Bonsai Olivo - L'armonia dell'asimmetria

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L’armonia dell’asimmetria


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Raffaella Losito Accademia di Belle Arti di Urbino 2013 Progettazione Multimediale III - Marcello Signorile


Bonsai Olivo L’armonia dell’asimmetria


Sommario

1. Che cos’è il bonsai

2. La storia

3. Il bonsai olivo

4. I primi passi

5. Stili bonsai nell’olivo

Una concezione di vita|Etimologia

Cina|Giappone|Occidente

Storia|Classificazione botanica|Clima e terreno

|Coltivazione

Hokidaki |Moyogi |Shakkan|Kengai|Han-kengai| Fukinagashi|Sokan|Kabudachi|Ikadabuki|Sharimiki|Bankan

6. Cura e relazione con l’esterno

Esposizione|Annaffiatura|Pinzatura|Fertilizzanti| Avvolgimento|Rinvaso e terra|Parassiti e malattie

7. Bibliografia



Che cos’è il bonsai


Un giorno un giornalista europeo si recò a visitare un famoso maestro bonsai giapponese per apprendere dalla sua esperienza. Giunto alla fine della giornata, un’intensa giornata ricca di spiegazioni e di scoperte affascinanti, osò infine porre la domanda che gli ronzava per la mente: Maestro, se le piante potessero esprimere la loro opinione, credete che sarebbero contente di essere allevate come bonsai? E il maestro replicò senza scomporsi: Se le piante avessero il dono della parola, cosa pensavate vorrebbero dire a chi le alleva per mangiarsele?


Una concezione di vita

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é difficile pensare a una casa giapponese dove non sia previsto uno spazio all’aperto. Anche oggi che il sovraffollamento delle città ha ridotto le dimensioni delle abitazioni e dei giardini, si cercano, non appena possibile, soluzioni che vadano incontro al desiderio dell’orientale di vivere integrato con la natura. Una di queste è la veranda coperta, una sorta di struttura intermedia tra interno ed esterno, dotata di pannelli scorrevoli che possono, all’occorenza, essere completamente aperti. Su su na scaffalatura vi possono essere riparati i bonsai, che generalmente sono posti in giardino o in terrazzo. C’è un angolo però, in tutte le case, dove il bonsai viene tenuto in ancor più alta considerazione: il tokonoma, una sorta di spazio sacro, una via di mezzo, quanto a importanza, tra un altare e la tavola dove sono solite riunirsi le famiglie occidentali. Qui si tratta però di uno spazio quasi totalmente spoglio: una parete, dalla quale pende un pannello di carta di riso o di tessuto, con una poesia o un’immagine molto stilizzata. Accostato alla parete, un bonsai, sopra un piedistallo o un basso tavolino; per terra, una semplice stuoia di paglia, il tatami, sulla quale è appoggiata una piantina di erbe o di fiori, la pianta ancillare, o di compagnia. Questo luogo, che sta a rappresentare l’aspirazione alla vastità del creato, deve essere necessariamente privo di ogni connotazione utilitaristica. Potrà sembrare strano che proprio il paese che più di ogni altro risente di scarsità di spazi abitativi si permetta uno spreco come questo. Ma forse è proprio la sua presenza, così carica di significato spirituale, che aiuta la serena soppravvivenza in condizioni di vita quanto meno “stressanti”. Nella disposizione del tokonoma sono presenti all’interno di un ideale triangolo, gli elementi essenziali del cielo (pannello), della terra (pianta ancillare), e di colui che sta tra cielo e terra, l’uomo, sotto le spoglie della sua simbolica controfigura, l’albero. Qui ci si ritira a meditare o a pregare, se possibile nessun giapponese rinuncia a questo spazio, nella sua casa.



Etimologia

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La parola Bon-sai (spesso pronunciata erroneamente bonzai o banzai) è un termine giapponese che, tradotto letteralmente, significa piantato in un vaso. I caratteri cinesi usati per i loro vecchi paesaggi di alberi in miniatura in vaso sono stati utilizzati per denominare la forma d’arte giapponese. In breve, la definizione di bonsai può essere spiegata come: Bon è un piatto o una ciotola sottile (un vaso modificato che è stato diviso o tagliato da una forma più profonda); Sai è un albero o una pianta che è piantata, come lo sarebbe una lancia incastrata nel terreno.

Bonsai così significa o denota un albero che è piantato in un contenitore poco profondo. L’obiettivo finale della coltivazione di un Bonsai è quello di creare una rappresentazione miniaturizzata, ma realistica della natura nella forma di un albero. I Bonsai non sono piante geneticamente nane, infatti, tutte le specie di alberi possono essere utilizzate per la coltivazione. La maggior parte delle volte non superano i quattro piedi (o circa un metro) di altezza e non sono piante geneticamente nane. L’obiettivo finale di un Bonsai è di creare una rappresentazione realistica della natura. Più un bonsai diventa piccolo (anche fino a pochi centimetri) più diventa difficile, al contrario, riprodurre la natura in modo preciso.


