua all’interno dell’accumulo. La configurazione dell’impianto fotovoltaico prevede 3, 6, 9 e 12 moduli, corrispondenti a una potenza di picco installata pari a 0,7 kWp, 1,4 kWp, 2,1 kWp e 2,8 kWp.

In Figura 7 è stata condotta un’analisi di un anno con dati meteorologici della capitale somala e con un accumulo termico latente con capacità pari a 6 kWh. Al fine di mantenere la temperatura di 5 °C all’interno della camera frigo sono necessari circa 3,9 MWh all’anno, come indicato dalla barra blu nel grafico. Le barre in arancione rappresentano l’affiancamento alla rete di un sistema fotovoltaico in varie taglie. Con tale mix energetico è già possibile ridurre sostanzialmente il consumo energetico da rete. Se si considera infatti l’installazione di 3 moduli, con una potenza di picco totale di 0,7 kWp, si riduce il consumo del 25% dell’energia da rete (ricordando però che nelle zone considerate l’energia da rete equivale all’utilizzo di generatori diesel). Nel caso di installazione di 12 moduli fotovoltaici, per un totale di 2,8 kWp, la riduzione dell’utilizzo di energia da rete è pari al 61%. Lo scenario in cui si introduce l’accumulo termico è indicato nel grafico con

FIGURA 5 Potenza elettrica assorbita dal chiller in funzione della produzione PV
FIGURA 6 Input e output di potenza nel tempo in funzione della frazione solida dell’accumulo

le barre in verde. In questo caso la batteria termica può essere caricata solamente quando il chiller è alimentato da energia derivante dal sistema fotovoltaico; tale energia verrà quindi rilasciata durante la notte, permettendo di evitare l’utilizzo di energia da rete. Con un piccolo accumulo termico come quello appena considerato da 6 kWh, corrispondenti all’energia necessaria per sciogliere circa 65 kg di ghiaccio in acqua, è possibile portare il risparmio energetico all’84%, con un consumo di energia da rete pari ad appena 624 kWh. In Figura 8 si riporta il caso in cui la capacità dell’accumulo termico a ghiaccio è raddoppiata, passando da 6 kWh a 12 kWh. Dal grafico è possibile notare come sia possibile con tale accumulo arrivare a una soluzione completamente off-grid per quanto riguarda la capacità termica del sistema.

Con il setup realizzato con un array fotovoltaico composto da 12 moduli, corrispondenti a una capacità di picco pari a 2,8 kWp, l’energia prelevata da rete è pari a zero. Risulta importante sottolineare che tale indipendenza dalla rete è tale per la sola capacità termica del sistema, utilizzando quindi il chiller durante le ore di sole e l’accumulo durante la notte o nelle situazioni in cui il fotovoltaico non offre un output sufficiente; non sono considerati carichi quali pompe e alimentazione del sistema di controllo. Con un array con capacità di picco pari a 2,1 kWp è possibile ridurre in consumo da rete fino al 90%.

In figura 9 si riporta l’andamento della temperatura esterna e interna alla camera e l’andamento della frazione solida all’interno dell’accumulo termico da 12 kWh e con array da 2,8 kWp. Osservando l’andamento della percentuale di ghiaccio è possibile affermare che durante il primo trimestre dell’anno uno storage di questo tipo è perfettamente bilanciato rispetto al fabbisogno della camera. La percentuale di ghiaccio, che rappresenta altresì lo stato di carica dell’accumulo, varia dal 30% al 90%. Da aprile in poi si notano invece alcune criticità: la quantità di ghiaccio arriva a essere, in più casi, inferiore al 20%, situazione in cui l’accumulo può fornire meno di 500 W di potenza di raffreddamento al sistema della camera fredda. Da tale analisi è possibile notare che nonostante questo setup permetta sulla carta di ottenere una soluzione off-grid, una piccola variazione del carico termico della camera, come il mantenimento della porta di accesso aperta per un periodo prolungato, potrebbe portare il sistema a non essere in grado di mantenere il setpoint previsto. Dal grafico di Figura 9 si notano alcuni brevi innalzamenti della tempe-

ratura interna alla cold room. Tali picchi sono comunque tollerabili, in quanto la temperatura non supera mai i 10 °C. In Figura 10 viene quindi considerato un accumulo da 18 kWh. Nonostante si rilevi la presenza di alcuni livelli di percentuale bassa di ghiaccio dell’accumulo, questi sono molto meno frequenti rispetto al caso precedente; non sono inoltre più presenti i picchi di temperatura interna rilevati precedentemente.

Come prima accennato, nelle zone rurali africane non è presente un’infrastruttura per la rete elettrica, di conseguenza la principale modalità di produzione dell’energia elettrica risulta essere il generatore diesel. Con tale generatore il costo dell’energia varia da 0,8 a 1 €/kWh, con un fattore di emissione pari a 340 kg CO2/MWh [9]. La Tabella 2 fornisce una panoramica di tutte le soluzioni testate per la camera a temperatura positiva da 50 m3 per la conserva-

