N. 1 | APRILE 2020
BIRRA NOSTRA
MAGAZINE
NOVITÀ, DEGUSTAZIONI, PRODUZIONI, ITINERARI NEL MONDO BIRRARIO
CONCORSI BIRRARI TE LA DÒ IO L’AMERICA Simonmattia Riva
RICHMOND
META IDEALE PER UN PUB CRAWL A POCHI PASSI DA LONDRA Massimo Faraggi
FOCUS Le Italian Grape Ale
Andrea Camaschella MoBI Tasting Team
ABBONAMENTI OST N A R R
9 TEMBRE 201
N. 0 | SET
BI
BIRRA NOSTRA
EL ARI N
RA
MO
AZIO EGUST
TÀ, D
NOVI
FOCONUS SAIS
: rewing Homeb ono i rispond 5 birra Team
MAGAZINE
sting MoBI Ta
NOVITÀ, DEGUSTAZIONI, PRODUZIONI, ITINERARI NEL MONDO BIRRARIO
SARDINIA
E BIRRA INSULA etti Luca Pr
:
FILADELFIA
NON PERDERE QUESTA OCCASIONE COMPILA LA CARTOLINA QUI SOTTO E ATTIVA SUBITO IL TUO ABBONAMENTO A SOLI
30 €
LA TÀ DEL A LA CIT AMERICAN BIRRA ia Macalar o
Matte
abbonamento annuale
OPPURE ABBONATI ONLINE ALL’INDIRIZZO www.quine.it
IN COLLABORAZIONE CON
MoBI – Movimento Birraio Italiano www.movimentobirra.it
L’informazione di qualità per i professionisti e gli appassionati del settore Notizie ed aggiornamenti sul variegato mondo della birra artigianale Compila questo coupon e invialo via fax al n. 02 70057190 o email: abbonamenti@quine.it Editore: Quine - Edra LSWR Group, Srl Via Spadolini, 7 20141 Milano - Italia Tel. +39 02 864105 Fax +39 02 70057190 Desidero sottoscrivere il seguente abbonamento:
Nome e Cognome
Abbonamento annuale Italia (6 numeri) a € 30,00. Abbonamento annuale Europa (6 numeri) a € 60,00
Azienda
PAGAMENTO Bonifico Bancario IBAN IT88U0521601631000000000855 (allego fotocopia)
Indirizzo
Cap
Versamento su c/c postale N.60473477 intestato a Quine Srl - Via Spadolini, 7 - 20141 Milano (allego fotocopia) Addebito su carta di credito Visa Carta Sì
Città
Mastercard
n.
Telefono
CVC
scadenza
/
(CVC: ultime 3 cifre del numero che si trova sul retro, nello spazio della firma)
Firma
CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI
Ai sensi dell’art. 13 Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati Personali 679/2016 (GDPR), il sottoscritto __________________________________________________________________________________ esprime il proprio espresso e specifico consenso al trattamento dei dati ai fini di: - Invio e-mail promozionali e/o comunicazioni di marketing, nonché effettuazione di ricerche di mercato, se autorizzato dal cliente, da parte di Quine Srl o di società da essa controllate, collegate o partecipate; Esprimo il mio consenso Nego il mio consenso
PEC (per fatturazione elettronica)
Codice fiscale (obbligatorio)
Partita IVA
Codice destinatario (per fatturazione elettronica)
- Invio e-mail promozionali e/o comunicazioni di marketing, se autorizzate dal cliente per finalità di profilazione (come ad es. memorizzazione di abitudini di consumo) volte a migliorare le offerte nei confronti del cliente, da parte di Quine Srl o di società da essa controllate, collegate o partecipate; Esprimo il mio consenso Nego il mio consenso - Invio e-mail promozionali e/o comunicazioni di marketing, nonché effettuazione di ricerche di mercato, e di profilazione se autorizzato dal cliente, per conto di società terze (appartenenti alle categorie editoria, professionisti della salute, case farmaceutiche ecc), non facenti parte di Lswr Group. Esprimo il mio consenso Nego il mio consenso Esprimo il mio consenso al trattamento in base all’informativa di cui sopra.
Data
Firma
ARIO
BIRR NDO
ER I, ITIN
ZION
ODU NI, PR
E
AZIN
MAG
Le guide
Orzo/Malto
Acqua
Lievito
Gli ingredienti della birra
Luppolo
Scopri la nostra selezione di volumi dedicati a chi vuole produrre birra, a partire da qualsiasi livello di esperienza, ma anche a tutti gli appassionati e i tanti curiosi che desiderano esplorare questo mondo.
Cercali in tutte le librerie online e sul territorio.
seguici su www.edizionilswr.it
edizioniLSWR
Editoriale
L’IMPORTANZA di mettersi in gioco
P
ensiamo tutti di essere bravi e migliori degli altri, che come le facciamo noi le cose nessuno può farle meglio ... poi però arriva l’occasione di mettersi in gioco e allora tiriamo indietro, accampiamo scuse, sosteniamo di non avere tempo, che non è il momento giusto, che più avanti sarebbe stato meglio e via dicendo. In realtà abbiamo paura di sentirci dire che forse, tanto bravi non siamo, che dopotutto c’è anche un altro modo di farle le cose e non è detto, che sia peggiore del nostro! Noi di Birra Nostra Magazine non abbiamo paura. Abbiamo iniziato questa nuova sfida mettendo in gioco noi stessi, la nostra passione per la birra artigianale e per le sfide. Sappiamo che insieme si può fare meglio che da soli e così abbiamo unito le forze di Birra Nostra, MoBI e di tutti gli appassionati di birra che, come noi, non temono confronti.
A dimostrazione del fatto che chi si occupa di birra artigianale non ha paura e che dal confronto si esce sempre arricchiti, abbiamo deciso di dedicare questo
aprile 2020
primo numero ai concorsi birrari con una riflessione tesa a capire qual è il confine tra la passione e il business e quali meccanismi entrano in gioco nelle valutazioni. Grazie al contributo di un inviato d’eccezione siamo riusciti ad avere un punto di vista interno per meglio comprendere le caratteristiche e il ruolo di chi è chiamato a giudicare il lavoro degli altri e lo fa davvero sul serio! Infine, visto che ci occupiamo di birra artigianale, era impossibile non dedicare la nostra attenzione al connubio tra MoBI e BJCP (Beer Judge Certification Program) per tutti coloro che da un concorso birrario più che una medaglia, si aspettano consigli e suggerimenti per migliorarsi.
MIRKA TOLINI Professionista della scrittura e della comunicazione collaboro da dieci anni al progetto Birra Nostra
Questo numero 1 rappresenta quindi l’essenza della nostra sfida e al tempo stesso la nostra vittoria, senza dimenticare tutti gli appassionati che vivono, in ogni cotta, la loro personale prova per il raggiungimento di un prodotto che non sarà mai perfetto ma, come l’uomo, sempre perfettibile! Buona lettura
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
3
BIRRA NOSTRA NOVITÀ, DEGUSTAZIONI, PRODUZIONI, ITINERARI NEL MONDO BIRRARIO
MAGAZINE
IN QUESTO NUMERO... EDITORIALE
12 40
L’importanza di mettersi in gioco
3
MONDO BIRRARIO Pioniere tra i pionieri di Davide Bertinotti
6
Concorsi birrari: tra passione e business di Norberto Capriata
12
Te la dò io l’America di Simonmattia Riva
20
Concorsi e homebrewing di Miro Sampino
20 44
26
La variante umana della birra di Luca Grandi
32
L‘INTERVISTA Birra Nostra. Pronta per la terza edizione di Mirka Tolini
36
DEGUSTAZIONI E ASSAGGI Le Italian Grape Ale di Andrea Camaschella
SEGUICI SU
4
40
facebook.com/BirraNostraMagazine
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
aprile 2020
NOME SEZIONE
48
53 Birra Nostra Magazine - Bimestrale Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Verona in data 22 novembre 2013 al n. 2001 del Registro della Stampa
FOCUS MoBI tasting sessions: IGA a cura del MoBI Tasting Team
44
TURISMO BIRRARIO
Comitato di Redazione Davide Bertinotti, Luca Grandi redazione@birranostra.it
Produzione Paolo Ficicchia
Hanno contribuito a questo numero Vanessa Alberti, Andrea Camaschella, Norberto Capriata, Massimo Faraggi, Simonmattia Riva, Miro Sampino, Federico Viero
Iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione n. 12191
48
Richmond, meta ideale per un pub crawl a pochi passi da Londra di Massimo Faraggi
Impaginazione LIFE - LSWR Group
Quine Srl
Anche alle Galapagos si beve birra artigianale di Vanessa Alberti e Federico Viero
Direttore Responsabile Mirka Tolini
53
Presidente Giorgio Albonetti Amministratore delegato Marco Zani Coordinamento editoriale Chiara Scelsi chiara.scelsi@quine.it
Stampa Aziende Grafiche Printing srl Via Milano 3/5 20068 Peschiera Borromeo (MI) Archivio immagini Shutterstock ABBONAMENTI Quine srl, Via G. Spadolini, 7 20141 Milano – Italy Tel. +39 02 88184.117 Fax +39 02 70057190 www.quine.it Rosaria Maiocchi e-mail: abbonamenti@quine.it Gli abbonamenti decorrono dal primo fascicolo raggiungibile.
Birra Nostra Magazine è frutto della collaborazione tra Birra Nostra e MoBI - Movimento Birrario Italiano www.birranostra.it - www.movimentobirra.it
BIRRA & SOCIAL I peggiori intenditori di birra artigianale sui Social a cura di Ildegardo & Gambrino
58
BIRRA ARTIGIANALE ITALIANA DI QUALITÀ
Tutto il materiale pubblicato dalla rivista (articoli e loro traduzioni, nonché immagini e illustrazioni) non può essere riprodotto da terzi senza espressa autorizzazione dell’Editore. Manoscritti, testi, foto e altri materiali inviati alla redazione, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. Tutti i marchi sono registrati. INFORMATIVA AI SENSI DEL GDPR 2016/679 Si rende noto che i dati in nostro possesso liberamente ottenuti per poter effettuare i servizi relativi a spedizioni, abbonamenti e similari, sono utilizzati secondo quanto previsto dal GDPR 2016/679. Titolare del trattamento è Quine srl, via Spadolini, 7 - 20141 Milano (info@quine.it). Si comunica inoltre che i dati personali sono contenuti presso la nostra sede in apposita banca dati di cui è responsabile Quine srl e cui è possibile rivolgersi per l’eventuale esercizio dei diritti previsti dal D.Legs 196/2003. © Quine srl - Milano
aprile 2020
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
5
MONDO BIRRARIO
di Davide Bertinotti
PIONIERE TRA PIONIERI
In ricordo di Giovanni Turbacci (1945-2019)
I
l 1996 è unanimemente considerato l’anno iniziale del movimento dei microbirrifici italiani, ma in realtà alcuni ardimentosi (visionari?) avevano in epoca precedente fronteggiato burocrazia, difficoltà di accesso a fornitori,
6
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
alle informazioni tecnico-produttive, ai potenziali consumatori da conquistare a una birra differente. Dei dieci produttori nati tra il 1988 e il 1995, solo tre sono ancora oggi in attività e uno di questi è il birrificio Turbacci di Mentana (Roma).
Giovanni Turbacci, il suo fondatore, viene in contatto con un’altra birra negli anni ’60, quando si trasferisce momentaneamente in Scozia: la ristorazione e l’accoglienza rappresentano il suo background e i suoi interessi e qui arric-
aprile 2020
MONDO BIRRARIO
chisce l’esperienza personale e lavorativa approfondendo la conoscenza del mondo dei derivati del malto, ossia birra e whisky. Qui in Scozia conoscerà anche la sua futura moglie Sandra. Tornato in Italia, Giovanni nutre l’idea di realizzare un progetto imprenditoriale nuovo: introdurre nella ristorazione una personalizzazione dei prodotti e dell’offerta che renda unica l’esperienza gastronomica dei propri clienti. Le idee cominciano a chiarirsi quando su una rivista di settore legge un articolo dedicato ai brewpub americani: era proprio l’impostazione imprenditoriale che stava cercando! Viene a sapere che un paio di imprenditori italiani hanno iniziato a produrre birra in proprio e uno di questi è Orabrau a Torbole (TN), sul lago di Garda: un lunedì, giorno di riposo del proprio locale romano, Giovanni carica la famiglia in auto e in giornata percorre gli oltre 600 km (altrettanti al ritorno) che separano il birrificio da Roma per visitare l’azienda e assaggiarne i prodotti. Comincia così a interessarsi di impianti produttivi e valuta le possibilità disponibili per affrontare il progetto che ha in mente, ma il costo delle sale cottura del tempo è davvero troppo elevato per il business plan ipotizzato. Il caso vuole che a una fiera del settore food & beverage di Milano incontri il giornalista che aveva scritto quel famoso articolo da cui tutto è partito e Giovanni viene a sapere che Orabrau ha appena chiuso i battenti. È il 1993. Torna immediatamente a Torbole e in tempi rapidi si assicura la proprietà dell’impianto, una sala cottura da 10 hl assemblata e messa in opera dal principe Luitpold, discendente dell’ultimo re di Baviera Ludovico III e a capo del rinomato birrificio König Ludwig nel castello di Kaltenberg, a pochi chilometri da Monaco. L’impianto era stato realizzato per un progetto di una birreria in Monaco, poi sfumato, ed era stato acquistato nel 1988 dai fratelli Oradini per il proprio birrificio sul Garda: nel 1995 è quindi installato a Mentana, nel complesso che ospita il palaghiaccio. L’avventura ha inizio!
aprile 2020
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
7
MONDO BIRRARIO
I primi anni non sono semplici: le conoscenze tecniche basilari sono fornite dal birraio bavarese Hans Shipl che presto passa il comando della sala cottura a Giovanni, ma le materie prime non sono facili da reperire. In particolare, il lievito rappresenta un problema: inizialmente Giovanni se lo procura da un birrificio industriale in maniera ufficiosa, ma dopo un paio d’anni la proprietà viene a sapere del passaggio all’esterno degli scarti di lavorazione e blocca i trasferimenti di lievito. Nel birrificio Turbacci la produzione subisce per questo motivo uno stop inatteso che dura qualche mese, sino a quando Giovanni incontra casualmente, in una manifestazione fieristica, Paolo Thedy, patron di Birra Menabrea. Il birrificio biellese è da non molto confluito nel gruppo Forst e tra i due si crea subito un’affinità: sono entrambi imprenditori caparbi e riservati, che amano rapportarsi con gli altri in maniera cortese ma schietta; oggi si descriverebbero come persone d’altri tempi. Paolo Thedy aiuta Giovanni Turbacci e accetta di assicurargli per un certo periodo una fornitura di lievito che viene recapitato con regolarità attraverso autisti Menabrea che, trasportando la birra verso l’Italia meridionale, danno appuntamento agli emissari di Giovanni ai caselli autostradali romani per la consegna della materia prima. Fortunatamente il settore si sviluppa e con l’apparire sul mercato di nuovi fornitori, il Birrificio Turbacci può affidarsi a fonti affidabili che non rappresentano più un semplice ripiego. Le ricette sono così modificate grazie alle nuove disponibilità di materie prime e le prime etichette Lager (poi chiamata Ale), Super e Black passano dalla produzione a bassa fermentazione ad alta, con caratteristiche più vicine alle corde e ai gusti di Giovanni. Siamo agli inizi degli anni 2000 e altri birrifici appaiono in Italia: nasce Unionbirrai, associazione di riferimento di questi nuovi imprenditori. Chi ha avuto la possibilità di partecipare a quel periodo bir-
8
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
aprile 2020
MONDO BIRRARIO
rario in pieno fermento, non poteva non notare la differenza, nelle riunioni e nelle manifestazioni di settore, tra la maggior parte dei primi birrai artigiani, giovani sognatori non più che trentenni (qualcuno un po’ hippy, altri con approccio bohémienne) e Giovanni, uomo più maturo, sempre elegante in giacca e cravatta, riservato ma affabile e disponibile con tutti. La birra però univa (e unisce) persone e personalità molto diverse tra loro. Giovanni Turbacci però, a differenza di qualche suo collega, non era una persona che oggi si definirebbe nerd birrario: la birra, nella sua filosofia, doveva essere un elemento fondamentale dell’esperienza gastronomica del birrificio, ma non l’unico. Le ricette che ha creato hanno sempre avuto una logica indirizzata al voler offrire prodotti per tutti i palati, birre da bere anche da sole, magari in quantità, ma brassate in funzione dell’accompagnamento alla ristorazione del brewpub.
aprile 2020
Giovanni Turbacci con i figli Stefano e Marco
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
9
MONDO BIRRARIO
Si poteva forse definire un tradizionalista, ma comunque attento e aperto alle mode birrarie, che interpretava in ogni caso secondo la propria visione. Tra le etichette prodotte, gli stili birrari angloamericani sono sempre stati preponderanti, ma non sono mancate digressioni tra le produzioni acide, luppolature ardite d’oltreoceano (tuttavia sempre equilibrate), speziature e ingredienti inusuali. Rispetto agli inizi, è
10
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
rimasta oggi in catalogo solo una birra a bassa fermentazione, regolarmente prodotta: Quinn, una keller molto apprezzata dal pubblico e anche premiata all’European Beer Star, che Giovanni ha dedicato alla moglie. Lo scorso anno la fase produttiva del brewpub ha avuto uno stop inatteso durato qualche mese: la malattia di Giovanni si è accavallata, con inaspettata e triste coincidenza, con le impor-
tanti modifiche legislative in materia di accisa che ha coinvolto i microbirrifici italiani, bloccando temporaneamente per motivi burocratici la sala cottura di Mentana. Con la scomparsa di Giovanni, l’azienda di famiglia non ha perso solo un saggio imprenditore e un valido birraio, ma una persona capace di occuparsi di ogni aspetto, teorico e pratico, del progetto Turbacci: dai gelati alle pizze, dall’impiantistica alla sala cottura (che ha modificato con intelligenti personalizzazioni), dalla degustazione agli abbinamenti. Da fine 2019 la produzione al Birrificio Turbacci è ripartita e al comando dell’impianto birrario più longevo d’Italia, 32 anni dalla prima accensione, è subentrato Stefano, il figlio di Giovanni da cui ha imparato i segreti di produzione. A Stefano e ai fratelli Marco e Laura è affidata ora una eredità impegnativa ma il solco tracciato e lasciato da Giovanni Turbacci è ben definito: passione per la ristorazione, cura per la birra, amore per il proprio lavoro. ★
aprile 2020
MONDO BIRRARIO
di Norberto Capriata
Credits Brussels Beer Challenge 2019 Bart Van der Perre
CONCORSI BIRRARI:
TRA PASSIONE E BUSINESS Concorsi birrari C’è chi li ama alla follia e non vede l’ora che arrivi la fatidica data per buttarvisi a capofitto, tra baci, abbracci e grandi bevute e chi li considera il male assoluto del settore, attribuendogli qualsivoglia nefandezza ed effetti inconfutabilmente deleteri sull’ ambiente. Dato il proliferare quasi conigliesco di queste manifestazioni, nate nel secolo
12
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
scorso ma esplose davvero solo in questa ultima decade (in ovvia concomitanza con il boom stesso del settore), risulta abbastanza ovvio affermare che si tratti di un business che, in qualche modo, rende. Interessante quindi cercare di capire come, questi concorsi, effettivamente funzionino: proviamoci. Le fasi principali attraverso le quali essi si dipanano sono le seguenti:
❱❱ Organizzazione dell’evento, a cura di enti di varia natura ❱❱ Iscrizione dei birrifici partecipanti ❱❱ Degustazione delle birre iscritte da parte di una giuria (con il supporto di uno staff) ❱❱ Evento generalmente aperto al pubblico, durante il quale avviene la comunicazione dei risultati ❱❱ Pubblicazione dei risultati sui social
aprile 2020
MONDO BIRRARIO
Per provare a capire i meccanismi di questi concorsi analizzeremo nel dettaglio i soggetti in gioco.
