Preghiamo con don Ottorino Zanon

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Preghiamo con‌

don Ottorino

Zanon


Preghiera per chiedere una grazia per intercessione di don Ottorino O Dio, nostro Padre, che nel tuo servo don Ottorino Zanon ci hai offerto la viva testimonianza di un sacerdote in continua ricerca della tua volontà, abbandonato fiduciosamente alla tua provvidenza, pieno di fuoco apostolico e promotore di una nuova immagine di ministri nella Chiesa ad imitazione di Gesù sacerdote servo, per i suoi meriti e le sue virtù infondi in me il tuo Spirito per realizzare il tuo piano di amore e concedimi la grazia che per sua intercessione ti domando. Amen. Padre, Ave, Gloria Per grazie ricevute comunicare a: PADRE POSTULATORE Pia Società San Gaetano Via Mora, 57 - 36100 VICENZA - Tel. 0444.933333 - Fax 0444.933310 e-mail: pssg.sede@donottorino.org

Il logo del 50° della Pia Società San Gaetano: Gesù con la stola diaconale e la croce del mosaico “Sono al mio posto?”; ai piedi di Gesù, Maria, in atteggiamento contemplativo, al lavoro; sullo sfondo il mondo, a cui si sente inviata la Famiglia di don Ottorino, rappresentata nelle foto dai religiosi preti e diaconi, sorelle nella diaconia e amici.


INDICE Prefazione .............................................................. Cenni di vita di don Ottorino ............................... Veglia di preghiera .................................................

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PRIMA PARTE “Sono al mio posto?”.............................................

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SECONDA PARTE “Parlane a Lui” ..................................................... 14 TERZA PARTE “Unità nella carità” .............................................. 19 Il Santo Rosario .................................................... 25 Le preghiere di don Ottorino ................................. 35


PREFAZIONE

C

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inquant’anni fa, nel 1961, il vescovo di Vicenza mons. Carlo Zinato approvava la Pia Società San Gaetano fondata da don Ottorino Zanon. In occasione di questo anniversario proponiamo questo piccolo opuscolo di preghiera per ringraziare il Signore del dono di questo prete per la nostra Chiesa. In esso troverete una veglia di preghiera che ripercorre in tre tappe il percorso della vita e il messaggio spirituale di don Ottorino, un rosario con alcune sue meditazioni e qualche personalissima preghiera da lui annotata nel diario spirituale. Sempre di più, a quarant’anni ormai dalla sua morte, avvenuta nel 1972 in un incidente stradale, sentiamo “don Ottorino uomo di Dio”. Attraverso i testi di meditazione e di preghiera pubblicati in questo libretto ci lasceremo guidare da questo prete gioioso e dinamico, perché con la sua esperienza di Dio incoraggi anche noi, desiderosi di


incontrarci con Dio ma spesso senza sapere bene come farlo, a incamminarci più speditamente sul sentiero che ci porta a Lui. Don Ottorino è veramente un buon “maestro di spirito, con la testa in cielo e i piedi per terra”, come, lui soleva dire, dovrebbe essere ogni vero cristiano. Fin da giovane prete, accogliendo i ragazzi di strada, sapendo che “è meglio insegnare a pescare più che dare un pesce”, ha organizzato per loro officine e laboratori perché diventassero dei bravi operai. Ma la sua vita, sia pure nel pieno del suo dinamismo educativo, è sempre stata fissa in Dio, tutta presa da un intenso amore per Lui e per la Chiesa, amore che voleva trasmettere ai suoi giovani e a chiunque incontrava. Don Luciano Bertelli Pia Società San Gaetano


CENNI DI VITA DI DON OTTORINO

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Il Servo di Dio Ottorino Zanon nacque a Vicenza il 9 agosto 1915. Figlio di una famiglia povera (papà muratore e mamma casalinga) andò presto ad abitare con i suoi a Quinto Vicentino. Da qui nel 1927 entrò nel Seminario di Vicenza. Le difficoltà economiche e la malattia della mamma misero presto a dura prova la vita familiare, ma nel 1928 durante il pellegrinaggio a Lourdes, la mamma guarì e questa esperienza confermò il giovane seminarista nella scelta di farsi sacerdote. Voleva essere “prete prete” e desiderava essere missionario. Sognava una Chiesa rinnovata dall’unità nella carità. Erano i primi indizi di una chiamata a fondare una nuova famiglia religiosa. Venne ordinato prete il 26 maggio 1940 e inviato nella parrocchia cittadina di Araceli. Colpito dalla povertà nella quale vivevano tante famiglie nella zona denominata “Le Baracche”, cominciò a raccogliere i ragazzi nel sottopalco del teatro. Li teneva occupati insegnando loro a fare dei piccoli lavori. L’esperienza crebbe e questa iniziativa a servizio dei giovani diventò con gli anni una importante scuola di avviamento professionale denominata “Istituto San Gaetano”: schiere di giovani riuscirono qui a costruirsi un futuro promettente. Durante gli anni della guerra don Ottorino continuò a pensare al futuro e a costruire, fidandosi di Dio.


A guerra terminata l’ispirazione a fondare una nuova famiglia religiosa iniziò a concretizzarsi con un gruppo di giovani che mise sotto la protezione della Madonna Immacolata. Ne delineò lo spirito e la missione. Il religioso doveva essere “uomo, uomo di Dio e apostolo”, un annunciatore di Cristo al mondo soprattutto con la sua testimonianza. La nuova Congregazione maturò in pochi anni. Con data 25 dicembre 1961 il vescovo di Vicenza mons. Zinato firmò il decreto di approvazione della Pia Società San Gaetano. Ben presto essa oltrepassò i limiti dell’Istituto San Gaetano per aprirsi alle necessità della Chiesa, particolarmente nelle diocesi scarse di clero. Don Ottorino pensava i suoi religiosi inseriti nella pastorale parrocchiale con ministeri differenti. Da prima del Concilio Vaticano II sognava il ministero diaconale per alcuni di loro. Il 1963 fu l’anno delle aperture delle prime missioni in Italia. Nel 1966 alcuni religiosi partirono per il Guatemala e l’anno seguente altri per il Brasile e l’Argentina. Il 22 gennaio 1969 furono ordinati i primi sette diaconi a Vicenza e poco dopo altri nelle missioni. Quando la Famiglia religiosa aveva assunto definitivamente la sua fisionomia pastorale, ministeriale e missionaria, il Signore chiamò a sé don Ottorino a causa di un incidente stradale. Era il 14 settembre 1972, festa dell’Esaltazione della santa Croce. Nel suo diario don Ottorino lasciò scritte queste parole che riassumono tutta la sua esistenza:

«Bisogna avere un grande ideale per il quale essere pronti a tutto... Per me fu: conoscere e amare Gesù, farlo conoscere e amare».

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VEGLIA DI PREGHIERA “DON OTTORINO UOMO DI DIO” Saluto iniziale G. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo T. Amen. G. Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, T. ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.

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G. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. T. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, G. perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: T. «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre. Amen, maranathà, vieni Signore Gesù.

Don Ottorino in un curioso atteggiamento durante il suo viaggio in Terra Santa.


PRIMA PARTE

“Sono al mio posto?” G. Il percorso della prima tappa di questa veglia è all’insegna di una domanda chiave per la vita di ogni uomo e di ogni donna: “Sono al mio posto?”. Questa domanda don Ottorino l’ha fatta scrivere sotto un piccolo mosaico, che si può ancora vedere all’entrata della sua casa a Vicenza, composto da una croce di tesserine dorate su uno sfondo di tesserine chiare. A guardare questo mosaico si nota subito una piccola ma evidente anomalia. Ci sono due tesserine fuori posto: una tesserina dorata sta sullo sfondo con le tesserine chiare e una tesserina chiara si trova invece con quelle della croce dorata. Questo mosaico è l’icona che contempliamo in questa prima tappa della veglia, lasciando che ci risuoni dentro la domanda “Sono al mio posto?”. Il mosaico, fatto fare da don Ottorino, con due tesserine fuori posto e sotto la domanda “Sono al mio posto?”.

