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L’anno che verrà

SI AVVICINA LA FINE DELL’ANNO E COME PER OGNI FESTIVITÀ, OLTRE AI FESTEGGIAMENTI SATURNALI, È ANCHE IL TEMPO PER RAGIONARE

di Arch. Massimo Corsico

“Per poterci ridere sopra” e “Per continuare a sperare” ci si interroga sul futuro. Lucio Dalla (insieme al poeta Roberto Roversi nel 1976 nell’album Automobili) scrivendo a proposito del motore del futuro, racconta di sapere ogni cosa della tecnologia e della meccanica, ma poco del ragazzo che vivrà nel XXI secolo: “Noi sappiamo tutto del motore/ Questo lucente motore del futuro/ Ma non riusciamo a disegnare il cuore/ Di quel giovane uomo del futuro/ Non sappiamo niente del ragazzo/ Fermo sull’uscio ad aspettare/ Dentro a quel vento del 2000/ Non lo sappiamo immaginare.” Talvolta il presente si presenta come un terribile shock (questi anni ne sono stati un esempio eclatante). Che siano troppo nuove, troppo orribili, troppo strane, “le presenti cose” sono, e sono sempre state, difficili e quasi impossibili da accettare. Da secoli, poeti e poetesse, teologi e indovine, ricorrono a intricati stratagemmi, per lenire questa fastidiosa incertezza. Bruce Sterling (Brownsville, 14 aprile 1954, autore di fantascienza statunitense) nel suo discorso sul “Viridian Design” diceva che Il futuro fosse già qui, nel presente.

Era il 1998, e in vena di profezie, lo scrittore sosteneva che: “quando comprendiamo il presente, stiamo stalkerando il futuro”, o, forse, stiamo solo fingendo di prevedere il futuro, per capire e sopportare il presente (in una sorta di scheumorfismo invertito). Cerchiamo quindi di capire e “disegnare il cuore/Di quel giovane uomo del futuro”, se, per stalkerare il futuro, è necessario allenarsi a comprendere il presente. Il 28 ottobre 2021 Zuckerberg, dando l’annuncio che Facebook ha cessato di esistere confluendo nella società Meta, cerca di spiegare al mondo, e ai meno esperti, cosa ci aspetterà. Ovvero, nel nuovo mondo o meglio universo, immaginato da Zuckerberg attraverso pochi strumenti, tra cui un visore, sarà possibile accedere in modo nuovo al mondo di internet. L’esempio più concreto è figlio della fantasia del cinema fantascientifico come descritto nei film di Tron o Matrix. Basti pensare al mondo di Ralph Spacca Internet della Disney (2018). Il Metaverso sarà qualcosa di simile. Un mondo digitale in cui poter fare di tutto, accedendo alle varie stanze di persone e aziende. Se ci rifacciamo alla letteratura, nel romanzo “Snow Crash” (1992), è Neal Stephenson che ipotizza per la prima volta il Metaverso e le sue ambiguità. Zuckerberg sostiene: “Un nuovo ecosistema che potrebbe portare alla creazione di migliaia di posti di lavoro. Il progetto, infatti, non sarà concretizzato in breve tempo, ma in un lasso di tempo anche decennale. Il Metaverso è un posto meraviglioso. Qui il tuo corpo è la macchina che diventa il contenitore dell’anima della nostra società”. E, intanto, ha portato a un salto straordinario nella borsa di Wall Street, per il gruppo di Zuckerberg. In questo grande mondo 3D “finto”, ma che rispecchierà il vero, si potrà fare di tutto. Giocare, ma anche praticare sport o, più concretamente, andare a lavoro, rendendo così il concetto di smartworking assai superato. Le ricadute potrebbero essere positive per la salute, per le imprese e per l’ambiente, limitando gli spostamenti. Una rivoluzione anche per la scuola e la didattica. Immaginiamo un mondo che possa ricostruire l’Antica Roma: con il Metaverso tutti gli studenti potranno immergersi in un’esperienza del passato senza muoversi da casa (o da scuola): un’esperienza virtuale immersiva “24h”, un metamondo dove il nostro mondo viene replicato in 3D, dalla propria casa ad altri luoghi di incontro, e verso cui tutto il resto di Internet (videochat, programmi di streaming, home banking, videogiochi, vestiti e accessori virtuali connessi alla blockchain) è invitato a convergere. Le potenzialità sono enormi. E potrebbero avere un grande impatto anche sul mondo della musica. Al momento i migliori esempi di proto-multiverso riguardano eventi di massa come i concerti live avvenuti all’interno di Fortnite, oppure i giochi multiplayer e gli altrettanto popolati eventi di folle folli a caccia ai Pokémon.

Quali potrebbero essere, però, le ricadute negative?