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La storia


In natura ci sono alberi che crescono in condizione di particolare disagio, in alta montagna, o su un terreno povero e pietroso, sottoposti a venti impetuosi o ai frequenti assalti di animali che si cibano delle foglie, delle radici e dei teneri germogli. é chiaro che un vegetale sottoposto a simili prove o si ingegna per sopravvivere o è destinato a soccombere. Uno degli espedienti messi a punto per lottare in condizioni avverse è stato crescere poco, oppure sviluppare foglie più piccole, con chiome fuori dalla portata degli animali, un tronco magro e contorto o quanto altro fosse necessario per andare incontro alla luce, ripararsi dal freddo, evitare al meglio i danni di un ambiente ostile. Questi possono essere considerati i parenti più prossimi, in natura, agli alberelli in vaso: è stato osservando le condizioni di vita dei primi che l’uomo è riuscito a riprodurne l’aspetto nei secondi. Poco per volta, provando e riprovando, i coltivatori cominciarono a chiedersi se fosse davvero necessario prelevarli sempre in natura, o non fosse più semplice farseli da sè. Nacquero così i bonsai. Riuscire ad impadronirsi dei segreti della natura è un gioco troppo allettante per porsi un limite.


Cina

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Rintracciare la storia della coltivazione dei bonsai richiede un salto indietro non di secoli, ma di millenni. Considerati universalmente il prodotto di una tecnica e cultura giapponese, i bonsai provengono in realtà nientemeno che dagli antichi imperi dell’India. Pare che fossero i Mongoli i primi a mettere alberi nei vasi. Poi, circa 2.300 anni fa, la teoria cinese dei Cinque Elementi (acqua, fuoco, legno, metallo e terra) lanciò l’idea della potenza delle repliche in miniatura. I primi alberi raccolti e messi in vaso si ritiene siano stati esemplari con forme particolari e contorte. Le loro forme ricordavano infatti tipi di posture yoga, che più volte ripiegate su se stesse, facevano ricircolare i fluidi vitali ed essere causa di lunga vita. Nel corso dei secoli, diversi stili regionali si sarebbero sviluppati in tutto il grande Paese con i suoi molti paesaggi diversi. In seguito (entro l’anno 700 d.C.) i monaci cinesi fecero propria la filosofia di quello che chiamavano pen-tsai e perfezionarono le tecniche di coltivazione, ma i risultati di allora dovevano avere ben poco a che vedere con quelli a cui siamo abituati ai giorni nostri. Originariamente solo l’elite della società praticò Wil pun-tsai con esemplari autoctoni raccolti e gli alberi furono distribuiti in tutta la Cina come regali di lusso. è quasi un destino naturale per determinate arti diventare patrimonio di coloro che dedicano la vita alla contemplazione e alla preghiera, di coloro cioè, che dispongono di più tempo per coltivarle. Sulla scia del buddismo zen e della sua straordinaria diffusione, dunque, la tecnica bonsai approda in Giappone, fra l’VIII e il XII secolo, quando la tecnica giapponese appare già del tutto autonoma nei confronti di quella continentale. Molte famose tecniche, stili e strumenti furono sviluppati in Giappone traendo spunto da quelli originali cinesi.


Giappone

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Trovando la bellezza nella massima essenzialità, i monaci Zen svilupparono i loro paesaggi in vaso secondo certe linee guida per le quali un solo albero in un vaso potrebbe rappresentare l’universo. I vasi giapponesi erano generalmente più profondi di quelle cinesi, e la forma di giardinaggio ottenuta fu chiamata Hachi-no-ki, letteralmente, l’albero del vaso. Intorno all’anno 1800, un gruppo di studiosi delle arti cinesi si riunirono nei pressi della città di Osaka per discutere gli stili recenti degli alberi in miniatura. I loro alberi nani furono rinominati bonsai (la pronuncia giapponese del termine cinese pun-tsai) per differenziarli dagli ordinari Hachi-no-ki, che molte persone curavano. Dimensioni e stili diversi furono sviluppati nel corso del secolo successivo, furono pubblicati cataloghi e libri sugli alberi, sugli strumenti e sui vasi e si tennero alcuni prime esposizioni formali. Fili di rame e di ferro sostituirono le fibre di canapa per modellare gli alberi. I contenitori prodotti in serie in Cina furono realizzati seguendo le caratterische di quelli giapponesi e il numero di appassionati iniziò a crescere. Dal 1930 venne autorizzata una mostra annuale ufficiale al Metropolitan Museum of Art di Tokyo. La lunga ripresa dalla guerra del Pacifico ha visto i bonsai raggiungere la maturità e venire coltivati come un’importante arte autoctona. Il bonsai, in Giappone, si tramanda di padre in figlio, diventando un vero e proprio simbolo della continuità familiare.


