In questo numero hanno collaborato: Francesco Pasculli Antonella Ciociola Mirko Patella Annarita Cellamare Nico Andriani Michele Granito Idea grafica: Daniele Raspanti
INDICE
LuogoComuneMagazine n. 1
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02 Luogocomunemagazine n. 1 - Gennaio 2011
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Editoriale
di Francesco Pasculli
I volti del cinema Made in Puglia Fotoracconto
Intervista ad Eleonora Devitofrancesco. La bellezza degli spazi reali nella fantasia del cinema.
Abiti, costumi, oggetti, una grande passione per le forme. Angela Tomasicchio, costumista per “Ice Scream” e “L’altra metà”, si racconta.
Aspettando Bif&st 2011: intervista a Silvio Maselli
Il direttore dell’Apulia Film Commision ci racconta l’evoluzione del cinema in puglia
Bari da Oscar
Dal 22 al 29 Gennaio il BIF&ST 2011 rilancia Bari e la Puglia al centro del mondo cinematigrafico
All’improvviso un’esplosione
Conversazione con Bud Spencer Blues Explosion
Il secondo numero di Luogocomune Magazine è una dedica speciale al cinema pugliese.
EDITORIALE CIAK SI GIRA la Puglia si fa cinema
FRANCESCO PASCULLI
E’ il racconto, quasi miracoloso, di una regione in grado, nel giro di un quinquennio, di mettere in piedi la più interessante esperienza “d’industria della creatività” mai sperimentata in Italia. Un’industria capace oggi di stimolare nuovi saperi e conoscenze, qualitativamente anche interessanti, e al tempo stesso di produrre lavoro e professionalità. L’esperienza oggi somiglia ad un cantiere in movimento. Nell’ottica darwinista parleremmo di un percorso diverso dagli altri, dove ovviamente il cinema sarebbe solo una delle dimensioni esplorate. Alcune, ancora in fase sperimentale, come il programma “PugliaSounds” – il Sistema Musicale Puglia immaginato per creare sinergie tra produzione e distribuzione di spettacoli regionali, nazionali ed internazionali. Altre più mature, come il programma “Teatri Abitati”, nato per integrare la gestione del pubblico con privati e compagnie teatrali. Tuttavia, al di là delle diverse strategie culturali, è il cinema oggi a rappresentare il progetto più ambizioso. E questo non solo per gli investimenti prodotti ma anche per i buoni risultati ottenuti negli ultimi anni. La nuova edizione del Bif&st, il Festival del Cinema & della Tv in programma a Bari a fine gennaio, è solo la punta dell’iceberg di un submovimento che coinvolge l’intera regione. Per noi è il giusto assist per raccontarvelo. Come? La premessa di fondo è che ci piacerebbe osservare questo (sub)movimento con un punto di vista poco hollywoodiano, attento piuttosto alle maestranze, alle “seconde file”, alle risorse in grado di trasformare una location naturale in sala da prosa; O in grado di ri-disegnare vecchie stoffe in costumi di scena; O lavorare la luce e il suono come fossero materiali da plasmare. Pensiamo che il cinema parta proprio da questi racconti. Depurato dai soliti protagonisti e scavato piuttosto nelle sue viscere. La nostra dedica va anzitutto a loro. Nel numero che sfoglierete abbiamo realizzato due interviste, la prima ad una scenografa, Eleonora Devitofrancesco, la seconda ad una costumista, Angela Tomasicchio, entrambe da anni protagoniste di set cinemagrafici. Il racconto prosegue con Silvio Maselli, direttore della Apulia Film Commission, con cui proveremo a capire gli scenari e le prospettive del cinema pugliese. Ovviamente senza tralasciare la nuova edizione del Bif&st, quest’anno destinata a numeri da record per pubblico, lungo e cortometraggi in gara, lezioni di cinema, ospiti partecipanti, molti anche esteri. E senza trascurare anche gli altri mondi, con l’esperienza originale dei Bud Spencer & Blues Explosion, rock band nata nel 2007 e all’attivo 2 album e il premio SIAE al concerto del “1 maggio”. Buona lettura a tutti voi
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Cari amici quello che vedrete nelle prossime pagine è un breve racconto fotografico di una Puglia che respira aria di cinema. Ognuno dei volti fotografati è la sintesi di un punto di vista differente. Di una creatività esplorata con linguaggi diversi. Chi da una telecamera, chi da una luce bianca, chi da una partitura musicale, chi da una macchina fotografica.
FOTORACCONTO
I GIOVANI VOLTI CHE RESPIRANO ARIA DI CINEMA
L’elemento che li unisce, oltre la giovane età, è la volontà di inseguire, anche duramente, il sogno di un mestiere. E’ questa l’industria della creatività a cui va il nostro grande affetto.
04 Luogocomunemagazine n. 1 - Gennaio 2011
Leonardo Cassano, nato a Bari ventisei anni fa, è un migrante per professione. Laureato in lettere e con una specializzazione al Dams in cinema, conta nel suo repertorio numerose esperienze come capo elettricista e tecnico di luci presso la OZ film, la Zen Movie e Starlight. Tra i suoi ultimi lavori ricordiamo “Da che parte stai” regia di Lopez/Bucci/Ferrandini e “Amor Taciuto” di Giulio Mastromauro.