Credits - Photos © Brewers Association
Gli organizzatori Si tratta di entità varie e multiformi, di importanza, peso e professionalità anche molto diversi. Parliamo innanzitutto di associazioni di settore, a partire da quelle a diffusione nazionale come ad esempio Unionbirrai, per arrivare a piccole - ma intraprendenti - realtà locali, senza tralasciare le iniziative private a fini di lucro, alcune della quali ormai ben note ed affermate, penso a Fermento Birra, fino ad altre decisamente meno consolidate - per non dire sconosciute - ed affidabili. Cui prodest? A chi giova? Beh, chiaramente quando parliamo di associazioni di settore, preposte da statuto a promuovere il prodotto birra artigianale, la risposta è piuttosto ovvia: lo scopo dovrebbe essere, per l’appunto, il bene del settore, la promozione entusiatica e disinteressata del prodotto birra artigianale e, secondariamente, la volontà di evidenziare e premiare i più validi protagonisti del momento. Il tutto condito da quell’innata passione che dovrebbe idealmente essere la principale motivazione di qualsiasi attività legata ad una sorta di volontariato. Qualora queste iniziative partano invece da un soggetto privato è ovvio che lo scopo al quale si tende non possa che essere di natura economica. Il guadagno potrà poi risultate diretto e immediato (la quota di iscrizione dei birrifici più gli introiti derivanti dall’evento: dal biglietto d’ingresso alle percentuali degli stand) oppure indiretto e posticipato (pubblicità e promozione dell’entità organizzatrice e dei suoi principali interessi: corsi, pubblicazioni, iniziative varie). Quali che siano le motivazioni in gioco e l’effettivo amore per il prodotto, il risultato dipenderà dall’impegno e dalla professionalità dimostrata. Non a caso i due più importanti (e validi) concorsi na-
aprile 2020
In questa foto e seguenti alcuni momenti delle premiazioni della World Beer Cup
zionali derivano da un’associazione di settore senza fini di lucro (Birra dell’Anno a cura di Unionbirrai) e da una di tipo invece commerciale (Birraio dell’Anno, organizzata da Fermento Birra). I fruitori di questi eventi sono tutt’ora in crescita e dimostrano una grande attenzione ed interesse per queste manifestazioni; ma, attenzione, non stiamo (più) parlando di sempliciotti pronti a farsi spennare dal primo venuto. Difficilmente eventi raffazzonati, organizzati alla bell’e meglio per sfruttare un settore ormai di moda, riusciranno ad ottenere
riscontri positivi e, nella migliore delle ipotesi, avranno vita breve, con ben poche possibilità di tagliare il traguardo del secondo anno. Viceversa, chi si proponga con le idee chiare e professionalità, avrà buone possibilità di riuscire ad ottenere ottimi riconoscimenti, anche economici.
I produttori Perchè un birrificio dovrebbe partecipare ad un concorso birrario? La spinta principale ovviamente è di tipo promozionale.
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
13
MONDO BIRRARIO
Credits - Photos © Brewers Association
In genere l’iscrizione di una birra ad un concorso ufficiale comporta un esborso economico davvero modesto e una medaglia a birra dell’anno (o ad analoga competizione nazionale/internazionale) è sicuramente utile per farsi conoscere ed attirare clientela, e Dio sa quanto ce ne sia bisogno in un mercato ormai iper-saturo come quello attuale. Questo fa sì che i concorsi siano preziosi soprattutto per birrifici nuovi o comunque di non primissima fascia che hanno tutto da guadagnare e scarsi rischi. I grandi nomi, invece, sono spesso un po’ titubanti a mettersi in gioco, perché ritengono, anche a ragione, di aver poco da guadagnare e parecchio, potenzialmente, da perdere.
14
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
Un Toccalmatto, tanto per fare un nome al di sopra di ogni sospetto, che iscrivesse tutte le sue birre ad un concorso senza ricevere premio alcuno, rischierebbe di fomentare possibili voci su cali qualitativi o momenti di stanca. Tutto da verificare, poi, che un risultato negativo di questo genere possa davvero smuovere numeri di mercato significativi. Personalmente ritengo che anche ad un produttore noto e già ben posizionato sul mercato dovrebbe provare a rinfrescare costantemente la memoria alla clientela ribadendo la sua presenza e validità anche in occasioni di questo tipo, altrimenti correrà il ri-
schio di finire un po’ nel dimenticatoio, sorpassato da nuove proposte non necessariamente più interessanti ma di maggiore richiamo a livello di Hype. Ovviamente ci sono molti altri modi per promuoversi e proteggersi da queste dinamiche di potenziale obsolescenza, ma qualche bella targa in un concorso rinomato fa sempre la sua bella figura e poi, diciamocelo, un po’ di coraggio, soprattutto se credi davvero nel tuo prodotto, non guasterebbe.
La giuria I taster convocati per giudicare le birre rappresentano un campione piuttosto variegato di esperti del settore: publican, membri di associazioni, blogger,
aprile 2020
MONDO BIRRARIO
scrittori e giornalisti, in alcuni paesi anche gli stessi birrai. Il livello dei chiamati, perlomeno nelle gare di livello è, devo dire, di buona qualità, seppur con ovvi alti e bassi. Ancor migliore, e decisamente encomiabile, l’impegno profuso e il tentativo di essere quanto più imparziali e corretti nei giudizi. Da questo punto di vista non condivido affatto le critiche che seguono quasi sempre la pubblicazione dei risultati. La perfezione non esiste e giudicare centinaia e centinaia di birre, valorizzando solo e unicamente le migliori, è impresa ardua, ma ritengo che il lavoro delle giurie, in generale, sia uno dei punti di forza dei concorsi. Al buon esito della fase degustativa contribuisce un mix di giudici locali e di stranieri. Tra questi, trovo particolarmente interessante e folkloristico il gruppetto di esperti super-specializzati praticamente onnipresenti ovunque si tenga un concorso, nazionale o meno che sia. Carl Kins, Theo Flissebaalje, Jos Browers, Derek Walsh, Giorgio Marconi. Gente che sembrerebbe passare buona parte della propria esistenza saltellando da un evento all’altro e da una bevuta all’altra per assicurare il proprio prezioso (indispensabile?) contributo alla buona riuscita della gara. Da Belgio a USA, da Italia a Spagna, senza disdegnare mete decisamente più esotiche come il profondo Oriente o qualche tappa in Sud-America: li trovi ovunque, pronti, preparati, professionali. Sempre con un bicchiere di birra in mano. Considerando che non si tratta di impegni retribuiti - se va bene ti rimborsano vitto e alloggio, raramente il viaggio - bisogna sottolineare la grande passione che anima questi individui (unita ad un pizzico di presenzialismo). Viene però un po’ da chiedersi... ma che lavoro queste persone? Ce l’hanno una famiglia? Degli affetti? Qualcosa d’altro nella vita a cui pensare? E soprattutto: ma possibile che con questa vita non ne schiatti mai nessuno?
aprile 2020
I meccanismi di selezione della giuria A questo punto vale la pena fare una piccola digressione per provare a chiarire un po’ le dinamiche che regolano le convocazioni delle giurie nei grandi concorsi nazionali e internazionali. Come si diventa giudice birrario, al giorno d’oggi? Ho specificato al giorno d’oggi perchè bisogna sottolineare che fino a qualche anno fa gli esperti in grado di cimentarsi degnamente in queste occasioni (e interessati a farlo) erano quattro gatti. E rare le occasioni. Non c’era poi molto da discutere: i pochi che ne capivano qualcosa, se disponibili, venivano in qualche modo coinvolti. Attualmente, con la crescita del movimento, il bacino d’utenza potenziale dal quale attingere nuovi giudici si è sicuramente ampliato.
E’ anche cambiato un po’ il mondo, in generale, e per ogni vero talento che nasce troviamo altri 50 sedicenti esperti che credono basti qualche assaggio modaiolo, l’amicizia del publican di turno e un po’ di web surfing, per essere in grado di misurarsi senza problemi con certe platee (non è così). Immaginare che possano esistere delle regole concrete, magari addirittura giuste, per la chiamata a raccolta dei migliori taster italiani nei concorsi è perlomeno un po’ ingenuo. Una piccola fetta proviene dai corsisti certificati dall’ente che organizza il concorso, giustamente, a mio parere (anche se partire subito con platee importanti non è il massimo della vita nemmeno per questi pochi fortunati). Per il resto, cioè per la gran parte dei convocati, si va per visibilità, stima, conoscenza, persino amicizia. Ma in effetti
Credits - Photos © Brewers Association
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
15
MONDO BIRRARIO
non è che ci siano grandi alternative, a pensarci bene. All’estero è pure peggio. Ai grandi concorsi internazionali si accede tramite un meccanismo apertamente basato sulla raccomandazione. La tua candidatura viene presa in considerazione se almeno un paio di giudici già inseriti (i prezzemolini ai quali accennavo sopra) intercedono per te. Se sei così motivato ad entrare, giù la testa e chiedi il favore, altrimenti amen. E’ un meccanismo abbastanza fisiologico e, dato che interessi economici in gioco, in pratica, non ce ne sono, non presta nemmeno il fianco a concrete questioni morali. Le raccomandazioni, in questo caso, coincidono molto spesso con criteri vicini alla meritocrazia.
Giudici in azione
16
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
Ma sempre di raccomandazioni si tratta... non è proprio il massimo della vita e, a dirla tutta, a questa stregua, dato che stiamo parlando pur sempre di un hobby, qualcuno potrebbe anche arrivare alla conclusione che il gioco non valga la candela (sempre che qualcuno non ritenga che, in qualche modo, la partecipazione a questi eventi possa influire positivamente su un qualche potenziale sbocco più o meno professionale). Un ultimo viatico per entrare nel circuito è rappresentato dalle certificazioni, cioè dall’intraprendere un percorso formativo che, se portato a termine, permetta di ottenere, tramite uno o più esami finali, un attestato che certifichi la tua competenza in materia. Di questi percorsi, in realtà, ne esistono parecchi, ma sono ben pochi quelli che
sono riusciti a valicare il piccolo ambito locale e ad ottenere un riconoscimento internazionale (e quindi una validità concreta): BJCP, Cicerone, Doemens. Il loro ottenimento implica studio e tempo a disposizione e, in alcuni casi, una spesa non trascurabile. E naturalmente il conseguimento di una certificazione in uno di questi percorsi, ognuno dei quali con le sue caratteristiche, i suoi punti di forza e i suoi punti deboli, non assicura automaticamente le effettiva capacità di chi l’ha conseguito: tanti altri aspetti non strettamente certificabili contribuiscono al completamento di un profilo, e quasi sempre l’ottenimento di un bollino, in questo come in altri settori, è solo il primo passo. Al momento comunque la certificazione (una di quelle serie, si intende) rappresenta comunque un’al-
Credits-European Beer Star
aprile 2020
mastri maestri & birrai
La variante umana della birra Da un’idea di Luca Grandi ❱ ❱ ❱
3 Settembre Fiere di Parma, MicroMalto/Birra Nostra 24 Ottobre Bari, Fiera del Levante, La Buona Birra 27 Settembre Bologna Fiere, La Buona Birra
BIRRA ARTIGIANALE ITALIANA DI QUALITÀ
MONDO BIRRARIO
ternativa, valida e concreta, al pellegrinaggio porta a porta presso i giudici più affermati elemosinando aiutini: tra le due strade non ho alcun dubbio sul preferire la seconda.
Il pubblico Le due categorie principali alle quali queste operazioni sono indirizzate sono: i professionisti di questo business e la clientela. Tra i primi, sebbene l’espansione del settore abbia portato alla luce qualche nuova professione più o meno specializzata (e più o meno retribuita: penso ad alcuni bloggers e a qualche sparuto articolista online, quei pochi che riescono a portarci a casa due spicci) la parte del leone la fanno ancora i distributori e i gestori di locali. A costoro i risultati dei concorsi sono sicuramente utili come bussola per orientarsi tra la miriade di offerte dell’attuale panorama birrario, accaparrarsi delle birre medagliate infatti, dovrebbe corrispondere, almeno in linea teorica, a portarsi a casa dei prodotti validi sia a livello qualitativo che promozionale: verosimilmente le birre medagliate saranno quelle potenzialmente più gettonate dalla clientela. Occorre però fare una netta distinzione tra gli addetti ai lavori di lungo corso che gestiscono da anni locali specializzati o attività inerenti e che hanno una conoscenza del settore e dei suoi protagonisti ed un orientamento professionale e personale ormai ben cementato - e quelli dell’ultima ora (o comunque recenti), che stanno ancora cercando di strutturarsi e definire sia il genere di proposta alla quale tendere, sia il tipo di clientela a cui puntare. La prima tipologia difficilmente si farà abbagliare dal luccichio dalle targhe collezionate dai vincitori; giusto un’occhiata, anche un po’ scettica, a fine gara, e poi tirerà dritto puntando sugli stand di suo gusto o su qualche nome nuovo che abbia stuzzicato la sua curiosità. Per chi invece si sta affacciando ora alla
18
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
professione o sta ancora attraversando una fase di maturazione professionale e di ricerca del proprio posto nel mondo birrario, i palmares dei concorsi possono fungere da limitatissimi ma utili bigini con i quali iniziare il proprio percorso di (auto) formazione evitando spiacevoli false partenze. Importante, anzi, fondamentale, realizzare quanto prima la clamorosa inadeguatezza di questo metodo prendendo atto di quanti e quali limiti fisiologici ed inevitabili esso presenti rispetto all’aver maturato una propria prolungata e variegata esperienza del mondo birrario. Concludiamo con quello che, un po’ a sorpresa, possiamo considerare il vero e proprio centro di attrazione di ogni manifestazione di questo genere: il cliente finale. Che si presenti nelle vesti di superesperto, di grande appassionato, di semplice interessato o di neofita, poco conta: il cliente finale è colui che alla
fine apre il borsellino per foraggiare, più o meno direttamente, tutto questo magnifico carrozzone. Senza di lui niente di quello di cui abbiamo discusso avrebbe alcun senso (nè possibilità) di esistere. A ben guardare le spinte motivazionali che giustificano l’interesse di chi partecipa o si interessa a questi eventi sono più o meno la stesse che attraggono gli addetti ai lavori, e ritroviamo anche qua la differenza d’approccio che distingue l’esperto dal principiante. Il cliente “normale” (cioè chi apprezza le birre artigianali ma non conosce nel dettaglio ogni singolo aspetto del fenomeno, interessato soprattutto a bere bene evitando fregature) utilizzerà i risultati dei concorsi soprattutto per orientarsi nel grande marasma di offerte, in un panorama ormai quasi infinito di prodotti sempre nuovi, simili o anche estremamente diversi tra loro. Il cliente esperto (cioè l’appassionato vero che conosce vita morte e miracoli di qualsiasi stile,
Credits Brussels Beer Challenge 2019 Bart Van der Perre
aprile 2020
MONDO BIRRARIO
Credits Brussels Beer Challenge 2019 Bart Van der Perre
prodotto e produttore) andrà invece a caccia delle più interessanti novità dell’annata, apprezzerà la conferma dei suoi produttori preferiti e (talvolta) gioirà per qualche brutta figura. Questa nota di costume ci introduce ad una nuova interessante sfaccettatura del moderno appassionato di birra artigianale. Una caratteristica un po’ frivola e sicuramente meno importante, in termini di motivazioni, rispetto alla passione pura e disinteressata per la cultura birraria che lo contraddistingue, ma che contribuisce a stimolarne ulteriormente l’interesse verso questi concorsi. Una certa passione, magari non sbandierata apertamente, ma comunque evidente, per il gossip birrario, talvolta accompagnata da una buona dose di campanilismo. In tal senso i concorsi rappresentano un momento imperdibile per tifare, più o meno pubblicamente, per i propri beniamini, per ostentare amicizie (relativa-
aprile 2020
mente) importanti, per spettegolare sul privato degli addetti ai lavori o dei compari di bevute e soprattutto per discutere animatamente di vincitori e vinti. Interessante chiedersi quanto questa curiosa caratteristica dell’animale birrario possa effettivamente influenzare la buona riuscita di un concorso o se possa essere considerata soltanto, come dicevo, una simpatica ma ininfluente nota di costume. Difficile quantificarlo in termini numerici o statistici, ma sono abbastanza convinto che con il suo contributo non sia del tutto trascurabile. Ogni discussione aperta, di qualsiasi natura essa sia, soprattutto se allargata al pubblico potenzialmente infinito del web, si trasforma automaticamente, nel caso il soggetto sia di natura commerciale, in un veicolo promozionale di notevole utilità sia per il cliente che, a maggior ragione, per il produttore (e perdipiù gratutito!).
Basta pensare al calcio, argomento principe della maggior parte delle chiacchiere da bar o da macchinetta del caffè, e quanto, in questo caso, interesse condiviso per l’argomento assuma importanza anche e soprattutto per le sue capacità di fungere da aggregatore universale. E riflettere poi sugli effetti in termini monetari di questa caratteristica. Ovviamente un confronto tra la passione per la birra artigianale e quella per lo sport nazionale per eccellenza potrà sembrare un tantino azzardata, se non addirittura improponibile e, almeno in termini numerici, lo è sicuramente! Ciò non toglie che un suo affermarsi come argomento di discussione popolare, sebbene dedicato a capannelli di followers decisamente meno affollati, possa indurre effetti decisamente positivi, anche in termini economici, sul movimento e conseguentemente sulle iniziative ad esso dedicate. ★
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
19
MONDO BIRRARIO
di Simonmattia Riva
TE LA DÒ IO
L’AMERICA
O
rmai parecchi anni fa, mentre leggevo per la prima volta Tasting Beer di Randy Mosher e meditavo se investire o meno per frequentare il corso di Biersommelier della Doemens, coltivavo alcuni sogni birrari: partecipare al Mondiale dei Biersomme-
20
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
lier ed arrivare sul podio e prendere parte, almeno una volta, alle giurie di Birra dell’Anno, European Beer Star, World Beer Cup e Great American Beer Festival. Fino a pochi mesi fa i due appuntamenti oltreoceano erano ancora nella mia whishlist, come dicono quelli che masticano
i social e le fashion influencer che devono farsi regalare i capi che indossano, ma il 2018 è stato l’anno che mi ha consentito di realizzare anche questi due desideri: sto facendo gli scongiuri per chi starà pensando che a questo punto sono pronto per il trapasso, quantomeno birrario.
