Scienza e Tecnica Lattiero-Casearia n. 4 Settembre 2024

Page 1


Antibiotici nel latte: l’importanza dei test

Comunità microbiche con un grande futuro

Sistema di pulizia CIP: nuove tecnologie

Sostanze decontaminanti nei prodotti di origine animale

Alitest Soluzioni di Qualità

Charm MRL Aflatossina M1 Quantitativa.

L’unico test quantitativo a 50ppt che non necessita di complicati passaggi con il rischio di indurre l’operatore a sprechi ed errori.

- Basta pipettare il latte nello strip

- Dopo 15 minuti, si legge il risultato.

- Ogni strip e protetto

E’ stato il primo Test rapido Aflatossina M1 sul territorio Nazionale

Il Test MRL Charm è validato ILVO e CNR-ISPA (Centro Nazionale delle Ricerche –Istituto di Scienze delle produzioni alimentari) di Bari.

Charm EZ Reader

Lo strumento per la lettura di tutti i test rapidi Charm MRL. Basta inserire lo strip nel lettore, automaticamente viene riconosciuto e dopo 5 secondi ho il risultato a display.

E’ fornito con lo strip di calibrazione per la verifica del corretto funzionamento dello strumento.

DIRETTORE RESPONSABILE

Giorgio Albonetti

DIRETTORE EDITORIALE TECNICO-INDUSTRIALE

Vincenzo Bozzetti

COMITATO EDITORIALE TECNICO-INDUSTRIALE

Paolo Cernuschi - Clerici-Sacco

Giovanna Contarini - CREA Lodi

Maria Chiara Ferrarese - CSQA

Ivana Gandolfi - Parmalat

Massimo Malacarne - Università di Parma

Chiara Marinuzzi - Studio Legale Forte

Luciano Negri - Fattorie Cremona

Erasmo Neviani - Università di Parma

Luisa Pellegrino - Università di Milano

Vittorio Emanuele Pisani - Consorzio Tutela Provolone Valpadana Valentina Pizzamiglio - Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano

COORDINAMENTO EDITORIALE

Chiara Scelsi

c.scelsi@lswr.it - cel. 3490099322

REDAZIONE

Diletta Gaggia d.gaggia@lswr.it - cel. 3450586187

ABBONAMENTI

abbonamenti.quine@lswr.it - Tel. 02 864105 Tel. 02 88184.117 www.quine.it

Costo copia singola: 1,30 euro

Abbonamento annuale: 30 euro

PUBBLICITÀ

Costantino Cialfi – Direttore Commerciale c.cialfi@lswr.it - Cel. 3466705086

TRAFFICO

Ornella Foletti ornella.foletti@quine.it - cel. 3427968897

PRODUZIONE

Antonio Iovene a.iovene@lswr.it - cel. 3491811231

STAMPA

New Press Edizioni S.r.l. Lomazzo (CO)

IN QUESTO NUMERO &

Macroscopio

Kefir e benessere, quando il nome non è tutelato 4

G. Mucchetti

IA in aiuto del Made in Italy 6

S. Milanello

Primo Piano

Intervista

Il microbiota degli alimenti, comunità microbiche con un grande futuro 8

S. Milanello

Focus

Diritto e rovescio

Antibiotici nel latte: l’importanza dei test 14

S. Milanello

Economia

Il settore del latte crudo 18

L.A. Ferraro

Ricerca scientifica internazionale 22

Attualità

Risorsa idrica

Sostenibilità dei processi e ruolo dell’acqua 26

D. Gaggia

Tecnica

Laboratorio

Espressione della carica batterica totale nel latte crudo 30 S. Milanello

Impianti

Nuove tecnologie in aiuto del CIP 34 S. Milanello

Macchine&Impianti 38

Tecnologia applicata Pecorino di Filiano DOP 40 M. Halker

decontaminanti nei

Quine Srl - www.quine.it

Scienza e Tecnica Lattiero-Casearia

Autorizzazione del Tribunale di Parma n. 377 del 31.03.1965

Iscrizione al ROC n. 12191 del 29.10.2005

Ai sensi dell’art. 13 Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati Personali 679/2016 di seguito GDPR, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente, sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dagli art. 5-6-7 del GDPR. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Quine Srl intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Quine Srl, Via G. Spadolini 7 - 20141 Milano, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui agli articoli 15-21 del GDPR.

Sostanzedecontaminanti neiprodottidiorigine

GERMANO MUCCHETTI

Professore ordinario di Scienze e tecnologie alimentari

Kefir e benessere, quando il nome non è tutelato

L’associazione kefir-benessere è già nel significato della parola kefir e nelle sue origini caucasiche, terra di donne e uomini centenari. Il kefir prodotto secondo la logica industriale della qualità mantiene la promessa di benessere implicita nel suo nome?

Difficile a dirsi, perché il microbiota dei tanti kefir oggi sui banchi della GDO ha gradi di complessità molto differenziati e il modo di ottenimento è spesso molto diverso dalla tradizione, quella da cui è originata l’associazione con il benessere. Il modo tradizionale di fare kefir passa per la formazione dei classici granuli grazie alla sintesi di esopolisaccaridi, i kefirani, da parte di alcuni lattobacilli. Nei granuli si realizza l’associazione tra le diverse popolazioni batteriche (lattiche e acetiche, principalmente) e i lieviti, che possono produrre limitate quantità di etanolo. I granuli, una volta separati dalla massa di latte fermentato, diventano lo starter per la successiva produzione, realizzando un ciclo virtuoso. Metodo facile da realizzare in cucina, più complicato in un’industria abituata alla semplicità del fare yogurt che ha imposto il suo metodo di produzione a quasi tutti i latti fermentati: starter selezionato e incubazione in condizioni altamente riproducibili.

Maggiore è la complessità del microbiota del granulo, minore la sua capacità di adattarsi a una logica industriale di produzione di latte fermentato. In pochissimi kefir disponibili in Italia si ritrovano ad esempio i batteri acetici fra i microrganismi starter. Anche la presenza dei lieviti non è frequente, forse perché l’uso dei lieviti pone la scelta di quali condizioni colturali applicare. Privilegiando le condizioni anaerobie, ottime per i batteri lattici, la via fermentativa di riproduzione dei lieviti rischia di portare a una produzione eccessiva di etanolo. Condizioni aerobie rallentano la velocità della fermentazione lattica, incidendo sulla produttività aziendale, ma sono necessarie per i batteri acetici. La presenza dei batteri acetici è necessaria per conferire al kefir le sue proprietà benefiche? Il puzzle è complesso, ma non si ferma qui. La presenza di frutta fra gli ingredienti e la scelta della texture, da bere o da cucchiaio, induce talvolta l’uso di specie microbiche con funzionalità diverse. Altre volte sono aggiunti batteri probiotici, quali i bifidobatteri, non tipici del kefir tradizionale, non fosse altro perché non si riproducono in latte, ma che implementano la narrazione del benessere. Altre volte ancora generici grani di kefir sono elencati fra gli ingredienti. Per il consumatore, tutto questo sarà comunque kefir.

Tutti i tipi di kefir possono davvero offrire un benessere, superiore e diverso da quello apportato dal loro ingrediente base, il latte, o solo alcune formulazioni specifiche? Sarebbe interessante la valutazione di un consensus indipendente. Quando il nome non è tutelato, nemmeno per gli ingredienti chiave, il benessere potrebbe essere principalmente per il produttore…

GETTIAMO L’ACQUA SPORCA SENZA

IL BAMBINO DENTRO.

Mettiamola così: il bambino è la tua impresa, o il tuo Comune, il tuo Comprensorio. L’acqua sporca è quella che va correttamente depurata - ogni giorno - per continuare a operare. Servono competenze forti, conoscenze sedimentate e aggiornate, tecnici preparati capaci di gestire la quotidianità e gli imprevisti, in grado di destreggiarsi nelle pieghe della burocrazia italiana. Serve qualcuno che il problema lo conosce molto bene, e lo affronta con successo da 40 anni.

In STA progettiamo e realizziamo impianti di depurazione, e manuteniamo quelli già esistenti, con un ventaglio di servizi che vanno dalla consulenza alla gestione completa, passando per l’ammodernamento di depuratori obsoleti (o che stanno per diventarlo), fino al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti. Curiamo ogni aspetto del problema, in modo personalizzato, con grande attenzione all’efficientamento degli impianti e al miglioramento dei loro costi di gestione. Insomma, trasformiamo l’acqua sporca in acqua pulita.

Esperta in tecnologie alimentari e divulgatrice scientifica

IA in aiuto del Made in Italy

Il contesto economico in cui si trovano a operare le aziende lattiero-casearie è in continua evoluzione: stiamo assistendo a una crescente digitalizzazione e a una competizione globale sempre più impattante sul settore. Un approccio aperto verso l’innovazione tecnologica e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale è essenziale. I benefici sono molti: automatizzazione di processi e compiti ripetitivi con conseguente riduzione dell’intervento umano in azioni standardizzate, aumento dell’efficienza gestionale e della produttività, analisi avanzate di grandi quantità di dati in modo rapido ed efficiente per decisioni aziendali informate e personalizzazione di prodotti e servizi, maggiore precisione e accuratezza, grazie alla capacità di apprendimento continuo dell’IA.

L’IA può essere utilizzata dalle aziende lattiero-casearie italiane anche per scoprire il falso Made in Italy sul web, ricercando in modo automatico usurpazioni, evocazioni e imitazioni delle DOP/IGP italiane. È quanto si propone di fare il progetto di ricerca Verifood, in collaborazione tra l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, ICQRF, e il Centro interuniversitario di Scienze della Sicurezza e della Criminalità delle università di Trento e Verona (Cssc). Un altro sistema, Nina, basato sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale, è stato pensato dal Consorzio di tutela, per difendere la Mozzarella di Bufala campana DOP dalle imitazioni e dal fenomeno dell’italian sounding. Il compito di Nina, come una delle bufale più longeve e produttive, sarà quello di analizzare, apprendere e riconoscere i pattern di autenticità degli incarti e segnalare l’eventuale presenza di imitazioni, contraffazioni, evocazioni e abusi. Come tutti i sistemi di intelligenza artificiale sarà in grado di apprendere e distinguere un fake da una Mozzarella DOP con una precisione crescente. Questi sono solo alcuni dei progetti basati sull’intelligenza artificiale a difesa dei prodotti alimentari Made in Italy. È molto probabile che la loro crescente applicazione consentirà non solo di migliorare la tutela dei prodotti DOP e IGP italiani, ma anche di potenziare la trasparenza del comparto, grazie all’innovazione digitale a testimonianza che, se ben utilizzata, l’intelligenza artificiale può essere di grande aiuto alla tutela del Made in Italy lattiero-caseario e non solo.

STEFANIA MILANELLO

THE MAIN

THEMES OF THE SUMMIT

The representatives of the dairy community will be proactively sharing insights around key topics:

contributing to food safety (making the French dairy sector more competitive), ensuring the viability of the sector (attractiveness, new blood), accelerating environmental transition, supporting sustainable and responsible production.

IDF WORLD DAIRY SUMMIT 2024

IDF WORLD DAIRY SUMMIT 2024 IS COMING TO PARIS IN OCTOBER

The IDF World Dairy Summit will take place in Paris from October 15-18 2024, a landmark event bringing together the entire dairy industry.

This event will provide an opportunity to share success stories with all the different stakeholders (dairy farmers, processing companies etc.) as well as the challenges facing the business (economic and social crises, changing societal expectations from consumers and ecosystems) and join forces to achieve a resilient, innovative and attractive dairy sector.

The summit aims to strengthen members’ commitment to developing increasingly sustainable solutions to meet the growing demand, embodied in this year’s theme «Proudly committed to a sustainable world».

REGISTRATION IS ALREADY OPEN (early bird rate until June 30, 2024)

TO REGISTER AND ACCESS THE FULL EVENT PROGRAM, PLEASE VISIT: www.idfwds2024.com

Il microbiota degli alimenti, comunità microbiche con un grande futuro

Continui progressi di conoscenza e nuove tecniche di indagine molecolare apriranno a potenziali applicazioni tecnologiche del microbiota per favorire lo sviluppo di nuovi prodotti più sostenibili ed economici. Lo studio della capacità dei microrganismi di adattarsi e integrarsi in un ecosistema è la chiave per comprenderne la funzionalità tecnologica negli alimenti fermentati

Gli alimenti, in particolare quelli fermentati, sono degli ecosistemi, in cui gruppi di microrganismi interagiscono tra loro. La comprensione di queste interazioni, anche nell’ottica di sviluppare nuovi prodotti, è di grande attualità.

Di biodiversità degli ecosistemi che caratterizzano in particolare i prodotti agroalimentari fermentati, ne abbiamo parlato con Erasmo Neviani, Professore Ordinario di Microbiologia Agraria e Presidente del Comitato Italiano della FIL-IDF, e Benedetta Bottari, Professore Associato di Microbiologia Agraria presso il dipartimento di Scienze degli Alimenti e del farmaco dell’Università di Parma.

Negli ultimi decenni i termini microbiota e microbioma sono stati usati come sinonimi e spesso in modo improprio, per favore potrebbe precisare i significati? Erasmo Neviani: In microbiologia agroalimentare con il termine microbiota facciamo riferimento alla totalità della popolazione microbica presente in un dato ecosistema, mentre per microbioma intendiamo l’insieme dei genomi di tutti i microrganismi presenti in quell’ecosistema, che in-

clude oltre alle comunità microbiche, anche gli elementi strutturali microbici, i loro metaboliti e le condizioni ambientali. Con una metafora matematica si potrebbe dire che: il microbiota sta all’uomo come il microbioma al genoma umano. In altre parole potremmo definire il microbiota presente in un ecosistema come una comunità di microrganismi caratteristica che si è adattata alla nicchia ecologica di appartenenza e spesso ne è parte integrante. Comunità microbiche complesse esistono ovunque in natura e in molti casi il loro sviluppo e la loro persistenza sono legati alla capacità di adattarsi alla pressione selettiva di un dato ambiente. Le evidenze delle peculiarità di adattamento e delle potenziali funzionalità dei differenti microbiota si stanno moltiplicando nel tempo. Si tratta di un grande passo, dal punto di vista della “conoscenza microbiologica”, se si ricorda che ancora pochi decenni fa i microrganismi erano considerati perlopiù dannosi e fonti di rischio per la nostra sopravvivenza.

Ci aiutate con qualche esempio pratico?

Benedetta Bottari: Possiamo, ad esempio, osservare numerosi microbiota caratteristici di ecosistemi ambientali e agricoli. Anche gli animali, e ovviamente anche gli esseri umani, hanno un microbiota peculiare che si differenzia nei diversi distretti del nostro corpo (intestino, rumine, apparato urinario, pelle, polmoni, etc.). Molto si sta ancora discutendo in merito alla comprensione del ruolo effettivo di queste co-

munità nella sopravvivenza e nell’evoluzione dell’ecosistema al quale appartengono. Ovviamente non esistono valutazioni univoche, ma allo stato attuale è consolidata l’evidenza di ruoli rilevanti dei microbiota nella sopravvivenza dei differenti ecosistemi. È certo anche, che non tutti i microrganismi presenti in un dato sistema devono essere necessariamente utili e caratteristici dell’ecosistema stesso. Esistono ancora le contaminazioni banali e occasionali. Microrganismi saprofiti e anche patogeni.

Quali sono le difficoltà nell’individuazione del ruolo di un microbiota, nonché della sua composizione?

EN: Le difficoltà per raggiungere conclusioni definitive sul ruolo di un microbiota, sulla sua composizione e funzionalità nascono anche dalla nostra incapacità di individuare e caratterizzare molti microrganismi, alcuni dei quali ancora sfuggono alle tecniche analitiche tradizionali a nostra disposizione. Nei sistemi complessi alcune forme di vita microbiche si sviluppano e sopravvivono solo grazie all’interazione con altri membri della comunità e quando isolati per essere studiati e compresi non sopravvivono o “scompaiono”. Cioè per noi microbiologi divengono praticamente invisibili. Quindi sovente disponiamo solo di pochi tasselli di un complesso puzzle e raggiungere certezze conclusive in merito al ruolo dei singoli componenti di una comunità microbica appare non sempre semplice.

Microbiota: comunità di microrganismi caratteristica che si è adattata alla nicchia ecologica di appartenenza e spesso ne è parte integrante
ERASMO NEVIANI

Le tecniche molecolari sviluppatesi in questi ultimi decenni ci hanno però permesso una migliore interpretazione dei sistemi microbici complessi. Si sono dunque aperti alcuni spiragli di comprensione sulle possibili interazioni tra un microbiota caratteristico e il suo ecosistema. La microbiologia, d’altra parte, è una scienza ancora molto giovane che solo recentemente sta guadagnando l’interesse e l’attenzione che le spettavano da tempo.

Il cosiddetto “Olobionte”, introdotto da Margulis e collaboratori da alcuni decenni (Margulis e Sagan, 2002; Margulis e Fester, 1991), propone di considerare, ad esempio, gli ecosistemi come una sorta di organismi superiori complessi, caratterizzati da interazioni da parte di differenti forme di vita che coesistono in uno specifico ambiente e che a esso si sono adattate. Fase biotica e abiotica interagiscono e si adattano l’una all’altra definendo le caratteristiche specifiche di un ecosistema, permettendone la sopravvivenza. Il microbiota sarebbe dun-

que un sistema complesso, parte di una complessità ancora maggiore costituita anche da forme di vita non microbiche e dalla materia inanimata intorno alla quale l’ecosistema si organizza.

Per fare un esempio possiamo considerare l’ormai molto studiato microbiota umano. Un tempo si asseriva che noi esseri umani ospitassimo un numero elevatissimo di cellule, almeno dieci volte superiore al numero delle cellule eucariote che definiscono il nostro corpo. In seguito, visti i rapporti numerici, si è cominciato a considerare che il termine ospite fosse perlomeno restrittivo!

E se cominciassimo a pensare di essere noi gli ospiti? Ospiti di un microbiota molto numeroso?

BB: In verità, forse ospiti siamo sia noi che loro, parti di un sistema d’insieme (ecosistema) che si è evoluto e si evolve traendo vantaggio dalle interazioni tra i suoi componenti. In questo caso specifico, noi siamo questo ecosistema. La differenza tra i

singoli esseri umani, la loro unicità, può in parte essere ricondotta anche alle differenze di composizione e di relazione tra i componenti che caratterizzano ogni singolo e specifico ecosistema. Un ecosistema in cui noi traiamo vantaggio dalla coesistenza con i microrganismi e loro sopravvivono, trovando la possibilità di moltiplicarsi e adattarsi. Sono le interazioni all’interno di questo ecosistema che ne fanno qualcosa di assolutamente unico e funzionante. Quando gli equilibri di questi sistemi complessi si alterano non sono sempre facilmente ripristinabili e i danni per la nostra salute, o meglio per la salute dell’ecosistema al quale apparteniamo, spesso sono evidenti.

L’interazione e la cooperazione tra i diversi ospiti risultano quindi decisivi nella definizione di un ecosistema?

EN: Certamente. È noto che la comunicazione intercellulare e la coordinazione multicellulare sono diffuse tra i procarioti e influenzano l’espressione e l’intensità di molteplici fenotipi. I batteri, infatti, traggono vantaggio da tali interazioni, sfruttando una suddivisione cellulare del lavoro, accedendo a risorse che di solito non possono essere utilizzate efficacemente dalle singole cellule, difendendosi collettivamente dagli antagonisti e ottimizzando la sopravvivenza della popolazione differenziandosi in tipi cellulari distinti. In sintesi, le interazioni tra microrganismi e non solo il loro numero, o la presenza di specie, biotipi e varianti diverse, in molti casi diventano un fattore chiave per comprendere lo sviluppo e la funzionalità biologica di ecosistemi microbici. In generale, possiamo presumere che consorzi microbici complessi svolgono attività più articolate e tollerino meglio i cambiamenti dell’ambiente in cui vivono rispetto alle colture pure.

Anche gli alimenti possono veicolare microrganismi e far parte degli ecosistemi di cui stiamo parlando?

BB: Sì. Anche gli alimenti, in particolare quelli fermentati, possono essere definiti come ecosistemi, dinamici e complessi, in cui uno o più gruppi di microrganismi quasi sempre presenti, interagiscono tra loro condividendo spazio e nutrienti. Il cibo, parte integrante della vita dell’essere umano, in grado di definire il nostro benessere e influenzare la nostra salute, rappresenta pertanto anche un veicolo di microrganismi, che in seguito a l’ingestione vengono a contatto con il nostro ecosistema e con almeno parte dei nostri microbiota, in primis quello intestinale. I recenti progressi nello studio della microbiologia degli alimenti hanno permesso di mettere in evidenza l’esistenza di un’enorme biodiversità negli ecosistemi che caratterizzano i sistemi e i prodotti agroalimentari.

La fermentazione microbica degli alimenti è un ottimo esempio di relazioni e interazioni tra diversi microrganismi che trasformano l’ecosistema della materia prima in un prodotto che grazie all’attività microbica può essere conservato più a lungo e ottiene nuove e apprezzabili caratteristiche organolettiche. La fermen -

tazione e la capacità di indirizzarla sono state un grande passo della civiltà e dello sviluppo degli uomini sul nostro pianeta. Nel corso del tempo, le persone hanno imparato a migliorare, razionalizzare, standardizzare e ripetere i processi di fermentazione degli alimenti (Hendy et al, 2021). Di conseguenza, gli alimenti fermentati sono diventati una parte importante della dieta in molte culture e, nel tempo, la trasformazione microbica degli alimenti è stata associata a molti benefici per la salute (Castellone et al, 2021).

Quanto è necessario studiare e capire le interazioni tra i microrganismi per comprendere fino in fondo le potenzialità degli alimenti fermentati?

EN: Fondamentale. Gli alimenti fermentati sono raramente il risultato dell’attività di un singolo microrganismo ma piuttosto di quella di una popolazione microbica (Cocolin et al, 2022). I processi tecnologici di produzione degli alimenti fermentati, solitamente, implicano condizioni di processo che guidano la fermentazione attraverso l’imposizione di condizioni diversamente selettive nei confronti del microbiota presente. La capacità dei microrganismi di resistere a diversi fattori di stress induce la loro resilienza in condizioni ostili alla crescita e al metabolismo. La selezione microbica

guida il processo di fermentazione e rappresenta il momento chiave che consente, anche a partire da matrici simili o identiche, lo sviluppo di prodotti anche molto diversi. Ne consegue che gli alimenti, in particolare quelli fermentati, per essere compresi devono essere studiati e discussi considerando il complesso scenario delle comunità microbiche che li caratterizzano.

La maggior parte dei processi di fermentazione degli alimenti dipende da miscele di microrganismi, che agiscono di concerto e sequenzialmente per dare origine a modificazioni biochimiche utili a produrre le caratteristiche desiderate del prodotto in termini di consistenza, sapore e gusto. I singoli attori di queste modificazioni devono intervenire in precisi momenti della fermentazione. Da questa evidenza nasce l’interesse a esplorare in profondità la diversità della comunità microbica coinvolta nei processi di fermentazione degli alimenti, le sue dinamiche e il legame con la selezione tecnologica indotta dai processi di trasformazione.