1L. Com’è importante far emergere in noi le nostre domande! Siamo fatti di domande. Esse scaturiscono dal profondo di noi e sono rivolte a quell’invisibile ma reale “Interlocutore” che sentiamo aver posto

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in noi quelle stesse domande. Tra tutte le domande don Ottorino ne ha captata una, che in qualche modo le riassume tutte, una di fondamentale per sé e per noi: S1. “Sono al mio posto?”. 2L. È una domanda che tocca l’intimo del mio essere e della mia esistenza. Se io riesco a farmi questa domanda, significa che ho intuito che c’è “un posto per me”, un posto destinato a me, adatto per me, che mi appartiene, un posto tutto mio. Un posto che altri non possono occupare, ma solo io. Un posto unico e insostituibile. Sono una tesserina del mosaico dell’universo. Debbo esserci e stare al mio posto. Non posso stare fuori posto. Ne va della bellezza del mosaico. Sono parte integrante della sua armonia.

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3L. E Colui che ha fatto sorgere in me quella domanda, è Lui che ha pensato da sempre quel “posto per me”. Non vengo dal nulla, vengo da Lui, che è Padre e Madre per me. Vengo da Dio che è Amore. Lui che mi ha generato e mi ha amato con amore di predilezione. Mi ha fatto come un prodigio, come dice il salmo 138. Essere in questo “mio posto” è la Volontà di Dio per me. 4L. Scrive don Ottorino nel 1959, a commento del mosaico, indicando Gesù e Maria come i perfetti realizzatori del piano del Padre, queste quattro incisive affermazioni: S1. “Esisto per un atto eterno di amore e di volontà di Dio. Sono apparso nel tempo per realizzare un piano che Dio ha su di me. Non devo oppormi alla attuazione del piano che Dio ha su di me.


Attraverso gli eventi Dio mi guida alla attuazione del piano che Egli ha su di me”.1 4L. E in una delle meditazioni che ogni mattina era solito fare ai suoi giovani dice: S1. “Siamo usciti da un atto di amore di Dio e rientriamo nel suo grande piano universale. Ognuno di noi deve cercare di andare nel posto che Dio ha pensato per lui e di cantare come il Signore vuole che canti. Ognuno di noi è stato creato per una missione; mia mamma per essere mia mamma, io per essere sacerdote, un altro per essere un papà di famiglia: ognuno deve cercare di essere quello che il Signore fin dall’eternità ha pensato di lui e per cui lo ha creato. Solo lì troverà le grazie che il Signore ha disposto per la sua salvezza e per la salvezza di tante altre anime. Lo sforzo di ciascuno di noi dev’essere quello di tendere a realizzare il piano che Dio ha su di lui”.2 5L. Don Ottorino, però, mette anche in rilievo che noi non siamo dei solitari, isolati custodi di un piano solo per noi. Siamo parte di un tutto. Il nostro posto brilla nell’insieme del mosaico. Nella stessa meditazione, infatti, aggiunge: S1. “Il piano poi che Dio ha su di noi è un piano che rientra in una certa comunità, in quanto noi siamo chiamati a farci santi insieme. Ognuno di noi è una tesserina, ma siamo tesserine molto vicine: se siamo nella stessa comunità, siamo tesserine vicine tra noi. Se dobbiamo formare il dito pollice di Gesù: uno sarà l’unghia, un altro sarà qualcos’altro..., siamo tesserine vicine. Uno da solo non è un dito della mano. 1 2

Scritti Ispirati da don Ottorino, p. 9. Don Ottorino, Meditazione 5 agosto 1966.

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Anche se ognuno deve realizzare il piano che Dio ha stabilito per lui, c’è però un qualche cosa di comune per tutti noi, perché siamo membri di una stessa comunità. Ognuno è distinto, ma con un qualche cosa comune agli altri”.3 6L. Ecco, la Volontà di Dio per noi. Essa è iscritta nel nostro essere, così come siamo stati pensati e fatti da Dio, immersi nell’immenso e profondamente armonico disegno della creazione. È l’unica risposta che Dio si aspetta da noi. A noi spetta solo dire di sì a questo progetto, offrire a Dio quello che siamo, con tutto di noi: “come Gesù”, secondo lo slogan scelto per quest’anno celebrativo dalla Famiglia di don Ottorino. Desideriamo essere “come Gesù” nel fare la volontà del Padre.

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G. Vogliamo ora ascoltare e meditare insieme un brano della lettera agli Ebrei che don Ottorino citava spessissimo. Sono le parole di Cristo al Padre suo, nel pieno della sua coscienza di essere divenuto Lui stesso, nel suo corpo, nella totalità del suo essere, il vero e unico sacrificio, il vero e unico dono, che gli può offrire. Ascoltiamo: S2. Dalla lettera agli Ebrei “Entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”. Dopo aver detto: Tu non hai voluto né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono 3

Ibidem.


offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre”.4 G. A conclusione di questa prima tappa della veglia, ognuno di noi, accompagnato dallo sguardo sorridente di don Ottorino, lasci emergere la domanda: “Sono al mio posto?”, che c’è nel profondo di sé. E, con la fiducia in Dio Amore, che quella domanda gli ha suscitato da sempre, ripeta per qualche istante a se stesso: “Esisto perché sono amato da Dio, il quale ha un piano su di me. Mi realizzo se accolgo questo piano e mi lascio guidare da Lui nell’avventura della vita. Non sono io a costruire il mio piano, ma so che Colui, che è mio Padre e mia Madre e che da sempre mi ama, l’ha pensato appositamente come il dono più grande per me. Se sarò obbediente a quell’Amore, scoprirò di essere unico e irripetibile, avrò una parte insostituibile nella danza della vita e potrò dare al mondo il meglio di me. E mai in me si spegnerà la lampada della gioia”. Don Ottorino celebra la Messa in un campeggio estivo con l’intensità di fede di sempre.

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Eb 10, 5-10.

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SECONDA PARTE

“Parlane a Lui”

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G. Sempre all’entrata della Casa dell’Immacolata, la casa di don Ottorino, che è attualmente la Casa madre della Pia Società San Gaetano, la Famiglia religiosa da lui fondata, oltre al mosaico del “Sono al mio posto?”, c’è un altro quadro che don Ottorino ha voluto mettere. È un quadro di Gesù dal volto sorridente, con sulla testa la corona di spine che sta per fiori- Quadro, scelto da don Ottorino, di Gesù con il volto sorridente e in testa re. Ha cercato a lungo la corona di spine che sta per fiorire. questo volto di Gesù e Sotto l’invito “Parlane a Lui”. alla fine l’ha trovato. E sotto il quadro ha fatto scrivere questo invito: “Parlane a Lui”. 1L. Nel percorso della seconda tappa di questa veglia vogliamo concentrare la nostra attenzione spirituale sul volto di Gesù rappresentato in questa icona. È un Cristo vivo, risorto, benedicente, che ti guarda e ti sorride, anche se porta evidenti i segni sanguinanti della Passione. È un Cristo vicino, amico, accogliente, che ti invita al dialogo. Proprio così lo sentiva don Ottorino. Per questo incoraggia ciascuno di noi a rispondere a quell’invito: “Parlane a Lui”.