aprile 2020
MONDO BIRRARIO
Come sempre, la fortuna ha giocato un ruolo rilevante: dopo aver adempiuto alla procedura di ingresso alla World Beer Cup, ovvero una richiesta formale all’organizzatore più tre paper di sostegno alla candidatura redatti da altrettanti giudici già in carica, ero infatti in lista al primo posto come futuro giudice dell’edizione 2020 ma una mattina dello scorso novembre ebbi un felice risveglio con un’e-mail di Chris Swersey che mi segnalava come alcuni giudici stessero rinunciando alla convocazione per il 2018 e, di conseguenza, se fossi stato disponibile avrei potuto anticipare il mio debutto di un’edizione. Naturalmente ho risposto ad una velocità di poco inferiore a quella della luce e ho così partecipato alla giuria del concorso, che è biennale e itinerante e nell’ultima edizione ha fatto tappa a Nashville, la capitale della musica country. A nemmeno un mese dalla conclusione dell’avventura in Tennessee ho ricevuto, con mia sorpresa dal momento che non avevo avanzato alcuna richiesta ufficiale e nemmeno sapevo quale fosse la prassi per candidarsi, l’invito ad essere uno dei rookie per l’edizione 2018 del Great American Beer Festival, che è annuale e si tiene sempre a Denver, capitale del Colorado: l’eccezione alla regola secondo la quale la capitale di uno Stato degli USA non è mai la città più grande e più importante. Ad ulteriore chiusura del cerchio, durante i lavori del GABF ho avuto l’onore di condividere un tavolo di giuria con Randy Mosher e poterlo così finalmente ringraziare di persona per le conoscenze e l’ispirazione che mi ha donato con i suoi libri. Randy, oggi impegnato con il suo progetto Forbidden Root basato a Chicago e incentrato su birre brassate con aggiunta di erbe e spezie da tutto il mondo, ha l’entusiasmo di un ragazzino e le disarmanti umanità e umiltà che sovente mostrano le persone veramente in gamba. L’organizzazione dei due concorsi è la medesima: fa capo alla Brewers Asso-
aprile 2020
Giudici in gita a Lynchburgok
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
21
MONDO BIRRARIO
ciation nella sua doppia veste di associazione che riunisce e tutela sia i birrifici indipendenti e craft che gli homebrewer (i due rami eleggono delegati distinti), ha in Charlie Papazian il padre fondatore e in Chris Swersey l’attuale competition manager e identica è anche la scheda di degustazione che viene impiegata in entrambe le competizioni. La maggiore differenza, oltre alla diversa frequenza e alla location, risiede nella provenienza tanto delle birre, che arrivano da tutto il mondo nel caso della WBC e sono solo statunitensi per il GABF, e della giuria, che nel primo caso è per due terzi internazionale e nel secondo è quasi esclusivamente americana. Analogo è il regolamento dei due concorsi, entrambi strutturati su oltre 100 categorie basate sulle linee guida degli stili birrari redatte annualmente dalla Brewers Association e identici sono le tempistiche del concorso e il metodo di lavoro che si osserva ai tavoli. Si giudica infatti suddivisi in gruppi di 6-8 persone: per le finali il tavolo lavora unito sotto la guida di un capitano, i turni preliminari e intermedi sono invece giudicati dividendo il gruppo in due e affidando ciascun sotto-gruppo di 3-4 persone a un “sotto-capitano”. Ad ogni round si cambia tavolo e la programmazione è basata su tre giornate intere di lavoro, suddivise in un round mattutino e uno pomeridiano, ciascuno dei quali composto da tre flight di birre di diverse tipologie: dal momento che ogni flight comprende dalle 8 alle 12 birre della medesima tipologia ciò significa che ogni giornata prevede l’assaggio di circa 60 birre e nelle tre giornate di giuria si partecipa a sei tavoli diversi. La rotazione dei tavoli, comune a molti altri concorsi come lo European Beer Star, il Concurso Brasileiro da Cerveja e l’Austrian Beer Challenge, è molto opportuna sia perché permette di conoscere molti più colleghi e imparare qualcosa da ciascuno di essi sia perché evita la sedimentazione di dinamiche che inevitabilmente scattano quando si giudica per
22
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
aprile 2020
MONDO BIRRARIO
più di una giornata insieme: non parlo di simpatie o antipatie personali ma qualcosa di molto più sottile che può estrinsecarsi nella prevedibilità delle scelte altrui. In altre parole, io capisco il criterio di valutazione, le preferenze e le idiosincrasie dei colleghi e posso avere la tentazione di usare questa intuizione per veicolare la discussione in una determinata direzione; ciascuno di loro, ovviamente, può fare la stessa cosa con me. Onestamente ero abbastanza teso prima delle due competizioni, pensando alla necessità di dover dare assolutamente il meglio di me stesso per potermi confrontare con colleghi tanto esperti, molti dei quali sono celebri birrai o storici autori di testi birrari; in entrambi i casi invece, fin dai primi round, sono stato sia appagato nel trovarmi allineato con giudici statunitensi su stili tipicamente americani (soprattutto al GABF) sia sorpreso di quanto fosse facile giudicare in questo contesto e ciò grazie al convergere di due principi fondamentali: il rispetto nei confronti degli altri giudici e il rispetto delle regole. Quali? Queste ad esempio, che dovrebbero risiedere nel vademecum del giudice di qualunque concorso birrario:
Debutto americano in qualità di giudice
La puntualità è una cosa seria I programmi della WBC e del GABF riportano due orari di inizio per la giuria: il primo è quello di ritrovo del tavolo, il secondo, di quindici minuti successivo, quello di effettivo avvio del lavoro, con il servizio delle prime birre. Ebbene, non si è mai tardato l’inizio delle operazioni, sia per merito del formidabile staff di volontari, alcuni dei quali hanno un’esperienza trentennale, della Brewers Association, sia perché tutti i giudici erano già presenti al tavolo qualche minuto prima del primo orario, quello di ritrovo: del resto il regolamento prevede che il capitano faccia partire il servizio all’orario stabilito per inizio dei lavori anche nel caso in cui manchi un giudice all’appello. Se c’è ancora qualche cafone che crede che sia chic arrivare in ritardo (cit. geometra Calboni) è meglio che cominci a riflettere.
aprile 2020
Precisione e riservatezza lo sono altrettanto Riservatezza, ovvero: nessuno si sogna di tenere acceso il telefonino durante i lavori né tantomeno di fare una bella fotografia da pubblicare su Facebook con magari i nomi dei giudici e delle categorie da valutare. Giudice birrario e
influencer sono due professioni che raramente vanno d’accordo. Precisione: anche se il tavolo è costituito da otto vecchi marpioni che sono nati prima di buona parte degli stili birrari descritti, nell’attesa del servizio delle birre si legge ad alta voce la definizione della categoria e si discute sotto la guida del capitano circa i criteri di demarcazione e gli eventuali rischi di sovrapposizioni con altre categorie presenti nel concorso. Nulla viene dato per scontato e nessuno si sente troppo esperto per doversi abbassarsi a leggere qualcosa che ritiene di sapere già e discutere con colleghi magari molto più giovani o debuttanti.
La consegna del silenzio è sacra e inviolabile Non solo quando si giudicano stili di derivazione monastica: sempre, ad ogni flight, una volta consegnate le birre a tutti i giudici e dopo aver considerato collettivamente gli aspetti visivi per
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
23
MONDO BIRRARIO
valutare se qualche birra debba essere squalificata per il mancato rispetto del requisito del colore previsto per la categoria, parte la consegna del più assoluto e rigoroso silenzio. Interi, vastissimi saloni di hotel zittiscono improvvisamente: ciascuno assaggia secondo la sua prassi individuale e compila le schede di degustazione (che sono simultaneamente redatte in duplice copia con carta copiativa) e finché tutti gli elementi del gruppo non abbiano finito di scrivere e siano pronti per la discussione nessuno si permette di parlare, tanto meno di quanto si è appena degustato, per non influenzare o disturbare chi sta ancora ultimando la parte strettamente individuale del lavoro. Solo quando tutti sono pronti si può iniziare la discussione.
Le parole valgono più dei numeri Scontrandosi con tutti i pregiudizi circa la superiore affidabilità dei numeri che invece, come le parole, non sono che
24
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
simboli, la discussione di un tavolo di giuria alla WBC o al GABF è quanto di più classicamente umanista si possa immaginare. La scheda di degustazione non contiene alcun riferimento numerico ma solo dei gradienti qualitativi come appropriato/inappropriato o eccellente/da rivedere sui vari parametri ed è richiesto di dare una breve valutazione individuale per tutte le voci. Come si fa dunque senza numeri? Semplice, il capitano conduce la discussione partendo dalle birre che si ritiene opportuno eliminare e arrivando via via alle migliori da passare alla fase successiva o da premiare con una medaglia: se un giudice propone di eliminare una birra che è nel podio delle migliori di un altro collega, si mette la questione momentaneamente in sospeso per affrontarla dopo pochi minuti. Nessuna fretta ma, al contempo, nessuna divagazione da ciò che si ha nel bicchiere: discorsi come “è un po’ vecchia ma due mesi fa sarebbe stata buonissima” o al contrario “è troppo giovane ma diventerà una grandissima birra”
hanno peso pari a zero, si valuta ciò che è presente in quel momento per le sue caratteristiche esibite in quell’istante. L’aderenza alla categoria, specie se si tratta di uno stile a maglie strette perché storicamente ben definito, è invece un parametro molto importante che può portare a escludere birre anche molto buone ma che deviino dalle linee guida o esibiscano caratteristiche proprie di un’altra categoria. Quest’ultimo aspetto può avere un peso rilevante anche in categorie più aperte come, ad esempio, le Herb and Spice Beers: se ci si ritrova nel bicchiere un Imperial Stout passata in botte di bourbon e brassata con dichiarato utilizzo di spezie ma queste ultime sono completamente soverchiate dal carattere dato dall’affinamento in legno, la birra, anche se eccellente, non passerà al turno successivo se il tavolo riconosce che sarebbe stato più corretto iscriverla a una delle categorie riservate alle Barrel Aged Beers. Naturalmente “fare i fenomeni” lanciandosi in ipotesi kamikaze sull’iden-
aprile 2020
MONDO BIRRARIO
tità delle birre è espressamente vietato dai judging tips presentati in fase di briefing (“non si parla di etichette ai tavoli” è uno dei comandamenti esposti da Swersey il giorno prima della competizione) e pone in pessima luce di fronte ai colleghi l’aspirante Nostradamus birrario.
Capitano non significa conducator Tutti i capitani che ho incontrato alla WBC e al GABF hanno interpretato al meglio il loro vero ruolo: facilitatori di discussione e non persuasori che cercano di portare il tavolo dalla loro parte o, peggio, despoti che troncano ogni discorso mettendo sulla bilancia il peso del loro ruolo, dell’esperienza o di una supposta superiore competenza.
Steven Seagal non è un modello cui ispirarsi Quando ad un tavolo si è cinque o sette contro uno riguardo alla valutazione di una birra anziché cominciare a menar (metaforici, ovviamente) cazzotti e colpi di karate come il leggendario eroe dei più trash action movie degli anni Ottanta e Novanta, forse è il caso di cominciare a pensare che siamo noi che stiamo prendendo una cantonata in questo frangente.
Tavoli di giuria della World Beer Cup
Anche perché, a differenza del buon Steven, non ci aspetta un matrimonio con Kelly Le Brook dopo le legnate. Nelle due principali competizioni americane, come all’European Beer Star o al Brussels Beer Challenge, si vedono tranquillamente giudici esperti e capitani che accettano serenamente di essere,
Credits Jane Massey, Flickr
aprile 2020
in alcuni casi, in minoranza più o meno schiacciante e non sfoderano l’ascia di guerra. Chi invece fa l’opposto e lancia il suo barbarico di grido battaglia prima di impegolare l’intero tavolo in un interminabile discussione su una singola birra, magari nemmeno destinata a medaglia, solitamente non è molto gradito nelle edizioni future. Queste regole di comportamento non sono scritte da nessuna parte ma hanno un’importanza decisiva, da ambo i lati dell’Atlantico, perché sono strettamente legate al rispetto degli altri giudici e dell’organizzazione, la quale quando fa le sue scelte componendo la giuria tiene conto anche delle soft skills, come dicono nelle aziende e non solo delle abilità degustative. Vi risulta più credibile questa verità o le leggende che narrano di giurie composte da allegri sbevazzoni che sono ubriachi dopo il secondo assaggio e vengono scelti dalle organizzazioni estraendo nomi da bussolotti o secondo criteri dettati da inconfessabili alleanze segrete a metà tra la Spectre e il gruppo Bilderberg. ★
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
25
MONDO BIRRAIO
di Miro Sampino (aka TrukDrake)
Credits Daniel Lobo
CONCORSI
E HOMEBREWING
MoBI e il BJCP (Beer Judge Certification Program): “un matrimonio che s’ha da fare!”
I
n una competizione homebrewer, una delle cose su cui si concentra la maggior parte dello sforzo organizzativo è la composizione della giuria che deve valutare le birre dei concorrenti. Qualcuno, a giusta ragione, potrebbe pensare che questa affermazione abbia
26
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
più valore per una competizione professionale che amatoriale, ma quando si parla del popolo di quelli che “producono birra in casa” nulla è mai scontato. Un birraio professionista, quotidianamente si scontra con il proprio mercato e ne recepisce i feedback, può intuire se
il proprio prodotto è fatto più o meno bene e si può industriare nello sfruttare i vari canali professionali per migliorarsi (almeno si spera). Quindi in una competizione professionale, più che la critica costruttiva, il birraio cerca probabilmente il riconoscimento del proprio valore.
aprile 2020
MONDO BIRRAIO
Ovviamente questo è solo un aspetto di un argomento articolato su più fronti. Il domozimurgo al contrario, in una competizione, cerca un giudizio ma soprattutto un set di consigli per potersi migliorare. La scheda compilata dai giudici è un momento importante per uscire dal vortice delle adulazioni dispensate da amici e parenti: infatti ogni qualvolta viene stappata la famosa birra fatta in casa, come in una sorta di dejà vu, i commensali non esprimono mai un commento che vada oltre le tre sillabe. Alla lunga questa cosa diventa una sorta di incubo per il nostro alchimista che comincia a cercare, nei concorsi amatoriali, parole più “sincere”. Doveroso dire che non tutti i concorsi dedicati alla “birra fatta in casa” sono validi, anzi alcuni sono allestiti semplicemente per riempire una giornata di vuoto di un locale birrario o per attirare potenziali clienti. Per carità, fare cassa con un evento del genere è difficile ma per qualcuno sembra essere una occasione ghiotta: attenzione però che il popolo homebrewer è attento a queste cose e non perdona. Il birraio casalingo cerca una valutazione tecnica delle proprie birre con commenti e suggerimenti validi. Magari a volte non li condivide, ma una cosa è sicura: alla prima cotta post concorso, le parole impresse dai giudici sulle schede di valutazione tornano alla mente! Ed eccolo lì a rimuginare, come Neo davanti al Matrix, in cerca di capire se effettivamente in quel giudizio, non ci sia poi qualcosa di vero. Si realizza un impor-
aprile 2020
Credits Josep Trepat Font
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
27
MONDO BIRRAIO
Credits Kris Arnold
28
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
tante momento di crescita, qualcosa di appagante per gli amanti di questo hobby. Vincere una competizione è poi la ciliegina sulla torta, rende concreta quella passione e dona la consapevolezza di saper realizzare una birra fatta in casa, come la dea Ninkasi comanda. Diventa importante quindi, per il giudice di un concorso per homebrewer, avere la capacità di valutare bene le birre e di argomentare il giudizio, per non deludere le aspettative dei concorrenti. Dovrà anche elargire consigli sulla tecnica produttiva. Il tutto ovviamente in un tempo consono a permettere di valutare tutte le birre in concorso in un tempo ragionevole. Con una certa lungimiranza, nella metà degli anni ottanta, i cugini americani della American Homebrewers Association (AHA) proposero un percorso “didattico” per formare giudici per concorsi homebrewer, denominato Beer Judge Certification Program o più semplicemente BJCP. Dalla prima guida agli stili birrari redatta, al primo beer judge tasting exam (esame di degustazione), in circa trent’anni si è arrivati ad avere più di 7000 giudici certificati in tutto il mondo e una guida agli stili birrari (al momento quella ufficiale è datata 2015) diventata un riferimento anche in ambito professionale. Non sono mancate e non mancheranno mai critiche, a volte legittime, sulle classificazioni di alcuni stili all’interno delle categorie o sulla scelta dei nomi delle categorie stesse. Nonostante questo, il fatto di catalogare e organizzare gli stili birrari in maniera metodica (gli americani su questo fanno sempre scuola) supera di gran lunga questi pseudo limiti della guida, che può quindi essere considerata come un punto di riferimento a livello internazionale. Il BJCP approda in Italia nel 2011, quando Gianriccardo Corbo, oggi stimato giudice internazionale, diventata il primo BJCP italiano. Il percorso BJCP di Gianriccardo dopo qualche anno si incrocia con quello di MoBI: vengono organizzati i primi ta-
aprile 2020
MONDO BIRRAIO
sting exam in Italia. Oggi MoBI continua ad organizzare l’esame per diventare giudice BJCP, permettendo, a chi è interessato, di sostenerlo in Italia. Attivato l’esame, mancava ancora un tassello: organizzare competizioni sul suolo nazionale riconosciute dal BJCP, per permettere ai giudici o aspiranti tali, di acquisire esperienza, punteggi e avanzare di grado (rank) senza dovere andare all’estero. Per dovere di cronaca, qualche concorso homebrewer italiano indipendente da MoBI aveva già aperto la strada facendosi riconoscere come competizione BJCP. Ma quando si vuole tracciare un percorso didattico completo, serve
sempre qualcosa di strutturato a garanzia di continuità. L’occasione buona arriva nel 2019 quando MoBI, con un colpo di reni del neo direttivo appena insediatosi, trasforma le tappe del campionato nazionale in competizioni BJCP. Tipicamente il campionato MoBI si articola in tappe e impegna i concorrenti per tutto l’anno, questo è un aspetto importante della competizione che si pone come scopo, quello di seguire la crescita del comparto HB nostrano e creare momenti di aggregazione. Vengono valutate più di 650 birre (sommando le birre delle varie tappe, il dato è del campionato 2019) e vengono impegnati giudici provenienti da percorsi
ed esperienze diverse, publican, birrai ed homebrewer capaci. Con l’indirizzamento del campionato MoBI verso il BJCP, si è avuta una forte partecipazione di giudici BJCP italiani e non è mancato nemmeno qualche giudice BJCP straniero. La certificazione BJCP riconosce la figura del giudice in ambito amatoriale ma non ne attesta automaticamente la sua “bravura”. L’esperienza, lo studio, le capacità, l’allenamento nella degustazione e una certa attitudine al giudizio, sono le uniche cose che portano ad affermarsi anche in ambito professionale. Eppure lo spirito originale di questa certificazione a volte viene
Credits Daniel Lobo
aprile 2020
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
29
MONDO BIRRAIO
Credits Colby
snaturato. Giudici BJCP freschi di certificazione, magari con una scarsa esperienza di giuria o senza un adeguato training sensoriale, tentano di “intrufolarsi” in competizioni professionali, presentando il titolo da poco acquisito a mo’ di lascia passare. Per il nuovo campionato che è in divenire (si inizierà ad Aprile con le tappe del “Drunken Fruit Spring Beer Festival 2020” a Quinto Vicentino e con “Acido Acida British Beer Festival” a Ferrara), ci siamo posti l’obiettivo di organizzare dei tavoli di giuria ancora più equilibrati, forti dell’esperienza fin qui acquisita. Proveremo a combinare giudici BJCP
30
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
“maturi” con giudici “non BJCP” provenienti da altri percorsi ma con comprovata esperienza. Lo scopo è quello di promuovere un confronto tecnico con un arricchimento reciproco. Inoltre daremo spazio a chi ha bisogno di “farsi le ossa” con dei tavoli di giuria dedicati. Il futuro giudice verrà messo in coppia con un BJCP con esperienza, che sarà in grado di trasferire un approccio metodologico e guidare il giudizio. MoBI continuerà su questa strada, introducendo anche momenti di formazione online per consolidare la parte didattica e training sensoriali per rafforzare la parte di degustazione.
