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di Daniele Cogliati

Una veduta delle campagne nella regione del Nord - Pas de Calais, luogo di produzione della Bière de Garde.

BIÈRE DE GARDE

UNA PICCOLA INTRODUZIONE ALLO STILE

Se dico Pils, l’immagine che si delinea nella mia mente è chiara: una birra paglierina, limpida, con un bel cappello di schiuma bianca, sentori delicati di malti chiari, aroma elegante di luppoli erbacei e un bel taglio amaro e dissetante. E se invece vi dico Bière de Garde? Sono abbastanza sicuro che – eccettuata la frase “Mah… è come una Saison, ma fatta in Francia” – per molti questo stile di birra sarà probabilmente poco conosciuto. Alle nostre latitudini lo stile Bière de Garde non è infatti molto diffuso: si faticano a trovare le etichette commerciali più note nella patria d’origine e gli esempi nostrani si contano sulle dita di due mani. Eppure dovrebbe trattarsi di un prodotto abbastanza identitario, tanto che Phil Markowski lo definisce “the only widely acknowledged French contribution to specialty brewing”.1 E allora, complice la situazione contingente che ha cambiato i modi e i luoghi del bere di tutti noi, smanettando un po’ sul web ho messo insieme qualche bottiglia e qualche libro per provare a capirci qualcosa.

Lo stemma del Nord - Pas de Calais.

La Bière de Garde secondo la Brewers Association e il BJCP

Premetto che questa vuole essere soltanto una breve introduzione allo stile e non è un saggio storico o una dissertazione tecnica per birrai e homebrewer: per quanto affascinante, l’argomento avrebbe richiesto ben altri sforzi e ben altre competenze (potrete approfondire un po’ spulciando le note). Il mio approccio è più orientato al consumatore… anzi, direi al consumo! Partirò quindi da due fonti che dovrebbero darci un’idea di cosa ci possiamo aspettare nel bicchiere se scegliamo di acquistare una Bière de Garde. Le linee guida della Brewers Association (versione 2021 – traduzione dell’autore)2 definiscono il “French-Style Bière de Garde” come mostrato nella tabella a fianco. L’ultima versione delle linee guida BJCP tradotte da MoBI (2015)3 presenta lo stile “24.C – Bière de Garde” come mostrato nella tabella alla pagina seguente. A parte alcune piccole differenze – non inorridiscano i birrai e gli homebrewer – sui parametri numerici (IBU, FG, SRM) e altre discrepanze un po’ meno secondarie, come l’intensità degli esteri (“da medi ad alti” per la BA; “da bassi a moderati” per il BJCP) e il contenuto alcolico (“ABV 4,4-8%” per la BA; “ABV 6,0-8,5%” per il BJCP), l’immagine che se ne ricava è di una birra dal profilo aromatico e gustativo arrotondato e spostato più sui malti che sul lievito. Una Bière de Garde può essere chiara, ambrata o bruna (i descrittori afferenti all’ambito delle tostature, come biscottato, toffee, caramello, ma anche frutta secca ed essiccata varieranno di conseguenza), con debole apporto del luppolo (qualora presente, esso potrà essere speziato/erbaceo) e un amaro contenuto. Degli esteri abbiamo già scritto; componente speziata/fenolica da lievito mai menzionata. Sul grado alcolico ci sono discrepanze non indifferenti e se la BA ammette birre tra 4,4 e 8% ABV, il BJCP restringe il range tra 6-8,5% ABV. Nella sostanza, cercando un po’ tra gli esempi commerciali francesi disponibili, mi pare di poter affermare che il centro di gravità si attesti tra 6-8% ABV. Ci sono poi un paio di punti che meritano una riflessione. Secondo la BA possono essere presenti bassi livelli di descrittori associati al Brettanomyces (esteri, lieve acidità e note rustiche: la celeberrima coperta del cavallo, la capretta, il cuoio). Il BJCP si sofferma invece su un descrittore che ritorna spesso nella letteratura (non francese) dedicata alle Bière de Garde: il “cellar character”, come anche il “musty/cork” (cioè il sapore di cantina/ muffa/tappo), che per esempio viene citato da Jackson e da altri dopo di lui.2 Gli estensori delle linee guida specificano che tale caratteristica non è propria dello stile e dei prodotti consumati freschi, ma va attribuita a una cattiva con-

