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Prodotti DOP e IGP “buoni” anche per l’ambiente

Sfruttare i fondi del PNRR, tra sostenibilità e innovazione tecnologica

“Il futuro del settore, tra sostenibilità e innovazione tecnologica” è stato il tema al centro del convegno organizzato da ASSICA lo scorso 16 giugno 2021. Un’occasione per fare il punto sull’evoluzione del modello di business attuale verso una filiera 4.0.

Il settore suinicolo ha affrontato due anni molto impegnativi. Nel 2019 le aziende si sono trovate a dover affrontare da una parte i costi elevati della materia prima, cresciuti in seguito all’aumento della domanda cinese duramente colpita dalla peste suina. E dall’altra, nel 2020 le conseguenze della pandemia di Covid-19 che hanno colpito anche questo settore, nonostante le aziende alimentari non si siano mai fermate, produzione, consumi ed export hanno risentito della crisi mondiale. Fortunatamente lo scenario economico mostra segni di ripresa, dall’ISTAT al Fondo Monetario hanno rivisto al rialzo le stime del PIL verso una crescita del 5%, stime in cui sembra che anche la produzione industriale stia tornando ai livelli pre Covid.

Un prodotto più sano

Nel 2020 la produzione di salumi ha registrato una diminuzione del 7,1% (sono state prodotte solo 1.093 milioni di tons.) per un valore a consumi di 7.927 miliardi di euro (-3,6%). Mentre le vendite all’estero hanno visto una diminuzione del 7,2%, ma con un fatturato in crescita del 2,5%, raggiungendo un miliardo e 626 milioni di euro. Aumento che si spiega con il miglioramento del valore dei prodotti esportati. “I dati dimostrano come il settore abbia subito la crisi indotta dalla pandemia. Dati che si dimostrano in calo, nonostante siano aumentate le vendite nel retail, nella GDO e nel dettaglio tradizionale. In particolare hanno riportato un lieve aumento i preaffettati, quest’ultimo

di Diletta Gaggia

Il settore suinicolo ha affrontato due anni molto impegnativi, a causa dei costi elevati della materia prima e della pandemia da Covid-19

Due le sfide che deve affrontare il settore: produrre cibi salutari, ma che rispettino i criteri di un’economia sostenibile

innescato probabilmente dalla sicurezza psicologica di comprare un alimento prodotto”, spiega Ruggero Lenti, neoeletto Presidente ASSICA. È indubbio che la grossa perdita di fatturato nei consumi di carne e salumi sia dipesa dalla chiusura dell’Ho.Re.Ca. e conseguenti consumi fuori casa. “Le sfide che attendono il nostro settore sono essenzialmente due: produrre cibi sani, sicuri e leggeri, adatti quindi alle esigenze di un consumatore moderno; e produrre cibi che abbiano un impatto sempre più bassi, per rispettare i criteri di un’economia sostenibile”, prosegue Lenti. In riferimento alle caratte-

Il comparto agroalimentare è un patrimonio in termini di produttività e occupazione

ristiche nutrizionali, grazie all’impegno nella selezione genetica e al miglioramento fisico dei suini, i quali tendono ad avere carni sempre più magre rispetto al passato, il consumatore acquista un prodotti ricco di vitamine, in particolare della B12 essenziale per la crescita dei giovani, di proteine e sali minerali. Anche l’industria si è impegnata nel rendere le proprie ricette più digeribili, ma tutelandone il sapore.

INCONTRIAMO ASSICA

È il 25 gennaio 1946. Nello studio del notaio Rodolfo Bertoli, in Corso Venezia

Ruggero Lenti, a Milano, un

Presidente gruppo di

ASSICA rappresentanti degli industriali della trasformazione delle carni costituisce ufficialmente un’associazione, con la finalità di “favorire, tutelare e sviluppare gli interessi dei soci nell’acquisto di materie prime, nella lavorazione e vendita dei prodotti, nei rapporti economici, sindacali e in materia fiscale”. Nasce così l’A.I.C.A., Associazione degli Industriali delle Conserve Animali, denominazione originaria dell’attuale Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi. Dopo oltre sessant’anni, ASSICA è l’organizzazione nazionale di categoria che, nell’ambito della Confindustria, rappresenta le imprese di produzione dei salumi (prodotti trasformati di carne suina e bovina) e di macellazione suina.

