Igiene Alimenti n.3/2019 - Rivista Ufficiale Ordine Tecnologi alimentari

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Igiene Alimenti N°3 GIUGNO 2019

TRACCIABILITÀ BIMESTRALE – EDITORE QUINE Srl – 20141 MILANO – VIA G. SPADOLINI, 7 ISSN 1721-5366

al tempo della blockchain

FOOD SAFETY I RISULTATI DELL’INDAGINE EFSA Quali sono le preoccupazioni maggiori del consumatore italiano in tema di sicurezza alimentare?

IMPIANTI E PROCESSI FILIERA OLEARIA DALLA MOLA AGLI ULTRASUONI Innovazioni per migliorare l’efficienza economica e differenziare il prodotto

TECNOLOGIE CARNI E DERIVATI: IL CASO DEL SALAME Come standardizzare i processi grazie alle tecnologie analitiche indirette


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Omnia Labor, proprio come il coltello da cuoco, è lo strumento indispensabile in cucina che assicura assorbenza, resistenza e continuità di servizio, riducendo il consumo eccessivo di carta e l’impatto ambientale.


PROFESSIONE

Comunicare per creare un cambiamento culturale

E

ssere un tecnologo alimentare oggi significa avere un impattante ruolo sociale e avere una responsabilità etica nei confronti degli alimenti che arrivano sulle tavole dei consumatori. I media oggi pongono la visione del settore con modalità completamente antitetiche. Da una parte gli chef al momento sono, e forse lo saranno ancora per qualche anno, i guru dell’alimentazione nonostante propongano piatti che non sono proprio “light”, in controtendenza con l’altro trend che è quello dello stile di vita salutare, degli alimenti possibilmente biologici, “privi di”, di origine italiana. All’interno di questa complessità di messaggi, il consumatore è sempre più autodidatta e confuso e ha sempre meno senso critico. Anzi, non si fida del vero esperto dal punto di vista scientifico in materia. Un bravo comunicatore sul web riesce a farsi una reputazione sociale “non reale”, mentre chi ha un vero ruolo operativo nel sociale non viene percepito. È il limite dei bravi tecnici e professionisti, che spesso sottostimano l’importanza della comunicazione. La nostra figura professionale è bene che comprenda questi meccanismi se vuol contribuire a un’efficace ed efficiente educazione alimentare. Non basta rivolgerci alle aziende private e pubbliche: sono i consumatori che – grazie al nostro contributo – devono riacquisire fiducia e conoscenza di ciò che mangiano. Le nuove sfide e tendenze su cui dobbiamo impegnarci sono la lotta allo spreco alimentare, da attuare nelle aziende e da suggerire anche ai consumatori. Dovremmo impegnarci a comprendere le cause radice dei pericoli alimentari, ovvero le fonti di inquinamento. Anche qui, il nostro ruolo diviene sociale: non solo dobbiamo controllare e intervenire sulla sicurezza alimentare, ma dobbiamo anche incentivare comportamenti civici e responsabili nei consumatori. La sostenibilità in questo momento viene percepita soprattutto nel packaging da fonti sostenibili, ma dobbiamo conoscere quali siano questi nuovi materiali e dobbiamo garantire che la shelf life venga mantenuta. Il settore richiede alimenti sempre più scarni di additivi di origine non naturale, ma al contempo dobbiamo assicurare qualità organolettica e durabilità. Da un punto di vista sociale, dovremmo imparare a comunicare al consumatore che con queste richieste le scadenze si abbreviano e, forse, anche le catene distributive, forti di una strategia comunicativa molto efficace, inizieranno a essere meno esigenti sulle lunghe shelf life e potrebbero imparare in primis a conservare bene i prodotti e minimizzare gli sprechi. Questi sono tutti spunti di riflessione su cui noi tecnologi dobbiamo confrontarci e riflettere.

Le tre sfide del tecnologo alimentare: comunicazione, sostenibilità e lotta allo spreco

SERENA PIRONI

Segretario del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari Referente della commissione comunicazione

Giugno 2019  Igiene Alimenti

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Igiene Alimenti

GIUGNO 2019

IN QUESTO NUMERO...

PROFESSIONE Comunicare per creare un cambiamento culturale di Serena Pironi

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INSIGHT Governare le sfide del mercato globale di Massimo Artorige Giubilesi

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INGRANDIMENTI Un’emergenza sempre all’ordine del giorno di Erasmo Neviani

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OLTRECONFINE Medicina OneHealth per vincere le sfide di salute globale di Giancarlo Belluzzi

8

ASSOCIAZIONE DI SETTORE

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Imballaggio flessibile: obiettivo sostenibilità

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DIRITTO ALIMENTARE Residui di farmaci veterinari nei prodotti alimentari di Chiara Marinuzzi 12

ATTUALITÀ/FOOD SAFETY Sicurezza alimentare e percezione del rischio. Tutti i risultati dell’indagine Efsa di Vanessa Martina

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INCHIESTA Una blockchain per l’agroalimentare di Francesca De Vecchi

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IMPIANTI E PROCESSI/FILIERA OLEARIA Dalla mola agli ultrasuoni: evoluzione e futuro delle tecnologie olearie di Marco Montemurro

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CONTROLLO E TECNOLOGIE/SALUMI Standardizzare i processi: tecnologie produttive e analitiche di Laura Scafuri

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SICUREZZA/FOOD SERVICE &RISTORAZIONE Rintracciabilità: obblighi e adempimenti. Q&A per le microimprese e la ristorazione di Roberta De Noia

Direttore Responsabile Giorgio Albonetti

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PEST MANAGEMENT Misurare i risultati di un intervento di pest management di Francesco Fiorente

Direttore Scientifico Massimo Artorige Giubilesi

Coordinamento editoriale Chiara Scelsi c.scelsi@lswr.it Publisher Marco Zani

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APPUNTAMENTI

Traffico Donatella Tardini - d.tardini@lswr.it Tel. 02 88184.292 Ilaria Tandoi - i.tandoi@lswr.it Tel. 02 88184.294 ABBONAMENTI Tel. 02 88184.317 - Fax 02 70057190 abbonamenti@quine.it www.igiene-alimenti.it Costo copia singola: € 2,80 Abbonamento annuale Italia: € 40,00 Abbonamento annuale Europa: € 80,00

Produzione Walter Castiglione w.castiglione@lswr.it

Stampa Aziende Grafiche Printing Srl Via Milano 3/5 20068 Peschiera Borromeo (MI) Quine Srl

Metodi rapidi di analisi: il Convegno a settembre

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PRODOTTI E SOLUZIONI

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NEWS/DAL MONDO

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Igiene Alimenti - Bimestrale Rivista ufficiale del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 510 del 29-10-1983 Iscrizione al ROC n. 23531 dal 6 Maggio 2013 Tutti gli articoli pubblicati su Igiene Alimenti sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La pubblicazione o la ristampa degli articoli deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi dell’art. 13 del Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati Personali 679/2016 di seguito GDPR, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente, sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dal GDPR. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Quine Srl intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Quine Srl, Via Spadolini 7 - 20141, Milano, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs. 196/03.

Tiratura media 2018: 2682 Diffusione media 2018: 2563

RASSEGNA Normativa agroalimentare A cura di La Tribuna

Pubblicità Stefano Busconi - dircom@lswr.it Tel. 0288184.404

Comitato tecnico scientifico Giancarlo Belluzzi, Vincenzo Bozzetti, Francesco Fiorente, Gaetano Forte, Luciano Negri, Erasmo Neviani, Serena Pironi, Daniele Roseghini

INTERVISTA AL TECNOLOGO Una libera professione vissuta al servizio della Gdo di Maurizio Pedrini

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Società di revisione Refimi

INSERZIONISTI

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EKOMMERCE

pag. 55

NEWPHARM

pag. 43

IND. CELTEX

II Copertina

ORMA

CONTROVENTO

INVITALTY

III Copertina

RBIOPHARM

pag. 35

KAIROSAFE

IV Copertina

REFLEXX

pag. 15

Un tweet e l’uragano di Lorenz di Vincenzo Bozzetti

MOUSE

Giugno 2019  Igiene Alimenti

pag. 7

pag. 41, 59

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Gaetano Forte

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L’autore

Gaetano Forte, titolare dell’omonimo studio legale, specializzato in diritto penale d’impresa, con peculiare riguardo per il contenzioso in materia di diritto agroalimentare.

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INSIGHT

Governare le sfide del mercato globale

L

e nuove conoscenze nelle scienze e tecnologie alimentari hanno generato un impulso nella ricerca e sviluppo di prodotti innovativi, funzionali e sostenibili, anche in risposta delle mutate esigenze dei consumatori. Il processo di espansione si riflette nello sfruttamento delle risorse naturali creando incertezze nelle metodologie analitiche e nelle attività di controllo, in quanto non è sempre possibile prevedere, prevenire e verificare eventuali effetti collaterali dovuti alla globalizzazione dei mercati. Il volume annuale degli scambi commerciali alimentari mondiali è stimato in circa 420 Mld di euro, al quale va aggiunto anche il volume generato dalla ristorazione (catering e retail) per circa 210 Mld di euro (FAO, Deloitte, Sole24Ore). Un mercato globale enorme che deve essere governato dai produttori, supportato dai consulenti e controllato dall’Autorità Competente. Diventa indispensabile che in questa complessa catena distributiva globale “from farm to fork, from stable to table”, il cibo mantenga il più possibile la propria identità, qualità merceologica e sicurezza igienica per garantire fiducia ai consumatori e tutelare la loro salute. Il tutto supervisionato da veri esperti che il cibo lo capiscono davvero. Questo contesto di complessità tecnico-scientifica-legislativa richiede un dialogo dinamico e competente tra gli stakeholder (imprese, università, esperti, autorità competente, associazioni di categoria, consumatori, media), nel quale i Tecnologi Alimentari possono fare la differenza, al servizio del pubblico interesse. La nostra professione può costituire un punto di riferimento autorevole per la “global food chain”, perché rappresenta l’interfaccia tra i vari livelli della filiera alimentare (import-export, produzione, trasformazione, distribuzione, ristorazione, ospitalità), soprattutto al fianco delle PMI che hanno bisogno di essere supportate con lo sviluppo delle competenze per riqualificare processi e prodotti e competere sui mercati internazionali. I Tecnologi Alimentari devono essere consapevoli dei valori che esprimono e le Istituzioni devono avvalersi di competenze autorevoli per contribuire al cambiamento culturale del settore per governare le sfide attuali e future.

Nel dialogo dinamico e competente i Tecnologi Alimentari fanno la differenza

MASSIMO ARTORIGE GIUBILESI Presidente Ordine dei Tecnologi Alimentari Lombardia e Liguria

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INGRANDIMENTI

Un’emergenza sempre all’ordine del giorno

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a capacità di sopravvivenza e sviluppo di una specie microbica in un dato ecosistema è definita dalle caratteristiche specifiche del microrganismo e dalle sue capacità di adattarsi per sopravvivere. In questa attitudine risiede buona parte del “segreto” della forza del mondo microbico. Da tempo, molteplici evidenze scientifiche segnalano il costante incremento della presenza nell’ambiente di microrganismi portatori di geni che codificano la resistenza agli antibiotici. Come conseguenza, è sempre più frequente il rinvenimento nell’ambiente di batteri in grado di sviluppare infezioni nell’uomo non più risolvibili con i tradizionali medicinali a nostra disposizione. Molto si è discusso in merito alle cause di questo fenomeno, che nella maggior parte dei casi è stato collegato all’impiego non controllato di antibiotici in campi non solo clinici, come ad esempio in agricoltura e/o zootecnia a fini auxinici, che in passato ha favorito la diffusione di queste molecole nell’ambiente. La naturale conseguenza è stata l’insorgere di batteri sempre più resistenti a una o più tipologie di queste molecole, fino a selezionare alcuni ceppi resistenti a tutti gli antibiotici al momento a nostra disposizione. Rispetto a questi microrganismi siamo allo stato attuale totalmente indifesi. Geni di batteri in grado di resistere ad alcuni tra i più potenti antibiotici sono stati recentemente rinvenuti perfino in isolati batterici provenienti da ecosistemi estremi e molto lontani geograficamente dalle zone della Terra maggiormente abitate (Science News. Jan 27, 2019). Si tratta purtroppo di una lunga serie di conferme di come la resistenza batterica agli antibiotici sia divenuta un problema mondiale con il quale è sempre più urgente confrontarsi. Le proiezioni più realistiche da parte di epidemiologi esperti presentano il fenomeno come grave emergenza per il futuro, con scenari preoccupanti in termini di numero di potenziali casi di infezioni non più curabili. Il cibo rappresenta un veicolo quotidiano del contatto tra microrganismi e uomo. Pertanto, anche le filiere di produzione degli alimenti devono prendere coscienza del problema e cominciare a creare accurate e opportune contromisure. È urgente sviluppare nuove idee al fine di individuare le soluzioni possibili.

L’antibioticoresistenza è un fenomeno mondiale dagli scenari sempre più preoccupanti

ERASMO NEVIANI

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OLTRECONFINE

Medicina OneHealth per vincere le sfide di salute globale

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a MERS-CoV (ovvero Sindrome Respiratoria Medio Orientale da CoronaVirus) è una malattia altamente contagiosa: causata da un virus, si trasmette da animale a uomo, ma anche tra individuo e individuo. La convivenza tra uomo e animale è la causa classica di trasmissione della malattia, ma anche la trasmissione interumana e il cibo contaminato sono altrettanti esempi di invasione del virus nella comunità civile, specie in quei Paesi ove è una delle più pericolose ma-

SINDROME RESPIRATORIA MEDIO ORIENTALE DA CORONAVIRUS La MERS-CoV è altamente pericolosa per l’uomo, ed è combattuta in Medio-oriente attraverso una stretta collaborazione tra le due medicine, animale e umana. La collaborazione tra medici umani e veterinari anche in questo caso è fondamentale. Il caso dell’Arabia Saudita è un buon esempio per rafforzare il concetto OneHealth.

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lattie a causa della convivenza molto stretta tra soggetti infetti e delle pratiche igieniche scarse o assenti, perché sconosciute. In Arabia Saudita, ad esempio, la malattia è percepita come una grave minaccia al sistema sanitario, in particolare in certi periodi dell’anno in cui la convivenza uomo-animale è pratica consueta. Ma facciamo un passo indietro per spiegarne i motivi. I Paesi storicamente più colpiti sono quelli dell’area medio-orientale (Etiopia, Egitto, Bahrain, Giordania, Kuwait, Qatar, Oman, Territori Occupati Palestinesi, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi Uniti e Yemen) ma non è una malattia circoscrivibile solo a quella zona se il paziente si sposta in altri Paesi. Le ricerche di questi ultimi anni hanno dimostrato che l’animale più sensibile sono il cammello e il dromedario. Dal settembre 2012 (data da cui è partita ufficialmente la campagna di eradicazione dalla malattia) sono stati notificati all’OMS 2.428 focolai di malattia e 838 è il numero delle persone decedute tra la popolazione dei 27 paesi che han-

no raccolto le segnalazioni. Tuttavia, alcuni decessi sono stati notificati anche in Asia e persino in Nord-America a dimostrazione che il virus viaggia “sulle gambe” delle persone, allargando la fascia ad altre aree di contagio.

Il caso dell’Arabia Saudita L’Arabia Saudita è il paese che più risente di questa malattia animale-uomo: le condizioni sociali di quell’area spiegano bene questo fenomeno. Da una trentina d’anni le indagini epidemiologiche e le ricerche di laboratorio hanno dimostrato da tempo la diffusione endemica del virus. Questo paese però sta facendo grossi passi in avanti, anche a fronte delle grandi difficoltà che storicamente rappresentano il tallone d’Achille della zona. In questi ultimi due anni i Sauditi hanno intrapreso una lotta al virus ancor più decisa. Il monarca Salman e suo figlio, Mohamed Bin Salman, in particolare, hanno lanciato un piano di rinnovamento globale del paese che va sotto il nome di Vision2030. Questa mastodontica iniziativa coinvolge anche la medicina,

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di Giancarlo Belluzzi Medico Veterinario

L’APPROCCIO ONEHEALTH

In Arabia Saudita lo stretto contatto tra uomo e animale - unitamente alle scarse condizioni igieniche - è la principale causa di trasmissione del virus della MERS-CoV

umana e veterinaria, unitamente ad una rivoluzione agraria di dovuto rispetto. I numeri di questo rinnovamento sono quasi incomprensibili per chi è abituato alle nostre dimensioni: nel giro di dodici anni, il paese vedrà un massiccio ricorso a moderni investimenti, diretti a cambiare l’indirizzo quasi esclusivamente petrolifero dell’economia - l’Arabia detiene il secondo posto al mondo per giacimenti di oro nero - e avviare una serie di grandi iniziative sociali, energetiche (è programmato un deciso orientamento all’eolico e al solare), e agroalimentari a favore di un cambiamento radicale di ancestrali abitudini. Per far fronte ai diminuiti introiti odierni del petrolio i Sauditi intendono anche aprire il territorio ad un contatto più aperto con il resto del mondo, reindirizzando anche la politica sanitaria. Per quest’ultimo aspetto il progetto prevede tre maxi iniziative: la fondazione di un’attrattiva e grande area turistica sul mar Rosso, puntando alla presenza annuale di una ventina di milioni di turisti; un richiamo a triplicare il numero attuale di migranti religiosi nelle due città sante del paese (Mecca

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e Medina), che oggi si aggira sugli 8 milioni di pellegrini all’anno, di cui un paio in quello agostano dell’Hajj; rendere più sicura la stabilità sanitaria dell’intero popolo arabo, fugando i timori di chi si reca in quella zona.

Il cambiamento passa dalla sicurezza alimentare Per questo massiccio movimento di persone servono però servizi sicuri e soprattutto cibo igienicamente più sicuro. Quest’ultimo richiamo non è superfluo. In quell’area sono ancora largamente praticate pastorizia e nomadismo. Un milione di dromedari, ad esempio, è il patrimonio animale di intere tribù ma anche di piccoli e medi agricoltori che utilizzano questi animali per il traino e per il sostentamento alimentare di latte e carne. Quasi sempre il latte viene consumato quotidianamente senza bollitura preventiva, anche in virtù di salutistiche credenze popolari, mentre le carni dell’animale macellato vengono solo velocemente e parzialmente abbrustolite. Queste pratiche favoriscono il disseminio e la trasmissione del virus.

One Health riconosce come la salute degli esseri umani sia legata alla salute degli animali e dell’ambiente. Più che un nuovo concetto, si tratta di un approccio che sta rapidamente diventando un movimento internazionale basato su collaborazioni intersettoriali e formalmente riconosciuto dalla Commissione Europea, dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, da CDC, Banca Mondiale, OMS, FAO, Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE), diversi istituti di ricerca, ONG e molti altri. One Health - riconoscendo che la salute delle persone, degli animali e gli ecosistemi sono interconnessi - promuove l’applicazione di un approccio collaborativo, multidisciplinare, intersettoriale e coordinato per affrontare i rischi potenziali o già esistenti che hanno origine dall’interfaccia tra ambiente animaliecosistemi umani.