Occidente

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Quando nel 1850 il Giappone aprì le frontiere al commercio mondiale, i diversi viaggiatori raccontavano al loro ritorno di aver visto piante in miniatura coltivate in piccoli contenitori. Fu l’Esposizione di Filadelfia nel 1876, l’occasione in cui gli alberi nani giapponesi vennero esposti per la prima volta. Il primo libro in lingua europea (francese) interamente sugli alberi nani giapponesi è stato pubblicato nel 1902, e il primo in lingua inglese nel 1940. La maggior parte di questi libri si occupò soprattutto delle conoscenze di base e delle tecniche di orticoltura per mantenere in vita gli alberi. La scienza occidentale aumentò la nostra consapevolezza delle esigenze e dei processi degli alberi e delle altre piante che vivono nelle nostre composizioni. Al tempo stesso, il materiale pubblicato iniziò a trattare dell’estetica coinvolta nella stilizzazione e formazione. Grandi collezioni permanenti cominciarono ad essere sempre più numerose in tutto il mondo, tra cui Scozia, Ungheria, Australia e Corea, e numerose esposizioni, mostre e convegni divennero eventi annuali per gli appassionati e il pubblico in generale. Attualmente, nei paesi europei si possono trovare senza difficoltà centri specializzati, che non solo importano piante dall’Oriente, ma ne coltivano ad alti livelli di qualità. I maggiori esperti del nostro continente vantano ormai un’esperienza pluriennale, acquisita attraverso viaggi in Giappone e la scuola dei grandi maestri, con i quali intrattengono rapporti costanti. Per noi occidentali il bonsai ha perso parte del suo significato mistico-religioso, ma offre, comunque, l’occasione di un riavvicinamento alla natura: stimolando la fantasia, guida l’osservatore ad un riflessivo e silenzioso dialogo con la natura stessa, insegnandogli ad amarla e a rispettarla.



Il bonsai olivo



L’Olea europaea (Oleaceae) ha origini nell’Asia minore. La sua coltivazione da parte dell’uomo insieme alla pianta della vite risale a tempi molto remoti. I Greci antichi, per l’importanza economica raggiunta, la consacrarono dedicandola al culto della Dea Athena.

La storia

Le origini dell’olivo coltivato (Olea Europaea) sono controverse, può essere derivato dal nostro oleastro (Olea Sylvestris) oppure dall’Olea Crysophylla dell’Africa Tropicale o forse dall’Olea Cuspidata dell’Estremo Oriente. Le prime notizie risalgono a cinque mila anni fa dagli antichi egizi. La potente civiltà marinara minoica sviluppata nell’isola di Creta (età del bronzo 3000-1200 a. C.) era imperniata sulla coltura dell’olivo, tanto che l’olio fungeva da moneta di scambio. Ancora oggi nell’isola vicino a Chania vive uno dei più grandi e vetusti olivi con probabilmente 4500 anni. E’ coltivato in tutti i continenti tra il 30° e il 45° parallelo dei due emisferi. In America, solo nel 1860-70 cioé dopo la “corsa all’oro” i pionieri si accorsero che la California, cha ha lo stesso clima del mediterreneo, poteva essere sfruttata con l’agricoltura. Oggi la California ha il primato d´importanza per la coltura dell’olio negli USA.



Clima e terreno

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L´olivo (Olea Europaea) appartiene alla famiglia Oliaceae ricca di numerosi generi, tra i quali Fraxinus (frassino), Jasminus (gelsomino), Syringa (lillà), Forsythia, Ligustrum. Al genere olea fanno parte 20 specie, diffuse nei climi tropicali o subtropicali, ma solo l’olivo ha frutti commestibili. L’olivo selvatico Olea sylvestris (oleastro) è utilizzato come porta innesti dell’olivo comune. La longevità dell’olivo è proverbiale, grazie alla sua caratteristica di emettere con facilità nuovi germogli alla base del tronco (ciocco) è capace di rinnovarsi all´infinito. Sopporta molto bene le potature drastiche che vanno effettuate all´inizio della stagione vegetativa. Il tronco è la parte che più da importanza al nostro bonsai di olivo. Su esemplari maturi, ha la corteccia di colore grigia e bruna e diventa rugosa e fessurata. Il legno è di colore giallo bruno, abbastanza duro ma si presta molto bene a formazioni di shari e jin. Le radici non si spingono in profondità, spesso sono superficiali là dove il terreno è troppo compatto, con poca aerazione. L’estensione delle radici aumenta in base alla disponibilità di elementi nutrizionali nel terreno, se necessari possono sviluppandosi in grandi superfici, molte volte superiore alla chioma. L’olivo è una pianta sempreverde e le sue foglie, che si rinnovano gradatamente nel periodo primaverile, hanno una vita di due−tre anni. La fioritura avviene in aprile e maggio, dipende dalla varietà dell’olivo e dal clima. I fiori generalmente ermafroditi, poco appariscenti, con corolla tubulosa, a quattro petali bianchi, sono portati su infiorescenze a racemo (a grappolo) dette migne o mignole, nate da rametti di un anno, all’ascella delle foglie.




