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Valorizzare l’industria conserviera italiana
Giovanni De Angelis, Direttore generale ANICAV
Abbiamo intervistato Giovanni De Angelis, Direttore generale di ANICAV, l’Associazione Nazio-
nale Industriali Conserve Ali-
mentari Vegetali, che riunisce le aziende private del settore della trasformazione e della conservazione dei prodotti vegetali: con circa 100 associati rappresenta i 3/4 di tutto il pomodoro trasformato e più della metà dei legumi conservati, in Italia.
Qual è la situazione attuale del comparto in termini di produzione?
È un settore che riveste un ruolo strategico e di traino dell’economia nazionale, sia in termini di fatturato che di quantità prodotte. L’industria conserviera genera 3 miliardi e 700 milioni di euro di fatturato per il solo pomodoro, di cui circa 2 miliardi sono destinati all’export. Ad oggi la campagna di raccolta sta procedendo bene e possiamo già prevedere una produzione maggiore rispetto all’anno passato – quando nel Centro-Sud Italia si sono avuti problemi di siccità e approvvigionamento idrico - mettendo così in sicurezza l’approvvigionamento per il mercato Ho.Re.Ca. e Retail.
E i consumi?
In Italia si consumano circa 35 kg/procapite di pomodoro conservato all’anno. Il 2020 è stato un anno molto particolare. Dopo anni di costante calo dei consumi l’industria conserviera ha registrato un incremento delle vendite nel canale retail che ha compensato il calo della domanda nel canale Ho.Re.Ca. dovuto al lockdown. Quello che ha inciso in modo particolare è stato il cosiddetto effetto ‘stock’, che ha portato il consumatore a privilegiare l’acquisto di prodotti dalla shelf life più lunga. Si è trattato naturalmente di una situazione congiunturale più che strutturale, ma la nostra sfida per i prossimi mesi sarà quella di consolidare l’appeal ritrovato presso i consumatori per mantenere la marginalità recuperata anche in tempi, per così dire, normali.
Negli ultimi mesi il comparto ha subito però
diversi attacchi che hanno messo in discussione la credibilità: dai presunti illeciti fino ai problemi di etica del lavoro in relazione alla manodopera illegale. Come rispondete?
Tracciabilità, sicurezza, origine e legalità restano i punti fissi di riferimento per le nostre imprese che lavorano su standard di elevata qualità, riconosciuta da tutti i mercati, come si vede anche dai numeri dell’export. Pensiamo che parlare in maniera indistinta di frodi o di caporalato mini la reputazione di un intero settore che rappresenta una delle eccellenze dell’agroalimentare italiano nel mondo. Con una produzione, nel 2020, di 5,2 milioni di tonnellate di pomodoro trasformato, a fronte di circa 65.634 ettari messi a coltura, l’Italia è il terzo trasformatore mondiale dopo gli USA e la Cina; rappresenta il 13% della produzione mondiale e circa il 53% del trasformato europeo ed è il primo Paese produttore ed esportatore di derivati del pomodoro destinati direttamente al consumatore. In base all’andamento della campagna in corso, sicuramente l’Italia raggiungerà la seconda posizione. Il prezzo per la materia prima pagato agli agricoltori dalle nostre aziende è il più alto al mondo, in particolare nel bacino Centro Sud.
Nella risposta precedente sono state citate le principali criticità.
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Il pomodoro genera 3 miliardi e 700 milioni di euro di fatturato, di cui circa 2 miliardi sono destinati all’export. In Italia si consumano circa 35 kg/pro-capite di pomodoro conservato all’anno
Cominciamo parlando della questione dell’origine della materia prima.
Pelati, passate, polpe e pomodorini che troviamo sugli scaffali dei nostri supermercati sono ottenuti da materia prima di alta qualità 100% italiana. Come Associazione siamo a favore della massima trasparenza; abbiamo sempre sostenuto l’introduzione dell’etichettatura di origine obbligatoria per tutti i derivati del pomodoro. Per rispondere all’attenzione particolare che il consumatore italiano pone verso questo tema dell’origine del prodotto stiamo sostenendo, con il coinvolgimento dell’Ispettorato centrale repressione frodi del Mipaaf, la metodologia, studiata dalla Stazione Sperimentale delle Conserve, finalizzata all’identificazione della zona d’origine dei derivati, basata sulla caratterizzazione dei macro e micro elementi minerali presenti nel pomodoro. Tale metodologia, una volta validata, potrà sicuramente rappresentare un fondamentale strumento a difesa delle nostre produzioni e a tutela del consumatore finale.
In merito ai fatti di cronaca che negli ultimi mesi hanno riguardato due aziende relativamente a presunti illeciti in fatto di tracciabilità della materia prima e di etichettatura, quali considerazioni si possono fare?
Ribadiamo che i fatti ancora oggetto di indagine, se confermati, comporterebbero responsabilità di singole aziende, che non vanno fatte ricadere sull’intero settore. Per quanto riguarda la produzione di polpa o di pelati non ha senso parlare di pomodoro di importazione. Il pomodoro deve essere lavorato entro poche ore dalla raccolta che, quindi, non può avvenire a più di 3-400 km dallo stabilimento. Inoltre, per quanto riguarda la denominazione di “passata”, per legge, in Italia può spettare solo a prodotto realizzato esclusivamente da prodotto fresco e non rilavorato. Per quanto riguarda la passata per l’export, invece, c’è una norma europea in vigore dal 2020 che obbliga, dove ci sia una diversa origine dell’ingrediente primario dalla zona di trasformazione, ad indicare l’origine (UE o extra UE). Commercializzare in Europa una passata fatta in Italia da concentrato extra UE, con la denominazione “Made in Italy” profila un reato di frode.
di Francesca De Vecchi
Tecnologa alimentare OTALL e divulgatrice scientifica
E in merito al prodotto concentrato di importazione?