Alberto De Giglio, dopo una laurea in ingegneria informatica si è specializzato in fotografia e comunicazione presso il Centro Sperimentale di Roma. Ha condotto diversi programmi televisivi, tra cui ricordiamo “Verde di Rabbia” su Telebari, “Siamo alla Solite” su Antenna Sud. Ha inoltre collaborato come autore e attore del duo Fabio e Mingo nel tg satirico di “Striscia la notizia”.
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Cristina d’Eredità, 26 anni, un piede a Bari l’altro a Roma. Si è laureata in Letteratura, Musica e Spettacolo. Ha proseguito la formazione con una specializzazione tecnica in cameraman e montaggio video. Cristina da anni collabora nell’editing e nel post produzione d’importanti trasmissioni come “Blog Notes” su NatGeoAdventure o “Citizen Report” su Rai3. Ha curato la regia, la scrittura e il montaggio del documentario “Bhole Baba. Il padre semplice”, dedicato alla comunità induista dell’Ashram di Cisternino.
Michele Mosca, 28 anni, diplomato in lingua cinese presso l’Istituto Confucio di Roma è dal 2002 tecnico di ripresa audiovisiva. Nel 2005 si è specializzato anche in post produzione video. Negli anni ha collaborato da tecnico freelance con Sailing Channel, per cui ha lavorato durante l’edizione di “America’s Cup” a Valencia. All’attivo produzioni video giornalistiche per Rte Eurovision e Press Junket per 4 edizioni diversi del Festival di Venezia. Vanta collaborazioni con testate giornalistiche e un’esperienza documentaristica sull’Istituto Confucio di Roma, per cui ha diretto la regia e il montaggio.
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Vincenzo Ardito, 24 anni, frequenta il corso di Laurea in Marketing e Comunicazione. Nel 2011 si è diplomato presso l’Accademia del Cinema Ragazzi di Enziteto a Bari. L’esperienza nell’accademia gli ha permesso di ricoprire i principali ruoli tecnici del set, passando da capomacchinista ad operatore video e fonico, fino all’assistenza alla fotografia. Numerose le produzioni per cui ha collaborato tra cui il cortometraggio “Adagio” di Vito Piemonte e Flavia Allegretti e “Scendo maè” di Mario Bucci prodotto dall’Accademia di Enziteto di Bari e dall’Associazione di strada dello Zen di Palermo.
Giovanni Chiapparino, 32 anni, polistrumentista, compositore e arrangiatore. Si diploma in Strumenti in percussione e si specializza a Roma in composizione di musica per Film. Dopo un lungo percorso da strumentista, decide di dedicarsi alla composizione per il cinema e la televisione con attenzione particolare per il genere documentarisitico. All’attivo una trentina di colonne sonore e sonorizzazioni che spaziano dallo spot al lungometraggio. Finalista al concorso internazionale “Musica e Cinema-Lavagnino 2010. Attualmente impegnato come percussionista nell’orchestra sinfonica della Provincia di Bari, continua la sua attività di compositore collaborando con registi baresi e romani.
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Alessandro Monno, 26 anni, è sceneggiatore, regista e soggettista. Vive e lavora a Bari. Diplomatosi nel 2010 all’Accademia del Cinema di Enziteto, ha iniziato e poi perfezionato la sua formazione cinematografica cimentandosi direttamente sul campo. È sceneggiatore dei cortometraggi “L’angelo custode” di Antonella Palmiotto e “Servizio in camera” di Rachele Roppo, entrambi prodotti dall’Accademia del Cinema di Enziteto; è, inoltre, sceneggiatore, regista e soggettista del corto “Momento morto”, autoprodotto. Ha lavorato con Paolo Sasanelli come assistente alla regia per il corto “Uerra”, nonché nel backstage di “Ice Scream” di Roberto De Feo e Vito Palumbo. Ha realizzato il videoclip di Sciamaninne dei Rhomanife, singolo del cd “Love Songs”, insieme a Marco Gernone e Daniela Casaburi.
Luigia Marino, 28 anni, laureata in Comunicazione e Multimedialità. Nel 2002 frequenta un Corso per Filmaker che le permette di avvicinarsi al mondo del cinema. Sui set si è adoperata in diversi ruoli, da assistente di produzione alla gestione casting, fino ad ispettore nelle produzione. Tra i suoi ultimi lavori ricordiamo “La Vita Facile” – prodotto dalla Fandango, “Se sei così ti dico” – prodotto dalla 2A Film, “Senza arte ne parte” – prodotto dalla Lumiere. All’attivo anche 2 videoclip e un’esperienza come scenografa nel cortometraggio “Amor Perduto” di Giulio Mastromauro.
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CINEMA La bellezza degli spazi reali nella fantasia del cinema.