Per Ryan Van Cleave, vittima di un’acuta dipendenza da videogiochi, in una celebre intervista sul Guardian dichiarava: “Playing WoW (World of Warcraft) makes me feel god like”, gettando moglie e famiglia nella più totale disperazione. Infatti, negli studi legati alla dipendenza da internet, ci si riferisce frequentemente a storie in cui il soggetto viene ritrovato da amici o parenti con “li altri sensi [ch’]eran tutti spenti” (La Divina CommediaPurgatorio Canto XXXII - 3). La dottoressa Maressa Hecht Orzack (Harvard Medical School faculty), fondatrice del Computer Addiction Center, racconta di pazienti trovati in casa, rannicchiati su un computer e fuori di sé. Ignari totalmente di ciò che li circonda. I livelli di ciò sono drammatici: “indosso il pannolone per giocare a WOW (World of Warcraft)”. Il rapporto ravvicinato e fisso con

lo schermo, influenza e modifica in modo semi-permanente la materia grigia e bianca nelle regioni del cervello prefrontale, ovvero l’area del cervello associata alla memoria dei dettagli, all’attenzione, e alla pianificazione delle priorità. Sia che si tratti di un videogioco, una sessione di shopping online, o un post su Instagram che riceve notifiche nel corso della giornata, il cervello è ormai modulato per ricevere delle piccole ricompense, brevi scariche di dopamina, che fanno sì che internet abbia la predominanza sui compiti necessari della vita. Il matematico e crittografo Alan Turing e il fisico e informatico John Von Neumann, che rappresentano rispettivamente la madre e il padre dell’informatizzazione, ci fanno dedurre che la creazione della prima tecnologia in grado di simulare i processi computazionali potrebbe essere il peccato originale di una tecnologia dotata di un forte potenziale evolutivo ed in grado di “simulare qualsiasi altro sistema”. Ne deriverebbe quindi, a oggi, una tecnologia distribuita in quel che definiamo ingenuamente “smart”: dai sistemi di stoccaggio in RFID agli assistenti vocali fino agli algoritmi che regolano il traffico o il trading automatizzato; dagli aerei e gli “Instagram feed”, per passare alla confusa foresta dell’Internet delle Cose (IoT) come frigoriferi, orologi, impianti idrici, porte, macchine, motorini e via dicendo, connessi fra loro in assemblaggi mediatici. Gli esseri umani condividono con queste tecnologie un rapporto di co-dipendenza: se suddette si fermassero basterebbero pochi giorni per arrivare al collasso della civiltà nella sua forma attuale. Il mondo ha bisogno di una guida costante da parte di chi lo costruisce (Meta, Google, Tesla, Epic Games, SpaceX, etc.), che deve barcamenarsi tra scelte di natura Etica (come automatizzare le scelte? come possiamo limitare i bias?), ed i peccati di natura economica (rendere più appetibile e quindi acquistabile una tecnologia mediatica computazionale seppure a discapito del consumatore?). Una cattiva gestione porterebbe a conseguenze devastanti: potrebbe trasformarci in una specie evoluta, ma, ahimè, co-dipendente. Ci potrebbe stravolgere i ritmi vitali, la nostra conformazione cerebrale, ed i nostri rapporti interpersonali. In ogni campo di questo mostruoso apparato mediatico computazionale pare che le scelte prese non abbiano a cuore l’evoluzione, o, peggio, la sopravvivenza della nostra specie e delle altre specie animali e vegetali; potrebbe succedere che “il timoniere” privo di Etica, ridistribuisca in modo deviato le sue priorità, basando le sue decisioni esclusivamente sul profitto. La cupidigia e l’egocentrismo si sono rivelate al momento le esche più potenti per catturare l’utente. All’apice di questa follia risiede Egocentric 4D Perception, uno dei progetti in via sperimentale di Facebook AI research, che al momento vede un’Intelligenza Artificiale a lavoro con il più grande dataset di punti di vista soggettivi di esseri umani in azione. Ego4D presenta dei perturbanti vantaggi, come quello di registrare i ricordi “come li hai vissuti”, o disporre di un assistente virtuale che si ricorda per te dove hai appoggiato un anello o un orologio che non trovi più: l’AI lo sa perchè mentre guardavi lei guardava con te, attraverso un device simile agli occhiali Ray-Ban smart realizzati da Facebook in collaborazione con Luxottica, e recentemente lanciati sul mercato. Il prodotto RayBan smart, come i suoi antenati Spectacles, realizzati da Snapchat, o gli ancora più fallimentari e preistorici Google Glass, potrebbero essere un altro buco nell’acqua. Noi esseri umani siamo in fin dei conti molto più vicini alle scimmie che ai cyborg, e per questo tendiamo a preferire protesi mobili come un bastone o un cellulare, rispetto ad impianti stabili e indossabili, e soprattutto abbiamo un bisogno estremo di usare le mani. Allo stesso modo, se preso sul serio, un Metaverso in VR o in AR o in Mixed Reality sembra essere da un lato un salto evolutivo troppo ampio, dall’altro per niente necessario, date le attuali lacune dell’interfaccia: visori pesanti e che impongono una “parete” visiva all’utente, manualità limitata, assenza di sensori tattili. Ma ecco forse, prendendo sul serio il Metaverso, stiamo mancando il punto della questione: questi tentativi per Facebook, Inc., da oggi Meta, non sono che briciole, piccole occasioni per arricchire un