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Il numero di fiori per migna è variabile, in genere le cultivar da mensa vanno da dieci a venticinque, mentre quelle da olio arrivano anche a cinquanta− sessanta. Il numero di frutti per racemo portati a maturazione è basso, specialmente nella varietà da tavola di grossa pezzatura, dove in media se ne conta da 2 a 3, anche a causa del fenomeno dell’aborto dell’ovario. Le foglie quasi sempre opposte, sono di consistenza coriacea, a margine intero, di forma ellittica o lanceolata, di colore verde intenso sulla faccia superiore e argenteo-tomentose su quella inferiore. Con le varie tecniche per ridurre le dimensioni delle foglie nell’olivo sono risultati scarsi, è bene cercare varietà con foglie già piccole. Il tipo di impollinazione è anemofilo: vale a dire che il trasporto del polline è affidato al vento, meglio se si tratta di leggera brezza. Se i frutti sono di grassa pezzatura con un alto rapporto polpanocciolo (circa 80%) e bassa resa alla spremitura (inferiore al 20%) sono da considerare olive da mensa, se invece sono di piccola taglia e se ne possono contare 400 a chilogrammo, sono destinate al frantoio (olive da olio).


Classificazione botanica

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L’olivo è pianta tipica dei climi temperati. La sua coltura è attuabile nei due emisferi entro una zona approssimativa che va dal 30° al 45° parallelo. Dotato di una buona rusticità, sopporta lunghi periodi di siccità; è invece sensibile alle basse temperature, non essendo in grado di sopravvivere a minime di –12°c e subendo gravi danni già a –9°c. Ai fini di una costante produttività occorre che la temperatura invernale non si abbassi frequentemente sotto lo zero. Il clima marittimo è quello che più si addice all’olivo; infatti, e prevalentemente coltivato dalle regioni che hanno l’influenza termica del mare. Nei climi di tipo equatoriale l’olivo vegeta rigoglioso, ma non è in grado di fruttificare proprio per la mancanza del periodo invernale in cui si ha l’induzione alla formazione dei fiori. Il limite geografico per la coltura dell’olivo in Italia è solo nel nord, e precisamente la Liguria (qualche eccezione nella zona del Lago Di Garda), dove però in qualche annata il gelo si fa sentire pesantemente. Molta importanza ha l’esposizione della pianta: è da preferire la posizione a levante in ambienti dove non si possono formare dannosissimi ristagni di aria umida. La presenza del vento, purché moderato, favorisce l’impollinazione; in caso di vento impetuoso potrebbe portare a un’eccessiva traspirazione della chioma e un conseguente squilibrio idrico. In vicinanza del mare, il vento può portare la salsedine sulle foglie, provocando ustioni. Per quanto riguarda il terreno, l’olivo rifugge da quelli eccessivamente pesanti che trattengono l’umidità a lungo; in genere preferisce un substrato argillosocalcareo ben aerato, anche se può vegetare in terreni sabbiosi, a patto che in questo caso non manchi un’adeguata concimazione minerale e la possibilità di irrigare frequentemente.


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I primi passi


Ci sono diversi metodi per creare alberi adatti alla coltivazione bonsai: si può cominciare da zero, con la capacitĂ di controllare pienamente la loro forma e dimensione (partendo dai semi o dalle talee) fino all’acquisto di un prebonsai in un negozio.


Coltivazione

Metodo di raccolta in natura Il periodo migliore per la raccolta in natura è quello che va dall’inizio della primavera sino alla fine di aprile. Questo metodo, abbastanza diffuso, è chiamato pollone. Il pollone è un vigoroso ramo che nasce alla base del ceppo; asportato e messo nel terreno, ha la facoltà di emettere abbondanti radici avventizie dando luogo a una nuova pianta. Per osservare bene le potenzialità della pianta si libera la base dalle erbacee o pietre e si scava leggermente fino a scoprire il ceppo e le radici superficiali. Se si è sicuri della possibilità di poterla estrarre, si comincia con l’alleggerire la chioma con la potatura di rami troppo lunghi. Basta tagliare i rami che sono essenziali per il trasferimento del pezzo, e in questo modo eviteremo il rammarico di aver tagliato più del necessario. Poi si esegue un solco intorno alla pianta di diametro ampio circa quanto la chioma e profondo 1/2 della chioma, sotto le prime radici avventizie. Dopo l’estrazione, il futuro bonsai va messo in un contenitore ampio e profondo, in una miscela di torba e sabbia in parti uguali, eliminando tutto il terriccio originale. I primi 15-20 giorni la pianta deve essere in posizione ombreggiata e al riparo dal vento. Prima di qualsiasi trattamento tecnico bonsaistico lasciare crescere liberamente la pianta e aspettare che prenda vigore.