Crediamo che costruire un modello didattico intorno al BCJP sia un buon modo per promuovere la crescita di coloro che ad un certo punto del loro percorso birrario, vedono nella passione per la produzione e la degustazione della birra qualcosa di più di un hobby. Altra cosa da non sottovalutare è che il modello BJCP è di tipo “self-studying” e quindi permette di accrescere le competenze in autonomia e con i propri tempi. Vale sempre il principio che la teoria da sola non basta ma deve essere accompagnata dalla pratica e che comunque è solo con il confronto in campo che si acquisisce sicurezza. ★
aprile 2020
MONDO BIRRARIO
di Luca Grandi
La variante umana
DELLA BIRRA
S
e pensiamo all’identità dei prodotti spesso la associamo alla faccia del titolare di questa o di quell’Azienda. La pubblicità stessa gioca su questa sovrapposizione dell’identità come se il metterci la faccia fosse da solo garanzia di un ottimo prodotto. Succedeva anni fa – e succede ancora – per i mobilifici, per chi offriva prestiti, per chi comprava e vendeva case, per chi possedeva banche d’affari. Poi è iniziata l’era dei tortellini, della pasta e dei salumi. Su tutte queste facce da produttori, ce n’è stata una che più di altre si è fatta riconoscere - anche se in realtà non era
Bruno Carilli - Toccalmatto
32
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
quella del titolare - per l’imponenza dei suoi baffoni, sempre sapientemente bagnata dalla bianca e pannosa schiuma della birra che copiosamente usciva dal boccale che l’omone teneva in mano. L’immagine dell’omone vestito di verde con il boccale di birra in mano restituisce ai consumatori l’idea di una birra dall’atmosfera casalinga. Di fatta in casa, appunto. Ora, sappiamo bene che non è esattamente così dato che quel marchio di è saldamente nelle mani di uno dei più grandi gruppi internazionali del pianeta terra, con consigli di amministrazione riuniti attorno ad un tavolo di vetro all’ultimo piano di un grande
grattacielo metropolitano: il tutto ha un vago sapore di fumetto Marvel, più che di luppolo e malto. La birra artigianale, invece, oltre ai grandi pregi che la contraddistinguono ne ha uno in particolare che la rappresenta appieno: la riconoscibilità. E qui non stiamo trattando di filiera o di tracciabilità ma di quella che mi piace definire la variante umana della birra. Dietro ad ogni birra artigianale c’è il suo birraio, lo puoi conoscere, ci puoi parlare. Ne puoi conoscere la storia, le preferenze, il percorso che l’ha portato a produrre la tua adorata saison o una superba weizen. Nel libro La Via della Birra (Ed. Aliberti) sono raccolte le storie di oltre una trentina di mastri birrai sparsi lungo lo Stivale e le sue Isole che permettono ai lettori di scoprire che la passione per la grande schiuma ha trasformato ingegneri, esperti editoriali, contadini, architetti, financo biologi e chimici in adepti della fermentazione, esperti della maltatura, fini conoscitori di luppoli: in due parole, in Mastri birrai. Fra questi potremmo citare qualche eccellenza. È il caso dell’Ing. Nicola Perra che a Maracalagonis ha creato il Birrificio Barley e – fra le altre - le sue meravigliose birre alla sapa di vitigni della sua Sardegna come il Cannonau, il Nasco e la Malvasia, birre premiate nei più importanti contest a livelli internazionale. Come non menzionare poi il Dr. Bruno Carilli, birraio e socio di Toccalmatto, che dopo una lunga militanza come super manager in aziende di mezza Europa decide finalmente di voler affidare le sue preziose esperienze e conoscenze al fervente mondo brassicolo artigia-
aprile 2020
MONDO BIRRARIO
nale italiano. Naturalmente facendo a modo suo, plasmando e trasformando gli stili a sua immagine e somiglianza, un misto di rock e jazz. Lo trovate nel suo spaccio di Fidenza: parlarci è davvero un’esperienza. Stephen Steve Dawson, inglese di Brighton, instradato alla devozione per le Real Ales dal padre (membro Camra), produce invece dal 2006 la sua birra sugli appennini modenesi, in una frazione della già piccola Guiglia, a pochi chilometri dalla più nota Zocca, terra natale di Vaco Rossi. Lui, che si è sempre occupato di editoria, non ha resistito all’atavico richiamo e ha deciso con la moglie americana Kelly di allestire il primo impianto in una piccola casa di pietra per poi acquistare un caseificio dismesso ed aumentare – visto il successo della sua birra – la sua capacità produttiva. È nato così White Dog Brewery. Potremmo definirlo il lieto fine di una favola, no!? I mastri birrai sono oggi i moderni alchimisti, custodi di riti e divulgatori di una tradizione lontanissima che ha radici profonde nel territorio e nei prodotti locali. Per fare la birra occorrono competenze, conoscenze ed una gran voglia di rischiare. Dal 1996, una nuova generazione di mastri birrai ha rivoluzionato il binomio pizza/birra, producendo e proponendo birre lontanissime anni luce dalle birrette da spiaggia. Intendiamoci: niente di sbagliato nel godere di una birra fresca. Ma oggi sappiamo che la possiamo anche abbinare ad una crudità di pesce, ad un tagliere di salumi, con un Blu o con un formaggio d’alpeggio, la possiamo degustare con le ostriche o con un dolce al cioccolato. È infatti acclarato che la birra ha possibilità di abbinamento ben superiori a quelle del vino, non foss’altro che per la gran quantità di stili presenti sul mercato nazionale ma anche per la sua capacità di compensare le mancanze del vino – acidità e tannini – con altre peculiarità, come il dolce, l’amaro e il minor contenuto in alcol.
aprile 2020
Luca Grandi e Michele Clementel del birrificio Vecchia Orsa
Il reale competitor della birra artigianale è quindi il vino, non la birretta industriale. Ma torniamo ai nostri mastri birrai. Chi della birra ne ha fatto una vera e propria ragione di vita – letteralmente – sono Michele Clementel e sua moglie, veterinario lui e biologa lei. Dopo qualche anno passato ognuno a lavorare nel suo specifico settore, hanno deciso di rivoluzionare la loro vita (e quella di qualcun altro) mettendo a disposi-
zione la loro casa di Crevalcore (Bo) per ospitare un’azienda agricola e zootecnica dove far lavorare ragazzi diversamente abili, affetti da patologie psichiatriche. Poco dopo, al fine di migliorare la produttività di FattoriAbilità, hanno deciso di allestire un microbirrificio. Come spiega Alessio Selvaggio di Unionbirrai, «le fasi della produzione della birra artigianale sono scandite e distinte tra loro: si va dalla cotta alla luppolatura, dalla fermentazione fino all’imbottigliamen-
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
33
MONDO BIRRARIO
to. Questo processo step by step consente di includere i ragazzi con disabilità al fine di imparare una routine lavorativa che dà spazio alla manualità e aiuta ad aumentare il livello di partecipazione al prodotto, sottolineandone anche il carattere collaborativo e artigianale. Sono aspetti importanti che aumentano il grado di integrazione e di soddisfazione». Purtroppo, a causa del sisma che ha colpito la Regione nel 2012, lo stabile di Crevalcore è stato totalmente danneggiato ma oggi, dopo una bellissima gara di solidarietà da parte di altri Birrifici, il Vecchia Orsa (così si chiama il Birrificio) continua a produrre in un nuovo, più grande e più moderno impianto, a San Giovanni in Persiceto (Bo). Passate di là, se potete: le loro birre ottengono premi nei più importanti contest nazionali e una chiacchierata con Michele – che io amo definire “l’Oliver Sacks dei birrai” – è sempre un bell’ascoltare. Infine, come non nominare Jacopo Apo Lenci il giovane produttore di birra
Stephen Dawson - White Dog Brewery
34
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
Nicola Perra - Barley
del Brùton, in provincia di Lucca, punk nell’animo ma con indubbie capacità imprenditoriali. Sono questi uomini a rendere umana la loro birra, a farcela preferire ad una in-
dustriale, perché riescono a personalizzarla a darle identità e sapori inconfondibili... caratteristiche che solo l’uomo può trasmettere ai suoi prodotti. È la variante umana a fare la differenza! ★
Jacopo Lenci - Brùton
aprile 2020
L’INTERVISTA
di Mirka Tolini
Birra Nostra.
PRONTA PER LA TERZA MISSIONE!
Si chiama Terza Missione ed è l’insieme delle attività di comunicazione che sono indispensabili per trasferire le conoscenze e le ricerche sviluppate nel mondo universitario, alla società. Birra Nostra è stata ufficialmente riconosciuta dall’Università degli Studi di Parma come brand di riferimento per le iniziative legate al mondo brassicolo e si occuperà di gestirne la comunicazione perché, comunicare bene è importante quanto svolgere ricerca.
Intervista al prof. Tommaso Ganino, ricercatore e docente universitario presso l’Università di Parma, Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco A quando risale la prima collaborazione tra l’Università di Parma e Birra Nostra? La collaborazione risale al maggio 2016 a Cibus, Parma. In quell’occasione Luca
?
Grandi ci contattò per un intervento presso lo stand Birra Nostra, su una coltivazione ancora abbastanza strana per l’epoca: il luppolo. Nasce da lì un’attiva collaborazione professionale e una bella amicizia. Mi ricordo che in quell’occasione Luca aveva organizzato una tavola rotonda che, oltre a me, vedeva coinvolti il Legale Rappresentante di Italian Hops Company, il dott. Eugenio Pel-
Luca Grandi di Birra Nostra con gli studenti del corso di Scienze degli Alimenti e i docenti Tommaso Ganino e Margherita Rodolfi
36
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
licciari e Agostino Arioli di Birrificio Italiano. Al prossimo Cibus festeggeremo i quattro anni di collaborazione con un nuovo intervento dell’Università di Parma in casa Birra Nostra e visto che sarà a Parma sarà anche un po’ casa nostra.
Quale il valore aggiunto riconosce l’Università di Parma a Birra Nostra? Per rispondere a questa domanda cito la bellissima descrizione sul vostro portale: “BIRRA NOSTRA mette a disposizione un team di professionisti della comunicazione, in grado di fornirti il giusto supporto necessario alla promozione dell’azienda e dei prodotti. Una comunicazione mirata, forte, accattivante, faciliterà la scelta commerciale e promozionale del prodotto stesso. Offriamo (oltre al tempo) ricerca e passione, ma soprattutto tanta professionalità…”. In questa descrizione credo che ci sia tutto quello che Birra Nostra è! Noi lavoriamo molto in campo agrario e in laboratorio, scriviamo articoli scientifici, impostiamo esperimenti nuovi, ma dal punto di vista comunicativo abbiamo tante difficoltà. Non mi riferisco all’Ateneo di Par-
?
aprile 2020
L’INTERVISTA
ma, ma al mio gruppo di ricerca, siamo pochi (ma buoni… come si dice di solito) e per questo motivo occuparci anche di comunicazione diventa complesso. In alcuni casi diventa anche più complesso che scrivere un articolo scientifico o impostare ex novo un esperimento; diventa complesso perché siamo abituati a divulgare in modo scientifico e ad una platea scientifica. Birra Nostra ci permette di ampliare i nostri orizzonti verso quello che le Università chiamano “Terza Missione”. Detto in questi termini sembra una missione segreta di un super eroe del secolo scorso; in realtà il termine “Terza Missione” indica quell’insieme di attività che servono per l’applicazione diretta, la valorizzazione e l’impiego della conoscenza per contribuire allo sviluppo sociale, culturale ed economico della Società. In poche parole la trasferibilità e la comunicazione. Per il mio piccolo gruppo di lavoro, Birra Nostra funge da megafono sociale per poter effettuare la Nostra Terza Missione. Qual è l’ambito di ricerca all’interno del quale operate? Il mio gruppo opera in ambito agrario. Nello specifico la collaborazione con Birra Nostra è legata alla ricerca che dal 2011 stiamo conducendo, cioè la selezione di luppoli italiani e la possibilità
?
Quali le iniziative in ambito brassicolo del gruppo di ricerca? La nostra attività più importante è quella che ogni anno ci vede coinvolti al Convegno Nazionale sul luppolo di Marano sul Panaro (MO). Questo evento ci vede protagonisti e ci permette di rendere partecipi tutti gli attori della filiera brassicola sulle novità a tema luppolo. L’evento vede coinvolti anche altri ricercatori italiani, coltivatori, birrai e amanti del settore. Proprio da Marano sul Panaro, l’anno scorso, è partita una bellissima collaborazione con il dott. Luca Pretti di Porto Conte Ricerche (SS), collega e amico. In questo caso la collaborazione ha previsto due attività: una sulla gestione agronomica del luppolo in Sardegna (ottimizzazione dei sesti di impianto) e l’altra sulla produzione di birre sperimentali utilizzando luppoli dell’Emilia Romagna. Molta soddisfazione anche dall’attività agronomica, infatti da qualche anno collaboriamo strettamente con Ludovico Lucchi, dell’omonima Azienda Agricola di Campogalliano (MO). In Azienda Lucchi svolgiamo tanti esperimenti sulle modalità di coltivazione e di gestione agronomica, tenendo però sempre al centro la produzione e la qualità del luppolo ai fini brassicoli. Da questa attività, e insieme a Luca Pretti sono nate 5 birre sperimentali… nell’estate 2020, al prossimo convegno a Marano, vi diremo qualcosa in più! Insomma, tante cose bollono in pentola e questa è solo la punta dell’iceberg… ogni anno incontriamo nuove persone e inizia una nuova sfida. Da quest’anno abbiamo un’altra nuova sfida: il nostro nuovo partner per la comunicazione, Birra Nostra!
?
Tommaso Ganino
di coltivare questa piante in Italia. La nostra attività non si ferma alla ricerca di nuovi genotipi ma si allarga anche all’ottimizzazione della tecnica agronomica, allo studio dell’adattabilità dei luppoli europei e americani al clima italiano (terroir).
Come procede il programma di ricerca sul luppolo selvatico italiano a Marano? Il campo sperimentale sta dando buoni frutti e risultati? La nostra attività, ormai decennale, si amplia ogni anno che passa. Siamo partiti dalla nostra Regione e con gli anni la nostra attività si è espansa in di-
?
Un momento del convegno di Marano sul Panaro
aprile 2020
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
37
L’INTERVISTA
verse regioni italiane come Lombardia, Trentino, Toscana, Sardegna e anche all’estero verso la Francia e la Spagna. Al momento sono circa 300 i genotipi collezionati nel campo collezione di Marano sul Panaro (MO), di questi, nel 2016, ne sono stati selezionati 3 (Futura, Aemilia e Modna) che al momento rappresentano gli unici genotipi italiani in coltivazione professionale. Altri genotipi sono in fase di trasferimento. Gli aromi passano dal floreale allo speziato, dal fruttato “mediterraneo” al fruttato “tropicale”. Nell’ambito del floreale un aroma particolare è stato quello che ricorda il crisantemo o il geranio. Il fruttato più particolare è stato quello tipico del cedro. Il futuro in questo momento non sembra essere tanto lontano. È da sottolineare che tutto questo progetto di ricerca procede solo grazie alla nostra passione e alla voglia di fare, non certamente per i grandi finanziamenti ricevuti… abbiamo poche risorse ma tanto da dare sia nel mondo scientifico (in Italia siamo il gruppo che, in materia luppolo, ha più pubblicato su riviste internazionali), sia in quello produttivo (seguiamo
Da sinistra Agostino Arioli (Birrificio Italiano), Luca Grandi, Eugenio Pellicciari, Margherita Rodolfi e Tommaso Ganino
tante aziende in Emilia Romagna, ma anche in Trentino, Lombardia, Lazio e tante altre arriveranno). La mancanza di risorse però non ci limita perché quello che ci spinge a lavorare in questo campo
è la volontà. A questo proposito cito una celebre frase scritta da Vittorio Alfieri che ci descrive: “Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli”. Questa frase ci dà sempre la forza e la curiosità di continuare a “vincere delle sfide”. Si, proprio a vincere, perché nel nostro lavoro e nel nostro impegno inseguiamo una vittoria e mai aspettiamo la sconfitta! Crediamo fermamente che le cose non arrivino quasi mai da sole, che le opportunità vadano cercate e coltivate e che, con un pizzico di fortuna e tanta tenacia, si possa riuscire a realizzare anche i desideri più impossibili. Obiettivi raggiunti e prossimi impegni insieme. L’obiettivo principale è la comunicazione capillare. In parte siamo già riusciti, tramite Birra Nostra, ad arrivare a far parlare di noi in vari eventi nazionali. Il prossimo passo? Mi piacerebbe divulgare utilizzando vignette e strisce umoristiche che mettano in primo piano il settore brassicolo e il luppolo, magari con la creazione di un personaggio buffo e goffo, ma pur sempre supereroe! ★
?
Il campo sperimentale di Marano sul Panaro
38
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
aprile 2020
WHISKY• GIAPPONESE L A G U I D A C O M P L E TA A I W H I S K Y PI Ù E SOT I CI A L M O N D O
DOMINIC ROSKROW PR E FA ZI O N E D I
M I K E M I YA M O T O
34.90 EURO
Il whisky giapponese è tra i migliori al mondo, ma è rimasto relativamente sconosciuto fino alla sua rapidissima ascesa negli anni 2000. In questo libro pioneristico, l’esperto di whisky Dominic Roskrow documenta il suo viaggio, dalla prima distilleria degli anni ’30, attraverso la cultura dei bar Tory degli anni ’50, fino agli highball e ai cocktail serviti oggi nei bar di tutto il mondo. Con appunti di degustazione su una grande varietà di espressioni, tecniche di produzione del whisky, profili di importanti distillerie, interviste a figure chiave del settore, questo libro ci propone un’affascinante esplorazione delle tradizioni, innovazioni e filosofie che hanno dato forma a questo distillato tanto ricercato.
Acquistalo su www.edizionilswr.it PER INFORMAZIONI
Via Spadolini, 7 - 20141 Milano - eMail: libri.comm@lswr.it
DEGUSTAZIONI E ASSAGGI
di Andrea Camaschella
LE ITALIAN GRAPE ALE L
e Italian Grape Ale sono birre che, in qualche modo, giocano sulla sponda del vino, spesso sono definite, tanto quanto i Lambic del Belgio, l’anello di congiunzione tra i due mondi, quello brassicolo e quello vinicolo. A decretarne l’esistenza, nel 2015, è il BJCP- Beer Judge Certification Program - un’organizzazione statunitense che si occupa di raccogliere gli stili, tenerli aggiornati, e proporre delle linee guida per i produttori di birre casalinghe e per gli organizzatori di concorsi per homebrewers. Oggi in realtà è assurto a livello di bibbia per birrai e molti concorsi per professionisti si basano sul BJCP. A crearne le basi sono stati ovviamente i microbirrifici italiani. L’Italia non ha una tradizione birraria alle spalle e i nostri birrai si sono sempre ispirati a birre di scuola belga, tedesca o inglese
40
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
in particolare ma hanno saputo creare anche guardando a nuove culture birrarie come quella degli Stati Uniti. La grande capacità dei nostri pionieri, così come delle seconde e terze linee, è stata quella di mettere un pizzico di sé, della propria cultura enogastromica, per caratterizzare le birre, per dare un senso di unicità alle produzioni. In un certo senso per giustificare il senso di una birra prodotta in Italia, da italiani. Questa capacità di guardarsi attorno, di “pescare” dalla natura circostante, di sfruttare la biodiversità italiana ha portato naturalmente i nostri birrai a lavorare con l’uva e il mondo del vino più in generale, qualcosa che in Italia è parte fondamentale della cultura. La descrizione dello stile data dal BJCP, presentata nel 2015, era molto ampia, a differenza degli altri stili che hanno linee guida molto stringenti, permettendo dunque molte interpretazioni e varianti. Dunque, oltre a riconoscere lo stile venne
riconosciuta anche la creatività italiana (che spesso viene scambiata per l’incapacità di stare in binari stringenti, soprattutto quando si parla dei nostri birrai, benché sia, molto spesso, la ragione del loro successo). Le Italian Grape Ale, a livello aromatico, prevedono una nota caratteristica di una particolare uva, che non dovrebbe però sovrastare tutte le altre note. È ammesso un lieve “selvatico” da fermentazioni più o meno naturali. Il colore è ammesso dal dorato al marrone scuro. Per la parte gustativa molte interpretazioni sono ammesse, a partire dal carattere del vitigno. L’acidità è ammessa senza essere dominante come in una fermentazione spontanea o altri esempi belgi. Anche le sensazioni di legno sono ammesse se ben raccordate e non preminenti. Nella storia dello stile si fa riferimento alla biodiversità italiana, al territorio e negli ingredienti si afferma che l’uva contenuta (senza specificarne in che modo la si può aggiungere) può raggiungere il 40%. Grado alcolico da 4,8% a 10%.
aprile 2020
DEGUSTAZIONI E ASSAGGI
Le birre citate come più rappresentative dello stile sono: Montegioco Tibir, Montegioco Open Mind, Birranova Moscata, LoverBeer BeerBera, Loverbeer D’uvaBeer, Birra del Borgo Equilibrista, Barley BB10, Barley BBevò, Cudera [allora prodotta da Petrognola per un beer firm, NdA], Pasturana Filare!, Gedeone PerBacco!, Toccalmatto Jadis, Rocca dei Conti Tarì Giacchè. Basta guardare poco più indietro, nel tempo, per capire come e dove sono nate queste birre, e quanto le regole stringenti di uno stile andrebbero decisamente strette ai nostri birrai.
Birra e vino un connubio legato al territorio La prima birra a guardare al mondo del vino fu opera dell’alchimista, più che birraio, Renzo Losi, che a Langhirano, in provincia di Parma, diede vita a birre per quegli anni improbabili, ardite, a volte completamente folli tra le quali apparve la Panil Barriquée Settembre, con una piccola percentuale, attorno al 5%, di uve coltivate dall’azienda di famiglia (Torrechiara, di cui il birrificio faceva parte sin dal 2001). Il germe di molte Italian Grape Ale del futuro nacque lì, agli albori degli anni 2000. A dare un vero impulso allo stile, ancora da homebrewer, ci stava lavorando Nicola Perra che nel 2006 diede vita al birrificio Barley e alla BB10, una Imperial Stout con sapa (mosto cotto a lungo) di Cannonau. Perra ha saputo dare ordine e disciplina a una materia fino a quel momento casuale, con la sua meticolosità, la sua capacità di non lasciare mai nulla al caso, che rende possibile una grande costanza, qualitativa e gustativa, di lotto in lotto. Una via di mezzo, tra la “casualità costruttiva” di Losi e la “ingegneria emozionale” di Perra, nacque per mano di Riccardo Franzosi in quel di Montegioco con la Open Mind (oggi su base Croatina) e la Tibir (con uva Timorasso). Con l’apertura di Birra Montegioco Riccardo ha continuato gli esperimenti iniziati
aprile 2020
anni addietro, nelle produzioni casalinghe, cambiando più volte il metodo produttivo e, nel caso dell’Open Mind, l’uva che inizialmente era la Barbera. La capacità di Riccardo di guardare al proprio territorio e di esaltarlo in una birra è alla base di queste due creazioni, dove l’uva inizialmente aromatizza e poi contamina, con una fermentazione in bottiglia dettata dai lieviti autoctoni delle uve. Non si imbriglia la natura né si cerca di ricreare il vino, ma il tempo e la natura prendono il loro spazio: l’evoluzione naturale, volenti o nolenti, porta a una forte connessione col vino. Sul mercato dal 2010 ma nata nel 2009 è la BeerBera di Loverbeer - in realtà è nata molti anni addietro, quando anco-
ra Valter si dilettava alle produzioni casalinghe - in cui il mosto di birra fermenta grazie all’uva Barbera su cui “riposa” a lungo in tini di legno. La contaminazione del mondo vinicolo è evidente visto che la fermentazione è simile a quella di un vino naturale e che il mosto (e poi la birra) resta a contatto con i grappoli per un lungo periodo. È birra, ma colori, aromi e sapori sono molto affini a quelli di un Barbera. Attorno al 2010 nasce anche un’altra birra che racconta un altro modo di interpretare questa idea: la Filo Forte Oro di Pasturana è la prima in cui sono le vinacce del passito di Strevi ad apportare il carattere vinoso alla birra. A voler essere pignoli, sarebbe illegale utilizzare le vinacce perché contengono alcol e per disciplinare a una birra non si può aggiungere appunto dell’alcol. Leonardo Di Vincenzo fu il primo a cimentarsi con il metodo classico alla ricerca di una bollicina da champagne nella sua Equilibrista, prodotta con l’aggiunta di un’alta percentuale di mosto di Sangiovese. Ora che Birra del Borgo è stata assorbita da una multinazionale, è Enrico Ciani, in Umbria, a proporre una birra “metodo classico” su base Italian Grape Ale: la Genesi, l’IGA di Birra dell’Eremo, prodot-
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
41
DEGUSTAZIONI E ASSAGGI
ta con aggiunta di mosto di Verdicchio, rifermentata grazie a un’aggiunta di lieviti da spumanti e poi segue la trafila prevista per gli champagne. Ancora un’altra metodologia, anzi tutta un’altra filosofia, nata recentemente, è alla base di 3 produzioni di Chinaschi (Salemi, TP) in cui il vino è aggiunto direttamente a una birra già fermentata: nella fattispecie sono la Italian Grape Ale + Cataratto, la Italian Grape Ale + Grillo e la Italian Grape Ale + Zibibbo, caratterizzate dai vini omonimi.