In questo scenario Arabia Saudita e FAO stanno mettendo in atto misure strategiche di lotta alla trasmissione della MERS-CoV, con l’intento di debellare o contenere al massimo questa malattia, puntando a raggiungere un risultato accettabile in meno dei prossimi dieci anni. Oltre all’eradicazione zootecnica del virus il progetto prevede la formazione di “distretti” sanitari di medici e veterinari per educare la popolazione alla corretta igiene nella preparazione del cibo e al contatto con l’animale che sia rispettoso dei criteri di igiene e salubrità ormai assodati in tutto il mondo.

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ASSOCIAZIONE DI SETTORE

Imballaggio flessibile:obiettivo sostenibilità

Italo Vailati, Segretario generale di Giflex

G

iflex è l’associazione che raggruppa i produttori di imballaggi flessibili stampati in rotocalco e in flessografia, destinati al confezionamento di prodotti alimentari, farmaceutici, chimici e ad altre applicazioni industriali. Un settore in ottima salute con obiettivi importanti per i prossimi anni, come ci racconta il Segretario Generale Italo Vailati. «Il 2018 ha registrato per il settore l’ennesima crescita: +3% circa in volume e fatturato (2018, rilevazione su base statistica)- spiega Vailati - Che sia un com-

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parto in controtendenza è dimostrato anche dal fatto che negli ultimi 10 anni ha aumentato con una progressione del 3%/anno il livello di addetti. Del resto, circa il 46% delle confezioni di imballaggio alimentare (tolte le bevande in bottiglia) è fatta di imballaggi flessibili e il food rappresenta l’80% circa dei volumi venduti. Più del 50% dei volumi prodotti dalle aziende produttrici associate vengono esportati e molte aziende italiane aprono stabilimenti all’estero per servire direttamente i mercati locali, mentre l’importazione di packaging flessibile è marginale».

I motivi del successo? Dipendono dalle prestazioni che questa tipologia di packaging garantisce. È quello che in assoluto pesa meno di tutti a parità di materiale usato per confezionare la maggior quantità fissa di alimento. La leggerezza poi porta ad una serie di vantaggi in termini di trasporto e quantità usata. Si può quindi citare un aspetto di sostenibilità non indifferente perché è una produzione che usa meno

energie e ha minor impatto in termini di emissioni di gas serra. Oggi le richieste del mercato sono orientate a soluzioni che siano del tutto riciclabili e con polimeri da risorse rinnovabili, piuttosto che biodegradabili e compostabili. Probabilmente perché i “nuovi” materiali biodegradabili ancora non hanno le prestazioni tecniche necessarie alle esigenze del mercato - a livello per esempio di resistenza ai trattamenti termici o proprietà barriera - e hanno ancora costi alti, che solo pochi prodotti possono sopportare.

Gli aspetti di sostenibilità sono fondamentali però… Sono importantissimi, ma bisogna affrontarli in modo razionale e la comunicazione corretta è cruciale. Stiamo assistendo a un’onda emozionale molto forte. È fuor di dubbio che il mare e l’ambiente siano devastati dalla plastica per colpa dell’uomo, ma dopo la presa d’atto è d’obbligo capire e applicarsi per evitare che succeda di nuovo. La nuova direttiva sulla plastiche single use non vieterà l’imballaggio flessibile (quello per le me-

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TTI

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zione

INCREMENTO OCCUPAZIONE

a cura della Redazione

+1,8%

6.000

85% +1,8%

ADDETTI

INCREMENTO OCCUPAZIONE

6.000

INCREMENTO OCCUPAZIONE

ADDETTI

PRODUZIONE ITALIANA IMBALLAGGI FLESSIBILI NEGLI ULTIMI 3 ANNI

STRUTTURA ORGANIZZATIVA

7.200

55%COMITATO

DESTINATO ALL’ESPORTAZIONE

ADDETTI

+1,8% 85%

350.000 TON

NEGLI ULTIMI 3 ANNI PRODUZIONE AZIENDE ITALIANA ASSOCIATE IMBALLAGGI FLESSIBILI

55%

della produzione

320.000 TON

della produzione

ESECUTIVO

DESTINATO FATTURATO OLTRE ALL’ESPORTAZIONE

50%

2 MLD €

DESTINATO ALL’ESPORTAZIONE

della produzione

DESTINATO ALL’ESPORTAZIONE

FATTURATO OLTRE

2 MLD €

SOCI TRASFORMATORI

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SOCI TRASFORMATORI

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AZIENDE NAZIONALI E AZIENDE MULTINAZIONALI

ASSOCIATE

SOCI SIMPATIZZANTI

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AZIENDE NAZIONALI E MULTINAZIONALI

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IMBALLAGGI SOCI FLESSIBILI STAMPATI

NEGLI ULTIMI 3 ANNI

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AZIENDE NAZIONALI E MULTINAZIONALI

AZIENDE

SIMPATIZZANTI ASSOCIATE

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AZIENDE NAZIONALI E MULTINAZIONALI

SOCI TRASFORMATORI

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IMBALLAGGI AZIENDE NAZIONALI E FLESSIBILI MULTINAZIONALI STAMPATI

87

AZIENDE ASSOCIATE

SOCI SIMPATIZZANTI

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AZIENDE NAZIONALI E MATERIE PRIME MULTINAZIONALI MACCHINE DI TRASFORMAZIONE ACCESSORI E SERVIZI

IMBALLAGGI FLESSIBILI STAMPATI

COMITATO TECNICO SOCI TRASFORMATORI

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AZIENDE NAZIONA MULTINAZIONALI

50

AZIENDE NAZIONA MULTINAZIONALI

COMITATO SOCI SIMPATIZZANTI MARKETING COMITATO SOSTENIBILITÀ

MATERIE PRIME MACCHINE DI TRASFORMAZIONE ACCESSORI E SERVIZI

MATERIE PRIME MACCHINE DI TRASFORMAZIONE ACCESSORI E SERVIZI

L’IMBALLAGGIO FLESSIBILE

I NUMERI DEL SETTORE

È ottenuto mediante la trasformazione di materiali sottili a base di film plastici, carta, cellulosa e fogli sottili d’alluminio che vengono usati per formare imballaggi primari e/o secondari. La scelta dei materiali è determinata in funzione delle proprietà e delle esigenze specifiche dell’imballaggio, con particolare riferimento alla deperibilità e alla shelf life del prodotto.

Giflex conta 39 aziende produttrici di imballaggi flessibili stampati (nazionali e multinazionali, con stabilimenti in Italia) che rappresentano l’80-85% della produzione nazionale e 56 aziende fornitrici, italiane e multinazionali che forniscono materie prime, macchine di trasformazione, accessori e servizi per l’industria dell’imballaggio flessibile.

rendine per esempio) ma estenderà giustamente la responsabilità ai produttori: oltre ai contributi per la raccolta (che assolviamo con Corepla), i produttori pagheranno anche per la pulizia dei mari e le campagne di sensibilizzazione.

È fondamentale quindi l’aspetto del fine-vita… Sì, certamente. La volontà è quella di studiare le soluzione migliori in ottica di sostenibilità: semplificazione delle strutture, possibilità di sostituire il poliaccoppiato con monomateriale eventualmente usando vernici e coating particolari che possano garantire le stesse proprietà. La scelta di combinare gli strati di materiale ad oggi è necessaria per

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assicurare certe prestazioni (resistenza ai trattamenti termici, barriera, rigidità meccanica). L’Oscar dell’Imballaggio, per esempio, quest’anno è stato vinto da una soluzione di imballaggio flessibile monomateriale, al posto di un accoppiato a tre strati per il confezionamento del caffè (prodotto dell’azienda Goglio).

Cosa state facendo concretamente su questo versante come associazione di categoria? Il messaggio che Giflex sta dando è che il packaging flessibile deve andare nella raccolta differenziata secondo il criterio del materiale prevalente (e non quindi andare in discarica). Stiamo in-

vestendo molto in una comunicazione corretta, orientata maggiormente verso clienti istituzionali e autorità. Abbiamo creato un Comitato Sostenibilità che si occupa solo di questi aspetti. E poi appoggiamo Ceflex (Circular Economy for Flexible Packaging), un consorzio europeo di aziende della filiera dell’imballaggio flessibile nato con lo scopo di trovare soluzioni e risultati per il finevita, aumentare la quota di riciclo di film plastici anche attraverso lo sviluppo delle infrastrutture di raccolta sul territorio. Pensiamo debba crescere la cultura del settore. Il mercato deve reagire e recepire le soluzioni innovative e i produttori devono impegnarsi a trovare soluzioni efficaci.

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DIRITTO ALIMENTARE

Residui di farmaci veterinari nei prodotti di origine animale

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a presenza di sostanze illecite nei prodotti di origine animale è un fatto che potrebbe avere anche rilevanza penale. In relazione alle modalità e alla gravità del fatto possono essere contestati: l’art. 440 (Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari), l’art. 442 (Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate) e l’art. 444 (Commercio di sostanze alimentari nocive) del codice penale. Altra violazione di rilevanza penale – frequentemente applicata – è prevista dall’art. 5 della legge 283/62, che punisce la produzione e commercializzazione di sostanze alimentari private, anche in parte, degli elementi nutritivi, mescolate a sostanze di qualità inferiore, trattate in modo da variarne la composizione naturale (lett. a) o nocive (lett. d). Inoltre, il trattamento illecito degli animali o la presenza di residui potrebbe essere considerato anche una forma di frode, per cui non si può escludere anche la contestazione del reato – di cui all’art. 516 del codice penale – che punisce la “vendita di so-

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stanze non genuine come genuine” (che è altresì reato presupposto della sanzione amministrativa ex art. 25-bis.1 del D.lgs. 231/01 avente a oggetto la responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato). Oltre che nei regolamenti comunitari che definiscono i limiti di residui ammessi, le disposizioni tecniche che regolano la materia sono rinvenibili nel D.lgs 16 marzo 2006, n. 158 che vieta l’utilizzo di sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze ß-agoniste nelle produzioni animali e reca le misure di controllo su talune sostanze, sui loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti, il quale peraltro è corredato da specifiche sanzioni amministrative pecuniarie. Nell’articolo 14, inoltre, si legge che i responsabili degli stabilimenti di macellazione e di prima trasformazione di prodotti di origine animale devono adottare un piano di autocontrollo aziendale al fine di: a) accettare, nel corso di forniture dirette o tramite un intermediario, soltanto gli animali per i quali l’allevatore ab-

bia garantito che i tempi di sospensione siano stati rispettati; b) accertare che gli animali d’ingrasso introdotti nello stabilimento non contengano residui superiori ai limiti massimi consentiti e che non siano stati trattati con sostanze o prodotti non autorizzati; c) assicurarsi che nello stabilimento vengano introdotti solo prodotti di origine animale che non contengano residui superiori ai limiti massimi consentiti e non presentino alcuna traccia di sostanze o di prodotti non autorizzati. Gli allevatori e i responsabili degli stabilimenti di macellazione e di prima trasformazione possono commercializzare soltanto: “a) animali ai quali non siano stati somministrati sostanze o prodotti non autorizzati, ovvero che non siano stati oggetto di un trattamento illecito; b) animali per i quali, in caso di somministrazione di sostanze o prodotti autorizzati, sia stato rispettato il periodo di sospensione prescritto;

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di Avv. Chiara Marinuzzi Studio Legale Avv. Gaetano Forte Diritto penale agroalimentare e sicurezza alimentare

c) prodotti provenienti dagli animali di cui alle lettere a) e b)”. Tale specifica disposizione in esame è corredata da una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.329 euro a 61.974 euro.

Un caso concreto Con sentenza del 14 gennaio 2019 il Tribunale penale di merito ha assolto per insussistenza del fatto i legali rappresentanti di due aziende cui era stato contestato l’art. 5 lett. a) della Legge n. 283 del 1962 in relazione alla presenza, nelle carni rinvenute nel macello, di un sostanza non ammessa. Le argomentazioni difensive si sono articolate sui seguenti livelli:

Le metodiche di prelievo Il primo elemento posto all’attenzione del giudice è stato il mancato rispetto delle metodiche di prelievo, connesse al fatto che l’autorità di controllo per il campionamento non avrebbe utilizzato provette sterili come prescritto dal PNR (vedi Box), ma comuni provette di plastica che l’azienda utilizza per altri tipi di prelievi e che quindi erano conservate senza specifici accorgimenti.

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Igiene Alimenti

IL PIANO NAZIONALE RESIDUI

Il controllo da parte delle autorità competenti avviene sulla base del Piano Nazionale per la ricerca di Residui (PNR) che – oltre a sorvegliare il processo di allevamento degli animali e di prima trasformazione dei prodotti di origine animale – mira a svelare i casi di somministrazione illecita di sostanze vietate, di somministrazione abusiva di sostanze autorizzate e verifica la conformità dei residui di medicinali veterinari, di antiparassitari nonché di agenti contaminanti per l’ambiente con i limiti massimi di residui o i tenori massimi fissati dalle normative comunitarie e nazionali. Il PNR si struttura tenendo conto delle prescrizioni del decreto legislativo 16 marzo 2006 n. 158 per quanto riguarda i livelli e le frequenze di campionamento e le procedure per il prelievo ufficiale e la gestione dei campioni. Definisce le specie e le categorie animali da sottoporre a campionamento, la categoria di residui o di sostanze da ricercare, le strategie di campionamento, i livelli e le frequenze di campionamento, secondo il dettato della normativa in vigore e le indicazioni della Commissione europea. Il documento viene elaborato annualmente dal Ministero della Salute – Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione – che si avvale della collaborazione delle Regioni e delle Province Autonome, dei Laboratori Nazionali di riferimento e degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali.

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DIRITTO ALIMENTARE

La non funzionalità della sostanza riscontrata

Le attività di controllo ufficiale e di autocontrollo aziendale

L’altro argomento aveva come oggetto il tipo di sostanza riscontrata che, secondo le consulenze tecniche svolte nel corso del giudizio, non presentava alcuna funzionalità sul prodotto finito. Inoltre, era stata rilevata in una concentrazione di poco superiore alla soglia di rilevabilità, che non avrebbe avuto alcuna giustificazione nemmeno per finalità terapeutiche.

Particolare rilievo è stato dato alle numerose analisi di controllo ufficiale, successive alla non conformità riscontrata, che le autorità di controllo avevano effettuato nella filiera e che avevano dato esito negativo; negative erano risultate anche tutte le analisi svolte nel corso dei due anni precedenti dalle autorità nell’ambito del PNR. Analogamente è stata po-

La sussistenza del fatto è stata esclusa per l’incapacità della sostanza riscontrata di incidere sull’effettiva composizione naturale del prodotto 14

Igiene Alimenti

Giugno 2019


sta l’attenzione sulla gestione del rischio chimico adottato dalle aziende e le intense attività di autocontrollo messe in atto dalle stesse, anche in relazione all’esistenza di specifici disciplinari di filiera sottoscritti con la grande distribuzione.

La sentenza Alla luce delle risultanze istruttorie il giudice emetteva sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, affermando che: “Non appare in discussione … che le provette utilizzate per il campionamento non fossero corrispondenti a quelle imposte dal PNR per garantire una elevata attendibilità alle analisi, essendo richiesto materiale sterile, in particolare vetro siliconato, laddove l’autorità competente [NDR] aveva utilizzato per il primo campionamento comuni provette di plastica, conservate senza tappo, quindi non sterili e comunque aperte a facili contaminazioni. Ma anche a voler tralasciare l’attendibilità dei risultati dei prelievi eseguiti…, sui cui pure forti dubbi sono stati sollevati, in considerazione dell’esito negativo delle successiva analisi eseguite tanto dalle autorità competenti [NDR] nel rispetto del PNR quanto dalle stesse analisi condotte in autocontrollo dalle società interessate”, la sussistenza del fatto è stata esclusa per l’incapacità della sostanza riscontrata di incidere sull’effettiva composizione naturale del prodotto, in ragione della sua ininfluenza sulla tipologia di animale oggetto di prelievo, oltre che per il quantitativo esiguo rinvenuto; elementi che hanno indotto a ritenere che “si sia trattato di una contaminazione accidentale, in ogni caso inidonea a integrare l’elemento materiale del reato contestato”.

Conclusioni La sentenza merita attenzione in quanto sottolinea l’importanza del rispetto delle norme sul campionamento e la loro incidenza sull’esito delle analisi, soprattutto a fronte dell’esistenza di normative o specifici piani di controllo che dettagliano le regole cui devono attenersi le autorità competenti. Sebbene tale aspetto, unitamente alla particolarità della sostanza ritrovata, sia stato considerato dirimente per escludere il fatto, non può sottacersi l’importanza a scopo difensivo delle attività di autocontrollo interno ai fini dell’esclusione di ogni profilo di colpevolezza.

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Igiene Alimenti

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ATTUALITÀ / FOOD SAFETY

Sicurezza alimentare e percezione del rischio Tutti i risultati dell’indagine Efsa

P

er gli italiani - e per gli europei - sono la provenienza e la sicurezza dei prodotti gli aspetti più importanti che vengono considerati nella scelta degli alimenti e per quasi un italiano su cinque (il 24%) è proprio la sicurezza a determinare la scelta dei prodotti, il 2% in più della media UE. Sono queste alcune delle tante informazioni emerse da un nuovo sondaggio Eurobarometro curato dall’Efsa, e sviluppato in collaborazione con gli Stati membri dell’UE per recepire nuovi punti di vista e garantire un contatto più ravvicinato con i cittadini.

Quanto sono interessati i cittadini ai temi della Food safety? Sembrerebbe molto visto che secondo i dati emersi la maggior parte degli europei (il 55%) dichiara un alto livello di conoscenza dei temi che riguardano la sicurezza alimentare e due terzi (66% UE / 61% IT) ha cambiato il proprio comportamento dopo aver ricevuto informazioni su un rischio alimentare. Per il 33% la variazione è stata permanente; per il

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restante 33% solo per un po’ di tempo. I cambiamenti nelle abitudini di consumo sono più comuni tra le donne, nelle fasce di mezza età e nei soggetti con livelli di istruzione più elevati. I fattori più importanti per gli europei nell’acquisto degli alimenti sono la provenienza (53% UE / 62% IT), il costo (51% UE / 37% IT), la sicurezza alimentare (50% UE / 61 IT) e il gusto (49% UE / 47% IT). Il contenuto nutrizionale è leggermente meno importante (44% UE / 42% IT), mentre etica e convinzioni personali sono al posto più basso (19% UE / 20% IT). Nel complesso il 41% degli intervistati UE dichiara di essere “interessato in prima persona al tema della sicurezza alimentare”, fra gli intervistati italiani il dato scende al 17%.

…e quanto sono preoccupati? Due europei su cinque (43% UE) e un italiano su due (50% IT) s’interessano attivamente alla sicurezza degli alimenti ma solo uno su cinque (22%

UE) in Europa e uno su quattro in Italia (24% IT) afferma di ritenerla la preoccupazione principale nello scegliere il cibo. Per la maggior parte degli europei è solo uno dei tanti fattori che, insieme al prezzo, al gusto, alla componente nutrizionale e all’origine dell’alimento, influenzano le abitudini e scelte alimentari. Ai cittadini europei i temi della sicurezza alimentare quindi interessano ma sembrano non destare in generale particolare preoccupazione. «Sono passati quasi 10 anni dall’ultimo sondaggio a dimensione europea condotto su questo tema. In questo lasso di tempo la società è molto cambiata e si è evoluto anche il modo in cui produciamo e consumiamo cibo» ha commentato Bernhard Url, direttore esecutivo dell’Efsa, che continua «È rassicurante vedere che gli europei non si preoccupano troppo dei cibi nel loro piatto. Credo che ciò non sia un caso, ma avvenga piuttosto grazie ai progressi della scienza e della tecnologia, che hanno contribuito a migliorare gli standard alimentari e le pratiche igieniche».