2L. Don Ottorino ha veramente vissuto la sua vita di uomo e di prete totalmente proiettata a mettere Gesù Cristo al centro dei suoi pensieri, delle sue parole, dei suoi sentimenti, delle sue azioni. Ha voluto ascoltare la sua voce nell’intimo e gli ha parlato incessantemente. Il dialogo tra lui e Gesù è stato il suo primo e permanente impegno spirituale, che anteponeva a qualsiasi altro impegno. Anche le stesse pratiche di preghiera, a cui come prete rimaneva puntualmente fedele, sentiva che dovevano essere illuminate dalla luce di quel dialogo a tu per tu con Lui. 3L. Gesù era una Presenza che gli riempiva la vita. Era un Amico con cui parlava e condivideva tutto. Aveva con Gesù una relazione di amicizia e di comunione che dava il senso ultimo a tutto quello che faceva, a tutte le azioni di cui era costellata la sua intensa giornata, che spesso assomigliava alla giornata di un imprenditore. Sentiva che quella stessa relazione di amicizia e di comunione stava alla base della preghiera stessa. Ne soffriva quando gli sembrava che tale relazione in lui stesse calando di intensità e cercava allora di ravvivarla in mille modi. 4L. Perché il senso della Presenza, dell’Amicizia e della Comunione con Cristo era quanto di più caro don Ottorino aveva e voleva trasmettere a chiunque incontrasse. Nell’ultimo suo testamento spirituale, scritto a pochi mesi dalla morte, si è rivolto così, in forma personale, a ognuno dei suoi giovani: S1. “Tu devi sentire la presenza di Dio nella tua vita. Gesù deve divenire per te una persona sempre presente, conosciuta, amata, seguita incondizionatamente.

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Lo devi sentire vicino al mattino appena apri gli occhi al nuovo giorno e lo devi salutare con gioia come lo sposo saluta con gioia la sposa prima di incominciare la sua giornata. Lo devi informare e interrogare nel tuo lavoro apostolico. Dalla sua luce devono emanare i tuoi pensieri, parole e azioni. Alla sera con Lui chiuderai la giornata, nell’intimità della tua stanza. Se tu non riuscirai ad avere un tale intimo contatto col Cristo, vivendo in stretta unione con Lui fino a poter dire con Paolo “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20), non sarai il Cristo vivente e perciò comprometterai la tua missione tra i fratelli. Tutto il resto è valido, utile e necessario, solo se ti sforzerai di realizzare questa fusione col Cristo, amato, vissuto e ardentemente desiderato”.5 4L. E aggiungeva, riferendosi alle stesse celebrazioni liturgiche e impegni apostolici:

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S1. “La Santa Messa, la Comunione, i Sacramenti, le anime prendono luce da Lui che è in te. Altrimenti sarai una lampada senza corrente. E qui devi vigilare su te stesso perché la corrente non viene a mancare improvvisamente. Il voltaggio diminuisce a poco a poco e se non sei vigilante non ti accorgerai della diminuzione della luce che emana da te. Quando ti accorgerai forse è troppo tardi. Forse sei già bruciato”.6 5L. Ecco, per don Ottorino, la preghiera è un “dialogo cosciente e personale con Dio”, e si traduce in piccole attenzioni quotidiane. Ci sono certamente momenti particolari di intimità con Gesù nel silenzio dell’adorazione e della meditazione. Ma ci sono anche delle “telefonate” veloci che don 5 6

Don Ottorino, 4° Testamento. Ibidem.


Ottorino fa all’amico Gesù per chiedergli consiglio su come comportarsi in ogni momento. Ci sono delle visite rapide in cappella, quando esce di casa e quando rientra, per salutare il compagno di tante avventure e invitarlo a stare accanto a lui. Ci sono dei messaggi scritti su ceramiche che don Ottorino aveva fatto appendere sulle pareti dei corridoi della Casa dell’Immacolata per ricordare a sé e ai suoi ragazzi i messaggi più belli dell’amore di Dio. L’espressione più sintetica che esprime questa centralità di Cristo, che è tutta un programma di vita, è quella lasciata come eredità a quanti l’hanno seguito nella sua avventura spirituale: “Con Cristo nel cuore, nella famiglia, nel lavoro”. 6L. Ma in quell’icona del “Parlane a Lui”, con il volto sorridente di Cristo, don Ottorino non smetteva mai di contemplare con realismo i segni della Passione, che erano la prova più visibile e evidente dell’Amore di Dio per l’umanità. Troviamo scritto nella Regola di Vita della Pia Società San Gaetano: “L’aspetto del mistero di Cristo che più appassionò don Ottorino fu questo: Gesù che compie perfettamente la volontà del Padre, donandosi fino alla morte per salvare gli uomini”.7 G. In questa veglia vorremmo penetrare nella “stanza segreta” del suo rapporto con Cristo, che è culminato nel “Gesù, ti amo”, ripetuto più volte prima di morire in quel pomeriggio del 14 settembre 1972, dopo l’incidente avvenuto sull’autostrada Serenissima, nel tratto tra i due caselli di Brescia, mentre andava a Milano per comprare una macchina per il Centro 7

Regola di Vita, n. 6.

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Audiovisivi. È nei confronti di Gesù in croce che don Ottorino ha sentito l’amore più grande. Diceva spesso, con un linguaggio controcorrente e strano in lui che la gioia gli sprizzava sempre dal volto, che la croce bisognava amarla, baciarla, abbracciarla e persino desiderarla, perché in quel bacio e in quell’abbraccio baciamo e abbracciamo il Signore. Nelle sue meditazioni ripeteva a memoria, all’infinito, la citazione del brano biblico della lettera di San Paolo ai Filippesi, che vorremmo anche noi ora ascoltare e meditare:

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S2. Dalla lettera ai Filippesi “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: ‘Gesù Cristo è Signore!’, a gloria di Dio Padre”.8 G. A conclusione di questa seconda tappa della nostra veglia, anche noi vogliamo metterci sulla scia di don Ottorino per vivere le nostre “passioni e morti” con amore. Ci impegneremo a lasciarci attraversare dall’amore nelle svariatissime forme di dolore, di sofferenza e di morte, che ci sarà dato di vivere.

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Fil 2,5-11.


TERZA PARTE

“Unità nella carità”

Nell’icona di Gesù che lava i piedi si vede rappresentato il volto della diaconia della Famiglia di don Ottorino.

G. In questa terza parte della nostra veglia ci soffermiamo a meditare sul tema che più don Ottorino aveva a cuore: l’unità nella carità. L’icona che vogliamo contemplare è quella di Gesù che lava i piedi a Pietro nell’ultima cena, quando dà ai discepoli il comandamento nuovo di amarsi gli uni gli altri, dicendo loro che solo per questo amore potranno essere riconosciuti come suoi discepoli.

1L. L’unità nella carità è la sintesi del carisma che Dio ha consegnato a don Ottorino a bene della Chiesa. Aveva sentito fin da ragazzo che Dio lo chiamava ad essere prete, ma aveva da subito intuito che la vita del prete doveva essere innanzitutto testimonianza dell’unità nella carità. E quando poi Dio lo ha chiamato a fondare una nuova Famiglia religiosa di preti e diaconi gli è stato chiaro che Dio la voleva per vivere e promuovere l’unità nella carità.