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Preparazione

L’unica parte che ci interessa del futuro bonsai è il tronco, per il resto possiamo tagliare tutto.

Ramo principale

Tagliare


Risultato della preparazione

tagliare Parte importante


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Metodi di propagazione artificiali Come le altre piante da frutto, la propagazione da seme non garantisce le stesse caratteristiche delle piante madri, a causa della fecondazione incrociata e dell’eterozigosi; a parte questa considerazione, la propagazione da seme richiede un lungo numero d’anni prima di una grandezza adeguata alla lavorazione a bonsai. Per propagare la coltivazione di olivo si ricorre alla moltiplicazione vegetativa cioè utilizzando una parte di pianta; i metodi principali sono: talea, innesto, ovolo e margotta. Pratica antichissima è di semplice esecuzione è la moltiplicazione per talea: consiste nel trapiantare direttamente nel terreno rami vecchi di almeno quattro−cinque anni, lunghi circa 50 cm. La talea, immersa alcuni secondi in soluzione di ormoni sintetici, è posta in un substrato inerte di sabbia o perlite. Le foglie non devono appassire e vanno aiutate a superare lo stress con prodotti vitaminici e stimolanti da unire alla frequente nebulizzazione. Questa tecnica ha il vantaggio di fornire in tempi piuttosto rapidi una piantina già in grado di poter essere educata a bonsai.


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L’innesto consiste nell’impianto su un vegetale di una parte tagliata da un altro vegetale. è necessario un olivo selvatico (oleastro) portainnesto sul quale inserire un pezzo di ramo (marza) o singola gemma (occhio) della pianta scelta. Il periodo giusto per l’innesto è all’inizio primavera, verso aprile, quando la corteccia si stacca facilmente dal legno. Questa tecnica è piuttosto complessa, si usa solo in casi particolari, ma è adatta al caso dell’olivo.

L’innesto laterale: la parte da innestare, tagliata a cuneo, va collocata nello spacco sul tronco del portainnesto. Legare ricoprendo di mastice da innesto; la primavera successiva il portainnesto verrà tagliato.


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L’innesto a gemma, uno dei più praticati: sul portainnesto ben inumidito si effettua un taglio a T, nel quale va inserita la gemma. Legare con rafia e coprire di cera da innesto. Meglio innestare in più punti per aumentare le possibilità di successo.

L’ovulo è un metodo di propagazione che si manifesta attraverso una protuberanza che si forma sul tronco dell’olivo, che una volta staccato dalla pianta d’origine, è in grado di rigenerare una nuova pianta.


La margotta, infine, si presta abbastanza bene per creare un bonsai olivo. Il periodo per effettuare l’intervento è la primavera e consente di ottenere una piantina da un ramo adulto della pianta madre. Dopo aver scortecciato il ramo prescelto lo si avvolge in un sacco di plastica con terriccio fino a che dal callo si svilupperanno le radici. Solo allora occorre tagliare il ramo sotto le radici e rinvasarlo.


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Stili bonsai nell’olivo


Nel corso degli anni sono stati proposti molti stili di classificazione dei bonsai, avvicinandosi molto alle condizioni delle piante in natura. Questi stili sono soggetti all’ interpretazione e alla creatività personale, ciò significa che il bonsai non deve per forza adattarsi rigidamente ad uno stile: questi sono importanti per ottenere una formazione di base e come linee guida per coltivare con successo la nuova pianta in miniatura. La forma con cui si presenta l’olivo dove è coltivato è il frutto d’intervento umano, legata a tradizioni locali, a condizioni climatiche e alla varietà usata. La grande età di certi olivi è messa in evidenza dalla particolare fisionomia del loro tronco, che spesso è scavato o addirittura simula la fusione di alberi più sottili piantati un po’ lontani, ma confluenti. Imitare le caratteristiche eccezionali di questi tronchi è l’ambizione di molti bonsaisti, e gli interventi con sgorbie e frese non si contano; ma è raccomandabile che l’osservazione attenta e il buon gusto guidino tale impegno.


Stile a scopa rovesciata - Hokidachi Lo stile a scopa rovesciata è adatto agli alberi caducifoglie con una ramificazione sottile ed ampia. Il tronco è dritto e in verticale e non arriva fino all’apice della pianta; si dirama in tutte le direzioni a circa 1/3 dell’altezza della pianta. In questo modo i rami e le foglie formano una corona a forma di palla che può apparire molto suggestiva durante i mesi invernali. Stile eretto casuale - Moyogi Lo stile eretto informale è diffuso sia in natura che nell’arte bonsai. Il tronco cresce eretto approssimativamente con una forma “S” e dopo ogni curva troviamo i rami. La conicità del tronco si deve vedere chiaramente, la sua base deve essere più larga dell’apice. Stile inclinato - Shakkan A causa della forza del vento che soffia verso un’unica direzione o quando la pianta si trova all’ombra e cerca di spingersi verso il sole, l’albero crescerà inclinato su un lato. Con il bonsai, lo stile inclinato deve crescere con un angolo di circa 60-80 gradi rispetto al suolo. Le radici sono ben sviluppate su un lato per permettere alla pianta di stare in piedi. Sul lato inclinato, le radici chiaramente non sono ben sviluppate. Il primo ramo cresce in direzione opposta rispetto al inclinazione della pianta, per garantire un buon bilanciamento. Il tronco può essere leggermente curvo o totalmente dritto, ma sempre più largo alla base piuttosto che all’apice.


