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di Norberto Capriata
CELEBRITY BEER-MATCH
LA DAMA BRUNA VS IL MONACO DELLA TERRA
Mettere in competizione due birre diverse, analizzandone e confrontandone le caratteristiche principali, assegnando oltretutto dei punteggi e decretando un vincitore, ha il senso che ha, ossia poco. Però l’approccio serioso alla birra artigianale non mi ha mai sedotto e, in generale, sono convinto che la degustazione debba essere godimento e divertimento e che i tabù possano risiedere altrove. L’idea mi è venuta la sera di Capodanno, durante una perlustrazione alla mia piccola ma relativamente fornita cantina, scegliendo una birra da accompagnare al fatidico cotechino con lenticchie. Indeciso tra Aardmonnik (o Earthmonk) di De Struise, birrificio cult belga, molto stimato sia dai vecchi appassionati sia da quelli dell’ultima ora, e Dama Bruna, una delle realizzazioni più apprezzate di Loverbeer, birrificio locale altrettanto quotato, non solo tra i bevitori italiani, ho deciso... di non decidere. E le ho portate a tavola entrambe. Poi mi sono trovato di fronte alla scelta del bicchiere (ho optato per lo stesso calice ampio da vino), della temperatura (quella da cantina, sui 12 °C, mi è parsa appropriata) e della sequenza di bevuta: da quale iniziare? Difficile... e se le degustassimo insieme? E se ci segnassimo qualche nota gustativa, così, tanto per... e se… Insomma, niente di studiato, come vedete, tutto molto naturale, perlomeno per dei malati di mente come sappiamo essere noi appassionati di birra artigianale.
Alla fine, il giochino mi è parso divertente e anche abbastanza interessante e formativo da meritare un articolo. E magari addirittura un format... Ho infatti realizzato come molte birre di fama o di interesse mondiale abbiano ormai validissimi epigoni a livello locale degni al punto di potersi permettere un confronto qualitativo di questo genere. Le IPA di Alder e Ritual Lab possono tranquillamente competere con i migliori esempi USA, le basse fermentazioni di Elvo e Birrificio Italiano non hanno nulla da invidiare ai rinomati produttori franconi, le birre di Nicola Nix Grande o di Maltus Faber se la giocano alla pari coi big belgi e così via. Queste le regole. Due birre della stessa tipologia, una internazionale, di un certo prestigio e riconoscibilità, e una italiana. Le due vanno degustate contemporaneamente, analizzando, valutando e mettendo a confronto le componenti tipiche sulle quali si basa normalmente l’analisi organolettica: aspetto visivo, aromatico, gustativo, sensazioni boccali e giudizio complessivo. Per i punteggi utilizzeremo il metodo BJCP, in cinquantesimi, che mette a disposizione un massimo di 3 punti per l’aspetto, 12 per l’aroma, 20 per il gusto, 5 per il “mouthfeel” e 10 per la valutazione globale.
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Ora entriamo nel vivo del confronto
Aardmonnik è uno dei primi e maggiori capolavori di De Struise, birrificio delle Fiandre Belghe, uno degli ultimi produttori di livello mondiale espressi da una nazione da sempre cardine, da un punto di vista birrario, ma ultimamente un po’ in declino. A inizio millennio il suo carattere acidulo e vinoso, ottenuto grazie a lunghi affinamenti in botti provenienti dalla Borgogna, unito a un approccio muscolare e moderno, colpì molto sia i vecchi bevitori sia i nuovi appassionati e contribuì a imporre questo birrificio e a cementarne un ruolo di culto internazionale che tutt’ora, seppure con alti e bassi, detiene. Dama Brun-a, da notare il solito trattino, tipico dei nomi scelti da Valter Loverier e incomprensibile per chiunque non sia piemontese da almeno tre generazioni, è tra le prime e più riuscite creazioni di Loverbeer. Anche in questo caso siamo di fronte a un produttore relativamente giovane ma immediatamente affermatosi come uno dei più interessanti e originali del settore, grazie a un uso virtuoso delle maturazioni in legno e a produzioni che perseguono il perfetto matrimonio alchemico tra il mondo brassicolo e quello vinicolo, spesso riuscendo nell’intento. È paradossale che Loverier abbia preferito affrancare le sue birre da ogni riferimento allo stile “Italian Grape Ale”, suggerendo che non ne rispecchierebbero la tipologia... per chi scrive, l’attinenza di alcune di queste è invece fuor di dubbio.