FIGURA 8 Consumo di energia da rete con accumulo termico da 12 kWh e differenti configurazioni di PV
FIGURA 7 Consumo di energia da rete con accumulo termico da 6 kWh e differenti configurazioni di PV

zione di cibo, concentrandosi sulla fonte di energia utilizzata. Il primo scenario considerato è quello in cui solamente il generatore diesel alimenta il chiller; in questo caso l’energia elettrica assorbita è pari a 3815 kWh. Il costo del diesel e le emissioni relative sono rispettivamente di 3624 €/anno e 1297 kg di CO2 eq/anno. Aggiungendo 3 moduli di fotovoltaico, pari a 0,7 kWp, le emissioni e i costi operativi sono stati ridotti del 30%. Se l’array fotovoltaico installato è invece di 12 moduli (2,8 kWp), il chiller durante le ore diurne viene

sempre alimentato da fotovoltaico, rendendo necessario l’utilizzo dell’energia da rete soltanto durante la notte. In questo scenario il risparmio in termini di costi di carburante ed emissioni è pari al 64%, passando dai 3624 €/anno a 1308 €/anno. Introducendo quindi un piccolo accumulo termico da 6 kWh e considerando un array con potenza di picco pari a 2,1 kWp il risparmio si attesta intorno al 69%. Come già discusso in precedenza, con un accumulo di maggiore capacità, da 12 o 18 kWh, è possibile ottenere la completa indipen-

denza dalla rete per il mantenimento della temperatura a 5 °C all’interno della camera frigo.

Conclusioni

In questo lavoro è stato presentato un innovativo approccio alla modellizzazione energetica di una cella a temperatura positiva per la conservazione di prodotti alimentari in zone rurali africane, dove non sussiste la possibilità di utilizzo della rete elettrica. La camera considerata di volume pari a 50 m3 è accoppiata con un accumulo termico latente, il quale impiega la fusione e la solidificazione del ghiaccio come mezzo per rilasciare e immagazzinare energia termica. L’obbiettivo dell’analisi è quello di poter alimentare la camera, con setpoint di 5 °C,

FIGURA 9 Temperatura interna ed esterna e frazione di ghiaccio all’interno dell’accumulo da 12 kWh in un anno (impianto fotovoltaico da 2,8 kWp)
FIGURA 10 Temperatura interna ed esterna e frazione di ghiaccio all’interno dell’accumulo da 18 kWh in un anno

solamente tramite energia derivante da impianto fotovoltaico, utilizzando l’accumulo termico per mantenere il setpoint desiderato durante la notte. Al fine di individuare il setup ottimale è stata condotta un’analisi parametrica, variando la taglia dell’accumulo termico e dell’array fotovoltaico. Dall’analisi risulta che un impianto fotovoltaico con potenza di picco pari a 2,8 kWp e un accumulo con capacità pari a 12 kWh (corrispondenti a 130 kg di acqua) è possibile ottenere l’indipendenza dalla rete elettrica.n

* Gianluca Slaviero, Università di Padova, Dipartimento di Tecnica e Gestione dei sistemi industriali, Vicenza – Genius Cold Srl, Carmignano di Brenta (PD)

Marco Noro, Claudio Zilio, Simone Mancin, Università di Padova, Dipartimento di Tecnica e Gestione dei sistemi industriali, Vicenza

Dario Traverso, Franco Traverso, Genius Cold Srl, Carmignano di Brenta (PD)

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[9] W. Vanheusden, M.M. Carrero, J. Cornillie, Energy consumption & CO2 emissions baseline, (n.d.).

TABELLA

www.darioflaccovio.it

La nuova edizione di Edifici monoplano in acciaio ad uso industriale di Andrea Dall’Asta, Raffaele Landolfo, Fabio Micozzi e Walter Salvatore è elaborata ai sensi delle NTC 2018. Le attuali Norme Tecniche per le Costruzioni emanate nel 2018 (D.M. 17 gennaio 2018) introducono diversi elementi di novità, per quanto riguarda sia le azioni di progetto sia i metodi di dimensionamento e verifica della sicurezza.

L’introduzione di nuove regole determina nuovi problemi nella pratica progettuale corrente che deve ridefinire gli approcci e le procedure allo scopo di individuare le soluzioni ottimali in relazione alle prestazioni e al livello di sicurezza richiesti.

In questo volume la Commissione Sismica per le Costruzioni in Acciaio, istituita e sostenuta da Fondazione Promozione Acciaio, affronta il problema dell’applicazione delle nuove Norme Tecniche alla progettazione degli edifici monopiano ad uso industriale in acciaio, che per la loro leggerezza e versatilità possono dimostrarsi convenienti anche in zone di medio-alta sismicità.

La monografia illustra i principi generali e un progetto completo di un edificio monopiano ad uso industriale dotato di carroponte e sito in una zona ad alta sismicità, seguendo l’intero iter progettuale previsto dal D.M. 17.01.2018 e dagli Eurocodici rilevanti, evidenziando le prestazioni richieste per i diversi livelli di verifica e le problematiche relative alla ricerca di una soluzione progettuale idonea ed efficiente. Il volume contiene le tavole progettuali e il computo metrico.

Struttura del libro

1. Generalità ed aspetti tipologici

2. Applicazione ad un caso studio

3. Materiali, sistemi di unione e coefficienti parziali di sicurezza

4. Valutazione delle azioni

5. Le strutture di copertura

6. I pilastri correnti

7. I controventi di falda e i controventi verticali

8. Collegamenti

9. Via di corsa del carroponte

La sostenibilità negli appalti pubblici

Analisi del ruolo dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) negli appalti pubblici, considerando la loro evoluzione normativa, l’impatto sui progetti e i bene ci ambientali attesi

G. Romano, L.A. Piterà*

La sostenibilità è diventata un elemento cruciale negli appalti pubblici, grazie all’introduzione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) (Governo Italiano, 2022). Questi criteri, obbligatori dal 2017, mirano a ridurre l’impatto ambientale dei progetti pubblici. Con l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici (Governo Italiano, 2023), l’importanza dei CAM è stata ulteriormente rafforzata, garantendo che ogni fase degli appalti pubblici rispetti standard di sostenibilità ambientale.