Igiene Alimenti

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di Vanessa Martina Reporter

I driver di acquisto nei Paesi UE. Per il consumatore italiano, e per la media europea, la provenienza è il fattore principale che guida la scelta

I driver di acquisto: IT vs UE. Il costo è il secondo fattore di scelta per il consumatore europeo, per gli intervistati italiani scende al penultimo posto per importanza

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Igiene Alimenti

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ATTUALITÀ / FOOD SAFETY

Consapevolezza e percezione dei rischi Entrando nei dettagli di quelli che sono gli aspetti specifici sull’argomento, non vi è una singola preoccupazione che predomina in tutti i Paesi dell’UE. Tuttavia, vi sono tre questioni che emergono con maggiore frequenza fra gli Stati membri dell’UE: l’uso improprio degli antibiotici, ormoni e steroidi negli animali da allevamento (44%), i residui di pesticidi negli alimenti (39%) e gli inquinanti ambientali nei prodotti di origine animale (37%). Anche per i consumatori italiani l’uso improprio di antibiotici, ormoni e steroidi si conferma al primo posto (44%) mentre al secondo posto si pongono, parimerito con una percentuale del 33%, il tema degli inquinanti ambientali e quello degli additivi come coloranti, conservanti o aromi utilizzati in alimenti o bevande. Rispetto a quanto emerso nell’indagine precedente, condotta nel 2010, emerge chiaramente quanto gli europei siano meno preoccupati di prima su questioni come gli OGM mentre emergono questioni nuove come la contaminazione da microplastiche.

Gli italiani sembrano essere maggiormente preoccupati rispetto alla media europea relativamente a due aspetti: il rischio di reazioni allergiche (22% IT / 20% UE) e al rischio legato alla presenza di residui che derivano dai materiali a contatto con gli alimenti (20% IT / 16% UE).

Fonti di informazione e fiducia nel sistema Gli scienziati (l’82% EU, con un aumento rispetto al 73% del 2010, e l’80% IT), le organizzazioni dei consumatori (il 79% EU/IT) e gli agricoltori (il 69% EU / 67% IT) godono tra gli europei dei più alti livelli di credito per quanto riguarda l’informazione sui rischi da alimenti. Si fidano delle industrie alimentari solo il 36% degli

intervistati UE, in Italia la fiducia sale al 40%. Il 29% degli italiani, contro il 19% in UE, si fida però delle opinioni di bloggers, influencers e personaggi famosi. La fiducia nelle autorità nazionali (60% EU/IT) e nelle istituzioni dell’Unione europea (58% EU / 57% IT) è piuttosto elevata e in linea con i risultati del 2010. Il rapporto evidenzia però che gli europei hanno una comprensione piuttosto limitata del funzionamento del sistema di sicurezza alimentare dell’UE. Poco più di 2 intervistati su 5 (il 43%) affermano che “ci sono regolamenti in vigore per garantire che il cibo che mangiamo sia sicuro”. Tre persone su dieci (il 28%) sanno che “per decidere quanto possa essere rischioso mangiare un determinato alimento, l’UE si affida alla consulenza di esperti scientifici”.

Un italiano su due si interessa attivamente al tema della sicurezza alimentare

FOOD SAFETY: I 5 OBIETTIVI PER LA FILIERA Sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sulla sicurezza degli alimenti in genere, sottolineando come tutti i soggetti coinvolti nei sistemi alimentari abbiano un ruolo da svolgere. È questo lo scopo principale che ha mosso gli organismi preposti ad indire per lo scorso 7 giugno la Giornata mondiale della sicurezza alimentare. Cinque gli obiettivi individuati per gli attori della filiera, ai vari livelli.

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1. Garantire la sicurezza: i governi devono garantire alimenti sicuri e nutrienti per tutti 2. Produrre in sicurezza: i produttori agricoli e alimentari devono adottare buone prassi 3. Preservare la sicurezza: gli operatori del settore devono accertarsi che gli alimenti siano sicuri 4. Controlli sulla sicurezza: tutti i consumatori hanno diritto ad alimenti sicuri, sani e nutrienti

5. Fare squadra per la sicurezza: la sicurezza alimentare è una responsabilità comune

Igiene Alimenti

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Un italiano su due si interessa al tema della sicurezza alimentare ma solo uno su quattro (24%) la ritiene la sua preoccupazione principale in fase di acquisto

Le informazioni riportate in etichetta sono troppo complicate per un intervistato su tre

Italiani ed europei sono allineati (44%) nel ritenere la presenza di residui di antibiotici e ormoni nella carni il rischio che desta la maggior preoccupazione

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Igiene Alimenti

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INCHIESTA

Una blockchain per l’agroalimentare

T

rasparenza, sicurezza e fiducia. Sono le tre parole che definiscono il successo di una tecnologia, che si appresta a diventare un punto di svolta per cittadini e imprese, basata su un registro digitale e nata per le transazioni finanziarie in bitcoin, in cui è necessario tracciare e rendere sicuro ogni passaggio. Stiamo parlando della blockchain cioè la “catena a blocchi”, una sorta di database diffuso, ovvero una base di dati distribuita, condivisa tra più computer - chiamati nodi - connessi alla rete (secondo una definizione del portale blockchain4innovation), che si avvale di un protocollo condiviso dalle parti e i cui dati non sono modificabili in modo retroattivo né eliminabili. Non esiste un controllore delle informazioni, ma ogni nodo è garante della correttezza di quanto inserito. Il registro, pubblico, è crittografato per renderlo inviolabile, quindi sicuro. Dalla definizione ancora si stenta a capire quanto questa nel prossimo futuro influenzerà la vita del cittadino e allora ricorriamo alle dichiarazioni di intenti. Per dirla con le parole dell’Europa, l’Europa, in cui 27 Paesi hanno fondato l’European Blockchain Partnership (EBP) per favorire la diffusione di soluzioni basate sulla tecnologia blockchain in diversi campi, dalla pubblica amministrazione al settore privato, «blockchain è una grande opportunità per ripensare

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i sistemi di informazione, promuovere la fiducia degli utenti e la protezione dei dati personali, contribuire a creare nuove opportunità di business e stabilire nuove aree di leadership, a vantaggio dei cittadini, dei servizi pubblici e delle aziende».

Perché se ne parla anche per l’agroalimentare Secondo molti sarà lo strumento in cui in un futuro neanche troppo lontano potrebbe essere gestita la tracciabilità nel food grazie a informazioni garantite, trasparenza e possibilità di risalire velocemente la catena di informazioni. Parlare di blockchain significa quindi parlare di una serie di valori - fiducia, trasparenza, community - ma anche di una tecnologia il più possibile condivisa, che garantisca l’interoperabilità degli standard adottati, oggi ancora allo studio e vero punto debole di tutto il processo. Ed è per questo che dopo l’adesione al gruppo europeo EPS, anche l’Italia ha dato il via ad una serie di azioni interne per definire una strategia nazionale, fondando un gruppo di 30 esperti fra imprese, ricerca e società civile. «Il nostro impegno è rivolto a rendere l’Italia un Paese leader nello sviluppo e nella sperimentazione della blockchain, nel bacino Mediterraneo e in Europa» ha affermato il ministro Di Maio lo scorso dicembre, sottoscrivendo una dichiarazione sullo sviluppo della blockchain nell’ambito del MED7, i

sette Paesi del Sud Europa (Cipro, Francia, Grecia, Malta, Portogallo, Spagna). «Al MISE abbiamo avviato delle sperimentazioni per la tutela del Made in Italy - spiega il ministro - I fondi stanziati con la Legge di Bilancio rafforzeranno queste sperimentazioni che accompagniamo con la creazione di una prima cornice giuridica di riferimento per la blockchain».

Il Made in Italy, appunto… Secondo molti osservatori sarebbe la tecnologia giusta per proteggere uno dei nostri tesori maggiori all’estero. Darebbe finalmente quella protezione sulla sicurezza dell’origine - e dunque un vantaggio competitivo - per combattere i fenomeni di contraffazione (Italian sounding) che varrebbero 100 miliardi di euro per l’export alimentare italiano.

Igiene Alimenti Giugno 2019


di Francesca De Vecchi Tecnologa alimentare OTALL e divulgatrice scientifica

Nell’agroalimentare comunque, tanto entusiasmo fa i conti con una situazione ancora incerta e un’applicazione a macchia di leopardo, fra esempi di aziende e grande distribuzione organizzata. Le informazioni in blockchain riguardano per lo più quelle della produzione primaria (dei prodotti agricoli), tutta la fase di trasporto, trasformazione e distribuzione. Ogni nodo della catena ha la responsabilità della veridicità dei dati inseriti. E qui sta un primo punto di riflessione: «Per progetti di tale portata è necessario che ogni attore tragga un beneficio all’interno del proprio business» riflette Chiara Corbo, dell’Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano e dell’Università degli Studi di Brescia, nato con l’intento di indagare l’impatto che le tecnologie digitali possono avere sulla competitività del comparto (vedi intervista pag. 22).

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Igiene Alimenti

Oggi a guidare la blockchain in Italia sono pochi attori ma di peso. Filippo Renga, direttore dell’Osservatorio AgriFood, riporta i dati raccolti: «Fra i promotori ci sono elementi “forti” della trasformazione (24%) e della distribuzione (38%), attivi anche a livello internazionale». La digitalizzazione dei processi e della tracciabilità, in particolare, è un fattore che sta già portando vantaggi alle aziende alimentari. Secondo quanto emerso dall’analisi di 76 casi studio di aziende

nel mondo e in Italia, ha garantito una maggior efficienza ed efficacia, ricorda Renga, presentando lo scenario 4.0 in cui si muove oggi l’agrifood. In merito alle tecnologie abilitanti la tracciabilità digitale, fra le 133 valutate dall’Osservatorio, prevalgono le soluzioni tradizionali (Rfid, QR code, web) e solo un 9% ha scelto di lavorare con la blockchain. Ma i casi sono in aumento, con alcune filiere a fare da apripista. Non c’è dubbio comunque che i produttori di materia prima abbiano un ruolo rilevante, visto che sono coinvolti nella maggior parte dei casi studiati (76%) (Fig. 1 e 2). Che sia una opportunità sembra esserne convinta anche Maria Grazia Ferrarese, vice direttrice di CSQA, che nell’ambito di Blockchain Plaza, evento dedicato alla blockchain nel corso di Tuttofood, a Fiera di Milano lo scorso maggio, ha dichiarato che «senza sostituirsi ad una certificazione vera e propria, la blockchain appare oggi come un’opportunità per migliorare la gestione dei dati di processo: rende immediatamente disponibili i dati e più

Apertura, trasparenza e livelli di sicurezza elevati: questi i punti di forza 21


INCHIESTA

veloce ogni necessità di intervento», auspicando anche che lo sforzo operativo di chi applica la blockchain possa essere riconosciuto dalle Autorità di controllo traducendosi magari in un minor numero di controlli sulle attività dell’OSA stesso.

BLOCKCHAIN NELL’AGRIFOOD Garantire la tracciabilità, la trasparenza, di chi vuole “raccontare la storia” del proprio prodotto evidenziando la propria affidabilità. Oppure tracciare container e i trasporti degli alimenti e dei prodotti in generale: le applicazioni della blockchain nel comparto food sono molteplici, dalla decentralizzazione, al controllo condiviso, all’immutabilità del dato e alla conservazione delle informazioni.

Il futuro dell’alimentare vedrà come preponderante l’applicazione della blockchain? Probabile, ma intanto c’è ancora da lavorare per sbrogliare dei nodi. Cesare Baldrighi, presidente Origin Italia, organismo delle Associazioni dei Consorzi relativi a segmenti di prodotti a denominazione specifici, vista la necessità di veicolare le informazioni in modo preciso, spera in un approccio tecnologico semplice, per realtà che sono molto diverse fra loro con possibilità e competenze non sempre confrontabili, per non creare difficoltà alla gestione quotidiana dei problemi produttivi. Sugli aspetti tecnici si gioca in effetti gran parte della partita. Secondo Alberto Frausin, presidente di GS1 Italy, l’associazione che riunisce 35mila imprese di beni di consumo, c’è la necessità di definire uno standard operativo comune, sottolineando come già il codice a barre con

le opportune modifiche - come l’aggiunta di alcuni numeri che identifichino direttamente un prodotto - potrebbe rappresentare la soluzione ideale per facilitare a livello nazionale le operazioni di recall in un’ottica di gestione della sicurezza e garantire invece in ambito export l’origine italiana di qualità. L’altra grande opportunità è «riuscire a dare al dato una validità legale, perché non modificabile», una sorta di identità digitale sulla falsa riga di quanto già in uso nelle transazioni bancarie per esempio, dice Marco di Luzio, chief marketing officer Infocert. La blockchain si prefigura quindi come uno strumento digitale potente in grado di offrire quelle garanzie che tanto il sistema della sicurezza alimentare quanto il consumatore devono e vogliono avere a patto di sviluppare le giuste competenze, per creare valore per la filiera e per il consumatore finale.

Per quale motivo la blockchain nell’agrifood è applicata principalmente alla tracciabilità? Perché, per come si configura il processo di gestione dei dati con la blockchain, possono fornire garanzie elevate di immutabilità dei dati, in particolare per quanto riguarda la validazione e la trasmissione. In Italia abbiamo diversi casi di applicazione in aziende e nella GDO, per esempio: Gruppo Italiano Vini – che ha sperimentato la blockchain in un progetto promosso da Agea, Sian e Almaviva – e i distributori Carrefour e Auchan.

inserito il dato, esso non possa essere modificato. Inoltre, le sperimentazioni hanno evidenziato la possibilità di un veloce recupero dei dati, che si traduce in una maggior efficienza (meno costi) e più efficacia del processo di rintracciabilità di filiera.

BLOCKCHAIN: I PUNTI APERTI Abbiamo chiesto a Chiara Corbo, dell’Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano e dell’Università degli Studi di Brescia, un commento sugli aspetti ancora da chiarire dell’applicazione della Blockchain nell’agroalimentare.

A che punto è l’applicazione della blockchain nel comparto agroalimentare? L’Osservatorio Smart AgriFooD ha mappato i progetti di blockchain nell’agroalimentare dal 2016, sia in Italia sia a livello Internazionale. Nell’ultimo anno sono più che raddoppiati.

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Quali sono i punti di forza? Certamente il tema è molto ampio e vi sono parecchi studi in corso. La blockchain garantisce apertura, trasparenza e livelli di sicurezza piuttosto elevati poiché prevede che, una volta

Chi sono i promotori e chi gli attori maggiormente coinvolti? Dai nostri dati è emerso che le filiere con il maggior numero dei progetti lanciati sono quelle della carne e dell’ortofrutta, cioè filiere particolarmente critiche che in passato hanno dovuto fronteggiare problemi importanti di food safety. Poiché sono per lo più progetti di filiera sono molto coinvolti i produttori di materia prima. Come Osservatorio state valutando una serie di interrogativi. Quali sono?

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Attori coinvolti

Attori promotori

ONG

2%

ONG

P.A.

7%

P.A.

5% 12%

Retail

48%

Retail

Logistica

62%

Logistica

Transformazione

74%

Transformazione

Materia prima

76%

Materia prima

2%

Input produttivi

21%

Input produttivi

0%

38% 7% 24%

Fig. 1 Blockchain e tracciabilità alimentare: 42 casi internazionali e italiani di progetti blockchain nel food tra il 2016 e il 2018 (dati Osservatorio Agrifood- Università di Brescia)

Le filiere coinvolte

24%

21% 17%

14% 10%

Alimentare generale

Carne

Igiene Alimenti

7%

Ortofrutticolo Cerealicolo Caffe/Cacao Vitivinicolo

A nostro avviso ci sono ancora punti da indagare per capire se la blockchain sia la soluzione migliore per la tracciabilità alimentare. E con le nostre indagini stiamo valutando se e quanto questo accada: la forte presenza di attori della distribuzione e della trasformazione come “promotori” dei progetti richiede delle riflessioni rispetto all’impatto sugli anelli a monte della filiera. C’è poi il tema della gestione dei dati. Quali dati vanno inseriti? Chi seleziona e inserisce i dati? Chi garantisce l’attendibilità del dato inserito a monte? A tale proposito, è auspicabile la combinazione della blockchain con tecnologie che possano automatizzare il più possibile la raccolta del dato così da ridurre l’eventualità di errori di inserimento o di manomissione, che poi si propagano lungo il processo. Quindi bisogna capire quale sia la tecnologia e

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7%

Altro

l’apporto di tutti gli attori, compresi gli enti di certificazione. Bisogna quindi guardare all’efficienza e alla convenienza delle tecnologie? Sì. Ci sono già molte aziende che hanno un processo di tracciabilità ben strutturato ed efficiente grazie all’utilizzo delle tecnologie digitali e riescono a comunicarla bene al consumatore. È certo che ogni filiera dovrà fare le proprie valutazioni. Come Osservatorio abbiamo notato che i casi ad oggi sono quasi del tutto applicativi; non ci sono “studi di caso” propriamente detti (cioè casi in cui sono stati dimostrati con chiarezza i benefici qualitativi e quantitativi). I progetti già promossi sono stati lanciati con finalità di marketing oppure commerciali. Ci sono aziende in cui si è passati dalla gestione cartacea direttamente alla

Fig. 2 Le filiere coinvolte nei progetti di blockchain per la tracciabilità alimentare

blockchain, senza prendere in considerazione soluzioni intermedie; oppure ci sono canali distributivi che hanno come condizioni per il cliente B2B l’uso di blockchain per la gestione della tracciabilità; in questi ultimi casi l’azienda sceglie di aderire per opportunità commerciale. Manca quindi ancora una valutazione scientifica dei costi e benefici… Ad oggi, pur riconoscendone i pregi e i vantaggi, non abbiamo l’evidenza per dire che blockchain sia la tecnologia migliore in assoluto per la tracciabilità. Come Osservatorio ci poniamo nella posizione critica di analisi dei dati, organizzando tavoli di lavoro con attori delle filiere, a tutti i livelli, per poter interpretare il fenomeno e dare una risposta in termini di competitività.

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IMPIANTI E PROCESSI/FILIERA OLEARIA

Dalla mola agli ultrasuoni: evoluzione e futuro delle tecnologie olearie

I

l settore oleario è in continua evoluzione. Se in antichità l’utilizzo di nuovi processi e tecnologie era necessario per limitare lo sforzo fisico e aumentare le rese produttive/estrazione, oggi è fondamentale per migliorare l’efficienza economica della filiera e/o per permettere la differenziazione dei prodotti, rispondendo alle esigenze della clientela sempre più informata. Negli ultimi anni è avvenuta una graduale globalizzazione del mercato, con crescenti produzioni in altri paesi, sia del Mediterraneo - tradizionalmente rappresentati da Italia, Spagna e Grecia e oggi affiancati dai paesi dell’Africa settentrionale – sia oltre oceano, e una maggiore consapevolezza da parte di legislatori e consumatori.