COLORE

Limpidezza DA AMBRATO CHIARO A MARRONE CASTAGNA/ ROSSASTRO

Chill haze accettabile. Queste birre sono spesso rifermentate in bottiglia, quindi è accettabile una leggera velatura da lievito

Malto: Aroma & Flavor

Luppolo: Aroma & Flavor Queste birre sono caratterizzate da un aroma di malto tostato insieme a una leggera dolcezza di malto e/o sapore di malto tostato

Da basso a medio dato da luppoli nobili

Amaro percepito

Profilo fermentativo

Corpo Da basso a medio

Esteri fruttati da medi ad alti in aroma, da bassi a medi nel retrolfatto. Il diacetile non dovrebbe essere presente. Una Bière de Garde può avere bassi livelli di sapori derivati dal lievito Brettanomyces, i quali sono leggermente acidi, fruttati, con note rustiche di coperta di cavallo, di capra e/o simili al cuoio. Le birre che mostrano livelli più pronunciati di attributi derivati da Brettanomyces sono classificate come Brett Beers. L’alcol può essere evidente nelle birre ad alta gradazione

Da basso a medio

Note aggiuntive Original Gravity (°Plato) Sono accettabili aromi terrosi e/o di cantina

1.060-1.080 (14,7-19,3 °Plato)

Apparent Extract/Final Gravity (°Plato) 1.012-1.024 (3,1-6,1 °Plato) Alcohol by Weight (Volume) 3,5%-6,3% (4,4%-8,0%) Bitterness (IBU) 20-30

Color SRM (EBC) 7-16 (14-32 EBC)

Sella del Diavolo di Barley: la prima Bière de Garde italiana.

IMPRESSIONI GENERALI Birra artigianale lagerizzata, alquanto forte con accento sul malto che presenta i gusti del malto appropriati al colore. Tutte sono maltose ma secche, con gusti puliti e un carattere delicato

AROMA Evidente dolcezza di malto unita spesso a un maltato complesso, con un’intensità da leggera a moderata di note tostate e di pane. Esteri da bassi a moderati. Poco o nullo l’aroma di luppolo che può essere speziato, pepato o erbaceo. Le versioni più chiare sono ancora maltate, ma mancano degli aromi più ricchi e intensi e possono essere lievemente più luppolate. Aroma in genere pulito, anche se le versioni più forti possono avere una leggera nota alcolica speziata

ASPETTO

FLAVOR

MOUTHFEEL Esistono tre principali varianti (bionda, ambrata e scura), quindi il colore varia da biondo-dorato a bronzeo-rossiccio a castano. Buona la limpidezza, anche se può essere lievemente torbida essendo non filtrata. Schiuma ben sviluppata, generalmente da bianca a color crema (varia a seconda del colore della birra) e con persistenza media Malto da medio a elevato, spesso di carattere tostato, biscottato, toffee o caramello chiaro. I gusti del malto e la complessità tendono ad aumentare col colore della birra. Gusti degli esteri e dell’alcol da bassi a moderati. L’amaro di luppolo medio-basso fa un po’ da supporto ma l’equilibrio è sempre spostato sul malto. Le versioni più scure danno una maggiore impronta di maltato-dolce rispetto alle versioni più chiare, ma tutte devono essere maltate al palato e nel finale. Il gusto di malto continua nel finale, che varia da medio-secco a secco, mai stucchevole. Gusto di luppolo da basso a nullo (speziato, pepato o erbaceo) anche se le versioni più chiare possono avere maggiori livelli di luppolo erbaceo o speziato (che può anche derivare dal lievito). Carattere delicato da birra ben lagerizzata, anche se è fatta con lievito ad alta fermentazione. Retrogusto di malto (di carattere appropriato a seconda del colore) con parziale secchezza e leggera alcolicità Corpo da medio a medio-leggero (snello) spesso con un carattere delicato e cremoso-setoso. Carbonazione da moderata ad alta. Calore alcolico moderato che deve essere delicato e mai bruciante

