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12/12/71 - Verona-Atalanta - Gli atalantini in festa al Bentegodi; nella foto si riconoscono Mamo, Lucio, Fulvio, Carlo, Claudio, Dario e Mauri che poco dopo, sul pullman del ritorno, daranno vita ai Commandos
Nascono i Commandos
È
il 1971, l’anno del ritorno nella massima serie. A Bergamo torna così l’entusiasmo e il campionato 1971/72 fa registrare il record di abbonati, oltre 9600. Intanto in un angolo della città, tra le vie Masone e Matris Domini, nasce la leggenda dei Commandos. I fondatori sono un gruppetto di ragazzi tra i 16 e 18 anni che si ritrova praticamente tutti i giorni davanti alla fontana delle poste centrali di via Locatelli o nella vicina latteria in via Matris Domini. È la tipica compagnia di giovani. Abitano tutti in città, e nel pomeriggio dopo la scuola o il lavoro, hanno il loro appuntamento fisso proprio al muretto della fontana. Le loro giornate scorrono via veloci tra due tiri al pallone, una “vasca” sul Sentierone, i soliti discorsi da ragazzi con i loro sogni, le speranze di una generazione che si affaccia agli anni Settanta con l’entusiasmo di chi è convinto di lasciare il segno. E poi c’è la musica, imperversano i Beatles, ma anche complessi nostrani come i Dik Dik e i Camaleonti, canzoni che diventavano la colonna sonora delle feste organizzate per rimorchiare le ragazze. Ma la vera passione che li unisce è l’Atalanta. Seduti al tavolo della latteria del Jim, il
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“vecchio” del gruppo, sfogliando le pagine de L’Eco di Bergamo, si parla sempre del campionato, dei giocatori, della partita appena disputata e di quella della domenica seguente. Se lo ricorda bene Geo che, fra l’altro, è stato l’ultimo presidente della storia dei Commandos: «Eravamo una compagnia di ragazzi - racconta - tifosi sfegatati dell’Atalanta. Molti di noi erano cresciuti insieme perché abitavamo nello stesso quartiere. Altri, che poi sono entrati nel gruppo, li abbiamo conosciuti allo stadio o sui pullman del club Amici durante le trasferte. La nostra è stata un’amicizia nata nel segno di una passione comune, quella per l’Atalanta». La domenica pomeriggio l’appuntamento fisso è allo stadio, in curva Sud. Qualche volta seguono la squadra anche in trasferta con i pullman organizzati dal club Amici dell’Atalanta. Ed è proprio in una di queste domeniche lontane dal Brumana che nasce l’idea di fondare un gruppo proprio, il primo gruppo organizzato di tifosi nerazzurri. «Da noi a Bergamo spiega Geo - il tifo vero, come lo intendiamo oggi, era inesistente. Se si guardavano gli spalti dello stadio si vedevano soltanto tanti cappelli e cappotti. C’era ogni tanto qualche bandierina, ma niente di più. Durante le trasferte invece potevamo vedere come erano organizzati nelle altre città i tifosi dei grandi club dell’epo-
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9/1/72 - Atalanta-Bologna - Sulla recinzione della Sud debutta lo striscione dei Commandos; nella foto un’azione da gol di Magistrelli
ca come il Milan, l’Inter, il Torino, la Fiorentina o la Sampdoria. Ne siamo rimasti affascinati e nello stesso tempo incuriositi. La voglia di creare un gruppo nostro è nata sul loro esempio». E così, il 12 dicembre 71, durante una trasferta delle tante, sette ragazzi della compagnia, Lucio Bazzana, PierMauro “Mamo” Rovetta, Claudio Savoldelli, Maurizio Carsana, Carlo Agazzi, Fulvio Bresciani e Dario Malacarne, decidono di creare il primo gruppo organizzato di tifosi nerazzurri. Si trovano tutti sul pullman del club Amici di ritorno dalla trasferta a Verona. Quel giorno l’Atalanta, con al seguito oltre duecento bergamaschi, ha appena espugnato il Bentegodi per 2 a 1 con una doppietta di Leonardi e un autogol di Vavassori conquistando la sua prima vittoria esterna stagionale. La decisione di fondare i Commandos viene presa quella domenica sera, sull’onda dell’entusiasmo per la bella vittoria in riva all’Adige, sull’autostrada Milano-Venezia durante il ritorno a Bergamo. Tra un’idea e l’altra su come organizzare in modo costante lo sventolio delle quattro bandiere e gli sporadici cori di incitamento che si alzavano fino ad allora dagli spalti del Comunale, nasce, ovviamente, l’amletico dubbio su che nome dare al neonato gruppo. «Le proposte - ricorda Mamo - furono diverse, Brigata, Fossa, Fedelissimi, ma alla fine ci trovammo tutti
d’accordo sul chiamarci Atalanta Commandos. Nella scelta del nome non ci fu nessun significato particolare, men che meno politico; ci piaceva e basta». «Dare il nome Commandos ad un club - fu scritto, nel ’75, in uno dei primissimi numeri del giornalino del gruppo - era ed è per noi, un certo modo per distinguere in due parti la massa dei tifosi: da una parte il “tifo organizzato”, dall’altra il pubblico che assiste in silenzio, senza incitare la propria squadra, quando poi non la fischia». Una delle prime iniziative del gruppo è quella di dotarsi dello striscione da portare allo stadio, al Brumana come in trasferta, con il nome del club. A confezionarlo, con la sua macchina da cucire, ci pensa la signora Gambirasio, mamma di due ragazze della compagnia. Sei metri di lunghezza, metà nero e metà blu, con la scritta bianca, a caratteri molto semplici, “Atalanta Commandos”. Da notare il particolare di quella sorta di virgolette sulla scritta Atalanta, sul cui significato nessuno è riuscito a ricordarne la motivazione. Lo striscione fa il suo esordio allo sta-
12/12/71 Verona-Atalanta Su un pullman degli Amici, al ritorno dalla trasferta nascono i Commandos
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18/1/72 - Milan-Atalanta - Lo striscione dei Commandos, a San Siro, nel suo esordio in trasferta
dio, per la prima volta, il 9 gennaio 72 in occasione della partita Atalanta-Bologna. Attaccato in curva Sud, sulla recinzione del campo dietro la porta, segna così il battesimo ufficiale del nuovo gruppo. Un debutto non molto felice, visto che non solo l’Atalanta non va oltre ad un pareggio a reti inviolate, non riuscendo così a sbloccare il digiuno di gol che persegue da ben 354 minuti, ma in più il tifo dei rossoblu spesso ha la meglio come riportano le cronache della partita: «Il Bologna degli acciaccati (diversi giocatori felsinei erano infortunati) - commentava L’Eco di Bergamo nel resoconto dell’incontro - ha avuto egualmente il suo seguito a Bergamo e non è stato raro sentire l’incitamento all’indirizzo dei petroniani, un incitamento che è andato aumentando, col passare dei minuti, quando il pareggio andava facendosi sempre più a portata di mano». La domenica successiva, 16 gennaio, lo striscione dei Commandos è esposto per la prima volta lontano dal Comunale; l’Atalanta gioca a San Siro contro il Milan e oltre cinquecento bergamaschi, appostati nel secondo anello al centro con lo striscione appeso sulla balconata, fanno sentire tutto il loro incitamento, ma purtroppo i nerazzurri sono sconfitti da Rivera e compagni per uno a zero.