Impegno nel ridurre l’impatto ambientale

Il settore suinicolo si dimostra già attento alla necessità di ridurre l’impatto ambientale: controllo del biogas negli allevamenti, attenzione durante lo spargimento dei liquami per ridurre l’impatto dell’ammoniaca, cogenerazione nei macelli, etc. “ Ma questo non è sufficiente. Oggi dobbiamo impegnarci su due fronti: la comunicazione verso l’esterno di ciò che facciamo e ricordare che non possiamo fare tutto da soli. Quello che deve cambiare è, anche, il modello di relazione della nostra filiera”, sottolinea il Presidente Lenti. ASSICA tutela gli interessi di “due anime”: distributori e macelli. “La distribuzione deve diventare parte attiva dei processi e riconoscere che alimenti prodotti in un certo modo hanno determinati costi”, afferma Lenti. “Ma quello che è fondamentale ricordare è che la sostenibilità passa per l’agricoltura”, di cui allevamento e produzione di mangimi sono dei pilastri. Secondo i dati FAO, l’agricoltura italiana ha un carico di CO2 molto più basso rispetto alle altre agricolture mondiali, essendo responsabile di solo il 5% della CO2 complessivamente prodotta dal nostro Paese, mentre la media mondiale è del 14%.

Proposte intelligenti per il PNRR

Cogliere le opportunità offerta dai fondi del PNRR per trasformare il settore in un comparto virtuoso è fondamentale. L’innovazione ha dei costi elevati, ma necessari. “Oggi l’ingente costo della tracciabilità dei prodotti DOP è quasi interamente a carico dei macelli. La nostra proposta è trovare il modo, grazie al supporto offerto dalle nuove tecnologie, di rendere quasi automatica questa tracciabilità, alleggerendo così i costi che pesano sul sistema”.

Un sostegno per la transizione

L’evento ha visto la partecipazione di diversi relatori dal mondo istituzionale, tra i quali, in collegamento da Roma, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, on. Stefano Patuanelli. “Il periodo di crisi ha investito tutti i settori”, ha commentato anche il Ministro, “ ma lo ha fatto in maniera asimmetrica: il comparto agroalimentare ha pagato maggiormente rispetto ad altri, sia per le difficoltà logistiche, derivanti dalle restrizioni imposte per contenere il contagio, sia per la chiusura del settore Ho.Re.Ca. e di alcuni canali export”. La politica riconosce il grande lavoro svolto dalla zootecnica nazionale, per adeguarsi alla sempre crescente sensibilità in merito ai temi ambientali e all’impatto che possono avere sull’ambiente le produzioni settoriali, sebbene il settore continui a essere percepito dalla collettività come non sufficientemente virtuoso. Per questo motivo anche il Ministro Patuanelli ha condiviso il ruolo fondamentale giocato dalla comunicazione. “Il percorso del settore suinicolo deve essere riconosciuto e sostenuto”, prosegue l’on. Patuanelli. “Le risorse del PNRR vanno impiegate per assicurare una maggiore resilienza dei sistemi produttivi”.

Non solo sostenibilità ambientale

Altra illustre presenza è stato l’on. Filippo Gallinella, Presidente Commissione Agricola - Camera dei Deputati. “Per il nostro Paese il comparto agroalimentare è un patrimonio in termini di produttività e occupazione. Ma l’obiettivo deve essere anche il raggiungimento di una sostenibilità economica, la quale è strettamente correlata alla sostenibilità ambientale”, ha esordito il Ministro. Citando il progetto relativo al Sistema di Qualità Nazionale sul benessere animale, l’on. Gallinella ha ribadito come il comparto deve migliorare insieme e ricordando che la politica ha l’obbligo di sostenere e supportare questo processo