Intervista ad Eleonora Devitofrancesco. Nelle foto, backstage del film “Le bande” di Lucio Giordano
Vorrei sapere come si può intraprendere la tua carriera e che che cosa ti ha spinta a scegliere ciò che fai, se una passione per il cinema in generale o magari solo il desiderio di far parte di un mondo così particolare. La mia carriera si può intraprendere in diversi modi. Ci sono scuole che offrono corsi di scenografia, prima fra tutte il Centro Sperimentale di Roma , specifico per il cinema. Personalmente ho avuto un percorso diverso sperimentandomi direttamente sul set. La primissima esperienza è stata con Nico Cirasola sul film “Albania Blues”, realizzando macchine sceniche (la zattera con cui vanno in Albania ed altro) con il gruppo “I Riciclot-
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ANTONELLA CIOCIOLA teri” di cui ero fondatrice con Luca Cirasola, Elisabetta Zenzola e Fabio Bellucci. Dopo aver terminato gli studi all’Accademia delle Belle Arti di Roma in Scenografia non avevo alcuna intenzione di iniziare una carriera cinematografica , volevo portare la scenografia in tutti i luoghi ma la vita ha scelto per me facendomi incontrare Ivan D’Ambrosio , al tempo lavorava per la RiverFilm di Roma, con il quale è nata una ricca collaborazione. Poi un altro fatale incontro con Luca Gobbi (scenografo) e Sergio Rubini ai quali devo molto . Con loro ho imparato a lavorare professionalmente e mi sono potuta sperimentare in diverse “missioni impossibili” facendo venir fuori tutte le capacità che ho. Ho iniziato come volontaria dando il massimo. Di lì il passo per entrare in questo mondo è stato per me naturale e continuo, credo che questa sia la via migliore per farsi conoscere e per capire se si è all’altezza di questo tipo di lavoro... fare tirocinio!Quello che mi spinge ogni giorno a scegliere questo lavoro non è proprio un amore per il cinema in senso mondano, ma una passione per l’Arte Cinematografica, che racchiude in sé tutte le altre arti e che mi completa totalmente. Mi appassiona la continua ricerca per il dettaglio, per descrivere, attraverso forme e oggetti, sempre meglio il personaggio e le atmosfere che il
“Quello che mi spinge o questo lavoro non è pro cinema in senso mondan per l’Arte Cinematografi tutte le altre arti e che m te”
regista chiede. Amo inoltre la continua diversità : un giorno sei un medico e devi pensare e descrivere tutto come lui, un altro un artista, un semplice impiegato e via dicendo…. Facendo questo mestiere hai la possibilità di entrare in contatto con mille persone, ambienti, paesi, case e conoscere tutto intensamente.
ogni giorno a scegliere oprio un amore per il no, ma una passione fica, che racchiude in sé mi completa totalmen-
Quanto di ciò che crei si rifà a produzioni precedenti anche altrui e quanto invece viene creato ad hoc per ogni nuova produzione?
Dipende da quello che richiedono il regista e la sceneggiatura. Ovviamente si è sempre spinti a creare cose nuove ed originali, ma bisogna attenersi sempre alla storia proposta e alle atmosfere che il regista vuole creare. Per il film “L’uomo Nero”, in costume (anni ‘50-‘60), c’è stata una lunga ed attenta documentazione sull’epoca che abbiamo rappresentato. Molta di questa documentazione si rifaceva anche a film di allora.
Nel tuo lavoro a cosa sei particolarmente affezionata? Senza dubbio alla fase iniziale, che è la più bella perché è quella dove si studia e si crea insieme. Qual’è il tuo sogno segreto, se ovviamente ce ne vuoi parlare? La pace nel mondo è troppo banale? Scherzo, ma i miei sogni non si rifanno alla carriera: cerco un’armonia nelle cose e spero di portarla anche nel lavoro.
Che tipo di lavoro si affronta assieme al regista ed eventualmente altre figure del settore e che tipo lavoro invece si affronta da soli? Con il regista il primo lavoro che si affronta è la lettura della sceneggiatura, punto per punto. In genere questo avviene in una riunione che si fa anche con gli altri reparti, in modo da creare una visione comune. In questa occasione il regista esprime tutte le sue richieste: ad esempio che atmosfera vuole
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CINEMA
creare in un determinato ambiente, cosa vuol far trapelare del carattere del personaggio (un ambiente che esprima freddezza e rigidità avrà bisogno di colori scuri…). Poi si analizzano i dettagli. Possono esserci alcuni oggetti particolari ai quali il regista vuole dare maggiore rilievo: una collana può diventare anche la “chiave di volta” del film, e quindi bisogna studiarla a fondo. Quando curo l’arredamento è con lo scenografo il lavoro più grande , è con lui che si studia e analizza tutto. Da soli però si affronta la maggior parte del lavoro: soprattutto se ci sono molti ambienti , spesso non si ha molto tempo per “studiare”, ed è qui il momento cruciale, quello in cui deve scattare la sintonia, il “feeling”… e la fiducia fra scenografo, arredatore e regista. Ricordo la prima volta che ho consegnato il primo set per il film di Sergio Rubini. Avevo curato l’arredamento per il film “Colpo D’occhio”. Era il primo incarico come arredatrice per un film molto complesso e iniziavo con l’ambiente più difficile: era la casa Romana di Adrian e Gloria, quell’ambiente era stata una scommessa . Non ho dormito tutta la notte! E non è stata l’unica notte in bianco, non per la paura ma per la mole di lavoro da affrontare!!!
