avventurose
avventurose
Sei curioso? Ti piacerebbe conoscere tutti gli aspetti della natura? Allora non ti resta che leggere, approfondire e sperimentare.
avventurose
Il cacciatore di aria
www.ilmulinoavento.it
Francesca Capelli
avventurose
Il racconto è arricchito da:
Le meraviglie della scienza
avventurose
avventurose
l’atmosfera
Il cacciatore di aria
avventurose
•
Una collana composta da storie collocate nell’ambito di uno dei quattro elementi.
Aria Composizione e natura dell’atmosfera, aria e vita, animali dell’aria, inquinamento e protezione dell’atmosfera.
Nucleo terreste, vulcani e terremoti, stelle e pianeti, calore come fonte di vita.
avventurose
Terra Vegetazione, ecologia e ambiente, animali terrestri, entomologia, geologia.
• pagine di approfondimenti tematici Ritaglia il tuo segnalibro
avventurose
avventurose
Fuoco
avventurose
Un racconto per conoscere l’aria e per capire che inquinarla significa mettere in pericolo la Terra.
Le meraviglie della scienza: l’atmosfera avventurose avventurose
avventurose
avventurose
Il cacciatore di aria
A Dabilonia, una città ambientata nel futuro, l’aria è irrespirabile, tanto che le piante e gli animali si sono estinti a causa dell’inquinamento. La giovane Aida crede però che da qualche parte esista ancora la possibilità di una vita diversa. Con l’amico Daniel decide di fuggire dall’orfanotrofio in cui è rinchiusa e va alla ricerca di un mondo dove la natura non sia scomparsa. Un misterioso personaggio si offre di aiutarli: manterrà la sua promessa o li tradirà?
avventuroseFrancesca Capelli
Francesca Capelli è nata a Bologna, ma ha vissuto a Madrid, Milano e Firenze prima di approdare a Buenos Aires. È giornalista professionista, specializzata in temi scientifici. La sua passione è inventare storie per bambini, anche se, a suo dire, essi sono i critici più severi in circolazione.
avventurose
avventurose
avventurose
avventurose
avventurose
urose
avventurose
avventurose
avventurose avventurose
: esperimenti scientifici
• attività interattive su www.avventurosescienze.it
Acqua
B IS
N
9
ia Ar lli -3 di pe 22 e a 24 r o C 2at a ci sc 47 ac nce 8C 8 Il Fra 87
I S B N 978-88-472-2422-3
Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).
Età consigliata: dagli 8 anni
avventurose
9
788847 224223
€ 7,50
avventurose www.grupporaffaello.it
avventurose
avventurose
Ciclo dell’acqua, piante e animali acquatici, approvvigionamento, inquinamento e protezione delle acque.
a
Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente Redazione: Emanuele Ramini Consulenza scientifica: Giovanna Marchegiani Ufficio stampa: Salvatore Passaretta Team grafico: Mauro Aquilanti, AtosCrea Copertina: Mauro Aquilanti 1a Edizione 2015 Ristampa 7 6 5 4 3 2 1 0
2022 2021 2020 2019 2018 2017 2016 2015
Tutti i diritti sono riservati © 2015 Raffaello Libri Srl Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.raffaelloeditrice.it www.grupporaffaello.it info@ilmulinoavento.it www.ilmulinoavento.it Printed in Italy
www.facebook.com/RaffaelloEditrice È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.
Francesca Capelli
il cacciatore di aria Illustrazioni di Marga Biazzi
A Daniel, quello vero, per le merende pomeridiane. A Laura, per quello che mi ha insegnato.