Tecnologie del passato In passato i sistemi di lavorazione erano caratterizzati dall’introduzione di tecnologie sempre nuove, partendo dall’estrazione senza pressa, all’utilizzo della frangitura con la mola girevole (IV secolo a.C.) e successivamente all’estrazione con la pressa (dal I secolo a.C.) fino ad arrivare all’estrazione mediante centrifuga della seconda metà del ‘900. In antichità i frantoi erano posseduti

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esclusivamente dai nobili o dalla Chiesa e il processo non poteva essere che discontinuo e richiedere molta manodopera e tempo. Non è raro ritrovare, in alcuni antichi frantoi, delle zone destinate al riposo notturno degli operai che vivevano nel luogo di lavoro da ottobre fino a fine primavera, alternandosi tra di loro nelle operazioni. La rottura dell’oliva è passata dal mortaio all’utilizzo della molazza, prima a una ruota e successivamente a due, tre o quattro ruote, in modo da coprire tutta la superficie della vasca di lavorazione. La pietra utilizzata per le ruote doveva essere resistente e, se tale caratteristica non era soddisfatta dalla roccia presente nel luogo in cui era presente il frantoio, la si doveva far portare dai paesi vicini. Era comune ritrovare i frantoi ipogei, ovvero scavati nella roccia e nelle parti inferiori di palazzi nobiliari. La caratteristica principale di un frantoio scavato nel sottosuolo era il mantenimento costante delle temperature nel corso dell’anno. Temperature troppo basse in inverno avrebbero infatti reso difficoltose le operazioni di estrazione dell’olio a causa della sua componente in acidi grassi saturi. Non esisteva la gramola, pertanto la mo-

lazza aveva la duplice funzione di rottura dell’oliva e rimescolamento della pasta di olive. Anche le operazioni di pressatura hanno visto il susseguirsi di differenti attrezzature. I primi torchi, infatti, sono stati quelli a leva (tardo Medioevo), dove la pressione avveniva grazie al peso della leva stessa (ovvero una trave di legno orizzontale fissata tramite un perno a un asse verticale). Successivamente, l’utilizzo della vite senza fine ha permesso di utilizzate i torchi alla calabrese (due grandi viti collegate da un unico asse orizzontale per la spremitura della pasta di olive) e i torchi alla genovese (ad unica vite). La parte finale del processo invece non era svolta mediante attrezzature: prima dell’utilizzo dei moderni separatori, il

Igiene Alimenti

Giugno 2019


di Marco Montemurro Tecnologo alimentare OTABC Ricercatore Università di Bari

processo di separazione dell’olio dall’acqua di vegetazione avveniva tramite affioramento naturale. In alcuni casi era il frantoiano che separava manualmente (“taglio dell’olio”) il prodotto dalle acque di vegetazione, in altri erano presenti delle vasche, in pendenza e comunicanti, che permettevano il graduale passaggio dell’olio separato da una vasca all’altra o tramite allontanamento dell’acqua di vegetazione da fori posti nella parte inferiore della vasca stessa.

Il presente in frantoio I frantoi moderni mantengono in gran parte le stesse operazioni unitarie del passato. Le tecnologie si sono evolute nell’ottica della preservazione del contenuto fenolico dell’olio e della riduzione dei processi di ossidazione, oltre all’au-

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Igiene Alimenti

mento delle rese di estrazione e della capacità lavorativa. Oggi le olive sono lavorate in giornata e non è raro vedere nei moderni frantoi delle celle di stoccaggio refrigerate per la conservazione delle drupe che non possono essere lavorate subito dopo la raccolta. Le prime fasi di trasformazione sono caratterizzate dalla pulitura delle olive da eventuali residui di terra e dalle foglie. Le molazze, se ancora presenti, non sono più in pietra ma sono sostituite da quelle in acciaio e la permanenza delle olive nella macina è ormai limitata alla sola formazione di una pasta omogenea al fine di diminuire i fenomeni ossidativi che caratterizzano questa fase. Molti frantoi hanno ormai sostituito la molazza con frangitori di diverso tipo in base alle scelte aziendali. Tra questi si trovano

frangitori a martelli, a coltelli e a dischi. La differenza principale tra loro è data dall’organo addetto alla rottura della drupa. Mentre nei primi due sono proprio i martelli e i coltelli che rompono la drupa, permettendo il passaggio della polpa attraverso griglie di differenti dimensioni, nei frangitori a dischi sono i denti con spigoli vivi posti al loro interno che frantumano le olive. La scelta del frangitore si deve basare quindi sulla tipologia di prodotto che si vuole ottenere, considerando come base di partenza le tipologie di olive e il grado di maturazione e scegliendo il tipo di rottura meccanica maggiormente spinta e con maggiore impatto sul nocciolo (come nel caso dei frangitori a martelli e a dischi) o leggermente più delicata (nel caso dei coltelli). L’eventuale denocciolatura permette la lavorazione e l’estrazione dalla sola polpa, migliorando la qualità del prodotto finito. Continuando il processo di trasformazione si arriva alla gramola. La pasta di olive viene riscaldata a temperature e tempi variabili e sottoposta a un’operazione meccanica di rimescolamento al fine di permettere la coalescenza delle goccioline di olio fuoriuscite principalmente dai vacuoli delle cellule ve-

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IMPIANTI E PROCESSI/FILIERA OLEARIA

getali. Molti studi hanno valutato l’influenza dei tempi e delle temperature da utilizzare in questa fase al fine di massimizzare rese e qualità dell’olio. È emerso che temperature ottimali di gramolazione si ritrovano tra 22 e 27 °C per tempi che non dovrebbero superare i 30-40 min. Alcuni lavori scientifici hanno invece evidenziato che temperature di 35 °C non influiscono negativamente sulle caratteristiche chimico-sensoriali dei prodotti. Si ricorda che per poter menzionare in etichetta “Estratto a freddo” il processo deve avvenire a temperature inferiori a 27 °C. Il fenomeno dell’ossidazione in tale fase è ormai diminuito grazie al totale riempimento di vasche chiuse e/o l’eventuale utilizzo di gas inerti al fine di riempire lo spazio di testa. Al termine della gramolazione si arriva alla fase di estrazione. I torchi a pressione sono rari e ormai sostituiti dai decanter, i quali assicurano minore sforzo e maggiore costanza qualitativa del prodotto. Negli ultimi anni si nota una preferenza nei confronti dei decanter a due fasi. Tale scelta è motivata dalla possibilità di effettuare l’estrazione anche senza aggiunta di acqua (necessaria in caso di annate particolarmente siccitose e drupe con scarso contenuto di acqua al loro interno) e conseguentemente permettere l’estrazione di oli con maggiore contenuto fenolico e minor quantitativi di reflui da smaltire. I separatori verticali sono utilizzati al fine di eliminare l’acqua di vegetazione e piccoli frammenti vegetali residui. Per limitare il riscaldamento del prodotto e il contatto con l’ossigeno, attualmente alcuni frantoi saltano tale operazione collegando direttamente all’uscita del decanter attrezzature atte a filtrare il prodotto da residui solidi, trattenendo anche l’acqua di vegetazione, in base alla tipologia di filtri utilizzati. La filtrazione è considerata operazione necessaria per il

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mantenimento delle caratteristiche qualitative dell’olio ed è associata, in molti casi, a conservazione con colmatura dello spazio di testa con azoto.

L’innovazione e il futuro Nel settore oleario risulta decisamente innovativo l’uso di coadiuvanti tecnologici, ovvero sostanze utilizzate nella

L’utilizzo dei decanter in fase di estrazione garantisce maggiore stabilità qualitativa

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Giugno 2019


Antica macina in pietra a sinistra, e presse a destra - MOOM Museo dell’Olio di Matera

trasformazione e che non si vedono, a meno di presenza non intenzionale ma tecnicamente inevitabile di residui, nel prodotto finito. Tra queste si trovano il silicato di magnesio (talco), carbonato di calcio e cloruro di sodio (sale da cucina). Tali additivi agiscono grazie a un’azione fisica nel processo di estrazione incrementando le rese e non modificando i principali parametri chimici e sensoriali. L’uso di sale comune è stato correlato con una maggiore estrazione di fenoli, stabilità del prodotto e percezione di amaro. Oltre ai sali precedentemente citati si possono ritrovare ricerche che valutano

l’utilizzo di enzimi (pectinasi, cellulasi ed emicellulasi). Il loro uso ha mostrato differenti vantaggi tra cui l’aumento di resa finale in olio, la crescita di antiossidanti e vitamina E nel prodotto e migliore stabilità nei confronti dell’irrancidimento. Tecnologie come microonde e ultrasuoni sono state applicate come pretrattamento precedente, o in sostituzione, alla gramolazione al fine di raggiungere in tempi molto brevi la temperatura ideale della pasta delle olive nella gramola, aumentare l’efficienza dell’operazione e ridurre sensibilmente i costi del processo. Le microonde sono onde

elettromagnetiche con frequenza compresa tra 300 MHz e 300 GHz. La loro azione avviene tramite riscaldamento termico della pasta delle olive, all’interno della quale le cellule accumulano energia cinetica fino alla totale degradazione, contribuendo ad incrementare le rese di estrazione e ridurre il tempo di lavorazione. Gli ultrasuoni sono una forma di energia generata da suoni con frequenza vicina a 16kHz e agiscono tramite due meccanismi, riscaldamento e danneggiamento meccanico delle cellule delle olive (cavitazione). Prove industriali sono state effettuate negli ultimi 3-4 anni al fine di testare la reale applicabilità delle tecnologie precedentemente descritte mostrando risultati positivi per aumento di rese estrattive, diminuzione dei costi e qualità del prodotto.

Obiettivi delle tecnologie moderne sono la conservazione del contenuto fenolico e la riduzione dei processi ossidativi Giugno 2019

Igiene Alimenti

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CONTROLLO & TECNOLOGIE/SALUMI

Standardizzare i processi: tecnologie produttive e analitiche

I

n Italia, l’uso delle carni di maiale, salate e trasformate in salumi, ha radici assai antiche. Ci è noto che già in epoca etrusca iniziano a prendere vita le prime forme di allevamento del suino: importante e curiosa è la testimonianza che arriva dagli scavi del Parco archeologico del Forcello (V secolo a.C.), nel mantovano, dove furono ritrovati circa 32.000 resti di ossa di maiali, privi in gran parte degli arti inferiori: dal non ritrovamento delle cosce è facile dedurre che queste venissero salate ed essiccate e poi esportate nel Mediterraneo o oltralpe lungo le vie del commercio note in quell’epoca. Oggi la produzione di salumi in Italia rappresenta un ramo importante dell’industria alimentare, diffusa su tutto il territorio nazionale, con imprese mediopiccole e grandi aziende. Delizie ottenute con carne suina, ma anche pregevoli prodotti preparati con carne bovina, le bresaole innanzitutto, ma anche a base di tacchino e di pollo, adatti a soddisfare tanti palati e anche molte scelte particolari di carattere religioso o dietetico. Sono 41 i prodotti protetti da marchi DOP e IGP ma non meno importante è il panorama delle certificazioni volontarie alla quali i salumi italiani si prestano: dal biologico al senza glutine, dalla filiera corta all’“antibiotic free”, dal senza latte e derivati all’Halal.

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Tecnologie e innovazione: il caso del salame L’industria del salame in Italia, avviata già all’inizio del 1800, è ancora oggi un mondo dove l’artigianalità è fortemente radicata, un settore in cui esperienza, occhio e mano, occupano un posto importante. Se nel settore dei salumi cotti la tecnologia alimentare è sviluppata e presente con processi monitorati, gestiti con modelli matematici e prevalentemente informatizzati, che consentono di ottenere prodotti finiti standardizzati, nella produzione del salame la situazione è un po’ diversa. In questo contesto figura del tecnologo alimentare è il valore aggiunto, capace di tradurre l’esperienza norcina in processi noti e ripetibili, affinché il prodotto buono non sia una combinazione casuale

bensì il risultato di ricetta, tempi e temperature note e controllate. A partire dagli anni ‘90, si sono osservati miglioramenti significativi nel processo di standardizzazione di questo prodotto, con l’utilizzo di colture starter che rendono meglio controllabile il processo fermentativo degli impasti, riducendo anomalie e difetti e stabilizzando il profilo aromatico del prodotto finito. La fermentazione lattica è il cuore della naturale tecnologia del salame: in condizioni controllate si assiste alla graduale flessione del pH e al progressivo sviluppo dei microrganismi dei generi Staphilococcus e Lactobacillus, che diventano preponderanti, favorendo l’inibizione di batteri alteranti e patogeni; l’abbassamento del pH verso il punto isoelettrico contribuisce al rilascio di acqua e disi-

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di Laura Scafuri Tecnologo alimentare OTALL Resp. Laboratorio salumificio

UN PROCESSO ANTICO PER CONSERVAZIONE DELLE CARNI Il salume è forse una delle forme di conservazione alimentare più antiche: il sale aggiunto alle carni ne favorisce la perdita di acqua, la disidratazione inibendo degradazioni enzimatiche e batteriche. In Italia, tra il XII e il XVII secolo si osserva un forte sviluppo dei mestieri legati alla trasformazione delle carni del maiale; si affaccia la figura del norcino che, grazie alla sua abilità, dà vita alla creazione di nuovi prodotti di salumeria. A Bologna sorge la Corporazione dei Salaroli; a Firenze, all’epoca dei Medici, sorge la Confraternita dei facchini di San Giovanni Decollato della nazione norcina. I norcini svolgevano attività stagionale, in quanto il maiale veniva ucciso una volta all’anno, e non c’erano tecniche di conservazione della carne fresca. Lasciavano le loro città (Norcia, Cascia, Firenze e Roma) ad ottobre per ritornare verso la fine di marzo. La figura del norcino mantenne intatta la propria fama sino all’indomani della fine della II Guerra Mondiale. Oggi l’eredità dei norcini è passata agli artigiani e al mondo dell’industria alimentare, sempre pronta a dar vita a produzioni innovative, recuperando antiche ricette.

9 8

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7 6

log n.

CMT Batteri lattici Micrococcaceae Enterobatteri

5 4 3 2 1 0 6

1

pH

0,98

5,6

0,96

5,4

0,94

5,2

0,92

5

valori di aw

aw

5,8

valori di pH

dratazione più rapida (Grafico). Le proteine solubilizzate (stato di sol) coagulano (stato di gel) dando luogo alla coesione dell’impasto. La proteolisi enzimatica libera peptidi e amminoacidi con sviluppo di aroma. Ma il risultato finale che vogliamo ottenere, ovvero il “prodotto salame”, non dipende solo da una corretta fermentazione, ma dal corretto impasto iniziale in termini di contenuto di umidità, tenore proteico e di grasso. È qui che si innestano le maggiori innovazioni tecnologiche e analitiche a supporto della standardizzazione del prodotto finito. È necessario definire la ricetta, non più come miscela di tagli di carne, ma come insieme bilanciato di proteine, grassi, umidità e sale, perché ciò che dobbiamo ottenere alla fine dipende essenzialmente da dove siamo partiti.

0,9

4,8

0,58

0

15

30

45

60

giorni di stagionatura

Evoluzione della microbiologia dei prodotti carnei stagionati (Barbuti, 2006)

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La carne: protagonista di un patrimonio gastronomico d’eccellenza

6 Facendo riferimento ai soli prodotti salati, che sono 195,

bello; proseguendo verso il Centro incontriamo eccellenze

quelli di origine animale rappresentano più del 40%. Tra

altrettanto note quali il Lardo di Colonnata, la Cinta Senese,

questi, la maggior parte sono localizzati nel Nord Italia,

l’Abbacchio Romano, il Prosciutto di Norcia; infine al Sud e

dove si trovano prodotti molto conosciuti quali il Prosciutto

nelle isole troviamo meno denominazioni, con produzioni più

CONTROLLO & TECNOLOGIE/SALUMIdi Parma e di S.Daniele, la Mortadella Bologna, la Bresaola

Standardizzare i processi grazie alle tecnologie analitiche indirette

Fondamentale è conoscere e misurare in modo rapido e diretto la composizione dell’impasto per poterlo correggere in modo che, dopo stagionatura, si ottenga un salame con composizione nutrizionale nota e standardizzata, per supportare anche le vigenti regole in materia di etichettatura nutrizionale. Diversi sono i metodi rapidi applicabili direttamente in fase produttiva basati su tecniche analitiche indirette, vediamole brevemente.

NIR e micro-NIR

La spettroscopia nel vicino infrarosso (NIR) consente velocità perché le analisi sono svolte in pochi minuti, non è distruttiva né invasiva. Il campione non ha bisogno di essere preparato all’analisi, né di reagenti tossici; è possibile il campionamento in remoto tramite fibre ottiche. I picchi dello spettro nel NIR di un determinato campione sono riferibili ai suoi specifici gruppi funzionali (bande di assorbimento dovute ai legami atomici C-H, N-H, O-H, P-H, S-H). Si può pertanto effettuare un’analisi di tipo quantitativo per la determinazione di componenti che contengono i legami: acqua = umidità%; proteine, lipidi = grassi, carboidrati, fibre, ceneri, fosforo, ed ancora parametri fisici pag. 62 come viscosità e densità.

l’Agnello di Sardegna, per citarne solo alcuni tra i più noti.

Speck dell’Alto Adige

Prosciutto S. Danile

I.G.P.

Lard d’Arnad Valle d’Aosta

Bresaola della Valtellina

D.O.P.

I.G.P.

Salame d’Oca di Moratara

D.O.P.

Salame Brianza

Prosciutto di Sauris I.G.P.

Prosciutto Veneto

Soppressata Vicentina

D.O.P.

I.G.P.

D.O.P.

I.G.P.

Jambon de Bosses Valle d’Aosta

D.O.P.

Salame di Varzi

Prosciutto di Modena

Coppa di Parma

Zampone di Modena

D.O.P.

I.G.P.

I.G.P.

D.O.P.

Pancetta Piacentina

Salame Cremona

Prosciutto toscano

Culatello di Zibello Coppa Piacentina

D.O.P.

Cotechino Modena I.G.P.

D.O.P.

D.O.P.

Crudo di Cuneo

Mortadella Bologna I.G.P.

D.O.P.

I.G.P.

D.O.P.

Lardo di Colonnata

Prosciutto di Parma D.O.P.

Prosciutto di Carpegna

Salame Piacentino Carni freche D.O.P.

I.G.P.

Cinta Senese D.O.P.

Abbacchio romano

D.O.P.

Ciauscolo I.G.P.

Prosciutto di Norcia

Salamini italiani alla cacciatora

I.G.P.

I.G.P.

Porchetta di Ariccia I.G.P.

D.O.P.

Prosciutto Amatriciano I.G.P.

Vitellone bianco dell’appennino centrale I.G.P.

Salsiccia di Calabria

Agnello di Sardegna

D.O.P.

I.G.P.

Pancetta di Calabria D.O.P.

Soppressata di Calabria D.O.P.

Salame S. Angelo

Capocollo di Calabria D.O.P.

I.G.P.