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I Commandos si presentano e aprono la prima sede
I
n quei primi mesi dell’anno, è il 1972, i ritmi diventano frenetici. I ragazzi, elettrizzati dalla decisione presa quella sera di dicembre, si danno da fare su più fronti per costituire un vero e proprio gruppo dotato di una precisa organizzazione. I Commandos innanzitutto aderiscono al Centro Coordinamento clubs Amici dell’Atalanta e si presentano ufficialmente già il 19 dicembre 71, ad una sola settimana dalla fondazione, in occasione della 2^ Assemblea Triennale del club Amici, nel gremitissimo Teatro Alle Grazie, in viale Papa Giovanni. Con gli Amici i rapporti, in seguito, saranno spesso piuttosto critici, tanto che i presagi si vedono già alla ufficializzazione dei Commandos. Tre anni dopo, infatti, sul giornalino del gruppo, l’articolo relativo alla terza assemblea generale si conclude con una punta polemica nei confronti degli altri clubs ufficiali nerazzurri: «Tre anni fa scrivevano - quando all’ultima assemblea il nostro leader Lucio pronunciò il nome del nostro club, allora con pochi giorni di vita, tutti i presenti scoppiarono in una risata fragorosa. Cari signori, perché non ridete anche adesso?». Dopo il passo dell’ufficializzazione del gruppo tra i sodalizi dei tifosi atalantini, i ragazzi
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30/1/72 - Atalanta-Inter - L’entusiasmo dei Commandos al primo incontro casalingo con una grande
dei Commandos si mobilitano per trovare al più presto una vera e propria sede (fino a quel momento i ritrovi erano all’aperto o alla solita latteria del Jim) per legittimare ancor di più la fondazione del club per avere un punto di riferimento sempre disponibile. In poco tempo riescono ad affittare, a 150 mila lire l’anno (!), un piccolo locale fronte strada, trovato dal Claudio Savoldelli, al civico 28 di via San Tomaso. «È stata la nostra prima sede storica - spiega Geo erano due piccole stanze ricavate da un vecchio negozio. L’avevamo addobbata tutta con bandiere dell’Atalanta, poster della squadra e poi, non contenti avevamo anche colorato le piastrelle di nerazzurro; l’appuntamento fisso era il giovedì per la riunione ufficiale del gruppo e poi la domenica prima della partita: da via San Tomaso andavamo tutti allo stadio in corteo con le nostre bandiere e i tamburi. Ma ci ritrovavamo anche durante la settimana per raccogliere le iscrizioni e organizzare le domeniche. Il sabato pomeriggio invece la utilizzavamo per le feste. Del resto eravamo dei ragazzini: era un’occasione d’oro per invitare le ragazze. Si mettevano soprattutto i lenti per ballare con loro, insomma, per un giorno, la sede diventava anche una sorta di balera». Quello delle festicciole del sabato è un particolare che ricorda anche la Gegia in un articolo pubblicato sul giornalino nel maggio ’78: «Ho conosciuto
i Commandos nel lontano 1974 - si leggeva - per una banale coincidenza, infatti, ero giunta a una delle loro “feste” tramite l’invito di una certa Franchina che era una delle ragazze che in quel periodo frequentava la loro sede. Mentre ci incamminavamo verso la vecchia sede di via San Tomaso, la mia amica mi raccontava che allo stadio i Commandos erano considerati dai più giovani non solo come degli “star” tra i tifosi dell’Atalanta, ma anche come ragazzi moderni desiderosi di divertirsi. Finalmente arrivammo in sede e devo riconoscere che la prima impressione non fu molto positiva; la stanza era piuttosto buia quindi non ero in grado di distinguere alcun viso, diversi ragazzi e ragazze ballavano, altri discutevano tra di loro. Non mi sono mai sentita così a disagio, mi riuscivano tutti antipatici e ricordo che anche se con altro termine, li ho definiti “fighetti” desiderosi di uscire dalla noia. L’unica cosa che desideravo era che quella festa finisse al più presto. Me ne stavo seduta quando verso sera è arrivato il Lucio, l’ormai intramontabile capellone del club; forse solo allora ho cominciato a divertirmi. Mi era sembrato subito diverso, più semplice anche se solo ora riconosco che il mio giudizio verso gli altri è stato avventato, infatti sono tutti tra i miei migliori amici». Sabato a parte, però, il resto della settimana viene dedicato alle attività del gruppo, tra cui, fondamentale, la campagna tesseramento che alla prima stagione raggiunge quota cinquanta iscritti (costo
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21/5/72 - Atalanta-Milan - Tra i Commandos aumentano anche le bandiere
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2/4/72 - Atalanta-Verona - I Commandos cominciano ad attirare numerosi ragazzi
della tessera 500 lire). Come ogni buon club, anche i Commandos si dotano di uno statuto, una sorta di regolamento interno con i principi fondamentali del gruppo e le regole che tutti gli iscritti devono seguire. Con lo statuto vengono assegnati gli incarichi e divisi i compiti: primo presidente è nominato Jim, il più anziano, nonché proprietario della latteria di via Matris Domini dove i ragazzi si trovavano tutti i pomeriggi; il vice è Mamo e Claudio Savoldelli è il segretario. A quel punto “l’associazione dei tifosi” era costituita. «Avevamo voluto dare da subito un’impostazione ben precisa al gruppo - rammenta Jim - con le regole da seguire e con la divisione dei compiti. Nello statuto era contenuta anche la mentalità dei Commandos: la nostra filosofia era quella di seguire sempre la squadra, anche in trasferta, e sostenerla dal primo all’ultimo minuto. E poi c’era il discorso della violenza che era assolutamente bandita. Chi non seguiva questa regola veniva espulso dal gruppo. Per tenere sotto controllo i ragazzi alcuni di noi facevano i vigilantes in curva per evitare che facessero casino».