Stile a cascata - Kengai Un albero che si trova su un rapido dirupo può piegarsi verso il basso per diversi fattori esterni, come la neve o le rocce che cadono. Con il bonsai può essere difficile che l’albero mantenga una crescita verso il basso perché questa sarebbe in contrasto con la naturale tendenza della pianta di crescere verso l’alto. I bonsai in cascata sono collocati in vasi alti. L’apice della pianta di solito cresce all’altezza del bordo del vaso, ma i successivi rami si alternano a destra e a sinistra lungo le curve del tronco. Questi rami dovrebbero crescere orizzontalmente per bilanciare l’albero. Stile prostrato - Han-kengai Lo stile a semi-cascata, proprio come lo stile a cascata, si trova in natura su dirupi o sulle sponde dei fiumi e dei laghi. Il tronco cresce diritto per un breve tratto e poi si piega verso il basso. A differenza dello stile a cascata, il tronco nello stile a semicascata non cresce mai al di sotto del fondo del vaso. L’apice solitamente si trova sopra il bordo del vaso mentre la successiva ramificazione si sviluppa al di sotto del bordo. Stile Battuto dal vento - Fukinagashi Lo stile Battuto dal vento è un altro esempio di albero che lotta per sopravvivere. I rami come anche il tronco crescono su un solo lato dato che il vento soffia costantemente sulla pianta in una sola direzione. I rami crescono su tutti i lati del tronco m a sono tutti inclinati verso un solo lato.


Stile a doppio tronco - Sokan Lo stile a doppio tronco è frequente in natura, ma non molto invece nell’arte bonsai. Solitamente entrambi i tronchi crescono da un unico gruppo di radici, ma è anche possibile che il tronco più piccolo cresca dal tronco più grande proprio vicino al suolo. I due tronchi si differenzieranno sia come spessore che come lunghezza, il tronco più largo e lungo crescerà quasi diritto, mentre il tronco più piccolo crescerà leggermente inclinato. Entrambi i tronchi formeranno una proprio palco fogliare. Stile a ceppaia - Kabudachi In teoria lo stile a ceppaia è uguale a quello a doppio tronco, ma con 3 o più tronchi. Tutti i tronchi crescono dalla stessa base e hanno un unico sistema radicale, ed è veramente un singolo albero. Tutti i tronchi formano un proprio palco fogliare, nel quale il più grosso e il più sviluppato forma l’apice. Stile a zattera - Ikadabuki Alcune volte un albero spezzato può sopravvivere muovendo i suoi rami verso l’alto. Il vecchio sistema radicale può fornire ai rami abbastanza sostanze nutritive. Dopo un primo periodo le nuove radici inizieranno a crescere, sostituendo alla fine la funzione di quelle vecchie. I vecchi rami che ora sono rivolti verso l’alto, con l’aumento del flusso delle sostanze nutritive diventano dei tronchi con numerosi altri rami. Questi nuovi tronchi formano un proprio palco fogliare.


Stile con shari - Sharimiki Con il passare del tempo, alcuni alberi sviluppano parti senza corteccia sui loro tronchi a causa delle severe condizioni metereologiche. La parte senza corteccia di solito inizia nella zona in cui le radici emergono dal suolo, e cresce sempre più sottile man mano che sale sul tronco. Gli intensi raggi solari schiariranno queste parti, formando una zona molto caratteristica dell’albero. Con il bonsai la corteccia viene rimossa con un coltello molto affilato e preciso e questa parte viene trattata con solfato di calcio (liquido jin) per accelerare il processo di sbiancamento. Stile tronco contorto - Bankan Un tempo diffuso, è ormai raro, o visibile su oche specie, anche se ne esistono in Giappone esemplari molto vecchi raccolti in natura. Il tronco forma una o più curve, avvolgendosi su se stesso. Bonsai, soprattutto di Pinus pentaphylla, ispirati a questo stile sono stati commercializzati e diffusi sin dal XVII secolo.




Cura e relazione con l’esterno



Esposizione

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Il bonsai di olivo è un bonsai per esterno, ma come tutti i bonsai da frutto può vivere anche all’interni degli appartamenti, purchè esposto in un posto luminoso, lontano da fonti di calore, con una buona aereazione e assenza di spifferi. Vive bene all’aperto, in pieno sole, ma in inverno va protetto dalle gelate con l’ausilio di una piccola serra o in una veranda.