Il ruolo esemplare della Pubblica Amministrazione (PA) è evidenziato anche dalle direttive europee Energy Performance of Buildings Directive (Unione Europea, 2024) e Energy Efficiency Directive (Unione Europea, 2023). Queste direttive sottolineano l’importanza di una leadership attiva e responsabile a livello europeo degli enti pubblici per il

raggiungimento degli obiettivi energetici e climatici dell’Unione Europea. In particolare:

1. Interventi sugli edifici pubblici: le amministrazioni pubbliche sono chiamate a promuovere la riqualificazione energetica del proprio patrimonio edilizio, favorendo la transizione verso edifici a energia quasi zero (NZEB) e, in prospettiva, edifici a emissioni zero (ZEB).

2. Riduzione dei consumi energetici: è previsto l’obbligo di ristrutturare annualmente almeno il 3% della superficie totale degli edifici posseduti e

occupati dalle autorità pubbliche, contribuendo così in modo significativo alla riduzione complessiva dei consumi energetici.

3. Acquisti verdi: la promozione di criteri di sostenibilità nelle gare d’appalto, in linea con i CAM, incentiva l’adozione di tecnologie ad alta efficienza energetica e l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile.

4. Monitoraggio e trasparenza: gli enti pubblici devono garantire un monitoraggio costante delle prestazioni energetiche degli edifici, rendendo pubblici i risultati per

assicurare trasparenza e favorire la responsabilità.

5. Sensibilizzazione e formazione: la PA gioca un ruolo chiave nella diffusione della cultura della sostenibilità, sensibilizzando cittadini e imprese e promuovendo attività di formazione per il cambiamento comportamentale.

Queste azioni non solo contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e transizione energetica, ma rafforzano anche la capacità della PA di fungere da modello per il settore privato, incentivando una trasformazione sistemica verso un’economia più sostenibile.

I Criteri Ambientali Minimi (CAM)

I Criteri Ambientali Minimi (CAM) sono requisiti ambientali per gli acquisti pubblici, mirati a individuare soluzioni progettuali, prodotti o servizi con un minore impatto ambientale lungo il ciclo di vita, in linea con il Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi della PA.

La loro applicazione obbligatoria, sancita dal Codice dei contratti pubblici, include specifiche tecniche, clausole contrattuali e criteri di aggiudicazione, favorendo modelli sostenibili e circolari, nonché la diffusione di tecnologie e prodotti ambientalmente preferibili. Questo approccio incentiva innovazione e buone pratiche da parte degli operatori economici, riducendo l’impatto ambientale e ottimizzando i consumi pubblici.

I CAM sono stati introdotti per la prima volta con la Legge n. 221 (Governo Italiano, 2015) e sono diventati obbligatori con il D.M. n. 56 del 18 aprile 2017 (Governo Italiano, 2017). La loro applicazione sistematica consente di diffondere tecnologie ambientali e prodotti preferibili dal punto di vista ambien-

tale, creando un effetto leva sul mercato. Recentemente sono stati pubblicati e aggiornati due criteri ambientali minimi di interesse per il nostro settore.

Criteri Ambientali Minimi: servizi energetici

A livello nazionale entreranno in vigore il prossimo 27 dicembre i Criteri Ambientali Minimi per i contratti di prestazione energetica (Governo Italiano, 2024) del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Questi requisiti mirano a guidare le amministrazioni pubbliche nella realizzazione di interventi di efficienza energetica degli edifici e degli impianti pubblici, contribuendo alla sostenibilità ambientale ed energetica.

I CAM EPC sono parte del Piano Nazionale per gli Appalti Verdi e si allineano con le normative europee, in particolare con la EED, che come precisato in precedenza riconosce i servizi energetici come attori fondamentali nell’incremento dell’efficienza energetica e nella promozione della decarbonizzazione. Questi servizi possono mobilitare le capacità tecniche e finanziarie di fornitori specializzati, facilitando investimenti che sono finanziati attraverso i risparmi sui costi energetici.

I CAM EPC stabiliscono quindi i requisiti minimi per gli affidamenti, favorendo l’efficienza energetica, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la riduzione delle emissioni climalteranti durante tutto il ciclo di vita dei prodotti e servizi. Il decreto prevede due sezioni dedicate rispettivamente ai servizi elettrici e termici, con specifiche tecniche, criteri premianti e clausole contrattuali, che includono il risparmio energetico, l’autoproduzione di energia e l’uso di sistemi di gestione automatizzati. Un aspetto innovativo del decreto

è l’obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di garantire il risparmio energetico attraverso interventi di efficienza energetica, assicurando al contempo comfort ambientale e rispetto delle normative vigenti. Questo si traduce in contratti con compensi proporzionali ai miglioramenti ottenuti e durate sufficienti per permettere agli appaltatori di recuperare gli investimenti iniziali.

Il nuovo decreto CAM sostituirà a fine dicembre la precedente versione del 2012 e segna un passo importante verso una PA più sostenibile, incentivando l’adozione di strategie ambientali e sociali (ESG) nelle opere pubbliche. La transizione verso pratiche di appalto più verdi è fondamentale per raggiungere gli ambiziosi obiettivi energetici dell’Unione Europea, tra cui l’incremento delle energie rinnovabili e la riduzione del consumo energetico entro il 2030.