COMMENTI

STORIA In questo stile ci sono tre principali varianti: la Brune, la Blonde e la Ambrée. Le versioni più scure hanno maggiori caratteristiche di malto, mentre le versioni più chiare possono avere più elevata luppolatura, ma sono ancora birre centrate sul malto. Uno stile collegato è la Bière de Mars, che è prodotta in marzo per consumo immediato e non invecchia bene. Il livello di attenuazione è sull’80-85%. Esistono 86 esempi con corpo pieno ma sono più rari. L’età e l’ossidazione delle birre importate aumentano spesso il fruttato e i gusti di caramello e aggiungono anche note di sughero e di ammuffito: sono tutti segnali di pessima conservazione e non elementi caratteristici dello stile Il nome significa letteralmente “birra che è stata tenuta in cantina o lagerizzata”. Una ale artigianale e tradizionale proveniente dalla Francia settentrionale, prodotta all’inizio della primavera e tenuta in cantine fredde per poi essere bevuta nella stagione più calda. Ora è prodotta tutto l’anno

INGREDIENTI CARATTERISTICI

Il carattere “da cantina” comunemente descritto nella letteratura birraria è più una caratteristica di birre commerciali esportate e malamente conservate che di un prodotto fresco e autentico. Quell’ammuffito deriva dai tappi di sughero e/o dall’ossidazione dei prodotti commerciali e viene erroneamente identificato come “stantio” o “da cantina”. I malti base variano in relazione al colore della birra, ma di solito sono presenti i malti Pale, Vienna e Munich. Le versioni più scure hanno una complessità di malto più ricca e una dolcezza proveniente dai malti Crystal. Si possono aggiungere zuccheri per arricchire il gusto e contribuire al finale secco. Lievito lager o ale fermentato alle temperature minime per le ale a cui segue un lungo condizionamento a freddo. Acqua dolce con pochi sali e luppoli europei floreali, erbacei o speziati CONFRONTI DI STILE Imparentata con lo stile belga Saison, con la differenza che la Bière de Garde è più rotonda, più ricca, più dolce, centrata sul malto e senza il carattere amaro e speziato della Saison

OG 1.060 – 1.080

IBUS

FG

SRM 18 – 28

1.008 – 1.016

6 – 19 ABV 6,0 – 8,5% ESEMPI COMMERCIALI Ch’Ti (bruna e chiara), Jenlain (ambrata e chiara), La Choulette (tutte e tre le versioni), St. Amand (bruna), Saint Sylvestre 3 Monts (chiara), Russian River Perdition

servazione e all’ossidazione. In effetti nessuno dei libri francesi consultati cita mai questo particolare; anzi, in una monografia dedicata alla Brasserie Duyck, viene esplicitamente scritto che Bière de Garde significa birra che è già stata maturata in birrificio e quindi è pronta da consumare, non che deve essere ancora maturata dal cliente finale.3Ci sono poi un paio di punti che meritano una riflessione. Secondo la BA possono essere presenti bassi livelli di descrittori

associati al Brettanomyces (esteri, lieve acidità e note rustiche: la celeberrima coperta del cavallo, la capretta, il cuoio). Il BJCP si sofferma invece su un descrittore che ritorna spesso nella letteratura (non francese) dedicata alle Bière de Garde: il “cellar character”, come anche il “musty/cork” (cioè il sapore di cantina/ muffa/tappo), che per esempio viene citato da Jackson e da altri dopo di lui.4 Gli estensori delle linee guida specificano che tale caratteristica non è propria dello stile e dei prodotti consumati freschi, ma va attribuita a una cattiva conservazione e all’ossidazione. In effetti nessuno dei libri francesi consultati cita mai questo particolare; anzi, in una monografia dedicata alla Brasserie Duyck, viene esplicitamente scritto che Bière de Garde significa birra che è già stata maturata in birrificio e quindi è pronta da consumare, non che deve essere ancora maturata dal cliente finale.5

Che cosa unisce veramente queste birre?