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2L. I testamenti di don Ottorino, scritti in date diverse, sono intrisi di accorati appelli a vivere l’unità nella carità e parlano di “amore”, “carità”, “amarsi”, “volersi bene”. Eccone solamente alcuni richiami: S1. “La seconda cosa che vi domando è che vi amiate tanto. Amatevi di un amore puro e soprannaturale come si conviene ai fratelli di Gesù riuniti nella stessa nave, diretti al medesimo porto… Che il mondo veda che siete di Dio e che credete realmente al Santo Vangelo… Carità, carità, carità, in nome di Dio e della Madonna. Carità verso Dio e verso i fratelli… Soprattutto conservate il timbro della carità… Vogliatevi bene!”.

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2L. Queste accorate parole sono rivolte naturalmente ai suoi figli, preti e diaconi, perché rimangano come pietre miliari a indicare loro il cammino di fedeltà al carisma che Dio gli aveva ispirato. In questi anni alcune consacrate, chiamate “sorelle nella diaconia”, e un numero sempre più numeroso di laici, chiamati “Amici di don Ottorino”, hanno accolto queste stesse parole con l’impegno a fare della loro vita una testimonianza di unità nella carità. 3L. Ma ci possiamo chiedere: “Perche tanta insistenza da parte di don Ottorino sull’unità nella carità in un momento nel quale i problemi della Chiesa sembrano essere altri e più urgenti, come quello dell’evangelizzazione”? 4L. È proprio perché don Ottorino sente con impellenza la necessità dell’evangelizzazione, che insiste sull’unità nella carità. Ha percepito e ha sofferto dentro di sé il processo di secolarizzazione già allora in atto, che egli descrive come il dramma dell’ “allontanamento da Dio”. La sua esperienza


di “conoscere e amare Gesù” gli ha acceso in cuore l’ideale urgente di “farlo conoscere e farlo amare”. 5L. Per don Ottorino i tempi di crisi sono i tempi dello Spirito, al quale, privi di ogni altro appoggio, siamo quasi “obbligati” a fare spazio perché sia Lui a rinnovare la faccia della terra. Ma lo spazio in cui agisce lo Spirito è quello dell’unità nella carità. È uno spazio fatto di umiltà, di fede semplice, di relazioni fraterne, di gioia interiore comunicata ai fratelli, di servizio ai poveri. Allo Spirito Santo è necessario solo aprire la vela e lui sospingerà la nostra barca, la barca della Chiesa verso nuovi lidi. Diceva: 1S. “ Il nostro impegno è quello di spiegare la vela. Apri la vela, spiegala tutta e allora lo Spirito Santo ti farà volare; allora la fede e allora la speranza e allora la carità saranno luminose; e allora i doni dello Spirito Santo, l’intelletto, la scienza, la fortezza e il timor di Dio saranno presenti in noi”.9 6L. In questi nostri tempi di crisi in cui la Chiesa sente l’urgenza di una “nuova evangelizzazione” il messaggio di don Ottorino è particolarmente suggestivo. Ci ricorda il monito di Gesù che saremo riconosciuti dall’amore che avremo gli uni per gli altri. Scrive nel suo ultimo testamento spirituale senza mezzi termini: 1S. “Sarai pronto a parlare di Cristo solo quando sarai uno con Cristo e i tuoi fratelli. Se non c’è questa unità non uscire a sparlare del Cristo!”.10 1L. Secondo don Ottorino, se non c’è unità nella carità non ci può essere annuncio, non c’è 9 10

Don Ottorino, Meditazione 10 maggio 1965. Don Ottorino, 4° Testamento.

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evangelizzazione, non c‘è conversione… Potremmo anche dire: non c’è pastorale… Perche sarebbe una pastorale senz’anima, una pastorale senza Cristo, cioè una pastorale che non può essere considerata tale. Dice don Ottorino in un’altra meditazione: 1S. “Il Signore ha legato l’efficacia apostolica proprio alla carità, all’amore. Se non c’è questa carità, se non c’è questa fusione, è impossibile l’efficacia dell’apostolato. Anche se c’è un po’ di movimento, è un fuoco di paglia, un rullo di tamburo. Se noi vogliamo che effettivamente avvenga il miracolo – e per convertire il mondo di oggi ci vuole un miracolo – lo compiremo, secondo la parola di Gesù, solo se noi avremo stabilito una vera e propria comunità di fratelli”.11

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2L. Con la sua fantasia creativa portava una serie di paragoni, di esempi e di riferimenti alla storia biblica o all’esperienza della vita quotidiana per dimostrare che la vera evangelizzazione si gioca a livello di unità nella carità. Diceva che l’unità nella carità è un miracolo come quello della risurrezione di Lazzaro. Come ogni miracolo anche quello dell’unità nella carità avrà in sé la forza comunicativa dell’energia che sgorga da Cristo, anche se di fronte al miracolo ci sarà chi crede e chi non crede. E di fronte alla difficoltà che il bene si faccia strada e della conversione a Dio, diceva: S1. “È impossibile, figlioli miei, che il male resista alla carità. La carità è come un cannello ossidrico: tu lo metti sopra un pezzo di ferro, insisti, insisti...; a un dato momento il ferro diventa rosso e dopo si fa il buco. Vogliatevi bene, insistete, insistete e magari al momento della morte vedrete i risultati”.12 11 12

Don Ottorino, Meditazione 4 aprile 1968. Don Ottorino, Meditazione 25 aprile 1967.


3L. In un’altra meditazione dice che saremo riconosciuti come inviati di Dio soltanto attraverso l’unità nella carità che testimonieremo, con la quale Gesù si farà presente in noi e tra noi. Ecco le sue parole: S1. “Come Gesù ha stabilito le parole della consacrazione per rendere presente il corpo di Cristo, così ha stabilito che, attraverso la carità, noi saremo i suoi testimoni e saremo riconosciuti come tali. Se noi, invece, non diffonderemo la carità, non saremo riconosciuti come suoi testimoni e parleremo un linguaggio umano. Sarebbe come un predicatore da una voce debole che stesse parlando in una grande cattedrale e improvvisamente venisse a mancare la corrente elettrica: non lo sentirebbe neppure il chierichetto più vicino”.13 3L. E ancora un’altra efficace immagine delle sue: S1. “ Noi dobbiamo assolutamente fondare il nostro apostolato sulla carità, sulla fraternità. In altre parole, prima della camicia che indossiamo, dobbiamo portare sempre con noi la carità. Quando andiamo in qualche parte dobbiamo portare nel nostro bagaglio la carità, la fraternità: sarà il faro che noi accenderemo e che aprirà ogni porta”.14 G. A conclusione di questa veglia, in compagnia di don Ottorino, prete semplice ma con la gioia di Dio nel cuore, gioia che anche in questa occasione ha trasmesso a ciascuno di noi, ascoltiamo il testo evangelico della lavanda dei piedi che contiene il comandamento dell’amore. Poi Gesù presente nell’Eucaristia ci benedirà e ci invierà ai fratelli. Coscienti del posto che ci ha assegnato nell’avventura della fede, gli diremo che siamo pronti a testimoniarlo al mondo con la nostra unità nella carità. 13 14

Don Ottorino, Meditazione 12 gennaio 1966. Ibidem. .

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S2. “Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: ‘Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica… Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.15

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A questo punto, se la veglia è celebrata in forma comunitaria, si potrebbe esporre il Santissimo Sacramento per un breve momento di adorazione cui seguirà la benedizione eucaristica.

Nella foto sono rappresentate le diverse vocazioni che compongono la Famiglia di don Ottorino: religiosi preti e diaconi; sorelle nella diaconia, amici di don Ottorino.

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Gv 13,12-17; 34-35.