Criteri Ambientali Minimi: edilizia

Entrati in vigore il 4 dicembre 2022 hanno abrogato e sostituito i CAM previsti dal decreto ministeriale dell’11 ottobre 2017 fornendo linee guida per gli interventi edilizi, inclusi quelli su edifici storici e tutelati. Questi criteri hanno l’obiettivo di supportare la PA nella scelta di soluzioni progettuali, prodotti e servizi che garantiscano elevata sostenibilità ambientale lungo tutto il ciclo di vita, ottimizzando al contempo i consumi e riducendo le spese. I nuovi CAM edilizia presentano significative revisioni rispetto alla versione del 2017, con modifiche rilevanti alle clausole contrattuali e alle specifiche tecniche. Queste ultime sono ora organizzate per ambiti di intervento: urbano, edilizio e di prodotto. Tra le principali novità:

1. Riqualificazione di edifici storici: particolare attenzione è dedicata agli immobili tutelati dal Codice dei beni culturali, dove prevalgono le esigenze di conservazione.

2. Qualità ambientale interna: è un aspetto già accennato nella versione precedente, ora approfondito con nuovi requisiti, tra cui l’obbligo di impianti di ventilazione meccanica per garantire un’adeguata qualità dell’aria interna in tutti gli edifici abitabili. I requisiti variano per nuove costruzioni, ristrutturazioni di primo livello e interventi di secondo livello o riqualificazioni energetiche. L’aerazione naturale non è più considerata sufficiente.

3. Criteri premianti: introdotti nuovi approcci, come l’uso di protocolli di sostenibilità, analisi del ciclo di vita (LCA), valutazioni ESG e l’integrazione nel BIM di dati ambientali specifici.

Come il decreto legislativo n. 36/2023

integra e richiama i CAM

Il nuovo Codice dei contratti pubblici (Governo Italiano, 2023) ha rafforzato l’importanza dei CAM per garantire che gli appalti pubblici rispettino elevati standard di sostenibilità ambientale. Questo decreto legislativo integra e richiama i CAM in diversi articoli, assicurando che siano considerati in tutte le fasi degli appalti pubblici. Ecco alcuni esempi specifici:

1. Articolo 57, comma 2: i CAM devono essere allegati alla documentazione progettuale e di gara. Questo assicura che le specifiche tecniche e le clausole contrattuali relative alla sostenibilità siano chiaramente definite fin dall’inizio del processo di appalto.

2. Articolo 83, comma 2: i bandi di gara devono specificare i CAM come requisiti tecnici. Questo obbligo garanti-

CRITERI AMBIENTALI MINIMI VIGENTI

Di seguito viene inserito un elenco dei CAM che alla stesura del presente articolo risultano vigenti consultabili al seguente link: https://gpp. mase.gov.it/CAM-vigenti

• Arredi per interni

• Arredo urbano

• Ausili per l’incontinenza

• Calzature da lavoro e accessori in pelle

• Carta

• Cartucce

• Edilizia (aggiornato il 5 agosto 2024)

• Eventi culturali

• Illuminazione pubblica (fornitura e progettazione)

• Illuminazione pubblica (servizio)

• Infrastrutture stradali (in vigore dal 27/12/2024)

• Lavaggio industriale e noleggio di tessili e materasseria

• Pulizie e sanificazione

• Rifiuti urbani e spazzamento stradale

• Ristorazione collettiva

• Ristoro e distributori automatici

• Riscaldamento-raffrescamento per edifici

• Servizi energetici per gli edifici-contratti EPC (in vigore dal 27/12/2024)

• Stampanti

• Tessili

• Veicoli

• Verde pubblico

sce che tutti i partecipanti alla gara siano consapevoli delle aspettative in termini di sostenibilità e che le loro offerte siano valutate anche sulla base di questi criteri.

3. Articolo 130, comma 1, lettera b: i CAM sono utilizzati come criteri per attribuire punteggi premiali nelle offerte tecniche, ad esempio nei servizi di ristorazione. Questo incoraggia le aziende a proporre soluzioni più sostenibili per ottenere un punteggio migliore nelle gare d’appalto.

4. Articolo 185, comma 2: i CAM sono criteri di aggiudicazione per le concessioni. Questo significa che le concessioni saranno assegnate tenendo conto della capacità dei progetti di rispettare i CAM, promuovendo così la sostenibilità a lungo termine.

5. Articolo 22, comma 4, Allegato I.7 : il progetto esecutivo deve essere completo di una relazione tecnica ed elaborati di applicazione dei CAM. Questo assicura che la sostenibilità sia integrata in tutte le fasi del progetto, dalla pianificazione alla realizzazione.

Questi articoli dimostrano come il decreto legislativo non solo riconosca l’importanza dei CAM, ma li integri attivamente nel processo di appalto pubblico, promuovendo pratiche sostenibili e riducendo l’impatto ambientale.

L’Impatto dei CAM sugli appalti pubblici e i benefici ambientali

L’integrazione dei CAM negli appalti pubblici ha un impatto significativo su vari aspetti della gestione dei progetti e offre numerosi benefici ambientali. Ecco alcuni dei principali effetti positivi: 1. Riduzione dell’impatto ambientale : l’adozione dei CAM contribuisce

a ridurre l’impatto ambientale dei progetti pubblici. Questo avviene attraverso l’uso di materiali ecocompatibili, la promozione di tecnologie green e la riduzione delle emissioni di CO2. Ad esempio, l’uso di materiali riciclati e la gestione efficiente dei rifiuti aiutano a minimizzare l’impronta ecologica dei cantieri.

2. Promozione di pratiche sostenibili: i CAM incoraggiano l’adozione di pratiche sostenibili lungo tutto il ciclo di vita dei progetti, dalla progettazione alla realizzazione e manutenzione. Questo include l’uso di energie rinnovabili, la gestione sostenibile delle risorse idriche e la riduzione dell’inquinamento. Le stazioni appaltanti sono incentivate a scegliere fornitori che adottano pratiche sostenibili, creando un effetto positivo a catena nel mercato.