Fin qui tutto abbastanza confuso, spero. Proseguiamo. Che cosa unisce birre che, leggendo queste linee guida, sembrerebbero avere caratteristiche abbastanza diverse? La risposta è: la garde. Secondo la legge francese una Bière de Garde è una birra che, terminata la fermentazione primaria, subisce un periodo di maturazione (“periode de garde”) di minimo 21 giorni.6 Questa fase del processo produttivo si svolge generalmente a temperature molto basse e serve a smussare le spigolature della birra, da cui il basso livello di esteri (dovuto anche al fatto che alcuni produttori commerciali utilizzano lieviti a bassa fermentazione). Un appunto: basta una rapida ricerca online per notare che diversi lieviti commerciali, variamente etichettati come Belgian/French/ Farmhouse Yeast, includono sempre Saccharomyces cerevisiae var. diastaticus. Ma non addentriamoci troppo nell’insidioso mondo delle fermentazioni e passiamo oltre. Sembrerebbe quindi che sotto al cappello delle Bière de Garde si possano trovare birre abbastanza differenziate tra loro. Se guardiamo nella World Guide to Beer di Michael Jackson, notiamo che lo stile Bière de Garde non è espressamente citato. L’autore, nel capitolo dedicato alla Francia, si limita a dire che nel Nord esistono birre “in the haute tradition” e cita il termine garde solo riferendosi alla Jenlain Bière de Lux (Brasserie Duyck), etichettata come “Garde Fermentation Haute”.7 Abbastanza inquietante è invece il riferimento fatto da un altro pioniere della classificazione stilistica, Fred Eckhardt, il quale in The

La Blonde du Nord della Brasserie Duyck. Essentials of Beer Style afferma: “II-3 Amber beer: Bière de Garde, Bière de Paris. This is the French version of Vienna lager, strong beer: over 15-Plato/1060, and 5/6% alcohol. These beers are all-malt and quite delicious, strongly hopped, more so than the Vienna style. They are laying-down beers with cork finish, and improve with age in the bottle (up to about a year)”.8 Per concludere, una descrizione sintetica e riassuntiva di quanto detto finora viene fornita di nuovo da Jackson in un articolo del 1997: “The hinterland of Lille has nine or ten small breweries making beers in this style, with a fruitiness closer to that of a British ale than a continental lager.

La Bière de Garde nel passato

Nel XIX secolo quasi tutti i villaggi, anche i più isolati, avevano un birrificio (ma spesso più di uno), con importanti ricadute socioeconomiche per quello che oggi chiameremmo l’indotto: si creava lavoro per produttori e riparatori di botti, agricoltori, somministrazione. Nel 1890 si contavano 1386 produttori nei due dipartimenti e nel 1910 essi raggiunsero la strabiliante cifra di 1929, ben oltre la metà di quelli attivi in tutta la Francia.10 Ancora all’inizio del Novecento la quasi totalità della birra era ad alta fermentazione e terminava la fermentazione direttamente nei barili che venivano venduti a privati e locali di mescita. Nel periodo tra le due guerre mondiali, la bassa fermentazione e l’imbottigliamento in vetro iniziarono a prendere piede nei birrifici più grandi, gli unici che potevano permettersi ammodernamenti tecnologici e investimenti finanziari per ingrandirsi e migliorarsi. Nel 1905 si incontra una menzione della Bière de Garde, individuata come birra di gradazione media (4% circa) che veniva lasciata maturare in legno per oltre sei mesi e inacidiva acquisendo sentori vinosi, venendo talvolta tagliata con birra più giovane al momento del consumo. Si noti che la fonte dice: “The taste for this is to be found in a few large towns, but it is decreasing”.11 Cosa si intendesse con la locuzione Bière de Garde nei secoli passati è ancora oggetto di approfondimenti, anche se sembra che almeno per buona parte del XIX sec. si trattasse di birre ambrate prodotte con ammostamento torbido, fermentate con colture miste e poi, appunto, maturate per mesi (in legno, ovviamente).12 Qualcosa, quindi, di abbastanza diverso da ciò che possiamo incontrare oggi.