CINEMA Angela Tomasicchio, costumista per “Ice Scream” e “L’altra metà”, si racconta.
Abiti, costumi, oggetti, una grande passione per le forme. Vorrei capire come si diventa costumisti. E’ una passione che uno ha? E’ una passione che viene guardando i film o per i film stessi? O semplicemente il voler far parte di un mondo così intrigante? Il mio percorso è forse singolare: non ho frequentato le classiche scuole d’arte, sono laureata in giurisprudenza e ho quindi dovuto ritagliare del tempo per poter coltivare la mia passione per i costumi e per la moda prima di tutto, sperimentando autonomamente. Poi nel momento in cui ho capito di aver bisogno di conoscere la tecnica e quindi di avere dimestichezza con i cartamodelli, i tessuti, le misure del corpo e le macchine da cucire, ho deciso di iscrivermi ad un corso di modellismo e di taglio e cucito. La preparazione teorica e la storia del costume fanno, invece, sempre parte di una ricerca personalissima. Rimane il fatto che le ossa ce le si fa nelle sartorie e sul set. Molte persone hanno un’idea magari un po’ lontana dalla realtà circa il lavoro del costumista nel mondo del cinema: i budget a disposizione, mi sembra di capire, non sono poi così elevati. Se parliamo di cinema, comunque, parliamo di un linguaggio e nel linguaggio cinematografico è il regista che affida, in un certo senso, la realizzazione del proprio film, del proprio pensiero , del proprio testo a quattro figure fondamentali: al direttore della fotografia, al compositore delle musiche, allo scenografo, al costumista. Almeno per quello che riguarda il lavoro del costumista ci sono delle fasi fondamentali. Si parte dalla lettura della sceneggiatura e quindi si fa uno spoglio del copione per caratteristiche, attitudini, inclinazioni dei personaggi. Immediatamente dopo questa lettura anche istintiva, veloce, c’è una sorta di confronto col regista per capire cosa deve essere evidenziato e cosa no in base alla sua idea iniziale. Immediatamente dopo si parte con la documentazione, processo molto libero. Si fanno raccolte di immagini, di fotografie, si guardano tantissimi film. Dopo si passa al bozzetto, alla creazione grafica dei personaggi, e si compilano delle schede quantitative, individuando per tutti personaggi quanti vestiti e accessori servano. Quindi biso-
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MIRKO PATELLA gna dare un’idea di budget alla produzione. Una volta ottenuto il budget si inizia a girare per sartorie, magazzini, mercati e si passa finalmente alle prove costume, dove si ha il primo approccio con l’attore, l’interprete principale del personaggio che interagirà così con la realizzazione estetica del costumista. Queste comunque sono solo le fasi propedeutiche al lavoro sul set, che è un’altra cosa. Quanto viene trovato, ricercato e quanto viene creato ad hoc in queste situazioni?
CINEMA
Dipende, molto spesso può succedere che nella prova costume ci si renda conto che quell’abito che magari si è pensato, o che si è acquistato, non è adatto per quel personaggio: si va in sartoria e si ricomincia. Non c’è una regola. Vorrei che tu mi citassi i lavori con cui hai cominciato, e quelli che ti hanno più soddisfatto. Ho incominciato lavorando con il festival Time Zones e quindi con la musica, occupandomi di curare l’accoglienza degli artisti attraverso l’allestimento dei camerini. Mi hanno però lasciato la libertà di andare “oltre”, costruendo proprio dei camerini ad hoc con delle mie creazioni personali per Patty Smith, Lou Reed, Ani Di Franco: quindi, per i miei miti. Puoi immaginare tutta la passione, l’amore che ci ho messo. Hai mai avuto riscontro da parte degli artisti? Tantissimo riscontro. Così tanto che ho dovuto molto spesso regalare loro delle mie creazioni... Gli artisti mi hanno sempre ringraziato per come li ho accolti e per come sono stati bene. I musicisti spendono molto tempo in giro fuori casa ed il mio lavoro è quello di ricreare un ambiente che li faccia sentire a casa, un arredo molto caldo. Mi vorresti fare un esempio di un allestimento? Fondamentalmente utilizzavo stoffe, i tessuti, ricoprendo pareti grigie, fredde e spoglie, creando dei quadri di stoffa, curando arredi e luci, sistemate in modo da creare un ambiente caldo. In particolare, per Ani Di Franco avevo preparato un telo enorme, che poi effettivamente era un quadro di stoffa nera, con tanti pon pon di lana colorata posizionati a forma di cuore. Ani voleva ringraziarmi poiché aveva composto dei pezzi sotto questo cuore...Diamanda Galas invece ha urlato di fronte ad una tenda!