dataset, piccoli esperimenti che costellano un piano commerciale a lungo termine, lento, ma inesorabile. L’obiettivo finale in poche parole è far ingrassare il Gigante. Così la struttura ad albero dell’attuale web, fatta di pagine, rami, momenti spezzati dell’esperienza che vengono continuamente interrotti da pause, passaggi da una porta all’altra e da un hyperlink all’altro, verrà infranta e sostituita da un nuovo universo mediatico computazionale, costantemente attivo, dove le cose accadono anche in nostra assenza, spingendoci a rimanere più di là che di qua, e dunque potenzialmente più addictive, mentre le aziende in grado di investire in questo tipo di infrastrutture, a colpi di miliardi, a guidare il cocchio e costruirlo si contano oggi sulle punte delle dita. La cupidigia terrena: il successo, il modello economico, è in mano a pochissimi CEO: Mark Zuckerberg, Jeff Bezos, Elon Musk, Sundar Pichai. In fondo viviamo in un’epoca di enorme trasformazione digitale e abbiamo grandi benefici dalla tecnologia, siamo il secolo di internet. Ma dei 500 trilioni di ricchezza circa 1/5 è investita in investimenti produttivi, il 72% in Real Estate e l’8% in magazzino. Nonostante 350 trilioni di maggior ricchezza da investire meno di 1/5 è diretta in investimenti che creano innovazione. È urgente prendere atto che senza imprenditori la liquidità immessa nel mercato e la ricchezza creata avranno una dimensione ridotta perché se non entreranno nell’economia reale, non potranno dar vita a nessuna transizione e non genereranno lavoro. Io invece, che all’eterno ciò già pensato, non credo al dono della profezia, non credo all’attenti al Lupo delle Cassandre di turno: mi piace pensare al meglio, all’agricoltura 4.0 e a tutte le ricadute positive delle nuove tecnologie. Un augurio che la tecnologia porti al meglio e uno scongiuro per il peggio! Tra passato e citazioni verso il futuro, serene feste e Buon Anno a tutte le vostre famiglie.

The coming year

The end of the year is approaching and as for every holiday, in addition to the saturnal celebrations, it is also the time to think. Sometimes the present comes as a terrible shock (these years have been a striking example). Whether they are too new, too horrible, too strange, “the present things” are, and always have been, difficult and almost impossible to accept. For centuries, poets and poetesses, theologians and fortune-tellers, have resorted to intricate stratagems to alleviate this annoying uncertainty. The world needs constant guidance from those who build it (Meta, Google, Tesla, Epic Games, SpaceX, etc.), who must navigate between choices of an Ethical nature (how to automate choices? How can we limit bias?), and sins of an economic nature (making computational media technology more attractive and therefore affordable, albeit to the detriment of the consumer?). Thus the tree structure of the current web, made up of pages, branches, broken moments of experience that are continually interrupted by pauses, passages from one door to another and from one hyperlink to another, will be broken and replaced by a new one. computational media universe, constantly active, where things happen even in our absence, pushing us to stay more on the other side than on this side, and therefore potentially more addictive, while companies able to invest in this type of infrastructure, with billions, to drive the chariot and build it today can be counted on the tips of the fingers. Earthly greed: success, the economic model, is in the hands of very few CEOs: Mark Zuckerberg, Jeff Bezos, Elon Musk, Sundar Pichai. After all, we live in an era of enormous digital transformation and we have great benefits from technology, we are the century of the internet. But of the 500 trillion of wealth, about 1/5 is invested in productive investments, 72% in Real Estate and 8% in inventory. Despite 350 trillion more wealth to be invested, less than 1/5 is directed towards investments that create innovation. It is urgent to acknowledge that without entrepreneurs the liquidity introduced into the market and the wealth created will have a reduced size because if they do not enter the real economy, they will not be able to create any transition and will not generate jobs. I, on the other hand, who have already thought of this for eternity, do not believe in the gift of prophecy, I do not believe in paying attention to the Wolf of the Cassandras on duty: I like to think about the best, agriculture 4.0 and all the positive effects of new technologies. A wish that technology leads to the best and a conjuration for the worst! Between the past and quotes towards the future, happy holidays and a Happy New Year to all your families.

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