Some are, indeed, made with ale yeasts. In rural areas, they were originally produced with enough strength and living yeast to be laid down as a provision, and they are still known as bières de garde (beers to keep). These days, most are matured in the brewery, typically for a few weeks, but sometimes for months. […] Barley grown in the Champagne region, and hops from French Flanders, are often used. Many bières de garde are put into Champagne bottles with wired corks. Some have a yeast sediment and a Champagne-like toastiness”.9 In sostanza, quindi, il criterio unificante più forte è quello storico-geografico (nei primi anni 2000 si provò, senza successo, a far approvare una denominazione IGP e poi STG).10 Le Bière de Garde sono originarie e tipiche esclusivamente dei dipartimenti Nord e Pas de Calais, nella regione Hauts de France. Si tratta di un territorio di confine, storicamente influenzato dalla vicinanza col Belgio, con una spiccata identità culturale locale (in alcune zone è diffusa, per esempio, una variante della lingua piccarda, localmente detta ch’ti o ch’timi). La tradizione brassicola è molto forte e radicata e se ne trova traccia fin dai tempi del Capitulare de villis di Carlo Magno. La regione ha sempre beneficiato di abbondanti riserve sotterranee d’acqua pura, di terreni adatti alla coltivazione dell’orzo e del luppolo (molti produttori locali utilizzano a tutt’oggi le varietà Strisselspalt e Alsatian Brewers Gold), ha ospitato produzioni monastiche, birrifici cittadini e una ricca storia di fattorie-birrifici, con peculiari forme di gestione cooperativa dell’impresa e, soprattutto nelle aree rurali, un’organizzazione che a volte comprendeva una produzione da “farmhouse brewery” – per dirla con Lars Marius Garshol11 – cioè una fattoria che coltivava i cereali, li maltava e produceva birra in proprio per autoconsumo e residualmente per la vendita.

La Brasserie Duyck

L’incarnazione contemporanea delle Bière de Garde la dobbiamo alla Brasserie Duyck. Nel 1922 Felix Duyck acquistò una vecchia fattoria-birrificio costruita nel 1840 nel centro del villaggio di Jenlain. Dopo aver rimesso in sesto e ampliato l’edificio originario, egli si mise a produrre birra e a distribuire altre bevande. Inizialmente l’offerta era minima: una birra a bassissima gradazione chiamata “La 2” e una scura, “La Stout”, ma fin da subito il birraio elaborò la ricetta per un’ambrata speciale, rifacendosi alla tradizione delle birre stagionali (Bière de Noël e Bière de Mars, più alcoliche e conservate per lungo tempo nei freschi depositi dei birrifici). Essa venne inizialmente commercializzata senza un nome proprio: era la “vieille bière” e in seguito divenne “bière de garde”.

La Brasserie Duyck. La Choulette Ambrée.

Dalla metà degli anni Trenta il birrificio adottò le bottiglie in vetro con tappo meccanico, mentre nel 1949 Felix e Robert Duyck introdussero le bottiglie da Champagne con tappo in sughero e gabbietta metallica. Nel 1968, grazie al successo riscosso dalla loro Bière de Garde tra gli studenti dell’Università cattolica di Lille, che la potevano bere grazie a un rivenditore attivo nei pressi dell’ateneo cittadino, Robert Duyck decise di dare il nome Jenlain alla birra e nel 1970 depositò il marchio.13 Il resto è storia. Sulla scia del successo della Jenlain Ambrée altri birrifici artigianali si sono dedicati alla produzione di Bières de specialités e Bière de Garde, ciascuno dando un twist personale ai propri prodotti. Oggi i tempi sono cambiati e la Jenlain, oltre che nella tradizionale bottiglia da spumante, è venduta anche in comode lattine, mentre la rifermentazione in bottiglia è ormai divenuta l’eccezione alla regola della filtrazione e riempimento in contropressione. Non è invece venuta meno la vocazione brassicola del territorio, tanto che il Nord - Pas de Calais conta oltre 120 birrifici attivi su un totale di oltre 2000 in tutta la Francia.14 Il panorama è vario e accanto a produttori ormai da considerare storici (solo per citare i più noti: Duyck, Castelain, Saint Sylvestre, La Choulette, Brasserie d’Annœullin, Les Brasseurs