Annaffiatura

La frequenza con la quale il bonsai olivo va innaffiato dipende dalla zona climatica, dalla stagione, dalla grandezza del vaso, dal drenaggio. L’olivo emette facilmente radici superficiali, per questo motivo è bene non fare asciugare troppo il terriccio tra un annaffiatura e l’altra, in genere quando lo strato superficiale è asciutto. Sarebbe bene seguire tale cadenza: - innaffiare con una frequenza giornaliera durante la stagione estiva; - intervenire due volte alla settimana durante la stagione primaverile ed autunnale; -ogni quindici/venti giorni durante la stagione invernale. Bisogna evitare di innaffiare durante le ore particolarmente calde e soleggiate della stagione estiva e durante la stagione invernale quando si preannunciano gelate. L’acqua, direttamente sul terriccio e non anche sulle foglie, deve essere versata lentamente per dar modo al substrato di trattenerne la maggiore qualità possibile. Le innaffiature vanno integrate con le nebulizzazioni della chioma da eseguire durante le giornate calde della stagione estiva.



Pinzatura

Un bonsai viene modellato durante tutta la sua vita. Primo metodo in assoluto è la potatura. Questa aiuta ad aumentare la ramificazione e la densità dei rami e allo stesso tempo limita o accelera la crescita, a seconda dell’applicazione. Per cui, pinzando periodicamente i rami si otterrà: la limitazione e l’equilibratura del vigore di crescita, l’intensificazione della densità e la riduzione delle dimensioni della foglia. Se questa tecnica non fosse applicata, le sostanze nutritive verrebbero completamente assorbite dagli apici in crescita e pertanto germogli e gemme laterali sarebbero penalizzati. La pinzatura invece consente il controllo della quantità di sostanze nutritive assunte dall’albero, permettendo una distribuzione più equilibrata del nutrimento a vantaggio dei germogli laterali o deboli. Quando un germoglio viene pinzato, la sua nuova crescita forma un angolo retto con la vecchia e quindi imprime al ramo una nuova direzione. L’anno successivo quando verrà nuovamente pinzato si favorirà la direzione in senso contrario alla precedente. I rami così trattati cresceranno secondo un tracciato di curve continue, a destra e a sinistra, che porterà l’albero ad assumere un aspetto maturo e nodoso. Alla base di ogni foglia di olivo c’è un potenziale germoglio.

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Esempio

dopo la potatura

crescita naturale

dopo la potatura

Senza defogliare il ramo non s’ingrossa ma ramifica nella punta

Con la defogliazione e il mantenimento delle ultime due foglie (per aiutare la circolazione di linfa), i germogli si sviluppano prima, e di conseguenza ci sarĂ la ramificazione totale.


Fertilizzanti

Periodicamente bisogna integrare i nutrienti che tendono ad esaurirsi. Pertanto, da Marzo a Settembre, cioè durante la stagione vegetativa, ogni 25-30 giorni bisogna diluire nell’acqua destinata all’irrigazione del concime liquido. Prima di fare questo, però, bisogna bagnare il terreno per evitare danni alla massa radicale. Gli interventi di concimazione vanno sospesi durante i mesi di luglio e agosto.

Avvolgimento L’avvolgimento è una tecnica molto importante, nell’arte del bonsai, che richiede attenzione ed esperienza. Con l’avvolgimento del filo si corregge l’orientamento spontaneo di rami e tronco. Grazie al supporto metallico, il legno può infatti essere piegato senza spezzarsi e mantenuto nella posizione prescelta, finchè non si sarà ad essa abituato. I metalli usati per l’avvolgimento sono, prevalentemente,il rame e l’alluminio; il ferro è più duro da manovrare e tende ad arruginire, il che è dannoso per la pianta. Il rame, per il suo colore brunito, è decisamente più estetico, però è piuttosto rigido e poco maneggevole.

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Si consiglia, almeno per la fase iniziale, di far tesoro di ogni possibile pezzetto di filo metallico per esercitarsi, prima di passare all’avvolgimento del proprio bonsai. La scelta del diametro dipende dallo spessore del tronco o del ramo; bisogna calcolare all’incirca, un terzo o poco meno del diametro del ramo. Molti maestri della pratica bonsai consigliano, per incominciare, di partire dallo svolgimento di un ramo, anzichè dall’avvolgimento: in queso modo è più facile caapire il percorso del filo, e ripetere poi la sequenza all’incontrario Questa prevede, nell’ordine, prima il tronco, poi i rami primari seguiti da quelli secondari. Più giovane sarà l’albero, più flessibile e modellabile il tronco. Perciò è preferibile lavorare prevalentemente su alberi giovani, soprattutto se vogliamo modificare l’andatura del tronco. Tra le norme da rispettare nell’avvolgimento, si segnala in particolare che: − il filo non deve essere nè troppo stretto nè troppo largo sul legno: nel primo caso inciderebbe la corteccia, procurandole delle ferite, nel secondo risulterebbe inefficace. La distanza corretta tra legno e filo dovrebbe essere quello dello spessore di un foglio di carta; − la distanza tra le curve del filo dev’essere uguale e il loro giusto angolo di inclinazione è di 45°.