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Lo Statuto dei Commandos
«S
i costituisce a Bergamo il 12 dicembre 1971 un club denominato Atalanta Commandos con lo scopo di sostenere la squadra del cuore - l’Atalanta - e in secondo luogo di organizzare manifestazioni sportive». Così recita l’articolo 1 dello Statuto dei Commandos approvato il 20 dicembre 73. La filosofia del club fondato dai giovanissimi supporters atalantini è concentrata tutta nei quattro commi dell’articolo 2 dove si enuncia lo spirito di responsabilità collettiva nel prendere le decisioni e la distanza presa da ogni corrente o partito politico giustificata dal fatto che per i Commandos questo gruppo ha carattere “assolutamente sportivo”. Si sottolinea anche che il club non ha fini di lucro ed è improntato alla pacifica convivenza. Un aspetto che lo statuto contempla esplicitamente è il carattere sociale del gruppo. Così è scritto in un articolo uscito sul giornalino dei Commandos cinque anni più tardi, in occasione
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Febbraio ‘72 - Foto di gruppo nella prima sede in via San Tomaso.
dell’anniversario della nascita del club, dove si ricordavano, e si riaffermavano, le ragioni che avevano spinto dei ragazzi ad unirsi nel nome dell’Atalanta. «Il club ha una forza sociale - scrivevano - una forza di attrazione sui giovani e un carattere di apertura e democraticità… Il club dà a tutti quanti sono uniti dalla comune passione nerazzurra l’occasione per incontrarsi, conoscersi e capirsi anche al di là della contingente partecipazione alla partita: il club non è un ente astratto, ma nasconde sotto lo striscione i cuori e i cervelli di persone che si battono per un fine comune, senza interessi particolaristici. E sotto questo punto di vista il club ha una funzione profondamente educativa e formativa perché insegna ad accettare il punto di vista degli altri ed esprimere il proprio senza polemiche né ripicche e consente un contatto umano sempre nuovo ma mai superficiale». Per dichiararsi iscritti è sufficiente la tessera vidimata per la stagione in corso e, cosa importante, sono considerati simboli ufficiali lo stendardo con la scritta “Atalanta Commandos” e tutto il
materiale propagandistico di produzione propria. Possono diventare soci, è scritto a chiare lettere nell’articolo 3, «tutte quelle persone che accettano gli obblighi dello Statuto». Ma il gruppo si riserva, per così dire, di accettare il socio secondo un suo giudizio insindacabile. Tra i suoi componenti il club annovera oltre ai soci ordinari anche quelli onorari, un riconoscimento che può conferire soltanto l’assemblea ordinaria dei soci su proposta del consiglio direttivo. In sostanza il “fortunato” ha diritto a tutte le agevolazioni riservate ai soci senza pagare la quota di iscrizione. Ma gli iscritti hanno anche dei doveri ben precisi, come quello di difendere il buon nome del club, oltre al diritto di poter frequentare la sede. Tra le limitazioni, invece, anche nell’articolo 5 viene riportato l’obbligo di non mostrare tendenze politiche «nel corso delle manifestazioni, allo stadio e alle riunioni del club». In sostanza i Commandos nascono come gruppo apolitico e apartitico tanto da vietare, attraverso lo Statuto, a qual-
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28/5/72 Atalanta-Napoli Ecco come L’Eco descrive l’invasione pacifica dell’ultima di campionato
siasi iscritto di fare propaganda politica. In modo particolare allo stadio, il che significa niente bandiere o striscioni inneggianti a simboli che non fossero quelli dell’Atalanta. Come già accennato, gli organi interni sono l’assemblea generale dei soci e il consiglio direttivo. La prima è composta da tutti gli iscritti al club e viene convocata una volta all’anno (in occasione del bilancio), salvo convocazioni straordinarie. Presieduta dal presidente del club delibera a maggioranza dei presenti: ogni iscritto ha diritto ad un voto. Ma quali sono gli argomenti trattati dall’assemblea generale? I temi sono innumerevoli: si va dalla decisione di cambiare la sede, ai problemi di carattere economico, alla discussione sulla posizione da occupare allo stadio solo per citarne alcuni tra i più dibattuti. Come in ogni associazione che si rispetti l’assemblea ha anche il compito di nominare i membri del consiglio direttivo, l’organo decisionale del gruppo. Salta all’occhio una stranezza contenuta nello Statuto e cioè che il numero dei componenti è indefinito: i ragazzi non hanno voluto indicare un numero preciso lasciando così la possibilità a tutti di proporre la candidatura e sperare di venire eletti. La carica, comunque, è della durata di un anno. I Commandos hanno inserito nel capitolo “Organi del gruppo” anche il “Notiziario Atalanta Commandos” l’organo di informazione dei soci del club: il giornalino, così recita l’articolo 27, può trattare tutti gli argomenti che risultano nei fini dello Statuto, ma assolutamente «non deve offendere le convinzioni morali, politiche e religiose dei lettori». Insomma si tratta di un giornale di informa-
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29/3/72 - La prima uscita dei Commandos su L’Eco di Bergamo
zione del club molto rigoroso, soggetto sempre al giudizio del consiglio direttivo, dove vengono riportate e discusse tutte le questioni interne del club. Tuttavia i Commandos non pongono alcuna limitazione alla libertà d’opinione dei soci: tutti infatti possono collaborare alla stesura del giornale con propri articoli. Un altro organo del gruppo è la rappresentativa di calcio, la squadra amatoriale dei Commandos. «I colori sociali della squadra - riporta l’articolo 34 dello Statuto - il cui nome ufficiale è “R.C. Atalanta Commandos” sono: maglia azzurra con bordi neri, calzettoni neri con risvolto nerazzurro e calzoncini neri» (molto utilizzata è però anche la maglia arancione). A questa si aggiunge il Gruppo podistico definito dallo statuto “l’organo rappresentativo di massa del Club” che partecipa alle gare non competitive, tra cui la celeberrima “100 km del Passatore” (Faenza-Firenze).