IL SANTO ROSARIO con le meditazioni di don Ottorino MISTERI GAUDIOSI Annunciazione Lei, la piena di grazia, abitata dallo Spirito, pronuncia quel “sì”, che non è il primo della sua vita e neppure sarà l’ultimo. Un “sì” esigente, ma possibile, perché preparato dallo stesso Amore. Dice don Ottorino: “La Madonna sentiva certamente che Dio voleva qualche cosa da lei. Se era piena di Spirito Santo, volete che lo Spirito Santo non le abbia mai detto niente? Lei sentiva e piano piano c’è stata una rivelazione intima”. Visitazione Due donne, strumenti di Dio, che portano in grembo il segno della sua presenza. Ed Elisabetta dice: “Appena il tuo saluto è giunto al mio orecchio, il bimbo ha sussultato nel mio grembo”. La presenza di Gesù si percepisce nell’intimo. Dice don Ottorino: “Portate Gesù, portate Gesù e vedrete che a un dato momento voi, anche senza pensarci, lo porterete nelle varie parti del mondo, e voi sarete apostoli, e verranno in cerca di voi. Non cercheranno voi, ma cercheranno quel Gesù che hanno visto spuntare da voi; verranno in cerca di Lui”.


Nascita E il Verbo si è fatto carne. Nulla di più inconcepibile. Nella gioia della nascita di una nuova vita lo stordimento di tale grande mistero. E Maria si trova nel bel mezzo di questo turbine. Dice don Ottorino: “La Madonna vede arrivare i pastori che vengono esultanti e che raccontano l’apparizione dell’angelo, il coro degli angeli... e la Madonna sente queste parole, però nella capanna di Betlemme non c’è la luce che mettiamo noi nei presepi; c’è lo squallore di una stalla. E la Madonna conserva queste voci nel suo cuore e nell’intimo suo dice il suo “fiat” (il suo sì), dice il suo credo: “Credo che questo mio figlio è mio e non è mio, è mia creatura e mio creatore, è il mio Signore!”.

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Presentazione di Gesù al tempio Gesù è offerto da Maria e Giuseppe al tempio come primizia che appartiene al Signore. È il Figlio che non appartiene loro, perché non solo è di Dio ma è Dio stesso. Dice don Ottorino: “Le nostre mamme ci hanno offerti spiritualmente, ma non ufficialmente. Ma ci sono degli eletti, alcuni chiamati da Dio, e questi non vengono portati dalla mamma, ma spontaneamente devono dire di sì al Signore. Non vengono presi di peso e portati sull’altare. Il Signore, rispettando la volontà di ciascuno, dice ‘Vieni perché ti voglio mettere sopra l’altare!’.” Ritrovamento di Gesù fra i dottori del tempio Gesù, il Maestro, fra i maestri della Legge. Già ha coscienza della sua missione. Ma non è ancora il tempo. Anche la Volontà di Dio ha la sua ora. Dice don Ottorino:


“Gesù fanciullo attenderà così fino a trent’anni, in un’apparente inazione. Quante volte noi rischiamo di guastare tutto per voler andare troppo in fretta! Certe tappe della nostra formazione spirituale e della educazione del cuore non le possiamo sopprimere o scavalcare senza gravi conseguenze per l’avvenire. Dovremo sempre combattere la tendenza ad abbreviare il lento cammino che ci è imposto non solo dalla nostra condizione umana, ma spesso anche dal modo con cui Gesù tratta le nostre anime”.

MISTERI DELLA LUCE Gesù battezzato nel Giordano Il “Maestro” si mette in fila con i peccatori e con i discepoli di Giovanni. Anche lui “impara” e “si converte” ad agire come uomo. Dice don Ottorino: “Andiamo alla ricerca di Gesù non per studiarlo, ma per conoscerlo, per approfondire la sua conoscenza, per incontrarci con Lui. Lui ci insegnerà a diventare apostoli, ci insegnerà a divenire salvatori di anime, ma prima bisogna incontrarsi con Lui. Bisogna prima passare a farsi battezzare con il battesimo di penitenza. Fatto questo battesimo, allora siamo pronti a continuare il nostro cammino”. Gesù alle nozze di Cana “Fate quello che vi dirà”, è l’invito rivolto a chi serve e rivolto anche a noi oggi. Non dobbiamo fare altro che ciò che ci dirà. Il resto lo fa Lui. Dice don Ottorino: “ ‘Riempite fino all’orlo!’. E allora: ‘Dai, riempi fino all’orlo, dai, un altro secchio ancora!’. Rendetevene conto! Molte volte il Signore vuole questo, che si faccia questo: offrire al Maestro l’acqua della buona volontà,

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perché Dio possa versare agli uomini il vino della sua grazia redentrice. Che non vi sia proporzione tra il nostro gesto e il suo, non ha importanza”. Gesù annuncia il Regno di Dio Gesù non poteva tenere per sé la gioia più grande: la relazione con il Padre e lo Spirito. Ecco l’annuncio del Regno come esperienza di una relazione di salvezza, per tutti. Dice don Ottorino: “Gesù ha desiderato ardentemente la salvezza dei suoi fratelli e l’avvento del Regno del Padre. Ecco le due cose che Gesù ha desiderato: salvare i fratelli e la venuta del Regno del Padre. ‘Padre, io desidero due cose: salvare i miei fratelli e che venga il tuo Regno!’. Io non posso desiderare cose diverse da quelle che ha desiderato Gesù. ‘Venga il tuo Regno e salva i miei fratelli’.”

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Gesù si trasfigura su un alto monte È trasfigurata l’esperienza che gli apostoli hanno di Gesù. La gloria sta nella sintesi tra Legge e Annuncio profetico che può “trasfigurare” tutto ciò che dall’umanità è sfigurato; e proprio in questo momento si parla di croce. Gesù annuncia la sua passione. Dice don Ottorino: “Sopra il Tabor è avvenuta l’apparizione di Mosè e di Elia. Di che cosa parlavano tra di loro? Della passione. Perché? Perché da lì doveva partire la conquista vera e propria del mondo, ma una conquista pacifica, attraverso la croce. Gesù ha portato là i tre Apostoli e ha detto: ‘È vero che dobbiamo conquistare il mondo a Dio, ma dobbiamo conquistarlo attraverso la passione, attraverso il sacrificio, attraverso la morte’. Era un linguaggio nuovo, ma avvincente, da quel luogo”.


Gesù istituisce l’Eucaristia Gesù dice: “Prendete e mangiate e bevete … questo è il mio corpo e sangue”. Allo stesso modo dopo aver lavato i piedi degli apostoli dice: “Anche voi fate questo in memoria mia. Vi ho dato l’esempio”. Non riusciamo a lavare i piedi dei nostri fratelli se non ci alimentiamo di Lui, Maestro. Dopo averlo mangiato, lo possiamo fare con Lui. Dice don Ottorino:

“Figlioli, dobbiamo sentire la presenza di Cristo nell’Eucaristia: Lui vivo e vero! E quando prendiamo in mano Gesù o quando lo riceviamo, dobbiamo parlare con Lui come si parla con una persona viva. Nell’Eucaristia c’è proprio Lui, c’è proprio Lui: generato “ab aeterno” (da sempre) dal Padre, concepito nel seno purissimo della Vergine santa, nato a Betlemme; proprio Lui che sulle rive del lago ci ha insegnato cose meravigliose; proprio Lui che è salito sul patibolo della croce per lavarci col suo sangue; proprio Lui che ha scosso il sepolcro, è risorto ed è già là che ci attende, figlioli, e ha dato a noi la possibilità di risorgere”.