3. Innovazione e competitività: l’inclusione dei CAM nei bandi di gara stimola l’innovazione tra le aziende partecipanti. Le imprese sono spinte a sviluppare soluzioni tecnologiche avanzate e sostenibili per migliorare le loro offerte. Questo non solo aumenta la competitività, ma contribuisce anche alla diffusione di tecnologie verdi e all’adozione di nuovi standard ambientali.

4. Benefici economici: sebbene l’implementazione dei CAM possa comportare costi iniziali più elevati, a lungo termine può portare a risparmi significativi. L’efficienza energetica, la riduzione dei rifiuti e l’uso di materiali durevoli possono ridurre i costi operativi e di manutenzione. Inoltre, i progetti sostenibili possono beneficiare di incentivi fiscali e finanziamenti specifici.

5. Conformità alle normative: l’adozione dei CAM assicura che i progetti

pubblici siano conformi alle normative ambientali nazionali ed europee. Questo è particolarmente importante per l’accesso ai fondi del PNRR che richiede il rispetto di criteri di sostenibilità rigorosi.

6. Miglioramento della qualità della vita: i progetti che rispettano i CAM contribuiscono a migliorare la qualità della vita del singolo individuo e delle comunità locali. La riduzione dell’inquinamento, la gestione sostenibile delle risorse e la creazione di spazi verdi migliorano l’ambiente urbano e rurale, rendendo le città e i territori più vivibili e resilienti.

L’integrazione dei CAM negli appalti pubblici non solo promuove la sostenibilità ambientale, ma offre anche vantaggi economici e sociali. Questi criteri rappresentano un passo fondamentale verso un futuro più verde e sostenibile, in linea con gli obiettivi del PNRR e delle politiche ambientali europee.

La relazione di sostenibilità dell’opera

La sostenibilità è un elemento centrale nel nuovo Codice dei contratti

BIBLIOGRAFIA

pubblici. Oltre alla relazione tecnica di ottemperanza ai CAM richiesta in fase di progettazione esecutiva, è stata introdotta la relazione di sostenibilità dell’opera, da includere nel progetto di fattibilità tecnica economica (PFTE, precedentemente denominato progetto preliminare). Questa relazione deve dimostrare come il progetto rispetti i principi di sostenibilità ambientale e sociale, analizzando diversi aspetti.

Innanzitutto, è necessario descrivere gli obiettivi primari dell’opera, evidenziando i benefici a lungo termine per le comunità e i territori interessati, minimizzando gli impatti negativi. Inoltre, bisogna verificare i contributi significativi agli obiettivi ambientali, come la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’uso sostenibile delle risorse idriche, la transizione verso un’economia circolare, la prevenzione dell’inquinamento e la protezione della biodiversità.

Un altro aspetto fondamentale è la stima della carbon footprint, valutando l’impronta di carbonio dell’opera lungo tutto il suo ciclo di vita. È importante anche effettuare una valutazione del ciclo di vita dell’opera in ottica di econo-

∙ Unione Europea. 2023. Direttiva (UE) 2023/1791 del parlamento europeo e del consiglio del 13 settembre 2023 sull’efficienza energetica e che modifica il regolamento (UE) 2023/955 (rifusione). Bruxelles. Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea.

∙ Unione Europea. 2024. Direttiva (UE) 2024/1275 del parlamento europeo e del consiglio del 24 aprile 2024 sulla prestazione energetica nell’edilizia (rifusione). Bruxelles. Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

∙ Governo Italiano. 2015. Legge 28 dicembre 2015, n. 221. Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali. Roma. Poligrafico dello stato.

∙ Governo Italiano. 2017. Decreto Legislativo 19 aprile 2017, n. 56. Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Roma. Poligrafico dello stato.

∙ Governo Italiano. 2015. 28 dicembre 2015, n. 221. Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali. Roma. Poligrafico dello stato.

∙ Governo Italiano. 2023. Decreto Legislativo 31 marzo 2023, n. 36. Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici. Roma. Poligrafico dello stato.

mia circolare, con particolare attenzione all’uso e al riutilizzo dei materiali da costruzione.

L’analisi del consumo complessivo di energia e delle fonti utilizzate, con riferimento a criteri di progettazione bioclimatica, è essenziale per garantire l’efficienza energetica del progetto. Inoltre, bisogna stimare gli impatti socio-economici, inclusa la promozione dell’inclusione sociale e la riduzione delle disuguaglianze.

La relazione deve anche indicare le misure per garantire condizioni di lavoro dignitose lungo tutta la filiera dell’appalto. Infine, è importante considerare l’innovazione tecnologica, utilizzando soluzioni avanzate, come sistemi di sensoristica per il monitoraggio predittivo.

Conclusione

In conclusione, l’integrazione dei CAM negli appalti pubblici rappresenta un passo fondamentale verso la sostenibilità ambientale. Questi criteri, obbligatori dal 2017, sono stati ulteriormente rafforzati con l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, che ne prevede l’applicazione in tutte le fasi degli appalti pubblici.

L’adozione dei CAM non solo riduce l’impatto ambientale dei progetti, ma promuove anche pratiche sostenibili, stimola l’innovazione e migliora la competitività delle imprese. Inoltre, contribuisce a garantire la conformità alle normative ambientali e a migliorare la qualità della vita delle comunità locali.