Aida in fila per due
In fila per due, con i cappotti già abbottonati e lo zai-
netto sulle spalle, i bambini dell’Orfanotrofio di Stato n. 54 erano pronti per la cosiddetta “passeggiata della salute”, alla quale erano obbligati una volta alla settimana. Aida era in fondo alla fila. Aveva solo undici anni, ma era la più alta di tutti. – Vorrei sapere cosa c’entra la salute con tutto questo – sussurrò alla vicina. O meglio, credette di sussurrare: per quanto provasse a tenere basso il volume della voce, c’era sempre qualcuno che riusciva a sentirla. Come in questo caso. 5
– HF-415! – la richiamò una sorvegliante, leggendo il codice che ogni bambino teneva stampato su tutti i suoi indumenti. – Silenzio! L’uso del nome proprio era vietato nell’Orfanotrofio. La bambina la guardò con aria di sfida. – Il mio nome è Aida. Aida Lysenko – disse a testa alta. Poi, si rivolse di nuovo alla compagna. – Non c’è proprio niente di meglio al mondo che camminare in mezzo alle auto con una mascherina sulla faccia e un tubo che ti spara aria in bocca! L’altra bambina le lanciò un’occhiata implorante e in silenzio la supplicò di smetterla. Non voleva essere coinvolta in una delle punizioni cui Aida era spesso destinata: dalla pulizia dei bagni al lavaggio dei piatti. I guardiani non avrebbero esitato a farle spalare la neve, se la neve non avesse smesso di cadere su Dabilonia da molti anni. Aida era abituata alle punizioni, che spesso la colpivano anche quando non c’entrava nulla. Se si cercava un colpevole, la candidata ideale era lei. Forse perché non riusciva a passare inosservata. Non solo per l’altezza e il vocione. C’era anche quella massa di capelli rossi e ricci, ribelli al regolamento dell’Orfanotrofio che obbligava le ragazze a farsi le trecce. Ci aveva provato in tutti i modi, persino versandosi olio sui capelli. Per quanto si sforzasse, la sua chioma indomabile alla fine aveva sempre la meglio. 6
Accompagnati da due sorveglianti che aprivano e chiudevano la fila, i bambini camminavano da quasi mezz’ora sotto un cielo color ocra. Aida si sforzava di tacere, concentrandosi sul sibilo dell’aria che le veniva soffiata in gola, attraverso una mascherina, dalla bombola che portava sulle spalle. Solo così potevano respirare all’aperto, mentre all’interno degli edifici l’aria era continuamente purificata e riciclata da un sistema di filtri con l’aggiunta di un aroma al mentolo che avrebbe dovuto essere piacevole, ma risultava insopportabile. Come tutti i ragazzini della sua età, Aida non aveva mai visto una libellula, una farfalla o una coccinella. Non aveva mai ascoltato il ronzio delle api, il canto degli uccelli o il fruscio delle foglie alla brezza di primavera, quando la primavera e la brezza esistevano ancora. Tutto questo faceva parte dell’Era del Prima. A Dabilonia in molti non la ricordavano nemmeno più. Altri facevano finta di non ricordarla, perché avere la memoria corta era più conveniente. Dabilonia era una città senza atmosfera. O meglio, l’atmosfera c’era, ma era diventata irrespirabile, tossica. Quella miscela di gas che avvolge la Terra e che ha permesso – grazie alla presenza di ossigeno – lo sviluppo della vita e la sua evoluzione in miliardi di anni, a Dabilonia si era trasformata, a causa dell’inquinamento, in una minaccia per la sopravvivenza di tutti. 7
I ragazzini camminavano sul ciglio della strada, cercando di non farsi travolgere dalle automobili che passavano a poca distanza. Una moto sfrecciò più vicino al gruppo, tanto da sfiorare Aida e farle quasi perdere l’equilibrio. – Un Cacciatore di Aria – mormorò, con la voce attutita e deformata dalla mascherina. – Zitta – le ordinò la compagna. – Loro non esistono. Non li devi nemmeno nominare, lo sai. Aida la guardò sprezzante. – Una cosa non smette di esistere solo perché non se ne parla. – Non mi interessa, non voglio passare il resto della giornata a sfregare piatti per colpa tua. Un fischio delle sorveglianti annunciò che la passeggiata stava per terminare. Per quanto deprimente fosse l’Orfanotrofio, la sua atmosfera era quasi accogliente, se confrontata con l’esterno. Un’immensa pianura di fango, cemento e casermoni, suddivisi da strade piene di auto in coda con il motore sempre acceso. Non una pianta, un fiore o un filo d’erba. Sulle pareti degli edifici, enormi cartelloni luminosi ricordavano a chi usciva di casa di verificare che la riserva della bombola fosse sufficiente. Ed elencavano i gas presenti quel giorno nell’aria e che non dovevano per nessun motivo essere inalati: anidride solforica e solforosa, ossidi di azoto, vapori di mercurio e cianuro, anidride carbonica. 8