Sono 41 i salumi italiani protetti da marchi IGP e DOP e rappresentano più di un terzo del patrimonio di prodotti carnei tipici europei (Il ruolo della carne, 2013. Sprim Italia)

I SALUMI ITALIANI ALL’ESTERO Grande successo ricevono i salumi italiani sul fronte internazionale, a cominciare dai Prosciutti di Parma e San Daniele che da decenni arrivano sulle tavole dei consumatori USA, grazie al meticoloso lavoro dei consorzi, di Assica (Associazione Industriale delle Carni e dei Salumi) e soprattutto delle aziende per rispettare i rigorosi requisiti igienico-sanitari necessari ad ottenere e a mantenere l’abilitazione all’esportazione verso tali frontiere. Il comparto dell’export è in continua crescita sia in termini di frontiere sia in termini di prodotti: nel 2017 le esportazioni di salumi dall’Italia hanno raggiunto il valore record di 1,5 miliardi di euro (+6,9%).

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di nicchia, quali la Soppressata e il Capocollo di Calabria,

della Valtellina, lo Speck dell’Alto Adige, il Culatello di Zi-

Raggi X Con l’assorbimetria a raggi-X a doppio livello di energia (tecnologia dexa), oltre a eseguire l’analisi del contenuto grasso, si misurano contemporaneamente il peso (fondamentale per la gestione di lotti e ricette) e la presenza di contaminanti fisici, tra cui metallo, vetro, pietre e ossa calcificate.

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ESEMPIO DI FLOWSHEET PER LA PRODUZIONE DI SALUMI Carne magra

Grasso suino Triturazione

Sale Nitrati / Nitriti

Miscelazione

Spezie Zuccheri Starter

Insacco

Budello

Spettroscopia La tecnologia iperspettrale può essere applicata per determinare istantaneamente la freschezza, la tenerezza, il contenuto in grassi, proteine, collagene e acqua, come pure il colore, la presenza di ossa, gocciolamenti, pH, contaminazioni, discriminazione tra carni fresche e congelate. Il tutto in maniera automatica, con l’eventuale integrazione di algoritmi di visione ed intelligenza artificiali.

Analisi dell’immagine Legatura Pressatura Affumicatura

Stufatura 18-25˚C 84-90% UR 1-4 gg Asciugatura 11-14˚C 70-80% UR 5-10 gg Stagionatura 10-14˚C 65-75% UR 30-70 gg

Analisi del colore: a sinistra fetta di salame “conforme”; a destra fetta di salame “non conforme”. Correlando il gradiente di colore all’umidità è possibile prevedere la degradazione nel tempo

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Misurare forma e colore e definirne i parametri significativi sono una tecnica che sta affermandosi nella definizione di standard visivo di prodotto e per predirne la sua degradazione nel tempo. Abbinando l’immagine a software adeguati si ottengono numerose informazioni. Si vedano ad esempio, due fette di salame, una “conforme” e una “non conforme”: si possono studiare i gradienti di colore e correlarli ai gradienti di umidità, ad esempio.

Tecniche rapide Non meno attenzione va rivolta alle tecniche rapide per la valutazione microbiologica, dalle tecniche PCR Real Time, ormai consolidate, alla Digital PCR, che consentono verifica di assenza di germi patogeni in meno di 24h, con sensibilità eccellenti e la possibilità di mappare il microbioma dell’alimento. Emergono anche applicazioni della Spettrometria di Massa Maldi-Tof (Matrix Assisted Laser Desorption Ionization-Time of Light) per la rapida identificazione dei microrganismi, attraverso la misura di proteine ad elevata abbondanza, tra cui proteine ribosomiali rilevabili in ogni specie batterica. Queste tecniche, piuttosto sofisticate, possono costituire un raffinato stratagemma per tracciare e quindi eradicare eventuali contaminazioni batteriche in un sito produttivo, giungendo al “Sequenziamento genomico totale” (WGS) per identificare un singolo stipite batterico.

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SICUREZZA / FOOD SERVICE & RISTORAZIONE

Rintracciabilità: obblighi e adempimenti Q&A per le microimprese e la ristorazione

L

a rintracciabilità dei prodotti alimentari è stata introdotta come obbligo di legge per tutti gli alimenti con il Reg. CE 178/02, che la definisce come “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento, o di un mangime, attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”. Il Reg. CE 178/02 all’art. 18, sempre in riferimento alla rintracciabilità, riporta quanto segue: 1. È disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. 2. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta

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a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. A tal fine detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo. 3. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono disporre di sistemi e procedure per individuare le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti. Le informazioni al riguardo sono messe a disposizione delle autorità competenti che le richiedano. In questo articolo ci soffermiamo in particolare sulla rintracciabilità applicata alla ristorazione commerciale, soprattutto in un contesto di microimpresa. Senza dubbio non si tratta di una novità ma anzi di un tema di cui gli addetti ai lavori hanno ampiamente discusso negli anni. Tuttavia, ai consulenti del settore capita ancora oggi di ricevere richieste da parte di clienti che nutrono delle perplessità sulla corretta applicazione di quanto prevede la norma. Il ruolo del consulente, soprattutto in realtà piccole, è quello di guidare l’OSA negli adempi-

menti di legge nel modo più semplice e snello possibile. Una microimpresa, infatti, non dispone di grandi risorse da impiegare nella gestione di questi aspetti. Quindi nell’impostazione delle procedure di autocontrollo aziendale, finalizzate all’applicazione dei principi della rintracciabilità, è fondamentale che il consulente individui delle modalità semplici. La predisposizione di modulistiche complesse non solo non è necessariamente richiesta, ma è anche rischiosa per l’OSA che con buona probabilità non la compilerebbe, esponendosi al rischio di pesanti sanzioni per mancata applicazione del piano di autocontrollo.

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di Roberta De Noia Tecnologo alimentare OTALL Libera professionista

minativo del fornitore, (es. sede sociale, stabilimento di provenienza dell’alimento o del mangime, o animale, ecc.); natura dei beni ricevuti (es. denominazione, presentazione, ecc.); indicazioni ai fini dell’individuazione del prodotto (es. partita, lotto, consegna, ecc.) ai sensi dell’art. 18,comma 1; altre informazioni previste da norme specifiche.

Q. Per un ristorante a conduzione familiare, quale può essere l’approccio più semplice? A. La norma, come abbiamo già visto, prevede che “gli operatori siano in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento…”. Come è possibile soddisfare tale requisito? Sintetizzando, l’OSA (operatore settore alimentare) può predisporre, ad esempio, un elenco di fornitori con la descrizione della natura del bene fornito ed una semplice procedura che definisca le modalità di gestione della rintracciabilità “a monte” e le relative responsabilità. Nell’Accordo 28 luglio 2005, Conferenza Permanente Stato-Regioni e Province

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Q. Come deve essere gestita la documentazione fornitori? Autonome di Trento e Bolzano, sono specificati i requisiti minimi per l’applicazione della rintracciabilità da parte degli operatori del settore alimentare. All’articolo 5 c.1 si sottolinea che per l’operatore che cede o somministra l’alimento al consumatore finale è obbligatorio mantenere la rintracciabilità dell’alimento a monte, ma non a valle. Per l’ultimo anello della filiera a valle sono applicabili i commi 1, 2 dell’art. 18, ma non il comma 3, che riguarda operatori del settore che vendono ad altri OSA. Gli operatori devono, a prescindere dai mezzi utilizzati, fornire le seguenti informazioni per dimostrare da chi hanno ricevuto un alimento o un mangime: no-

A. Per documentare la provenienza di un alimento è solitamente ritenuta valida dalle Autorità Competenti l’archiviazione ordinata dei documenti commerciali (documento di trasporto o fattura di acquisto). In tali documenti sono riportate tutte le informazioni obbligatorie da un punto di vista fiscale e in alcuni casi anche i lotti di produzione o la data di scadenza per i prodotti altamente deperibili. L’indicazione del lotto in fattura non è obbligatorio ma quando è presente “alleggerisce” il lavoro dell’OSA che riceve la merce in quanto, una volta accettata e verificata la sua conformità e rispondenza all’ordine effettuato, grazie all’archiviazione del documento tal quale è possibile

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SICUREZZA / FOOD SERVICE & RISTORAZIONE

in caso di controlli esibire il documento stesso come attestazione di applicazione della rintracciabilità a monte. Qualora il fornitore non riportasse il numero di lotto in fattura, per evitare la predisposizione di un modulo dedicato, sarebbe consigliabile: • chiedere al fornitore di inviare lotti omogenei di prodotti; • far riportare il numero di lotto in bolla o fattura direttamente dall’operatore addetto al ricevimento, che deve essere formato in merito. La norma prevede che: “…A tal fine detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo”. Il Regolamento non impone una modalità specifica nella produzione di documenti. Quindi è l’azienda a stabilire cosa esibire in caso di controlli. Per le motivazioni a cui abbiamo accennato, in una piccola realtà è importante contenere il più possibile il numero di documenti da compilare. Si ricorda che per le aziende che vendono e/o somministrano direttamente al consumatore finale non è richiesta la rin-

In caso di controlli gli operatori devono possedere procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti la documentazione necessaria

tracciabilità a valle, ma solo a monte. Gli OSA devono cioè documentare la provenienza della merce, ma non sono tenuti a documentare a chi è stato somministrato un determinato prodotto, trattandosi di un consumatore e non di un altro OSA.

LA RINTRACCIABILITÀ: PRINCIPI DI BASE L’articolo 18 del Reg. CE 178/02 prevede quanto segue: 1. È disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. 2. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime. A tal fine detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo. 3. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono disporre di sistemi e procedure per individuare le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti. Le informazioni al riguardo sono messe a disposizione delle autorità competenti che le richiedano.

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Q. Come deve comportarsi l’OSA in merito alla tracciabilità interna? A. La norma non prevede un vero e proprio obbligo in merito alla tracciabilità interna. Non è cioè obbligatorio seguire il percorso di ogni singolo ingrediente per documentare in quale prodotto finito è presente. La tracciabilità interna è più che altro una scelta aziendale. In una piccola realtà di ristorazione, pertanto, è obbligatorio documentare da dove proviene la merce ma nulla è richiesto come obbligo in merito alla tracciabilità interna.

Q. Cosa si intende per ritiro e richiamo in situazioni di allerta sanitaria? A. Per ritiro dell’alimento si intende una qualsiasi misura, dell’operatore o dell’autorità competente, finalizzata ad impedire la distribuzione e l’offerta al consumatore di un prodotto non conforme ai requisiti di sicurezza alimentare. Si procede al richiamo dell’alimento

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quando altre misure risultino insufficienti a conseguire un livello elevato di tutela della salute.

Q. Come deve comportarsi un ristoratore che riscontri una non conformità (tale da non rappresentare un rischio per la salute del consumatore) su un alimento in entrata? A. La corretta prassi prevede che l’OSA separi il prodotto dagli altri alimenti, lo trasferisca in un contenitore o in un’area dedicata e lo identifichi con un cartello con le informazioni minime: se il prodotto è già stato privato dell’imballo primario e/o secondario occorre riportare anche i dati dell’etichettatura indicati dal produttore, altrimenti è sufficiente apporre un cartello con la scritta “merce non conforme, da rendere al fornitore”. Occorre poi documentare l’avvenuto ritiro da parte del fornitore. L’archiviazione della documentazione di reso permette al ristoratore di dimostrare l’applicazione di quanto previsto per le situazioni di non conformità. Se invece il ristoratore ha motivo di ritenere che sussista un grave pericolo per la salute, provvede ad inoltrare la comunicazione all’Autorità Sanitaria Locale territorialmente competente e collabora con i tecnici della prevenzione nella gestione dell’emergenza.

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INTERVISTA AL TECNOLOGO

Una libera professione vissuta al servizio della Gdo

«S

ono sempre stato appassionato di alimenti in tutte le loro forme, e appena concluso il liceo alcuni amici, che avevano intrapreso lo stesso percorso un paio di anni prima, mi parlarono della laurea in Scienze e tecnologie alimentari in maniera così entusiasta che andai ad informarmi sul piano di studi e capii che quella era davvero la mia strada». Inizia così la nostra conversazione, uno stimolante botta e risposta, con Massimo Parisi, tecnologo alimentare siciliano, vicepresidente dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari di Sicilia e Sardegna. Cosa pensa dell’evoluzione in atto nella sua professione? Il cibo è essenziale per l’uomo, e stare attenti alla sua qualità e alla sua sicurezza è fondamentale per un’elevata qualità di vita. Il noto filosofo Ludwig Feuerbach diceva: “La fame e la sete abbattono non solo il vigore fisico, ma anche quello spirituale e morale dell’uomo, lo privano della sua umanità, della sua intelligenza e della coscienza”. Di certo nel suo saggio non prendeva in considerazione alimenti non sicuri. Lei si occupa di sicurezza alimentare in ambito Gdo: in cosa consiste la sua attività?

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Svolgo verifiche ispettive, oramai da molti anni, per conto della Gdo (grande distribuzione organizzata) volte a verificare la corrispondenza a rigidi protocolli igienico sanitari, sia nei supermercati delle catene distributive che presso i loro fornitori di prodotti alimentari. Oggetto della verifica è l’igiene, la gestione dei prodotti, il rispetto dei requisiti legali, la tracciabilità degli alimenti, fondamentale quest’ultima in caso di allerta sanitari per permettere di richiamare i prodotti non sicuri dal mercato. Che quadro emerge dalle vostre verifiche? Solitamente le aziende più strutturate sono più attente nei confronti dell’applicazione dei requisiti normativi cogenti per il settore alimentare, ma posso affermare che ci sono moltissime piccole aziende siciliane in crescita, che innovano e producono eccellenze, spesso esportate fuori dall’Italia. E per quanto concerne le certificazioni? Le certificazioni che riguardano la sicurezza alimentare accrescono la competitività delle aziende: oltre che garantire ancora di più la sicurezza dei prodotti realizzati e commercializzati,

danno molto anche in termini di visibilità, soprattutto per le più virtuose. I livelli raggiunti in seguito all’iter di certificazione sono pubblici e molti clienti selezionano le aziende fornitrici anche grazie a questo. Operando prevalentemente nel Meridione d’Italia come giudica il ruolo del tecnologo alimentare in questo contesto? Assai difficile, purtroppo! Ci siamo dovuti far conoscere in un territorio per natura diffidente. Adesso le aziende con tecnologi alimentari sono un numero elevato, grazie al sempre maggior riconoscimento del ruolo e al valore aggiunto che tale figura professionale apporta concretamente alle imprese. Ci dica tre caratteristiche che un tecnologo alimentare deve avere… Caparbietà, professionalità e aggiornamento tecnico continuo. Cosa andrebbe fatto per migliorare il rapporto in termini di sicurezza alimentare tra la Gdo e i propri fornitori? Puntare certamente e con la massima determinazione a selezionare aziende certificate e verificare periodicamente il rispetto dei requisiti richiesti.

Igiene Alimenti

Giugno 2019


di Maurizio Pedrini Giornalista di settore

MASSIMO PARISI Nasce a Catania nel 1973. Dopo la maturità classica si iscrive al Corso di laurea in Scienze e tecnologie alimentari, attivo da soli due anni in Sicilia. Una volta laureato intraprende l’attività professionale con entusiasmo e passione, dimostrando fin dall’esordio una spiccata vocazione ad esercitare la libera professione. Si occupa, infatti, non solo di aziende dedite alla trasformazione alimentare, ma anche di formazione e audit di verifica. Successivamente inizia ad operare presso un grosso studio di consulenza, che gli consente di conoscere a fondo il mondo della Gdo, delle certificazioni e delle attività di analisi sui prodotti alimentari. Attualmente, oltre a svolgere queste attività professionali, è vicepresidente dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari di Sicilia e Sardegna.

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Igiene Alimenti

Come viene affrontata dalle aziende presso le quali opera la delicata problematica della pulizia e sanificazione degli impianti? Innanzitutto il mio parere non solo è ascoltato, ma spesso voluto e richiesto. La maggior parte delle volte una errata sanificazione di impianti e attrezzature

è concausa non solo di mancata sicurezza alimentare, ma anche di alterazione del prodotto, con conseguenti ingenti danni economici e di immagine a carico della ditta. Questo le aziende lo hanno oramai capito e si affidano sempre più a professionisti del settore per ovviare a tali problematiche.

È anche grazie alle certificazioni in tema di sicurezza alimentare che si accresce la competitività delle aziende 37


PEST MANAGEMENT

Misurare i risultati di un intervento di pest management

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l termine “efficacia” è sicuramente uno dei più usati nel gergo quotidiano del mondo del lavoro; spesso è associato anche al termine “efficienza” che tuttavia rappresenta un altro importante ma differente concetto. Di fatto, entrambi sono degli indicatori dell’andamento di un processo, qualsiasi esso sia. Se l’efficacia può essere definita come la capacità di raggiungere un determinato obiettivo, l’efficienza rappresenta l’abilità di raggiungere un risultato impiegando le risorse minime indispensabili. Va da sé, pertanto, che i due concetti siano ampiamente impiegati nella terminologia dei sistemi di gestione e negli standard che necessitano di indicatori e di interpretazione dei dati registrati durante le attività.

Valutare i servizi in termini di efficacia ed efficienza Limitatamente alle performance legate all’erogazione del servizio, già gli standard BRC (per es. GSFS ed. 8) ed IFS (ed. 6.1) trattano di questo argomento nell’ambito della fornitura di servizi di gestione infestanti nell’ambito di imprese alimentari.

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Naturalmente anche la norma UNI EN 16636:2015, che definisce specificatamente per le imprese professionali di disinfestazione i requisiti per la gestione e il controllo delle infestazioni e le competenze nell’ambito del proprio flusso di processo dei servizi professionali, determina il requisito della conferma dell’efficacia del servizio. Al punto 5.11 lo standard chiarisce che il fornitore professionale del servizio debba (si utilizza testualmente il termine “deve”) dimostrare l’efficacia del servizio (di ogni tipologia di servizio, anche straordinario e/o a spot) al fine di

confermare che i risultati ottenuti siano di fatto conformi con quanto concordato con il cliente ovvero in relazione a quanto riportato nel contratto di fornitura del servizio. Al fine di erogare un servizio efficace, sarà possibile anche fornire delle raccomandazioni in merito alle azioni da completare per raggiungere la completa efficacia (a carico del fornitore e/o a carico del cliente). Tornando indietro di qualche anno, anche la norma UNI 11381:2010 “Ambienti delle industrie alimentari - Sistemi di monitoraggio degli insetti” richiede ve-

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di Francesco Fiorente Consulente in Pest Management

Il fornitore di servizi è tenuto a dimostrare l’efficacia del suo operatore confermando che i risultati ottenuti corrispondano a quanto riportato sul contratto con il cliente

rifiche dei sistemi di monitoraggio, anche allo scopo di registrarne la conformità con quanto progettato, e l’effettivo raggiungimento degli obiettivi concordati con cliente. Se per raggiungere alti risultati in termini di efficienza del servizio sono necessari tutta una serie di strumenti “trasversali” che non riguardano di per sé solo l’erogazione del servizio ma di fatto la stessa organizzazione dell’impresa di disinfestazione - comprendente anche un ampio sguardo sugli scenari in evoluzioni dei prodotti e dei dispositivi per il controllo e il monitoraggio - per erogare

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un servizio efficace è importante definire chiaramente: • gli obiettivi del servizio richiesto dal cliente; • la disponibilità di risorse adeguate, sia dal punto del personale che dal punto di vista del budget del cliente stesso; • una valutazione dei rischi adeguata che possa fornire, quanto meno nella fase iniziale, un’idea chiara di quello che è e che potrebbe essere lo scenario operativo nel quale i servizi saranno erogati; • la definizione di un contratto di servizi chiaro e adeguato.