Bari Film Festival. I materiali che usi sono molto interessanti, ce n’è qualcuno a cui sei particolarmente affezionata e che magari ti ha ispirato a continuare le tue creazioni al di fuori del discorso cinematografico? La passione si spinge oltre. Nel tempo ho iniziato a collezionare tutto quello che mi poteva servire per lavorare in questo campo: i miei materiali preferiti sono la lana ed i cotoni perché mi danno la possibilità di realizzare altre mie passioni, cioè maglia e uncinetto. Io e Barbara Verri abbiamo dato vita a un progetto che si chiama Yes,We Knit, con cui abbiamo voluto recuperare l’antica tradizione del lavoro a maglia e ad uncinetto, fondando un marchio capace di rinnovare la tradizione con delle forme fiabesche e accattivanti che reinterpretano il quotidiano.
“Rimane il fatto che le ossa ce le si fa nelle sartorie e sul set”
Dopo Time Zones, questa passione dove ti ha portato? Immediatamente dopo mi è stata data la possibilità di affacciarmi al mondo del videoclip, punto d’incontro per eccellenza tra linguaggio visivo e mondo sonoro, dove prendono vita mondi reali e mondi fantastici. Da qui il passo ai cortometraggi è stato breve. Ho avuto l’onore di lavorare per registi locali emergenti, ormai non più tali: Roberto De Feo e Vito Palumbo, con Dalila Suglia in qualità di costumista, per il pluripremiato “Ice Scream”, candidato proprio in questi giorni a rappresentare l’Europa al California Film Awards. E poi ho lavorato come assistente e costumista per il cortometraggio di Pippo Mezzapesa “L’altra metà”, vincitore come miglior cortometraggio della scorsa edizione del
Qual’è il tuo sogno nascosto? Sogno di creare dei personaggi surreali di lana per girare un videoclip o un corto in stop motion, un sogno alla Gondry. Davvero un bel sogno.
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CINEMA Il direttore dell’Apulia Film Commision ci racconta l’evoluzione del cinema in puglia
Aspettando Bif&st 2011: intervista a Silvio Maselli Foto di Daniele Raspanti RadioLuogoComune - Puglia Creativa @ Fiera Del Levante 2010
ANNARITA CELLAMARE Questi, sinteticamente, gli obiettivi dell’Apulia Film Commision, fondazione nata sulla carta nel 2004, ma operativa dal 2007. Essa si configura non solo come strumento di sostegno alla produzione audiovisiva, ma figura tra le strutture capaci di attivare flussi turistici legati al cosiddetto “cineturismo”. A completare la strategia di crescita dell’AFC tantissimi progetti, fra i quali il Bif&st, il festival del Cinema nato, nella sua prima edizione (dopo la zero), per dare visibilità alle anteprime nazionali e internazionali, e che lo scorso anno ha accolto circa 20mila spettatori. Diversamente dagli altri festival, rappresenta soprattutto un momento per fare il punto sulle politiche dell’audiovisivo italiane ed europee, cosa che spesso non accade negli realtà, spesso chiuse su se stesse e sull’autocelebrazione. Parliamo di un festival il più possibile aperto all’esterno anche perché, sebbene in Puglia al momento ci siano numerosi cineasti, da sola non è in grado di produrre un immaginario. In attesa dell’inizio della seconda edizione del Bif&st, abbiamo intervistato Silvio Maselli, direttore generale di Apulia Film Commision.
Promozione e valorizzazione del patrimonio artistico ed ambientale, della memoria storica e delle tradizioni di Puglia, oltre che valorizzazione e riconoscimento del lavoro delle risorse professionali e tecniche della nostra regione; creazione di condizioni ottimali atte al sostentamento di produzioni pugliesi e alla loro distribuzione sul territorio nazionale ed internazionale. Ma anche interazione con le Istituzioni al fine di agevolare procedure per il rilascio di autorizzazioni, permessi, concessioni e quant’altro si renda necessario alla realizzazione delle produzioni cinematografiche e televisive qui in Puglia.
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Partiamo con un’analisi di quelli che sono stati gli effetti sulla Puglia, dopo la nascita dell’AFC: cosa è cambiato nella nostra regione, cinematograficamente e no? E’ cambiata completamente la percezione della Puglia da parte delle Istituzioni, in quanto tali, e degli operatori dell’ambiente cinematografico. Ora sono chiare a tutti le potenzialità del nostro territorio: non parliamo più solo di “terra di conquista”, bensì di un luogo ricco di terreno fertile per una crescita armonica, fatto di beni immateriali e culturali. Da direttore dell’AFC, avrà sicuramente raccontato l’esperienza dell’AFC fuori dai nostri confini, così come avrà raccolto pareri e opinioni esterne: quali
sono state inizialmente le reazioni e cosa è cambiato da allora? All’inizio, quando mi capitava di nominare la mia terra, di parlare di essa e delle sue ricchezze, vedevo negli altri sguardi straniti. Oggi, come usano dire gli anglosassoni, siamo assolutamente “on the map”: esistiamo. Esistiamo perché abbiamo imposto una cifra forte della nostra identità; non più una striscia di terra, abbandonata a sé stessa, tra Adriatico e Jonio, ma territorio di attraversamenti plurimi e di identità composite. La Puglia oggi “tira” e produce trend. E questo era proprio il nostro principale obiettivo immateriale.
“La naturale vocazione dell’AFC è quella di consentire la nascita di una vera filiera industriale del Cinema e della creatività”
della nostra professionalità.