MISTERI DOLOROSI Gesù agonizza nell’orto degli ulivi Le cose si mettono male per Gesù. Si staglia con chiarezza davanti a Lui l’ombra della Passione. In quel momento esprime al Padre tutta la sua umanità e nello stesso tempo la sua disponibilità a fare quello che Lui vuole. Dice don Ottorino: “Devo anche imparare io stesso ad accettare come ha accettato Lui nell’orto degli ulivi: ‘Padre, se è possibile, passi questa croce!’. Non mi è proibito dirlo qualche volta, però devo sempre concludere la mia preghiera come Lui: ‘Padre, se è possibile, passi questo dolore, però, Signore,

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sia fatta la tua volontà’. Ho un dispiacere? Ho qualcosa che mi pesa? ‘Padre, se è possibile passi, però sia fatta la tua volontà’.” Gesù flagellato Gesù è sottoposto a causa del gioco dei poteri alla dolorosa e umiliante tortura della flagellazione, che subisce in silenzio. Accetta il prezzo imposto dagli uomini, ma lo accoglie nella luce della volontà del Padre suo. Dice don Ottorino:

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“Tante volte noi non siamo capaci di accettare dalle mani del Signore quelle croci che vengono dai nostri fratelli, cioè non sappiamo vedere il timbro di Dio, il suo sigillo nelle croci che troviamo sul nostro cammino. È vero che la condanna di Gesù, la sua flagellazione, le sue sofferenze sono venute dalla cattiveria degli uomini, anche la condanna che Pilato stesso gli inflisse per paura, però il Signore le ha accettate dal Padre come mezzo di salvezza dei fratelli.” Gesù coronato di spine Ecco il nostro re, coronato di spine, umiliato e schernito. Diventato per questo servo di tutti. “Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la sua vita”. Dice don Ottorino: “Noi siamo destinati a servire le anime. Nostro ufficio è servire e anche, se è necessario, morire per le anime. Siamo destinati alle anime, siamo destinati al popolo, all’umanità, al complesso di quei nostri simili che chiamiamo il prossimo, che chiamiamo la comunità sociale, la parrocchia, la schiera di vite umane che prima d’oggi non avevano alcuna particolare relazione con noi, alcuna parentela, alcuna conoscenza e che diventano nostri con vincoli che creano enormi, anche se stupende, responsabilità”.


Gesù porta la croce al Calvario Gesù carico della croce invita anche noi a caricare la nostra croce e a portarla con Lui. Da Lui impareremo a portarla con amore e a farci carico a nostra volta della croce dei fratelli. Dice don Ottorino: “Il tuo amore per Gesù è solo una parola o un sentimento superficiale se non ti porta a condividere la sua croce con Lui. Se tu non sai soffrire, il tuo amore è solo una chiacchiera: non dire che ami il Signore! Il Signore ha pensato al tuo bagaglio, e una delle cose indispensabili per il tuo cammino sopra la terra è la croce. Gesù domanda di accettare liberamente di soffrire con lui, ma lui rimane sempre accanto perché senza di Lui è impossibile portare la croce”. Gesù muore sulla croce Gesù dall’alto della croce guarda l’umanità con gli occhi e il cuore del Padre. La vede ferita, rattristata, bisognosa di perdono. Accogliamo anche noi il suo sguardo su di noi e fatto nostro quello sguardo proiettiamolo sul mondo. Dice don Ottorino: “Figlioli miei, vi assicuro che nel meditare queste cose si sente il cuore straziato e il bisogno di piangere, di amare, di donarsi a lui, interamente a Lui. Si sente la parola del divino Maestro che non è di condanna: è parola di perdono. Gesù si rivolge al Padre non per implorare la maledizione sui suoi crocifissori, né l’inferno o i fulmini dal cielo, ma il perdono: ‘Padre, non sanno quello che fanno; perdona loro’. Si rivolge poi al ladrone, e dice: ‘Oggi sarai con me in Paradiso’.”

MISTERI GLORIOSI Gesù risorge da morte Il Risorto apparendo ai discepoli nel cenacolo ha due parole di risurrezione per loro: “Non abbiate paura” e

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“la pace sia con voi”. Paura svanita e pace realizzata sono possibili solo in Lui. Dice don Ottorino: “Per il cristiano Dio è il punto di partenza, Dio è il punto di arrivo, Dio morto, risorto e glorioso che ci attende, seme della nostra risurrezione perché anche noi dobbiamo risorgere con Lui. Perciò lo sguardo del cristiano è lo sguardo proteso verso il Cristo risorto; è una Pasqua perenne, è un’attesa: anch’io devo morire per risorgere! ‘Signore, purificami...! Purificami pure nella sofferenza perché voglio anch’io morire per risorgere!’.”

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Gesù ascende al cielo Gesù va al cielo, ma non lascia soli i discepoli. Lui sarà sempre con loro. Con Lui, ora presente in un altro modo, comprenderanno che la missione di portare il fuoco sulla terra è nelle loro mani. Dice don Ottorino: “Avete notato ciò che è detto alla fine del Vangelo di San Luca, sulla gioia degli Apostoli dopo l’Ascensione? “Ritornarono a Gerusalemme pieni di gioia” (Lc 24,52). Perché tale gioia? In primo luogo perché Gesù, loro Maestro carissimo, è entrato nella gloria del Padre. Inoltre Gesù aveva spiegato loro quale sarebbe stata la missione dello Spirito Santo. Aveva detto innanzi tutto che lo Spirito Santo avrebbe fatto comprendere loro l’insegnamento che egli aveva impartito”. Lo Spirito Santo discende sugli apostoli È lo Spirito di Vita, il Consolatore, che avvolge il creato, irrompe e sfonda ogni chiusura. E a volte non ne siamo coscienti. È Lui che ci trasforma in suo tempio, in promotori di unità, in costruttori di pace. Dice don Ottorino: “Il giorno della morte ci accorgeremo di avere avuto sempre con noi la terza persona della SS. Trinità e che essa ha abitato in casa nostra, in casa nostra; qui, dentro


di noi, e non vicino a noi: dentro di noi! Com’è vero che in cielo c’è Dio, che nel tabernacolo c’è la seconda persona della SS. Trinità, incarnatasi e fattasi uomo, così è vero che dentro di me c’è lo Spirito Santo, la terza persona della SS. Trinità venuta ad abitare dentro di me”. Maria assunta in cielo Gesù, il Figlio, vuole la mamma accanto, così come la Madre vuole stare con il Figlio, e con Maria apre il cammino per portare a sé tutta la famiglia umana. “La Madonna, quando è ritornata nella sua casetta assieme a Giovanni, penso che abbia detto: ‘Speriamo di andare anche noi presto lassù, insieme con Gesù’. Figlioli miei, ecco il desiderio di ogni cristiano. Il desiderio di un vero cristiano dovrebbe essere questo: sognare il giorno del suo incontro con il Signore, l’inizio di quella giornata che non avrà tramonto, che durerà per tutta l’eternità. Noi non siamo stati creati per la terra, ma per il Cielo”.

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Maria incoronata regina Come Gesù è il Figlio di Maria, fratello di tutti noi, Maria è la mamma di tutti noi e, proprio perché mamma di Gesù, è lei che ci può aiutare a vivere per Gesù. Dice don Ottorino: “Non possiamo pretendere di arrivare alla maturità spirituale senza fatica. E in questo lavoro duro, che continua per anni, ci vuole l’aiuto della Madonna. Questo è l’errore che facciamo. Noi pretendiamo e diciamo: ‘Adesso voglio essere tutto del Signore!’. Nella salita verso la santità anche noi abbiamo bisogno di un maestro. In questi momenti un po’ difficili nella salita verso Dio abbiamo bisogno di una mamma, figlioli miei, che ci insegni a vivere secondo Gesù e per Gesù”.