Cosa si sa fino a ora di questa interazione?

BB: Negli ecosistemi alimentari, anche l’eterogeneità della popolazione microbica potrebbe essere determinante nel definire la resilienza all’incertezza ambientale. L’eterogeneità cellula-cellula ha im -

La fermentazione microbica trasforma l’ecosistema della materia prima in un prodotto che può essere conservato più a lungo e ottiene nuove e apprezzabili caratteristiche organolettiche
BENEDETTA BOTTARI

portanti implicazioni, poiché consente alle popolazioni di cellule di diversificarsi per sopravvivere allo stress ambientale. Una complessa e solo in parte compresa rete di interazioni tra fattori biotici e abiotici determina continui cambiamenti nell’equilibrio microbico durante la produzione di un alimento fermentato. Le dinamiche di crescita, sopravvivenza e attività biochimica dei microrganismi presenti nelle differenti fasi della fermentazione sono il risultato di reazioni di stress in risposta ai cambiamenti fisici e chimici nel microambiente alimentare dovuti all’attività metabolica batterica e a quella imposta dalla tecnologia. Quest’ultima indirizza la selezione e lo sviluppo di definiti microrganismi nel corso della fermentazione, permettendo l’affermarsi di differenti leader che, pur presenti inizialmente nell’ecosistema, esprimono nel corso della trasformazione fermentativa le maggiori capacità di adattamento e sviluppo. Questa alternanza di specie e biotipi spesso è il segreto della produzione degli alimenti fermentati. Un’interazione

tra tecnologia, matrice e microbiota caratteristico, senza la quale non otterremmo un particolare prodotto. Possiamo affermare che le interazioni che avvengono all’interno dell’ecosistema alimento fermentato giochino un ruolo decisivo nell’evoluzione di tutti i microrganismi presenti. Gli effetti stimolatori e inibitori che si instaurano tra di essi possono supportare la possibilità di mantenere la stabilità della popolazione microbica anche in presenza di modificazioni dell’ambiente (alimento). In sintesi, possiamo concludere che tutti i processi di fermentazione devono essere studiati e discussi considerando lo scenario delle comunità microbiche che li caratterizzano e la loro capacità di evolversi nell’ecosistema rappresentato dal cibo fermentato e dai suoi cambiamenti durante la produzione e maturazione.

Cosa sappiamo attualmente del microbiota degli alimenti fermentati?

EN: Se proviamo a semplificare il microbiota degli alimenti fermentati, spesso

possiamo osservare molti microrganismi con ruoli diversi; alcuni funzionali alla sopravvivenza del microbiota stesso, altri contaminanti banali e altri ancora funzionali al processo di fermentazione. Alcuni microrganismi sono presenti solo occasionalmente, senza nessuno o scarso significato tecnologico, come banali contaminanti. Questa parte del microbiota è numericamente maggiore nel caso dei prodotti artigianali ottenuti da substrati non trattati termicamente. Una seconda parte del microbiota, è composta invece da microrganismi (biotipi e varianti) funzionali alla fermentazione della matrice, che guidano gli eventi biochimici necessari per trasformarla e che sembrano essere il principale motore biochimico, il nucleo microbico, responsabile della produzione. Questa parte del microbiota è in grado di adattarsi ed evolvere (alternarsi nella leadership) nei diversi momenti della lavorazione e della maturazione dell’alimento fermentato. Senza questo core microbico, composto dai microrganismi che trainano le differenti fasi della fermentazione e si adattano al prodotto che cambia a causa della loro attività metabolica, l’alimento non sarebbe “correttamente” fermentato, o meglio non riusciremmo a raggiungere tramite la fermentazione i risultati da noi desiderati in termini di qualità dei prodotti. Infine, esiste una terza parte del microbiota, che pur non risultando “essenziale” per la lavorazione e la maturazione del prodotto può essere coinvolta in peculiari eventi biochimici, a volte utili all’ottenimento di speciali caratteristiche organolettiche. Questa parte è più ampia e variegata nel caso degli alimenti fermentati prodotti con tecnologie artigianali, in particolare quando ottenuti da una materia prima non trattata termicamente e utilizzando colture microbiche starter non selezionate.

Quindi siamo davanti a un sistema di relazioni molto complesse e in continuo mutamento

BB: Sì. Nel contesto di un microbiota complesso, specifiche interazioni e cooperazioni tra singoli individui costituiscono un network di comunicazione genetica e metabolica certamente molto più complesso di quello che potremmo evidenziare studiando i singoli componenti del sistema. Stabilità, sopravvivenza e funzionalità dell’ecosistema dipendono sovente da questa rete di relazioni. La comprensione di quale parte di un microbioma sia quel core di microrganismi essenziale alla sua sopravvivenza e sviluppo rimane di importanza decisiva ai fini di differenti applicazioni pratiche.

In sintesi, la capacità dei microrganismi, così come di tutte le specie viventi, di colonizzare un ecosistema comprenderebbe dunque la loro capacità di interagire con altre specie che vivono nello stesso ecosistema e la loro capacità di adattarsi e integrarsi nell’ecosistema stesso in evoluzione. Questa modalità di studio e interpretazione del microbiota è la chiave per comprenderne la funzionalità tecnologica, in particolare negli alimenti fermentati.

La multicellularità è stata proposta anche come possibilità per comprendere la cre -

PER APPROFONDIMENTI

Le fermentazioni di matrici organiche di origine agroalimentare possono divenire potenti strumenti per la produzione di nuovi prodotti

scita di ecosistemi procariotici complessi i cui singoli componenti interagiscono e si condizionano a vicenda, in una modalità che a volte ricorda quella caratteristica degli eucarioti superiori (Shapiro, 1998; Shapiro, 1988). I biofilm possono in questo senso essere considerati un sistema semplificato di differenziazione e di interazione tra microrganismi.

Quali sono le prospettive e gli scenari futuri sullo studio del microbiota? EN: È certo che in futuro gli studi sul microbiota potranno svelare nuove chiavi di lettura e soluzioni per comprendere gli equilibri che governano le comunità microbiche complesse e gli ecosistemi alle quali essi appartengono. Lo sviluppo di nuove tecniche di indagine molecolare ci saranno di grande aiuto in questo contesto. Ci attendiamo, quindi, progressi di conoscenza che dovranno aprire scenari di potenziali applicazioni tecnologiche

mirate in differenti settori al fine di favorire lo sviluppo e l’adattamento del microbiota o di sue parti. Le fermentazioni di matrici organiche di origine agroalimentare possono divenire potenti strumenti a nostra disposizione per la produzione di nuovi prodotti, così come di composti e molecole di interesse, tramite processi maggiormente sostenibili e più economici. Si tratta di potenziali applicazioni con ricadute sul mantenimento e sulla sostenibilità dell’ambiente e, ovviamente, anche sulla nostra salute.

Se uno dei maggiori problemi del nostro futuro rimane quello del come produrre alimenti per una popolazione mondiale in continua crescita, nel rispetto della Terra sulla quale viviamo e dalla quale attingiamo risorse esauribili, l’impiego oculato del potenziale microbico potrà essere sicuramente un valido ausilio. Si tratta “solo” di comprendere come impiegarlo al meglio.

» Margulis L., Fester R.; Symbiosis as a source of evolutionary Innovation: Speciation and Morphogenesis. Cambridge, The MIT Press (1991)

» Margulis L., Sagan D; Acquiring Genomes: A theory of the origin of species, New York, Perseus Books Group, (2002)

» Hendy J., Rest M., Aldenderfer M., Warinner C.; Cultures of Fermentation: Living with Microbes. Current Anthropology 62, Supplement 24, S197-S206 (2021)

» Castellone V., Bancalari E., Rubert J., Gatti M., Neviani E., Bottari B.; Eating fermented: health benefits of LAB- fermented foods. Foods, section - Food Nutrition, 10:11, 2639-2661 (2021)

» Cocolin L., Gobetti M., Neviani E.: Microbiologia alimentare applicata - 2022. CEA Casa Editrice Ambrosiana

» Shapiro J.A.; Bacteria as multicellular organisms. Scientific American 256:82-89 (1988)

» Shapiro J.A.; Thinking about bacterial populations as multicellular organisms. Annu Rev Microbiol. 52, 81-104 (1998)

Antibiotici nel latte: l’importanza dei test

Le positività osservate in questi anni presentano una costante e progressiva riduzione: merito dell’attività di informazione, prevenzione e controlli specifici e sistematici in azienda, nonché dell’utilizzo più corretto dei farmaci. L’importanza di usufruire di metodi di rilevazione affidabili e rapidi per evitare perdite di latte e sanzioni

La presenza di residui di antibiotici nel latte destinato alla produzione di formaggi rallenta o addirittura inibisce lo sviluppo dei batteri lattici che sono aggiunti come colture starter naturali o selezionate, fondamentali per i prodotti lattiero-caseari fermentati.

I batteri lattici, infatti, vengono addizionati al latte come siero innesto, latte fermentato o come fermenti liofilizzato o congelati, per creare acidificazione con conseguente abbassamento del pH per degradazione del lattosio in acido lattico; valori elevati di pH possono favorire fermentazioni supportate da Clostridi, principalmente in formaggi duri a pasta cotta, o da batteri coli-

formi meno sensibili rispetto ai batteri lattici alla presenza di residui di sostanze inibenti nel latte.

L’abbassamento del pH nella cagliata nelle prime ore dopo la fabbricazione è anche importante poiché facilita l’azione del caglio e agevola la sineresi contribuendo allo spurgo del siero di caseificazione e conseguentemente la struttura della pasta. Inol-

tre, durante la stagionatura la flora microbica presente nel formaggio degradandosi libera gli enzimi che ne determinano l’aroma e l’odore.

La ricerca di antibiotici nel latte permette quindi di escludere dalla caseificazione

quello che presenta residui di sostanze inibenti e ottenere dei formaggi senza difetti di struttura e di aroma e quindi di qualità.

Abbiamo chiesto a Flavio Tosi, Tecnologo

Caseario, Laboratorio SALCHIM soc. coop; Ambrogio Bianchi, Account Manager DB&B

South Europe di DSM e Domenico Ferreri, Amministratore Unico di Alitest, di parlarci dell’evoluzione delle metodologie di ricerca degli antibiotici nel latte e dei metodi attualmente utilizzati, nonché dell’importanza di utilizzare metodi affidabili.

h DIVENTA UN PROBLEMA DI SICUREZZA ALIMENTARE

FLAVIO TOSI Tecnologo

Caseario, Laboratorio

SALCHIM soc. coop

“La percentuale di positività osservata nel nostro laboratorio ha presentato una costante e progressiva riduzione”

Il latte contenente residui di sostanze farmacologicamente attive oltre i limiti massimi di residui (LMR) va considerato un rifiuto nocivo e, per legge, non può essere diluito, ma deve essere destinato a distruzione sotto il controllo veterinario. Quindi, se da un lato il problema dei residui di antibiotici è di ordine tecnologico, dall’altro abbiamo un problema di sicurezza alimentare dovuto al fatto che tali residui potenzialmente possono portare alla selezione di ceppi patogeni resistenti, concorrendo ulteriormente ai ben noti problemi di antibiotico-resistenza. Il metodo ufficiale per il controllo dei residui di antibiotici nel latte resta sempre il test di inibizione microbiologica. L’inibizione della crescita di G. stearothermophilus in un terreno di cultura impregnato col campione e l’assenza di viraggio del colore per abbassamento del pH (da blu a giallo) indica la presenza di inibenti nel campione. Questo metodo, che risulta affidabile, semplice nell’utilizzo e ad ampio spettro, ha però il difetto di richiedere lunghi tempi di analisi per ottenere il risultato (circa tre ore). Per questo motivo da più di un decennio si affianca a questo metodo l’utilizzo di test rapidi (3-15 minuti) di screening che si basano sulla formazione del legame tra gli antimicrobici con uno o più

recettori specifici per gruppi di sostanze che quindi reagiscono con un substrato per fornire una reazione quantitativa. Lo screening è in genere condotto dai caseifici effettuando test sui i fornitori prima del carico o sull’esame del latte di cisterna al momento dell’arrivo allo stabilimento di trasformazione prima di introdurlo nel ciclo produttivo. Se il risultato ai test di screening è positivo, il latte è tenuto separato e sottoposto a un successivo test ufficiale per confermare l’esito del primo controllo effettuato.

C’è da dire che, negli anni, la percentuale di positività osservata nel nostro laboratorio ha presentato una costante e progressiva riduzione. A nostro avviso questo buon risultato è dovuto all’attività di informazione e prevenzione – controlli specifici e sistematici in azienda o allo scarico –effettuata da parte di tutti gli operatori professionali del settore: veterinari aziendali, servizio veterinario pubblico, personale tecnico delle cooperative di trasformazione o acquirenti latte. Anche l’utilizzo più corretto e professionale dei farmaci, la riduzione della frequenza di mastiti e le maggiori possibilità di autocontrollo diretto hanno certamente contribuito a questo risultato.

h GARANTIRE AL CONSUMATORE IL CONTROLLO DALL’INIZIO ALLA FINE DEL PROCESSO

AMBROGIO BIANCHI

Account Manager DB&B South

Europe di DSM

“L’utilizzo di test rapidi consente di evitare perdite di latte e sanzioni”

Gli antibiotici hanno una lunga tradizione di utilizzo nel settore agricolo per il trattamento di una molteplicità di affezioni delle vacche da latte (ad esempio la mastite), così da garantirne la salute ottimale nel corso della loro carriera produttiva. La presenza di residui di antibiotici nei prodotti di consumo è quindi un serio rischio per la salute pubblica e la sicurezza alimentare. Oggi le persone desiderano

gustare un bicchiere di latte sano senza preoccupazioni. Si aspettano che gli agricoltori, i produttori di latte e le autorità garantiscano che il latte che acquistano sia di alta qualità e non presenti problemi di sicurezza per il consumo. La presenza di residui di antibiotici nel latte può implicare la comminazione di sanzioni, causare perdite di latte per gli allevatori, interruzioni nella catena di approvvigionamento e determinare problemi durante l’intero processo di produzione, come ad esempio ritardi nelle fermentazioni. È quindi sempre più cruciale che i possibili residui di antibiotici siano gestiti con attenzione dall’inizio alla fine del processo, dal momento che il latte è ancora oggi molto apprezzato dai consumatori. Per contribuire a superare tali sfide è fondamentale attenersi alla legislazione sui re -

sidui di antibiotici e garantire che i loro livelli non superino il limite massimo previsto (LMR). L’analisi dei residui di antibiotici a livello di singolo animale è quindi il modo migliore per gli agricoltori per garantire la continuità e la qualità della loro attività. Le aziende lattiero-casearie e gli allevatori hanno a disposizione test rapidi ad ampio spettro per il rilevamento dei residui di antibiotici. Si tratta di soluzioni facili da usare, affidabili e convalidate a livello internazionale, in grado di rilevare un ampio spettro di residui di antibiotici in ogni tipo di latte. Grazie all’utilizzo di questi test rapidi, gli operatori del settore lattiero-caseario possono rilevare facilmente gli eventuali residui di antibiotici a livello di singolo animale e di tank aziendale, in modo da evitare perdite di latte e sanzioni.

h STO USANDO IL GIUSTO TEST?

DOMENICO FERRERI

Amministratore

Unico di Alitest

“Il problema non è il numero di analisi effettuate ma l’affidabilità dei test”

I metodi utilizzati dalle aziende per rilevare gli antibiotici nel latte, appartengono a due categorie: i test classici che richiedono circa 3 ore e quelli rapidi. I primi sono utilizzati per la maggior parte da conferenti e aziende che non hanno bisogno di una risposta immediata. Sul mercato se ne trovano di diversi tipi e provenienza, molti non rispettano i limiti MRL, altri rilevano veramente poco, con il rischio che il risultato sia sempre negativo. In questo caso, nessuno rifarà il test, che solitamente si esegue nuovamente solo in caso di positività per una conferma

certa. I test rapidi (Elisa o a flusso laterale) sono di diversi tipi, di qualità e di provenienza. Bisogna verificare quali farmaci rilevano e se rispettano i limiti MRL. Molti sono obsoleti, altri hanno tante sensibilità, purtroppo fuori range, con il rischio di risultati non conformi. Certo sul mercato ci sono test rapidi molto affidabili, non solo per individuare gli antibiotici, ma anche altri residui contaminanti e inibenti nel latte come Betalattamici, Aflatossina M1, Tetracicline, Sulfamidici, Enrofloxacina e test combinati (Beta/Tetra/Sulfa/Chinoloni/Aminoglicosidi/Macrolidi). Il problema oggigiorno non è tanto nella quantità di analisi effettuate, ma nel tipo di test utilizzato. È diventato difficile confrontarsi con alcuni laboratori o con i responsabili del controllo qualità. Spesso sono impegnati in riunioni o in altre situazioni aziendale, quindi con la fatica di un confronto sui metodi utilizzati.

A volte, perciò, vengono utilizzati metodi che non riescono a garantire e assicurare la qualità del prodotto finito. Purtroppo il livello culturale cambia da azienda ad azienda; c’è chi ha una sensibilità più alta di altri, mentre c’è chi procede sempre nello stesso modo, utilizzando i soliti metodi poco efficaci, credendo che la qualità del prodotto sia sempre la stessa, quando in realtà oggi bisogna tenere conto di molti fattori, quali quelli ambientali, l’inquinamento, l’alimentazione, i trattamenti farmacologici ecc. Questo è molto importante per l’azienda, soprattutto per valutare un sistema di controllo, che sia ad ampio spettro e non rischiare di arrivare in una situazione di emergenza per poi cercare di ricorrere ai ripari. Oggi ci sono i metodi per mantenere in salute l’animale e soprattutto per mettere un prodotto pulito e salutare sulle nostre tavole.

Il settore del latte crudo

La gran parte del latte crudo nazionale è utilizzato per la produzione di formaggi DOP, grazie ai quali l’Italia è protagonista nel settore caseario mondiale e leader nelle produzioni ad alto valore aggiunto

La struttura produttiva nazionale degli allevamenti da latte si presenta fortemente frammentata: le aziende operative con codice Ateco 01.41 “Allevamento di bovini e bufale da latte, produzione di latte crudo” hanno registrato un importante fenomeno di concentrazione nel periodo 2000-2023 passando da 53.492 aziende nel 2020 a 32.605 nel 2023. Nonostante il processo di concentrazione e la chiusura di numerose stalle, permane un’elevata fram-

mentazione del sistema produttivo nella fase agricolo-zootecnica della filiera. L’Italia si presenta ancora con una dimensione media delle stalle inferiore alla media europea. L’analisi della diffusione per regione delle aziende denota l’alto numero in TrentinoAlto Adige per la storica presenza di numerosi piccoli allevamenti, organizzati in cooperative. Seguono le regioni del nord a vocazione lattiero-casearia (la Lombardia in primis) e la Campania per la forte presenza

di allevamenti bufalini, dovuti alla Mozzarella di bufala DOP.

I centri di raccolta latte in Italia sono circa un centinaio. Si tratta di stabilimenti in cui il latte crudo prodotto può essere raccolto ed eventualmente raffreddato e filtrato, per poi essere inviato agli stabilimenti di standardizzazione, trattamento e trasformazione. La produzione è concentrata nelle regioni del Centro-Nord. La Lombardia primeggia nel settore del latte vaccino con oltre il 46%

LUIGI ANTONIO FERRARO

Specialista di analisi competitiva esperto del comparto lattiero-caseario Cerved Group

del totale nazionale, seguito da Emilia-Romagna (16%), Veneto, Piemonte, con le regioni settentrionali che rappresentano oltre l’86% della produzione. La Sardegna è leader nell’ovino, con quasi il 70% del totale, e nel caprino, con quasi il 40% del totale.

I NUMERI DEL SETTORE

Le tensioni geopolitiche hanno avuto un forte impatto sui mercati globali delle materie prime nel biennio 2022-2023 e le conseguenze

Tabella 1. Dati chiave di settore 2023

ALLEVAMENTI DA LATTE 1 (NUMERO)

32.605

VOLUMI DELLE IMPORTAZIONI (‘000 TONNELLATE)

885

per il settore lattiero-caseario sono state di una forte crescita dei prezzi degli alimenti zootecnici, dei concimi e dell’energia che hanno portato alla chiusura di diverse stalle e all’aumento delle macellazioni di vacche, con l’effetto di un ridimensionamento dei volumi di produzione di latte crudo nazionale, un forte incremento delle quotazioni del latte e un sensibile aumento di tutti i prodotti settoriali. Nel 2023 la produzione nazionale di latte crudo si attesta a 13.997.000 tonnellate (Tabella 1), registrando un ridimensionamento dei volumi di produzione (-0,7%, Tabella 2).

Le consegne di latte vaccino crudo alle latterie nel 2023 (anno solare) sono state pari a 12.196 mila tonnellate (13.011 tonnellate nel 2022).

La differenza con la produzione è data dalle vendite dirette e dalle consegne di latte bufalino, ovino e caprino.

Il 94,8% della produzione nazionale a volume riguarda il latte vaccino (Grafico 1), seguito dal latte ovino, dal latte di bufala e da quello di capra.

Diverso l’andamento della produzione a valore che si attesta su un fatturato record pari a 7.440 milioni di euro (+2,5% rispetto al 2022, Tabella 3), positivamente influenzata da quo-

tazioni medie del latte vaccino superiori rispetto al 2022, raggiungendo una media annua nel 2023 di 52,79 cent/litro (prezzo del latte vaccino crudo alla stalla nella regione Lombardia) rispetto ai 51,17 cent/litro (media 2022).

In crescita il mercato interno in termini reali (+1,4%) che si attesta sulle 14.875.000 tonnellate, grazie al contributo del latte d’importazione in sensibile aumento (+47% a volume).

La produzione interna di latte crudo non riesce a coprire l’intero fabbisogno nazionale e le importazioni di materia prima in diverse forme (latte, crema di latte, burro, semilavorati etc.) sono vitali per l’industria di trasformazione.

Si rammenta che il settore lattiero-caseario riveste un ruolo di primo piano nell’ambito dell’economia italiana con un fatturato che nel 2023 ha raggiunto i 18,8 miliardi di euro. È il secondo settore alimentare italiano (dopo carni e salumi) e rappresenta poco meno del 10% del fatturato complessivo dell’industria alimentare.

Notevole, di conseguenza, il fabbisogno di materia prima.

VOLUMI DI PRODUZIONE (‘000 TONNELLATE)

13.997

IMPORT/MERCATO INTERNO (% volumi)

5,9

1- codice Ateco 01.41 “Allevamento di bovini e bufale da latte, produzione di latte crudo” Fonte: elaborazione Cerved su fonti qualificate

VALORE DELLA PRODUZIONE (MN. €)

7.440

EXPORT/PRODUZIONE (% volumi)

0,1

Tabella 2. Il settore del latte crudo in italia

Dati in migliaia di tonnellate

Fonte: elaborazione Cerved

Tabella 3. Il settore del latte crudo in italia

Dati in milioni di euro

Fonte: elaborazione Cerved su fonti qualificate

L’IMPORT DI LATTE CRUDO E I

PRINCIPALI PAESI FORNITORI

Le vendite sui mercati esteri di latte crudo non sono significative (sfiorano le 7.000 tonnellate con un’incidenza sulla produzione di appena lo 0,1%) mentre le importazioni valgono il 5,9% dei consumi interni a volume per un valore di 353,8 Mn di euro (2023).