I benefici economici a lungo termine, derivanti dall’efficienza energetica e dalla gestione sostenibile delle risorse, dimostrano che la sostenibilità non è solo un obbligo normativo, ma anche un’opportunità per creare valore aggiunto. I progetti che rispettano i CAM possono accedere a finanziamenti specifici come il PNRR, rendendo gli investimenti in sostenibilità ancora più vantaggiosi. In definitiva, i CAM rappresentano uno strumento essenziale per realizzare gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e delle politiche ambientali europee. Promuovendo un approccio integrato e sistematico alla sostenibilità, gli appalti pubblici possono contribuire in modo significativo alla transizione verso un’economia circolare e a basse emissioni di carbonio, proteggendo al contempo la biodiversità e le risorse naturali.n

* Giuseppe Romano, Manens Spa Luca Alberto Piterà, AiCARR

Percorso progettazione impianti nella sanità: al via a febbraio con il modulo Fondamenti

L’edizione 2025 del Percorso dedicato al tema della progettazione degli impianti meccanici in ambito ospedaliero prenderà il via a febbraio, in modalità formazione a distanza, con il modulo Fondamenti.

Il modulo, ideale per progettisti junior, tecnici di strutture sanitarie, personale ASL di settori afferenti a quello HVAC, affronterà i seguenti argomenti: psicrometria e requisiti normativi e progettuali degli impianti di climatizzazione; fondamenti su ventilazione e controllo della contaminazione; fondamenti di impianti di riscaldamento e ventilazione (con esempi per le zone ordinarie delle strutture sanitarie); fondamenti di impianti di climatizzazione (con esempi per le degenze ordinarie); centrali termiche, generatori di calore, sicurezza; centrali e impianti idrici e cenni al trattamento dell’acqua; macchine e fluidi frigorigeni - centrali frigorifere. Il Percorso Specialistico, che proseguirà come di consueto con il corso Base e con il modulo Specializzazione, è affidato a docenti fra i migliori esperti in materia e prevede Crediti Formativi Professionali per ingegneri. Il Calendario del modulo Fondamenti 25 e 26 febbraio, 4 e 6 marzo

A marzo, il primo modulo del Percorso Legionella, con certificazione EGL

Prende il via l’8 marzo il modulo “Il problema Legionella: conoscenze di base”, che apre il Percorso Specialistico completo dedicato al rischio Legionella nella gestione degli edifici, ideato per il completamento delle conoscenze di base e l’approfondimento delle indicazioni fornite in materia dalle Linee Guida del Ministero della Salute. La partecipazione al Percorso consente di sostenere un esame di certificazione delle competenze professionali acquisite, certificandosi come Esperto in Gestione del rischio Legionellosi (EGL), grazie alla collaborazione di AiCARR Formazione con l’Ente di certificazione Bureau Veritas – CEPAS. In particolare, il primo modulo in programma illustra nel dettaglio i singoli capitoli delle Linee Guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi del maggio 2015. Dopo una breve presentazione della situazione normativa vigente a livello nazionale e regionale con cenni a riferimenti internazionali, le lezioni si soffermano sui criteri per una corretta progettazione impiantistica finalizzata ad una riduzione del rischio di proliferazione delle legionelle. L’analisi del rischio Legionella viene contestualizzata in strutture sia nuove sia esistenti. CFP: per ingegneri. Il calendario 13, 14 e 17 marzo

A dicembre si vota per l’elezione del nuovo presidente AiCARR

Come annunciato nei mesi scorsi, a breve si terranno le elezioni del nuovo presidente di AiCARR per il triennio 2026-2029.

Fabio Minchio, candidato classe 1978, è Ingegnere gestionale e dottore di ricerca in Energetica. Dal 2007 si occupa di consulenza energetica per il settore civile e industriale, oltre che di progettazione termotecnica.

Sin dal 2008 ha ricoperto diversi ruoli all’interno di AiCARR (Membro della Commissione Tecnica e Normativa, Tesoriere, Componente della Giunta Esecutiva ecc.).

Le operazioni di voto si svolgeranno online dalle ore 9:00 del 9 dicembre fino alle ore 17:00 del 23 dicembre 2024. I soci riceveranno il certificato elettorale elettronico via e-mail. La Commissione Elettorale affiderà le operazioni di spoglio a un ente terzo e proclamerà i risultati entro il 20

gennaio 2025. A partire da aprile 2025, poi, il nuovo Presidente Eletto affiancherà l’attuale, Claudio Zilio, fino alla fine del suo mandato.

On-line lo Sportello Unico delle Energie Rinnovabili del MASE

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto relativo allo Sportello Unico delle Energie Rinnovabili (SUER).

Realizzata e gestita dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici S.p.A.), la nuova piattaforma punta a garantire l’interoperabilità con gli strumenti informatici già operativi per la presentazione delle istanze a livello nazionale, regionale, provinciale, comunale.

Attraverso la piattaforma verrà semplificato lo scambio dati tra le varie pubbliche amministrazioni al fine di ridurre gli oneri documentali (abitativi

e degli incentivi statali) a carico degli operatori. Inoltre, permetterà il monitoraggio dei regimi amministrativi, anche per le finalità di controllo del raggiungimento degli obiettivi, intermedi e al 2030, del PNIEC Italia. La piattaforma risulterà accessibile, insieme al manuale operativo, entro 120 giorni dalla data di adozione dei modelli unici per le procedure di autorizzazione.

Al fine di monitorare l’utilizzo della piattaforma SUER e proporre eventuali aggiornamenti, è stato istituito presso il MASE un tavolo tecnico permanente con i rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome, dei Comuni e del GSE.

AiCARR informa www.aicarr.org

REHVA Brussels Summit, focus sulla EPBD

Si è tenuto a Bruxelles il REHVA Brussels Summit, evento dedicato all’analisi delle sfide e delle opportunità legate agli edifici sostenibili e climaticamente neutrali.