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LE PREGHIERE DI DON OTTORINO Voglio farmi santo Sono dieci anni che grido a me stesso: “Voglio farmi santo”, ma il mio grido è sperduto dal vento. Ormai non so più a che partito appigliarmi e mi getto disperato tra le braccia di Gesù. Il nuovo genere di vita mi ha messo in contatto con le virtù, ma purtroppo anche con i difetti del clero. Il prete non sempre è padre e pastore; non sempre è il buon samaritano; non sempre è il cuore che riceve ogni cuore, che compatisce ad ogni dolore, che medica ogni piaga, che solleva ogni afflitto. Tu, o Gesù, sai quale sia il mio ideale, dammi grazia di effettuarlo. Povero, abbandonato dal mondo, con un cuore grande, immenso, attaccato al Tabernacolo, più di un bambino che non sa camminare, alle gonne della mamma. La mia vita sei tu, o Gesù, ora e sempre. (dal Diario Spirituale, 1937)

Una delle ceramiche che don Ottorino ha fatto appendere nei corridoi della Casa dell’Immacolata.

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Gesù, non ti fidare di me

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Gesù, non ti fidare di me, poiché ti potrei tradire; sostienimi poiché altrimenti di certo cadrò; infiammami, poiché ho freddo, se lontano da te. O Gesù, dammi un sacerdozio cosparso di spine, dammi un sacerdozio con poche rose, poiché non è giusto che io trionfi mentre tu, o Gesù, sei stato crocifisso. Il mio sangue irrorerà, ed altri raccoglieranno. Temo per la mia superbia, per la mia pochezza spirituale, intellettuale e fisica. Sarò di danno alle anime? Con Gesù non tremo. Sarò una lampada accesa dinnanzi al tabernacolo, che a poco a poco si consuma: non riuscirà ad illuminare, ma almeno farà compagnia a te, Gesù. Povera lampada semispenta! Tu vorresti rischiarare l’Italia, l’Europa, il mondo intero; vorresti che tutti vedessero un tabernacolo e fossero presi da un folle amore. Ma intanto la tua luce è debole, quasi di lucignolo fumigante; vorresti essere chiusa lontana dal mondo e splendere vicino a Gesù per una luce vivissima; vorresti essere lontana dal mondo per non contaminare il tuo olio, ma intanto non ti accorgi che, non olio, ma un misero miscuglio è quello che arde in te. Ora bisogna purificare questo olio, bisogna rinforzare questa fiamma, bisogna che Gesù possa servirsene. Ma che sono io per far questo?

(dal Diario spirituale, 1940)


Un’altra delle ceramiche che don Ottorino ha fatto appendere nei corridoi della Casa dell’Immacolata.

Mamma, fammi santo. Mamma, a te questo ufficio difficile ed arduo. In te io mi abbandono senza riserva. Raschia, pulisci, lima, ma fammi lucente, fammi ardere, fammi santo. Desidero la follia, la santa follia; desidero Gesù e portare Gesù ai miei fratelli. Mamma, stacca il mio cuore da tutto ciò che è terreno; fa’ che io cerchi solo Gesù e le anime. Dammi il dono della parola; non di una parola ricercata ed applaudita, ma di una parola convincente ed accompagnata dal fuoco, di una parola che non fa dire “bravo”, ma fa prostrare dinnanzi al tabernacolo ed al Crocifisso per aver perdono, dimenticando il misero strumento della grazia. Mamma, dammi un carattere ardente, energico, riflessivo. Tu che hai formato Gesù, forma anche il tuo Ottorino. Mi fosti sempre Mamma, ma ora me lo devi essere in modo particolare, poiché salvando me salvi tanti altri fratelli nostri che potrebbero perire. Mamma, vorrei avere mille cuori e mille corpi per essere prete, missionario, monaco... Vorrei consumarmi per Gesù. Mamma, mi getto fra le tue braccia. (dal Diario Spirituale, 1940)

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Mamma, tanti giovani sono lontani dal tuo amore

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Cara Mamma, a te il mio grazie, a te la mia preghiera. Tanti giovani sono lontani dal tuo amore, ma sono tuoi figli. A me Gesù solennemente li ha affidati perché insegni loro la via del Tabernacolo. A te, o Mamma, io li consacro. Sii tu la loro buona Mamma. Provvedi per loro una casa, con un altare, e tutto il necessario per la vita dell’anima e del corpo. Fa’, o Mamma, che io sia imbevuto dello spirito di Gesù e mai resista o svisi il suo volere. Sono anch’io ancora un povero fanciullo ed ho bisogno, Mamma, che tu non mi abbia ad abbandonare. Mi hai sempre aiutato e sono certo che oggi, che ne ho più bisogno di aiuto, non ti allontanerai da me. Prendi, o Maria, sotto il tuo manto verginale, quest’opera voluta dal Cuore stesso di Gesù, e fa’ che noi creature siamo sempre fedeli strumenti della grazia. Ti prometto, o Mamma, che ti farò conoscere ed amare dai figli che tu mi condurrai. Uniscimi sempre più a te e a Gesù, ed io non mi allontanerò. I bimbi venendo a me dovranno venire a voi. Un cuore solo voglio ci sia: Gesù - Maria - Ottorino. Tu, o Maria, sei in mezzo perché sei la Mamma di Gesù e di Ottorino. Fa, o Mamma, che Gesù ed Ottorino siano la medesima cosa, ed i loro cuori si uniscano per sempre. Solo così io vado avanti sicuro contro qualunque difficoltà.

(dal Diario Spirituale, 1941)


Mamma, sii sempre mamma Mi rivolgo a te, mamma buona; tu vedi e conosci Ottorino: lo conosci quando, bambino, ti mandava alla sera il bacio dalla finestra verso il tuo santuario di Monte Berico, lo conosci nelle sue lotte, nelle sue sconfitte, nei suoi trionfi. Mamma, sii sempre mamma, anche se io ti sono talvolta un cattivo figlio. Anima il mio cuore del fuoco divino e fa’ che mi salvi e salvi. Ho bisogno di te per pregare, per agire, per respirare, per fare l’apostolo, per salire... Fammi vivere e morire per Gesù, tutto intero di Gesù, niente per me o per le creature. Tu vedi, mamma, le difficoltà che mi si parano innanzi; prendimi tra le tue braccia, di te sola mi fido, tu sola puoi salvarmi. Non risparmiarmi per compassione qualche tirata di orecchi. Ché, se tu mi lasci, a chi devo ricorrere? (dal Diario Spirituale, 1944)

Un’altra ceramica che don Ottorino ha fatto appendere nei corridoi della Casa dell’Immacolata.

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Voglio ardere e divampare scomparendo Mamma! Mamma! Mamma! Ho visto ed ho sentito Te e Gesù. Ci siamo intesi. Continuerò sulla strada, lasciandomi condurre per mano, senza pretendere di chiedere ove mi condurrete. Desidero sempre più scomparire e bruciare. Ho sete, Mamma, di fuoco. Voglio ardere e divampare, scomparendo.

(dal Diario spirituale, 1951)

Mandaci vocazioni, ma vocazioni di fuoco

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Il mondo ora ha bisogno di fuoco, Mamma. Solo il Cuore del tuo Gesù ed il tuo possono dare fuoco alla terra. Nel mondo milioni di anime implorano soccorso e non è possibile lasciarle in uno stato di disperazione. Mamma, abbi pietà dei giovani; sono tuoi figli, salvali. Noi ti diamo la vita, se può servire a qualche cosa: usala per salvare i giovani. Insegnami la via più breve per raggiungere i cuori dei giovani di oggi, affinché al dilagare del male possiamo opporre una schiera di anime ardenti solo d’amore per il tuo Gesù. Mandaci vocazioni, tante vocazioni; ma vocazioni di fuoco. Fa’ che i giovani della tua casa non si lascino adescare dal mondo e dal demonio, ma che possano generosamente corrispondere alla loro vocazione.