de Gayant…) esistono moltissimi birrifici e micro-birrifici nati a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, alcuni ormai affermati (uno su tutti la Brasserie Thiriez, con le sue creazioni innovative, a cavallo tra le Bière de Garde tradizionali e le Saison belghe)15 e altri tutti da scoprire, per lo meno in Italia.

Conclusioni

Concludendo, mi sento di sottoscrivere quanto affermato dall’ottimo Phil Markowski nel suo libro Framhouse Ales:probabilmente le versioni moderne di Bière deG si sono evolute da una sintesi tra le preferenze dei consumatori, gli sforzi di marketing dei produttori, l’influenza delle tecniche di produzione di birra a bassa fermentazione e l’interpretazione individuale di come avrebbero potuto essere le tradizionali birre contadine del passato. Nessuno, però, può sapere con certezza come effettivamente fosse la Bière de Garde originaria. Ciò che è chiaro è che probabilmente essa era abbastanza diversa dalle versioni contemporanee.16

Il test del bicchiere

Brasserie La Choulette Brasserie La Chou lette ha sede nel villaggio di Hordain. L’azienda si trova nell’edificio che una volta ospitava l’ex fattoria-birrificio Bourgeois-Lecerf, fondato nel 1885, e prende il nome dalla pallina di legno utilizzata nel jeu de crosse, uno sport tradizionale locale. Nel 1977 Alphonse Dhaussy acquisì il birrificio Bourgeois-Lecerf; nel 1981 fu creata una Bière de Garde ambrata che prese il nome “La Choulette”. Essa contribuì alla fortuna della società, al punto che nel 1986 Alain Dhaussy, figlio di Alphonse e attuale proprietario, ribattezzò l’azienda proprio con il nome della sua birra di punta. La brasserie oggi produce una vasta gamma di birre e ha contribuito al revival delle birre speciali in tutta la resfondo. L’imbocco è dolce, ma la chiusura è discretamente amara, accentuata da una bollicina effervescente, con corpo e secchezza medi. Insomma, tanto per confonderci sul finale di lettura, in questo caso verrebbe davvero da fare un paragone con le geograficamen-

te vicine Saison: alcuni tratti comuni sono evidenti, anche se questa Bière de Garde in incognito mette la sordina all’esuberanza dei lieviti e dei sottoprodotti aromatici della fermentazione, riempiendo un po’ di più il corpo della birra e accentuando le sensazioni maltate rispetto alle cugine belghe. Siamo però nel campo delle sfumature stilistiche, tra l’altro piacevolissime.

Brasserie Castelain18 Birrificio a conduzione familiare fondato nel 1926 dai fratelli Delomels a Bènifontaine. Roland Castelain rilevò l’azienda nel 1966 e la denominò col proprio cognome. Suo figlio, Yves negli anni Settanta si lanciò nel segmento di mercato delle birre speciali, con la gamma di Bières de Garde “Ch’ti”, ottenendo grandi riscontri in patria e all’estero. Per questa linea di prodotti, il birrificio utilizza lieviti a bassa fermentazione fatti lavorare attorno ai 14° C e matura poi le birre a 0° C per 4-6 settimane. Non è l’unico produttore commerciale