Nessuna traccia dell’azoto, dell’ossigeno – i due gas principali che compongono l’aria, grazie ai quali tutti gli esseri viventi possono respirare e sopravvivere. Ai bordi delle strade, i pochi pedoni camminavano curvi e veloci. Nessuno passeggiava mai a Dabilonia. Al massimo, andava da qualche parte a piedi, intendendo il lavoro, la scuola, la propria casa. Tutto era assegnato dal CCC, il Comitato Centrale di Controllo, che governava la città e che stabiliva persino con chi sposarsi. Nessuno si lamentava o si ribellava perché – così si diceva – il CCC aveva informatori ovunque e spiava i cittadini con un sistema di microcamere nascoste. Dove, non era dato saperlo. Ma il fatto che avrebbero potuto essere nei luoghi più impensati rendeva tutto incerto e minaccioso. Impossibile dire se il tempo fosse buono o cattivo: il sole era oscurato da uno strato di smog che impediva ai raggi di passare e di raggiungere la superficie terrestre. Di solito il cielo era grigio, a volte color ocra e allora si era stabilito che fosse l’equivalente di una bella giornata. Aida e i suoi compagni non conoscevano il piacere di una passeggiata nei boschi o di una corsa in spiaggia, non avevano mai sentito il profumo dell’erba dopo la pioggia. L’ordine di rientrare fu accolto con sollievo.
9
L’aria
Sai cos’è l’aria? Ne sei immerso completamente, la respiri eppure non la vedi. A volte la senti quando soffia il vento. Da essa dipende la vita di tutti gli esseri sul nostro pianeta. L’aria, chiamata anche atmosfera, avvolge tutta la terra e si estende fino a un’altezza di circa 1000 chilometri. Non si disperde nello spazio grazie all’azione della forza di gravità. L’aria è un insieme di gas ed è composta principalmente di azoto (78%) e di ossigeno (21%). Questi due gas costituiscono il 99% di tutta l’atmosfera. Il restante 1% è formato da anidride carbonica, argon, neon, elio, cripto, idrogeno, xeno. In sospensione si trova pure il pulviscolo atmosferico, costituito da microscopiche e leggerissime particelle di materia solida, e il vapor acqueo che proviene dall’evaporazione dell’acqua terrestre. L’atmosfera è costituita da vari strati. Quello più vicino alla crosta terrestre si chiama Troposfera e contiene l’aria che respiriamo. Arriva a un’altezza di 12 chilometri e al suo interno si verificano i fenomeni meteorologici: pioggia, neve, vento e così via. È molto sottile ma anche più densa perché contiene 3/4 della massa gassosa di tutta l’atmosfera.
10
A
I vari strati dell’atmosfera
RA G
GI U LT R AV IO L ET TI
O ZO N O RA ATO S F E R T S P O S F E RA O R T
O S F E RA M T
Lo strato successivo è chiamato Stratosfera, arriva fino a 45 chilometri, qui si concentra l’ozono, un gas che protegge la terra dalle radiazioni solari troppo intense. Guai se non ci fosse questo filtro! Seguono la Mesosfera, la Termosfera o Ionosfera e la Esosfera, oltre la quale si trova lo spazio interplanetario dove non c’è aria. Man mano che ci si allontana dalla superficie terrestre, la temperatura diminuisce. 11
La fotosintesi clorofilliana
Gli esseri viventi, per respirare, consumano ossigeno ed emettono anidride carbonica. Tuttavia le piante contribuiscono a mantenere l’ossigeno in atmosfera grazie alla fotosintesi clorofilliana. Clorofilla di basilico Le piante respirano come noi (consumando ossigeno ed emettendo anidride carbonica) ma, con la luce del sole e la mediazione della clorofilla, producono le sostanze nutrienti indispensabili per la loro sopravvivenza e in questo processo rilasciano ossigeno. La fotosintesi dunque agisce in modo contrario alla respirazione della pianta, perché assorbe anidride carbonica e produce ossigeno. Per questo le foreste sono fondamentali per manCellula vegetale NUC LEO tenere il corretto equilibrio tra MEM BRA NA ossigeno e anidride carbonica PAR ETE nell’atmosfera. La loro distruzione favorisce l’effetto serra e il riscaldamento globale. CITO PLA SMA
CLO ROP LAS TI ORG ANU LI
12
Cellula vegetale
Schema della fotosintesi clorofilliana: l’anidride carbonica assorbita dalle foglie (freccia viola), attraverso la luce del sole e la clorofilla (freccia gialla) produce ossigeno (freccia azzurra).