Nell’ultimo decennio si è assistito a un sensibile ridimensionamento dell’import di latte sfuso dovuto alla continua crescita della produzione nazionale (Grafico 2). Nel 2011

aveva superato i 2 milioni di tonnellate per poi registrare un costante declino negli anni successivi, una crescita nel 2019 e un crollo nel biennio 2020-2021, con volumi quasi dimezzati rispetto al 2019. Nel 2023 registra un’inversione di tendenza e un’importante crescita. I volumi si attestano sulle 885.000 tonnellate (+47% rispetto al 2022), crescita favorita anche da una dinamica dei prezzi in forte calo (-15,6% rispetto al 2022): la media annua nel 2023 del costo del latte d’importazione è stata pari a

Grafico 1. Ripartizione della produzione di latte per tipologia, 2023 (incidenza % in volume)

39,98 cent/litro rispetto ai 47,34 cent/litro (media 2022).

Il latte sfuso in cisterna importato è utilizzato principalmente per la produzione di formaggi non tipici e per il latte a lunga conservazione. È importato direttamente dalle grandi cooperative lattiere di Germania, Slovenia, Austria e Francia, nazioni che hanno un surplus di materia prima e che, in relazione alle dimensioni degli allevamenti, e alla prossimità geografica, sono in grado di garantire un prezzo mediamente inferiore rispetto al latte di produzione nazionale (Tabella 4), utilizzato prevalentemente per la produzione di latte pastorizzato e di formaggi tipici.

Il primato dell’import di latte sfuso, nel 2023 passa dalla Slovenia alla Germania grazie al forte sviluppo dell’ultimo anno (+160,3% a volume rispetto al 2022) e a una quota che si attesta sul 44,2% del totale latte sfuso in volume (Grafico 3), contro una quota del 24,8% nel 2022. Seguono Slovenia (17,7%), Austria (13,3%) e Francia (10,7%).

a) - prezzi CIF (cost, insurance and freight) Fonte: elaborazione Cerved su fonti qualificate

PREVISIONI

Nel 2024 il settore, dopo due anni di ridimensionamento, dovrebbe registrare un’inversione di tendenza, riportando la produzione a crescere leggermente in termini reali (+0,6%), sostenuta da un ulteriore sviluppo della produzione di formaggi (a partire dalle principali DOP), trainati soprattutto dalle vendite sui mercati esteri. Ciò porterà

a mantenere alte le quotazioni del latte incentivando la produzione.

La gran parte del latte crudo nazionale è utilizzato per la produzione di formaggi DOP, grazie ai quali l’Italia è protagonista nel settore caseario mondiale e leader nelle produzioni ad alto valore aggiunto.

Continueranno a essere positive in termini reali anche le importazioni, condizionate da un mercato interno in crescita.

Grafico 3. Importazioni italiane di latte sfuso per paese, 2023 (incidenza % in volume)

Il trend dei primi mesi dell’anno del prezzo del latte è stato in calo ma fra maggio e ottobre dovrebbe mantenersi in leggero aumento in Italia e in UE, grazie a una domanda mondiale vivace, in particolare per quanto riguarda i formaggi, il burro e la panna. La quotazione media del 2024 dovrebbe mantenersi su livelli elevati anche se inferiori alla media del 2023.

Simile la crescita attesa della produzione nel medio-lungo termine con variazioni da un anno all’altro modeste; a una domanda in sviluppo si contrapporrà una normativa più restrittiva dettata dal “Green Deal” che assorbirà risorse importanti per una maggiore sostenibilità del sistema, e un ormai indispensabile ricambio generazionale che, se verrà a mancare, determinerà la chiusura di molte piccole realtà aziendali.

Grafico 2. Trend dell’import, dal 2000 al 2024
Tabella 4. Latte sfuso: importazioni per paese di provenienza, trend e prezzo medio 2023

DOI: 10.1016/j.fpsl.2023.101176

Film commestibili a base di bucce di patate e mele cotogne con potenziale per la conservazione del formaggio stagionato

Edible films based on potato and quince peels with potential for the preservation of cured cheese. Food Packaging and Shelf Life Volume 40, dicembre 2023

P. Coimbra, B. Marona, M. Henriques, L. Campos, MGS. Gomes, C. Vitorino, JJS Sousa, MEM. Braga, MC. Gaspar

Sono stati sviluppati film commestibili e biodegradabili per l’imballaggio alimentare a base di amido (S) e residui agroindustriali, come bucce di patate (P) e/o di mele cotogne (Q). Tutti i film hanno mostrato una natura idrofila, come rivelato dal rigonfiamento, dagli angoli di contatto con l’acqua, dalla capacità di assorbimento del vapore acqueo e dai risultati di permeabilità al vapore acqueo. Le pellicole con buccia di mela cotogna sono risultate le più flessibili, forse per la presenza di zuccheri e pectina, che agiscono come plastificanti. La pellicola con formulazione SPQ è stata scelta per la prova di concetto con formaggi stagionati e durante la maturazione è stata valutata la pellicola

commestibile dei formaggi, nonché le caratteristiche sensoriali e l’accettabilità dei formaggi da parte dei consumatori. Il film sviluppato ha aumentato la durezza del formaggio, rispetto al controllo e ai formaggi ricoperti con natamicina. Inoltre, la pellicola non ha modificato le proprietà sensoriali dei formaggi, essendo una pellicola promettente per l’applicazione in questo tipo di prodotti alimentari.

DOI: 10.1016/j.ijfoodmicro.2023.110478

I ripiani di legno e la crosta del formaggio si scambiano reciprocamente il microbiota durante il tradizionale processo di maturazione

The wooden shelf surface and cheese rind mutually exchange microbiota during the traditional ripening process. International Journal of Food Microbiology, Volume 409, 16 gennaio 2024

G. Busetta, G. Garofalo, S. Applausi, MT. Sardina, E. Franciosi, A. Alfonzo, N. Francesca, G. Moschetti, L. Settanni, R. Gaglio

DOI: 10.1016/j.idairyj.2023.105808

Effetti della sterilizzazione ad alta pressione idrostatica e

della

sterilizzazione termica combinate con il trattamento con glutammina transaminasi sulle proprietà dello yogurt

Effects of high hydrostatic pressure sterilisation and thermal sterilisation combined with glutamine transaminase treatment on the properties of yoghurt. International Dairy Journal, disponibile online il 29 settembre 2023

Y. Liu, C. Huo, X. Wang, D. Liu, Y. Liu, X. Wang, C. Xu, M. Li, D. Lu, R. Ren, Z. Hu

Sono stati studiati gli effetti della sterilizzazione termica convenzionale e della sterilizzazione ad alta pressione idrostatica (HHP) combinata con la glutammina transaminasi (TGase) sulle caratteristiche dello yogurt. Dopo il trattamento termico e HHP, l’aggiunta di una quantità adeguata di TGasi non ha avuto effetti significativi sull’acidità e sulla conta dei batteri vitali dello yogurt. Tuttavia, la capacità di trattenere l’acqua, la viscosità e la consistenza dello yogurt sono migliorate in modo significa -

tivo. Quando lo yogurt è stato trattato termicamente in combinazione con TGasi e con HHP seguito da TGasi, i valori ottimali degli indicatori dello yogurt sono stati raggiunti aggiungendo 2 U g -1 TGasi. Quando la TGasi è stata aggiunta a 4 U g -1 prima del trattamento con HHP (TGase-HHP) sono stati raggiunti i valori ottimali degli indicatori dello yogurt. Era chiaro che le proteine nello yogurt TGase-HHP esponevano più siti di legame della TGasi rispetto agli altri due tipi di trattamento. Inoltre, sono stati eseguiti test con cromatimetri, lingue elettroniche e nasi elettronici.

La crosta funge da barriera protettiva per i formaggi stagionati dai batteri interni. A differenza dei formaggi a pasta cruda inoculati in superficie, in questi formaggi non si presume che avvenga una maturazione centripeta. Questa ricerca valuta la diversità microbica dei ripiani in legno utilizzati per la stagionatura del Pecorino di Filiano a Denominazione di Origine Protetta (DOP) e del Canestrato di Moliterno Indicazione Geografica Protetta (IGP). Sono stati studiati anche i microrganismi associati alla crosta di questi formaggi. Sia le superfici degli scaffali in legno che le croste di formaggio sono state campionate mediante il metodo della spazzolatura per raccogliere i loro biofilm. Gli scaffali in legno mostrano livelli di microrganismi mesofili totali (TMM) compresi tra 5,6 e 7,2 log CFU/cm (Listeria monocytogenes Escherichia coli Staphylococcus aureus, Enterococcus, Leuconostoc), Debaryomyces Aspergillus Penicillium spp., dominava la comunità dei funghi filamentosi. L’analisi MiSeq Illumina ha

identificato 15 phyla, 13 classi, 28 ordini, 54 famiglie e 56 generi tra i batteri Brevibacterium, Corynebacterium e batteri alofili sono stati rilevati in quasi tutti i campioni. È stata confermato una stretta correlazione tra il microbiota degli scaffali in legno e quello delle croste di formaggio per la maggior parte delle fabbriche. Questo studio ha confermato che i ripiani in legno utilizzati per la stagionatura del formaggio sono microbiologicamente attivi e rappresentano sistemi sicuri. Inoltre, i risultati di questo lavoro hanno chiarito il flusso di trasferimento tra i ripiani in legno e le superfici del formaggio Pecorino di Filiano DOP e Canestrato di Moliterno IGP: i microrganismi spalmativi vengono principalmente trasferiti dai ripiani in legno alla crosta del formaggio, che potenzialmente contribuisce allo sviluppo delle caratteristiche organolettiche finali; nel frattempo, i formaggi trasferiscono LAB potenzialmente coinvolti nella definizione degli aspetti di sicurezza degli scaffali.

DOI: 10.1016/j.smallrumres.2023.107147

Enzimi della coagulazione del latte: una decisione trascendentale nella qualità

del

formaggio di latte di capra

Invited review. Milk clotting enzymes: A transcendental decision in goat’s milk cheese quality. Small Ruminant Research Volume 229, dicembre 2023

M. Fresno, A. Argüello, A. Torres, N. Castro, S. Álvarez, L. Sepe

La produzione di formaggio è aumentata di oltre 3,5 volte dal 1960, mentre la produzione di caglio animale è diminuita, quindi sono stati sviluppati altri enzimi proteolitici. La qualità del formaggio dipende da molti fattori, alcuni di essi sono legati alla composizione del latte (aspetti genetici: specie, razza e animale, stadio di lattazione e numero, tipo di bambini, alimentazione e salute degli animali, stagione della prole, etc.) e altri dovuti agli aspetti della produzione del formaggio e alla lavorazione della conservazione (crudo o latte pastorizzato, enzimi della coagulazione e parametri della coagulazione (temperatura e tempo), formatura, drenaggio, salatura, maturazione, affumicatura, etc.). Tutti questi fattori interagiscono e solo in condizioni sperimentali è possibile analizzare l’effetto di ogni particolare caratteristica da sola.

Tra tutti questi fattori, il processo di coagulazione del latte è una delle fasi più importanti per le caratteristiche finali del formaggio. Le differenze nella degradazione della matrice proteica dovute all’origine degli agenti coagulanti influiscono sulla consistenza, sull’odore, sul sapore

e sul gusto del formaggio e di conseguenza sulle preferenze del consumatore. Quest’ultima affermazione è particolarmente importante per le scelte economiche dell’azienda lattiero-casearia. In passato i casari utilizzavano il caglio animale per cagliare il latte; veniva prodotto macerando gli stomaci ottenuti dai ruminanti lattanti secondo gli usi locali, anche se in alcune specifiche lavorazioni tipiche della caseificazione veniva utilizzato coagulante vegetale. Oggigiorno sono disponibili diversi tipi di coagulanti, con diversa origine e variabilità delle proteasi per la coagulazione del latte: caglio di origine animale e coagulanti vegetali che possono essere sia artigianali che commerciali, proteasi microbiche e ricombinanti da microrganismo geneticamente modificato con cDNA per < a i=13>chimosina. In questo articolo viene presentato lo stato dell’arte di questi enzimi utilizzati nell’industria dei formaggi caprini, con particolare attenzione ai formaggi artigianali. Viene analizzato l’effetto coagulante nel profilo fisico-chimico e sensoriale dei formaggi, anche dal punto di vista etico e religioso. Infine, viene affrontata l’importanza del target di mercato nella produzione di nuovi formaggi con coagulante vegetale, con una panoramica sulle tendenze in materia di etichettatura dei formaggi.

DOI: 10.1016/j.foodres.2023.112459

Svelamento della lipolisi indotta dal glicole propilenico del percorso di biosintesi nel latte a temperatura ultraelevata utilizzando la lipidomica e la proteomica non mirate della spettrometria di massa ad alta risoluzione

Unraveling propylene glycol-induced lipolysis of the biosynthesis pathway in ultra-high temperature milk using high resolution mass spectrometry untargeted lipidomics and proteomics. Food Research International Volume 164, febbraio 2023

W. Jia, C. Di

Nel luglio 2022, l’incidente sulla sicurezza alimentare dovuto al rilevamento di una quantità eccessiva di glicole propilenico nello stabilimento di lavorazione del latte ha sollevato preoccupazioni diffuse sulla qualità e sul valore nutrizionale del latte con additivi illegali. Per quanto ne sappiamo, gli effetti del glicole propilenico sui lipidi nel latte non sono stati esplorati in modo

DOI: 10.1016/j.ijfoodmicro.2023.110481

Riduzione dei tempi di lavorazione del formaggio

Pecorino Siciliano DOP: dinamica

microbica e attributi qualitativi derivanti dalla sostituzione del permeato di siero con acqua calda

durante la cottura

Reduction of PDO Pecorino Siciliano cheese making duration: Microbial dynamics and quality attributes deriving from replacing whey permeate with hot water during cooking. International Journal of Food Microbiology, Volume 410, 30 gennaio 2024

M. Todaro, G. Garofalo, G. Busetta, R. Gannuscio, AR. Di Rosa, ML. Scatassa, C. Cardamone, I. Mancuso, E. Franciosi, F. Rando, M. Agnolucci, V. Chiofalo, R. Gaglio, L. Settanni

Questo lavoro è stato svolto con l’obiettivo di ridurre i tempi di produzione del formaggio Pecorino Siciliano a Denominazione di Origine Protetta (DOP). A questo scopo, la cottura in acqua calda (produzione sperimentale, EXP) è stata confrontata con la tradizionale cottura del formaggio sotto permeato di siero di latte (produzione di controllo, CTR). La composizione microbiologica della sezione sottocrosta (UR) e del nucleo (Co) dei formaggi CTR ed EXP è stata determinata mediante un approccio combinato coltura-dipendente e indipendente. Micror-

ganismi mesofili totali e batteri lattici (LAB) presenti negli alimenti di latte di pecora crudo (5.0 log CFU/mL) sono aumentati durante la caseificazione raggiungendo valori di circa 8.0 log CFU/g in entrambe le sezioni (UR e Co) dei formaggi stagionati a 5 mesi di entrambe le produzioni (CTR ed EXP) monitorate. L’analisi MiSeq Illumina ha dimostrato che le popolazioni di LAB (lattobacilli, lattococchi e streptococchi) dominavano la comunità batterica dei formaggi. Le due diverse operazioni di cottura non hanno influenzato le caratteristiche fisico-chimiche dei formaggi Pecorino Siciliano DOP. La valutazione sensoriale eseguita mediante analisi dei sensi artificiali e panelisti addestrati ha confermato che la modifica del protocollo di produzione del formaggio Pecorino Siciliano DOP non ha influenzato in modo significativo le caratteristiche del prodotto e l’accettazione generale. Pertanto, i dati di questo lavoro hanno confermato che la cottura sotto acqua calda ha permesso di ridurre i tempi di trasformazione e salvaguardare la tipicità del formaggio Pecorino Siciliano DOP.

sistematico. Pertanto, le distribuzioni spazio-temporali dei lipidi legate alla reazione del glicole propilenico e i cambiamenti della qualità sensoriale sono stati studiati dagli alimenti esogeni. In breve, 10 sottoclassi (Cer, DG, HexCer, LPC, LPE, PC, PE, PI, SPH e TG) includevano 147 lipidi e sono stati annotati 38 enzimi chiave. Il glicole propilenico ha alterato la lisofosfolipidasi e la fosfolipasi A2 alterando l’ordine strutturale nei domini lipidici che circondano le proteine per inibire il metabolismo dei glicerofosfolipidi e ha avviato evidenti cambiamenti in PC (10,45-27,91 mg kg −1) e PE (12,92-49,02 mg kg −1). Questo studio offre approfondimenti sull’influenza delle dosi di glicole propilenico e del tempo di conservazione sul metabolismo del latte a livello molecolare per valutare la qualità del latte.

Sostenibilità dei processi e ruolo dell’acqua

La domanda idrica è crescente e l’industria deve rispondere valutando gli impatti delle attività produttive in termini di gestione della risorsa, ma salvaguardando nel contempo la qualità dei prodotti

Nella filosofia del convegno digitale

LattePiù, tenutosi lo scorso maggio, gli interventi degli esperti fotogra-

fano lo stato dell’arte del settore con analisi dei dati e raccolta di elementi critici, ma soprattutto con la proposta di soluzioni, strumenti e buone pratiche per operatori e stakeholder.

LUIGI DEGANO

Consiglio dell’Ordine Nazionale dei dottori Agronomi e dei dottori Forestali

“L’attività di formazione deve essere continua e costante, perché le innovazioni sono continue e costanti” Luigi Degano

“La conoscenza è competenza”, Luigi Degano del Consiglio Nazionale CONAF ha aperto la sessione ‘Sostenibilità dei processi del settore lattiero-caseario’ ricordando il ruolo fondamentale che ricopre la formazione per tutti i professionisti. “L’attività di formazione deve essere continua e costante, perché le innovazioni sono continue e costanti”.

WATER FOOTPRINT DEL SETTORE LATTIERO-CASEARIO

La popolazione mondiale è continua in crescita, arriveremo infatti a contare 10 miliardi di persone, questo comporterà la richiesta di produrre il 40-60% in più di cibo. Sono molti i fattori che incidono sulla produttività delle colture agricole, tra queste l’effetto ambientale. Per garantire uno sviluppo sostenibile, la FIL-IDF, insieme alla FAO, ha sottoscritto nel 2016 la Dairy Declaration of Rotterdam. “La

FIL-IDF si impegna a sviluppare linee guida e sistemi di produzione che siano sostenibili, anche dal punto di vista economico e sociale”, ricorda Piercristiano Brazzale, Presidente FIL-IDF.

In sede Codex, IDF è co-leader di un gruppo di lavoro sul riutilizzo delle acque reflue e delle acque risultanti da processo. È, infatti, prevista nell’anno in corso la pubblicazione di nuove linee guida. La FIL-IDF sta collaborando a livello europeo anche con EDA - European Dairy Association per la definizione di nuove linee guida per il riutilizzo delle acque di processo. Per una maggiore efficienza e sostenibilità è molto importante la locazione geografica dei processi di produzione: “Bisogna fare i prodotti dove c’è l’ambiente idoneo e l’acqua sufficiente per produrli” racconta Piercristiano Brazzale terminando il suo intervento, dopo aver fornito un esempio pratico di efficientamento dell’acqua eseguito nello stabilimento di Brazzale spa sito in Repubblica Ceca. Nello stabilimento era presente una doppia osmosi per trattare il siero: il permeato risultante dal trattamento ad osmosi veniva ripassato nella vecchia osmosi per ottenere

dell’acqua che poi era utilizzata in alcuni processi non direttamente a contatto con il prodotto, come i lavaggi. Utilizzando un impianto ad osmosi inversa l’azienda ha ridotto da una media di 1,4 litri per chilo di prodotto a 1,1 litri di acqua utilizzata nel processo per litro di latte lavorato, riducendo così del 20% l’utilizzo dell’acqua.

STRUMENTI CERTIFICATIVI PER LA GESTIONE DELLA RISORSA IDRICA

Conducendo un’analisi di materialità, un elemento di criticità importante è tutto ciò che afferisce alla sostenibilità ambientale e agli impatti ambientali che si vengono a creare lungo la filiera lattiero-casearia. “Uno degli effetti più rilevanti del cambiamento climatico è legato alla disponibilità dell’acqua, per questo motivo è indispensabile attuare un uso intelligente della risorsa idrica”, ricorda Marco Omodei Salè, Innovation Manager di CSQA Certificazioni.

“È fondamentale determinare quali sono gli impatti ambientali, per fare ciò si utilizza la metodologia LCA - Life Cycle Assessment

“Per ogni produzione bisogna scegliere il luogo più idoneo, dove si può impattare meno ” Piercristiano Brazzale

che si basa sulla definizione del ciclo di vita del prodotto preso in esame”, spiega Emanuele Bonato di CSQA Certificazioni. Questo ciclo di vita viene suddiviso in fasi, da ciascuna di esse vengono estrapolati dei dati che sono inseriti in software dedicati a generare un profilo dell’impatto ambientale complessivo generato.

La domanda crescente e la scarsità di acqua in molte zone e/o il degrado della sua qualità conducono al bisogno di una migliore comprensione degli impatti legati all’acqua. Il calcolo della water footprint, basato sulla ISO 14046, può fornirci una maggiore consapevolezza sull’uso dell’acqua, risorsa limitata e preziosa. I dati da considerare per la raccolta e successiva analisi sono:

» quantità di acqua utilizzata;

» tipi di risorse idriche utilizzate (precipitazione, acqua superficiale, acqua marina, acqua di pozzo);

» dati che descrivono la qualità dell’acqua; » forme di utilizzo dell’acqua (evaporazione, traspirazione, integrazione nel prodotto etc.);

» i luoghi di utilizzo delle acque.

Quando si vuole comunicare uno studio di water footprint bisogna essere ben consci

che esistono delle differenze se lo studio è utilizzato all’interno dell’azienda o se la volontà è di comunicarlo verso un soggetto esterno, perché in quest’ultimo caso la norma richiede che lo studio sia verificato da un ente terzo. Verifica che inizia da una valutazione documentale durante la quale CSQA analizza lo study report realizzato

“Uso intelligente dell’acqua per mitigare gli impatti ambientali che si vengono a creare lungo la filiera” Marco Omodei Salè

dall’azienda, si procede con l’individuare i processi che generano il maggior impatto ambientale. Questi processi saranno quindi oggetto di una verifica sul campo e da remoto. Al termine del processo di audit sarà emesso un attestato, documento che al contrario del certificato non ha scadenza.

La comunicazione verso l’esterno e i consumatori di questi dati virtuosi, derivanti dall’applicazione di buone pratiche e di tecnologie innovative, deve essere fatta rispettando le direttive nazionali ed europee, un esempio è la recente Direttiva sui Green Claims. Per quanto riguarda la comunicazione di claim specifici sulle performance idriche, nel 2022 è stata approvata la norma ISO 14017 che definisce ed elenca i requisiti guida per le attività di verifica.