L’efficacia, di fatto, potrà essere confermata in varie fasi del servizio. Selezionati gli strumenti e i dispositivi idonei in funzione degli infestanti da gestire e del contesto del cliente, il tecnico che si occupa delle ispezioni di routine dei dispositivi di monitoraggio dovrà appurare ad ogni turno di verifica se le trappole, gli erogatori, e gli altri strumenti siano ancora idonei allo scopo previsto dal contratto. In altre parole, è necessario da un lato verificare eventuali catture di infestanti (oppure consumi di esche di vario genere) e dall’altro assicurarsi che rispetto allo scenario operativo i disposi-

Un’infestazione si intende risolta a seguito di almeno tre ispezioni con esito “negativo” 39


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tivi in uso siano di fatto ancora adeguati al sito del cliente: 1. in merito alla loro dislocazione, i dispositivi di monitoraggio sono installati coerentemente rispetto a vie di passaggio degli infestanti, punti critici dello stabilimento, eventuali focolai di infestazione? 2. i dispositivi sono correttamente segnalati rispetto anche alle disposizioni cogenti? Vi è stata dispersione di esche tossiche? 3. rispetto alle lavorazioni alimentari svolte, i dispositivi di monitoraggio riescono a garantire una certa durata della loro integritĂ (e quindi la loro efficacia) tra un turno di monitoraggio ed il successivo? Vengono danneggiati frequentemente? Vengono resi inefficaci dalla presenza di acqua, polveri, ecc.? 4. rispetto al turno di monitoraggio precedente, gli stessi dispositivi sono ancora presenti? Sono stati rimossi, danneggiati? 5. pertanto, il sistema di monitoraggio ha dimostrato la sua efficacia ovvero ha dimostrato di essere in grado effettivamente di monitorare (per es. catturando) gli infestanti descritti nel contratto di servizio? Fondamentale è che l’operatore di pest control sia a conoscenza degli standard di sicurezza alimentare e abbia adeguate competenze in materia di igiene

Tutte le eventuali deviazioni rispetto a quanto concordato devono essere

Gli obiettivi del servizio devono essere definiti, condivisi e ragionevolmente raggiungibili 40

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registrate nei documenti di servizio e devono essere poste all’attenzione sia del cliente che della direzione tecnica dell’impresa di pest management, al fine di risolvere le problematiche e di garantire una maggiore efficacia del sistema. Naturalmente, le conferme dell’efficacia sono da svolgersi anche a seguito di interventi di controllo al fine di verificare l’effettivo andamento dei trattamenti proposti al fine di gestire una non-conformità dovuta alla presenza nello stabilimento di un determinato infestante. A titolo esemplificativo, in questi casi e in accordo anche con le specifiche tecniche dei clienti, un’infestazione potrà intendersi risolta a seguito dei trattamenti concordati e a seguito di almeno 3 ispezioni con esito “negativo” successive (assenza di infestanti), da svolgersi con frequenza ravvicinata, anche considerando le giornate festive e/o orari notturni.

QUALI COMPETENZE DEVE AVERE IL FORNITORE DI SERVIZI? Il Pest Control Expert può essere sia una figura interna al fornitore di servizi, sebbene non coinvolta nelle attività di routine e di progettazione dei sistemi di monitoraggio, sia un professionista esterno incaricato dello svolgimento di tali attività. Tra le qualifiche, le competenze e le abilità non devono mancare: • conoscenza degli standard di sicurezza alimentare e competenza adeguata in materia di igiene degli alimenti; • iscrizione ad Ordini professionali o membership ad associazioni di categoria al fine di garantire un appropriato livello di aggiornamento, aderendo preferibilmente anche ad un programma di formazione continua a cui, per esempio, sono sottoposti Agronomi, Forestali, Tecnologi alimentari; • conoscenza delle attività dell’azienda da ispezionare in termini di tipologia di produzione, tipologia di specifiche e clausole applicabili; • capacità di analizzare in maniera appropriata i dati registrati durante le attività di monitoraggio; • fornire adeguati spunti di miglioramento e raccomandazioni sia per l’impresa alimentare che per il fornitore del servizio.

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PEST MANAGEMENT

Periodicamente deve essere prevista la revisione della valutazione dei rischi rispetto alle condizioni ambientali, alle novità legislative e alle procedure di lavoro

Gli interventi di routine e le ispezioni di controllo Il ruolo del tecnico che si occupa degli interventi di routine è fondamentale: rappresenta di fatto gli “occhi e le orecchie” del fornitore del servizio nello stabilimento e quanto rilevato a riguardo dell’efficacia rappresenta una serie di informazioni molto importanti ai fini di un riesame periodico del sistema di pest management in atto. Le conferme dell’efficacia possono anche essere svolte in altri momenti. Periodicamente il responsabile tecnico dell’impresa di disinfestazione dovrebbe riesaminare gli esiti dei monitoraggi e dei trattamenti di controllo, al fine di

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verificare le criticità, le deviazioni e le problematiche ricorrenti del cliente o del servizio, anche per rivalutare e modificare, se necessario, il piano di gestione e controllo concordato. BRC GSFS ed. 8 e IFS ed. 6.1 ci ricordano rispettivamente della necessità di svolgere ispezioni/indagini approfondite da parte di un “Pest Control Expert” (con una frequenza adeguata al rischio) e di riesaminare (annualmente o in caso di infestazione) gli esiti dei monitoraggi periodici anche mediante analisi regolari della tendenza dei rilievi. Da un lato, infatti, è necessario analizzare periodicamente nel medio e nel lungo periodo lo sviluppo degli in-

festanti, proprio facendo riferimento ai risultati dei monitoraggi periodici al fine prevenire l’eventualità di una grave infestazione, per ridurre la durata dei trattamenti di NC (e conseguentemente consentire il normale svolgimento delle attività lavorative) e di mantenere i livelli degli infestanti nell’ambiente al di sotto di una soglia critica. L’analisi delle tendenze deve essere svolta da personale tecnico formato e competente che abbia modo di poter intervenire sul sistema di gestione degli infestanti qualora sia necessario. In riferimento allo standard BRC, le indagini approfondite andrebbero svolte almeno una volta all’anno al fine di va-

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lutare le misure di gestione in atto, con lo scopo di confermare o meno quanto svolto oppure di rivedere le misure in essere. Il ruolo del cosiddetto Field Biologist (biologo di campo) o Pest Control Expert è molto importante poiché consente una valutazione del sito e delle misure in atto scevra dalle influenze delle attività di routine. Tra l’altro è altamente consigliabile che le attività di ispezione approfondita non siano svolte contestualmente alle ispezioni di monitoraggio di routine. Sebbene la definizione della figura professionale dedicata a questa attività non sia chiara in accordo con la terminologia delle professioni italiane, il “Pest Control Expert” non deve essere necessariamente un biologo: sono numerosi gli agronomi, i tecnologi alimentari e altre figure professionali che svolgono questa tipologia di attività. In questa attività deve essere compresa anche la revisione periodica della valutazione dei rischi, per valutarne il grado di aggiornamento rispetto alle condizioni ambientali, alle novità legislative ed altre procedure di lavoro. In effetti, le attività di in-depth surveys rappresentano una tipologia di conferma di efficacia molto avanzata, da consigliare anche in contesti non necessariamente “certificati” secondo gli schemi più diffusi della Food Safety (comprese le specifiche e i “code of practice” di molte GDO internazionali) ma che allo stesso modo possano necessitare di approfondite revisioni periodiche del sistema di pest management (per es. strutture ospedaliere, industrie farmaceutiche e cosmetiche, strutture zootecniche, ecc.). Le attività di conferma di efficacia rappresentano uno strumento per valutare periodicamente l’effettiva corrispondenza tra gli obiettivi concordati in fase contrattuale e l’effettivo raggiungimento degli stessi.

Per concludere È chiaro come fin dal principio gli obiettivi di un servizio di gestione infestanti debbano essere definiti, condivisi e raggiungibili anche in funzione delle risorse messe a disposizione: l’ascolto del cliente e la comprensione dei requisiti di interesse sono fondamentali in tal senso. Un atteggiamento proattivo ovvero orientato anche all’anticipazione delle problematiche ma allo stesso tempo la reattività del Fornitore del Servizio nell’agire tempestivamente possono consentire di rendere sempre più efficace il servizio fornito, aumentando il grado di soddisfazione del cliente.

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APPUNTAMENTI

Metodi rapidi di analisi: il Convegno a settembre Dopo il successo della giornata di studio dello scorso anno che ha visto la partecipazione di 80 operatori del settore alimentare, è in programma la seconda edizione del convegno dedicato alle analisi chimiche e microbiologiche. L’appuntamento è per giovedì 26 settembre 2019 a Milano. L’evento è ideato e organizzato da c_OM_unicando, il gruppo di lavoro di OM specializzato nella comunicazione per il settore agroalimentare, e vede Igiene Alimenti come media partner. La giornata di studio, intitolata “Sicurezza alimentare: metodi rapidi per il controllo di alimenti, acque e superfici”, è divisa in due parti: al mattino la sessione plenaria costituita dagli interventi in aula di accademici e ricercatori, nel pomeriggio le dimostrazioni pratiche effettuate dalle aziende espositrici del funzionamento dei metodi di analisi proposti. In questo modo la parte teorica e quella pratica si uniscono per creare un percorso di approfondimento integrato e completo. Oltre ai metodi rapidi di analisi, protagonisti del convegno saranno anche i temi relativi alle caratteristiche delle

acque potabili, i sistemi di trattamento e la sanificazione nell’industria alimentare. Completeranno la sessione plenaria brevi interventi sui temi di studio a cura di Tecna, Generon, R-Biopharm e 3M. Il convegno si svolgerà dalle 9.30 alle 16.30 presso la Casa Generalizia della Compagnia di Sant’Orsola, in via San Vittore 49 a Milano. Il convegno si rivolge a responsabili produzione di aziende agroalimentari e GD, responsabili qualità e laboratorio, consulenti, tecnologi alimentari e alla stampa di settore. L’ingresso è gratuito previa registrazione sul sito www.in-formare.net. Al termine della giornata sarà rilasciato un attestato di partecipazione.

Gli altri appuntamenti: Contaminanti e MOCA Si terranno a Milano il 3 e 4 luglio 2019 i prossimi appuntamenti dedicati alla qualità e sicurezza alimentare. Per i materiali a contatto con gli alimenti saranno approfonditi gli aggiornamenti normativi. La gestione del rischio sarà il focus sui contaminanti chimici. La giornata del 3 luglio dal titolo “Come gestire i contaminanti chimici per ridurre il rischio negli alimenti” si concentrerà sulle sostanze più problematiche per l’operatività dell’OSA approfondendo l’evoluzione delle conoscenze, delle tecniche analitiche, delle normative e dei punti critici di filiera e di processo. Le tematiche affrontate sono trasversali a tutte le filiere, nessuna delle quali può considerarsi esente dal rischio. In particolare, i relatori tratteranno: acrilammide, micotossine, metalli pesanti, pesticidi, biotossine, diossine e PCB.

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“MOCA: aggiornamento normativo e aspetti controversi per l’OSA” è invece il seminario in programma il 4 luglio 2019 a Milano con l’obiettivo di fornire gli elementi necessari a una corretta valutazione dei rischi legati agli aspetti legali e di sicurezza nell’utilizzo dei MOCA. La giornata, suddivisa in una sessione giuridica e una prettamente tecnica, partendo da un excursus sulle leggi in vigore, quelle recentemente approvate o ancora in discussione, esaminerà le tematiche sulle quali gli OSA incontrano le maggiori difficoltà: profili di responsabilità, certificati di conformità e documentazione di supporto, nuove tecniche analitiche, oli minerali, NIAS, possibilità di utilizzo di materiali di seconda vita. Programmi degli eventi e informazioni: www.in-formare.net/ formazione/

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PRODOTTI E SOLUZIONI

KIT RAPIDI E SICURI PER L’ANALISI DEI PATOGENI Astori Tecnica distribuisce in esclusiva i nuovi kit Microlab Salmonella e Microlab Listeria monocytogenes per l’analisi dei patogeni alimentari. Questi praticissimi sistemi completi permettono di eseguire un rapido test su alimenti e campioni ambientali senza necessità di un laboratorio attrezzato o di particolari conoscenze o manualità specifiche: chiunque può effettuare il test in maniera sicura e affidabile. I kit Microlab richiedono solo una bilancia per

pesare la giusta quantità di campione e un incubatore a 37°C per l’incubazione. Dopo aver aggiunto 25 grammi di campione, il kit rimane sigillato e impedisce qualsiasi fuoriuscita o contaminazione verso l’esterno, permettendone così l’utilizzo anche nei laboratori interni alle industrie dove finora si è preferito evitare queste determinazioni per questioni di sicurezza. Al termine dell’analisi il sistema può essere gettato nel contenitore dei rifiuti

indifferenziati grazie al disinfettante integrato che sterilizza il contenuto del kit. Il particolare disegno e la composizione speciale del brodo di arricchimento dei kit Microlab eliminano l’uso degli omogeneizzatori per campioni. È possibile applicare con successo questi prodotti a campioni liquidi come, ad esempio, bevande o acque di risciacquo, ma anche a campioni ambientali come tamponi, spugnette e simili. I kit Microlab sono disponibili in pratiche confezioni da 6

test ciascuna e sono stabili per 12 mesi dalla data di produzione. I risultati sono ottenuti entro 24 ore per Salmonella e 48 ore per Listeria monocytogenes.

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PEST CONTROL A FAVORE DELLA TUTELA AMBIENTALE Da anni siamo di fronte a delicate questioni ambientali di grande rilievo: basta osservare gli ultimi dati presentati all’Annuario dei Dati Ambientali pubblicato dall’Ispra nel 2018 che affermano una criticità della qualità dell’aria, delle nostre acque di laguna e un consumo del suolo disastroso insieme al rischio idrogeologico. Nel settore pest management, a tutela dell’ambiente anche grazie all’entrata in vigore della normativa cosiddetta “Biocidi” che prevede il divieto di utilizzo permanente delle esche rodenticida, sono stati fatti dei concreti passi avanti, insieme alla rimozione dal mercato consumer di alcuni prodotti chimici. Tutti elementi che si sono rivelati favorevoli a noi, come i professionisti del settore e come esseri umani, a tutela della salute e dell’ambiente. Tutto ciò è andato a discapito dell’ormai obsoleto “disinfestatore chimico” che fatica a cambiare la sua mentalità contraddistinta da disinfestazioni programmate a calendario,

senza una idonea valutazione dei rischi e dei pericoli causati da irrorazioni chimiche nell’ambiente, spesso anche inutili. La fragilità dell’ambiente è una criticità che va considerata e dobbiamo farcene carico, diminuendo l’utilizzo di prodotti chimici e ricercando sempre di più nuove tecniche che garantiscono un minor impatto ambientale. Le nuove tecnologie anche nel settore pest control ci permettono di affrontare nuove sfide favorendo l’impiego di tecniche innovative a favore dell’ambiente. L’utilizzo di lampade a Led invece dei classici neon permette, ad esempio, di ridurre annualmente lo smaltimento di rifiuti speciali, adoperare mezzi fisici e meccanici ove possibile invece di esche rodenticida, favorire sempre approcci di monitoraggio preventivi al fine di scongiurare infestazioni, ecc. Questi sono solo alcuni esempi che permettono una maggiore sostenibilità ambientale e tutela della salute pubblica, in modo che la sostenibilità non verrà più recepita come utopia per ambientalisti sognatori. Elis Pest Control in Italia, grazie alla continua formazione dei suoi collaboratori e all’attenzione rivolta all’ambiente, sceglie continuamente di soddisfare i propri clienti utilizzando metodi preventivi e alternativi con il minor impatto ambientale nel rispetto della salute pubblica.

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PRODOTTI E SOLUZIONI

Monitoraggio della temperatura per trasporti refrigerati Il nuovo sistema di monitoraggio della temperatura FT105/RF-ATP si compone di moduli radio FT-105/RF-MP ai quali vengono collegate delle sonde digitali di temperatura (interne o esterne). Ogni modulo ha una antenna interna ad alta risoluzione con invio monodirezionale. La temperatura di esercizio delle sonde esterne digitali è compresa fra -50°C / +125°C. Il settaggio delle sonde viene fatto con un semplice drag & drop. I tempi di invio dati via radio al pc sono programmabili dall’utente Le sonde per la temperatura hanno le seguenti caratteristiche: risoluzione: 0,1°C, accuratezza: +/- 0,5°C (+/- 0,2 con taratura termometro Accredia). Il valore della misura delle sonde digitali può essere corretto da software con un Offset di calibrazione: è questa una procedura molto utile per i controlli periodici Accredia. Inoltre, una recente implementazione del programma permette di seguire il monitoraggio, registrando tutte le operazioni svolte dai vari utenti e dall’amministratore come previsto dalle Linee Guida FDA-CFR21-Parte 11. Inizialmente si crea l’elenco delle persone che possono accedere al sistema di monitoraggio inserendo i nomi nella Gestione utenti, con la mansione nel campo Tipo utente e la relativa password.

Le sonde di temperatura utilizzate per le misure sono del tipo digitale e presentano i seguenti vantaggi rispetto alle tradizionali sonde analogiche: escludono la necessità di provvedere a tarature periodiche; il tipo di protocollo usato e il fatto che ogni sonda sia identificata in modo univoco, semplifica il cablaggio del sistema ed inoltre rende la comunicazione insensibile ai disturbi e consente di verificare la presenza o meno delle sonde rilevando eventuali guasti; infine, possono essere posizionate anche a notevole distanza dallo strumento senza che questo influenzi l’accuratezza della misura. Con lo stesso pc è possibile effettuare contemporaneamente le misurazioni in due differenti automezzi.