La vera anima dei Commandos però emerge soltanto negli ultimi articoli del regolamento del gruppo: l’articolo 36 illustra chiaramente cosa significa essere un membro dei Commandos. La mentalità del gruppo, per l’iscritto, deve diventare parte integrante della sua vita tanto che le norme Statuto devono venire rispettate scrupolosamente da ogni componente del club. E non solo nelle riunioni ufficiali dei Commandos ma anche «entro le mura dello stadio, in casa come in trasferta, e nelle zone limitrofe nel raggio di un chilometro da esse». Questo vuol dire niente episodi di violenza dentro e fuori lo stadio, nessun simbolo politico ma soltanto cori, incitamenti e striscioni per l’Atalanta. Per chi trasgredisce c’è sempre l’articolo 38, l’ultima norma dello statuto, che prevede il richiamo, la diffida o l’espulsione dal club contro chi viola i principi contenuti nello Statuto.
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Nella foto in basso la curva Nord come si presentava prima dell’ampliamento (un’immagine di fine anni ’60 con Dell’Angelo tra i dirigenti Previtali e Leidi) e nella foto a fianco durante i lavori (Atalanta-Mantova del 27/2/72)
Dalla Sud alla Nord: il cuore del tifo neroblu cambia curva
L
a stagione 1972/73, la seconda in serie A dopo la promozione agli spareggi di Bologna del ’71, non parte certo bene per i tifosi atalantini. Alla terza di campionato, il 7 ottobre, i nerazzurri subiscono la più pesante sconfitta della loro quasi centenaria storia: 9 a 3 a San Siro contro il Milan! Un passivo che per anni i tifosi milanisti, ad ogni incontro contro l’Atalanta, ricorderanno scandendo in coro i numeri da uno a nove. Nel frattempo i Commandos continuano la loro attività, anche se, perso l’euforico entusiasmo dei primi momenti e complici pure gli scarsi risultati della squadra dell’allenatore Giulio Corsini, gli iscritti a fine stagione risulteranno praticamente dimezzati, toccando la misera quota di 28 soci. È importante ricordare che ci stiamo riferendo alla preistoria del tifo ultras, quindi non devono assolutamente sorprendere, in negativo, queste cifre, soprattutto se paragonate alle migliaia di ultrà bergamaschi degli anni seguenti. Nonostante i tesserati si siano ridotti,
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allo stadio i Commandos iniziano a raccogliere intorno a loro un numero sempre crescente di giovani e non fanno mai mancare il loro incitamento, neanche in trasferte proibitive come Cagliari, Roma, Napoli e Terni. Se per gli incontri più lontani da Bergamo i viaggi vengono effettuati in tre o quattro in auto o in treno, per le destinazioni più vicine i Commandos si avvalgono delle carovane di pullman organizzate dal club Amici. «Tra noi ci si metteva d’accordo - spiega Jim perché si andasse tutti a prenotare il posto il primo giorno di apertura delle iscrizioni, in modo da ritrovarci poi sullo stesso bus, solitamente il numero 1». Al Comunale, intanto, si registrano i primi incidenti sulle tribune, anche se non si può certo affermare che la violenza da parte dei tifosi atalantini sia una novità, visto che si hanno tracce di zuffe e scazzottate fin dagli anni venti nelle sfide con la Trevigliese e le squadre milanesi. Emblematico, in tal senso, è quanto riportato da Renato Ravanelli nel libro “Atalanta 80”: «Nel campionato 1923/24 i tifosi scrivono una delle loro prime pagine nere dopo una vittoria del Saronno per 1 a 0 alla Clementina (il vecchio campo da gioco; l’attuale Brumana risale infatti al 1928). Ritenendo, al solito, l’arbitro colpevole del misfatto, un gruppo di scalmanati lo insegue con la bava alla bocca per l’ira e il fiatone. Infatti il direttore di gara è raggiunto solo alla stazione di Treviglio: e giù botte da orbi. Fiocca così la prima squalifica ufficiale del campo. Il bis, tra l’altro, si fa attendere solamente un anno; stavolta i tifosi nerazzurri se la prendono con i supporters del Como. E pensare che sul campo la squadra lariana era stata sconfitta 2 a 0! A tavolino il risultato viene capovolto a favore dei comaschi e l’Atalanta si ritrova all’ultimo
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1972/73 - I Commandos cambiano curva per il cartellone delle Terme di Trescore che impedisce l’esposizione dello striscione
posto alla pari con Trevigliese e Canottieri Lecco». Tornando alle intemperanze del campionato 1972/73 i primi episodi si registrano il 3 dicembre 72 in occasione dell’incontro casalingo con l’Inter; in un movimentato dopopartita, infatti, alcuni tifosi bergamaschi se la prendono, all’uscita degli spogliatoi, con gli interisti Corso e Boninsegna. L’auto del Mariolino nazionale quasi viene rovesciata, mentre quella del centravanti subisce notevoli danni alla carrozzeria; Bonimba reagisce vivacemente nei riguardi dei contestatori e solo grazie all’intervento della polizia può ripartire per Milano con la vettura ammaccata. Un mese dopo, il 7 gennaio, al Comunale è di scena la Fiorentina; al 73’ a causa di un rigore concesso ai viola dall’arbitro Michelotti, uno dei fischietti più discussi del periodo, dalle tribune arriva in campo una pioggia di bottigliette e di altri oggetti. Con la Sampdoria, il 4 marzo, invece la battaglia scoppia in curva Nord, dove in due riprese, poco prima dell’inizio della partita e poi nell’intervallo, atalantini e doriani vengono alle mani. La peggio tocca ai liguri con un trentaquattrenne finito all’ospedale per una bottigliata in testa e il suo amico che gli era accanto svenuto per lo spavento. Anche nel dopopartita gli animi restano caldi: la sconfitta per 2 a 0 rimediata dai nerazzurri provo-