Il Bif&st serve alla Puglia perché permette di connetterci ai grandi circoli intellettuali nazionali, e in parte, europei. Ci consente di mostrare il nostro senso di ospitabilità, la qualità delle nostre location, oltre che l’accoglienza
Ma serve soprattutto ai pugliesi, perché il pubblico ha bisogno di un grande Cinema, di grandi autori, di intelligenza e di bellezza. Del resto non viviamo solo per lavorare e “crepare”. La vita deve essere fatta sì di questo, ma anche di sogni, di amore, di riflessione, di lotta, di cambiamenti. Quest’anno cosa c’è in serbo per noi? Per questa seconda edizione ci sono in serbo molte grandi anteprime distribuite in vari luoghi storici della città, soprattutto nella cornice del meraviglioso Teatro Petruzzelli. E la ricchezza di un cartellone composito, trasversale, che potrà appagare svariate tipologie di pubblico, dal più esigente e ricercato, al più accomodante. Anche chi verrà per curiosità o chi si affaccerà per la prima volta a questa realtà, rimarrà sicuramente soddisfatto. Tutto ciò nell’ottica di soddisfare il ruolo dei grandi Festival: parlare a più tipologie di pubblico e offrire svariate idee di Cinema.
L’obiettivo dell’AFC qual’era? Ed è stato raggiunto, dal momento della sua fondazione?
Tornando ad AFC, Cosa c’è nel suo futuro? Quale sarà la naturale evoluzione di essa?
Direi che all’inizio volevamo provare semplicemente ad esserci, immaginando possibile la proposizione di un modello “meridiano” di film commision. Abbiamo lavorato nell’ottica di questo e molti altri obiettivi, atti a rendere ottimale il nostro operato, e a dare riconoscimento al cinema made in Puglia.
La naturale vocazione dell’AFC è quella di consentire la nascita di una vera filiera industriale del Cinema e della creatività, creando le giuste condizioni perché nascano società made in Puglia, società che non si limitano a “fare” i film, ma anche a pensarli.
Oggi abbiamo superato le nostre stesse premesse, se è vero, come ci dicono, che quella pugliese è la prima film commision (o tra le primissime) in Italia. Parliamo dell’imminente Bif&st: siamo alla secondo
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CINEMA
anno, tanto il successo della prima edizione Perché un nuovo festival del cinema e cosa lo distingue dagli altri?
Per rimanere in tema di cinema e TV, vi proponiamo un simpatico gadeget da ritagliare, creato da Matt Hawkins. Per altre creazioni, visitate il sito www.custompapertoys.com
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CINEMA Dal 22 al 29 Gennaio il BIF&ST 2011 rilancia Bari e la Puglia al centro del mondo cinematigrafico
Bari da Oscar NICO ANDRIANI
Nella settimana dal 22 al 29 gennaio Bari ospiterà la seconda edizione del Bif&st 2011, Bari International Fim&Tv Festival, organizzato dall’Apulia Film Commission e promosso dalla Regione Puglia, in collaborazione con Comune di Bari e Università degli Studi di Bari. L’evento, posto sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, preannuncia una settimana di grande attenzione per il cinema, a cominciare dalla presenza del regista Ettore Scola, in qualità di presidente onorario. Un programma imponente, quello del Bif&st, esaltato dalla scommessa vinta nell’edizione del 2010 e oggi proiettata verso una fase più matura.
18 Luogocomunemagazine n. 1 - Gennaio 2011
L’anno scorso a trionfare per critica e pubblico fu “Vincere” di Marco Bellocchio, nella prima edizione del Bif&st composto da 331 eventi e 296 proiezioni. Quest’anno saranno proiettati 150 lungometraggi e 158 fra documentari e corti. E “Moltissime produz ancora 8 lezioni di cinefiche hanno da tem ma, incontri letterari sul cinema, l’evento EPTA di come set privilegiat Nicola Piovani, convegni e seminari, per arrivare ad un totale di 407 diversi appuntamenti (196 dei quali a ingresso libero). Più nel dettaglio, tra i principali appuntamenti
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CINEMA
del Bif&st, ricordiamo quello del 22 gennaio, “Il pugliese prima che italiano, in grado di trasfordiscorso del re” di Tom Hooper, con Colin Firth, mare l’intera città in un potenziale set: ricordiaHelena Bonham Carter, Geoffrey Rush e Derek Jamo che i luoghi del festival saranno il Teatro Pecobi. Un film pluripremiato agli Oscar britannici truzzelli, la Multisala Galleria (6 schermi), il Teatro e vincitore di sette nomination ai Golden Globes Kursaal Santalucia, il Cinema ABC e il Cineporto, americani con Colin Firth premiato come migliore oltre altri luoghi della città (Santa Teresa dei Maattore. schi, Libreria La Feltrinelli, Tra gli altri eventi spiccano Sala Murat, la Sala convegni importanti anteprime, come “...