Schema della fotosintesi clorofilliana: entra anidride carbonica (freccia viola), attraverso la luce del sole (freccia gialla), esce ossigeno (freccia azzurra). 13
Il Cacciatore di Aria
Jonas aprì la porta, disattivò l’allarme con il teleco-
mando che teneva in tasca e rimase al buio per qualche istante, in ascolto, alla ricerca di un minimo rumore o di un altro segnale che rivelasse la presenza di un estraneo. Tutto era tranquillo. L’uomo si avvicinò alla finestra, tirò la tenda e solo allora accese la luce. Si sfilò lo zaino, lo appoggiò sul tavolo e lo aprì. Con infinita cautela ne estrasse una sfera trasparente, che guardò in controluce. “Limpidezza perfetta. Nessun residuo. Questa roba vale oro” pensò. Il cellulare iniziò a squillare. – La merce è pronta – rispose Jonas. – Una sfera. Ditemi quando volete ritirarla. – Domattina – disse la voce dall’altra parte. – Una sola sfera? Poca roba, ci aspettavamo di più. In ogni modo, lasciala nel solito posto e prendi i soldi, non fare scherzi perché sai che ti troveremmo. 14
– Ho sempre rispettato i patti! – protestò Jonas. – Ecco, bravo, continua così. Riattaccò e si guardò allo specchio. “Non posso andare avanti con questa vita ancora per molto” disse a se stesso. La merce era ogni giorno più rara, le missioni si facevano sempre più pericolose. I suoi clienti erano tutte persone disposte a pagare bene, ma fare il Cacciatore di Aria non era più così conveniente. Significava andare a cercare gli ultimi residui di aria non contaminata rimasta a Dabilonia, nei pochi giardini clandestini o nei terrazzi nascosti dove ancora, in segreto, si coltivava qualche pianta. I furti non venivano mai denunciati, perché secondo le leggi di Dabilonia le piante non esistevano ed era vietato nominarle durante una conversazione qualsiasi. Ufficialmente non esistevano nemmeno le bolle d’aria pura e questo permetteva ai Cacciatori di lavorare quasi indisturbati. Il loro bottino veniva venduto a qualche riccone disposto a pagare una cifra altissima pur di respirare, di tanto in tanto, qualche boccata d’aria pulita e ricca di ossigeno. Jonas non faceva troppe domande. Aveva smesso da un pezzo di farsele. Era bravo a trovare le bolle d’aria e c’era gente disposta a pagarlo per questo. Quel giorno però le cose erano andate in modo diverso. Aveva trovato un minuscolo giardino segreto ricavato in un sottotetto. C’era spazio per pochi vasi di gerani, un ficus e un gelsomino che, alla luce di una lampadina a 15
resistenza, era miracolosamente fiorito e spargeva intorno il suo profumo. Il Cacciatore era entrato e aveva trovato una giovane donna che giocava con due bambini. Il piÚ piccolo si era spaventato, aveva iniziato a piangere e la madre lo aveva abbracciato per farlo smettere. Il maggiore fissava Jonas con odio. Negli occhi della donna, invece, c’era solo rassegnazione.