MIGLIORI PRATICHE PER EFFICIENTARE GLI USI IDRICI

“Il settore lattiero-caseario ha un elevato consumo idrico. L’acqua è, infatti, indispensabile per molti scopi funzionali alla produzione di latte e derivati”, ricorda Nicola Colonna, Ricercatore divisione BIOAGENEA. L’industria lattiero-casearia usa molta acqua nei suoi impianti, soprattutto per la pulizia e i lavaggi, passaggi fondamentali che richiedono anche il 50% dell’acqua complessivamente utilizzata all’interno dello stabilimento. Tuttavia

quando vogliamo definire la quantità di acqua utilizzata per grammo di prodotto dobbiamo tenere conto di tutta la filiera e non solo della parte di trasformazione. L’acqua deve sicuramente essere sostenibile, però abbiamo diversi attori in questa filiera: quello industriale che cerca delle soluzioni valide ma economicamente sostenibili e quindi vuole perseguire la migliore gestione della risorsa idrica perseguendo allo stesso tempo la sicurezza, l’efficienza e la competitività; i produttori primari ai quali è prioritario assicurare l’acqua e infine i consumatori che sono i destinatari della comunicazione sulle certificazioni e sull’impegno profuso dalla filiera.

Alcuni studi eseguiti in determinati contesti geografici e produttivi stimano un consumo di 4 litri di acqua per litro di latte nella fase di lavorazione, ma modificando la realtà di studio ci possono essere differenze notevoli: il valore 4 di litri di acqua per unità di prodotto finale può anche aumentare fino a 6 litri. Per esempio, in una piccola impresa che lavora 15.000 litri di latte al giorno diventa una quantità incredibile di acqua funzionale alla produzione sia nelle parti di lavorazione sia nelle parti di lavaggio degli impianti e di altri elementi accessori, ma anche per il raffreddamento e raffrescamento. Il consumo di acqua varia in virtù di tanti elementi; il prodotto, per esempio, perché tra formaggi differenti si registrano consumi idrici non omogenei e

“ LCA come strumento di supporto alla sostenibilità” Emanuele Bonato
“Ogni goccia d’acqua conta” Nicola Colonna

questo dipende anche dalla zona di produzione. Nel consumo idrico di una determinata realtà produttiva influiscono anche l’organizzazione dello stabilimento, la vetustà dei macchinari e i comportamenti individuali.

In questo settore la quantità d’acqua impiegata non può essere scissa dalla sua qualità, ma allo stesso tempo potrebbe essere diversa a seconda degli usi così da consentirne il riciclo. Per conservare e salvaguardare la risorsa idrica esistono molte opzioni, tra cui raccogliere e conservare l’acqua piovana nel settore primario, per esempio, attraverso i tetti delle stalle e usarla successivamente per lavaggi semplici o trattarla fino alla potabilità. Un’ulteriore soluzione è il recupero delle acque di lavaggio della sala di mungitura, stoccarle e riutilizzarle per la pulizia di altre aree dell’azienda come i pavimenti.

Appuntamento alla IV edizione di LattePiù, 13-15 maggio 2025

RIVEDI TUTTE LE SESSIONI

Espressione della carica batterica totale nel latte crudo

La carica batterica totale è un indicatore chiave della qualità microbiologica del latte crudo e può essere espressa in modo diverso a seconda dello scopo

Stefania Milanello Esperta in tecnologie alimentari e divulgatrice scientifica

Comprendere la conta batterica totale nel latte crudo è fondamentale per valutarne la qualità microbiologica.

La Scheda informativa dell’IDF n° 36/2024

“Expression of total bacteria count in raw milk”, preparata sotto la guida del Comitato permanente dell’IDF per le statistiche e l’automazione, spiega i processi di misurazione e le diverse espressioni dei risultati.

PERCHÉ MISURARE LA CONTA BATTERICA TOTALE NEL LATTE CRUDO?

La conta batterica totale è un indicatore chiave della qualità microbiologica del latte crudo. In generale, le misurazioni hanno un duplice scopo:

- Promuovere pratiche igieniche nella gestione delle mandrie da latte, nella mungitura e nella conservazione del latte. Ciò garantisce l’idoneità del latte crudo alla lavorazione e la qualità dei prodotti finali. I risultati dei test possono essere accompagnati da incentivi per mantenere elevati standard igienici o per stimolare le azioni desiderate come parte di accordi privati tra agricoltori e trasformatori.

- Verificare il rispetto dei limiti legali per il contenuto totale di batteri secondo le normative, ad esempio il Regolamento UE n. 853/2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, o l’Ordinanza sul latte pastorizzato negli Stati Uniti. Risultati non conformi possono portare al rifiuto del latte. Di conseguenza, i dati sono soggetti a controllo legale.

È importante evidenziare che il latte contaminato può avere un impatto sulle proprietà organolettiche dei prodotti finiti (Murphy et al.,

2016). Il latte, quando contaminato da microrganismi, provoca trasformazioni dannose per la qualità dei prodotti finiti attraverso la degradazione dei suoi costituenti (proteine, lipidi, lattosio) e/o il rilascio al loro interno di composti indesiderati. Queste degradazioni provocano difetti nel gusto, nell’odore, nell’aspetto e nella consistenza.

COME VIENE MISURATA LA

CONTA BATTERICA TOTALE

NEL LATTE CRUDO?

In molti paesi, la determinazione di routine della conta batterica totale nel latte crudo si basa sull’applicazione di analizzatori citometrici a flusso automatizzati. Con la citometria a flusso, i singoli batteri vengono colorati con un colorante fluorescente e rilevati come impulsi luminosi, indipendentemente dalla loro capacità di crescere. Punti di forza sono la precisione del metodo e la disponibilità diretta del conteggio. I risultati ottenuti con questi strumenti sono espressi come conta batterica individuale per millilitro (IBC/mL), che è quindi un’unità correlata al metodo.

Tuttavia, molti modelli di sedimentazione e limiti legali sono indicati in unità del metodo di conta su piastra standard (SPC), ovvero unità formanti colonie per millilitro (CFU/mL). Il me-

todo SPC classico si basa sulla crescita di singole unità (batteri o gruppi di batteri) in colonie batteriche visibili agli occhi dopo un periodo di incubazione di tre giorni. Per la conta batterica totale, si presuppone che ciascuna colonia derivi da un batterio presente nel campione di latte. Le CFU conteggiate includono solo microrganismi in grado di moltiplicarsi e formare colonie visibili agli occhi con la combinazione specifica di terreno di crescita, temperatura e tempo.

Entrambi i metodi, IBC/mL e CFU/mL, forniscono una proiezione della popolazione batterica nel campione. Tuttavia, poiché questi metodi si basano su principi diversi e si riferiscono a proprietà diverse delle cellule microbiche (Figura 1), i risultati non saranno equivalenti.

ESPRESSIONE DEI RISULTATI, CONVERTIRE O NON CONVERTIRE?

Quando si utilizzano metodi citometrici a flusso, la classificazione del latte può essere eseguita esclusivamente in base ai valori in IBC/ mL. Nel caso in cui sia necessario verificare il rispetto dei limiti (normativi) in CFU/mL, i risultati in IBC/mL devono essere convertiti in valori equivalenti in CFU/mL. La conversione consente il confronto dei risultati quantitativi

FIGURA 1. I PRINCIPI DI MISURAZIONE DELLA CONTA SU PIASTRA STANDARD (SPC) E DELLA CITOMETRIA A FLUSSO (FC) DETERMINANO CONTE BATTERICHE DIVERGENTI NELLO STESSO CAMPIONE DI LATTE. IL METODO PLATE COUNT REGISTRA SOLO I MICRORGANISMI, CHE FORMANO COLONIE VISIBILI, MENTRE LA CITOMETRIA A FLUSSO RILEVA IL DNA/RNA DELLE SINGOLE CELLULE BATTERICHE (INTERNATIONAL DAIRY FEDERATION, 2021)

ottenuti con metodi alternativi, come gli analizzatori citometrici a flusso, con valori o limiti indicati in CFU/mL. Una guida sullo sviluppo e il mantenimento di un’equazione di conversione adeguata è descritta nella norma ISO 21187|IDF 196 (International Dairy Federation & International Organization for Standardization, 2021). La norma fornisce le linee guida per stabilire un rapporto di conversione tra i risultati di un metodo alternativo e un metodo di ancoraggio, e la sua verifica per la determinazione quantitativa della qualità microbiologica del latte. La relazione di conversione può essere utilizzata per convertire i risultati di un metodo alternativo alla base di ancoraggio oppure per convertire i risultati/limiti, espressi su base di ancoraggio, in risultati in unità di un metodo alternativo.

Le equazioni di conversione nei diversi paesi possono differire a causa dei sistemi locali di produzione del latte, che possono avere un impatto sulla popolazione batterica e di conseguenza sulla relazione tra la loro colorabilità con metodi citometrici a flusso e la loro capacità di crescita con il metodo SPC. Inoltre, la variazione nell’esecuzione sia del metodo SPC che del metodo alternativo può esercitare un effetto sul risultato (Cassoli et al., 2016). Lo sviluppo e il mantenimento delle equazioni di conversione sono condotti dagli stessi laboratori o da organismi nazionali competenti e richiedono notevoli risorse analitiche e statistiche.

L’SPC registra solo i microrganismi in grado di crescere e formare colonie visibili. Il risultato è espresso in CFU/mL. Mentre FC rileva i segnali luminosi provenienti da cellule batteriche colorate individualmente. Il risultato è espresso in IBC/mL.

ESEMPI DI ESPRESSIONE

DELLA CONTA BATTERICA

TOTALE IN TUTTO IL MONDO

La conta batterica totale è espressa in IBC/ mL o in CFU/mL, tuttavia è anche possibile una combinazione in cui, sulla base di una

singola misurazione, IBC/mL viene applicata per la classificazione e il pagamento del latte e CFU/mL viene applicata a fini normativi.

Alcuni paesi con molti laboratori, come Stati Uniti, Germania, Italia e Brasile, hanno sviluppato un’equazione di conversione nazionale per garantire che il latte misurato in diversi laboratori venga classificato e valutato in modo uniforme rispetto ai limiti normativi (Bolzoni et al., 2015). Altri Paesi, invece, applicano equazioni di conversione diverse a seconda della regione, rispettando così le differenze nei sistemi di produzione. Ad esempio, paesi come Regno Unito, Norvegia, Islanda e Canada utilizzano IBC/mL per la classificazione del latte e per scopi legali sin dall’introduzione degli analizzatori citometrici a flusso. Per dettagli su vantaggi e svantaggi delle possibili opzioni, l’IDF suggerisce di fare riferimento al Bollettino dell’IDF n° 511/2021 (International Dairy Federation, 2021) “Guida all’applicazione delle equazioni di conversione per la determinazione della qualità microbiologica del latte crudo”, che descrive le esperienze maturate in quasi 40 anni e illustra le situazioni in cui la conversione delle unità TBC è rilevante e in cui potrebbero essere utilizzate le unità di metodi alternativi. Fornisce un confronto di tre possibili approcci alla conversione per aiutare gli utenti a scegliere l’approccio migliore. Le informazioni fornite hanno lo scopo di aiutare il settore lattierocaseario a prendere una decisione ottimale per ciascun laboratorio/regione/paese o altro scopo specifico.

Or

13-14-15 MAGGIO 2025

Scopri il futuro dell’industria lattiero-casearia!

Unisciti a noi di LattePiù, per esplorare i temi cruciali che plasmano il futuro della produzione lattiero-casearia

www.lattepiu.it

da info@lattepiu.it

Nuove tecnologie in aiuto del CIP

La modificazione della superficie con plasma freddo, l’utilizzo di sensori a fluorescenza in fibra ottica, di un sensore bayesiano in combinazione con gli ultrasuoni, di formulazioni a base di ozono e il recupero di agenti detergenti dalle acque reflue sono alcune soluzioni per migliorare il sistema di pulizia CIP

Il clean-in-place (CIP) è un metodo ampiamente utilizzato nell’igiene dei prodotti lattiero-caseari. L’efficacia di questo metodo di sanificazione è influenzato da diverse condizioni, come le proprietà fisico-chimiche dello sporco (pH, umidità, composizione chimica), proprietà delle superfici (idrofobicità e rugosità), profilo di temperatura tra il fluido e la superficie dell’apparecchiatura, sostanze chimiche e la loro concentrazione e condizioni idrodinamiche, tra cui la velocità del flusso, lo sforzo di taglio medio e la sua oscillazione, la geometria delle apparecchiature e la presenza di zone di ristagno dei fluidi. Allo studio ci sono diverse tecnologie per migliorare le operazioni di CIP, come la riduzione del consumo di energia, di prodotti chimici e di acqua di risciacquo, i tempi di fermo della produzione e la generazione di effluenti. Un aiuto arriva anche dalle tecniche di fluidodinamica computazionale (CFD), utili per studiare gli effetti della geometria del sistema di tubazioni sulla fluidodinamica. Diventa così possibile prevedere il comportamento dei fluidi all’interno delle tubazioni e

delle regioni a rischio con condizioni idrodinamiche sfavorevoli per la sanificazione, considerando lo sforzo di taglio e la variabilità del flusso. Inoltre, l’uso della simulazione CFD fornisce modelli matematici utilizzati per prevedere numericamente il comportamento del processo e migliorarlo.

MODIFICAZIONE DELLA

SUPERFICIE CON PLASMA FREDDO

Un approccio promettente per ridurre l’adesione microbica è la modificazione delle proprietà delle superfici, comunemente utilizzate nelle industrie alimentari, con plasma freddo. Così facendo è possibile non solo ridurre al minimo l’utilizzo di agenti chimici, come il cloro, nella fase di sanificazione, ma anche inibire la formazione di biofilm patogeni, riducendo il rischio di contaminazione degli alimenti, soprattutto in tratti di tubazione che presentano zone di ristagno e ricircolo del fluido. L’articolo “Clean in place (CIP) process: Effects of geometry, microorganism, fluid dynamic and cold plasma”, pubblicato su Journal of Food Engineering (Volume 377, settembre 2024), ha dimostrato che la modificazione della superficie con plasma freddo ha ridotto la popolazione microbica iniziale, suggerendo che questa strategia potrebbe essere utile nel controllo dell’adesione e

L’uso della simulazione CFD (tecniche di fluidodinamica computazionale) fornisce

per la qualità microbiologica della superficie. In particolare, questo studio ha esaminato il comportamento di adesione di Listeria innocua e Pseudomonas fluorescens su varie geometrie di una tubazione in acciaio inossidabile impiegata nella lavorazione del latte. È stata valutata l’efficacia del protocollo di sanificazione CIP in distinte configurazioni frequentemente riscontrate nell’industria alimentare. Inoltre, è stata esaminata la dinamica dei fluidi all’interno di ciascuna geometria, attraverso la rappresentazione 3D, utilizzando tecniche di fluidodinamica computazionale, valutando esplicitamente i modelli di turbolenza. La fluidodinamica computazionale ha identificato le regioni difficili da pulire e i punti più problematici nella disposizione del sistema di tubi.

SENSORI A FLUORESCENZA IN FIBRA OTTICA PER LA RILEVAZIONE DI INCROSTAZIONI

L’interesse economico nell’ottimizzazione dei processi CIP e in particolare nella riduzione della durata della pulizia per aumentare la produzione è enorme. Senza contare il risparmio di risorse come acqua, energia e detergenti. Poiché i processi CIP richiedono circa il 25% della quantità totale di acqua utilizzata nella lavorazione del latte, il potenziale di risparmio idrico è considerevole. Finora, la maggior parte dei processi CIP presuppone uno scenario di incrostazione nel caso peggiore e utilizza schemi di pulizia basati sull’esperienza, perché è difficile conoscere le effettive condizioni di incrostazione delle apparecchiature durante il processo. Pertanto, la determinazione in linea dell’assenza di depositi di incrostazione, chiamata anche stato pulito, può evitare un uso eccessivo di risorse e tem -

po e rende il processo adattivo alla situazione reale. A tale scopo è stato pensato un nuovo sensore a fluorescenza in fibra ottica in grado di rilevare le incrostazioni nei sistemi CIP e che può essere installato in impianti già esistenti, come spiega l’articolo “A fiber-optical fluorescence sensor for in-line determination of cleanliness during CIP processes”, pubblicato su Food and Bioproducts Processing nel gennaio 2023. I ricercatori hanno sviluppato un sensore a fibra ottica che fornisce una valutazione in tempo reale della pulizia all’interno dei recipienti chiusi. Irradia i depositi di incrostazione con luce viola e registra l’emissione di fluorescenza. La punta del sensore può essere integrata in qualsiasi tubazione senza

perturbare il sistema fluidico. Durante la produzione si accumulano depositi di sporco sia sulla parte superiore del sensore che sulle superfici circostanti. È stata convalidata la tecnica in una serie di esperimenti, utilizzando depositi modello come proteine del siero di latte concentrate, yogurt, cagliata, senape, succo di mela e soda. I test sono stati eseguiti in un sistema di pulizia industriale su piccola scala, in cui la determinazione della condizione di incrostazione dell’apparecchiatura da parte del sensore è stata convalidata mediante ispezione visiva. Il sensore è stato in grado di rilevare la presenza/assenza di tutti i depositi del modello durante il processo di pulizia, fornendo misurazioni di fluorescenza in

situ online. A differenza, ad esempio, delle misurazioni del flusso di calore, si tratta di una misura diretta del deposito di incrostazioni. Poiché la maggior parte dei materiali organici sono fluorescenti a causa di grassi, proteine e vitamine, questo metodo di rilevamento è applicabile a una vasta gamma di prodotti alimentari. La testa del sensore in sé è invasiva, ma tecnicamente può essere installata in sistemi di tubazioni e serbatoi esistenti senza alcuna perturbazione della fluidica. A seguito dei risultati ottenuti, i ricercatori pensano che il sensore a fluorescenza in fibra ottica sia una soluzione promettente per monitorare il successo dei processi CIP nella produzione alimentare.

UN SENSORE BAYESIANO

E A ULTRASUONI PER L’OTTIMIZZAZIONE DEI PROCESSI CIP

Una delle strade per minimizzare i costi, l’impronta di carbonio, l’utilizzo di energia, acqua e sostanze chimiche nei processi CIP è quella di cercare di ridurre al minimo il numero di combinazioni di parametri di pulizia durante la sperimentazione per la messa a punto, riducendo così l’interruzione del processo di produzione durante la procedura di ottimizzazione. Alcuni ricercatori hanno pensato di utilizzare a tale scopo il sensore bayesiano, in combinazione con gli ultrasuoni, utilizzati per monitorare il processo di pulizia e consentire l’ottimizzazione in tempo reale dei parametri per adattarsi alle variazioni delle condizioni di incrostazione.

L’ottimizzazione bayesiana è un metodo di ottimizzazione comune per funzioni costose da valutare. Nell’articolo “Bayesian and ultrasonic sensor aided multiobjective optimisation for sustainable clean-in-place processes” (Food and Bioproducts Processing, Volume 141, settembre 2023), l’ottimizzazione bayesiana viene utilizzata per ridurre al minimo il numero di combinazioni di parametri di pulizia da provare e, di conseguenza, le interruzioni del processo di produzione. Le misurazioni dei sensori a ultrasuoni sono state utilizzate per monitorare le incrostazioni in tempo reale e consentire l’ottimizzazione adattiva dei parametri di pulizia in base alle variazioni dei casi di incrostazione. I sensori ecografici possono essere applicati in modo non invasivo consentendo loro di essere adattati esternamente alle apparecchiature di processo esistenti. Un modello surrogato della rete neurale è stato addestrato utilizzando i dati sperimentali di un processo CIP per condurre entrambe

le attività di ottimizzazione. Il modello ha mappato gli input (parametri di pulizia e misurazioni dei sensori ecografici) sugli output (se la pulizia ha avuto successo) del processo CIP sperimentale. Questo ha consentito di sperimentare diverse combinazioni di parametri di processo durante le attività di ottimizzazione al posto di un allestimento sperimentale e di simulare la traiettoria delle caratteristiche degli ultrasuoni durante il processo di pulizia. Il modello surrogato ha fornito dati etichettati per la procedura di ottimizzazione bayesiana, indicando se la piastra sarebbe stata pulita in base alle combinazioni dei parametri di pulizia immesse.

RECUPERO DI AGENTI

DETERGENTI DALLE ACQUE

REFLUE CIP

Le crescenti preoccupazioni sulle fonti di acqua dolce richiedono la gestione delle acque reflue, come quelle generate dalle operazioni Clean-in-Place. Nell’articolo “Recovery of cleaning agents from CleanIn-Place (CIP) wastewater using nanofiltration (NF) and direct contact membrane distillation (DCMD)”, pubblicato su Food Research International (Volume 167, maggio 2023), è stato proposto un sistema a membrana composto da nanofiltrazione (NF) e distillazione a membrana a contatto diretto (DCMD) per gestire le acque reflue CIP di caseifici che contenevano NaOH come agente detergente alcalino. La concentrazione proteica è diminuita del 92,4% e il contenuto di lattosio è stato ridotto a un livello non rilevabile rispetto al modello di acque reflue CIP. L’efficacia dell’agente detergente (NaOH) recuperato mediante nanofiltrazione e distillazione a membrana a contatto diretto è stata confrontata con una soluzione detergente fresca e si è riscontrato che il

tasso di pulizia era statisticamente identico. Questa ricerca evidenzia il potenziale della nanofiltrazione e della distillazione a membrana a contatto diretto nel rigenerare i detergenti alcalini, recuperando al tempo stesso l’acqua dalle acque reflue CIP dei caseifici.

UTILIZZO DI FORMULAZIONI A BASE DI OZONO

L’ozono sta diventando uno strumento per la sanificazione e l’ottimizzazione dei sistemi CIP delle industrie alimentari. Si tratta di un potente disinfettante che rimuove agenti patogeni e biofilm dai tubi, riducendo il consumo di prodotti chimici, acqua calda, i tempi e il numero dei risciacqui, la quantità e il livello di contaminazione degli scarichi. Lo studio “Insights into the optimisation of the Clean-In-Place technique: Cleaning, disinfection, and reduced environmental impact using ozone-based formulations”, pubblicato su Food and Bioproducts Processing a settembre 2021, ha analizzato l’uso di formulazioni alcaline ozonizzate per rimuovere l’amido che aderisce alle superfici in acciaio inossidabile, migliorando la disinfezione dei biofilm maturi con Listeria e Pseudomonas e riducendo l’impatto ambientale delle acque reflue. Sono stati analizzati tre parametri chiave di pulizia in un sistema CIP simulato in laboratorio: temperatura (2060°C), tempo (20-120 minuti) e formulazioni detergenti contenenti ozono e tensioattivo (alchilbenzensolfonato lineare, alchilpoliglucoside, alcool grasso etossilato, lauramina ossido). Si è visto che protocolli CIP che utilizzano l’ozono hanno migliorato la rimozione dell’amido e la disinfezione delle superfici in acciaio inossidabile, nonché l’impatto ambientale della pulizia delle acque reflue, in un unico passaggio, risparmiando sui costi operativi rispetto alle tecniche CIP convenzionali.