è l’attenzione verso il del Grand Hotel Oriente). quella europea di “Senna” Tuttavia, al di là dei numeri, cinema a colpire magdi Asif Kapadia, il 27 gennaè l’attenzione verso il cineio al Petruzzelli, “Morning giormente l’osservatore” ma a colpire maggiormente Glory”, commedia con Harl’osservatore. Tutta questa rison Ford e Diane Keaton, attenzione non è un caso; “London Boulevard” con Keira Knightley e “Vento moltissime produzioni cinematografiche hanno di primavera”, con Jean Reno, film sulla storia di da tempo scelto la Puglia come set privilegiato 13mila ebrei arrestati a Parigi fra il 15 e il 16 luglio (ultimo in ordine di tempo Mine Vaganti di Fer1942. zan Ozpetek). Merito dell’Apulia Film Commission, Le quattro sezioni competitive sono invece riserche oltre ad incentivare l’arrivo di produzioni ha vate al cinema italiano. Tra i lungometraggi in gara stimolato un’identità territoriale forte senza mai 16 film scelti tra i 112 prodotti nel 2010. Tra i titoli chiudersi nel suo provincialismo; Come sostiene in concorso figurano “La nostra vita” di Luchetti e Vendola “non c’e’ niente di piu’ politico che un “Noi credevamo” di Mario Martone. In concorso Festival, strumento fondamentale per sprovinnelle altre sezioni 16 documentari, fra i quali “E’ cializzarsi e uscire da un localismo deteriore”, e stato morto un ragazzo” di Filippo Vendemmiati aggiungendo, “si apre al resto del mondo, perché e “1960” di Gabriele Salvatores; 11 opere prime, il localismo è la malattia di un paese ignorante. come “La pecora nera” di Ascanio Celestini, e 22 Dobbiamo essere noi stessi ed aprirci al mondo cortometraggi. sul terreno della cultura”. Silvio Maselli scrive sul Le due principali retrospettive sono quelle dedisuo blog: “la passione dei baresi che rispondono cate alla Fandango, dal titolo “La Fandango per il entusiasti mi dicono che la Puglia ha bisogno del cinema italiano - Tributo a Domenico Procacci”, e Bif&st e per noi è un orgoglio esserne gli organizla personale dedicata a Tornatore. Retrospettive zatori”; siamo convinti che quella di quest’anno anche per Suso Cecchi D’Amico e Mario Monicelli. sarà una bella edizione per il cinema pugliese e Inoltre quest’anno saranno consegnati i premi nazionale. Fellini 8 e ½ per l’eccellenza cinematografica a Piovani, Procacci, Greta Scacchi, Carlo Verdone, Claudia Cardinale, Liliana Cavani, Paolo e Vittorio Taviani, Fabrizio Gifuni. Felice Laudadio, ideatore e direttore artistico del Bif&st, zioni cinematogra- lo presencome un mpo scelto la Puglia ta “Sundance italiano”: to” “anche noi come il festival americano, che si svolge nello stesso periodo, esaltiamo il cinema indipendente”. Un Sundance tutto
MUSICA Conversazione con Bud Spencer Blues Explosion
All’improvviso, un’esplosione Foto di Serena Porta, Rassegna Fuori Tempo
Basso, chitarra, batteria, voce, tastiera, a volte anche seconda chitarra o tastiere. Da sempre, “l’iconografia” rock riconosce così la geografia on stage, soprattutto se parliamo di un classico gruppo dalle sonorità distorte.
Il concerto inizia con un brano strumentale. Ad un tratto, al momento giusto, entra il front man che inizia, possibilmente senza salutare, ad intonare uno dei brani storici della band oppure uno dei pezzi del nuovo disco. Possibilmente la quinta o la sesta traccia per non bruciare subito le cartucce migliori. Il primo brano finisce, applausi. Inizia il secondo. Sicuramente un brano di repertorio. Termina il secondo, applausi. Termina il terzo, applausi. E così via fino alla “ballata” verso la metà del concerto, quasi a voler riposarsi, per poi ripartire con i feedback fino alla fine. Bis, secondo bis e tutti a casa soddisfatti. Si tratta di mere regole di spettacolo, piacevoli conferme che rendono rassicurante un’esibizione caratterizzata dalla solita ossessiva prevedibilità. Perchè tutto ciò accade e si ripete puntualmente? Perchè emergono sempre i soliti punti di riferimento visivi? Chi stabilisce dei canoni?
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MICHELE GRANITO Sono quesiti sui quali si potrebbe discutere per ore. La possibile spiegazione la potrebbero offrire realtà musicali che, dalle regole, dai canoni, dalle regie, dagli standard, stanno alla larga. Nel nostro Paese c’è chi si ribella. C’è chi all’improvviso esplode, c’è chi, schiacciato da un’illusoria regolarità, esplode improvvisamente. Ho discusso di questo e di molto altro con Cesare ed Adriano (Bud Spancer Blues Explosion), band romana ormai celebre nel panorama dei “dissidenti” musicali, che non ha bisogno di troppe presentazioni, in grado di scardinare la consueta accezione del termine “duo”. Ciao ragazzi! Ascoltando la vostra musica e, soprattutto, ascoltandovi dal vivo, è lampante l’importanza di quel “terzo elemento” che è con voi lì sul palco. Si tratta dell’improvvisazione... Cesare - L’improvvisazione, diciamo, è la nostra base. Quando ci siamo formati non avevamo idea del sound che avremmo sviluppato, ci siamo incontrati in sala prove e abbiamo iniziato a suonare facendo una vera e propria jam session. In momenti come questi viene fuori tutto il tuo background che va dal blues classico agli anni ‘90 e così via. Sin da subito abbiamo iniziato a suonare fuori Roma, facendo concerti che diventavano le nostre prove. Suonavamo ovunque, anche di fronte a quattro persone, utilizzando quelle occasioni, come fossero momenti di sperimentazione live. Adriano - L’improvvisazione può essere un’arma a doppio taglio, può essere una spettacolare fonte d’ispirazione. Con i Bud, nel tempo siamo riusciti a rendere questo aspetto a tratti matematico, infatti, nel mio caso, ho spesso la necessità di chiudere gli occhi per allontanarmi dallo schema di “parti” scritte ed organizzate.