ca la pesante contestazione dei bergamaschi e a farne le spese è Carlo Pirola, difensore dell’Atalanta, che viene aggredito ad insulti da parte di un gruppetto di tifosi incazzati. Anche negli altri stadi del resto il clima si surriscalda spesso sulle tribune, tanto che a Torino, con i granata, i Commandos perdono lo striscione! (vedi pagine seguenti) Una data storica per la tifoseria atalantina è il 18 marzo 73 e al Comunale si gioca Atalanta-Bologna: è la domenica in cui i Commandos si trasferiscono in curva Nord, dando così inizio alla leggenda di una delle curve più importanti del panorama ultrà italiano ed europeo. Alle origini dello spostamento due motivi: il primo, il costo del biglietto che in curva Nord è più economico di circa il 20% rispetto a quello della Sud (nelle partite normali, in Nord si paga 2000 lire mentre in Sud 2400). Ma perché questa differenza di prezzo? «Il motivo di questo sconto in curva Nord - spiega l’ex segretario dell’Atalanta Giacomo Randazzo - era dovuto al fatto che la visuale era disturbata dal sole, mentre la
4/7/73 Atalanta-Sampdoria Scoppiano i primi incidenti con i tifosi avversari
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18/3/73 - Atalanta-Bologna - In una panoramica della Nord è visibile la nuova postazione dei Commandos
18/3/73 At a la nt a -B ol ogna I prezzi dei biglietti dei vari settori del Comunale; come si può notare la Nord è più economica della Sud
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Sud era all’ombra; questa tariffa ridotta era ormai una tradizione consolidata che eliminammo solo nel 76 quando uniformammo i prezzi delle due curve». Il secondo motivo, ma non per questo meno importante, è il famigerato cartellone pubblicitario “Terme di Trescore”, posto in curva Sud a ridosso della gradinata, che impedisce l’esposizione in balconata dello striscione; gli ultras vivono per il proprio striscione, che è il simbolo e la bandiera del gruppo, quindi l’impossibilità di poterlo attaccare proprio sulla balconata da cui si fa il tifo è una condizione insopportabile. E così, con il boom degli striscioni dei vari club, al Comunale scoppia anche la questione dei cartelloni pubblicitari che si protrarrà per qualche anno (ma di questo argomento ne parliamo più avanti). La Nord, in particolare la balconata vicina alla tribuna coperta, infatti ha ancora degli spazi non occupati dalla pubblicità ed inoltre, si può, come dichiarato dai Commandos a L’Eco di Bergamo, «far sentire l’appassionato incitamento ai giocatori nerazzurri sin dall’ingresso in campo» considerato che l’accesso degli spogliatoi è proprio sotto la
Nord (è questa la motivazione ufficiale dello spostamento). Nella “nuova” curva il tifo cresce sia in quantità che in qualità, migliorando nell’organizzazione con bandiere sempre più grandi (quella del Lucio è gigantesca) e striscioni più elaborati. Ma è in occasione della incredibile e sciagurata ultima di campionato in casa con il Vicenza (20 maggio) che si registra la più grossa novità nel modo di incitare: per la prima volta, infatti, compaiono tra i Commandos i tamburi. Una svolta storica, tra i primissimi in Italia, nello stile del tifo che però, purtroppo, non porta fortuna visto che l’Atalanta, sconfitta per 1 a 0, conosce la più assurda ed inaspettata retrocessione della sua storia. I tamburi li procura, alla vigilia della sfida salvezza con i biancorossi, il povero Fulvio Bresciani (scomparso in un tragico incidente nel ’75 a soli 21 anni) che impegnando la propria chitarra e con l’aggiunta di una faticosa colletta tra i soci più attivi, acquista dal principale negozio di strumenti musicali in città, il Ghisleri, una batteria di seconda mano completa anche di piatti. Ma la delusione e la rabbia per la tragica sconfitta con il Vicenza sono troppo forti e provocano la dura contestazione della tifoseria tanto da obbligare i giocatori nerazzurri a lasciare lo stadio da una porta secondaria.
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20/5/73 - Atalanta-Vicenza - Grande tifo dei Commandos per lo “spareggio” salvezza con il Vicenza
Lo striscione perso a Torino
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e lo Statuto dei Commandos proibiva agli iscritti di rendersi protagonisti di azioni di violenza è anche vero che qualche scazzottata allo stadio ogni tanto era inevitabile. È passata alla storia quella dell’11 marzo 73 al vecchio stadio Comunale di Torino. L’Atalanta gioca contro la squadra granata. È il Torino di Pulici e Sala che quella domenica sconfigge 2 a 1 i nerazzurri. L’Atalanta va subito in vantaggio nei primi minuti della partita con Carelli, ma viene raggiunta e superata dal Toro. In quattro minuti prima pareggia Pulici e poi il gol partita di Rampanti. “Una sconfitta che si poteva evitare” titolava l’Eco di Bergamo nella cronaca del lunedì. «I nerazzurri hanno giocato meglio - giudicava Elio Corbani rispetto alla disastrosa prova con la Samp, ma hanno sciupato buone occasioni in fase di realizzazione». E poi: «La soddisfazione purtroppo manca o è comunque largamente attenuata, proprio perché c’è in tutti la consapevolezza di aver subito una sconfitta immeritata, comunque evitabile. L’Atalanta di oggi non è sicuramente apparsa inferiore al Torino». Questa la cronaca della partita. Ma facciamo un passo indietro.