Lyras lancia l’unità per il trattamento

ultravioletto di liquidi più grande del mondo

Lyras ha lanciato una nuova macchina di Raslyzazione, la più grande al mondo per il trattamento UV di alimenti liquidi. Questa nuova unità, chiamata Raslysation Castor, può produrre 380.000 l/h, dieci volte di più rispetto alla più venduta della società, la Raslysation Sirius. La raslyzazione inattiva in modo efficace i batteri e altri microorganismi nei liquidi, quali, per esempio, il siero o il succo, risparmiando al contempo tra il 60% e l’80% di acqua e tra il 60% e il 90% dell’energia che richiedono gli apparecchi di pastorizzazione tradizionali. Il sapore e la struttura del prodotto si conservano, dal momento che si evita il riscaldamento. Con la raslyzazione, un caseificio dotato di una sola macchina Lyras può ridurre il proprio consumo energetico, diminuendo inoltre le emissioni annuali di CO2 di circa 850 tonnellate. Oltre a risparmiare acqua ed energia, la raslyzazione offre un maggior rendimento del prodotto e garantisce un controllo microbico totale con costi operativi inferiori. Le preziose proteine della materia prima si conservano nella loro forma originale, in quanto si evita il riscaldamento. La tecnologia assicura un’elevata qualità alimentare in liquidi opachi, come i latticini, grazie alla luce ultravioletta e a un sistema idraulico unico che inattiva i microorganismi in modo efficace. Quando si utilizza la tecnologia per sostituire la filtrazione in profondità, si garantisce un maggior rendimento e un maggior grado di automazione del processo di produzione. Il liquido passa attraverso una sorgente di luce UV, combinata con un filtro di luce in un movimento controllato, in modo da illuminare tutte le parti del prodotto. In questo modo vengono inattivati tutti i microorganismi non voluti, conservando la maggior parte del sapore originale, così come le vitamine e le proteine.

LYRAS www.lyras.com

Nuovo impianto fotovoltaico che soddisfa il 30% del fabbisogno energetico

Con l’attivazione dell’impianto fotovoltaico presso il Caseificio di proprietà Colline di Selvapiana e Canossa sull’Appennino Reggiano, DalterFood Group compie un ulteriore passo concreto nell’essere sempre più sostenibile. L’impianto, della potenza nominale da 100KW/ora, consente la produzione autonoma del 30% del fabbisogno di energia elettrica.

Un processo che ha permesso di individuare azioni di miglioramento, in termini di efficienza energetica e di costi, tali da ridurre ulteriormente l’impatto ambientale.

Oltre a questi investimenti, altri importanti progressi sono stati fatti da DalterFood Group, sempre in ottica di sostenibilità, sul fronte della gestione dei rifiuti, come ad esempio, quelli generati da imballaggi in plastica, oggi ridotti del 31% rispetto ai livelli del 2021. Sempre su questo tema, complesso e non privo di problematiche legate alla varietà dei materiali da smaltire, prosegue l’impegno nel limitarne la quantità e nello sviluppare trattamenti sempre più efficaci. In particolare, ad oggi, sono attivi tre sistemi di raccolta differenziata. Questi sistemi consentono di separare i rifiuti, sia nelle aree di produzione che negli uffici, con un conseguente aumento della quota da recuperare e riutilizzare.

DALTERFOOD GROUP www.dalterfood.com

Serbatoio di raffreddamento del latte conforme al nuovo Regolamento Europeo FGas

Il nuovo Regolamento Europeo FGas prevede che, a partire da gennaio 2025, tutte le nuove apparecchiature autonome di refrigerazione installate, chiller esclusi, utilizzino gas refrigeranti con GWP (Global Warming Potential) inferiore a 150. Gli impianti preesistenti potranno essere utilizzati e riparati per la durata della loro vita economica. Tuttavia, a partire dal 2032, i sistemi di raffreddamento che utilizzano refrigeranti con un valore di GWP superiore a 750, chiller esclusi, non potranno più essere riempiti durante gli interventi di manutenzione e assistenza. A partire dal 2027 verranno introdotte ulteriori restrizioni sulla quota d’immissione di refrigeranti sintetici sul mercato europeo, limitandola a 20 milioni di tonnellate circa di CO2 all’anno.

La gamma di tank refrigeranti DFC 953 è disponibile per la mungitura robotizzata con 1-8 robot, con una capacità variabile tra i 3.200 e i 30.000 litri. Il compressore della gamma di serbatoi di raffreddamento del latte DFC 953 opera con controllo di frequenza, mantenendo l’esatta velocità di cui il processo necessita. Sia un piccolo lotto da 20 litri di latte che uno da 200 litri, verranno refrigerati alla giusta temperatura, così da impedire la formazione di ghiaccio nel serbatoio.

I serbatoi della gamma DFC 953 sono compatibili con ogni ogni robot di mungitura e sono disponibili diversi kit di adattatori.

Il sistema di controllo offre molteplici opzioni per un’adeguata agitazione e per il monitoraggio della temperatura, così come avanzate funzioni di allarme. Un pulsante per il consumo interno permette agli utenti di prelevare il latte per le proprie necessità. Un ugello a spruzzo garantisce un’accurata pulizia all’interno del tank, eliminando eventuali depositi di calcio e impedendo la proliferazione batterica.

Factsheet sui clostridi butirrici

Il gonfiore tardivo è un problema significativo nella produzione di formaggi a pasta dura o semidura, perché contribuisce allo spreco alimentare, diminuisce l’efficienza e genera gravi perdite economiche all’industria casearia. La causa sono i clostridi butirrici; FIL-IDF ha confrontato i metodi di rilevazione (https:// tinyurl.com/mf9kc8pa) e quantificazione di questi batteri e il sistema AMP-6000 di SY-LAB, distribuita in esclusiva in Italia da Generon SpA, risulta di gran lunga più affidabile rispetto a quelli finora utilizzati. L’analisi è miniaturizzata, automatizzabile e richiede solo due giorni contro i tradizionali sette.

GENERON SPA www.generon.it

Pecorino di Filiano DOP

Formaggio ottenuto da latte ovino, il Pecorino di Filiano DOP viene trasformato nella quasi totalità dei casi da piccoli caseifici artigianali che portano avanti una tradizione secolare

Pecorino di Filiano DOP, forma Luigi Guffanti 1876 - Arona (NO)

Esperta in tecnologie alimentari e divulgatrice scientifica

Il Pecorino di Filiano DOP è un formaggio a pasta dura, ottenuto con latte ovino in provincia di Potenza, nell’area nord-occidentale della Basilicata, nella fascia appenninica che dal Monte Vulture arriva al Monte Li Foy fino ad arretrare alla Montagna Grande di Muro Lucano. Si tratta di un territorio, caratterizzato da terreni vulcanici e da pascoli naturali ricchi di essenze spontanee aromatiche. Ha ottenuto il riconoscimento comunitario della DOP nel dicembre 2007.

Il Pecorino di Filiano DOP è ottenuto con latte intero di pecore di razza Gentile di Puglia e di Lucania, Leccese, Comisana, Sarda e loro incroci, la cui alimentazione è costituita principalmente dal pascolo, da foraggi freschi e da fieni, con eventuale integrazione con granella di cereali e leguminose prodotti nell’areale DOP. Nell’alimentazione è vietato l’utilizzo di prodotti derivati di origine animale, di insilati e di piante o parti di piante (semi) di trigonella, tapioca, e manioca. È vietato anche utilizzare alimenti di origine animale o vegetale di qualsiasi tipo geneticamente modificati.

Il Pecorino di Filiano DOP, per quanto prodotto tutto l’anno, ha il suo apice produttivo nel periodo primaverile e nella prima parte dell’estate, per ragioni legate sia alla tradizione che agli aspetti produttivi: i parti delle pecore sono programmati per lo più nei mesi di dicembre e gennaio, sia per vendere gli agnelli nel periodo della Pasqua sia per consentire alle pecore di alimentarsi nei pascoli primaverili delle montagne del comprensorio del Pecorino di Filiano (Monte Vulture, Monte Santa Croce, Monte Li Foy etc.). In tal modo si

consente al bestiame di produrre la maggior quantità di latte proprio nel periodo di massima disponibilità di essenze foraggere derivanti dal pascolo naturale. Quasi l’80% degli allevatori ha meno di 50 capi. La manodopera è prettamente familiare e il latte viene trasformato nella quasi totalità dei casi in piccoli caseifici artigianali. La resa del latte in Pecorino di Filiano DOP varia dal 15 al 18% a seconda dei periodi dell’anno.

STORIA

L’origine del Pecorino di Filiano è antica e documentata in testi del 1600. La parola “Filiano” deriverebbe dall’abbondanza di lana filata dalle donne, a testimonianza della presenza di tanti allevamenti di pecore. Come raccontato nel Disciplinare di produzione, con la conquista romana si hanno esempi dell’importanza dell’allevamento ovino con la delimitazione di alcuni assi della viabilità pastorale: la via Appia passava nell’areale delimitato per questo formaggio e costituiva parte dei vecchi tratturi regi utilizzati dai pastori

durante la transumanza. Durante l’età Sveva e Angioina, la Valle di Vitalba assume un importante ruolo produttivo per il Regno di Napoli e i prodotti caseari vengono spesso commercializzati nella capitale. I Doria, feudatari della zona del Vulture, organizzano le strutture produttive stabilendo masserie specializzate per gli ovini nel comune di Melfi. Oltre all’allevamento si svilupparono stabilimenti per la trasformazione del latte e della lana. Nei mesi primaverili e estivi venivano, e ancora oggi lo sono, prodotti i formaggi, in particolare il Pecorino di Filiano, con latte che beneficia di pascoli con moltissime essenze pascolive e acque ricche di sali minerali grazie alle falde vulcaniche del Monte Vulture. La caseificazione del latte avveniva in grotte naturali o locali interrati artificiali, che si possono vedere tutt’ora in molte aree della zona di produzione. La stessa stagionatura avviene, come nel passato, in grotte naturali in tufo.

In “Statistica del Regno di Napoli”, nella parte che riguarda la sussistenza della popolazione del circondario di Avigliano,

PECORINO DI FILIANO DOP TAGLIATO, LUIGI GUFFANTI 1876 - ARONA (NO)

di cui Filiano era frazione fino al 1952, viene riportato che il cacio era quotato a cent. 88. Nella sezione relativa alla pastorizia si evidenzia che “si fa uso de’ merinos per rinnovare la qualità buona d’origine. Sono d’indole mansuete, e di mediocre taglia. Per i prodotti della pastorizia il cacio di pecore e capre conta 400 forme, de’ quali 140 consumansi nel paese [...]”.

PROCESSO PRODUTTIVO

Il processo produttivo del Pecorino di Filiano DOP non tradisce la tradizione.

- Lavorazione del latte: il latte deve provenire da una o due mungiture, in genere quella serale e quella del mattino successivo. La lavorazione del latte deve essere eseguita entro 24 ore dalla prima mungitura. È consentita la sua refrigerazione. Il latte crudo, opportunamente filtrato con appositi setacci e/o filtri in tela (da lavare dopo ogni filtraggio con acqua calda e prodotti consentiti per assicurare una adeguata igiene del latte) quando munto a mano, è riscaldato tradizionalmente in caldaie, fino alla temperatura massima di 40°C, col fuoco a legna o mediante altre forme di energia.

- Formazione della cagliata: alla temperatura di 36-40°C viene aggiunto

caglio di capretto o agnello in pasta, prodotto artigianalmente da animali allevati nell’area DOP, secondo una modalità di preparazione stabilita dal disciplinare. I capretti o gli agnelli vanno allevati in recinti dove non vengono a contatto con alimenti e ricevono solo il latte materno. A 25-40 giorni di età si procede alla mattazione prelevando i caglioli che vanno gonfiati e messi ad asciugare all’aria con eventuale aggiunta di latte intero crudo di capra o pecora. I caglioli asciutti vanno riposti stratificati con sale da cucina in cassette che ne permettono lo sgrondo per circa 15 giorni. Dopo la sosta sotto sale, vanno asciugati per circa 60 giorni, raccolti, puliti togliendo le parti di grasso e impurità, tagliati a strisce sottili e macinati. Alla pasta ottenuta, ben mescolata, vengono aggiunti 150 grammi di sale fino per chilogrammo di pasta. Il tutto si reimpasta e si conserva in barattoli di vetro ben chiusi, in luogo fresco e al riparo dalla luce.

- Rottura, estrazione della cagliata e messa in forma: una volta formata, la cagliata deve essere rotta in modo energico, con l’ausilio di un mestolo di legno, detto “scuopolo” o “ruotolo” con una protuberanza all’apice, fino a ot -

CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO FINITO

tenere grumi delle dimensioni di un chicco di riso. Dopo pochi minuti di riposo sotto siero, la cagliata viene estratta e inserita in forma nelle caratteristiche “fuscelle” di giunco dette “fuscedd’” o in altro materiale idoneo per prodotti alimentari con la caratteristica sagomatura tipo giunco. La cagliata viene “frugata”, mediante pressatura con le mani, per favorire la fuoriuscita del siero. Le forme ottenute vengono immesse nella scotta a temperatura non superiore a 90°C fino a un massimo di 15 minuti.

- Salatura: viene effettuata sia a secco che in salamoia. Nel primo caso si protrae per diversi giorni, variabili secondo le dimensioni della forma, con aggiunta diretta di sale; nell’altro caso il formaggio permane immerso in salamoia satura per 10-12 ore per chilogrammo di forma.

- Maturazione: il formaggio va messo a maturare nelle caratteristiche grotte in tufo o in idonei locali per la stagionatura dei formaggi a una temperatura di 12-14°C e un’umidità relativa del 70-85% per almeno 180 giorni. A partire dal 20° giorno di maturazione la crosta dei pecorini può essere curata con olio extravergine di oliva prodotto in Basilicata e aceto di vino.

Il Pecorino di Filiano DOP può essere utilizzato come formaggio da tavola e da grattugia e deve avere le seguenti caratteristiche:

- la forma deve essere cilindrica a facce piane, con scalzo diritto o leggermente convesso;

- il diametro delle facce può variare da 15 a 30 cm e l’altezza dello scalzo da 8 a 18 cm;

- il peso deve essere compreso da 2,5 a 5 kg in relazione alle dimensioni della forma;

- il colore della crosta con i caratteristici segni della fuscella varia dal giallo dorato al bruno scuro nelle forme più stagionate e trattate superficialmente con olio extravergine di oliva prodotto in Basilicata e aceto di vino, tramite uno sfregamento superficiale effettuato a mano;

- la pasta ha una consistenza compatta con presenza di minute occhiature non regolarmente distribuite e un colore che varia dal bianco nei pecorini giovani al paglierino in quelli più stagionati;

- il sapore che inizialmente è dolce e delicato diviene leggermente piccante quando il formaggio ha raggiunto il periodo minimo di stagionatura, diventando più accentuato con il protrarsi della stessa;

- il grasso sulla sostanza secca non deve essere inferiore al 30%.

Consorzio Tutela Formaggio Asiago

ASIAGO DOP FRESCO E ASIAGO DOP STAGIONATO

CON CAGLIO VEGETALE

Da ottobre 2020 Asiago DOP può essere prodotto con caglio vegetale. La novità, introdotta dal recente disciplinare, inserisce il coagulante vegetale come alternativa al caglio bovino e si collega alla millenaria tradizione produttiva del formaggio nell’Altopiano di Asiago. Esistono evidenze, infatti, che, in questa zona, si utilizzava l’estratto del cardo selvatico (Cynara cardunculus o Cynara scolymus) come coagulante vegetale già durante l’età del bronzo. Una scelta importante, che lega tradizione e innovazione rispondendo alle nuove richieste di consumo.

L’Asiago DOP con caglio vegetale testimonia ancor di più lo stretto legame tra territorio d’origine e formaggio Asiago DOP, elemento distintivo della denominazione di origine protetta. Dal punto di visto organolettico questo formaggio restituisce un prodotto pienamente conforme alle caratteristiche della DOP con aroma fresco, leggero, equilibrato e delicatamente dolce, con note più decise e maggiormente aromatiche in relazione al periodo di maturazione e stagionatura. Fattori naturali, come l’ambiente geografico, il clima, la vegetazione uniti alle tecniche di produzione tramandate nel tempo consentono di realizzare un prodotto inimitabile. Pur seguendo lo stesso rigido disciplinare di produzione, Asiago DOP può così essere proposto secondo un’infinita varietà di sapori e profumi che esprimono la personalità del produttore, le caratteristiche del latte, la stagione di produzione. Una ricchezza che esalta l’essenza di questo formaggio, frutto di un rigoroso processo produttivo e di un’altissima ricerca qualitativa.

ANALISI SENSORIALE

ASIAGO STAGIONATO

Solitamente usato per descrivere un mezzano o un vecchio

Consistenza: compatto, morbido.

Olfatto: lattico cotto, burro fuso, lattico acido, pasta di pane/pizza, mandorla e nocciole secche, vaniglia, caramello, tostato leggero, animale, noce moscata.

Gusto: saporito, deciso, dolce, intenso, equilibrato.

Aroma: lattico cotto, lattico acido, burro, burro fuso, frutta secca, note vegetali, speziato, fungo, sottobosco.

Struttura: elastica, compatta.

Occhiatura: di piccola e media dimensione.

ASIAGO STAGIONATO

(all’aumentare della stagionatura)

Consistenza: dura, friabile, granulosa.

Olfatto: lattico cotto, burro fuso, lattico acido, brodo di carne, vegetale cotto, fungo.

Gusto: saporito, deciso, intenso, equilibrato.

Aroma: leggermente pungente, lattico cotto, lattico acido, burro, burro fuso, frutta secca, note vegetali, vegetale agliaceo, lievito, pera, noce moscata, speziato, fungo, sottobosco, cuoio leggero.

Struttura: granulosa, consistente, friabile.

Occhiatura: di piccola e media dimensione.

ASIAGO FRESCO

Consistenza: morbido, elastico.

Olfatto: yogurt, burro, lattico cotto, burro fuso, lattico acido.

Gusto: delicato, gradevole, dolce, leggermente acidulo, equilibrio dei sapori, leggermente metallico.

Aroma: lattico cotto, lattico acido, burro, burro fuso, yogurt, siero, verdura lessa, castagna lessa, arachide, zucca, frutta drupacea.

Struttura: adesiva, solubile, elastica.

Occhiatura: marcata, irregolare.

Parmigiano Reggiano: qualità microbiologica e variabilità compositiva

Sono stati analizzati campioni di formaggio grattugiato e in scaglie

Flavio Tosi

Tecnologo caseario area Parmigiano Reggiano

Salchim Soc. Coop.

Iformaggi come gli altri prodotti alimentari non devono contenere al consumo microrganismi patogeni o loro tossine in quantità tali da rappresentare un rischio inaccettabile per la salute umana. Le analisi microbiologiche rappresentano un importante strumento per valutare il livello di sicurezza e di igiene degli alimenti, ma per la maggior parte delle preparazioni e dei prodotti alimentari manca

una indicazione condivisa e univoca tra autorità di controllo e OSA sui limiti microbiologici di accettabilità.

UNA NORMATIVA LACUNOSA

Il Regolamento (CE) 2073/2005, infatti, fissa solamente alcuni parametri minimi per giudicare atto al consumo un prodotto alimentare, mentre la scelta di ulteriori criteri viene demandata ai singoli Stati membri.

La normativa nazionale ha il compito di definire eventuali limiti aggiuntivi analizzando l’evoluzione della sicurezza alimentare e della microbiologia degli alimenti, nonché i risultati che emergono dalla valutazione dei rischi. Rispetto alla legislazione precedente (Direttiva CEE

92/46 e DPR 54/1997) sono differenziate le tolleranze di presenza dei vari microrganismi in relazione alla fase di vita del prodotto, alla destinazione – adulti o bambini – e in funzione della capacità dei diversi alimenti di supportarne la crescita. La norma identifica anche, a seconda della specie di microrganismi considerati, due diversi criteri per valutare il rischio alimentare: la “sicurezza” e “l’igiene del processo”. La Tabella 1 presenta i microrganismi individuati dal Regolamento (CE) 2073/2005 come indicatori di sicurezza alimentare e di igiene di processo.

CONTAMINAZIONE DEL PRODOTTO DURANTE LAVORAZIONI MECCANICHE

Numerose ricerche condotte negli anni passati hanno documentato che nei formaggi duri a pasta cotta e lunga stagionatura, pur se prodotti con latte crudo, si ha già nei primi giorni dalla fabbricazione un abbattimento dell’eventuale microflora patogena presente; la tecnologia di produzione (temperatura di cottura e di giacenza per circa un’ora di circa 54-55°C), l’aw del prodotto (<0.95) e il tempo di stagionatura (sempre maggiore di 60 gg) garantiscono l’assenza di microrganismi patogeni al momento della messa in commercio delle forme intere. Eventuali contaminazioni del prodotto sottoposto a ulteriori lavorazioni meccaniche sono, quindi, attribuibili a un carente rispetto delle condizioni igieniche durante le operazioni di grattugia e confezionamento. Le attenzioni prestate dagli operatori, l’applicazione di adeguate procedure di trasformazione e igienizzazione delle attrezzature, la toelettatura delle forme sono essenziali per garantire la qualità microbiologica del prodotto e conseguentemente la sua conservabilità (self life). L’aumento dei consumi interni e dell’export dei formaggi da grattugia avutosi nell’ultimo decennio è soprattutto ascrivibile all’introduzione di nuove tipologie di confezionamento – buste da 80-100

g di prodotto grattugiato o in scaglie – ma questo ha generato il problema di dimostrare il mantenimento delle stesse caratteristiche sanitarie del prodotto commercializzato in forme intere o in “punte” di vario formato.

RISULTATI CASE STUDY

Nel biennio 2023-2024 nel laboratorio di Salchim Soc. Coop. sono stati analizzati 445 campioni di Parmigiano Reggiano grattugiato e in scaglie di diversi marchi commerciali e provenienti da differenti stabilimenti di grattugia.

La Tabella 2 mostra i risultati analitici aggregati delle analisi microbiologiche effettuate sui campioni di Parmigiano Reggiano grattugiato o in scaglie.

In tutti i campioni analizzati non è stata rilevata alcuna positività alla ricerca di Listeria monocytogenes e Salmonella spp. e la conta di Batteri Coliformi (indicatore), Stafilococchi coagulasi-positivi e Escherichia coli beta-glucuronidasi positiva ha evidenziato valori sempre inferiori a 10 ufc/g.