SIEMÀN le Bucce
Grapehouse Ale
FARMHOUSE BREWERY
Siemàn, azienda vitivinicola di Villaga, in provincia di Vicenza, è la creatura dei fratelli Filippini che coltivano uve biologiche, producono e commercializzano vini naturali, ma ad Andrea Filippini tutto ciò non bastava e ha deciso di aggiungere al progetto la sua passione per le birre. Qui è difficile togliere il concetto di Italian Grape Ale da ogni birra prodotta: tra uso di botti per la maturazione, fermentazioni contaminate da bucce delle uve, l’aria (e la flora ovviamente) della cantina, tutte le produzioni hanno un piede nella tradizione belga e l’altro nel mondo dell’uva e dei vini, con alcune caratteristiche comuni tra una referenza e l’altra.
Curiosità e senso della scoperta ingredienti fondamentali per una buona IGA Credits Allagash Brewing, Flickr
42
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
Questa carrellata potrebbe allargarsi ulteriormente, ma basta già per spiegare quanto i nostri birrai scelgano strade per-
sonali; a questo si aggiunge che anche nei casi in cui vengono utilizzate tecniche affini, la scelta di mosti o comunque uve differenti porti a birre completamente diverse tra di loro. Vanno prese in considerazione anche le birre base, l’ispirazione di partenza. Nella maggior parte dei casi le birre di riferimento sono dei classici del Belgio come Tripel, Belgian Strong Ale, Blond Ale, Blanche e così via, riadattati alle esigenze del caso; non mancano però Imperial Stout, Barley Wine e, per esempio nel caso di BrewFist in una collaborazione con il birrificio danese To Øl, persino West Coast India Pale Ale. Ogni birrificio ha le sue certezze e le sue abitudini ma è anche disposto a sperimentare cosicché si possono trovare IGA ad alta o bassa fermentazione, con lieviti neutri o caratterizzanti, a volte lieviti normalmente destinati alle cantine vinicole più che ai birrifici, e chiaramente contribuiscono ad ampliare ulteriormente la gamma dei risultati finali. Qualche birraio aggiunge il mosto in bollitura, altri durante la fermentazione, alcuni al posto dello zucchero per rifermentare in bottiglia (o in fusto). Alcuni scelgono l’uva acerba o matura, altri passita. In sostanza un panorama con un numero di possibili differenze che tende all’infinito. È la storia della renaissance brassicola italiana. Per questo l’introduzione di uno stile chiamato Italian Grape Ale colse molti di sorpresa: ci si aspettava un riconoscimento di stile alle birre alle castagne, si iniziava a parlare di Italian Pils - e forse oggi i tempi sono davvero maturi per queste ultime - e invece arrivarono le IGA. Il riconoscimento dello stile fu un fulmine a ciel sereno per molti in Italia, ma non per tutti: chi conosceva Gianriccardo Corbo, era a conoscenza del lavoro certosino che lo portò a raccogliere notizie, commenti e suggerimenti da molti di noi per andare poi a proporre lo stile al BJCP, di cui è giudice (fu il primo italiano a passare l’esame e per lungo tempo l’unico). Convincendo persone molto lontane dalla nostra realtà ad accettarla.
aprile 2020
DEGUSTAZIONI E ASSAGGI
Credits Allagash Brewing, Flickr
Si gridò al miracolo ma a voler ben vedere - senza nulla togliere ai meriti di Gianriccardo - nelle linee guida del 2015 le Italian Grape Ale sono inserite nell’appendice B, dedicata agli stili locali presentati da membri locali del BJCP e non ancora confermati ufficialmente. Niente paura però: lo saranno a breve perché negli Stati Uniti molti produttori, alcuni piuttosto noti a livello mondiale, come Dogfish Head, Allagash Brewing Company, Avery Brewing Co e persino Lagunitas (oggi controllata da Heineken), producono Italian Grape Ale. E ovviamente in altri Paesi, dal Brasile all’Australia, se ne trovano altri esempi, insomma i numeri sono dalla parte di questo stile. La paura viene invece pensando che tra poco usciranno le nuove linee guida, che le IGA si pronunceranno “AiGiEi” e che i paletti dello stile o degli stili saranno più rigidi, mettendo a rischio alcune referenze già esistenti. Probabilmente saranno declinate in più sottoinsiemi.
aprile 2020
Almeno questa è la strada intrapresa da Birra dell’Anno, il concorso più importante per le birre italiane, che ha introdotto le Italian Grape Ale e le ha poi declinate in 3 categorie: White Italian Grape Ale, Red Italian Grape Ale e Sour Italian Grape Ale. I paletti sono ancora molto lassi ma qui le regole sono scritte da italiani che hanno il polso della situazione e il testo recita “Birre chiare, ambrate e scure, alta o bassa fermentazione, da basso ad alto grado alcolico con uso di uva, mosto, vinacce, vino cotto di uve bianche/rosse” con l’aggiunta “caratterizzate da note acide” per la categoria più recente, la 41, dedicata alle IGA Sour. È prevedibile che anche il BJCP guardi a questa realtà, basandosi come di consueto sui numeri riportati dal mercato (quante birre commerciali esistono di un dato tipo, con quali caratteristiche) per ridefinire lo stile. Mi chiedo però se il BJCP accetterà di non gestire il colore della birra finita (da chiaro a scuro per
Birra dell’Anno) accettando solo la bacca o se parlerà di White e Red IGA partendo dal colore della birra e non della bacca. Di sicuro la presenza delle Sour IGA è evidente da parte di molti produttori italiani, alla ricerca di contaminazioni - indotte, naturali o casuali che siano - basti pensare al lavoro di Loverbeer, Klanbarrique, Ca’ del Brado, Siemàn e non tarderà a trovare altri seguaci in giro per il mondo. Il timore è che la deriva acetica possa prendere il sopravvento, mentre le produzioni italiane sono caratterizzate da una grande eleganza nelle acidità. In ogni caso, per noi e per i nostri produttori non cambierà nulla: non hanno mai rispettato più di tanto gli stili canonici, figurarsi se lo faranno per una birra inventata da loro. Cambierà la visione degli stranieri nei confronti dell’Italia brassicola, sempre più considerata una delle nazioni oggi trainanti, che apporta novità e rende più frizzante tutto il movimento. ★
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
43
FOCUS ITALIAN GRAPE ALE
A cura del MoBI Tasting Team
MoBI TASTING SESSIONS:
IGA
Birre italiane e straniere, artigianali e (semi)industriali degustate e giudicate dal “MOBI Tasting Team”
I
talian Grape Ale (IGA) è uno stile inventato dai birrai italiani in cui le caratteristiche organolettiche della birra sono fortemente influenzate da quelle di uve aggiunte nel corso del processo produttivo. Tali aggiunte possono essere riferite al frutto integro oppure al suo mosto o a riduzioni di vario tipo (mosto cotto o sapa) oppure, ancora, a vinacce. I parametri dello
44
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
stile sono molto ampi, sia in colore che aroma (spesso influenzati dalla varietà d’uva), sia in grado alcolico; alcune caratteristiche basilari dovrebbero tuttavia essere presenti in una IGA: luppolo in secondo piano, schiuma non sempre persistente, lieve acidità, corpo da medio a lieve e carbonazione vivace. Leggiamo i commenti del nostro MOBI Tasting Team!
I
membri del MoBI Tasting Team sono rinomati degustatori, giurati a concorsi BJCP, appassionati, talvolta anche birrai. Puoi trovare altre degustazioni e recensioni sul blog del sito MoBI. Inquadra il QRCode e segui il link!
aprile 2020
FOCUS ITALIAN GRAPE ALE
Red Globe Stradaregina Stile: IGA
Garganauta Lucky Brews
West Coast IGA Stone & Lambrate
Alc. 8.2%
Stile: IGA
Stile: IGA
Alla spina
Alc. 8,3%
Alc. 7% abv
Alla spina
Formato: lattina da 33 cl
Si presenta di un bel rosso rubino, limpido, con poca schiuma evanescente. L’aroma è vinoso, un po’ pungente, ma a prevalere sono soprattutto bacche e frutti rossi. In bocca conferma le sensazioni fruttate provate al naso; al palato si apprezzano la carbonazione leggera, la notevole secchezza e un’acidità sostenuta (ma mai aggressiva) con un tocco di acetico che pizzica un poco sulla lingua e in gola. Giudizio complessivo IGA originale che invece di sfoggiare vitigni blasonati punta su un’uva - la Red Globe - considerata da tavola e generalmente poco impiegata in enologia. Il risultato è una birra fruttata e acida, tanto da poter essere presentata come “fruit sour”, se non richiamare addirittura i lambic meno estremi. Rustica quanto basta da essere stuzzicante e di carattere ma sempre nei limiti di un controllato equilibrio.
86/100 (MF)
aprile 2020
Lotto: WA037-19B Il birrificio vicentino Lucky Brews omaggia la Garganega, il vitigno a bacca bianca più presente nella propria provincia: un uvaggio in passato sottovalutato, di rado utilizzato in purezza, che oggi sta però vivendo un periodo di gloria grazie al crescente interesse per i vini naturali; non a caso, il mosto d’uva, impiegato nella misura del 12% nella Garganauta, proviene dalla cantina La Biancara di Angiolino Maule, uno dei profeti del naturale e anche Siemàn ha dedicato alla Garganega una sua creatura brassicola, la Negà. Nella Garganauta l’apporto dell’uva viene innestato su una base già caratterizzata dal lievito Saison. Nel bicchiere si mostra di colore dorato chiaro e notevolmente opalescente, al naso l’impronta dell’uva è subito evidente con una nota sulfurea che evapora però in pochi secondi lasciando spazio a sentori di fiori bianchi, pesca bianca matura e ananas con un lieve contrappunto pepato dato dal lievito Saison. In bocca, oltre ai sentori fruttati esibiti nel bouquet, ha una notevole mineralità, che si apprezza soprattutto in un bicchiere ampio (tulipano o Bruxelles), una buona secchezza, tipica delle Saison e un finale leggermente pepato e pulitissimo, con il rilevante grado alcolico totalmente celato.
74/100 (SR)
Scadenza: 26/02/2020 Acquisto: beershop Nel bicchiere ha un colore giallo dorato poco intenso e appare leggermente velata, con abbondante schiuma bianca, a grana media, dall’ottima persistenza. L’aroma è decisamente fruttato e mette bene in evidenza le due anime di questa birra: inizialmente spicca la fragranza dei luppoli, con note agrumate, resinose, tropicali e leggermente speziate, ma presto emerge la componente data dal mosto d’uva e con il passare del tempo è proprio quest’ultima a venire in primo piano: pesca, uva bianca dolce, pera, arancia, melone giallo, albicocca. In bocca è decisamente amara, con un taglio pulito e una persistenza retrolfattiva medio-elevata (agrumato, resinoso, pompelmo e melone giallo, uva da tavola). Corpo esile, carbonazione elevata, finale tendenzialmente secco e una lievissima sensazione riscaldante. Giudizio complessivo Abbinamento in apparenza ardito tra una IGA e la luppolatura di una West Coast IPA. Il successo di questa birra sta nello sfruttare molto felicemente alcune affinità aromatiche tra i luppoli e il mosto d’uva impiegati (Citra, Mosaic, Enigma + 14% di Malvasia bianca, vitigno non meglio specificato).
75/100 (DC)
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
45
FOCUS ITALIAN GRAPE ALE
Viess Beer, Birra Speciale al Gewurztraminer
Viess Beer, Birra Speciale al Moscato
Quat Bot, Beer In (ITA)
Stile: Italian Grape Ale; Alc. 5.8%
Formato: bottiglia da 37.5 cl.
Stile: Italian Grape Ale; Alc. 6.5%
Formato: bottiglia da 33 cl.
Lotto: L064
Formato: bottiglia da 33 cl.
Lotto: -
Scadenza: 01-2022
Lotto: -
Scadenza: 30-08-2020
Acquistata: dal produttore
Scadenza: 30-06-2020
Acquistata: dal produttore
Acquistata: dal produttore Schiuma bianca, abbondante e molto persistente; colore ambrato con riflessi dorati ed evidenti velature. Il meglio lo dà nella parte aromatica, che stupisce. Non è una di quelle IGA particolarmente caratterizzate da sentori vinosi, anzi. Inizialmente la diresti una Ale particolarmente aromatica, ma nemmeno poi così intensa; poi ti accorgi che è il mosto (di Gewurztraminer) ad indirizzarla verso splendidi territori vinosi e fruttati (pompelmo rosa, mela) e leggermente floreali che la rendono affascinante ed armoniosa ma senza mai diventare invadenti. L’assaggio continua sulla stessa falsariga, dolce ma senza esagerare, con il contributo dell’amaro da luppolo a mitigare il finale ed un pizzico di acidità appena accennato ad agevolare la bevuta. Il retrogusto è delicatamente fruttato (compare la pesca) e lievemente astringente.
Schiuma bianca, finissima, molto abbondante e persistente, per una birra di un bel dorato carico e brillante. Il profumo è delicato ed invitante, inizialmente più agrumato che vinoso, con un lime piuttosto netto, per poi lasciare spazio all’uva bianca, ad un leggero floreale e ad un pizzico miele. Il gusto è delicatamente acidulo ben bilanciato da una dolcezza mielosa e da una leggera sapidità minerale che la indirizzano in territori consoni allo stile, soprattutto nel finale dolce e vinoso. Corpo esile ma sufficiente, frizzantezza limitata e nessuna astringenza.
Giudizio complessivo Una birra davvero eccellente. E sorprendente, se pensiamo che arriva da una Beerfirm sconosciuta ai più. Bisogna sottolineare che il mosto utilizzato proviene dalla stessa famiglia e quindi sia il prodotto che la competenza in materia non devono mancare. Bere fresca perchè la maturazione non le giova.
Giudizio complessivo Assaggiata giovane non mi aveva convinto quanto la sorella al Gewurztraminer, un po’ scomposta e con un’acidità non troppo elegante. Dopo qualche mese di maturazione diventa decisamente più armoniosa e notevole. Consiglio quindi di lasciarle un po’ di tempo affinchè si possa esprimere al meglio. Anche in questo caso si tratta di un’interpretazione dello stile decisamente virata verso la bevibilità più che verso la potenza. Ma che bella birra.
86/100 (NC)
82/100 (NC)
46
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
Stile: Italian Grape Ale; Alc. 8.5%
Si presenta di un bel color ambrato con tonalità mandarino e riflessi rossi; schiuma quasi assente. Il profumo non è particolarmente intenso ma assai elegante, convivono sentori vinosi, meno importanti di quanto temessi (data la quantità di mosto impiegata: ben il 35%), frutta rossa che rimanda allo sherry e finale agrumato. In secondo piano aromi tipici di cantina con un pizzico di vaniglia al retrolfatto. Il gusto è anch’esso delicato e vinoso con una leggera acidità per nulla invadente che bilancia la rotonda dolcezza dei malti, la frutta ritorna in un finale che dona anche un ricordo di fragolina di bosco. Il corpo tra l’esile e il medio e una bolla molto lieve ma ben presente armonizzano ottimamente l’assaggio che chiude astringente e tannico agevolando il sorso successivo. Giudizio complessivo: Una IGA di gran classe che pur rischiando l’effetto “vino annacquato” ben riesce a creare un prodotto di confine tra i due mondi, elegante, piacevole ed estremamente bevibile.
84/100 (NC)
aprile 2020
FOCUS ITALIAN GRAPE ALE
IGA Cabernet CR/AK
Julitta Batzen
Stile: IGA
Marzarimen Klanbarrique
Alc. 9%
Stile: IGA
Alc. 6,6%
Alla spina
Alc. 8.2%
Alla spina
L’aspetto è invitante: dorata, limpida con una testa di schiuma bianca, che tuttavia sparisce rapidamente. Il naso inizialmente è un po’ funky, richiama aromi da vecchia cantina, con giusto un cenno di vaniglia: poi esce l’uva, più uva passa che fresca. La bocca sembra smentire questo naso che prometteva emozioni più forti: molto morbida, sensazioni di dolcezza (pur essendo piuttosto secca). Si fa sentire la vaniglia del legno, viene alla mente un panettone accompagnato da un buon moscato. Commento: Un’IGA all’estremo opposto dello spettro rispetto alla Red Globe assaggiata poche ore prima. Raffinata, piacevole, morbida, facile in bocca ma non certo banale, con un legno sapientemente usato per armonizzare piuttosto che per caratterizzare. Ricorda, pur nella diversità, un moscato spumante non troppo dolce, più nella “funzione” che nelle caratteristiche vere e proprie. Difficile riconoscere che il mosto sia di Cabernet - il che non so se possa considerarsi un pregio o un difetto.
83/100 (MF)
aprile 2020
Alla spina La birra è limpida, di un bel colore rosso intenso, con sfumature di mogano. Il naso è ricco, non aggressivo e ben bilanciato nei suoi elementi, con note vinose e leggermente fruttate e un tocco di cantina. In bocca la carbonazione è bassa, l’acidità è netta e pulita, con accenni acetici ma molto contenuti. Finisce decisamente secca, senza concessioni alla dolcezza ma mai peccando di ruvidità. Commento: Prodotta con il 25% di uve Marzemino, la Marzaremin è caratterizzata - ancor più che dal contributo del mosto d’uva stesso - dall’evoluzione avuta in botte, con un contributo del legno rivolto decisamente più all’acidità che agli aromi caldi e vanigliati; il tutto senza strafare né perdere in pulizia. Più vicina al mondo delle sour che alle IGA più classiche, è quasi paragonabile a un lambic fra i più puliti. Da notare anche una pregevole beverinità rispetto ai suoi 8.2% gradi.
85/100 (MF)
Stile: IGA
Uno dei birrifici più eclettici e versatili d’Italia non poteva non avere una IGA nel proprio portfolio, tanto più considerate le numerose eccellenze vitivinicole dell’Alto Adige. Per la Julitta, dedicata alla figlia più giovane del patron Bobo Widmann, la scelta è ricaduta sul Gewürztraminer e l’originale metodo produttivo scelto ha il fine di portare alla massima espressione le sue caratteristiche aromatiche: il mosto di birra viene infatti fatto riposare sei mesi in acciaio su bucce e vinacce di Gewürztraminer, dopodiché vi è un inoculo con lievito Bayanus per aiutare la carbonazione in fusto o bottiglia. Se la si gusta poco dopo il confezionamento la birra mostra un suggestivo colore rosaceo dato dalle bucce, che viene però perso dopo qualche mese in favore di un giallo paglierino; l’opalescenza è notevole e la schiuma candida e fine ma di breve persistenza. Il bouquet è complesso, sfaccettato e accattivante, con suggestioni preminenti di uva bianca e floreali (gelsomino e calicantus) che lasciano però spazio anche a ricordi di lychee, pesca gialla, scorza di cedro, anice e zenzero. Al sorso, la carbonazione sottile e vivace incrementa l’acidità malica ben presente e insieme vanno a bilanciare un’iniziale dolcezza colorata di lychee e pesca sciroppata, la chiusa finale secca offre elevata bevibilità.