È domenica: i Commandos si apprestano ad affrontare la trasferta di Torino con il loro solito entusiasmo muniti di sciarpe, magliette e del loro mitico striscione. I tifosi bergamaschi occupano la curva Filadelfia, quella dei sostenitori della Juventus: davanti a loro la curva Maratona dei tifosi del Torino. Sembra una partita come tante con cori, sfottò e bandiere. Ma durante l’incontro gli Ultras granata, con un’incursione inaspettata nel settore degli
20/ 5/73 Ata la nta -Vicenz a Per la prima volta fanno la loro comparsa i tamburi
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18/3/73 - Atalanta-Bologna - I Commandos fuori dall’hotel San Marco festeggiano, insieme al club Amici di Nembro, la vittoria con i rossoblu, ma anche la prima uscita del nuovo striscione
ospiti, approfittando di un attimo di distrazione dei bergamaschi, da sotto, riescono a strappare lo striscione dei Commandos appeso in balconata e se lo portano in curva come un trofeo di guerra. Al termine dell’incontro lo striscione verrà bruciato dai granata sotto gli occhi di sette temerari Commandos che si erano spinti fin dentro la Maratona per riprenderselo. Di questo episodio, a distanza di anni, ci sono diverse versioni tra cui quella di Carlo Agazzi raccontata in un articolo del giornalino nel 1978: «È con vero piacere - esordiva - e con tanta nostalgia che vi narro la vicenda che ci avuti protagonisti cinque anni fa al Comunale di Torino. Quella resterà sempre una giornata indimenticabile. Infatti a quei pochi e vecchi Commandos ne capitarono di tutti i colori». «Avevo 17 anni - continuava Carlo - il club era già stato fondato ed allora come adesso seguivamo la squadra in trasferta e data l’esuberanza e l’incoscienza, ogni viaggio era un’avventura. La partita iniziò molto bene per l’Atalanta, infatti Carelli dopo pochi minuti dal fischio d’inizio segnò il gol del provvisorio vantaggio; ma per nostra sfortuna Rampanti e Pulici ribaltarono la situazione a favore dei granata. L’incontro si risolse con la sconfitta dell’Atalanta ma non fu questa la causa del nostro principale dispiacere. Accadde infatti che verso la fine del secondo tempo il nostro vec-
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chio glorioso striscione cadde nelle mani dei famigerati (anche allora erano famosi) Ultras granata che se ne impossessarono anche furbescamente a scapito della nostra buona fede ed anche di tanta, tanta ingenuità. Sorpresa sgomento e rabbia quando ce ne accorgemmo!». E così Lucio, Mamo, Carlo, Jolly, Claudio, Geo e Dario, decidono di andare a riprenderselo. «Eravamo decisi a riprendercelo e allora finì che quei sette Commandos partirono decisi a tutto. E successe di tutto. I carabinieri ci negarono il loro aiuto, ma non ci dammo per vinti, fu facile raggiungere la curva granata e lì iniziò una furibonda rissa. Che botte! Ma tutto fu vano: lo striscione non venne recuperato, l’unica consolazione fu, una volta tanto anche per noi, di averle suonate di santa ragione!». Ha inizio da quell’episodio la rivalità con i tifosi del Toro che sfocerà, anni dopo, in veri e propri scontri. Cinque anni dopo saranno proprio i tifosi atalantini a restituire ai granata “il favore”, e con gli interessi. Dopo quella partita, però, era necessario preparare un nuovo striscione. A realizzarlo ci pensa il Lucio che, per accelerare le operazioni, la domenica successiva ci sarebbe stato di scena al Comunale il Bologna, non esita a restare a casa in malattia una settimana per imbastire, con l’aiuto
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18/3/73 - At al a nt a -B ol ogna - Una data importante: i Commandos sono per la prima volta in Nord e debutta anche il nuovo striscione
della madre, il nuovo stendardo. Il secondo striscione della storia dei Commandos, rispetto al primo, presenta però una novità: accanto alla scritta “Commandos” compaiono due simboli costituiti da un pugno e una mano che indica la “V” di vittoria. La scelta non piace a tutti e all’interno del gruppo nascono i primi dissapori: il pugno, allora simbolo dei gruppi estremisti di sinistra, è al centro delle contestazioni della maggioranza dei fondatori. Era un simbolo ideologico che non poteva essere accettato visto che il gruppo si era definito, fin dalla sua costituzione, apolitico. Alla fine la linea presa dai Commandos è una via di mezzo: il pugno, tra l’altro della
mano destra, sarebbe rimasto sullo striscione ma non come immagine politica. Il pugno con la “V”, è stata questa poi la linea del gruppo, stavano a significare semplicemente un generico “uniti si vince” senza allusioni a nessun partito. A distanza di anni è il Mamo, uno dei fondatori, che spiega come è andata la storia: «Quel pugno aveva provocato molte discussioni. Ero stato io, insieme ad altri, a volerlo. Avevamo idee di sinistra e avremmo voluto dare questa impronta anche ai Commandos. Non tutti però erano d’accordo. La maggioranza vedeva nel pugno soltanto un simbolo di unione. E visto che la “V” stava per vittoria, si optò per il motto “uniti si vince” e si chiuse la polemica».