I DATI 2020: IN CALO LA PRODUZIONE DI SALUMI

A causa della pandemia da Covid-19 è risultata in flessione la produzione di salumi, che ha chiuso il 2020 attestandosi, secondo i dati ASSICA, a 1.093 milione di ton. Un calo del 7,1% rispetto al 2019 (1,176 milioni di ton). Dal medesimo report emerge in calo, sebbene più contenuto, il calo del valore alla produzione. Quest’ultimo è sceso a 7.927 milioni di euro dagli 8.225 milioni del 2019 (-3,6%). “La filiera suinicola ha risentito profondamente dell’onda d’urto generata dalla pandemia, innanzitutto perché nel nostro Paese l’epidemia si è diffusa proprio a partire dalle regioni più importanti per la nostra suinicoltura (Lombardia e Emilia-Romagna), in secondo luogo perché l’Italia ha adottato misure restrittive importanti per un periodo piuttosto lungo. La chiusura del canale Ho.Re.Ca ha sottrato, infatti, una fetta importante ai consumi di carni fresche e di salumi. A fronte di queste dinamiche sono cresciuti gli acquisti nella GDO”, ha affermato Ruggero Lenti, Presidente di ASSICA. La produzione nazionale di carni e prodotti trasformati è stata penalizzata anche dal calo della domanda estera. Le produzione di conserve animali e quella di grassi lavorati ha subito un calo del 6,6%: 1,345 milioni di ton nel 2020 contro le 1,439 milioni di ton nel 2019.

PRODOTTI E FATTURATO

Nel 2020 la produzione ha fatturato 8.237 milioni di euro, un calo del 3,3% rispetto agli 8.522 milioni di euro del 2019. A causa della pandemia, la produzione a volume di tutte le principali categorie ha registrato una contrazione. La chiusura dell’Ho.Re.Ca e il blocco del turismo ha penalizzato la produzione di prosciutti crudi stagionati: -7,3% (261.100 ton) nella produzione e -4,9% (2.115 milioni di euro) in valore. In flessione è anche la produzione di prosciutto cotto: -6,3% (271.100 ton), ovvero una perdita di 1.934 milioni di euro (-2,7%). Trend cedente in quantità anche per la produzione di mortadella, fermatasi a 157.100 ton (-4,3%) ma rimasta stabile a valore (+0,4% per 681,7 milioni di euro) e per quella dei wurstel, scesi a quota 58.900 ton (-1,2%) per un valore di 187,4 milioni di euro (+2,5%). La produzione di speck si è arrestata a quota 32.700 ton (-4,4%) per un valore in crescita dell’1,2% (346.4 milioni di euro). La domanda estera ha contributo alla positività (+1,4%) della produzione di salame, che ha raggiunto le 109.00 ton (-3,5%) per un valore di 992 milioni di euro. Analogamente al salame, anche la pancetta ha visto un aumento delle esportazioni. La produzione si è fermata a quota 47.700 ton (-5,5%) per un valore di 243.3 milioni di euro (+4,1%). Chiudono il 2020 in flessione anche coppa e bresaola. La produzione di coppa si attesta sulle 39.400 ton (-7,1%) per 315.2 milioni di euro (-1,1%), mentre di bresaola sono state prodotte 27.100 ton (-9,6%) con un valore di 442.5 milioni di euro (-6,2%).

La struttura dei consumi interni ha visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 27,2% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 21,8%, da mortadella/ wurstel scesi al 19%, dal salame all’8,1% e dalla bresaola al 2,5%

CALANO ANCHE I CONSUMI

La disponibilità totale per il consumo nazionale di salumi nel 2020 è stata di 962,7 mila ton (-7,6%) contro 1.041 milioni dell’anno precedente. A causa anche della drastica riduzione degli arrivi dei turisti, il consumo pro capite si è attestato intorno ai 16,2 kg, contro i 17,3 kg del 2019 (-6,6%). Il consumo di prosciutti crudi stagionati è sceso a 209.700 ton (-7,1%), 262.200 sono le ton di prosciutto cotto (-5,5%). In calo anche i consumi di mortadella, wurstel (-5,6% per 183.100 ton) e quelli di salame (-6,1% per 78.000 ton). Hanno evidenziato una profonda flessione anche i consumi di bresaola, solo 24.200 ton rispetto alle 26.400 dell’anno precedente (-8,5%). La struttura dei consumi interni ha così visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 27,2% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 21,8%, da mortadella/wurstel scesi al 19%, dal salame all’8,1% e dalla bresaola al 2,5%. Chiudono gli altri salumi al 21,3%.