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DOSAGGIO DEL LATTOSIO IN TRACCE NEGLI ALIMENTI Dosare tracce di lattosio in alimenti, integratori alimentari e farmaci è, oggi, una esigenza sempre più sentita da aziende del settore alimentare e laboratori di servizio sia perché esiste un limite di legge (un prodotto è dichiarato privo se ha un tenore di lattosio < 0.1%) sia per motivi merceologici (prodotti “lactose free” < 0.01%). R-Biopharm ha sviluppato un metodo semplice e preciso per l’estrazione e la determinazione di lattosio in tracce in diverse matrici alimentari. Il limite di quantificazione (7mg/l nella soluzione campione che corrisponde allo 0,0035% nel prodotto) è ben al di sotto dello 0.01%, che rappresenta il limite di concentrazione più restrittivo per prodotti lactose-

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free. L’elevata specificità del sistema enzimatico consente di dosare il lattosio anche in matrici complesse che, con i metodi di analisi strumentale (HPLC, GC), richiedono fasi laboriose di purificazione del campione per eliminare interferenze dovute ad altri disaccaridi (maltosio, saccarosio) e ai più comuni monosaccaridi (glucosio). Il kit di preparazione EnzytecTM Glucose Remover, pronto all’uso, consente la digestione enzimatica dell’eccesso di glucosio libero presente in prodotti delattosati e la successiva analisi del residuo di lattosio con il kit EnzytecTM Liquid Lattosio/D-Glucosio. Il kit enzimatico contiene tutti i reagenti necessari all’analisi ed un test di controllo. Le procedure

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Risolvere i problemi di formiche in cinque passi Nelle aree industriali e commerciali la risoluzione del problema delle formiche può essere una sfida impegnativa per il disinfestatore. Per aumentare le probabilità di successo è utile operare secondo cinque passaggi-chiave da non trascurare per affrontare, secondo i criteri dell’IPM - Integrated Pest Management, insetti con una complessa struttura sociale come le formiche: 1. Ispezionare 2. Identificare 3. Consigliare/raccomandare 4. Trattare 5. Valutare Ispezionare. La chiave di tutto è naturalmente individuare la localizzazione del formicaio e dei percorsi che le formiche operaie seguono per spostarsi da e verso il nido. Questo richiede un’ispezione approfondita del sito infestato, utilizzando una torcia, lente d’ingrandimento e disegnando una mappa del sito, identificando, oltre che formicaio e percorsi, fonti di cibo e acqua e i punti di accesso all’edificio. Identificare. Le specie di formiche hanno abitudini e caratteristiche biologiche diverse tra di loro, a partire dalla grande distinzione tra specie monoginiche (= con una sola regina) e poliginiche (= con più regine): questo naturalmente comporta differenze anche nelle modalità di trattamento. Se si hanno dubbi sull’identificazione della specie infestante è sempre meglio rivolgersi a un entomologo professionista. Consigliare/raccomandare. Per eliminare l’infestazione da formiche è fondamentale dialogare e ottenere la collaborazione

del proprietario o del responsabile del sito infestato: è necessario spiegare che il controllo avviene tramite una lotta integrata. Il disinfestatore può così dare consigli per prevenire in futuro la formazione dei formicai, ad esempio eliminando fonti di cibo e di umidità a contatto con il terreno. Trattare. Il trattamento di successo non si limita all’applicazione dell’insetticida, ma comprende misure di esclusione dall’edificio, di rimozione delle fonti di cibo e di altri fattori che facilitano lo sviluppo delle formiche. Dato che le formiche si possono controllare solo intervenendo sul formicaio, per il trattamento insetticida è utile impiegare esche come ad esempio Maxforce QUANTUM, esca insetticida in gel. Gli insetticidi liquidi applicati per irrorazione possono essere utili al trattamento come “barriera” per proteggere ambienti specifici dall’infestazione, privilegiando formulazioni non-repellenti per le formiche operaie come Multamat. Valutare. Il controllo delle formiche non finisce con il trattamento: programmare sempre un sopralluogo post-trattamento per verificare il successo del proprio intervento e, se necessario, prendere ulteriori misure di controllo, necessarie soprattutto per formicai di grandi dimensioni. Seguire il cliente nel posttrattamento sicuramente migliora la soddisfazione del cliente e le probabilità di successo dell’intervento. Sono insetticidi Presìdi Medico Chirurgici. Leggere attentamente l’etichetta.

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operative prevedono una estrazione in acqua e la successiva analisi al fotometro. In alternativa, è disponibile l’analizzatore automatico multi-parametrico i-Magic M9, che consente di testare in modo simultaneo più campioni (da 80 a 120 test/ ora), riducendo il carico di lavoro dell’operatore, il volume di reattivi impiegati e dunque i costi per singola analisi. L’analizzatore è la soluzione ideale per aziende e laboratori interessati a gestire più dosaggi sullo stesso campione: non solo lattosio ma anche zuccheri semplici quali glucosio/ fruttosio, acidi organici, urea, ammoniaca, colesterolo, nitrati.

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Tecnologia di misura per gli addetti ai controlli alimentari Il cibo è una questione di fiducia, la sua qualità e la sua sicurezza sono date per scontate dal consumatore. Ciò vale in egual misura per supermercati, ristoranti, street food: gli addetti ai controlli garantiscono che gli alimenti prodotti e distribuiti nei vari esercizi, siano preparati e serviti in conformità con la normativa vigente. Per supportare i responsabili della sicurezza alimentare nel loro lavoro, Testo ha creato due nuovi kit con strumenti di misura selezionati appositamente per le esigenze per le esigenze degli addetti ai controlli alimentari. Kit per il controllo degli oli di frittura: ideato per il controllo efficiente di temperatura e olio di frittura, questo kit contiene il tester per oli di frittura testo 270 e il termometro a penetrazione/ infrarossi testo 104-IR. Ciò significa che durante le ispezioni, si potrà non solo controllare la qualità dell’olio, ma anche monitorare la presenza di acrilammide. Kit per gli addetti ai controlli alimentari: strumentazione completa per la misura e l’analisi della temperatura in un’unica valigia, e comprende il termometro testo 926 con robusta sonda per alimenti, il tester per oli di frittura testo 270, il termometro a penetrazione e infrarossi testo 104-IR, il pHmetro testo 206-pH2 e il termometro testo 826-T2. Entrambi i kit comprendono diversi accessori (valigia, custodia di protezione, documentazione).

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Igiene alimentare? STI è il tuo migliore alleato STI, azienda giovane e dinamica, grazie ad un’organizzazione rapida e flessibile e all’alta qualità dei suoi prodotti, sta conquistando il mercato europeo ed extra-europeo. L’azienda si pone come un partner affidabile in grado di offrire un servizio a 360 gradi ed un prodotto completo interamente made in Italy. È leader nella realizzazione di macchine per la pulizia a vapore, nelle due

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gamme per uso domestico e per uso professionale, composta da due linee: Gaiser, generatori di vapore, e Comby, generatori di vapore con aspirazione. La linea ad uso professionale si presenta come un ottimo alleato per la pulizia nell’ambito dell’igiene alimentare: STI ha commissionato degli studi in laboratorio con l’obiettivo di testare l’efficacia battericida nel trattamento di superfici

in teflon e in acciaio a contatto con alimenti. Queste sono state sottoposte ad analisi batteriologica prima e dopo l’esposizione per 5 secondi al vapore, ottenendo ottimi risultati. Uno dei report ha dimostrato che su una superficie in teflon contaminata con una carica batterica totale di 3360 ufc/cm2, questa dopo l’esposizione al vapore si è ridotta a 7. Nella stessa superficie con una

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DISINFEZIONE E SICUREZZA PER L’INDUSTRIA ALIMENTARE E LA FILIERA ZOOTECNICA Diversi microrganismi, oltre a minacciare la salute pubblica, rappresentano un impedimento per la filiera agroalimentare in quanto possono alterare le lavorazioni, degenerare gli ingredienti e interferire con la conservazione del prodotto finito. Dall’esperienza Newpharm nell’igiene ambientale, nasce una ricca proposta di soluzioni professionali per ridurre o eliminare completamente i microrganismi presenti nell’ambiente o su determinate superfici. Dalla moderna “chimica verde” proviene il detergente ad alto potere sgrassante Végémat®, meritevole della certificazione ECOCERT per la sua ecocompatibilità. Risultato di un processo produttivo sofisticato e rivoluzionario che prevede l’impiego di residui vegetali e scarti dell’industria alimentare come matrice per la sua realizzazione, Végémat® risulta 100% biodegradabile e quindi allineato con i programmi HACCP. L’azione sgrassante di Végémat® è profonda e veloce, per questo si inserisce come soluzione di routine nell’industria alimentare, grazie anche alla possibilità di venire a “contatto” con gli alimenti. Con Végémat® le operazioni quotidiane di detersione e pulizia (anche meccanica) di superfici, macchinari, recipienti di alimenti e utensili saranno notevolmente semplificate, come pure la gestione dei reflui di lavaggio. In definitiva, Végémat® si introduce per merito nelle aziende ecologiche e biologiche, con una visione proiettata alla tutela dell’ambiente e all’assenza di residui chimici, senza scendere a compromessi in termini di efficacia. Successivamente alla detersione profonda operata con Végémat®, Newpharm consiglia l’impiego di K30® New per procedere alla disinfezione di ambienti e superfici. È dalle straordinarie proprietà antimicrobiche dello iodio che nasce K30® New, attivo sulla maggior parte delle specie microbiche, funghi e virus contenenti lipidi. L’associazione dello iodio con tensio-

attivi che aiutano la detersione, ha portato alla realizzazione di un complesso “iodoforo”, chiamato iodiopovidone, connotato da spiccata attività germicida. La disinfezione completa degli ambienti della filiera agroalimentare può essere raggiunta attraverso l’impiego di Viroster® Alimentare a pH neutro. Preparato in acqua, la polvere si scioglie nel giro di qualche minuto iniziando a liberare la sostanza attiva, l’acido peracetico, che distrugge i microrganismi in tutte le loro forme (spore comprese). Viroster® Alimentare agisce in brevissimo tempo per poi scindersi in perossidi ed acido acetico, lasciando le superfici prive di residui pericolosi. Viroster® alimentare inoltre, non crea schiuma durante l’applicazione e può essere impiegato anche nel trattamento di tessuti e vestiario contaminati nonché di macchinari e strumenti di lavoro in ambito agroindustriale. Infine, grazie al pH tamponato non aggredisce le superfici conferendogli un vasto campo d’impiego.

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carica batterica di 792 ufc/cm2 questa si è ridotta a 0. I risultati emersi mettono in rilievo il considerevole abbattimento batterico successivo al trattamento con macchinari STI. Alla luce di quanto dimostrato si può affermare che l’ampia gamma di prodotti delle linee Gaiser e Comby è un alleato essenziale nell’ambito della sanificazione e della sicurezza alimentare. Tra i macchinari più apprezzati vi è Comby 3500: compatta, totalmente in acciaio,

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completa di aspiratore integrato e caldaia a ricarica automatica. Grazie al suo vapore a 180°C può eliminare in pochi secondi il 99% di batteri e, con il potente motore di aspirazione, riesce ad asciugare perfettamente qualsiasi superficie. È, inoltre, dotata di funzione detergente permettendo così una pulizia ancora più profonda.

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PRODOTTI E SOLUZIONI

Kit colorimetrico per rilevare la presenza di un biofilm batterico Nelle aziende alimentari è oggi facile trovare una risposta ad un problema cruciale: rilevare la presenza di biofilm su una superficie e poi eradicarlo e verificarne l’assenza. Il kit colorimetrico TBF 300S, sistema semplice, rapido e sicuro, interagendo selettivamente con la matrice EPS del biofilm, segnala l’eventuale presenza di biofilm ma senza evidenziare anche la presenza microbica. Ecco le caratteristiche che rendono unico TBF 300s: • rapido: bastano pochi minuti per avere la risposta; • selettivo: non viene influenzato dalla presenza di residui organici; • semplice ed economico: non richiede l’uso di strumenti ma solo una ispezione visiva; • sicuro: consente di evitare i falsi positivi. Spruzzato sulla superficie da monitorare, il colorante del reagente TBF 300S aderisce in modo irreversibile alla parete mucopolissacaridica del biofilm, colorandola di fucsia. Dopo alcuni minuti, risciacquando con acqua, se c’è presenza di un biofilm la superficie rimane colorata di rosa. Un biofilm, di qualsiasi tipo, si presenta come una pellicola gelatinosa, molto vischiosa e fortemente adesa al substrato, e risulta molto difficile da eradicare a causa della sua elevata resistenza ai principi attivi sanificanti. Evidenziata la presenza di un biofilm, la sua rimozione può essere effettuata con due efficaci trattamenti alternativi, uno chimico e l’altro enzimatico, che garantiscono la degradazione ossidativa e il distacco della matrice polisaccaridica EPS e la successiva inattivazione delle colonie microbiche in esso contenute. Per ridurre poi la possibilità che su una “superficie ad alto rischio” possa formarsi un biofilm, è altamente raccomandabile effettuare periodicamente, di norma settimanalmente, trattamenti preventivi per controllarne l’insediamento e la successiva crescita. Questi trattamenti vengono effettuati tra la fase di detergenza e quella di disinfezione terminale.

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ALTA EFFICACIA E BASSA TOSSICITÀ CON ONLY PY Nasce Only Py, il nuovo insetticida liquido emulsionabile di Copyr, a base di Chrysanthemum cinerariaefolium e senza PBO. È indicato per combattere zanzare, compresa la zanzara tigre, e insetti delle derrate alimentari sia volanti, come Plodia interpunctella (più comunemente conosciuta come tignola fasciata) e Ephestia kuehniella (o tignola grigia della farina), sia striscianti, come Stegobium paniceum (o anobio del pane) e Lasioderma serricorne (o anobio del tabacco). Nei di piani di gestione integrata IPM, le caratteristiche delle Piretrine ne consentono l’utilizzo in quelle aree sensibili come le industrie alimentari, le abitazioni e le aree verdi. Può essere quindi impiegato o con efficacia, negli ambienti interni (industrie alimentari, abitazioni, comunità, ospedali, bar, ristoranti, magazzini, ambienti rurali), esterni (aree perimetrali di abitazioni e di insediamenti industriali, viali e parchi cittadini), navi, treni, autobus, e aree verdi (parchi, giardini, siepi, piante ornamentali). Per l’utilizzo all’esterno, eseguire i trattamenti preferibilmente la sera o nelle ore più fresche, mentre, per l’interno, fare agire il prodotto almeno due ore e poi areare adeguatamente il locale. Only Py è disponibile in flacone da 1 litro, ed è un presidio medicochirurgico.

COPYR

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Monitoraggio delle superfici in ambito alimentare In ambito produttivo, è necessario garantire adeguati livelli di igiene e comprovare la pulizia di superfici e strumenti di lavoro. I controlli si possono collocare a vari livelli, ad esempio con la valutazione dei parametri indicatori di igiene, la ricerca di allergeni e la ricerca di microrganismi. Per il prelievo ambientale Kairosafe propone strumenti professionali per tutte le esigenze: • bioluminometro: strumento portatile in grado di rilevare in tempo reale la contaminazione da ATP+AMP+ADP e quindi il grado di pulizia delle superfici; • indicatore di igiene Pro-Check: permette di verificare in modo semplice e immediato la presenza di residui proteici; • piastre da contatto e slides: le piastre sono riempite con agar a formare una superficie convessa, che va appoggiata alla superficie. Alternativamente, si possono usare le slides, palette di plastica con una striscia di agar su entrambi i lati; • kit rapidi per la ricerca di microrganismi: si tratta di kit colorimetrici, costituiti da tamponcini per il prelievo e da brodi di coltura a viraggio di colore che evidenziano la crescita di determinate famiglie di microrganismi, ad esempio carica batterica totale, coliformi, enterobatteri, Pseudomonas, Listeria, Salmonella ecc.; • tamponi: i tamponi sterili sono inumiditi con soluzione neutralizzante e poi strisciati su una superficie di 10x10 cm. Vengono poi riposti in soluzione fisiologica o terreno di trasporto, seminati sui terreni desiderati e incubati; • spugnette, panni: utili per superfici lisce, punti difficilmente raggiungibili, carcasse. La spugna viene umettata con soluzione sterile e strisciata sulla superficie da esaminare (10x10 cm); • allergeni: è importante eseguire analisi sui tamponi superficiali e sui semilavorati/prodotti, utilizzando kit per la rilevazione di allergeni sia di tipo rapido che ELISA. L’approntamento di un adeguato piano di monitoraggio delle superfici e degli operatori è fondamentale per mantenere sotto costante controllo le aree operative.

KAIROSAFE

www.kairosafe.it

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YOGURT AI RAGGI-X CON LA TECNOLOGIA DI ISPEZIONE PRODOTTI DI METTLER TOLEDO Ferme des Peupliers, una nota azienda alimentare francese specializzata nei prodotti caseari artigianali, si è affidata ad un nuovo sistema di ispezione a raggi-X a doppio raggio diviso di Mettler Toledo per garantire l’integrità di yogurt e dessert a base di latte. L’azienda produce 12 milioni di vasetti di yogurt all’anno e vanta una gamma di oltre 40 yogurt e due formati di riempimento (125 e 180 grammi). La sfida era quella di trovare una soluzione di ispezione per la linea di produzione in grado di rivelare efficacemente i contaminanti, come frammenti di vetro e di metallo. Non era possibile utilizzare un normale rivelatore di metalli a causa dell’umidità del prodotto, della densità della confezione in vetro e dell’uso di sigilli in alluminio. Mettler Toledo ha proposto come soluzione il sistema X3730 a doppio raggio diviso, che aumenta la sensibilità di rivelazione esaminando ogni contenitore di vetro due volte con un unico passaggio. Poiché ogni confezione viene ispezionata da due angolazioni diverse, le zone nascoste sono ridotte al minimo ed è possibile rivelare i contaminanti fisici in ogni posizione (anche sul fondo del contenitore). Il sigillo in alluminio Scarica il libro bianco posto sui contenitori di vetro sulla prevenzione della non influisce sulla sensibilità di contaminazione fisica. rivelazione. Il sistema da 360 watt

è in grado di controllare 150 contenitori da 125 g al minuto oppure 120 contenitori da 180 g al minuto. Un ulteriore vantaggio è dato dalla possibilità di utilizzare i raggi-X per controllare il livello di riempimento dello yogurt, garantendone la conformità con un esame visivo anche in assenza di una pesatura standardizzata.

METTLER TOLEDO www.mt.com

Il sistema a raggi-X non solo rivela i contaminanti, ma controlla anche i livelli di riempimento dello yogurt per garantirne la conformità

Guanto monouso per uso alimentare “pesante” Reflexx N65 è il nuovo guanto monouso in nitrile lanciato da Reflexx nel 2019 e parte della linea Full Grip. Questa linea presenta come caratteristica principale la speciale finitura “diamantata”, presente su tutto il palmo e sulle dita, che garantisce una presa ottimale anche in ambienti particolarmente umidi o scivolosi. Oltre alla grippatura totale, da segnalare è lo speciale Grip 3D che aumenta notevolmente la superficie di contatto e migliora molto la presa anche in presenza di acqua, olio e grasso. Tutti i guanti della linea Full Grip sono DPI di categoria III e hanno una buona resistenza chimica secondo la EN ISO 374-1. Reflexx N65 è un guanto in nitrile azzurro da 6,5 g (taglia M): per la sua compatibilità con la maggior parte degli alimenti

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Tecnologia innovativa per la cattura degli insetti ematofagi La linea di trappole Mosquito Magnet rappresenta la tecnologia più innovativa che sia mai stata applicata nella cattura degli insetti volanti ematofagi, in particolare contro le zanzare. Le trappole Mosquito Magnet simulano il respiro umano, attirano le zanzare e poi le aspirano senza scampo. La prevenzione tramite l’eliminazione o il contenimento nei luoghi di proliferazione delle zanzare è l’attività fondamentale nella lotta a questi insetti problematici. In un giardino i più piccoli accumuli di acqua permettono, soprattutto alla zanzara tigre, di proliferare e riprodursi esponenzialmente già a cominciare dai primi caldi. È scientificamente dimostrato che le zanzare e gli insetti attratti dal sangue si dirigono verso gli esseri umani seguendo le tracce di anidride carbonica prodotte con la respirazione. Mosquito Magnet simula il respiro convertendo cataliticamente il Gas Propano (GPL) in anidride carbonica. Le zanzare, attirate dalla CO2 e da speciali attrattivi Lurex (per zanzara tigre) e R-Octenolo (per zanzara comune), si avvicinano alla trappola per nutrirsi del pasto di sangue, ma appena arrivate in prossimità di essa vengono irrimediabilmente aspirate e catturate nella retina interna. Mosquito Magnet si basa sulla tecnolo-

gia brevettata “Counterflow”, una speciale geometria che emette un mix calibrato di CO2, calore, umidità, R-octenol o Lurex, in modo da attrarre le zanzare e aspirarle in una rete, sfruttando il loro stesso istinto che le spinge a girare verso l’alto man mano che si avvicinano all’obiettivo. Le zanzare in cerca di un pasto di sangue sono solo le femmine fecondate che, grazie alle proteine ottenute dal sangue delle loro prede, saranno in grado di portare a termine lo sviluppo delle uova. Catturando queste zanzare è possibile interrompere o ridurre sensibilmente il ciclo di vita di questi insetti nell’ambiente esterno in cui essi agiscono. Le zanzare attirate dall’anidride carbonica sono aspirate da una speciale ventola e imprigionate fino alla morte che sopraggiunge per disidratazione. Le zanzare negli allevamenti zootecnici sono presenti a causa di numerosi microfocolai di sviluppo in cui si riproducono, come piccole raccolte d’acqua che possono formarsi su macchinari, imballaggi, teli, pozzetti, caditoie, contenitori, fusti, canali di gronda, copertoni usati come ferma-telo, ecc. L’uso di Mosquito Magnet è quindi consigliabile anche negli ambienti esterni delle aree zootecniche allo scopo di favo-

rire il benessere animale, evitare perdite di produttività, ridurre i rischi sanitari e creare luoghi di lavoro idonei anche per le persone che operano in questi ambienti. Mosquito Magnet, riducendo, il numero di zanzare migliora la qualità delle vita di animali ed esseri umani. I modelli di trappole Mosquito Magnet disponibili sono: • Mosquito Magnet Pioneer ideale per spazi esterni di piccole dimensioni; • Mosquito Magnet Executive la soluzione smart più efficace per spazi di grandi dimensioni. Mosquito Magnet è un prodotto distribuito sul mercato Italia in esclusiva da Ekommerce srl.