Presenti anche il Presidente AiCARR, Claudio Zilio, e il Segretario generale Luca Alberto Piterà, impegnati con i vertici di REHVA nel fare il punto riguardo l’organizzazione di Clima 2025. Il discorso introduttivo è stato tenuto dal Presidente di REHVA, Catalin Lungu, che ha sottolineato l’importanza delle competenze tecniche e dell’integrazione delle strategie al fine di soddisfare gli

obiettivi della Energy Performance of Buildings Directive (EPBD).

Tra i punti salienti toccati durante la due-giorni, le strategie di finanziamento per le ristrutturazioni nella UE e il miglioramento della qualità dell’aria interna.

Ha riscosso grande interesse anche la conferenza “Il percorso REHVA verso la neutralità climatica attraverso l’implementazione della EPBD”, che ha visto la partecipazione di esperti di sostenibilità, rappresentanti delle istituzioni europee e leader del settore.

11 tesi in lizza per il Premio 2024 di AiCARR

Sono 11 le tesi di laurea proposte per il Premio 2024 di AiCARR; si tratta di un’importante vetrina destinata al settore impiantistico. Come ogni anno, infatti, il premio riconosce l’eccellenza accademica, valorizzando i progetti di giovani laureati che affrontano tematiche di grande rilevanza, come l’efficienza energetica, l’integrazione delle energie rinnovabili, il comfort ambientale e le tecnologie avanzate per il controllo climatico. Le tesi selezionate per l’edizione 2024 riflettono il costante impegno dei futuri professionisti nel proporre soluzioni all’avanguardia per uno sviluppo sostenibile del settore.

Le tematiche si concentrano su soluzioni innovative per affrontare le sfide climatiche ed energetiche, combinando tecnologia avanzata (intelligenza artificiale, simulazioni dinamiche, materiali avanzati) con approcci pratici (analisi urbana, comunità energetiche, ottimizzazione di impianti). Possono essere raggruppati in 4 macroaree: rinnovabili e comunità energetiche; efficienza e diagnostica di sistemi, modellazione energetica e sostenibilità urbana, materiali innovativi e comfort indoor.

Di seguito sono elencate le tesi proposte.

• L’influenza del comportamento degli utenti nella valutazione dei vantaggi economici e

ambientali dei sistemi fotovoltaici domestici

• Assisi verso un futuro sostenibile con la prima Comunità Energetica Rinnovabile: simulazione energetica e analisi tecnico-economica

• Identificazione e diagnostica di guasti di funzionamento di una pompa di calore mediante l’utilizzo di reti neurali artificiali

• Analisi del potenziale solare degli edifici della città di Genova: applicazione di modelli radianti a basi cartografiche GIS/Lidar per la creazione di un catasto solare su scala urbana

• Ottimizzazione della logica di funzionamento di un sistema di riscaldamento basato su pompe di calore attraverso simulazioni dinamiche e rilevamento guasti

• Modellazione energetica degli edifici: analisi comparativa tra modello semi-stazionario, dinamico dettagliato e dinamico semplificato in conformità alla nuova UNI EN ISO 52016

• Studio della solidificazione e liquefazione di materiali a cambiamento di fase in strutture tridimensionali periodiche

• Sviluppo di un sistema smart di controsoffitto per il comfort multidominio: ottimizzazione dell’indoor air quality

• From zero energy to zero emission buildings

– Analisi e ottimizzazione del progetto degli

Il corso per fare chiarezza sulla regolamentazione degli impianti di riscaldamento ad acqua

Gli impianti di riscaldamento ad acqua con potenza termica al focolare superiore a 35 kW sono regolamentati da una normativa piuttosto complessa e le numerose novità emerse negli anni più recenti in relazione a questi impianti necessitano senz’altro di chiarimenti. Organizzato in diretta streaming il 24 e 25 gennaio, il corso “La regolamentazione degli impianti di riscaldamento ad acqua: la Raccolta R INAIL, la direttiva PED, il D.M. 11/04/2011, l’applicativo CIVA” offre una panoramica completa su questo tema, rivolgendosi ai professionisti che operano negli Uffici Tecnici delle imprese di gestione e manutenzione di impianti termici, ai tecnici delle aziende ospedaliere e al personale di ASL e di altre istituzioni con compiti di vigilanza e controllo. Verranno richiesti Crediti Formativi Professionali per ingegneri. Il calendario 22 e 23 gennaio

Igiene e manutenzione impianti: il Percorso unico in Italia

AiCARR Formazione organizza a partire da febbraio in diretta streaming una nuova edizione del Percorso “Igiene, ispezione e manutenzione degli impianti di climatizzazione”, l’unico in Italia costruito secondo quanto previsto dalle Linee Guida del Ministero della Salute, recepite con l’Accordo Stato-Regioni del 5/10/2006 e riprese dalla Procedura operativa per la valutazione e gestione dei rischi correlati all’igiene degli impianti di trattamento aria della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro. Il Percorso Specialistico si aprirà come di consueto con il modulo MA01: sono previste 36 ore di lezione e la possibilità di accedere all’esame di certificazione, organizzato in partnership con ICMQ il 3 aprile, conseguendo un titolo riconosciuto su tutto il territorio nazionale e in qualsiasi contesto lavorativo. Sono previsti CFP per ingegneri. Il calendario del modulo MA01 14, 20 e 21 febbraio, 4-6-10-11-18-19-25 marzo CFP: per ingegneri

Psicrometria, IAQ e comfort: i primi Fondamenti 2025

La qualità dell’aria interna, abbinata al comfort di chi soggiorna negli ambienti, è un tema essenziale per i professionisti che si occupano di progettazione, collaudo e manutenzione degli impianti ad aria, tenuti anche a conoscere le proprietà e le trasformazioni psicrometriche dell’aria umida. Per offrire queste competenze a chi entra nel mondo della progettazione termotecnica, AiCARR Formazione propone in diretta web dall’11 febbraio i tre moduli dedicati a psicrometria, comfort termoigrometrico e qualità dell’aria interna, che aprono il Percorso Fondamenti 2025. Questi argomenti si confermano di particolare interesse e attualità, data anche la sempre elevata attenzione degli addetti ai lavori, e non solo, nei confronti della qualità dell’aria indoor. Il calendario completo del Percorso Fondamenti è pubblicato sul sito di AiCARR Formazione.