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10/2/74 - Atalanta-Como - I Commandos in azione; sul finire del campionato la società vieta l’uso dei tamburi
Scoppia la grana dei tamburi
I 10/6/74 Ave ll ino-At a la nta Lo striscione dei Commandos non manca neanche allo stadio Partenio
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l loro debutto risale al 20 maggio 73 in occasione della sciagurata partita casalinga con il Vicenza che ha segnato la rocambolesca retrocessione in B dell’Atalanta. Da allora hanno accompagnato costantemente il tifo della curva Nord, creando però forti malumori tra gli spettatori degli altri settori per il loro continuo frastuono. Ad un solo anno dalla loro prima apparizione al Comunale, i tamburi dei Commandos finiscono già nell’occhio del ciclone. A sferrare l’attacco contro “l’incessante rollio” proveniente dalla curva Nord è il club Amici nella sua rubrica settimanale su L’Eco di Bergamo. Il 15 maggio 74, infatti, per tutelare la società dalle multe provocate proprio dai tamburi (può sembrare assurdo, ma nei primi anni ’70 secondo la Lega Calcio l’utilizzo di trombe a batteria e strumenti a percussione da parte del pubblico reca danno agli avversari) il Centro Coordinamento, dopo l’ennesi-
ma ammenda da parte della Lega Calcio di 800 mila lire, «invita i Commandos a lasciare a casa i tamburi, limitandosi ad esprimere a voce il loro incitamento alla squadra». «Il nostro - continuavano gli Amici - non vuole essere né un rimprovero né una imposizione, ma un invito a collaborare con la società che non può permettersi il lusso di versare alla Lega sottoforma di multa il 30 per cento dell’incasso netto, come è avvenuto per l’ultima gara casalinga». Dopo ampia discussione interna, il direttivo dei Commandos decide a malincuore di rinunciare ai tamburi e per questo sacrificio l’Atalanta non lesina ringraziamenti. Con una lettera firmata dal consigliere delegato Enzo Sensi (da sempre disponibile interlocutore con la tifoseria più appassionata tanto da diventare, qualche anno dopo, egli stesso socio dei Commandos), pubblicata la settimana successiva nella consueta rubrica degli Amici su L’Eco, «la società ringrazia in modo sincero e sentito il club dei Commandos per la sensibilità e l’ulteriore prova di attaccamento ai nostri colori palesate in occasione della partita con la Reggiana. Sappiamo benissimo cosa significa per Lucio Bazzana e compagni rinunciare ai tamburi e alle trombe e appunto per questo il loro incitamento vocale vale enormemente. Ancora grazie e cordiali saluti». Non poter arroventare le pelli dei rullanti e delle gran casse per gente come il Palmer e Mauri-
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1978/79 Un’immagine della Nord per evidenziare quanti tamburi vengono utilizzati; si è arrivati addirittura ad usarne 35 tra Commandos, Brigate e Sbandati
15/5/ 74 - Ecco il primo “invito” del Club Amici a non portare al Comunale i tamburi pubblicato su L’Eco di Bergamo
zio Morea (il vicecapo tamburi), non è certo facile. Dopo quasi tre mesi di astinenza nella stagione 1974/75, infatti, l’1 dicembre 74, alla 3^ Assemblea triennale del club Amici, al Teatro alle Grazie, prende la parola, come portavoce dei Commandos, l’emozionatissimo Renzo “Dedo” Zanini (delegato ai rapporti con il Centro Coordinamento). E tra gli applausi delle ultime file (tutti Commandos!) chiede di poter riportare allo stadio i tamburi. Inaspettata la risposta del dottor Sensi, asceso in quel periodo alla carica di presidente dell’Atalanta per le temporanee dimissioni di
Achille Bortolotti: «Oggi andate pure allo stadio con i tamburi e speriamo che portino buono. Non ci interessa la multa; io come voi, sono innanzitutto un amico dell’Atalanta e voglio che essa torni alla vittoria. Pertanto se il sostegno dei tamburi servirà ad aiutare Marchetti e compagni ben vengano le multe». E in sala, in particolare nelle solite ultime file, scoppia il tripudio! La tregua dura fino alla seconda giornata del campionato successivo (1975/76), quando, il 5 ottobre 75, i Commandos, sulle ali dell’entusiasmo per la vittoria casalinga con il Catanzaro, seguono l’Atalanta nella trasferta di Vicenza portandosi anche rullanti e grancasse. La società si becca l’ennesima multa (100 mila lire) e dal club Amici iniziano ad arrivare una serie di avvisi di lasciare a casa i tamburi per le successive partite casalinghe. Lucio, Palmer e compagni stavolta non mollano e, così, la società interviene convincendo il club Amici a pubblicare, dopo la partita con la Ternana (e l’ennesima multa, questa volta 170 mila lire) nella sua rubrica un altro duro attacco ai Commandos e ai Superstar (di questo gruppo ne parleremo più avanti visto che rappresenta una delle radici da cui nasceranno le Brigate Neroazzurre) dal titolo “Basta con i tamburi!” a cui ne fa seguito un altro, ancora più pesante, quindi-
23/10/ 75 Il secondo avvertimento degli Amici per i tamburi
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29/9/73 - Com o-Ata la nta - Migliaia di bergamaschi seguono la squadra in riva al Lario per la prima di campionato
L’Eco e leader indiscusso del club Amici. Comincia il dialogo, poi la bagarre e alla fine le acque si placano, ma l’atmosfera resta comunque tesa. Per risolvere la grana dei tamburi sarà necessario un altro incontro, a distanza di un mese, questa volta nella sede dei Commandos, con Sensi e Randazzo. «Il dottor Sensi (passato alla vicepresidenza dopo il “ritorno” di Bortolotti) - è riportato nel resoconto della riunione - dapprima ha sottolineato l’importanza del tifo organizzato ed ha elogiato in modo particolare i Commandos che, sono parole sue, “lo svolgono in modo encomiabile”. Quanto ai tamburi, il segretario Randazzo ha riconosciuto l’enorme fascino che essi esercitano in modo particolare sui bambini (ed ha citato il caso personale di suo figlio), spettatori potenziali di domani e quindi ha sottolineato il vantaggio economico che ne potrebbe derivare alla società. D’altra parte ha ribadito che le multe hanno una notevole incidenza sul bilancio societario e che bisogna evitarle assolutamente. Si è così giunti all’accordo di portare i tamburi allo stadio, ma di suonarli moderatamente e ad intermittenza; il responsabile, Palmer, si