gione. Phil Markowski, scrivendone nel 2004, afferma che tutti i prodotti sono rifermentati in bottiglia. Non ho trovato riferimenti in tal senso sulle etichette delle due birre che ho assaggiato.17 Una birra per rassicurarvi: La Choulette Ambrée. Sull’etichetta, subito sotto la marca, compare in bella vista la scritta “Bière de Garde Artisanale”. Birra ad alta fermentazione con un tenore alcolico di 8%, è contrassegnata esplicitamente come Bière de Garde. Inoltre sulla bottiglia è presente anche il marchio collettivo “Saveurs en’Or”, che da più di 15 anni promuove i prodotti realizzati nella regione di Hauts de France. Nel bicchiere si presenta ovviamente ambrata, limpida (è filtrata), con un abbondante cappello di schiuma eburnea a grana media e dalla lunga persistenza. L’aroma è rotondo e maltato, biscottato, con leggere tostature e note secondarie di frutta secca/essiccata/cotta (nutty, prugna secca, mela cotta con lo zucchero di canna). In bocca dominano di nuovo i malti, con caramello e un accenno di liquirizia sul finale, medio-secco, che ben si sposa con un corpo medio e con una bolla fine e non invasiva. L’alcol è ben nascosto e si manifesta solamente come una lieve sensazione riscaldante, piacevole. Insomma, una Biére de Garde ambrata rassicurante, canonica. Una birra per confondervi: La Choulette Blonde viene dichiarata “Bière artisanale des Hauts de France”. Anch’essa, come la sorella ambrata, si fregia del marchio collettivo “Saveurs en’Or”. 7,5% ABV. Nel bicchiere la Blonde si mostra dorata, limpida (è filtrata), con abbondante schiuma candida, soffice, molto persistente. L’aroma questa volta ci regala esteri mediamente intensi (mela gialla, frutta a pasta gialla) e una spolveratina di spezie (pepe), con intensità mediobassa. Seguono lievi sfumature erbacee/floreali e un miele leggero sullo

Ch’ti Blonde.

a utilizzare lieviti Lager e certamente questo particolare ha un forte riflesso nella birra finita, come vedremo. Nel 2018 la produzione complessiva si è attestata attorno ai 90.000 hl. Una birra per scombinarvi: Ch’ti Blonde. Sul finale non potevamo farci mancare una Bière de Garde a bassa fermentazione, giusto per provare a sparigliare un po’ le carte del nostro gioco. Etichettata come “Bière de Garde”, l’ammiraglia della linea “Ch’ti” nasce nel 1979, preceduta solamente dalla Ch’ti de Noël (quest’ultima, però, ad alta fermentazione). Birra dorata, limpida (è filtrata), nel bicchiere si presenta sormontata da un denso strato di schiuma bianca, a grana fine, compatta e molto persistente. Che dire… in effetti ha un profilo che in qualche modo rimanda a una specie di strong lager, con note di malto e miele in bella evidenza; è però la presenza di esteri fruttati a riportarci subito nel campo delle ales (intensità comunque bassa/medio-bassa, mela gialla, una lontana reminiscenza d’arancia candita). L’equilibrio in bocca è spostato sul dolce, con sfumature maltate e di cereale a farla da padrone e una chiusura solo leggermente amara. 6,4% ABV ben nascosti per una birra che, pur rimanendo all’interno dei canoni dello stile, fa riflettere sull’impiego della denominazione “Bière de Garde”, qui impiegata in modo letterale (diremmo a norma di legge) riferendosi al processo di maturazione a freddo e non al tipo di lievito o ad altre caratteristiche, come forse verrebbe da pensare a un primo approccio con lo stile. ★

Note

1 Bière de garde, di Phil Markowski, in

The Oxford Companion to Beer, a cura di

Garrett Oliver (Oxford University Press, 2011), p. 126. 2 “Several have a cellar character (almost a musty earthiness), along with a distinctively spicy maltiness”, in Let

Them Drink Beer, di Michael Jackson (pubblicato il 12 luglio 1997 in: The

Independent, http://www.beerhunter. com/documents/19133-000051.html).