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e per il caratteristico colore azzurro, è particolarmente adatto alle aziende di trasformazione alimentare (filiera di lavorazione della carne, del pesce, dei salumi) che hanno bisogno di presa sicura, resistenza meccanica e alle punture. N65 è disponibile nelle taglie S- M -L e XL in comodi dispenser da 50 pezzi.

PERCHÉ I GUANTI FOOD SONO BLU/AZZURRO? Il colore dei guanti alimentari non è certo frutto del caso. Il colore blu, infatti, non è proprio di nessun alimento e ciò significa che, in caso di lacerazione del guanto, eventuali frammenti possono essere subito identificati, eliminando così il rischio di contaminazione del cibo. In ottica HACCP e quindi analisi dei rischi, l’adozione di un guanto di colore blu è sicuramente una corretta misura precauzionale.

Giugno 2019

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REFLEXX

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PRODOTTI E SOLUZIONI

Il dispositivo termo-nebbiogeno sicuro, efficace e… brevettato Semplice, pratico, sicuro ed efficace per la produzione di termonebbia nella disinfestazione di magazzini e capannoni industriali, grandi silos destinati a derrate alimentari, reti fognarie, lotta insetticida, e molto altro ancora: è il sistema per produrre termonebbia di Martignani, che funziona sfruttando l’azione ad alta efficienza fluidodinamica dei suoi noti nebulizzatori pneumatici per l’igiene ambientale e la protezione del verde pubblico e il calore del collettore di scarico del motore a benzina o diesel, con la possibilità di applicare un tubo in plastica (moplen) grazie all’azione raffreddante del ventilatore, molto comodo per l’immissione nei chiusini delle reti fognarie. Il tutto permette di effettuare qualsiasi operazione di disinfestazione con la massima praticità ed efficacia e, aspetto non meno importante, con ridotta manutenzione e totale sicurezza d’uso. La gamma che Martignani propone prevede tre versioni: • sistema integrato, ossia applicato come accessorio optional ai nebulizzatori Phantom Super Ecology Luxor o Compact, rapidamente disinseribile dall’apparecchio; • carriolina K800, con possibilità di renderlo portatile a mano smontando rapidamente il kit manubrio-ruote. Compatto e leggero, è ideale nei luoghi inaccessibili per i normali automezzi. Per operare negli ambienti interni, in cui è utile disporre di termo nebbia “calda” per raggiungere anche gli strati alti, è fornibile su richiesta il regolatore di temperatura (brevetto 2006/7000205). Garantisce una

capacità operativa fino a 15.000 m3/h in ambienti chiusi con il pieno di 14l; • per pianale M751, uno tra i più potenti al mondo, per i professionisti della termo-disinfestazione, utilizza il ventilatore M748 ad alto rendimento accoppiato a un motore 4t - 11 CV e ora disponibile anche con la nuova testata girevole con comando elettrico. velocità ed efficacia di lavoro imbattibili.

MARTIGNANI

www.martignani.com

Controllo degli insetti volanti Orma Srl presenta Saturn, una trappola luminosa per insetti volanti, frutto di trent’anni di esperienza nel campo del

Pest Control e di un innovativo studio del design. La copertura esterna magnetica nasconde alla vista la piastra collante e permette una rapida manutenzione. Ideata per integrarsi in ambienti aperti al pubblico, Saturn è conforme alla normativa Haccp. Air Control S è invece la punta di diamante della gamma Orma per il controllo degli insetti volanti; utilizzabile negli appositi dispenser automatici elettronici, protegge gli ambienti interni grazie alle proprietà abbattenti e repellenti dell’estratto naturale di piretro.

ORMA

www.ormatorino.com

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Un aiuto per la cucina professionale La novità 2019 per la cucina professionale ha un nome tutto latino: Omnia Labor. L’ultimo sistema, nato in Industrie Celtex, unisce carta pulitutto in formato piegato a un dispenser specifico per l’erogazione foglio a foglio in conformità con il protocollo HACCP. Meno stress per i cuochi e gli operatori con Omnia Labor, grazie alla continuità di servizio, le elevate performance e la riduzione degli sprechi. Per questo la Federazione Italiana Cuochi ha riconosciuto ad Omnia Labor il prestigioso marchio “Approvato dalla F.I.C.” per l’elevata qualità e la grande versatilità, uno strumento innovativo per valorizzare la professionalità del cuoco.

INDUSTRIE CELTEX

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NEWS/DAL MONDO

CONTROLLI NAS, IRREGOLARITÀ PER LA METÀ DEI RISTORANTI ETNICI ISPEZIONATI

Nel solo mese di maggio 2019 i NAS hanno effettuato 515 ispezioni che hanno determinato l’accertamento di irregolarità in 242 strutture (pari al 47% circa degli obiettivi controllati). Sono questi i risultati dell’attività di verifica mirata presso strutture appartenenti alla filiera della commercializzazione e somministrazione di prodotti alimentari etnici - ovvero di produzione e preparazione enogastronomiche essenzialmente riconducibili a culture di Paesi extra europei - condotta dal Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, di concerto con il Ministero della Salute. «Particolare attenzione è stata riservata agli esercizi di ristorazione veloce e a quelli che adottano la formula “all you can eat” per accertare che mantengano i livelli essenziali di corretta prassi igienica e la fornitura di materie prime idonee ad assicurare un livello accettabile di sicurezza per il consumatore» spiega il Generale di divisione Adelmo Lusi. L’incidenza delle non conformità è sicuramente maggiore nel settore della ristorazione, dove il 48% dei locali controllati ha presentato delle irregolarità, mentre tale valore si riduce al 41% nei controlli a grossisti e depositi di alimenti etnici. Tra le criticità riscontrate, sono stati rilevati alimenti in cattivo stato di conservazione, procedure preventive di autocontrollo aziendali inosservate o addirittura mai predisposte, utilizzo di alimenti con etichettature non in lingua italiana o prive di informazioni utili per ricostruirne la rintracciabilità, in alcuni casi materie prime di origine animale provenienti da Stati asiatici importate in violazione ai divieti esistenti. Complessivamente, sono state sequestrate 128 tonnellate di prodotti ittici, carnei e vegetali riscontrate irregolari e non idonee al consumo perché prevalentemente prive di tracciabilità e in cattivo stato di conservazione, per un valore commerciale di circa 232mila euro. NASnotizie - Ministero della Salute

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RASFF 2018: ITALIA AL NONO POSTO CON 156 PRODOTTI OGGETTO DI ALLERTA Nel corso dell’anno le notifiche pervenute attraverso il RASFF sono state 3.622, a fronte delle 2.967 segnalazioni del 2015, delle 2.925 del 2016, e in linea con le 3.759 del 2017 che rappresentano il picco più elevato raggiunto negli ultimi vent’anni. Occorre però rilevare che il picco registrato nel 2017 è fondamentalmente riconducibile all’emergenza fipronil che ha visto il coinvolgimento di tutti i Paesi europei. Tra le 3.622 notifiche del 2018, 1.087 sono state notifiche di Allerta (pari al 30%) e hanno riguardato prodotti distribuiti sul mercato; 1.385 si riferiscono a prodotti in importazione respinti ai confini (pari al 38%), e non distribuiti sul mercato europeo, mentre le restanti riguardano notifiche di informazione (665 riguardano informazioni per attenzione e 485 informazioni per follow up). Va ricordato che il sistema di allerta è attivato anche a seguito di non conformità rilevate dall’operatore del

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NEWS

REPORT OMS SUL CARICO DELLE MALATTIE DI ORIGINE ALIMENTARI IN UE

settore alimentare nell’ambito delle attività di autocontrollo. Nel 2018 tali notifiche sono state 685 (pari al 19%). Il maggior numero di non conformità è stato riscontrato nella frutta secca e semi, frutta e vegetali, prodotti della pesca, seguiti da cibi dietetici e integratori. L’Italia quest’anno ha trasmesso attraverso il RASFF un totale di 398 notifiche, pari all’11%, e risulta il terzo Paese membro per numero di segnalazioni inviate. I prodotti italiani oggetto di allerta europea sono stati 156 e l’Italia risulta il nono Paese per numero di notifiche ricevute. Nel corso dell’anno è stata, inoltre, gestita un’emergenza legata ad un’allerta europea proveniente dall’Ungheria, relativa alla presenza di Listeria monocytogenes in vegetali surgelati responsabile di numerosi casi di listeriosi umana in Europa. Non sono stati segnalati focolai di infezione in Italia e i richiami dei prodotti surgelati sono stati effettuati in via precauzionale da parte degli operatori del settore alimentare.

In Europa, ogni minuto 44 persone - più di 23 milioni l’anno - si ammalano e 4.700 persone l’anno perdono la vita per aver mangiato cibo non sicuro. Sono i dati contenuti nel recente report “Il carico delle malattie di origine alimentare nella regione Europea” dell’OMS Europa, presentato in occasione della recente Giornata mondiale della sicurezza sanitaria degli alimenti. Si tratta di stime per difetto, avverte OMS Europa, poiché, a causa delle limitazioni dei sistemi di sorveglianza, viene riportata solo una piccola percentuale del numero effettivo di casi. Si presume quindi che le cifre ufficiali sull’incidenza delle malattie di origine alimentare rappresentino solo la “punta dell’iceberg”. Inoltre, poche informazioni sono disponibili sul “peso” delle malattie di origine alimentare, cioè sull’impatto di queste malattie sulla salute in termini di mortalità, morbilità e disabilità. Il cibo non sicuro è responsabile di milioni di giorni di malattia, malattie gravi o prolungate, ricoveri in ospedale e decessi. Il carico di una malattia è la misura dello

scarto tra lo stato di salute osservato di una popolazione e lo stato di salute atteso. Secondo le stime, le cause più frequenti di malattia di origine alimentare sono gli agenti patogeni diarroici. I più comuni sono i norovirus, con 15 millioni di casi stimati, seguiti da Campylobacter spp., che è responsabile di quasi 5 milioni di casi. Salmonella spp. non-tifoidea causa la maggior parte dei decessi. Altre cause di decessi sono Campylobacter spp., norovirus, Listeria monocytogenes ed Echinococcus multilocularis. In generale, nella regione europea le malattie diarroiche sono responsabili del 94% delle malattie di origine alimentare, del 63% dei decessi collegati e del 57% del carico delle malattie. «Dal lavaggio delle mani, alla cottura e conservazione corretta degli alimenti, dalla sorveglianza alle norme internazionali - ogni pezzo del puzzle “sicurezza alimentare” riguarda vite, economie e intere comunità» spiega Dorit Nitzan, Direttore regionale di emergenza ad interim per OMS Europa. OMS Europa

Ministero della Salute

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RASSEGNA

Normativa agroalimentare Periodo 10 marzo - 9 maggio

DECRETO 7 FEBBRAIO 2019 Aggiornamento dell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali ai sensi dell’articolo 12, comma 1, della legge 12 dicembre 2016, n. 238. GU Serie Generale n.60 del 12.03.2019 - Suppl. Ordinario n. 9. Regolamento delegato (UE) 2019/428 della Commissione, del 12 luglio 2018, recante modifica del regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011 per quanto concerne le norme di commercializzazione nel settore degli ortofrutticoli. GUUE L 75 del 19 marzo 2019. DECRETO 31 GENNAIO 2019 Disposizioni nazionali in materia di riconoscimento, controllo, sospensione e revoca delle associazioni di organizzazioni di produttori. GU Serie Generale n. 67 del 20.03.2019. Regolamento (UE) 2019/472 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, che istituisce un piano plu-

riennale per gli stock pescati nelle acque occidentali e nelle acque adiacenti e per le attività di pesca che sfruttano questi stock, modifica i regolamenti (UE) 2016/1139 e (UE) 2018/973, e abroga i regolamenti (CE) n. 811/2004, (CE) n. 2166/2005, (CE) n. 388/2006, (CE) n. 509/2007 e (CE) n. 1300/2008 del Consiglio. GUUE L 83 del 25 marzo 2019. DECRETO 22 OTTOBRE 2018 Criteri generali per l’applicazione delle riduzioni ed esclusioni per mancato rispetto delle regole sugli appalti pubblici in coerenza con le linee guida contenute nell’Allegato della decisione della Commissione C (2013) 9527 del 19 dicembre 2013. GU Serie Generale n. 71 del 25.03.2019. DECRETO 11 MARZO 2019 Modalità operative inerenti la procedura informatica per l’iscrizione di varietà vegetali nei registri nazionali di specie agrarie ed ortive e per la richiesta di autorizzazione alla commercializzazione di sementi di varietà in corso d’iscrizione. GU Serie Generale n. 72 del 26.03.2019.

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a cura di LaTribuna

DECRETO 31 GENNAIO 2019 Modifiche al decreto ministeriale n. 10158 del 5 maggio 2016, recante disposizioni per il riconoscimento, la costituzione e la gestione dei fondi di mutualizzazione che possono beneficiare del sostegno di cui all’articolo 36, paragrafo 1, lettere b) e c) del regolamento (UE) n. 1305/2013 del 17 dicembre 2013. GU Serie Generale n. 74 del 28.03.2019. Regolamento (UE) 2019/529 del Consiglio, del 28 marzo 2019, che modifica il regolamento (UE) 2019/124 per quanto riguarda determinate possibilità di pesca. GUUE L 88 del 29 marzo 2019. Regolamento di esecuzione (UE) 2019/533 della Commissione, del 28 marzo 2019, relativo a un programma coordinato di controllo pluriennale dell’Unione per il 2020, il 2021 e il 2022, destinato a garantire il rispetto dei livelli massimi di residui di antiparassitari e a valutare l’esposizione dei consumatori ai residui di antiparassitari nei e sui prodotti alimentari di origine vegetale e animale. GUUE L 88 del 29 marzo 2019.

HT ECOSYSTEM Al cuore del problema

DECRETO 7 FEBBRAIO 2019 Modifica del decreto 13 febbraio 2018 concernente le misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di Xylella fastidiosa (Well et al.) nel territorio della Repubblica italiana. GU Serie Generale n. 81 del 5.04.2019. DECRETO 11 GENNAIO 2019 Modifica del decreto n. 911 del 14 febbraio 2017, recante: «Disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Consiglio e del Parlamento europeo, dei regolamenti delegato (UE) n. 2016/1149 e di esecuzione (UE) n. 2016/1150 della Commissione per quanto riguarda l’applicazione della misura degli investimenti». GU Serie Generale n. 82 del 6.04.2019. DECRETO 21 GENNAIO 2019 Piano di gestione dei rischi in agricoltura 2019. GU Serie Generale n. 85 del 10.04.2019. DECRETO 12 MARZO 2019 Linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica. GU Serie Generale n. 89 del 15.04.2019.

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CONTROVENTO

Un tweet e l’uragano di Lorenz

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iorni non facili i nostri. Le tecnologie alimentari, unitamente alle buone pratiche igieniche, da un lato contribuiscono ad attenuare il grande problema della fame nel mondo, mentre dall’altro finiscono vittime di false notizie nell’infosfera digitale. Indubbiamente, internet facilitando la comunicazione di notizie vere, purtroppo facilita anche la diffusione di quelle false. Consideriamo anche che se l’emittenza radio-televisiva e la diffusione della carta stampata necessitano di investimenti significativi, il lancio di notizie vere o false tramite la rete internet avviene, invece, a costi infinitamente più bassi. La rete mondiale di internet non risparmia di certo il settore agroalimentare: molte sono le notizie false che riguardano gli alimenti e i loro aspetti igienici, sanitari e nutrizionali. Ci vuol poco ad immaginare cosa succede quando parte un tweet o un post negativo in merito all’igienicità di un prodotto alimentare: il rimpallo della fake news enfatizza e ingigantisce in modo esponenziale la falsità iniziale, esattamente come era stato previsto per la calunnia nell’opera buffa del Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini nel 1775: “La calunnia è un venticello” che diventa “un colpo di cannone”… a volte, veramente privo di senso! La reazione del consumatore degli anni 2000 non può che essere emotiva, immediata e categorica, e nel peggiore dei casi si concretizza nel crollo delle vendite dell’alimento finito nel “tritatutto” mediatico. In questo modo, direttamente o indirettamente, il consumatore penalizza un settore economico favorendone un altro, forse anche con maggiori rischi igienicosanitari impliciti o sottaciuti. Un apparentemente insignificante “tweet” finisce con il danneggiare l’economia nazionale tre volte, con implicazioni sanitarie, sociali ed economiche. È proprio il caso di dire che una notizia falsa - come il battito d’ala di una farfalla - amplificata dai social (comportamento caotico), potrebbe scatenare il famoso uragano di Lorenz (1962) a migliaia di chilometri di distanza. Mi chiedo, e vi chiedo, quante sono le notizie false nella rete mondiale di internet?

Emotiva, immediata e categorica è la reazione del consumatore moderno

VINCENZO BOZZETTI

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Igiene Alimenti  Giugno 2019


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Bioluminometro

E’ uno strumentino portatile che rileva in tempo reale la contaminazione da ATP+AMP+ADP e quindi il grado di pulizia delle superfici. Kairosafe propone il Lumitester PD-30 abbinato ai tamponi Lucipac. Il test è rapido e preciso ed è utilizzabile anche da personale non strutturato. Codice prodotto: 1402653-60486 (Lumitester) 1702671-60361 (Lucipac)

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Tamponcino che permette di verificare in modo semplice e immediato la presenza di residui proteici. Il risultato può essere valutato subito poiché il viraggio da giallo a verde chiaro indica la presenza di più di 20 µg di proteine. Il viraggio al verde scuro indica la presenza di più di 150 µg. Codice prodotto: CC-4008

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