82/100 (SR)
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
47
TURISMO BIRRARIO
A cura di Vanessa Alberti e Federico Viero
Anche alle
GALAPAGOS
SI BEVE BIRRA ARTIGIANALE
T
utti abbiamo sentito parlare delle Galapagos, delle Ande, dell’Amazzonia e di quella linea chiamata Equatore che divide la terra in due emisferi; spinti dalla curiosità di ammirare dal vivo questi spettacoli naturali abbiamo deciso di visitare l’Ecuador. Questo piccolo paese del Sud America è essenzialmente diviso in quattro zone: la zona costiera nella parte occidentale, la sierra nella zona centrale che segue la
cordigliera delle Ande, l’oriente che copre tutta la zona amazzonica e la zona insulare delle isole Galapagos. Non siamo qui solo per ammirare le bellezze del paese, ma anche per scoprire cosa offre l’Ecuador dal punto di vista birrario; sembra che il primo birrificio del Sud America sia stato fondato a Quito da un monaco francescano intorno al 1500 per poter accompagnare i suoi pasti con qualcosa di diverso dalle solite bevande.
La fermentazione è un processo che i popoli dell’america latina conoscevano ben prima della conquista spagnola visto che erano già disponibili bevande fermentate come la chicha, una bevanda leggera, al massimo di 3% alc, ottenuta dalla fermentazione del mais e di altri cereali, ma anche da altri tipi di frutta o dalla manioca. Originariamente la chicha veniva ottenuta masticando il mais e sputandolo all’interno di un contenitore
La spettacolare vista di Isla Bartolomè
48
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
aprile 2020
TURISMO BIRRARIO
di terracotta dove la fermentazione aveva inizio grazie agli enzimi presenti nella saliva e questa tradizione esiste ancora in alcuni remoti villaggi. Il settore industriale birrario è dominato principalmente dalla Cervecería Nacional, di proprietà di AB Inbev, con impianti nelle grandi città come Quito e Guayaquil e propone circa cinque birre anche se la Pilsener e la Club sono le regine incontrastate del mercato. La scena craft è in grande fermento e ci sono birrifici distribuiti in tutto il paese anche se è nella capitale che se ne trova il maggior numero nonché i più quotati. Dal 2010, anno presunto della nascita del primo birrificio, fino ad ora ne sono nati 50 anche se alcuni sono davvero minuscoli e trovare informazioni non è facile. Il prezzo delle birre craft in bottiglia va dai 3 ai 5 dollari mentre le pinte si aggirano intorno ai 5-6 dollari. I pub non sono male e sono differenti l’uno dall’altro, alcuni più casalinghi e spartani mentre altri più ricercati e moderni o situati in edifici coloniali. Iniziamo questo viaggio atterrando a Guayaquil; il nostro programma prevede la partenza immediata per le Galapagos dove passeremo una settimana alla scoperta delle meraviglie naturali di queste isole. L’arcipelago vulcanico delle Galapagos è parco nazionale dal 1936 ed è composto da tredici isole principali e altre decine di isolette minori. L’assoluta protagonista è la natura che qui è nella sua forma più incontaminata rendendo questo luogo davvero unico. Agosto è il periodo in cui gli animali sono più attivi, il clima è mite senza precipitazioni ma il mare è abbastanza mosso e freddo per la corrente di Humboldt che circola sulle coste del Cile e del Perù e che passa anche per le Galapagos. Arriviamo nell’isola di Santa Cruz e già durante il tragitto dall’aeroporto alla cittadina di Puerto Ayora vediamo alcune tartarughe giganti libere nei prati ai lati della strada, un primo assaggio della fauna di queste isole. Facciamo un giro conoscitivo del villaggio ed incontriamo i primi esemplari
aprile 2020
Birre del microbirrificio La Fortaleza a Otavalo
di iguane marine lungo il marciapiede, ci fermiamo a mangiare in un ristorantino vicino al molo dove assaggiamo la prima birra artigianale della vacanza. La Endemica è una blonde ale ed è l’unica birra prodotta dal nano birrificio omonimo situato sull’isola di San Cristóbal e fondato nel 2016 da un ragazzo spagnolo e da un ragazzo delle Galapagos. Questa birra da 4,2 gradi abbastanza maltata e avara di luppolo presentava alcuni difetti evidenti, diacetile in primis. Riprendiamo il nostro giro e visitiamo la Stazione Scientifica Charles Darwin dove vengono protette e studiate le diverse specie di tartarughe che vivono le isole. Il naturalista inglese arrivò alle Galapagos a bordo del veliero Beagle nel 1835 durante una serie di esplorazioni e navigò intorno a queste isole solo due settimane, ma quello che vide gettò le basi per la teoria dell’evoluzione. La prima isola che visitiamo è Isla Bartolomè, la più bella tra tutte quelle che abbiamo visto. Il viaggio
in barca ne vale davvero la pena, panorami incredibili, un mare dalle mille sfumature di blu, piccole spiagge bianche incastonate tra colate di lava pietrificata e paesaggi da pianeta Marte. Ritorniamo a Puerto Ayora felici e cerchiamo le birre della Santa Cruz Brewery che dal 2015 produce birra artigianale e che qualche mese dopo la nostra visita ha aperto il suo pub. La loro prima serie di birre si chiama “Galapagueña” e comprende la Gringa, una american pale ale da 5%, la Colorada, una red ale luppolata da 5,5% e la Carapachuda, una american stout da 5,3 %. Troviamo un ristorante dove le servono e proviamo la Gringa e la Colorada, anche se migliori della Endemica e senza difetti non ci hanno offerto una bevuta entusiasmante. Produrre birra in queste sperdute isole non deve essere semplice soprattutto per la reperibilità degli ingredienti, ma apprezziamo molto lo sforzo dei giovani produttori nel seguire la loro passione
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
49
TURISMO BIRRARIO
e nel cercare di fornire qualche alternativa di bevuta agli abitanti e ai turisti rispetto alle birre industriali. Partiamo alla volta di Isla Isabela, l’isola più grande delle Galapagos anche se solo una piccola parte è abitata, dato che ci sono cinque vulcani attivi ed alcune zone possono essere raggiunte solo via mare. Puerto Villamil è il piccolo villaggio abitato dell’isola e sembra un posto fuori dal mondo con le sue strade polverose e la vita che scorre lenta. L’isola offre molto da vedere ed iniziamo da Los Tuneles, formazioni laviche contorte che emergono tra le mangrovie e il mare aperto e dove si possono vedere diversi animali tra cui cavallucci marini giganti, razze, squali pinnabianca e tartarughe.
50
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
Fa capolino sulla lava dalle forme strane anche un pinguino che riesce a vivere all’equatore grazie alle correnti fredde che attraversano l’arcipelago. Torniamo sulla terraferma e osserviamo i tanti leoni marini che giocano nelle acque basse intorno al molo e ci fanno compagnia anche delle iguane marine dalle notevoli dimensioni. Il giorno successivo visitiamo l’ex colonia penale chiusa nel 1959 e della quale è rimasto solo il “Muro di Las Lacrimas”, un muro di 100 metri di roccia lavica lasciato in ricordo delle condizioni durissime che dovevano sopportare i detenuti che oltre a questo muro costruirono anche la prigione. La passeggiata è lunga diversi chilometri e durante il tragitto ci sono
alcune spiagge dove fermarsi e dove diversi esemplari di tartarughe giganti ci accompagneranno, molto lentamente, per alcuni tratti di strada. Il giorno seguente navighiamo fino a Isla Santa Fè che ha una vegetazione di soli cactus di cui alcuni alti quasi dieci metri, ancoriamo la barca in una bellissima baia dal colore turchese e facciamo il bagno con i cuccioli di leoni marini e diverse tartarughe. Ritornati sull’Isla Santa Cruz visitiamo i tunnel di lava sotterranei ed una riserva privata con le tartarughe più grandi mai viste e finiamo la serata con una bella aragosta e diversi cocktail. Salutiamo queste isole incontaminate e uniche e ci spostiamo verso la costa occidentale del paese dove ci fermiamo a Montanita, che non sappiamo se definire bella o brutta. Nonostante ci siano locali di tutti i tipi e casino fino al mattino, resta comunque un villaggio di pescatori con un’anima originale. La Montanita Brewing Company ha sede proprio in questo villaggio, aperta nel 2014 da un ragazzo californiano che, dopo essere stato a Panama, si è trasferito in Ecuador. Il locale è completamente all’aperto con bella vista sulla lunga spiaggia ed alla spina erano disponibili solo due birre: la Amazonia IPA da 6,5% e la Cacao coffee stout da 5,5%. Ci aspettavamo sicuramente qualcosa di più da questo ragazzo californiano che invece produce birre che devono essere sistemate sotto molti aspetti. Passiamo qualche giorno girovagando tra i paesini e le spiagge della costa prima di ripartire alla volta della capitale Quito dove prenderemo un autobus per Lago Agrio, punto di partenza per la visita della regione amazzonica al confine tra Ecuador e Colombia. Staremo qualche giorno nella riserva naturale di Cuyabeno dove si possono vedere anaconde e altri serpenti, caimani, uccelli multicolore, insetti di tutti i tipi e dimensioni, scimmie e bradipi. Trascorriamo il tempo immersi nella natura e conosciamo i Cofan, una tribù ormai ridotta a qualche migliaia di individui che cerca
aprile 2020
TURISMO BIRRARIO
di vivere ancora secondo le loro tradizioni combattendo lo sfruttamento dell’amazzonia da parte delle industrie petrolifere. L’Amazzonia è stupenda e davvero avventurosa ma dobbiamo tornare nel mondo comune e siamo di nuovo in viaggio. Ci aspettano le Ande con destinazione Otavalo ad un’altitudine di 2500 metri dove il sabato si svolge uno dei più grandi mercati indigeni del sudamerica. I Quechua sono un gruppo di diverse etnie accomunate dalla lingua comune, il Quechua appunto, che vivono sulla cordigliera andina che attraversa tutto il sud america ed il sabato si riversano nella piccola cittadina di Otavalo per offrire le loro merci e per fare acquisti. Il mercato è molto bello e colorato e si può comprare di tutto anche se i tessuti e gli indumenti invernali la fanno da padrone. Poco lontano dalla parte centrale del mercato si trova la sezione degli animali, questa curiosa area è divisa in zone a seconda della tipologia degli animali e si può comprare di tutto dagli alpaca, cugini dei lama, a maiali e mucche, dai galli ai porcellini d’india, chiamati cuy, di cui sono ghiotti i popoli andini. In questo piccolo paese si trova La Fortaleza Microcervezeria, un microbirrificio fondato nel 2014 che ha al suo attivo una manciata di birre tra cui la Rubia, una golden ale da 5% e la Black CIPA una black IPA con foglie di coca da 7,8% entrambe molto godibili. Visitiamo le lagune vulcaniche intorno a Otavalo prima di partire per la capitale. Quito è una città davvero estesa che si trova in una valle ad un’altitudine di 2850 metri circondata dalle montagne della Sierra ed è la seconda capitale più alta del mondo battuta solo da La Paz, la capitale della Bolivia. Tutta la città è un sali-scendi continuo ed è molto trafficata e affollata, tramite una teleferica saliamo sul Volcan Pichincha a circa 4100 metri sul livello del mare per godere dell’ampia vista che spazia sulla valle e sulla città e che ci permette di ammirare le cime di sette vulcani. Tornati in città andiamo a scoprire quanto
aprile 2020
la scena craft di Quito ha da proporre ed iniziamo dal quartiere Mariscal, un’area vivace dove si trova la maggior parte dei ristoranti e locali. Il birrificio Cherusker ha qui il suo pub e produce dal 2011 birre in stile tedesco, il locale è grande con molti posti a sedere anche all’esterno ma optiamo per il pub di La Camino Del Sol Brewery un altro birrificio della capitale aperto anch’esso nel 2011. Purtroppo la nostra esperienza è stata pessima, sia la Tortuga Pale ale, una pale ale da 5% con luppolo UK Golding che la Iguana IPA da 7,5% con luppolo Centennial sono state abbandonate dopo pochi sorsi. Non abbiamo avuto il coraggio di provare le altre due birre, la Black Bird Stout, e la Red Llama. In Mariscal si trovano anche Quito Pub Beer e l’Abysmo, il brewpub dell’omonimo birrificio ecuadoregno, ma ci spostiamo nel quartiere accanto, La Floresta. Iniziamo dal pub di Santa Rosa Cerveza Artesanal che prende il nome dal quartiere della capitale dove risiede l’impianto. Pub moderno con un’atmosfera calda e conviviale dove i grandi tavoli permettono di socializzare con gli avventori locali sorseggiando buone birre scelte tra le spine disponibili. Tra le migliori birre provate la Turbulencia, una classica american IPA da 6,5% ben fatta, la Mango passion, una session pale ale da 3,8% beverina con sentori di mango e maracuya e la Extra Stout con buon corpo e perfetto bilanciamento di caffè e cioccolato. Una breve passeggiata e arriviamo all’Hops Craft Beer Pub il quale offre soli birrifici della capitale e dell’area che la circonda. Tra le nostre scelte, la Atuq, una british bitter del birrificio Cayetana, la Maracuya Ale da 5,2 % del birrificio Tempel e la Black Magic Woman, una chocolate oatmeal stout da 5,7 % di Pileus Brewery. Tutte le birre non erano niente male e rimaniamo qui per tutta la serata arrivando al vicino Ciudad Cerveza ormai all’orario di chiusura. Il giorno successivo visitiamo la città vecchia dichiarata patrimonio UNESCO nel 1978.
Bancone dell’Hops Craft Beer Pub a Quito
Il centro storico ospita quaranta chiese e cappelle, una decina di monasteri, molte piazze e musei e bellissimi cortili. Lo stile principale delle chiese di Quito è il barocco, ricco di colore oro e caratterizzato da decorazioni che risultano quasi eccessive, che raggiunge il suo apice nella Iglesia di San Francisco e nella Iglesia de la compania de Jesus costruite nel sedicesimo secolo. Ci spostiamo verso Plaza Grande sulla quale si affacciano alcuni degli edifici più importanti della città come la cattedrale, il palazzo del governo e il palazzo
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
51
TURISMO BIRRARIO
Laguna vulcanica di Quilotoa
arcivescovile. Pranziamo in un minuscolo ristorante incuriositi dalle spine in evidenza all’ingresso, chiediamo alla proprietaria di quale birrificio fossero e dopo aver ricevuto come risposta che la faceva un “amigo” decidiamo di provare. Abbiamo fatto bene, le birre ci hanno sorpreso e sia la red IPA che la American Wheat non erano affatto male. A breve distanza dalla città vecchia nel quartiere di La Tola si trova la Bandido Brewing, a nostro parere il migliore tra quelli provati in questo viaggio. Il pub si trova in un edificio del 1850 ed ha anche una piccola cappella dove la domenica mattina si celebra la messa. I “Los Bandidos”, come si fanno chiamare i fondatori del birrificio, sono dei ragazzi americani dell’Oregon che nel 2013 iniziarono a produrre birra ed ora hanno all’attivo varie tipologie. La Hop Rey IPA è una IPA da 6,4% prodotta usando i luppoli Cascade, Willamette e Chinook; la Guapa è una american pale da 5,7% con foglie di Guayusa, una pianta originaria della zona amazzonica e luppolo Willamette; la Honey Ginger Saison è una saison da 5,2% con miele e zenzero fresco prodotti localmente; la Rio Negro Stout, una chocolate stout con cioccolato prodotto nella zona di Mindo e la Alta Amber, una amber ale dal sentore di caramello
52
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
prodotta sempre con luppoli dell’Oregon. Il livello sopra ogni aspettativa e finiamo per bere una pinta dopo l’altra complice anche l’happyhour a 3 dollari. Nel 2016 la Bandido Brewing ha aperto anche la Páramo Brauhaus che produce solo birre in stile tedesco e che ha anche un pub nel quartiere di La Paz a nord-est della città. Vicino alla Bandido Brewing si trova anche il locale di Sirka, ennesimo birrificio della capitale con poche birre nel suo portfolio la maggior parte delle quali in collaborazione con altri birrifici ma si è fatto tardi e torniamo in albergo. Il giorno dopo visitiamo “La Mitad del mundo”, una delle attrazioni principali di tutto il Paese dove una riga gialla segna il passaggio dell’Equatore a cui è dedicato un monumento. La vera linea dell’Equatore si trova in realtà a 240 metri più a nord e questa differenza è dovuta ad un errore di calcolo del francese Condamine che fece le misurazioni intorno al 1740. Poca cosa pensando ai mezzi che questo signore aveva a disposizione in quell’epoca. Facciamo un giro veloce tra le attrazioni kitsch costruite intorno al monumento e ci rimettiamo in strada seguendo la Panamericana fino a Latacunga, una cittadina alle pendici del vulcano Cotopaxi dove proseguiremo per
Quilotoa, un minuscolo villaggio ad una altitudine di 3900 metri con una laguna vulcanica di tre chilometri di circonferenza davvero spettacolare. Passeggiamo sulle rive della laguna e facciamo un giro a cavallo prima di rientrare a Latacunga. Perfino in questa piccola cittadina si possono trovare birre artigianali anche se di qualità ben lontana da quelle bevute a Quito. Andiamo a El Templario dove troviamo pessime birre in stile tedesco ed il giorno successivo visitiamo il mercato nel villaggio di Saquisilì. Facciamo un giro nella zona principale dove si vendono i beni di prima necessità prima di passare all’area dedicata agli animali situata in una collina vicina. Questo mercato ci regala uno spaccato reale delle vita degli altopiani andini prima di ripartire per l’ultima destinazione della vacanza, Guayaquil. Questa grande città nel sud dell’Ecuador, qualche anno fa davvero pericolosa con decine di rapine ogni giorno, è stata riqualificata e la situazione è molto migliorata anche se è consigliabile non addentrarsi in alcune zone. Il lungo fiume è l’emblema della riqualificazione e la passeggiata di qualche chilometro offre chioschi, ristoranti, giardini e belle vedute sui diversi quartieri della città, come il colorato Las Penas all’estremità nord. Purtroppo è il nostro ultimo giorno di vacanza e partiamo per l’aeroporto. Peccato perchè a Guayaquil ci sono diversi pub tra cui l’Hops 22 Craft Beer, pub dell’omonimo birrificio situato proprio in questa città ed il pub de La Republica Cerveza dove si possono trovare birre provenienti da tutta la nazione. L’Ecuador è un paese meraviglioso che ci ha lasciato bellissimi ricordi. La scena craft è in piena evoluzione ma alcuni birrifici locali devono sistemare alcuni aspetti delle loro produzioni. Nuovi birrifici e locali stanno nascendo in tutto il paese e con una buona birra in mano vi godrete ancora di più gli spettacolari panorami che si presenteranno davanti ai vostri occhi. Que viva Ecuador! Al prossimo viaggio! ★
aprile 2020
TURISMO BIRRARIO
di Massimo Faraggi
RICHMOND
meta ideale per un pub crawl a pochi passi da Londra
L
ondra è da molti anni una meta frequente dei nostri giri birrari (e non solo), sia per la nostra passione per le real ale sia per il fascino della capitale e la facilità dei collegamenti low-cost. Abbiamo assistito alla rinascita birraria della città, sia in termini di birrifici (dall’averne solo uno su-
perstite, fino agli attuali… Quanti? 80? [1]) al moltiplicarsi dei pub che offrono le più recenti novità delle microbirrerie locali e non. I validi locali del centro che possono offrire un’ottima selezione sia di cask ale che di più moderne craft beer in keg sono ormai ben conosciuti dagli appas-
sionati (italiani compresi) e ben apprezzati anche da noi. Sempre più spesso però sentiamo l’esigenza di partire in esplorazione alla ricerca di locali meno battuti, magari meno sul pezzo sulle ultimissime novità e sperimentazioni, ma forse più autentici, battendo zone per noi nuove e suggestive di questa
The Tap on the Line
aprile 2020
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
53
TURISMO BIRRARIO
L’interno del Tap on the Line
immensa città. È per questo che questa volta abbiamo deciso di partire in direzione di Richmond per una piccola esplorazione birraria e paesaggistica. L’itinerario che proponiamo è stato percorso in inverno, esattamente come descritto, ma è senz’altro consigliabile in ogni stagione, probabilmente suscitando impressioni diverse nei diversi momenti dell’anno.