L’azione combinata delle caratteristiche intrinseche del Parmigiano Reggiano (attività dell’acqua prossima a 0,93 nel Parmigiano Reggiano

I formaggi a pasta cotta a lunga stagionatura sono, anche se sottoposti a ulteriore lavorazione, da ritenersi microbiologicamente sicuri

Microrganismo

ricerca Listeria monocytogenes

UNI eN IsO 11290-1:2017 AsseNte su 25 g sicurezza alimentare

ricerca salmonella spp UNI eN IsO 6579-1:2020 AsseNte su 25 g sicurezza alimentare

Conta escherichia coli beta-glucuronidasi-positiva IsO 16649-2:2001

Conta staffilococchi coagulasi-positivi

104 ufc/g-105 ufc se superiore a 105 ufc determinazione enterotossine

UNI eN IsO 6888-2:2021 102 ufc/g-103 ufc

Igiene di processo

Igiene di processo e di sicurezza alimentare

Tabella 1. Criteri di sicurezza alimentare e/o di igiene di processo (regolamento Ce 2073/2005)
Il contenuto di muffe e lieviti nel formaggio grattugiato e in scaglie non risulta essere omogeneo. Possibili cause: il diverso trattamento delle forme e la differente procedura di pulizia degli impianti

grattugiato; pH inferiore a 5,60 e presenza di sale, circa 2,10% sulla ss) e l’applicazione di corrette pratiche di confezionamento (sottovuoto o in atmosfera modificata) e conservazione (temperatura < 6°C) durante tutta la shelf life del prodotto garantiscono una qualità microbiologica ottimale anche per questa tipologia di prodotto.

In Tabella 3 sono esposti i valori medi, massimi, minimi e deviazione standard del contenuto in muffe e lieviti rilevati sugli stessi campioni precedentemente trattati. Si riporta anche il valore minimo e massimo di attività dell’acqua misurata sui campioni oggetto dell’indagine. L’attività dell’acqua indica la quantità di acqua biolo-

Tabella 2. Qualità microbiologica di campioni di Parmigiano Reggiano grattugiato o in scaglie (445 campioni)

Analisi

ricerca Listeria monocytogenes

ricerca salmonella spp

Conta escherichia coli beta-glucuronidasi-positiva

Conta staffilococchi coagulasi-positivi

Metodo di prova

UNI eN IsO 11290-1:2017

UNI eN IsO 6579-1:2020

IsO 16649-2:2001

UNI eN IsO 6888-2:2021

Conta coliformi IsO 4832:2006

Risultato

NON ril. su 25 g

NON ril. su 25 g

Valori <10 Ufc/g

Valori <10 Ufc/g

Valori <10 Ufc/g

Tabella 3. Qualità microbiologica di campioni di Parmigiano Reggiano grattugiato o in scaglie (445 campioni)

Analisi Metodo di prova

Conta di muffe IsO 527-2:2008

Conta di lieviti IsO 527-2:2008

Tabella 4. Composizione centesimale dei campioni di Parmigiano Reggiano (n° 190) grattugiato e in scaglie analizzati nel 2022-2023

Parmigiano Reggiano analizzato grattugiato/scaglie

* Fonte: sito Web del Parmigiano Reggiano, “Caratteristiche nutrizionali per 100 g di prodotto”

gicamente disponibile per i microrganismi. Ogni specie di microrganismo (batteri, lieviti, muffe) ha un valore minimo di attività dell’acqua al di sotto del quale la crescita non è più possibile. La proliferazione della maggior parte dei batteri viene inibita a valori inferiori a 0,90 e anche valori prossimi a 0,92-0,93 non supportano la crescita della maggior parte dei microrganismi patogeni negli alimenti (es. salmonella) mentre i lieviti e le muffe proliferano anche a valori inferiori a quelli rilevati nel Parmigiano Reggiano grattugiato.

L’inquinamento da muffe e lieviti è inevitabile sulla superficie esterna delle forme intere di Parmigiano Reggiano durante la stagionatura in magazzino e la presenza nel formaggio grattugiato o in scaglie confezionato in atmosfera modificata è senza dubbio dovuta all’inglobamento di una certa percentuale di crosta – per il Parmigiano Reggiano grattugiato il disciplinare consente un utilizzo massimo del 18% – o all’inquinamento del prodotto durante le

operazioni di lavorazione della materia prima (non perfetta spazzolatura o lavaggio della crosta).

Muffe e lieviti non sono microrganismi patogeni e il Regolamento CE 2073/2005 non fissa limiti di sicurezza alimentare o accettabilità ma in considerazione della possibilità di effetti tossici da micotossine è necessario limitare il contenuto globale attraverso una corretta gestione delle fasi di produzione e conservazione dei formaggi grattugiati e in scaglie

Si rileva una variabilità maggiormente elevata per le muffe rispetto ai lieviti. Il contenuto di muffe e lieviti nel formaggio grattugiato e in scaglie non risulta essere omogeneo ed è, probabilmente, influenzato anche dal diverso trattamento delle forme prima della trasformazione – lavaggio con acqua calda o pulizia a secco – e dalla differente procedura di pulizia e igienizzazione degli impianti.

I risultati ottenuti confermano comunque che i formaggi a pasta cotta a lunga stagionatura, grazie alla drastica riduzione della mi-

Tabella 5. Valore energetico dei campioni di Parmigiano Reggiano (n° 190) grattugiato o in scaglie analizzati nel 2022-2023

Parmigiano Reggiano analizzato grattugiato/scaglie

Valore medio Valore massimo Valore minimo DS Parmigiano Reggiano *

energia Kj 1761

* Fonte: sito Web del Parmigiano Reggiano, “Caratteristiche nutrizionali per 100 g di prodotto”

croflora vitale che avviene durante la maturazione, sono, anche se sottoposti a ulteriore lavorazione, da ritenersi microbiologicamente sicuri.

TABELLA NUTRIZIONALE, SEMPRE ESATTA?

In Tabella 4 sono presentati i dati (n. 195 campioni) relativi al contenuto in umidità, grasso, proteina dei campioni di Parmigiano Reggiano grattugiato o in scaglie analizzati confrontati con i valori standard presenti sul sito del Consorzio del Parmigiano Reggiano.

I contenuti in grasso e proteina sono sempre inversamente correlati – all’aumentare della percentuale di grasso diminuisce la proteina – e i valori misurati risultano essere diffusi in un ampio intervallo per entrambi i parametri. La maggior parte dei campioni presenta con un contenuto in grasso molto superiore al 45% ss (valore medio pari a 48,16% ss) e conseguentemente una percentuale di proteine inferiore (rapporto medio grasso/proteine superiore all’unità).

La quantità di grasso e proteine nei formaggi analizzati risultano in genere ben diversi rispetto a quanto riportato sul sito del Formaggio Parmigiano Reggiano e riprodotto da parecchi produttori e trasformatori nelle etichette compositive presenti sul packaging.

BIBLIOGRAFIA

• Regolamento (CE) 2073/2005

• G. Panari, S. Perini, R. Guidetti, M. Pecorari, G. Merialdi, A. Albertini - Indagine sul comportamento di germi potenzialmente patogeni nella tecnologia del formaggio Parmigiano Reggiano. Scienze e Tecnica Lattiero-Casearia, 2001

1671

Verosimilmente il contenuto di grasso dei formaggi grattugiati o in scaglie è maggiore rispetto al Parmigiano Reggiano commercializzato in altri formati poiché per queste gamma di prodotti si utilizzano quasi esclusivamente forme di seconda categoria (“mezzano” o “prima stagionatura”) con lievi difetti di struttura o sulla crosta e l’alta percentuale di materia grassa favorisce il manifestarsi di tali anomalie.

La Tabella 5 mostra il valore energetico dei campioni di Parmigiano Reggiano grattugiato o in scaglie analizzati nel 2022-2023. La maggior parte dei campioni presenta un contenuto energetico superiore al valore standard esposto sul sito del Consorzio del Parmigiano Reggiano. La tabella nutrizionale presente su numerose confezioni di Parmigiano Reggiano risulta perciò non sempre conforme alla reale composizione del formaggio.

Per porre rimedio a questa discordanza occorrerebbe definire uno standard di prodotto che circoscriva il contenuto in materia grassa e conseguentemente in proteine del Parmigiano Reggiano pur tollerando una certa variabilità. Ciò risulterebbe fondamentale per trasmettere al consumatore un messaggio chiaro e trasparente sulle caratteristiche compositive e nutrizionali del Parmigiano Reggiano e permetterebbe di diminuire la variabilità di resa casearia tra i diversi caseifici e quindi garantire la concorrenza.

• Disciplinare di produzione del Parmigiano Reggiano. Anno 2018

• F. Tosi - Contenuto in grasso di Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Il Latte, settembre 2012

• F. Tosi - Parmigiano Reggiano: evoluzione compositiva e tutele comunitarie. Scienze e Tecnica Lattiero-Casearia, dicembre 2023

IL PRIMO CONVEGNO DIGITALE

DI SCIENZA E TECNOLOGIA ALIMENTARE

23-24-25 SETTEMBRE 2025

Alla luce delle sfide globali che l’industria alimentare è chiamata ad affrontare,

AlimentiPiù traccia gli scenari di mercato e di consumo, con un’attenzione ai temi della sostenibilità delle filiere, delle tecnologie, delle innovazioni e della sicurezza alimentare.

3 GIORNATE 12 SESSIONI 50 RELATORI 4° edizione

www alimentipiu.it info@alimentipiu.it

Sostanze decontaminanti nei prodotti di origine animale

Interessante pronuncia della Corte di Giustizia UE (sez. 7° del 22/02/2024 nella causa C-745/22) in merito alle so-

stanze utilizzabili come decontaminanti nella produzione di alimenti di origine animale.

Cosa dice la Corte di Giustizia

La vicenda trae spunto da una controversia tra una società con sede nei Paesi Bassi e l’organismo unico di controllo alimentare

AVV. CHIARA MARINUZZI

Studio Legale Gaetano Forte

Greco in merito al rifiuto di quest’ultimo di autorizzare l’immissione sul mercato greco di un prodotto a base di fago volto a prevenire, mediante irrorazione, la presenza del batterio patogeno Listeria monocytogenes negli alimenti di origine animale pronti per il consumo.

La Corte di Giustizia UE, adita dal giudice ordinario, si è pronunciata sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale nonché dell’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b), del Regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli additivi alimentari.

LA NORMATIVA IN MATERIA

 Regolamento n. 853/2004

L’articolo 3 del Regolamento n. 853/2004, intitolato “Obblighi generali”, al paragrafo 2, prevede che: “Gli operatori del settore alimentare non usano sostanze diverse dall’acqua potabile o, ove il Regolamento (CE) n.852/2004 o il presente regolamento ne consenta l’uso, dall’acqua pulita per eliminare la contaminazione superficiale dei

prodotti di origine animale, salvo che l’uso sia stato approvato dalla commissione [europea]. A tal fine alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 11 bis, con cui integra il presente regolamento (...)”.

 Regolamento n. 1333/2008

L’articolo 1, primo comma, del Regolamento n. 1333/2008 recita: “Il presente regolamento stabilisce norme relative agli additivi alimentari utilizzati negli alimenti, al fine di assicurare un efficace funzionamento del mercato interno garantendo al contempo un elevato livello di tutela della salute umana e di protezione dei consumatori, comprese la tutela dei loro interessi e le prassi leali nel commercio degli alimenti, tenendo conto, se del caso, della tutela dell’ambiente”.

L’articolo 2 del suddetto regolamento è così formulato:

“1. Il presente regolamento si applica agli additivi alimentari.

2. Il presente regolamento non si applica alle seguenti sostanze, se non nel caso in cui siano utilizzate come additivi alimentari: a) coadiuvanti tecnologici per “coadiuvante tecnologico” s’intende ogni sostanza che:

i) non è consumata come un alimento in sé;

ii) è intenzionalmente utilizzata nella trasformazione di materie prime, alimenti o loro ingredienti, per esercitare una determinata funzione tecnologica nella lavorazione o nella trasformazione;

iii) può dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la sa-

lute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito; (...)”.

IL CONTENZIOSO

Nel corso del 2015, un operatore ha chiesto alla Commissione europea di approvare una determinata sostanza come decontaminante per gli alimenti di origine animale pronti per il consumo, tuttavia la Commissione europea nel 2017 comunica la sua intenzione di non proseguire più la procedura di approvazione in mancanza del sostegno politico necessario.

Alla luce di ciò, successivamente, l’operatore ha tentato di far passare il legittimo impiego di tale sostanza, a prescindere dall’autorizzazione, sostenendo l’interpretazione secondo cui tale sostanza fosse un coadiuvante tecnologico e non un decontaminante, e che il vincolo autorizzatorio del citato art. 3 fosse riferibile solo ai macelli, mentre la sostanza in questione avrebbe un’applicazione successiva al di fuori dei locali dei macelli, durante le ultime fasi del processo di produzione. La Commissione a questo proposito ha ricordato, da un lato, la propria intenzione di non proseguire la procedura di approvazione della sostanza sulla base del Regolamento n. 853/2004, dall’altro, ha affermato che, anche qualora questa costituisse un “coadiuvante tecnologico, tale prodotto rientrerebbe comunque nell’ambito di applicazione del Regolamento n. 853/2004 in quanto sarebbe utilizzato a fini di decontaminazione, con la conseguenza che necessiterebbe comunque dell’autorizzazione” che in ogni caso nello specifico non sarebbe stata rilasciata.

LE QUESTIONI SOTTOPOSTE ALLA CORTE

Alla Corte di Giustizia sono state sottoposte 2 questioni relative alle citate normative:

1) Se il Regolamento n. 853/2004 debba essere interpretato nel senso che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, dello stesso (e, di conseguenza, la sua immissione sul mercato europeo richiede l’autorizzazione preventiva della Commissione ai sensi dell’articolo 11 bis del regolamento) un prodotto come quello in esame, che secondo il produttore, viene applicato al di fuori dei locali dei macelli durante le ultime fasi del processo di produzione e non è destinato a eliminare la contaminazione superficiale nei prodotti di origine animale, bensì a prevenire la contaminazione.

In caso di risposta negativa alla prima questione,

2) Se il Regolamento n. 1333/2008 debba essere interpretato nel senso che il summenzionato prodotto costituisce un “additivo alimentare” o un “coadiuvante tecnologico” [rispettivamente ai sensi delle lettere a) e b), dell’articolo 3, paragrafo 2, del Regolamento n. 1333/2008].

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 2, del Regolamento n. 853/2004 debba essere interpretato nel senso che impone l’approvazione, da parte della Commissione, dell’uso di un prodotto, volto a prevenire la presenza del batterio patogeno Listeria monocytogenes negli alimenti di origine animale pronti per il consumo.

LA DECISIONE

La Corte, nella sentenza, premette che l’articolo 3, par. 2, del Reg. CE n. 853/2004 stabilisce che gli operatori del settore alimentare non possono utilizzare alcuna sostanza diversa dall’acqua potabile o, se consentito dai Regolamenti n. 852/2004 o n.

La Corte di giustizia chiarisce l’obbligo di autorizzazione delle sostanze decontaminanti utilizzate nella produzione di alimenti di origine animale

853/2004, dall’acqua pulita, per eliminare la contaminazione superficiale dei prodotti di origine animale, a meno che l’uso di tale sostanza non sia stato approvato dalla Commissione.

Dal considerando 18 del Regolamento n. 853/2004 risulta che i requisiti strutturali e in materia di igiene, in esso stabiliti, si applichino a tutti i tipi di stabilimenti, comprese le piccole imprese e le unità di macellazione mobili. L’articolo 2, par. 1, lettera c), del Regolamento n. 852/2004 specifica, a tal proposito, che il termine “stabilimento” comprende “ogni unità di un’impresa del settore alimentare”.

Ne consegue che l’articolo 3, par, 2, del Reg. CE n. 853/2004 non sarebbe applicabile solo ai macelli, poiché il legislatore dell’Unione ha adottato una definizione ampia della nozione di “operatori del settore alimentare”.

In secondo luogo, tale interpretazione è supportata dalla nozione di “prodotti d’origine animale” (di cui all’allegato I, punto 8.1, del Regolamento n. 853/2004), che si riferisce in particolare ai prodotti presenti al di fuori dei macelli, ossia “prodotti di origine animale, compresi il miele e il sangue”.

In terzo luogo, per quanto riguarda la definizione della nozione di “contaminazione”, la Corte ricorda che serve la previa approvazione della Commissione per l’uso di qualsiasi sostanza diversa dall’acqua per eliminare la contaminazione superficiale di tali prodotti di origine animale.

Inoltre, viene rilevato come la nozione di “contaminazione” comprende il rischio di

introduzione di un pericolo associato al batterio patogeno Listeria monocytogenes, in qualsiasi fase del processo di produzione, trasformazione e confezionamento degli alimenti di origine animale, il regolamento non definisce o circoscrive il momento in cui occorre procedere all’eliminazione di siffatta contaminazione.

Tale interpretazione è avallata dall’obiettivo dello stesso Reg. CE n. 853/2004 che è quello di garantire un livello elevato di tutela dei consumatori per quanto attiene alla sicurezza dei prodotti alimentari.

Alla luce di tale iter logico giuridico, la Corte risponde quindi alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 2, del Regolamento n. 853/2004 deve essere interpretato nel senso che l’uso di un prodotto che mira a prevenire la presenza del batterio patogeno Listeria monocytogenes negli alimenti di origine animale pronti per il consumo richiede l’approvazione da parte della Commissione.

CONCLUSIONE

La Corte di giustizia con la sentenza in esame chiarisce l’obbligo di autorizzazione delle sostanze decontaminanti utilizzate nella produzione di alimenti di origine animale.

Avendo fornito tale risposta ai quesiti posti dal giudice nazionale, i giudici comunitari non sono entrati nel merito della problematica relativa alla possibile qualificazione della sostanza oggetto di discussione come coadiuvante tecnologico.

LA RIVISTA DI RIFERIMENTO PER L’AGGIORNAMENTO

TECNICO E PR O FESSIONALE DELL’OPERATORE DEL COMPARTO

BILANCIO ASIAGO DOP: BRILLANO LE LUNGHE STAGIONATURE, L’EXPORT GUARDA ALL’ASIA E AL SUD AMERICA

Nel 2023 sono state prodotte 1.516.568 forme di Asiago DOP, con un fatturato alla produzione di 160 milioni di euro, il 13,4% in più rispetto al 2022. A brillare sono state le stagionature più lunghe e le nicchie:

l’Asiago DOP Stagionato, l’Asiago DOP Riserva e l’Asiago DOP Prodotto della Montagna. L’Asiago DOP Stagionato, prodotto in 231.016, il +20,5% rispetto al 2023, ha trovato un crescente apprezzamento per la qualità e le caratteristiche organolettiche, in linea con le moderne esigenze di consumo. Continua la crescita della produzione dell’Asiago DOP Prodotto della Montagna, importante testimone del legame tra Asiago DOP e il suo territorio d’origine, realizzata sopra i 600 metri, aumentata del 7,8% e passata dalle 72.378 forme del 2022 alle

78.008 del 2023. Allo stesso modo, l’Asiago DOP Fresco Riserva, di oltre 40 giorni, ha contrastato il calo dei consumi interni dei formaggi freschi e la minore produzione nella parte centrale dell’anno dell’Asiago DOP Fre-

sco che ha toccato complessivamente 1.285.552 forme, rispondendo alla scelta di prodotti a più lunga stagionatura. A dimo-

strazione dell’efficacia di questo corso, nei primi tre mesi del 2024, il formaggio Asiago registra la migliore performance tra i formaggi duri e semiduri, con un incremento dei consumi nazionali del +15,2%, un’efficace riduzione delle scorte mentre tornano a crescere, nel primo quadrimestre 2024, anche le esportazioni. Nel 2023 l’export del formaggio Asiago è aumentato del 5,4% rispetto all’anno precedente. USA, Svizzera Germania e Francia continuano a essere i principali paesi di sbocco della specialità mentre il Consorzio Tutela Formaggio Asiago ha posto le basi per una crescita della propria presenza in Asia e in Sud America partendo dalla Corea del Sud e dal Messico, mercati che riconoscono e tutelano la Denominazione D’Origine.

I FORMAGGI ITALIANI VINCONO LA SFIDA DEI CONSUMI IN FRANCIA

Iformaggi stranieri consumati più spesso in Francia sono quelli italiani: 6 francesi su 10 li indicano come i preferiti da mettere in tavola, seguiti a distanza da quelli olandesi e spagnoli. E nel gradimento Oltralpe dei formaggi a pasta filata italiani al primo posto si piazza la mozzarella di bufala, con quasi 7 francesi su 10 che l’hanno consumata nell’ultimo anno, a seguire burrata e stracciatella con tassi di consumo di circa il 50% dei francesi. È quanto emerge dai dati dell’Osservatorio economico sulla Mozzarella di bufala campana DOP, strumento ideato dal Consorzio di Tutela in partnership con Nomisma e UniCredit. L’edizione 2024 è stata presentata oggi negli spazi del Next di Paestum ed è incentrata sul con -

fronto tra il mercato dei formaggi in Italia e in Francia e sul posizionamento della mozzarella DOP in questo scenario. Secondo Nomisma, in Italia la Mozzarella di bufala campana DOP si rivela il formaggio a pasta filata che piace di più agli under 18: il 40% dei genitori afferma che la bufala è il formaggio a pasta filata preferito dei propri figli (contro il 37% di quella vaccina, 8% della stracciatella e 6% della burrata).

Nel 2023 le esportazioni risentono di un leggero calo dettato dallo scenario internazionale, attestandosi al 38,3% delle vendite totali (erano il 40,1% nel 2022), con la Francia in testa alla classifica dei Paesi mozzarella-lovers (da sola assorbe il 29% del totale export).

Per quanto riguarda la produzione, se nel 2023 è rimasta sostanzialmente invariata rispetto al 2022 (55.588 tonnellate di mozzarella DOP, -0,4%), nel primo trimestre 2024 si assiste a una diminuzione del 3,8%, dovuto alle difficoltà dei mercati e all’inflazione.

GUSTO SENZA FINE. IL GORGONZOLA DOP AL CENTRO DEL MANGIARE BENE

Si è svolta il 24 maggio scorso al Westin Palace di Milano l’Assemblea Annuale dei Soci del Consorzio Gorgonzola DOP.

In apertura dell’incontro il Presidente del Consorzio Antonio Auricchio dà la parola per un breve saluto all’Eurodeputato Paolo De Castro che invita le aziende ad approfittare degli strumenti per la tutela delle IG messi a disposizione dalla recente riforma europea frutto di due anni di lavoro, e al Presidente di Assolatte Paolo Zanetti che ha sottolineato come il Gorgonzola DOP sia la punta di diamante di un settore fondamentale, quello caseario, che riveste un ruolo fondamentale per l’agricoltura e l’economia italiane.

L’attenta gestione delle risorse, l’ottimizzazione della filiera produttiva e la valorizzazione della tradizione casearia italiana sono oggi priorità fondamentali per i formaggi DOP e IGP che, con 590 mila tonnellate prodotte nel 2023 (+11,6% rispetto all’anno precedente) e 5,2 miliardi di euro di valore alla produzione, pongono l’Italia al terzo posto tra i principali produttori caseari europei, dopo Germania e Francia (dati Afidop).