Il concentrato viene importato principalmente da USA o Cina, in base alle oscillazioni dei tassi di cambio e delle produzioni/sovrapproduzioni interne. Circa il 90% del concentrato importato viene rilavorato e poi riesportato verso paesi terzi, prevalentemente nord e west Africa e medio Oriente, con la dicitura in etichetta “confezionato in Italia” e non “prodotto in Italia”. Produrre concentrato da pomodoro fresco italiano avrebbe dei costi molto elevati. Il prodotto finito dovrebbe essere venduto ad un prezzo che la maggior parte dei mercati di destinazione non potrebbe sostenere.
Avete sostenuto la richiesta di riconoscimento del marchio IGP al Pomodoro Pelato di Napoli. Perché?
Siamo convinti che il riconoscimento della IGP Pomodoro Pelato di Napoli potrà dare nuova spinta ai consumi di una vera e propria eccellenza dell’agroalimentare italiano. Siamo certi che l’IGP potrà portare notevoli vantaggi non solo al mondo industriale ma anche a tutti i produttori agricoli soprattutto delle aree vocate alla coltivazione del pomodoro allungato, come l’area foggiana, dove si concentra la gran parte delle produzioni. L’IGP del pomodoro pelato è legata alla fase di trasformazione che deve avvenire in una specifica area geografica rappresentata da cinque regioni del Sud Italia,
I NUMERI DI ANICAV
Italia: terzo produttore mondiale di pomodoro 13% della produzione mondiale 53% di quella europea primo paese esportatore di prodotti a base di pomodoro
Nel 2020, in Italia 65.634 ettari messi a coltura trasformate 5,16 milioni di tonnellate di pomodoro di cui il 53% nel bacino Nord e il 47% nel Centro-Sud
Settore 10000 lavoratori 25000 stagionali Ogni anno l’industria conserviera utilizza per la produzione di derivati del pomodoro 3.500 miliardi di lattina pari a 700.000 km utili a compiere più di 15 volte il giro della Terra.
Export oltre 1,9 miliardi di euro. 50% della produzione verso Europa (Germania, Francia, Regno Unito) e altri Paesi (Asia, USA, Giappone, Oceania)
America 9% Europa 68%
Africa 9% Asia 10%
Oceania 4%
Vendite dei derivati del pomodoro, nel 2020
Campania, dove viene trasformato oltre l’80% del pelato lungo, Puglia, Basilicata, Molise e Abruzzo. All’inizio dell’agosto scorso, dopo un lungo iter in ambito nazionale, l’istruttoria è passata in sede europea.
Infine il tema della legalità del lavoro e delle condizioni della manodopera.
L’utilizzo di manodopera irregolare e il caporalato, pur riguardando il mondo agricolo, tuttavia rappresentano un problema soprattutto per l’industria di trasformazione che, costituendo l’interfaccia diretta con il consumatore finale, vede continuamente messi sotto accusa i propri prodotti, con una conseguente perdita di competitività rispetto ai competitors internazionali.
Quali iniziative avete preso come Associazione?
Come ANICAV stiamo portando avanti numerose azioni per contrastare tali fenomeni. Siamo impegnati con una serie di progetti ed iniziative di sensibilizzazione, promuovendo innanzitutto il rispetto dei contratti collettivi nazionali e delle norme di sicurezza sul lavoro. Abbiamo poi accelerato un processo di completamento della raccolta meccanica che nelle zone del Sud Italia è fra il 90 e 95% (al Nord siamo al 100%), dovuto anche a difficoltà strutturali del territorio. Siamo, inoltre, partner del progetto “Fi.Le. - Filiera Legale” a valere sul PON Legalità, congiuntamente ai Ministeri dell’Interno e delle Politiche Agricole, il cui obiettivo è quello di promuovere le pratiche legali nel settore del pomodoro da industria tramite la messa a punto di una piattaforma informatica per il reclutamento legale di lavoratori, anche per abbattere le procedure burocratiche spesso complesse che regolano il mondo della domanda e offerta. Come ANICAV abbiamo messo a disposizione del progetto l’attività di telerilevamento satellitare degli ettari messi a coltura nel Bacino Centro Sud, che permette di monitorare i tempi di raccolta e organizzare i trasporti da e per i campi. Infine, all’interno dell’OI Pomodoro da Industria Bacino Centro Sud Italia, l’ANICAV ha sostenuto l’istituzione di un Comitato Etico - costituto da personalità che si sono distinte nel campo della sostenibilità etica, sociale ed ambientale - la cui attività è appena partita e che auspichiamo possa in qualche modo incidere in modo positivo sulla filiera.
Quali sono gli obiettivi dell’Associazione nel breve termine?
Dobbiamo continuare a lavorare per l’accrescimento reputazionale del settore: responsabilità sociale, sostenibilità ambientale, sostenibilità economica che riconosca il giusto prezzo per la qualità del prodotto, valorizzazione delle nostre produzioni rappresentano le principali leve su cui puntare. Vogliamo accreditarci come un comparto che lavora non solo per garantire la qualità, ma anche uno sviluppo sostenibile da un punto di vista etico, ambientale ed economico.
The Royal League of fans
Feel the future
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The Royal League nella ventilazione, nei controlli e negli azionamenti