Un inizio dal sapore vittoriano Così in una fredda e soleggiata mattina di inizio dicembre iniziamo il nostro pub crawl. Per raggiungere la zona di Richmond è possibile usare la linea District se si proviene dal centro, o la Overground se si parte più da nord-ovest, come nel nostro caso. È ancora abbastanza presto, la temperatura è intorno allo zero e la brina ricopre marciapiedi e panchine della stazione, ma siamo fiduciosi che il sole (e la birra...) riuscirà a scaldarci.
54
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
Sia la District che la Overground arrivano direttamente a Richmond, ma vale la pena di fermarsi alla stazione precedente, Kew Gardens dove, direttamente sulla platform opposta (anche se in realtà accessibile dal lato esterno) sorge un pub caratteristico, opportunamente chiamato Tap on the Line. Si tratta di uno dei pochi (se non l’unico) pub rimasti a Londra situato in tale prossimità con i binari, ed è anche particolarmente unspoilt cioè sostanzialmente invariato da svariati decenni se non da un secolo: un locale vittoriano, del genere non sfarzoso ma più semplice. L’interno è accogliente con elementi di arredo autenticamente vintage tra cui il vistoso orologio vittoriano. Non sono ancora le 11, gli avventori per lo più sorseggiano un tè o un caffè leggendo le morning news, ma non possiamo sottrarci ad un primo assaggio di birra - naturalmente real ale. The Tap non è una freehouse ma un pub della Fuller’s, quindi non ci aspettiamo
una selezione che vada oltre le birre della casa ma la qualità è assicurata. Trovo comunque una birra nuova, la stagionale Fire Crackers (a marchio Gale’s[2]): una winter ale gradevolmente speziata e caramellata tra l’ambrato e il bruno, che nonostante i soli 4.8% [3] risulta davvero warming e adatta per riaffrontare l’aria frizzante e riprendere il viaggio.
Una birra con veduta Invece di riprendere la Tube per raggiungere il capolinea di Richmond, optiamo per lasciare la stazione, raggiungere in pochi minuti a piedi i cancelli dei Kew Gardens e qui prendere l’autobus 65, che ci porterà all’ingresso del Richmond Park (in alternativa si può raggiungere direttamente Richmond in metropolitana e prendere lo stesso bus 65 dalla stazione al parco). Naturalmente i Kew Gardens stessi sono un’attrazione imperdibile, ma la stagione non è la più’ propizia per le fioriture e
aprile 2020
TURISMO BIRRARIO
The Roebuck
comunque ci aspettano altre passeggiate. Scendiamo alla fermata The Dysart, e dopo una rapida occhiata alla chiesetta di St. Peter’s e all’antico The Dysart (ex pub ora ristorante moderno) ci addentriamo nel parco dall’ingresso
del Petersham Gate. Il Richmond Park è immenso e molto bello, con prati, boschi e cervi, noi ne percorriamo solo un minuscolo angolino, piegando subito a sinistra per tornare verso Richmond al cancello Richmond Gate (in effetti
conviene puntare prima sul King Henry’s Mound per poi svoltare a sinistra e dirigersi verso il cancello). La prossima meta è il Roebuck, in bella posizione sulla Richmond Hill, ma prima di godersi una meritata ale è d’uopo volgere le spalle al pub e ammirare la splendida vista che si gode dalla parte opposta. È una veduta che ha ispirato diversi artisti, tra cui i grandi Turner e Reynolds: sotto di noi serpeggia pigro e sinuoso il Tamigi, fra prati e boschi che si susseguono a perdita d’occhio nella leggera foschia della bella mattinata. Le installazioni urbane sono quasi invisibili, soprattutto guardando a SW, sembra di essere nelle colline dei Cotswolds invece che ancora nel pieno di una metropoli. Saziata la vista, passiamo a occuparci di altri sensi. Il Roebuck è meno caratteristico e storico rispetto ad altri visitati in questo pub crawl, ma ha una sua certa atmosfera accogliente, senza contare la vista che in parte si gode anche dai tavoli accanto alla finestre. È una freehouse e presenta una selezione di handpumps interessante con spazio a birrerie anche locali. Fra i vari assaggi ricordiamo in particolare la Park Porter (4%) prodotta nella vicina Kingston-upon-Thames. Vista l’ora - e l’appetito dopo la passeggiata - ne approfittiamo anche per un mini pranzo: il menu è invitante e gli starter scelti davvero di ottima qualità.
Esplorando l’area di Strand-On-The-Green
Veduta da Richmond Hill
aprile 2020
Invece di riprendere subito un mezzo, decidiamo di addentrarci nel quadro che abbiamo davanti agli occhi scendendo sulle rive del Tamigi per una breve passeggiata. Il sole è ora più tiepido, già c’è gente che percorre i sentieri in bici o a piedi e il tratto di fiume che costeggiamo è particolarmente tranquillo. Riprendiamo il bus 65 in direzione opposta (cioè rientrando verso il centro), oltrepassando di nuovo il centro di Richmond per raggiungere Kew Bridge. La nostra meta birraria è poco di-
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
55
TURISMO BIRRARIO
Tramonto sul Tamigi
L’interno dell Express Tavern
56
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
stante, ma prima di raggiungerla non ci possiamo esimere da un’altra breve passeggiata sul Tamigi per ammirare uno spettacolare tramonto dorato... Tramonto? Si, sono appena le tre e mezza ma le giornate in questo periodo sono davvero corte. Tramonto a parte, il luogo è piacevole, in particolare percorrendo la riva sinistra in direzione est, nella zona detta di Strand-On-TheGreen: una passeggiata pedonale con villette e locali, quasi tutti muniti di protezioni di legno all’ingresso, perchè l’alta marea a volte sommerge la via e arriva fino all’entrata. Non mancano pub interessanti per chi volesse farcire ulteriormente il pub crawl: in un’altra occasione ad esempio, ci siamo trovati bene al Bull’s Head, ma questa volta abbandoniamo le sponde del Tamigi per raggiungere il pub poco distante che è la nostra prossima meta. L’Express Tavern non può certo rivaleggiare con gli altri locali visitati in quanto a posizione: è il classico cubetto un po’ fuori posto tra palazzi più moderni, affacciato a un trafficato roundabout. All’interno invece non ha rivali quanto ad ambiente e atmosfera: entrati sembra di tornare indietro nel tempo, non di secoli come per certi pub mock-Tudor [4] (in realtà spesso un po’ farlocchi) ma di qualche decennio: molto legno, divanetti, quadri, senza lo sfarzo dei pub vittoriani del centro ma con autenticità da vendere. A contribuire all’atmosfera un piatto su cui girano a rotazione vinili jazz-blues a volume non invadente. La selezione è la più interessante e ampia della giornata: dieci real ales, più altre quattro pompe dedicate ai sidri. Approfittiamo dell’opportunità di vari assaggi di 1/3 di pinta per provarne diverse, tra cui ricordiamo le ottime Routemaster Red di Southwark, bitter dai toni ambrati con più carattere di quanto i soli 3.8% possono far pensare, e la rotonda e morbida porter Black Beauty (4.4%, Vale Brewery). Anche qui il menu sembra invitante e ci concediamo qualche snack più che soddisfa-
aprile 2020
TURISMO BIRRARIO
cente. Lasciamo il locale quando fuori ormai è già buio, con la convinzione che sia stato fra i pub che più abbiamo apprezzato sotto tutti i punti di vista, a Londra e non solo.
Next stop: Fuller’s La fermata della metropolitana è un po’ lontana e come ci viene suggerito saliamo invece sul bus 237 (anche il 267 fa la stessa strada), che potrebbe portarci fino ad Hammersmith; il condizionale è d’obbligo perché il tracciato passa per Chiswick e, per chi ha un minimo di conoscenza di storia birraria inglese, questo significa Fuller’s. Questa birreria tradizionale, non certo micro (chiamiamola pure industriale) ma neppure di così grandi dimensioni, è un po’ un mio mito: secondo me una ESB o una Chiswick bitter in cask in forma non temono concorrenza di alcun produttore artigianale inglese, per non parlare di Vintage Ale e dintorni. [5] Come abbiamo visto, buoni pub Fuller’s non mancano, ma è doveroso un omaggio alla sede. Non è né il giorno né l’orario per una visita alla fabbrica, ma lo shop è aperto: a parte le birre solite e non certo introvabili, vengono offerte edizioni di annata a prezzi però improponibili per non dire folli, ma si può approfittare per qualche acquisto ad esempio di Vintage Ale giovane o dell’ottima Imperial Stout. Dopo l’acquisto, il Mawson Arms lì accanto è una sorta di brewery tap e una garanzia
Express Tavern
di freschezza se si vuole ripassare uno dei classici Fuller’s o provare una eventuale novità o stagionale, come la dorata e piacevolmente luppolata Wise Men (4%). Riprendiamo il bus verso il centro: il nostro
giro turistico birrario volge al termine, e siamo pronti a immergerci nella serata londinese con altri pub più trendy e affollati, ma il piacevole ricordo che ci ha lasciato questa esplorazione durerà a lungo. ★
[1] Sembra un numero impressionante, ma diventa meno straordinario se si calcola che, nonostante questa enorme crescita, il numero di birrifici per abitante nella Grande Londra è ancora inferiore rispetto a diverse altre counties inglesi. [2] La birreria Gale’s è stata acquisita da Fuller’s nel 2005 e dal 2006 la produzione è stata trasferita negli impianti di Fuller’s a Chiswick, mantenendo alcune birre di Gales’ come marchio (e ricetta, almeno in teoria). Credo però che la Firecracker sia una birra recente, nel qual caso averla etichettata come Gale’s non ha molto senso… [3] Nell’ambito di birre tradizionali inglesi e real ale in particolare, una birra di questa gradazione è già una “strong ale”. [4] All’inizio del XX secolo in Inghilterra c’è stato un revival di pub nuovi costruiti in stile anticheggiante che richiama gli edifici di epoca Tudor del ‘500 (facciate a graticcio, molto legno ecc) e ancora di recente quando si vuole costruire ex-novo un locale che richiami l’idea di pub tradizionale spesso ci si ispira a questo stile (mock-Tudor ovvero finto Tudor). Alcuni di questi pub finti a distanza di decenni o anche di un secolo sono diventati a loro volta heritage cioè architetture tradizionali da conservare. [5] Dopo oltre 170 anni di esistenza come birreria familiare indipendente, a inizio 2019 la Fuller’s è stata acquistata dalla multinazionale giapponese Asashi. Non so quanto questa acquisizione sia da mettere sullo stesso piano di altre di questi ultimi anni (in fondo la Fuller’s non era una birreria artigianale) ma è stato comunque spiazzante per gli appassionati. Interessante i commenti (come al solito un po’ controcorrente) di Martyn Cornell, fra i maggiori esperti di birra tradizionale inglese: http://zythophile.co.uk/2019/01/26/asahi-makes-massive-vote-of-confidence-in-future-of-cask-ale-with-250m-purchase-of-fullers-beer-business/ http://zythophile.co.uk/2019/02/02/picketing-fullers-egm-is-like-picketing-your-ex-girlfriends-house/
aprile 2020
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
57
BIRRA & SOCIAL
A cura di Ildegardo & Gambrino
seconda puntata
I peggiori intenditori
DI BIRRA ARTIGIANALE
sui Social
Guida semiseria, a puntate, ai tipici personaggi birrari del cyberspazio Il profeta Isaia Al pari dell’omonimo dell’Antico Testamento, fustiga senza tregua il malcostume e i vizi dei propri contemporanei mettendoli in guardia dai funesti segnali che annunciano un avvenire colmo di sventure: “divertitevi pure finché potete, il futuro è la lager industriale” ripete spesso, non mancando di biasimare (giustamente) la predilezione di personaggi come Il genio incompreso e Il bambino allargato per pseudocervoge adulterate con qualunque additivo rispetto a birrette semplici ma fatte come Cristo comanda. Altri destinatari dei suoi strali sono i publican (o presunti tali) quando confessano che, a volte, i fusti nei loro locali restano on tap per un tempo leggermente superiore ai trenta minuti, che rappresentano l’aspettativa di vita media di un keg da U Zlateho Tygra a Praga, al Bratwurst Glockl di Monaco e in pochi altri posti al mondo: “ma no ragazzi, non si lavora così, tornate a spillare Tennent’s, è meglio per tutti” è il rassegnato consiglio che sente di dover dare in questi casi, chiudendo dunque il cerchio con
58
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
la sua profezia precedentemente citata. A volte, per mostrare l’impreparazione di molti pubbisti improvvisati dei nostri giorni, propone quesiti su contropressioni, altitudini, saturazioni in fusto, lunghezze e spessori dei tubi di spillatura che farebbero piangere la leggendaria Susi e impallidire perfino quel sadico (ed evidentemente gay represso) dell’amico Gianni. È molto meno pericoloso rispetto ad altri personaggi del bestiario perché, essendo sovente un professionista di successo nella vita reale, ha poco tempo da dedicare alle battaglie on line. Esperienza: da discreta a molto elevata, a seconda degli esemplari Competenza: da medio/bassa a molto elevata, a seconda degli esemplari Fastidiosità: professionale Stile Preferito: Keller o Triple Juicy Grape THC IPA Birrificio preferito: quello che non lavora con i suoi nemici
aprile 2020
BIRRA & SOCIAL
Er Principe Bizzarro retaggio di un passato birraio recente ma ormai obsoleto, innestato un po’ a sorpresa nel moderno mondo craft. Deve averlo rapito, alla vigliacca, un qualche viaggiatore del tempo in vena di scherzi, da una di quelle vecchie feste della birra di paese del secolo scorso, mentre era intento a scolarsi alla goccia litri e litri di sciacquatura di malto con gli amici, sovrastando con cori da stadio beoti la triste band di ragazzini metallari ingaggiata per animare l’evento. Lui era lì, che se la spassava tra i suoi simili - squadre di rugby dilettantistiche locali, team di Harleysti fuori sede e fuori tempo massimo e chiassose famiglie multi generazionali - ingozzandosi di salsicce luride, patatine rancide e stinchi alla birra, e all’improvviso eccolo materializzarsi ai nostri giorni, negli anni della cosiddetta “birra artigianale”. Quella brodaglia da ingurgitare spensieratamente, al solo scopo di ubriacarsi a buon mercato, che tanto amava, tutto a un tratto è diventata un nettare d’alto bordo dedicato ad un tipo di clientela snob e dotata di portafoglio ben capiente. Sarebbe bastato anche molto meno per scombussolare profili ben più solidi e preparati, eppure il nostro, grazie soprattutto
Il genio incompreso E’ uno dei migliori degustatori e probabilmente la più colta e forbita penna della critica birraria nazionale. Questo è ciò che vede lui guardandosi allo specchio; il resto del mondo, che è buio e cattivo proprio come insegnava Riccardo Fogli alla piccola Ketty, pensa invece che faccia fatica a distinguere una birra dal gasolio da trazione e si addormenta alla seconda riga dei suoi post lunghi come una coda in tangenziale di lunedì mattina e avvincenti come una lezione televisiva di diritto della pubblica amministrazione.
aprile 2020
ad una indistruttibile mancanza di sensibilità e di autocritica, ha dimostrato doti di resistenza e capacità di adattamento degne del peggior streptococco e si è inserito alla grande nel nuovo microclima senza mostrare alcun segno di disagio. Soprattutto, anche se ormai evidentemente fuori contesto e fuori luogo, ha mantenuto inalterato il suo approccio da bevitore di birra 1.0. Innanzitutto si esprime e scrive solo ed unicamente in romanesco, non perchè sia per forza de Roma (non necessariamente, magari è di Vigevano e della capitale conosce solo il Colosseo) ma perchè trova il gergo più adatto al suo personaggio, virile e scanzonato. Il suo motto è: “bevi e nun rumpe er ca@##o” e vi tiene fede esprimendosi
Non gli importa che una delle abilità principali di Michael Jackson fosse quella di definire esaurientemente una birra in due o tre parole: lui ha così tanto da dire e l’universo così tanto da imparare, se solo se ne rendesse conto. Predilige birre oltre i 10% ABV e con almeno sette ingredienti così da poter sfoggiare meglio le sue doti narrative, l’optimum si raggiunge poi se hanno anche tre cifre prima della virgola nel prezzo perché pensa in tal modo di suscitare l’invidia delle persone che, essendo dotate di una vita sociale, di una famiglia o di entrambe le cose, non possono permettersi di spendere una tale somma per l’ultima Triple Mocha Chocolate Va-
soltanto col peggior linguaggio da caserma, con tonalità dal greve al supercafone, utilizzo costante del turpiloquio, di doppi sensi sessuali degni del peggior Pierino medico della Saub (indovinate il suo tipo di spillatura preferito) e continui richiami a sbornie presenti passate e future, possibilmente con sboccata da record annessa. Ma è una posa che non convince, troppo evidente ormai il divario tra la maschera popolana e proletaria che indossa e la carta di credito Golden senza limiti che lo smaschera, posizionando anche lui tra i gastrofighettti del nuovo millennio, con barbetta e risvoltino, dai quali vorrebbe tanto discostarsi. Anche se ascolta solo Death-grind-satanic-black-bloody-Metal, ricorda i peggio rapper americani, sedicenti gangsta machi e cazzuti ma in realtà depilati e viziati milionari. Come un tempo ingolla, canta e rutta, ma ogni suo rutto vale almeno 10 euro. Esperienza: media Competenza: media Fastidiosità: alta Stile Preferito: Double Ipa Birrificio preferito: Ventoffforte
nilla Bacon Sichuan Pepper Salted Butter and Nylon Imperial Stout. La sua miglior formula di saluto è “ci vediamo alla World Beer Cup se mi chiamano in giuria” ma se gli si risponde “only in your wet dreams” ci resta male. Esperienza: media Competenza: bipolare (elevatissima sull’effimero, bassissima sulla tradizione) Fastidiosità: mordicchiante Stile Preferito: quello che sarà di moda domani Birrificio preferito: quello con le quotazioni più alte sul mercato clandestino
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
59
BIRRA & SOCIAL
Il Cosanedite Nuovissimo del settore, spesso solo di passaggio, fa capolino con tale circospezione e riservatezza da far pensare ad una timidezza quasi patologica. Posta infatti la foto di birre che, presumibilmente, deve aver appena bevuto. E chiede: “cosa ne pensate?”. Cioè, provo ad approfondire un po’ perchè in effetti l’apparente, totale, mancanza di logica, potrebbe risultare straniante. Nei suoi post compare la foto di una bottiglia di birra, vuota, e al suo lato un bicchiere, generalmente pieno a metà, poco più, poco meno. Il liquido mancante ha pertanto ottime probabilità di trovarsi in un’ubicazione presumibilmente situata tra la cavità orale e la vescica di colui che tale foto ha appena pubblicato. Se ne dedurrebbe quindi che sia proprio tale soggetto ad aver ingerito il liquido, sperimentando quindi, in prima persona, l’esperienza gustativa corrispondente all’assunzione della birra così chiaramente mostrata nella foto. Ciononostante, è proprio colui che ha annusato, gustato, ingerito e metabolizzato tale birra (e che, quasi sicuramente, si troverà, a breve, ad espellerne gli ultimi residui liquidi tramite minzione) a chiedere un parere su quanto ha appena bevuto. E lo chiede a noi. Che invece non abbiamo bevuto un c@##o. Non so se mi spiego. Sono chiari sintomi di un disagio mentale piuttosto preoccupante che tenderei ad associare a due, noti quanto disgiunti, disturbi della personalità: il complesso di inferiorità e l’esibizionismo sessuale. Da una parte abbiamo un individuo tragicamente consapevole e devastato dalla propria inadeguatezza culturale ed esperienziale in materia birraria, la cui pressante spinta ad esprimersi risulta repressa da un
60
BIRRA NOSTRA MAGAZINE
enorme complesso di inferiorità fantozziano che lo inibisce, concedendogli di produrre non più che una prima bozza di post (la foto della birra) subito cristallizzata ed impossibile da completare di persona se non rivolgendosi all’aiuto del pubblico. Dall’altra un alter ego estremamente dissimile ma ancor più disturbato, desideroso invece di mostrare le proprie grazie (birrarie, in questo caso) all’improvviso, ed eclissarsi senza aver proferito parola, come il tipico maniaco sessuale da vignetta umoristica, che spalanca l’impermeabile a sorpresa davanti ai passanti e poi scappa tutto soddisfatto per lo shock inferto alla comunità. Personalmente mi piace pensare che nel caso del Cosanedite ci si trovi di fronte ad un unico soggetto di natura borderline tendente alla schizofrenia, che si dibatte faticosamente tra queste due personalità apparentemente inconciliabili senza la minima possibilità di uscirne vincitore. Che si tratti comunque di due tipologie di utenti diverse o della stessa, poco cambia. Questo individuo sociale ottiene sempre il solo ed unico risultato di venire più o meno esplicitamente insultato dal resto del gruppo che, giustamente, non gradisce (o perlomeno non capisce) questa tipologia di intervento. Possiamo quindi immaginare il nostro Cosanedite richiudere mesto la connessione e lasciare amareggiato la postazione, vergognandosi un po’ per le reazioni ottenute ma anche per quell’inizio di erezione che gli gonfia timidamente i pantaloni della tuta. Esperienza: bassa Competenza: bassa Fastidiosità: media Stile Preferito: no comment Birrificio preferito: e il vostro?
aprile 2020
YOUR INFORMATION PARTNER 2UJDQR Xɝ FLDOH 2UGLQH 7HFQRORJL $OLPHQWDUL L’INFORMAZIONE DI QUALITA’ PER LA SICUREZZA E L’IGIENE ALIMENTARE #42 MEDIAKIT 2018 ∙ AREA BUILDING www.casaeclima.com
ISSN: 2038-0895
#251
ISSN:2038-2723
NOVEMBRE/DICEMBRE 2016
ANNO 8 - FEBBRAIO 2017
Organo ufficiale
bimestrale
A SCUOLA DI EFFICIENZA
ORGANO UFFICIALE ANGAISA (Associazione Nazionale Commercianti Articoli Idrotermosanitari, Climatizzazione, Pavimenti, Rivestimenti ed Arredobagno)
TAVOLA ROTONDA
Conto Termico e TEE. A che punto siamo?