Per quanto riguarda il Gorgonzola DOP, lo scorso anno la produzione ha raggiunto 5.178.975 forme con una crescita del 2,59%, pari a 130.664 forme in più rispetto al 2022. Rispetto al 2021, invece, la produzione è leggermente calata (-1.54%, pari a

79.853 forme in meno). Sul fronte dei consumi, lo scorso anno per il Gorgonzola si è chiuso con una negatività ed è stata la tipologia piccante a perdere percentualmente più volumi con quasi 400.000 acquirenti in meno e un acquisto medio in calo (fonte gfk). Nel 2023 l’export di Gorgonzola è cresciuto dell’1,1%, per un totale di 24.982 tons esportate di cui 21.422 intra-UE (+0,8%) e le restanti 3.559 extraEU (+2,9%). In totale, sono 90 gli Stati nel mondo dove si consuma il Gorgonzola con una copertura di quasi il 50% del pianeta. Anche nel 2024 l’export cresce: del 6,1% all’interno dell’UE e del 16% nel resto del mondo (dati Clal aggiornati a febbraio 2024).

CHIARA GELIMINI, RAFAEL NISTOR, ENRICO BARTOLINI, ANTONIO AURICCHIO, SAMANTHA BIALE, DAVIDE CIVITIELLO, FABIO LEONARDI

IL NUOVO PROGETTO EUROPEO A FAVORE DEL PECORINO ROMANO DOP PRENDE IL VIA IN ITALIA E GERMANIA

Il Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino Romano annuncia la partenza della nuova campagna pluriennale di comunicazione “In Europa c’è un formaggio buono e tipico per natura”, per il periodo 2024-2027. Questo ambizioso progetto, cofinanziato dall’Unione europea, mira a promuovere e valorizzare il Pecorino Romano, autentica eccellenza del patrimonio alimentare, attraverso strategie mirate e personalizzate in due paesi chiave: Italia e Germania.

Da una parte, comunicare i valori di genuinità e qualità produttiva associati ai prodotti riconosciuti dal marchio di qualità Denominazione di Origine Protetta (DOP), sottolineando che tale sistema di qualificazione non solo protegge i produttori da pratiche sleali, ma eleva anche il patrimonio gastronomico europeo, promuovendone la diversità e l’unicità a livello mondiale. Dall’altra parte porre l’atten-

zione sulle caratteristiche uniche del formaggio Pecorino Romano DOP, con l’obiettivo di migliorarne la conoscenza e l’apprezzamento, sia tra i professionisti del settore che tra i consumatori finali.

“In Europa c’è un formaggio buono e tipico per natura” è il messaggio che accompagnerà il progetto durante i tre anni di campagna, proprio per sottolineare il concetto di unicità e tipicità del Pecorino Romano DOP. Il filo conduttore sarà la valorizzazione della forte identità, condivisa anche sul sito web e sui canali social dedicati alla campagna, in particolare Facebook, Instagram e Youtube. Verranno inoltre attivate collaborazioni ed eventi dinamici per i blogger, oltre che iniziative dedicate al mondo Horeca, senza dimenticare la partecipazione alle principali fiere rivolte agli operatori del settore. Per i consumatori finali invece, è in programma una campagna televisiva nella stagio-

ne autunnale con uno spot dedicato, accompagnato da un’attività di product placement in una selezione di programmi culinari.

CONSORZIO TUTELA TALEGGIO: ASSEMBLEA ANNUALE E BILANCIO 2023

La produzione di Taleggio DOP nel corso del 2023 (pari a 8.791.936 chilogrammi) ha registrato un pareggio rispetto all’anno 2022 (8.791.535 chilogrammi).

Aumenta la produzione di Taleggio destinata al mercato nazionale mentre calano del 10,5% le esportazioni. Il valore 2023 delle esportazioni, pari a 2.306.557 chilogrammi, si attesta al 26,2% del totale della produzione di cui il 65,9% (tonnellate 1.521) viene assorbito dal mercato UE mentre il restante 34,1% (tonnellate 786) si colloca sul mercato extra UE. La Francia si conferma essere il primo paese per esportazione seguita dagli USA, dalla Germania e dal Belgio. Si segnala una sensibile cre-

scita di esportazione di Taleggio DOP nel Regno Unito che, superando la Svizzera, si posiziona nel 2023 al secondo posto della classifica di importatori fuori dall’area UE.

Nel 2023 il Consorzio Tutela Taleggio ha partecipato ad un progetto sperimentale –avviato da AFIDOP con il supporto tecnico

di Griffeshield, realtà specializzata in nuove tecnologie informatiche a difesa della Proprietà Industriale, e del Comando dei Carabinieri Tutela Agroalimentare – con l’obiettivo di verificare il corretto utilizzo online di nove Denominazioni di Origine Protetta nell’ambito della ristorazione. Dal progetto è emerso un dato interessante ed emblematico in termini di consumo, diffusione e gradimento della DOP casearia: l’indicazione “Taleggio” è citata sui menù di ristoranti dislocati in ben 103 diverse province italiane, a indicazione di una capillare diffusione territoriale del formaggio, apprezzato e utilizzato nel settore Horeca anche al di fuori della sua area di produzione.

SABELLI E STELLA BIANCA, UNA VISIONE COMUNE PER NUOVI OBIETTIVI DI CRESCITA

Èl’inizio di una nuova fase di crescita e sviluppo l’operazione siglata ufficialmente fra Sabelli e Mila, che permette l’ingresso nel Gruppo Sabelli di Stella Bianca, azienda lombarda specializzata in formaggi freschissimi da latte 100% italiano. Non una mera operazione finanziaria ma una sinergia industriale di ampio respiro, basata su una comunione di intenti, su valori e obiettivi condivisi e su una filosofia comune legata all’attenzione, al rispetto e alla qualità, caratteristiche distintive di entrambe le aziende protagoniste dell’accordo.

Realtà d’eccellenza del settore lattierocaseario italiano, le due aziende hanno prodotti complementari che vanno a comporre un’ampia gamma di alto profilo: Sabelli, infatti, è fra i leader nella produzione di mozzarella, burrata e stracciatella, mentre Stella Bianca produce crescenza, robiola, spalmabili e caprini, formaggi freschissimi che necessitano della più grande attenzione in ogni fase

della produzione e della distribuzione. Punto di riferimento per il mercato delle Private Label, Stella Bianca porta in dote anche Bustaffa, storica azienda mantovana fondata da Giacobbe Bustaffa nel 1921.

La massima attenzione di Sabelli nei confronti della sostenibilità e della qualità della materia prima, che ha dato vita

all’ambizioso progetto “Il Buono del Bianco”, si trova riflessa nella filiera controllata di Stella Bianca. Con latte 100% italiano raccolto nelle aree limitrofe e una rigida supervisione della filiera, le due aziende garantiscono standard elevatissimi per tutta la produzione. Stella Bianca ha inoltre da 25 anni una filiera di latte biologico, un vanto per tutto il gruppo.

NASCE IL TEAM DI LACTALIS DEDICATO AL BENESSERE ANIMALE E ALLA SOSTENIBILITÀ IN STALLA

Lactalis Italia annuncia un piano di sviluppo che prevede la creazione in Italia di un nuovo team dedicato al benessere animale e alla sostenibilità in stalla, per una filiera del latte sempre più sostenibile.

A conferma dell’impegno che Lactalis pone nella sua visione di sostenibilità incentrata sui tre pillar strategici: benessere animale, packaging circolare e riduzione di emissioni lungo tutta la filiera, il Gruppo dà il via a un ciclo di incontri formativi e informativi rivolti agli allevatori al fine di

mantenere un dialogo sempre aperto e trasparente.

“Le sfide che deve affrontare il nostro comparto richiedono sforzi congiunti e una forte competenza di settore. Per questo abbiamo dato vita in Lactalis Italia a un’organizzazione dedicata al benessere animale e alla sostenibilità” - ha dichiarato Giovanni Pomella, AD di Lactalis in Italia, che continua – “Con questo progetto il Gruppo intende condividere con il mondo allevatoriale un percorso per contribuire allo sviluppo di una filiera sempre più sostenibile.

Negli ultimi anni, l’agroalimentare ha affrontato e sta affrontando cambiamenti profondi in nome della sostenibilità: ripensare alle modalità di produzione, di trasporto, di imballaggio è una necessità che richiede una conoscenza approfondita delle caratteristiche peculiari che contraddistinguono il settore lattiero caseario. Con questo ciclo di incontri aperti agli allevatori vogliamo contribuire ad animare un confronto costruttivo per creare valore e a rafforzare le relazioni con tutta la nostra comunità di conferenti latte”.

Il mercato lattiero-caseario

Il futuro del settore risiede nel latte fermentato e nei nuovi ingredienti?

Nei prossimi cinque anni la crescita europea del mercato lattiero-caseario registrerà un dato negativo, annualmente potrebbe perdere anche l’1%, inizia così la presentazione di Christophe Lafougère, direttore Gira Food, tenutasi martedì 4 giugno 2024 a conclusione dell’Assemblea Ordinaria e Straordinaria dei Soci di Assocaseari, presso l’hotel Le Ali del Frassino a Peschiera del Garda.

IN DIFFICOLTÀ LE ZONE

ESPORTATRICI

Non sono rincuoranti le stime per alcuni Paesi, come l’Olanda che registra -10% nei prossimi 5-6 anni e l’Irlanda che continuerà ad avere un trend negativo. In seguito a un lungo periodo senza crescita e con la raccolta del latte completamente ferma, la Nuova Zelanda ha cambiato la propria situazione impiegando le proprie ri-

sorse nella produzione di diversi prodotti, come le proteine e la materia grassa. Sfortunatamente da inizio 2024 anche questi prodotti hanno registrato un arresto della crescita. Il Paese ha, inoltre, registrato problematiche anche nella fase precedente alla raccolta del latte, perché l’alimentazione del bestiame è basata sull’erba e impiegano i supplementi solo alcuni mesi l’anno. La Nuova Zelanda, grande zona esportatrice, raggiunge un trend negativo e potrebbe non avere più materia prima sufficiente a garantire anche l’esportazione del prodotto.

CAMBIAMENTI E

PREVISIONI FUTURE

Il prezzo del latte è salito a 0,45-0,46 euro al litro, rispetto ai precedenti 35 cent. Questi

nuovi prezzi saranno la norma. Guardando ai prossimi cinque anni sarà difficile comprare il latte alla stalla a un prezzo inferiore, anche nei paesi in cui la materia prima è tradizionalmente poco costosa. Aumento che è conseguenza del continuo incremento dei costi di produzione del latte. Ai contadini è, infatti, richiesto di ridurre le emissioni di gas e l’utilizzo dei fosfati, ma per soddisfare quanto viene imposto dalla normativa sono necessari innovazioni e investimenti economici.

La produzione di latte in Europa è destinata a scendere, “se non pagate il prezzo giusto, non avrete il latte”, è perentorio Christophe Lafougère.

Ma pagare di più il latte agli agricoltori avrà un impatto sui margini e i trasformatori saranno costretti a trasferire questo aumento dei prezzi anche verso il mercato finale.

Con i prezzi attuali, un trasformatore non può dedicarsi solo alla produzione di burro e formaggio. In futuro sarà necessario dedicare sempre maggiore attenzione e investimenti ai coprodotti e soprattutto al siero di latte. Producendo isolati di proteine a base latte, per esempio, inizia già a esserci un guadagno maggiore.

Quali sono le ditte che avranno più problemi nei prossimi anni? Sono le grandi cooperative, perché hanno sempre comprato più latte di quello di cui avevano bisogno per fare il primo prezzo.

Domani ci saranno due tipi di società, quelle che potranno pagare di più perché hanno più mercati, più prodotti e la possibilità di fare investimenti e ci saranno gli altri che avranno sempre più difficoltà a pagare il latte il prezzo giusto, il quale sarà anche più elevato dell’attuale.

“Il mio messaggio è che gli ingredienti saranno sempre di più una cosa importante”, conclude Lafougère.

Stiamo assistendo a una ripresa della do-

manda, nonostante l’inflazione che ha comportato un aumento dei prezzi del +20%. Abbiamo un consumatore che paga i nostri prodotti molto più di prima e questo si traduce in una “nuova sobrietà della spesa”: comprano meno a volume e più spesso durante la settimana, questo si traduce in im-

STATO DELL’ARTE SUGLI ACCORDI DI LIBERO SCAMBIO

Conclude l’assemblea l’intervento di David Doninotti, di AICE (Associazione Italiana Commercio Estero) con alcuni alert:

- Nel 2023 l’export italiano è allo stesso livello del 2022 (626 miliardi di euro). Calo export vs mercati UE (-2,3%, crisi Germania), ma con un incremento in diversi mercati extra-UE (+2,5%) come India, USA e Cina. A marzo 2024 export in negativo, -8,9% su base annua in valore e -10,3% in volume.

- La percentuale delle esportazioni italiane sul totale delle esportazioni mondiali è calato da 2,79% nel 2021 a 2,65% nel 2022.

- Il numero delle aziende esportatrici italiane cresce molto lentamente e resta tra le 130.000 e le 140.000 unità. Di queste, oltre 100.000 registrano un fatturato estero annuale inferiore a 750.000 euro.

ballaggi più piccoli. Ma il consumatore è cambiato: siamo una popolazione più vecchia che consuma diversamente. Nei prodotti di tutti i giorni vogliamo sempre più proteine e allo stesso tempo è calata la domanda dei prodotti per l’infanzia perché non si fanno figli.

Avere il coraggio di cambiare

Numerosi esperti del settore lattiero-caseario sono intervenuti al convegno “La nuova era di latte di derivati” organizzato dal Brazzale Science Center per consentire ai consumatori scelte individuali consapevoli basate sulla conoscenza scientifica

a cura della Redazione

“La verità rende onnivori?” È con questa provocazione di Roberto Brazzale che si è aperto a Thiene il convegno “La Nuova Era di latte e derivati”, svoltosi il 20 e 21 giugno scorso. Un incontro con scienziati e ricercatori di altissi-

mo profilo per fare il punto su un’esigenza precisa: rafforzare la conoscenza sugli aspetti nutrizionali di latte e derivati, osservando questi prodotti attraverso gli occhi e gli strumenti degli studiosi. Dal convegno sono emersi con forza alcuni punti fermi su due argomenti cruciali: nutrizione e sostenibilità. Sul fronte ambientale, è concorde il giudizio degli esperti intervenuti a Thiene: la vacca è “carbon neutral” e realizza un’attività circolare perché emette il carbonio e i suoi composti che ha catturato dall’atmosfera. I prodotti lattiero-caseari, considerando anche la loro densità nutrizionale, sono i più efficienti dal punto di vista ambientale. Anche sul piano nutrizionale, infatti, non sono sostituibili, come ha spiegato chiaramente, proprio all’inizio

dell’incontro, Thanawat Tiensin, direttore della Divisione Produzione e Salute Animale (Nsa) della FAO: “È necessario consumare proteine animali perché quelle vegetali, da sole, non bastano ad assicurare una dieta sana”.

SFIDA: ALIMENTARE 8 MILIARDI DI PERSONE IN MODO SANO

Ma quali sono i filoni innovativi più interessanti che i vari attori della filiera latte devono seguire? Come guidare il settore lattiero-caseario verso una nuova era? E a cosa si ispira questa nuova era? Qual è lo stato dell’arte della conoscenza per rispondere alle tante fake news che circondano il latte, dalla sua produzione fino alla trasformazione? E quali sono le più promettenti direzioni di ricerca? Sono alcune delle domande cui i relatori hanno cercato di rispondere, analizzando la filiera dai foraggi, quindi dal campo, fino ad arrivare al packaging.

Fra le esigenze emerge quella di superare l’attuale etichetta nutrizionale che riduce alimenti ricchissimi e complessi a pochi macroelementi, ignorando “l’effetto matrice” di ogni cosa che mangiamo e offrendo dati, non sufficienti a un consumatore privo di strumenti idonei per operare le scelte necessarie a una sana alimentazione.

WE NEED TO PRODUCE MORE WITH LESS

“Ogni anno, nel mondo, ci sono quasi 100 milioni di bocche in più da sfamare. Dal 2020 al 2050 bisognerà produrre più cibo, rispettando le risorse. Come possiamo soddisfare questa domanda? La soluzione, anche al climate change, è l’intensificazione sostenibile”: la relazione plenaria di Piercristiano Brazzale, Presidente di FIL-IDF, apre gli interventi della prima giornata del convegno. Dopo di lui, Thanawat Tiensin, diret-

tore della Divisione Produzione e Salute Animale (Nsa) della FAO, ha spiegato: “La cucina italiana è la migliore del mondo perché composta da un mix di tutti gli alimenti, vegetali e animali. È, infatti, necessario consumare proteine animali perché quelle vegetali, da sole, non bastano ad assicurare una dieta sana. Latte e derivati forniscono nutrienti essenziali in tutte le fasi della vita a oltre 6 miliardi di persone nel mondo”. Ma oggi, ha osservato Tiensin, la tradizione sembra limitare la capacità di innovazione del settore lattiero-caseario italiano.

PRODURRE DI PIÙ

PRENDENDOCI CURA DEL PIANETA

Fari puntati anche sull’allevamento. La FAO sostiene che l’86% degli alimenti usati per gli animali non è edibile per gli esseri umani, in risposta alla critica che alimentare gli animali entra in contrasto con alimentare gli umani. In Val Padana si concentra l’80%

della produzione di latte, in Italia, con numero imponente di capi. Qual è il futuro che attende questo settore? Secondo il professor Tommaso Maggiore dell’Università degli Studi di Milano, la sua evoluzione passerà per il miglioramento genetico, che ha già cambiato molto negli ultimi anni in termini di grassi e proteine contenuti nel latte. E per la gestione delle tematiche ambientali, in particolare per ciò che riguarda il miglioramento dell’efficienza irrigua, così da evitare i nitrati in falda. La miglior strategia, secondo il professor Maggiore, sarebbe la creazione di reti d’impresa costituite da operatori specializzati, per la gestione aziendale e del territorio. Un’interessante e approfondito excursus storico sui mutamenti produttivi del formaggio Parmigiano Reggiano DOP, degli allevamenti e dei caseifici del comprensorio è arrivato da Valentina Pizzamiglio, responsabile ricerca e innovazione del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano, che ha poi approfondito il tema

La valutazione dell’impatto ambientale dei sistemi produttivi deve considerare il valore nutrizionale degli alimenti

della ricerca scientifica per la valorizzazione nutrizionale della DOP. Sottolineando che è compito del consorzio garantire l’autenticità del prodotto. La ricerca si pone di individuare metodi sempre più nuovi e precisi per verificare l’autenticità di ciò che il consumatore acquista.

L’AGRICOLTURA È CARBON POSITIVE

“Oggi il luogo comune sulla sostenibilità ci sta travolgendo. Senza sostenibilità economica le aziende agricole chiudono, come sta accadendo. E sostenibilità sociale, sul lato del consumatore, significa realizzare prodotti di qualità a prezzo contenuto. Le politiche agricole UE invece stanno intaccando la sicurezza alimentare. L’agricoltura passa per il ‘grande inquinatore’ ma non è così: non solo è carbon neutral ma è carbon positive, cioè assorbe più di quanto emette, dopo averlo catturato con la fotosintesi”, ha spiegato nel suo intervento il professor Luigi Mariani dell’Università di Brescia.

IL RUOLO DEL LATTE IN UNA

DIETA SANA E SOSTENIBILE

Ivana Gandolfi, R&D - Scientific area di Parmalat, si è soffermata sugli aspetti nutrizionali. “La nuova era di latte e derivati

per una dieta salutare e sostenibile per tutti coinvolge ognuno di noi e chiede di guardare lontano: noi non mangiamo il singolo nutriente ma l’alimento nel suo complesso. La nuova era, che sta già arrivando, è quella di considerare l’alimento come matrice, nella sua interezza, perché il cibo è più della somma dei suoi singoli nutrienti. Come nel caso del formaggio che, nonostante il contenuto di sodio e grassi saturi, mostra effetti da neutri a positivi sulla nostra salute cardiometabolica”. Affronta anche il tema del plant based il professor Germano Mucchetti dell’Università degli Studi di Parma: “Il formaggio è il primo

esempio di sostenibilità perché è nato per conservare il latte, concentra selettivamente i suoi nutrienti aumentandone la densità nutrizionale ed energetica, al contrario di ciò che accade con i prodotti plant based, spesso ultra-processati”. Il professor Mucchetti si è poi soffermato sul tema della necessità dei formaggi di adeguarsi in maniera tempestiva ai mutamenti del mercato, che richiede libertà, velocità e flessibilità produttiva. A chiudere la prima giornata del convegno è l’intervento di Marinella Vitulli, Technical and General Manager del Food Contact Center di Pistoia, che dopo aver ripercorso la storia del packaging nel latte ha evidenziato le regole da rispettare in Italia e in Europa e gli aspetti più importanti in ordine ai diversi materiali utilizzabili, con una approfondita relazione tecnica che ha analizzato casi, problematiche, studi e controlli.

IL MONDO LATTIEROCASEARIO NON PUÒ VIVERE SOLO SULLA BASE DELLA TRADIZIONE

La seconda giornata si è aperta con l’intervento del professor Fernando Tateo, direttore scientifico di BSC, che ha spiegato: “C’è purtroppo una separazione tra il mondo scienti-

fico e quello lattiero-caseario, a partire dal latte. Uno slegamento evidenziabile perché tutto ciò che si svolge in termini dialettici non viene mai accompagnato da risultati di ricerche scientifiche. Occorre adottare una tecnica nuova nel marketing degli alimenti, facendo trasparire lo sforzo che molti attori compiono con l’interesse di migliorare. Questo invito per me è la cosa più importante di questo congresso. Il centro BSC è nato per offrire anche un nuovo modo di comunicare le informazioni scientifiche sul prodotto. I metodi analitici pubblicati sono parecchi e devono essere unificati per giungere a una profonda conoscenza. Serve trovare una via comune per una necessità comune: potersi confrontare e confrontare i profili aromatici dei diversi formaggi. Non è possibile fare più corretta “proposta” se non quella di sensibilizzare il mondo del dairy a una più larga adozione della chimica analitica nella gestione non soltanto del controllo di qualità, ma della ricerca e sviluppo. Concorde anelito dovrebbe essere rivolto a un più adeguato lavoro di ammodernamento delle verifiche su packaging, cui le pratiche attuali anche di legge non forniscono risposta concretamente utile. Il tutto perché ci si diriga davvero verso una nuova era di settore”.

Con Elisabetta Bernardi, biologa, nutrizionista e volto noto della tv, si è chiuso il programma delle relazioni: “L’uomo, da quando consuma latte, ha ottenuto grandissimi vantaggi perché è un alimento molto completo dal punto di vista nutrizionale, con proteine di ottima qualità. Tutti gli studi osservazionali dimostrano ad esempio il le-

game fra il suo consumo e la salute delle ossa. E’ ricco di vitamina D, che si trova in pochi alimenti, fosforo, magnesio potassio e vitamina A”. L’intervento di Bernardi, dal titolo ‘Vincere con il latte’, si è poi soffermato in modo particolare sul ruolo decisivo nell’idratazione e nel recupero degli elementi nutrizionali negli sportivi: “Latte e derivati, per chi pratica sport, intervengono nella salute delle ossa, nella reidratazione e nel recupero di energia. I nutrienti di cui l’organismo ha bisogno in questa fase sono diversi, e vengono spesso riassunti nella ‘Regola delle tre R’: reidrata, ricarica e ricostruisci. E il latte e i suoi derivati rispondono a tutte e tre le esigenze. In generale, gli alimenti di origine animale contribuiscono al 18% delle calorie, fornendo il 38% delle proteine a livello mondiale. Le diete oggi considerate a basso impatto ambientale, che riducono il consumo di prodotti di origine animale, portano a un reale problema di carenza di macronutrienti come lo zinco, il calcio, lo iodio, le vitamine a, d e b12. E c’è una importante relazione fra consumo di latte e longevità”.