è impegnato in tal senso e d’altra parte il dottor Sensi ha detto di aver compiuto dei passi presso la Lega perché i tamburi non siano considerati rumori di disturbo». Da quell’incontro i tamburi diventano una presenza fissa in curva Nord tanto da raggiungere numeri altissimi. Si pensi che nel campionato 1979/80 si arriverà a contarne, tra Commandos e Brigate, addirittura trentacinque 7/11/75 - Non c’è due senza tre: ecco il terzo minaccioso ultimatum pubblicato su L’Eco tutti attaccati in balconata! ci giorni dopo, prima della gara casalinga del 9 novembre contro l’Avellino, titolato “Allo stadio senza i tamburi”. La reazione dei Commandos non si fa attendere. Nella partita con gli irpini in curva Nord non si vedono né tamburi né bandiere per protesta non tanto nei riguardi della società, bensì contro il club Amici, che tra l’altro, alcuni giorni dopo, quasi come presa in giro, ringrazia tutti pubblicamente, in particolare i Commandos, anche a nome della società «per la dimostrazione di maturità sportiva offerta» dai sostenitori nerazzurri della curva Nord. La tensione è alta e a questo punto il segretario generale dell’Atalanta Giacomo Randazzo convoca il Jim, presidente dei Commandos, per un incontro chiarificatore con un rappresentante del Centro Coordinamento. Alla riunione, a sorpresa, si presenta anche Elio Corbani, allora come oggi potentissimo giornalista de
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1974 - Un’immagine della squadra dei Commandos
Non solo spettatori: i Commandos si danno anche al calcio giocato e alle camminate
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li ultrà della Nord non risparmiano mai energie la domenica sugli spalti ed è per questo che, forse, le loro avventure calcistiche, inteso con il pallone fra i piedi, non hanno mai dato dei grandi risultati. I Commandos, infatti, fin dai primi anni hanno una squadra che colleziona quasi solo sconfitte. Le partite si svolgono soprattutto in città, al campo Carnovali, contro rappresentative di aziende e di altri club atalantini. Sono i tempi in cui vanno di moda le mitiche “Tepa”, le scarpe da ginnastica e da calcio con la “V” bianca sul dorso, e le magliette da calcio sono quelle modello “strozzacollo”, nel senso che il girocollo è talmente stretto da strozzarti. Lucio & compagni indossano, fin dalle prime uscite, una divisa dalla maglia arancione e pantaloncini bianchi, colori che cambieranno solo dopo una lunga serie di sconfitte. Poi si opterà per i più amichevoli colori nerazzurri (maglia azzurra
con doppia banda orizzontale sul lato sinistro, sul modello della vecchia maglia del Monza, e lo stemma del club sul petto); ma neanche con il neroblu i risultati cambiano molto. Epiche sono le sfide, nella seconda metà degli anni ’70, tra i gruppi della Nord. Spulciando tra le cronache del giornalino dei Commandos spunta, a metà novembre ‘76, una partita contro gli Ultras. La premessa, nell’articolo, fa già intuire il risultato dell’incontro: «Premettiamo innanzitutto - si leggeva - che le partite da noi disputate amichevolmente non mirano minimamente al risultato, ma a consentire ai soci più attivi nel club di cimentarsi nello sport dei loro beniamini». Insomma, una scusa bella e buona per giustificare la pesante sconfitta (9-3) dovuta, secondo il “cronista”, allo spietato opportunismo degli Ultras che avrebbero sfruttato con un sacco di tiri alti la statura “napoleonica” del portiere, per l’occasione il piccolo grande Jim. Ma è con le Brigate Neroazzurre che i Commandos tirano fuori le palle. Sarà che hanno alle spalle una sonora bastonata per 16 a 2, oppure per celebrare degnamente il settimo anniversario del-
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1974 - I Commandos impegnati nel torneo di Valtesse
Ma gg io ‘77 - La squadra degli Sbandati, dominatrice del 2^ Torneo alla memoria di Fulvio Bresciani
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la fondazione del gruppo (la partita si disputa infatti il 12 dicembre 78), sta di fatto che le maglie arancioni si riscattano e la spuntano sulle Bna per 7 a 6 dopo una combattutissima partita. Oltre alle gare saltuarie, i gruppi di tifosi hanno l’opportunità di sfidarsi tra loro in occasione del Torneo Sprint organizzato dal club Rinascita di Ponte San Pietro. La formula della competizione è particolare: svolgimento del torneo in una sola giornata, con una serie di partite consecutive da tempi ridotti. Squadra dominatrice del torneo si rivela quella degli Sbandati vincitrice di due edizioni, nel ‘75 e nel ’76. La squadra del club di Petosino conferma la sua netta superiorità anche nel Trofeo Fulvio Bresciani, il torneo organizzato dai Commandos in memoria del
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1975 - Un’altra fotografia del team dei Commandos
giovane socio fondatore tragicamente scomparso nell’estate del ’75. Dal ’76 al ’78 hanno così luogo sul campo dell’oratorio di Carnovali tre edizioni della competizione riservata esclusivamente ai club atalantini. Otto le squadre partecipanti (i Commandos si limitano solo all’organizzazione), la prima edizione viene vinta dal Bar Luciano di Urgnano, mentre nelle due seguenti sono ancora gli Sbandati a spuntarla sul club 4 Torri e l’anno successivo sul club Borgo Palazzo. L’euforia dei tifosi della Nord, però, è talmente esagerata che non riescono ad accontentarsi di disputare partite di calcio “normali” e tornei tradizionali; ecco quindi che nell’81 gli Sbandati, probabilmente dopo un’allegra bevuta in compagnia, ideano e organizzano una 24 ore di calcio a cui partecipano diversi tifosi nerazzurri in particolare della curva Nord. Tornando ai Commandos, va precisato che nella loro attività non c’è solo il calcio. Infatti, oltre a seguire numerosi, dopo gli incontri casalinghi dell’Atalanta, con tanto di tamburi al seguito al Palazzetto dello sport l’Alpe, la squadra cittadina di basket, sulla spinta della travolgente passione del Lucio per la corsa, nel ’75 organizza-
no, in una pausa del campionato, la “Caminada nerazzurra”, una marcia non competitiva a cui partecipano ben 330 podisti.
1976 - Il gruppo sportivo del principale gruppo della Nord sul campo dell’oratorio di Nembro
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