CLASSIFICHE 2015
Analisi del processo e case study
FILTRAZIONE E QUALITÀ DELL’ARIA SOTTORAFFREDDAMENTO ADIABATICO PER LA FRIGOCONSERVAZIONE ALIMENTARE
Produttori e distributori: ce la si può fare!
Poste Italiane Spa – Posta target magazine – LO/CONV/020/2010
IMPIANTI NEGLI NZEB: DALLA TEORICA ALLA PRATICA EPB, LE NOVITÀ DELLE NUOVE NORME IMPIANTI AD ARIA PRIMARIA VS VAV FOCUS COMMISSIONING
N. 64 · Anno XI · dicembre 2016
Per PENSARE, PROGETTARE e COSTRUIRE SOSTENIBILE
ITS Dove va la filiera? FOCUS Un anno di logistica MATERIA CONNECTION
SPECIALE BIM TREND Il bagno che ti calza a pennello
DISTRIBUZIONE Quando la differenza la fa il “service”
ANTONIO FALANGA Una passione sempre viva
N. 0 | SETTEMBRE 2019
BIRRA NOSTRA SAIE INNOVATION 2016 MEDAGLIE D’ORO A “IMPATTO ZERO”
FOTOVOLTAICO INTEGRATO STORIA E ITER PROGETTUALE PCM UNA SCELTA DA NON SOTTOVALUTARE
RISPARMIO ENERGETICO NEL TERZIARIO
Passo obbligato e grande opportunità
Il ruolo del BIM nella sicurezza in cantiere
MAGAZINE
COMMISSIONING
Organo ufficiale FINCO
POSTE ITALIANE SPA – POSTA TARGET MAGAZINE - LO/CONV/020/2010.
NOVITÀ, DEGUSTAZIONI, PRODUZIONI, ITINERARI NEL MONDO BIRRARIO
RIVISTE CARTACEE
www.bluerosso.it www.casaeclima.com LA RIVISTA CHE HA PORTATO L’INFORMAZIONE EFFICIENTE, COMPLETA E LA VOCE PIÙ AUTOREVOLE DEL LA VOCE AUTOREVOLE DEL CANALE LA PROGETTAZIONE SETTORE IDROTERMOSANITARIO IDROTERMOSANITARIO PIÙ DINAMICA SOSTENIBILE IN ITALIA IN TEMPO REALE OLTRE 200.000 UTENTI MESE FOCUS
Organo ufficiale AiCARR
Organo ufficiale ANGAISA
LA RIVISTA PER I PROFESSIONISTI DELL’HVAC&R
RIVISTE ON LINE
www.commercioelettrico. IL BUSINESS MAGAZINE DEI DISTRIBUTORI E GROSSISTI DI MATERIALE ELETTRICO
Organo ufficiale FME
SAISON
Homebrewing: 5 birrai rispondono MoBI Tasting Team
ISSN n. 1974-7144
Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1 – CN/MI
CLAUDIO DE ALBERTIS, INGEGNERE VISIONARIO pag. 5 • NUOVE NORME UNI pag. 21 • MOSTRE E CULTURA pag. 21 • IN LIBRERIA pag. 21
FOCUS
IMPIANTI FOTOVOLTAICI
a pag. 12
I BENEFICI DELLA NORMAZIONE
alle pagg. 1617
1563
www.giornaleingegnere.it
L’EDITORIALE
Innovazione e cambiamento di GIOVANNA ROSADA
O
gni campo dell’architettura e dell’ingegneria nel senso più ampio del termine ha fatto progressi, ha modificato modalità, metodologie, tecnologie, mezzi e strumenti, fatto ricerche e scoperte. Le idee sono progredite, sono mutate, si sono evolute; si sono adeguate alla società o hanno modificato modi e stili di vita. Nessuno si è mai posto il problema se fosse giusto o sbagliato; la cultura del “fare” ha privilegiato la sperimentazione e ha insegnato che dagli errori si può imparare, crescere, progredire e migliorare. Non è mai stato chiesto ai professionisti se fossero d’accordo con un “SI” o con un “NO”. È stato dato semplicemente per scontato che il cambiamento fosse insito nella natura dell’uomo e nel nostro caso dei professionisti, nella loro ricerca di miglioramento e progresso per il bene comune. Ci sono stati “si” e “no” dettati da successi e insuccessi; il buon senso e la competenza hanno sempre fatto da guida nelle scelte e quindi nell’evolversi delle professioni. Per la politica evidentemente è diverso; ma ciò dimostra solo uno scollamento fra i problemi pratici della quotidianità dell’individuo e l’incapacità della politica ad adeguarsi. Il buon senso non fa da guida; un referendum che fa contento/scontento la metà dei cittadini resta un problema non risolto. Il cambiamento è necessario e la civiltà parla da sola a tal proposito; ma il cambiamento dovrebbe godere della fiducia e della certezza di tutti i cittadini quando si parla di politica. Se tutti quanti noi quando attraversiamo un ponte o saliamo sulla cima di un grattacielo diamo per scontato di poterci fidare di chi ha pensato il progetto, forse non vuol dire che i professionisti potrebbero insegnare e dire il loro pensiero con più forza alla politica?
alle pagg. 2223
DIGITAL N. 12 - Dicembre 2016
Dal 1952 periodico di informazione per ingegneri e architetti
La crisi ancora “morde”, il contesto politico barcolla, alta l’attenzione sul governo degli ingegneri
Un CNI eletto per dare risposte
di MATTEO PALO
R
iorganizzazione delle divisioni operative del Cni. E, in prospettiva, due sfide: quella dei servizi per gli iscritti e delle strutture territoriali. Armando Zambrano, presidente uscente del Consiglio nazionale degli ingegneri, si prepara a governare la categoria per altri cinque anni: dal 2016 guiderà gli ingegneri fino al 2021, quando completerà i suoi dieci anni di mandato. In attesa che arrivi l’ufficialità del ministero della Giustizia e che i consiglieri designati indichino lui come nuovo presidente, è già possibile fare il punto sulle prime mosse del nuovo Governo del Cni. “Siamo desiderosi di partire, visto che dai territori è arrivata un’indicazione così forte per la continuità del Consiglio nazionale uscente”, è stata una delle prime dichiarazioni fatte da Zambrano.
In USA volano le infrastrutture
TAX& LEGAL Partite IVA dal prossimo anno la contabilità diventa un lavoro a tempo pieno e i costi salgono a pag. 15
SARDINIA MARKETING Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI
SPECIALE VALIDAZIONE
INSULA BIRRAE Luca Pretti
dell’Installatore 7 Professionale
LA DISTRIBUZIONE NEGLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
SCIA, operativo il modello unico
Raddoppiati i programmi per le opere pubbliche, un trilione Lj r-]ĸƐ di dollari per infrastrutture e stimolo ai consumi. Gli effetti in Europa e le opportunità per le imprese italiane. La Cop22 di Marrakech e le politiche Usa sulle emissioni. alle pagg. 6-7
Lj r-]ĸƐƓ
segue a pag. 2
GOVERNO IN CRISI
Ancora trattative e consultazioni?
CASSA DEPOSITI E PRESTITI
Parte il piano 'smart city' 1 miliardo per 14 città
a pag. 7
I pareri degli Ordini dopo l’esito del referendum del 4 dicembre
Abbiamo sentito alcuni Ordini per commentare un ipotetico scenario all'indomani delle dimissioni di Renzi. Nelle parole dei Presidenti inter pellati è fortissima la preoccupazione sull’ennesima battuta d’arresto di un Paese in affanno. Stabilità e certezza sono oggi più lontane per lo meno dal punto di vista temporale. Come sottolinea Varese “Ora gli ac cordi tra CNI e Governo che fine faranno?” / alle pagg. 1819
LA TRIVELLA
Professionisti al passo coi tempi...
SPECIALE MILLEPROROGHE
INTERVISTA ALL’ARCH. DE LUCCHI
“Il museo del futuro è il mondo intero”
Eucentre per ricostruire la sicurezza Tutti
www.ammonitore.com
Novembre/Dicembre 2016
#4maggio 2016 mensile
CORSI
FINANZIAMENTI PMI
TAVOLA ROTONDA
Editoriale
Via libera alla finanza innovativa, quali risposte alla stretta del credito?
Italia scossa di Fabio Chiavieri Macerie ovunque, interi paesi rasi al suolo, gente disperata, sguardi persi. No, non è lo scenario di guerra che ci arriva da qualche zona remota del mondo, a cui siamo tristemente abituati. È la forza devastante del terremoto che ha colpito, e continua a farlo, il nostro Centro Italia. Una faglia che si è estesa per cinquanta chilometri, una ferita su quelle terre che non si potrà più rimarginare. L’Italia è scossa, fisicamente e mentalmente; schiaffeggiata dalla mano della natura che a volte sa essere molto dura nella sua inarrestabile forza. Eppure il nostro paese risulta essere nelle prime posizioni per quanto riguarda l’utilizzo di tecnologie antisismiche nelle nuove costruzioni. Cosa succede allora? Alessandro Martelli, Presidente del Glis (Isolamento sismico e altre strategie di progettazione antisismica), ha dichiarato che “Oltre il 70% dell’edificato italiano attuale non è in grado di resistere ai terremoti che potrebbero colpirlo”. Il problema pertanto è la sicurezza delle costruzioni più datate, e di un immenso patrimonio storico e culturale famoso in tutto il mondo, fatto di chiese, monumenti, palazzi storici, emblema di un passato grandioso che ha visto protagonisti i più grandi artisti e ingegneri di tutti i tempi. Il tema della sicurezza degli ambienti in cui viviamo e lavoriamo, più volte trattato dal nostro giornale e a cui le nostre imprese pongono molta attenzione, ritorna così alla ribalta in un frangente – purtroppo non l’unico negli ultimi anni - tanto eclatante quanto drammatico. Dalle pagine de L’Ammonitore abbiamo rivolto molti inviti al settore manifatturiero italiano a investire in tecnologie produttive innovative per continuare a essere competitivo, e questa volta ci sentiamo di invitare tutti a investire sulla propria sicurezza, lo Stato a salvaguardare la vita dei cittadini intervenendo significativamente sulle strutture pubbliche e sul nostro prezioso patrimonio artistico, perché il futuro non si prevede, men che meno un terremoto, ma si prepara.
LA CITTÀ DELLA BIRRA AMERICANA Matteo Macalaria
Per redarre un progetto il supporto informatico è dato per scontato che i professionisti lo abbiano, lo usino e lo utilizzino. Per depositare un progetto in Comune è scontato che tutto il supporto elettronico diventi carta, che la firma digitale non sia prevista, e che sia scontato fare una coda di ore per farsi mettere un timbro di carta per documentare la consegna.
50 anni di torni
Fondata da Paolo Giana nel 1966, Torgim compie il prestigioso traguardo dei 50 anni di attività. Il comune di Magnago vide un grande sviluppo economico e industriale già a partire dalla seconda metà del 1800. Con il passare dei decenni il territorio s’è via via arricchito di aziende manifatturiere che hanno rappresentato delle vere eccellenze in molti settori industriali. [pag. 11]
[pag. 10]
– Anno 72 - n. 9
i rinvii
[pag. 14]
a pag. 10
Indicizzata in
MISURA
UTENSILI
Trasformare l’esperienza di oltre 40 anni di attività in una nuova piattaforma in grado di coniugare soluzioni avanzate con le esigenze e professionalità di oggi. Questo è lo sforzo che sta compiendo Hexagon Manufacturing Intelligence, emerso anche durante il forum di fine settembre dedicato all’automazione e alle tecno[pag. 4] logia multisensore.
M-Steel qualità da oltre 40 anni
Ovako, fornitore finlandese di acciai, ripropone sul mercato la qualità M-Steel. Grazie ad un incremento nella lavorabilità M-Steel si caratterizza per affidabilità, coerenza e prevedibilità nelle lavorazioni, riducendo i così costi di pro[pag. 12] duzione.
LAMIERA
40 anni di storia e successi nella robotica industriale
Il 2016 è un anno molto importante per Tiesse Robot. L’azienda festeggia infatti i 40 anni di attività: una storia lunga di successi nazionali e internazionali per le applicazioni della robotica in [pag. 6] ambito industriale.
L’anello che mancava: l’utensile connesso al sistema produttivo L’utensile “intelligente” è il naturale completamento del complesso sistema produttivo che si basa sulla raccolta e l’analisi dei dati provenienti da macchine e strumenti di misura in costante dialogo tra loro. In altre parole un nuovo passo avanti verso la creazione della fabbrica completamente automatica. [pag. 7]
[pag. 18]
LA RIVISTA PER PROGETTARE LA SMART INDUSTRY
Organo ufficiale Confapi www.rivistainnovare.it
INFORMAZIONE
TECNICO SCIENTIFICA SCIENZA E TECNICA RIVISTE CARTACEE PER LE PMI
LATTIERO - CASEARIA Ogni 15 giorni raggiunge oltre 42.000 iscritti Dairy Science and Industry Journal
RIVISTE ON LINE 2UJDQR Xɝ FLDOH $Ζ7H/
Rivista dell’Associazione Italiana Tecnici del Latte Journal of the Italian Dairy Science Association www.aitel.it Innovazioni tecniche nella stagionatura dei formaggi molli Soft cheese ripening technological innovation
DIGITAL MARKETING LA RIVISTA DELL’INDUSTRIA
CORSI
ZZZ VWOFMRXUQDO FRP EVENTI PERSONALIZZATI
Sostituzione del liquido di governo della Mozzarella con siero alginato Replacement of Mozzarella cheese governing liquid with whey-alginate
UNIVERSAL AUDIO APOLLO 8P
HEDD TYPE 05
ROLAND TR-09
GYRAF G22
SOFTUBE MODULAR
ISSN 2499-362X
E DEI TECNICI DEL LATTE
Formulazione di un nuovo prodotto funzionale da latte di capra Development of a functional product from goat milk
www.audiofader.com
TARGET PROFILATO IVO GRASSO e MASSIVE ARTS
SALVATORE
ADDEO www.audiofader.com WEBSITE AGGIORNATO QUOTIDIANAMENTE MAGAZINE MENSILE DIGITALE LA PIATTAFORMA ITALIANA DELLA PRODUZIONE MUSICALE E DELL’AUDIO PROFESSIONALE STRUMENTI ALTERNATIVI
SAMPLE PACK
www.terminidellameccanica.com TUTTI I VOLTI E LE AZIENDE IL TRADUTTORE MULTILINGUE DELLA MECCATRONICA DELLA MECCATRONICA ISSN 0390-6361
SPECIALE Robotica Sempre più al centro dello sviluppo DOSSIER Macchine di misura Amici per il micron
STORIA DI COPERTINA
CAD/CAM unico per il settore Lamiera
AVID PRO TOOLS | DOCK
MAGAZINE
DAL 1952 IL PERIODICO D’INFORMAZIONE PER INGEGNERI E ARCHITETTI NEWSLETTER – L’AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE VIA MAIL
PANORAMA La formazione salesiana professionale
www.meccanica-aut MECCANICA&AUTOMAZIONE MENSILE PER LA www.ammonitore.com PERIODICO BUSINESS TO BUSINESS IL PORTALE C SUBFORNITURA E GUIDA VERS NEL MONDO DELL’INDUSTRIA LA PRODUZIONE SMART INDU MECCANICA E DELLE MACCHINE INDUSTRIALE UTENSILI
© Collegio degli ingegneri e Architetti di Milano
È vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, dei contenuti ivi inclusa la riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti stessi mediante qualunque piattaforma tecnologica, supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione
LA GUIDA DA PORTARE SEMPRE CON SÉ PER CONOSCERE TUTTI I TRUCCHI DEL MESTIERE
INTERVISTA Gianfranco Carbonato, un’emozione che dura da quarant’anni TENDENZE Generative design, come cambierà il mondo
MACCHINE UTENSILI
Rettificatrici Ghiringhelli: 95 anni sull’onda dei mercati
TARGET PROFILATO
numero 0 | LUGLIO 2019
IN QUESTO NUMERO
MATERIE PRIME
Il cliente prima di tutto In occasione di BIMU 2016, i vertici DMG MORI hanno dato vita a un interessante dibattito con la stampa tecnica specializzata, evidenziando le strategie in atto per [pag. 8] rafforzare la posizione del Gruppo nel mondo e sul territorio italiano.
Un ponte tra passato e futuro
EVENTI PERSONALIZZATI A Pavia il Centro Europeo di Ricerca e Formazione in Ingegneria Sismica
a pag. 9
M A C C H I N E U T E N S I L I P R O G E T TA Z I O N E A U T O M A Z I O N E AT T U A L I TÀ
MACCHINE UTENSILI
Oggi si parla molto di Industria 4.0 applicata alla produzione. Ma occorre ricordare che l’efficienza del flusso produttivo passa attraverso l’ottimizzazione della movimentazione dei materiali all'interno delle aziende.
MENSILE D’INFORMAZIONE PER LA PRODUZIONE E L’AUTOMAZIONE INDUSTRIALE
NOVITÀ, DEGUSTAZIONI, PRODUZIONI, FILADELFIA: GUIDE MEDIAKIT 2018 ∙ AREA BUILDING ITINERARI NEL MONDO BIRRARIO Nr.01 – VENERDì 13 GENNAIO 2017
ROBOTICA
Al centro della fabbrica intelligente
)22' Ζ1'8675<
LA RIVISTA PER I PROFESSIONISTI DEGLI IMPIANTI HVAC&R NORMATIVA
Panoramica di inizio anno
Poste italiane Target Magazine LO/CONV/020/2010 - Omologazione n. DCOCI0168
Organo Ufficiale AiCARR
MARCO BOSELLI Bosch riparte da… Bosch
MENSILE DI FORMAZIONE E www.MTEDocs.it IL PUNTO DI RIFERIMENTO PER CHI www.pulizia INFORMAZIONE TECNICHE OPERA NEL CAMPO DELLA PULIZIA DA 50 AN AGGIORNAMENTO PER PER L’AUTORIPARAZIONE INDUSTRIALE, SANIFICAZIONE E AUTOREVOLE IL MECCATRONICO FACILITY MANAGEMENT
QUINE COLLABORA CON: YOUR INFORMATION PARTNER
Tutti i prezzi si intendono senza Iva
YOUR INFORMATION PARTNER URBAN & PARTNER
MILANO (I)
SARAGOZZA (ES)
MILANO (I)
WRODAW (PL)
GALLARATE (I)
PIACENZA (I)
Tutti i prezzi si intendono senza Iva
TIRANA (AL)
Quine srl Via G. Spadolini, 7 20141 Milano - Italia Quine srl Tel. +39 02 864105 Fax. +39 02 70057190
www.quine.it ZZZ TXLQH LW
Via G. Spadolini, 20141 Milano - It Tel. +39 02 8641 Fax. +39 02 7005