Quindi improvvisare diventa una regola? A – Con il tempo ti accorgi che certi aspetti possono diventare degli obblighi. Questo ti spinge a ricercare sempre qualcosa di nuovo che possa rinnovarti l’entusiasmo. Ricordo che agli inizi del mio percorso ogni concerto era catartico, ora trovo piacere a vedere il brano evolversi gradualmente, cogliendo l’improvvisazione come un viaggio. Continuate a provare sul palco? Sicuramente sul palco nascono cose che porteremo sui dischi. Più che provare, proviamo a suonare senza troppi freni. La componente “errore” è un rischio che voglio correre per trarre da esso un possibile valore aggiunto. I Bud arrivano al limite dell’errore osando senza timore. Noi non suoniamo per eseguire pezzi o canzoni, l’intenzione è quella di cercare nuove soluzioni e sempre differenti l’una dall’altra. Cosa rappresentano gli anni ‘70 per i Bud? A - Beh, diciamo che storicamente stiamo vivendo un periodo simile a quello. Oggi abbiamo la possibilità di suonare non per guadagnare molti soldi ma per compiere un percorso artistico suonando in giro. Il nostro periodo storico sta dando visibilità a tante realtà musicali dignitose, vedi il percorso de “Il Teatro Degli Orrori” o quello che da anni stanno seguendo i Verdena, tutte band che in un momento di decadenza della discografia vengono fuori portando in giro la loro musica in contesti dif-
Il paradosso, infatti, si potrebbe riscontrare ascoltando gruppi che, nell’ambire ad una dubbia “innovazione”, risultano simili perchè piegati da identiche regole. A - Il percorso del musicista non è per nulla semplice. Spesso ti trovi a scontrarti con realtà particolari, con gente che ti consiglia ed altri che ti ostacolano; durante questo processo di crescita riuscire a trovare una propria dimensione è un traguardo che impone duro lavoro. Occorre dedizione perchè non è solo un gioco. Un termine insito nel vostro nome è “esplosione”... A - Io e Cesare musicalmente siamo stati molto compressi. Quando cerchi di capire chi sei artisticamente provi strade differenti, ti confronti cercando un equilibrio. Credo che l’Italia sia un Paese che inibisce chi vuole fare musica, non sai se si tratta di un lavoro o no, non è un settore ben definito socialmente. In questo “limbo” per esprimerci al meglio non ci restava che esplodere. Io nella vita sono una persona pacata che si esprime sottovoce. Nella musica accade tutto il contrario (risate generali). Nasce l’esigenza di esprimere dei contenuti ad un tono un po’ più alto ma non per farsi capire meglio, semplicemente per riceverne piacere. Grazie ragazzi! A e C – Grazie a voi!! Alla prossima!
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MUSICA
ferenti e pieni di gente. Questo credo sia in stretta relazione con quelli che erano gli anni ‘70. Gli Area, la PFM e altri gruppi come loro erano riusciti a creare un movimento del tutto lontano da ciò che era comune in quel periodo. C - Forse prima la situazione era migliore perchè s’iniziavano a vendere dischi, adesso non se ne vendono quasi più e per vivere e sopravvivere devi assolutamente cercare strade alternative ma anche questo rende più stimolante l’approccio musicale. A - I modelli comuni impongono determinati schemi che non sono per nulla necessari. Fare musica vuol dire cercare eccellenza indipendentemente dal resto, senza dover a tutti i costi dimostrare velleità discografiche. Suonare significa offrire qualcosa in più.
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Bud Spencer Blues Explosion
Perchè c’è questa pagina bianca? E perchè la copertina di questo numero sembra sfocata? E’ semplice... è in 3D! Potete vedere l’effetto di profondità della copertina di questo numero con un paio di occhiali per la visione del 3D “anaglifo” (a due colori). Come fare? Girate pagina e seguite le istruzioni Buona visione!
P.s. non vi serve un televisore FullHD 3D per la nostra copertina!
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Cosa devo fare? - Stampate la pagina - Tagliate le varie parti e incollatele insieme - Indossate gli occhiali - Godetevi la copertina di LuogoComuneMagazine in 3D anaglifo P.s. per mettere le lenti rosse/blu (o anche rosse/verdi) potete utilizzare fogli di carta plastificata trasparente venduta in qualsiasi cartoleria