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− il momento ideale per avvolgere i rami è quando sono senza foglie, meglio se all’inizio della fase vegetativa, che li rende più flessibili. Va in ogni caso tenuto presente che, nell’avvolgere i rami, non devono essere coinvolti foglie o germogli. − Il filo che avvolge il tronco va fissato nel terreno e fatto partire da lì. Quando noteremo che la corteccia incomincia ad essere stretta dal filo e rischia di restare incisa, sarà giunto il momento di svolgerlo, con molta attenzione,per non strappare brandelli di corteccia che si fosse eventualmente attaccata al filo.

Rinvaso e terra L’operazione di rinvaso mira a sostituire il terriccio, non più in grado di alimentare la piante, a sostituire il vaso, a ridurre la massa di radici. Al risveglio vegetativo, ogni 2 o 3 anni, bisogna rimuovere parzialmente le radici più grandi e legnose per creare spazio alla crescita delle radici capillari. A queste ultime grazie alla scelta di un vaso basso si imprime una direzione a raggiera. Il taglio delle radici va compensato con la parte aerea, 20% argilla, 60 % terriccio universale e 20% sabbia di fiume.


Parassiti e malattie

Gli afidi si insediano in colonne numerose sotto le foglie e ne provocano l’ingiallimento. Se sono numerosi rallentano la crescita della pianta. Vanno combattuti con prodotti a base di piretro. Le cocciniglie sono difficili da combattere, si concentrano sul fusto e sulla parte inferiore delle foglie. Vanno eliminate manualmente dal bonsai con un batuffolo bagnato. Un insetticida apposito va utilizzato preventivamente. Il ragno rosso è invisibile ad occhio nudo ma si possono osservarne le ragnatele. Provoca caduta delle foglie e prolifica nella stagione calda per cui occorre nebuizzare spesso la chioma del bonsai. Quando l’infestazione è in atto è necessario usare un acaricida, per almeno 4 settimane. La Microsphaera alphitoides è un fungo, denominato “mal bianco”, molto dannoso per l’olivo in quanto colpisce i germogli provocandone repentina caduta. Molto efficace contro tale fungo sono lo zolfo e i fungicidi a base di zolfo da somministrare per almeno 4-5 settimane.

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La Verruca Corteccia si manifesta attraverso delle ferite che agiscono sul tronco e sui rami. Rimuovere le verruche e curare le ferite con un disinfettante. Subito dopo disinfettare anche gli strumenti di potatura. L’Occhio di Pavone attacca tutti gli organi verdi dell’olivo ma è sulle foglie che le infezioni del fungo esplicano l’azione più dannosa. Sulla parte superiore delle foglie compaiono delle macchie, dapprima piccole e di colore bruno, che poi, accrescendosi assumono una tonalità grigia al centro e bruno scuro alla periferia; nei periodi più caldi, le singole lesioni si circondano di un alone giallo intenso così da rassomigliare agli occhi delle penne del pavone da cui è derivato il nome della malattia. Intervenire con trattamenti di fungicidi alla base di rame.


Notizie utili e veloci − Per la potatura di formazione conviene dare alla pianta una forma il più aperta possibile, né giovano tutti i rami con abbondante luce e aria. − Per infittire i palchi, cimate i nuovi rametti durante tutto il periodo vegetativo. − Se dovete far ingrossare la base della pianta lasciate crescere uno o due rami inferiori e tirarli verso il basso, sceglieteli laterali, in modo che non si veda il taglio quando saranno eliminati. − Eseguite il trapianto al momento della ripresa vegetativa, quando le gemme cominciano a gonfiarsi, nel mese di marzo circa. − Una buona nutrizione, con Azoto in abbondanza, durante tutta la fase vegetativa e una adeguata annaffiatura, da vigore alla pianta e gli consente di infittire i palchi. Fornire al bonsai Fosforo e Potassio dal luglio per avere una buona fioritura nella primavera seguente. − Insetti che si presentano puntualmente tutti gli anni sono: cocconiglie (lecanidi) e tripidi. Eliminarli con insetticidi specifici.


Bibliografia


Testi L’arte del bonsai - Beatrice Biaggi, 1994 Idealibri Los olivos en bonsai - Magnum Bueno, 2012 Issuu

Internet www.bonsaiempire.it/ www.hobbybonsai.it/specie/36-schede-bonsai.html www.faidate360.com/ www.crespibonsai.com/ www.farchioni.eu/



Raffaella Losito Accademia di Belle Arti di Urbino 2013 Progettazione Multimediale III - Marcello Signorile



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