CFP: per ingegneri

Il calendario

11 e 12 febbraio: Psicrometria: fondamenti e trasformazioni psicrometriche

18 e 19 febbraio: Il comfort termoigrometrico

27 e 28 febbraio: La qualità dell’aria interna

Caratteristiche dell’involucro edilizio e calcolo dei carichi termici per un progetto a regola d’arte

Il punto di partenza per la progettazione del sistema edificio-impianto risiede nei calcoli che permettono di determinare il fabbisogno di energia per la climatizzazione invernale ed estiva e che sono strettamente collegati alle caratteristiche dell’involucro edilizio. In quest’ottica, AiCARR Formazione propone nel Percorso Fondamenti i tre moduli, in programma in diretta streaming a partire dal 3 marzo, che illustrano rispettivamente le caratteristiche termofisiche dell’involucro edilizio e il calcolo dei parametri prestazionali termici, nella stagione estiva e in quella invernale. Un appuntamento da non perdere per i professionisti più giovani che intendono acquisire le basi per una progettazione a regola d’arte. CFP: per ingegneri Il calendario

3 e 7 marzo: Caratteristiche termofisiche dell’involucro edilizio

18 e 19 marzo: Calcolo dei carichi termici estivi 24 e 25 marzo: Calcolo dei carichi termici invernali

Tutte le informazioni relative ai corsi sono pubblicate sul sito www.aicarrformazione.org

AiCARR informa www.aicarr.org

impianti HVAC

• Analisi sperimentale del comportamento di una Gas Absorption Pump (GAHP) alimentata con miscele di idrogeno e gas naturale e

Obiettivo

validazione di modello di calcolo

• Analisi numerico-sperimentale per la transizione energetica e la sostenibilità ambientale di un distretto cittadino: il caso della città di Pescara

decarbonizzazione al 15º REHVA HVAC World Congress CLIMA 2025

Mancano circa sei mesi a 15° REHVA HVAC World Congress CLIMA 2025, evento organizzato da AiCARR e dedicato quest’anno al tema “Edifici decarbonizzati, salubri ed efficienti per il clima del futuro”.

Dal 4 al 6 giugno 2025 si riuniranno a Milano professionisti, accademici e aziende del mondo HVAC per confrontarsi su questi temi decisamente “caldi” e per mettere in luce l’importanza del settore ai fini della sostenibilità ambientale e della salubrità degli edifici.

Gli argomenti anticipati dagli oltre 600 abstract ricevuti approfondiranno diversi punti chiave: nuovi componenti e sistemi HVAC; impatto

dell’HVAC sul comfort e sulla salute di occupanti e operatori; impatto ambientale delle nuove tecnologie e relative conseguenze economiche e sociali; approcci progettuali innovativi per ridurre al minimo l’impronta di carbonio; comunità energetiche rinnovabili e distretti energetici; accumulo di energia a breve e lungo termine per la decarbonizzazione del riscaldamento e del raffreddamento in edifici e distretti; edifici a emissioni zero (ZEB); tecnologie adattive e integrate per l’involucro edilizio; opzioni per mitigare l’impatto del consumo energetico degli edifici sui futuri cambiamenti climatici; smart buildings.

Disponibili i manuali di Aeraulica e Idronica

Promuovere la cultura tecnica significa non solo fornire al professionista strumenti pratici per la gestione quotidiana del lavoro, ma anche favorire la diffusione e l’approfondimento di temi chiave per il settore HVAC&R attraverso pubblicazioni mirate. Per questo AiCARR ha reso disponibili sul proprio sito

il Manuale di Aeraulica e il Manuale di Idronica, strumenti fondamentali per i professionisti del settore.

I manuali offrono approfondimenti tecnici e linee guida aggiornate, supportando la progettazione e la gestione degli impianti.

Il Manuale di Aeraulica è una guida completa sul trattamento dell’aria e sui suoi componenti principali. Ampiamente trattati i temi del rumore generato dai sistemi aeraulici e dei terminali d’impianto utilizzati negli impianti di climatizzazione. Il manuale include anche il progetto e il calcolo delle reti d’aria, con un focus sia teorico sia applicativo. Infine, tratta le fasi di costruzione,

montaggio, manutenzione, taratura, bilanciamento, messa in funzione e criteri di scelta dei sistemi. Il Manuale di Idronica è a sua volta una guida esaustiva che affronta in modo chiaro sia i principi fondamentali dell’idronica, sia le sue applicazioni pratiche nelle diverse tipologie impiantistiche. Analizzando le problematiche di circuitazione idronica e le caratteristiche di apparecchiature e macchine, fornisce criteri progettuali e soluzioni pratiche, corredate da schemi funzionali dettagliati.

La consultazione è riservata esclusivamente ai soci, che possono accedere a questi contenuti dall’area dedicata del portale.

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