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Aspetto visivo
Aardmonnik Poca schiuma evanescente con un contorno aureolato che permane nel bicchiere
Color mogano con riflessi rubino
Punteggio Dama Brun-a
2,5/3 Schiuma appena accennata che scompare immediatamente
Color ambrato virato verso l’arancio carico
Aspetto opalescente
Aroma Molto intenso ed estremamente complesso 11/12 Intensità media, abbastanza complesso
Predominano sentori terrosi, di sottobosco, funghi porcini, tartufo bianco, muschio bagnato
In seconda battuta l’aroma si indirizza verso la salsa di soia
Gusto
Sensazioni boccali Infine frutti di bosco, mirtilli, more, ribes Il mix di aromi può ricordare un Barolo chinato
Il gusto è molto intenso e prevalentemente acidulo con un lieve amarognolo di fondo
L’assaggio si rivela di forte impatto, tagliente, ma decisamente meno complesso del previsto Il retrogusto riporta i sentori di soia, ma molto smorzati dall’aggressività acida della bevuta Corpo medio; permane ancora un pizzico di frizzantezza residua, apprezzabile; astringenza 15/20
3,5/5
Giudizio complessivo Meravigliosa come profumi, davvero di grande impatto 8/10 Leggermente sottotono rispetto a precedenti esperienze
Totale Il gusto invece lascia leggermente insoddisfatti perché decisamente meno complesso Gli amanti delle acidità importanti apprezzeranno comunque
40/50 Aspetto opalescente
Aroma delicato di vino rosé
Frutti di bosco, scorza d’arancio e mandarino
Sottostante si avverte una leggera speziatura Qualche leggero off-flavor che ricorda l’umidità da cantina
Il gusto è di intensità media, acidula e vinosa con un pizzico di dolcezza
L’assaggio è abbastanza elegante ma non particolarmente complesso
Il retrolfatto è speziato e delicatamente fruttato, il finale decisamente citrico
Corpo tra esile e medio, sapidità evidente; frizzantezza del tutto assente
Birra di qualità ma, stavolta, non esalta né per eleganza né per carattere
La bevibilità è comunque apprezzabile
Punteggio Confronto
2,5/3 La schiuma è un ricordo per entrambe
8,5/12 L’aspetto è assai diverso, soprattutto il colore (Aardmonnik decisamente più scura) Nessuna delle due prevale nettamente, da un punto di vista visivo La Dama Brun-a, forse non nella sua forma migliore, presenta comunque aromi piacevoli La birra di Struise, però, stupisce con profumi particolarissimi di grande impatto ed eleganza Sia come intensità sia, soprattutto, per complessità, Aardmonnik prevale nettamente
16/20
4/5
7/10 La Dama Brun-a, pur senza esaltare, convince di più, rispecchiando al gusto i sentori olfattivi
Aardmonnik invece non mantiene le promesse e difetta di complessità
Come potenza si impone la birra belga, ma Dama Brun-a si fa preferire per eleganza
Entrambe presentano una struttura adeguata, con qualche piccola differenza
Confronto serrato tra due birre comunque piuttosto diverse, entrambe con pregi e limiti
Alla fine l’impatto aromatico ci fa preferire, di poco, la belga
38/50
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Tornando a noi, pur nel rispetto dello spirito giocoso dell’articolo, si tratta di birre comunque diverse: ha senso una loro degustazione comparativa? A mio parere sì. Lo stile di riferimento, per entrambe, è quello delle Oud Bruin delle Fiandre. Birre di colore ambrato-scuro e gradazione medio alta, maturano in botti di rovere acquisendo un carattere acidulo e vinoso che ne contrasta la dolcezza e che le caratterizza, donando loro un carattere ben riconoscibile. La gradazione alcolica è intorno agli 8 gradi (leggermente più forte la Dama Brun-a: 8,4%). Anche come invecchiamento ci siamo: la birra belga è una “vintage 2013” ma, considerando chec viene lasciata maturare ben cinque anni prima di essere imbottigliata, risulta del 2018, come pure quella italiana. Valutando che un possibile apice gustativo per questa tipologia di birra si possa situare intorno ai 3-5 anni di bottiglia, entrambe le birre sono pronte per essere bevute, sebbene forse non ancora all’apice. Insomma, si prospetta un confronto serrato e apertissimo: vediamo com’è andata a finire. P.S. E l’abbinamento con cotechino e lenticchie? Alla fine mi è sembrato appropriato: l’acidità dello stile birrario ben si presta a “pulire” la succosità dell’insaccato e il carattere e l’importanza di entrambe le contendenti si sono rivelati adeguati al compito. Da questo punto di vista, direi un buon pareggio! ★
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