IN FLESSIONE LE ESPORTAZIONI DI SALUMI, MA CRESCE IL FATTURATO

Secondo le elaborazioni di ASSICA dei dati ISTAT, nel 2020 le esportazioni di salumi hanno interessato 170.137 ton per un fatturato di 1.626,7 milioni di euro, registrando una flessione a volume (-7,2%), ma una crescita a valore (+2,5%). Nel corso dell’anno le importazioni hanno mostrato una contrazione sia in quantità sia in valore, fermandosi a quota 41.066 ton (-18,8%) per un valore di 204,9 milioni di euro (-12,0%). La dinamica importexport ha determinato un aumento del saldo commerciale del settore: +5,0% rispetto al 2019 per un valore di 1.421,8 milioni di euro. In riferimento alle aree geografiche e ai volumi esportati, l’Unione Europea si è dimostrata quella in maggiore difficoltà, mentre i Paesi terzi, grazie alla ripresa della domanda statunitense, hanno registrato una crescita sia a volume che a valore.

PRODOTTI APPREZZATI ALL’ESTERO

Buone notizie per salami e pancette stagionate, mentre le spedizioni di prosciutti crudi stagionati si sono fermate a quota 60.754 ton per un valore di 735,4 milioni di euro registrando un -10,8% in quantità e un -0,9% in valore. Le esportazioni di prosciutti disossati (la voce comprende anche speck, coppe e culatelli) hanno chiuso l’anno a quota 58.051 ton per un fatturato di 719,5 milioni di euro, registrando un calo a due cifre in quantità (-11,2%) e un ridimensionamento a valore (-0,6%). Dati deboli per l’export di mortadella e wurstel che ha visto gli invii della categoria fermarsi a quota 39.621 tonnellate (-3,0%) per oltre 156 milioni di euro (+2,3%). Al contrario le esportazioni di salami sono salite a quota 35.098 ton (+0,9%) per un valore di 387,5 milioni di euro (+13,0%). Importante crescita per le esportazioni di pancetta stagionata che hanno chiuso il 2020 con un +1,3% in quantità, per 6.141 ton inviate, e un +25,0% a valore, per oltre 65 milioni di euro. Anno faticoso invece per gli invii di bresaola: 3.332 ton e 62,9 milioni di euro (-15,7% in quantità e -5,9% a valore).

DESTINAZIONE DEI PRODOTTI

Le spedizioni verso la UE post Brexit hanno chiuso il 2020 con un -12,1% in quantità per un totale di 41.889 ton per 476 milioni di euro (-0,4% in valore); aggiungendo il Regno Unito la variazione sarebbe stata leggermente inferiore (-11,3% in volume e -0,1% a valore). All’interno del mercato unico, fra i principali paesi di destinazione, spicca il risultato dell’Austria che ha registrato una crescita sia a volume sia a valore (+2,9% e +12,1%). Hanno evidenziato una flessione a volume, ma una crescita a valore Francia (-12,8% ma +0,9%), Belgio (-11,5% ma +10,7%), Paesi Bassi (-5,4% ma +0,6%) e Svezia (-9,1% ma +10,6%), mentre sono risultati in contrazione sia a volume sia a valore gli invii verso la Germania (-10,0% in quantità e -1,9%) e la Croazia (-46,5% e -37,8%). Fuori dall’Unione Europea, a penalizzare la categoria è stata la riduzione degli invii verso gli USA, principale mercato di riferimento, che con 8.016 ton per un valore di 104,6 milioni di euro ha registrato un -5,8% in quantità e un -1,5% a valore. Buone notizie sono arrivate, invece, dalla Svizzera che ha visto gli arrivi di prosciutti crudi stagionati aumentare sia in quantità (+0,8%) sia in valore (+6,8%). Hanno ceduto terreno, infine, le spedizioni verso il Giappone (-12,2% in quantità e -11% in valore) e verso il Brasile (-15,4% e -7,8%).

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