Non chiedo aiuti finanziari. So che ci penserai ugualmente. Tu non lasciavi mancare il pane ed un vestito al tuo Gesù. Solo chiedo e voglio essere come mio fratello Gesù, e che tutti i miei fratelli siano uno con Gesù e con me.

(dal Diario spirituale, 1957)

Don Ottorino alla Madonna Mia cara Mamma, con animo sempre più riconoscente per l’affetto che nutri per me, comprendendo in pieno l’utilità del sacrificio che purifica e spiritualizza ogni azione, non ti prego di liberarmi dalle sofferenze, ma di essermi sempre guida e maestra nel trasformarle in amore. C’è una cosa però di cui sento tanto bisogno e per avere la quale mi necessita la tua mediazione. Non è una esigenza la mia, ma una necessità intima dell’anima, e sono certo di trovare la tua materna comprensione. Sento il bisogno di pensare sempre e solo come Gesù. Le mie parole vorrei fossero le parole di Gesù e le mie azioni una manifestazione esterna dell’amore che porto a Gesù. Vedi, Mamma, che la cosa che ti domando non è poi tanto strana. Tu stessa, nella tua vita, hai cercato di rassomigliare al Figlio, mentre il Figlio riproduceva lo splendore della Madre. Quello che chiedo, Mamma, non è per soddisfazione

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personale, ma per amore a Lui e ai fratelli, ai quali non voglio dare nulla di mio, neppure con il pensiero. I fratelli hanno bisogno di Gesù e non di questo povero uomo. È per questo che sento la sete di essere solo di Gesù, per poterlo dare abbondantemente a coloro che inconsciamente lo attendono. Mamma, abbi compassione delle turbe che si saziano di cibi velenosi. Gesù è il loro pane. Insegnami a trasformare in Gesù tutti i miei confratelli. La casa tua si trasformi in una clinica, nella quale avvengono continui trapianti di cuori e di cervelli. Il tuo Gesù basterà per tutti. Non ti chiedo, Mamma, neppure di raccogliere i frutti del mio lavoro apostolico. A me basta essere sempre come mi vuole Lui. Pensare, amare, parlare, agire, come vuole Lui, per amore di Lui: questo desidero nel silenzio, nel nascondimento, nell’umiliazione. Arrivederci a presto. Tuo don Ottorino (dagli “Scritti spirituali”, 1971)


Piena disponibilità alla volontà di Dio Mio amato Gesù, credo mi sia impossibile esprimere i sentimenti che ho provato questa mattina. Ho sentito una fame ardente di fare la volontà del Padre nostro, una fame che era come un fuoco che brucia, come un vento che travolge. Ammalato o sano, trionfante o sconfitto, realizzato o schiacciato come un verme, non me ne importa. A me basta solo sapere che non sto facendo la mia volontà. Il mio desiderio è che venga il Regno del Padre. Venga attraverso qualunque persona, ma venga. Da parte mia non ricuso qualsiasi posto di responsabilità e di sacrificio per collaborare, ma sogno il silenzio e il nascondimento. In ogni caso voglio essere come la piccola palla da gioco di S. Teresina nelle mani tue, o Gesù. Palla che può essere gettata ed abbandonata in qualsiasi momento. Tu, o Gesù, ti sei messo in questo totale abbandono nelle mani del Padre, ed io che posso fare se non imitarti? Aiutami a cercare con umiltà, o Signore, e con disponibilità in tutto il divino volere. Fermami quando io, accecato dalla natura, cerco me stesso. Non temere di colpirmi in tal caso con la tua croce. Mi sforzerò allora, come per il passato, di vedere nella croce una testimonianza di predilezione e di amore. Non permettere, o Gesù, che, per la mia debolezza, altre anime siano ostacolate nella salita all’amore. segue

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Aiutami ad essere strumento docile nel ricevere e nel dare. Se non riuscirò ad essere quello che mi vuoi, ti prego di sostituirmi, affinché per causa mia qualche stella non sia meno brillante nel tuo Cielo. Brucia le mie miserie e trasformale in calore divino ed aiutami a crescere ogni giorno nella conoscenza di Te. Conoscendo il tuo amore, starò al mio posto di creatura ingrata e confusa, ma disponibile per corrispondere e riparare. (dagli “Scritti spirituali”, 1972)

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Un’altra delle ceramiche che don Ottorino ha fatto appendere nei corridoi della Casa dell’Immacolata.


Lettera a Maria Mi rivolgo a te, Madre mia, per rinnovare ancora una volta la mia totale consacrazione a te e a Gesù, unica luce della mia vita. Sento, Mamma, tutta la mia debolezza e resto confuso pensando alla missione che mi è stata affidata nonostante la mia miseria. Tu sai come il mio cuore arda dal desiderio che Gesù sia conosciuto e amato. Però tu vedi che io riesco a balbettare alcune parole sconnesse e stonate. Vorrei cantare l’amore di Dio, vorrei trasformare l’umanità, vorrei scomparire. Insegnami, Mamma, a pensare, ad amare e ad agire solo per Gesù. La missione che mi è stata affidata esigerebbe sempre più che io fossi uno con Gesù. Mi metto interamente nelle tue mani affinché tu mi faccia uno con Lui. I fratelli hanno bisogno di Lui e non di me. Non mi interessano i trionfi miei o della Congregazione. Voglio solo il trionfo di Gesù in tutti i cuori. Da parte mia mi sforzerò di usare tutto me stesso per l’azione apostolica affidatami. Aumenterò la preghiera e l’unione con Te, tenendomi sempre in stretto contatto durante l’agire. Mi tufferò nel lavoro “in nomine Domini” (nel nome del Signore), mettendo a disposizione tutte le mie energie, pensando che sono dono di Dio e che perciò devo usarle interamente per Lui. Crederò al miracolo. Infatti, pur usando tutto me stesso nell’azione, perché è mio dovere il farlo, avrò coscienza nell’agire che non c’è alcuna proporzione tra i pochi pani che possiedo e spesso vecchi…

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e la moltitudine da sfamare. Dio si serve di me per compiere il miracolo della grazia. Devo mettermi con semplicità nelle sue mani e credere, credere, credere. Il miracolo poi non mi deve né meravigliare né insuperbire. Guai se disgraziatamente attribuissi a me le cose meravigliose che Dio opera con me! Il miracolo anzi mi deve essere di sprone per la salita verso l’amore. Mi devo sentire confuso che Dio si sia servito proprio della mia miseria per rivelarsi ai fratelli. Mamma, aiutami ad essere come devo essere. Resta sempre vicino a me per suggerirmi, per correggermi, per aiutarmi. La Congregazione è tua. I suoi membri sono tuoi figli. Le sue difficoltà sono le croci della tua famiglia. Non ti chiedo, Mamma, di togliere la croce, che so essere necessaria, ma solo ti supplico di aiutarmi affinché con la mia azione non sia di ostacolo all’amore. Aiutaci a crescere nella vera vita. Fa’ risplendere in tutti la serenità dei santi e continua a tenere il timone della nave, che sta navigando per mare insidioso. Se disgraziatamente noi ci dovessimo dimenticare di essere figli, tu non dimenticarti di essere Madre. (dagli “Scritti spirituali”, 1972)


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