VINCERE CON IL LATTE
F. TATEO, P. BRAZZALE, T. TIENSIN, M. BONONI

National Dairy AKIS Italia

Un progetto che, basato sull’esperienza, genera buone pratiche per rispondere ai bisogni degli allevatori soddisfando le aspettative dei consumatori

4° incontro del National Dairy AKIS Italia (Agriculture Knowledge and Innovation System)

Alberto Menghi, CRPA Serena Soffiantini, CRPA 05 giugno 2024

Il 5 giugno scorso si è tenuto il quarto incontro del National Dairy AKIS (Agriculture Knowledge and Innovation System) Italia. La conclusione di un lungo progetto che è stato un continuo confronto tra gli allevatori europei con lo scopo di mettere in gioco le proprie esperienze e trarre vantaggio dalle esperienze degli altri. Il tema del confronto è stato quello della resilienza all’interno degli allevamenti delle bovine da latte.

METODO DI LAVORO

Questo confronto si è sviluppato a livello nazionale in diversi gruppi di lavoro com -

posti da circa 10 aziende pilota e altri 5 portatori di interesse, successivamente

sono stati creati dei collegamenti tra i vari gruppi distribuiti in tutto il territorio italiano.

L’obiettivo del progetto è individuare una serie di buone pratiche in grado di rispondere ai bisogni degli allevatori e al contempo soddisfare i bisogni della società.

Il primo passo messo in atto dal gruppo di lavoro è stato cercare di individuare i bisogni maggiormente sentiti dagli allevatori europei. Nel 2022 CRPA ha ideato, ed è stato poi distribuito nei 15 paesi a tutti i portatori di interesse, uno specifico questionario. Analizzando le 535 risposte pervenute è stata creata una classifica delle esigenze più sentite.

I BISOGNI DEGLI

ALLEVATORI

Le risposte emerse dai questionari hanno evidenziato come bisogno primario una migliore qualità di vita degli allevatori, intesa come rapporto tra le ore lavorate e il tempo libero. Seguono il benessere animale, al terzo posto si colloca il reddito e al quarto posto la capacità di comunicare da parte del mondo degli allevatori nei confronti dell’opinione pubblica.

SOLUZIONI E BUONE PRATICHE

Il risultato del lavoro di ricerca, webinar, cross visits, farm facilitator training ed European General Meetings è la produzione di un centinaio di schede sintetiche corrispondenti a potenziali soluzioni per i bisogni che erano stati individuati. Queste schede tecniche, liberamente consultabili sul sito del progetto, afferiscono a tre tematiche principali: efficienza tecnica, sostenibilità sociale e ambientale, e resilienza socio-economica. Per facilitare la consultazione la struttura di ciascuna scheda è la medesima: all’inizio viene descritto il contesto all’interno del quale

PROBLEMA: QUALITÀ DELLA VITA

POSSIBILI SOLUZIONI:

1. Automazione del lavoro utilizzando robot di mungitura e di alimentazione.

2. Applicazione del LEAN management in allevamento.

3. Aumentare la cooperazione tra i dipendenti.

4. Monitoraggio delle ore di lavoro.

5. Metodi di valutazione del lavoro.

6. Finanziamenti per promuovere la diffusione della conoscenza, il miglioramento delle competenze e l’identificazione di opportunità di lavoro.

7. Aumentare l’uso dei contoterzisti.

si può applicare la specifica buona pratica, ne viene spiegato sinteticamente il funzionamento e le attrezzature da mettere in campo; segue focus sui pro e contro di ciascuna soluzione; in fondo sono presenti dei link di approfondimento e in alcuni casi vi è anche un allegato di approfondimento su alcuni aspetti specifici legati alla buona pratica trattata nella scheda.

CONCLUSIONI

I risultati del progetto R4D hanno messo in evidenza come la resilienza del settore lattiero-caseario passa per una serie di temi evidenti ma a volte difficili da in -

quadrare e risolvere. I fabbisogni e le criticità indicate dagli allevatori sono molteplici e non si fermano al solo problema del reddito ma riguardano tematiche molto più ampie a cui in pochi hanno cercato di dare risposte. Come, ad esempio, l’insoddisfazione per la qualità della vita e del lavoro, o l’insoddisfazione per come la produzione di un bene primario come il latte venga percepito in modo negativo da una buona parte dei consumatori.

Cosa è successo tra i consumatori in pochi decenni? Perché il prodotto salutare per eccellenza è passato a essere uno dei prodotti problematici per la nostra società sotto diversi aspetti?

RESILIENCE FOR DAIRY (R4D), UN VIAGGIO VERSO L’AGRICOLTURA SOSTENIBILE

R4D (Resilience For Dairy) è uno dei più recenti progetti europei per contribuire allo sviluppo sociale, economico e ambientale dell’allevamento lattiero-caseario. Il progetto, finanziato dal programma dell’UE Orizzonte 2020, è stato lanciato a gennaio 2021.

Per aumentare la resilienza e la robustezza delle aziende lattiero-casearie, R4D ha attraversato diverse fasi. Dalla ricerca di soluzioni su misura per diverse aziende agricole, alle sessioni di formazione e ai webinar di e-learning, i partecipanti al progetto provenienti da Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Irlanda del Nord, Polonia, Slovenia e Spagna collaborano per sperimentare diversi modelli e sviluppare una serie di soluzioni.

La prima fase del progetto ha creato una rete di aziende agricole pilota resilienti e organizzazioni lattiero-casearie in Europa, collegate all’AKIS nazionale lattiero-caseario. Questo approccio multi-attore consente di esprimere i bisogni più urgenti dei produttori di latte. Il risultato sarà inoltre una migliore comprensione e un maggiore scambio di conoscenze, con il risultato di scoprire e diffondere le pratiche innovative più appropriate ed efficaci che faranno avanzare il settore lattiero-caseario.

Gruppo Alce, una famiglia “in fermento”

Erano gli anni del secondo dopoguerra, quando Mario Mogna avviò il primo “Laboratorio Microbiologico Alce”, nel centro di Novara. Trasformò i magazzini di stagionatura del Gorgonzola del padre Alfonso nella sede di produzione dei nuovi fermenti lattici liquidi pronti all’uso, da utilizzare in sostituzione del latto-innesto naturale.

Lo slancio decisivo arrivò negli anni ’80 quando Giovanni Mogna subentrò al padre Mario nella gestione dell’azienda di famiglia. Alce fu così in grado di assicurare ai clienti non solo la fornitura di fermenti lattici, ma anche assistenza tecnica e un catalogo prodotti completo. Nel contempo, il dr. Mogna inaugurava un laboratorio di Analisi e Ricerca, una sezione dedicata al supporto tecnico e un nuovo stabilimento nel Mantovano, per la produzione di fermenti liofilizzati e coadiuvanti tecnologici.

A oggi, l’eredità del Gruppo Alce è stata accolta dalla figlia Elena, che prosegue l’impegno di famiglia con competenza, serietà e orgoglio. Coinvolta già da anni nelle aziende del gruppo, dirige e coordina le attività di tutti gli stabilimenti, grazie all’inestimabile aiuto di tutto lo staff.

“La nostra missione”, spiega la dott.ssa Elena Mogna, “è realizzare prodotti che, nonostante la complessità microbica, abbiano standard qualitativi alti, costanti e

che siano di origine naturale. Siamo un’azienda in continua evoluzione: stiamo ultimando il nuovo impianto di Novara, che oltre al comparto di produzione e confezionamento, avrà al suo interno un’area interamente dedicata all’analisi e alla ricerca. Siamo consapevoli delle esigenze di ogni cliente e garantiamo a piccole e grandi realtà produttive nel settore lattiero-caseario la possibilità di personalizzare i nostri prodotti a seconda delle loro esigenze, dalla composizione, al profilo

aromatico, oltre che nel formato/dosaggio. In aggiunta, mettiamo a loro disposizione, uno staff di tecnici altamente specializzati, per un’assistenza dedicata a livello sia nazionale che internazionale”.

Per citare il dott. Giovanni Mogna: “Alce, da circa un secolo, vende risultati ogni giorno!”. ALCE www.alce.eu

Lo smaltimento dei fanghi da depurazione: le soluzioni STA

Le aziende produttive hanno quasi tutte un problema in comune: smaltire i fanghi provenienti dalla depurazione dei reflui. Cosa può fare un’azienda come STA, che si occupa del trattamento delle acque, costruisce gli impianti, li gestisce, fa manutenzioni di varia entità, per agevolare le industrie che hanno un depuratore e devono smaltire i fanghi di supero?

Ad esempio, può andare a trattarli direttamente presso lo stabilimento del cliente. Per questo STA – quartier generale a Mantova – ha attrezzato due unità mobi -

li con le quali andare nelle aziende e aiutarle a ridurre la quantità di fanghi da inviare come rifiuti in discarica, grazie a un processo di disidratazione meccanica che può ricevere i fanghi provenienti dalla depurazione biologica e da comparto di flottazione DAF. Si tratta di un servizio all in one , perché STA si occupa della gestione del cantiere per mano di personale specializzato, allestisce i collegamenti temporanei necessari per lo svolgimento delle operazioni e il telecontrollo per il monitoraggio da remoto e la verifica in campo dei rendimenti. Alla fine dei lavori,

il cliente può riscontrare l’attività svolta attraverso un report conclusivo.

Questo servizio può essere la soluzione in caso di emergenze improvvise, ma, ancora di più, una pratica regolare, secondo tempi e modi concordati, grazie alla quale le aziende possono contenere l’entità dei fanghi destinati a smaltimento e, contestualmente, controllare i costi sostenuti, abbattendoli.

SOSTENIBILITÀ

L’Ecolabel UE si prepara a ricevere un notevole impulso grazie alla nuova e futura legislazione che metterà in evidenza il ruolo dell’etichetta nel sostenere la transizione verde dell’UE. L’etichettatura di sostenibilità a marchio “Ecolabel UE” sarà infatti supportata da tre atti legislativi che creeranno un quadro completo per dare più libertà di scelta ai consumatori e garantire prodotti più sostenibili sul mercato dell’UE. Tra queste, la Direttiva recentemente

adottata sull’empowerment dei consumatori per la transizione verde vieta l’uso di etichette di sostenibilità che non siano basate su uno schema di certificazione o non istituite dalle autorità pubbliche. Inoltre, vieta le affermazioni ambientali generiche, come “ecologico”, “verde”, “ecologico”, a meno che non siano dimostrate eccellenti prestazioni ambientali attraverso il marchio Ecolabel UE o un sistema di etichettatura istituito dalle autorità pubbliche.

DL AGRICOLTURA

Il Disegno di legge di conversione del DL Agricoltura è stato definitivamente approvato. Il provvedimento, che si compone di 15 articoli, prevede misure per un totale di 500 milioni di euro a sostegno del comparto agricolo, agroalimentare e della pesca, per fronteggiare la crisi causata dall’aumento dei costi di produzione, dai prezzi delle derrate agricole e dagli effetti negativi del conflitto in Ucraina. Tra le novità introdotte vi sono la sospensione della parte capitale delle rate dei mutui o dei finanziamenti a fa-

PAC

La Commissione europea ha proposto di rendere volontario per gli Stati membri l’uso di foto geo-taggate per il sistema di monitoraggio delle aree, introdotte nell’attuale

PAC per evitare visite sul campo agli agricoltori e alleviare i

costi per le amministrazioni nazionali. Nella proposta della Commissione, gli Stati membri avranno la flessibilità di chiedere agli agricoltori di utilizzare foto geolocalizzate o qualsiasi altro dato ritenuto equivalente.

vore delle imprese agricole che abbiano subito una riduzione di fatturato; la rimodulazione della disciplina del credito d’imposta per le aziende che effettuano l’acquisizione di beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nella zona economica speciale (ZES) unica e l’introduzione del divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e di aumento della estensione di quelli già esistenti, nelle zone classificate come agricole dai piani urbanistici.

PIANO MATTEI

Il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, insieme al Ministro dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale dell’Algeria, Youcef Cherfa, ha formalmente sottoscritto un accordo innovativo e ambizioso tra Bonifiche Ferraresi S.p.A. e il Fondo Nazionale d’Investimento algerino. L’accordo, firmato sabato 6 luglio ad Algeri, rappresenta il primo passo concreto nell’ambito del Piano

OGM

La Commissione europea ha autorizzato l’importazione di due nuove varietà di mais geneticamente modificato e ha rinnovato l’autorizzazione per una terza varietà per l’utilizzo come alimento per l’uomo e per gli animali. Le decisioni della Commissione consentono solo l’importazione di questo mais

Mattei, un progetto che mira a consolidare la sicurezza alimentare attraverso una stretta collaborazione tra Italia e Africa. Il progetto prevede la coltivazione di cereali e legumi secchi su una superficie complessiva di circa 36.000 ettari nelle regioni di Adrar e Timimoun, nel centro dell’Algeria. Inoltre, saranno costruiti 12 silos con una capacità di stoccaggio complessiva di 62.000 tonnellate.

geneticamente modificato per l’uso come alimento e mangime per animali, ma non la coltivazione nell’UE. Le autorizzazioni sono valide per 10 anni e qualsiasi prodotto ricavato da queste colture geneticamente modificate sarà soggetto alle rigide norme dell’UE in materia di etichettatura e tracciabilità.

NUTRI-SCORE

Durante l’ultimo Consiglio Agrifish, i ministri hanno discusso i risultati del simposio sui sistemi di etichettatura nutrizionale, che ha esaminato i diversi sistemi di etichettatura nutrizionale front-of-pack attualmente in uso negli Stati membri dell’Unione Europea. In fase di dibattito, incentrato sulla valutazione dei pro e contro di tutti i sistemi analizzati, l’Italia ha continuato a esprimere forte preoccupazione per il sistema di etichettatura a semaforo Nutri-score, poiché ritenuto in grado di indurre i consumatori a valutazioni semplicistiche e fuorvianti sulla salubrità degli alimenti. L’Italia auspica un approccio olistico che fornisca ai consumatori strumenti per interpretare correttamente le informazioni nutrizionali e fare scelte consapevoli in base alle proprie esigenze e al contesto di un’alimentazione varia ed equilibrata.

PROMOZIONE

La DG AGRI ha annunciato che l’Unione Europea ridurrà il budget disponibile per la politica di promozione dei prodotti agroalimentari, passando da 185,9 milioni di euro previsti per il 2024 a 92 milioni di euro per il 2025. La riduzione comporterà un taglio totale delle risorse per i programmi multipli e le iniziative intraprese dalla Commissione, riservando i contributi disponibili ai soli programmi semplici. Il taglio di tale budget è dovuto alla decisione dei leader europeo di riassegnare il bilancio dell’UE a nuove priorità come, ad esempio, la guerra in Ucraina. La DG AGRI ha sottolineato che se durante i negoziati di trilogo sulla revisione del qua-

dro finanziario pluriennale 2021-2027 si renderà disponibile un budget aggiuntivo per i programmi multipli e/o per le iniziative proprie e/o per altre azioni o spese, verrà proposta una modifica del Programma di Lavoro Annuale 2025 da adottare di conseguenza. In merito al Programma 2025, è stato proposto di aumentare i fondi disponibili per la promozione delle IG da 7 a 9 milioni di euro e per i programmi “altri Paesi terzi” da 15,3 a 17,3 milioni di euro, mentre il biologico dovrebbe subire un taglio di 4 milioni di euro. Il 30 settembre si terrà una discussione del Comitato OCM sulla proposta di della Commissione, che sarà votata il 24 ottobre.

SQNZ

Èstato approvato un nuovo disciplinare di produzione nell’ambito del Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia (SQNZ), denominato “Standard per la Zootecnia da carne sostenibile applicabile alla produzione primaria di carne di bovino adulto e di carne di vitello”. Si aggiunge ai 7 disciplinari già presenti e si applica esclusivamente alla fase di allevamento, ma può essere comunicato nell’etichetta del prodotto finito se viene

CAMPAGNA ASSICURATIVA

Agea ha emanato le Istruzioni Operative n. 83 del 26/06/2024 che prorogano i termini per la presentazione delle domande di pagamento definendo le modalità di chiusura della presentazione delle stesse per le produzioni zootecniche per le campagne assicurative 2019, 2020, 2021 e 2022 e produzioni vegetali per le campagne assicurative 2021 e 2022. Inoltre, stabiliscono il termine ultimo per la presentazione delle domande di pagamento per produzioni vegetali e zootecniche non ancora concesse. Nello

specifico, il documento indica che tutti i pagamenti dei contributi nell’ambito del PSRN riferiti alle annualità dal 2015 al 2022 devono essere conclusi entro e non oltre il 31 dicembre 2025. Per le domande di pagamento produzioni zootecniche per le annualità 2019, 2020, 2021 e 2022 e le domande di pagamento produzioni vegetali per le annualità 2021 e 2022 ammesse entro il 31 agosto 2024, il termine di 90 giorni solari per la presentazione della relativa domanda di pagamento decorre dal 2 settembre 2024.

adottato un approccio di rintracciabilità che assicuri la provenienza degli animali da allevamenti sostenibili e rispettato un periodo minimo di allevamento di 6 mesi. Ogni partita commerciale di prodotto che rispetta i requisiti del disciplinare di produzione in oggetto, deve essere accompagnata da una dichiarazione di sostenibilità che faccia riferimento esplicito al disciplinare di produzione e al relativo certificato di conformità in vigore.

RIPRISTINO DELLA NATURA

Èstato adottato formalmente dal Consiglio dell’Unione Europea il primo regolamento sul ripristino della natura. Il regolamento impone agli Stati membri di definire e attuare misure volte a ripristinare congiuntamente, quale obiettivo dell’UE, almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’UE entro il 2030. La nuova normativa riguarda una serie di ecosistemi terrestri, costieri e di acqua dolce, forestali, agricoli e

ACCORDO UE-KENYA

Il Consiglio dell’UE ha adottato una decisione relativa alla conclusione dell’accordo di partenariato economico (APE) tra l’UE e il Kenya. Non appena entrerà in vigore, l’accordo garantirà a tutte le esportazioni provenienti dal Kenya l’accesso al mercato dell’UE in esenzione da dazi e contingenti, nonché l’apertura parziale e graduale del mercato kenyota alle importazioni provenienti dall’UE. L’ac-

urbani, comprendenti zone umide, formazione erbose, foreste, fiumi e laghi, nonché ecosistemi marini, inclusi praterie marine, banchi di spugne e banchi coralliferi. Introduce inoltre obblighi specifici che impongono misure intese a invertire il declino delle popolazioni di impollinatori al più tardi entro il 2030. Il regolamento sarà ora pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE ed entrerà in vigore.

cordo comprende disposizioni vincolanti in materia di commercio e sviluppo sostenibile, quali la protezione del clima e dell’ambiente e i diritti dei lavoratori, e un meccanismo trasparente di risoluzione delle controversie. Le parti convengono inoltre di collaborare per individuare, riconoscere e registrare i prodotti che potrebbero essere protetti come indicazioni geografiche.

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha emesso il decreto che disciplina le modalità di accesso ai contratti di sviluppo “Net Zero, Rinnovabili e Batterie” per oltre 1,7 miliardi di euro derivanti dai fondi PNRR per agevolare la transizione energetica. I programmi, nello specifico, dovranno avere a oggetto la realizzazione di progetti di sviluppo industriale o di svi-

luppo per la tutela ambientale ed eventualmente progetti di ricerca, sviluppo e innovazione finalizzati alla produzione di batterie, pannelli solari, turbine eoliche, pompe di calore, elettrolizzatori, dispositivi per la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS), nonché programmi di sviluppo per la produzione di componenti chiave e il recupero delle materie prime critiche

L’AI in latteria

Secondo alcuni consulenti digitali l’intelligenza artificiale sta arrivando in caseificio, promettendo incrementi di resa del 7%! I favolosi aumenti sarebbero ottenuti raccogliendo ed elaborando i dati relativi ai quattro fattori principali della trasformazione lattiero-casearia: sale, grasso, umidità e pH.

Certamente i quattro fattori sono statisticamente correlati. Da sempre.

Da secoli i pastori sardi avevano ben compreso che salando generosamente il formaggio aumentano conservazione, umidità e resa.

Quanto al grasso, chi portava scarpe grosse da tempo immemore prestava molta attenzione al prezzo del burro: se costava più del formaggio produceva formaggi magri, se invece costava meno produceva formaggi grassi.

In merito all’umidità presente nel formaggio, qualsiasi casaro normodotato regolava spurgo e resa al limite della difficoltà di grattugiare i formaggi molli. Invece, per quanto concerne il potenziale di idrogeno (il cosiddetto pH), resta da capire se le “novelle correlazioni” saranno trovate con coadiuvanti tecnologici o fermentazioni. Comunque, in entrambi i casi suggeriamo timidamente di digitalizzare anche i corposi trattati di enzimologia e delle scienze delle fermentazioni lattiero-casearie.

Delle due l’una! O lorsignori sono profani in materia o cercano dati e informazioni gratuite per elaborarli e rivenderli. Altrimenti che senso avrebbe asserire che la produzione di formaggio Gouda rappresenta il 50-60% del formaggio consumato al mondo?

Cos’è? Un mega-refuso o una mini-bugia per ottenere una mini-verità?

Però anche questa strategia retorica ha un vissuto millenario… Mi sbaglio o la qualità dei dati inseriti determina la qualità del risultato dell’elaborazione? In latteria l’informatica e la robotica sono entrate da decenni, quindi dall’AI ci aspettiamo ben altro.

Di certo ci aspettiamo macchine sempre più intelligenti, ma sempre controllate e supervisionate dall’Uomo in armonia etica, e che possano aiutarlo a comprendere e distinguere la casualità dalla causalità dei processi di trasformazione lattiero-casearia. Mi sbaglio?

Volete dire la vostra?

Scrivete a: editorialoffice.stlc@quine.it

VINCENZO BOZZETTI

COSTRUIAMO LAVATRICI INDUSTRIALI PROGETTATE CON LA MASSIMA ATTENZIONE POSSIBILE AL RISPARMIO DI ENERGIA , ACQUA E DETERGENTI , GARANTENDO I MIGLIORI RISULTATI DI LAVAGGIO E SANITIZZAZIONE.

INDUSTRIA CASEARIA PET FOOD FARMACEUTICO E COSMETICO

INDUSTRIA DELLE CARNI

DA 20 ANNI L’UNICO PER LA DURABILITÀ

DELLE OPERE IN CALCESTRUZZO

L’impermeabilizzante strutturale, l’iperfluidificante, il compensante di ritiri, l’incrementatore di resistenza.

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.