Si veda anche Bière de garde, di Phil

Markowski, in The Oxford Companion to Beer, a cura di Garrett Oliver (Oxford

University Press, 2011), p. 127: “Some examples exhibit a “cork” note (not to be confused with the less pleasant character of “corked” wine) that adds a decidedly rustic nuance”. 3 Les Duycks, ou 90 ans de brasserie familiale à Jenlain, di Elodie De Vreyer (Brasserie Duyck, 2012), p. 35: “La bière de garde (signifiant ‘qui a été gardée’, et non ‘à garder’)”. 4. Décret n° 92-307 du 31 mars 1992 portant application de l’article L. 412-1 du code de la consommation en ce qui concerne les bières, art. 2, modifié par Décret n°2016-1531 du 15 novembre 2016 - art. 4, https:// www.legifrance.gouv.fr/loda/id/

JORFTEXT000000357138. 5 World Guide to Beer, di Michael Jackson (Quarto, 1977), p. 179-183. 6 The Essentials of Beer Style, di

Fred Eckhardt (Fred Eckhardt

Communications, 1989), p. 80. 7 Let Them Drink Beer (op. cit.) 8 Les Duycks, ou 90 ans de brasserie familiale à Jenlain (op. cit.), p. 83. 9 https://www.garshol.priv.no/blog/414. html. L’ultima malteria interna a un birrificio pare abbia cessato l’attività negli anni Cinquanta del XX secolo: cfr.

Nord – Pas-de-Calais terre des brasseries, di Pierre-André Dubois, Nathalie

Duronsoy e Nathalie Van Bost (Musée d’ethnologie régionale du Nord – Pasde-Calais, 1998), p. 157. 10 Brasseurs et bières en Nord, di Grégoire

Szczesniak (Laura Editions, 1996), p. 21.

Cfr. anche Nord – Pas-de-Calais terre des brasseries (op. cit.). 11 The Beers and Brewing Systems of

Northern France, di R.E. Evans (in:

Journal of the Institute of Brewing,

May–June 1905, https://doi. org/10.1002/j.2050-0416.1905.tb04668.x). 12 Per approfondire: http://www. horscategoriebrewing.com/2017/10/ introductory-thoughts-on-bierede-garde.html?m=1 e http://www. horscategoriebrewing.com/2017/11/ brewing-bieres-de-gade-1850-1910. html?m=1. 13 Les Duycks, ou 90 ans de brasserie familiale à Jenlain (op. cit.). 14 http://projet.amertume.free.fr/ 15 http://www.horscategoriebrewing. com/2014/05/brasserie-thiriez-visit. html?m=1. Non ho inserito assaggi della Brasserie Thiriez perché, per quanto birre come La Blonde d’Esquelbecq, L’Ambréè d’Esquelbecq o La Rouge Flamande vengano spesso classificate come Bières de garde sul web – classificazione appropriata, a mio parere, anche dal punto di vista organolettico – il produttore non le dichiara tali né sul proprio sito, né in etichetta e nemmeno in interviste e interventi (https://www. youtube.com/watch?v=oh0kPj3QDRo, https://www.youtube.com/ watch?v=RtN8xc09Rfk&feature=share). 16 Le birre del Belgio II. Degustare e produrre Bière de Garde e Saison, di Phil

Markowski (Edizioni LSWR, 2015), p. 29. 17 Le birre del Belgio II. Degustare e produrre bière de Garde e saison, di Phil Markowski (op. cit.); Bières et brasseurs du Nord et du Pas-de-Calais. La voix du Nord,

Hors-série (sept. 2018); http://projet. amertume.free.fr/documents/eBook-

La_biere_en_France-Edition_2021-

Emmanuel_Gillard.pdf. 18 Le birre del Belgio II. Degustare e produrre bière de Garde e saison, di

Phil Markowski (op. cit.); Bières et brasseurs du Nord et du Pas-de-Calais (op. cit.); http://projet.amertume.free.fr/ documents/eBook-La_biere_en_France-

Edition_2021-Emmanuel_Gillard.pdf.

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