Per un attimo Jonas si chiese cosa stesse facendo lì, a sottrarre a una madre l’aria ricca di ossigeno che lei ricreava pazientemente ogni giorno, in quel giardino improvvisato, per permettere ai suoi figli di crescere in un ambiente un po’ più sano. Cercò una scusa, una giustificazione, un alibi. E non ne trovò nemmeno uno. Decise di non rubare tutta l’aria, ma di lasciarne un po’: si sarebbe di nuovo arricchita di ossigeno nel giro di alcune settimane, grazie all’azione delle piante e della luce. Mentre la donna e il bambino lo guardavano immobili e spaventati, Jonas estrasse l’aspiratore e riempì soltanto una delle sfere che aveva con sé. Portò a termine il lavoro senza una parola, ma prima di andarsene strinse leggermente un braccio alla donna e le disse: – Ne ho preso solo una parte. Tornerà tutto come prima. Sta’ tranquilla. Non mi vedrai mai più.
Daniel
L’ora di cena, all’Orfanotrofio, era alle 18,30. Arrivare
tardi significava rimanere a stomaco vuoto e ricevere in cambio una punizione per la mancanza di puntualità, situazione nella quale Aida si trovava spesso, ma non quella sera. Aveva deciso di essere impeccabile, con nemmeno un capello fuori posto. Si fa per dire, perché, malgrado si fosse pettinata pochi minuti prima, i ricci ribelli stavano già sfuggendo alle trecce. La cena era uguale a tutti gli altri giorni: sempre gli stessi intrugli chimici dal gusto indefinibile, studiati nei dettagli dai nutrizionisti per contenere gli elementi indispensabili alla sopravvivenza. Aida pensava sempre che, se il gusto era artificiale, si sarebbe potuto lavorare di più di fantasia con i sapori. Quando i bambini, a fine pasto, ricevevano due tavolette sintetiche al gusto di biscotti secchi, si rendevano conto che era sabato. Se i biscotti erano tre, significava che era Natale. 18
Aida appoggiò il vassoio di alluminio sul tavolo e si sedette accanto al suo amico Daniel. Senza alzare nemmeno un attimo gli occhi dal piatto, si mise a mangiare in silenzio. Ma una volta finito, premette leggermente un ginocchio contro quello dell’amico. Era il segnale. La forchetta di Aida e il piatto di Daniel caddero per terra e i due ragazzi si precipitarono sotto al tavolo a recuperarli. – Novità? – bisbigliò Daniel. Aida annuì. Un momento dopo i due ragazzi erano già seduti al loro posto, ma questo non aveva impedito alla sorvegliante di accorgersi del movimento e di fischiare. E se anche non se ne fosse accorta per conto suo, ci avrebbe pensato la voce stridula di Fulvia a segnalarle l’accaduto: – Qui! Qui! Fulvia aveva la stessa età di Aida, era entrata nell’Orfanotrofio di Stato n. 54 poco prima di lei e, per motivi misteriosi, aveva deciso di odiare Aida. Dal momento che Fulvia aveva l’abitudine di fare la spia con le sorveglianti, godeva del loro favore e di qualche privilegio, per cui non le risultava difficile fare in modo che i compagni si schierassero dalla sua parte. Aida aveva un solo amico, Daniel, che era stato il bersaglio preferito di Fulvia prima che la ragazzina arrivasse all’Orfanotrofio. – Mi scusi, mi era caduta una posata – mormorò Aida. – A me un piatto – aggiunse Daniel. – Io li ho visti, li ho visti, l’hanno fatto apposta! – strillò 19
Fulvia. In lei tutto era aguzzo: la voce, il viso, le mani, le ginocchia, persino i capelli, raccolti in una coda di cavallo che restava in ordine perfetto fino a sera. – Grazie, ora ci sono io – disse la sorvegliante con un tono che bastò a farla tacere. – Per fortuna che è tutto di alluminio – sibilò poi rivolta ad Aida e Daniel, – altrimenti con voi due avremmo esaurito le scorte da un pezzo. Per questa sera sarete in punizione e nell’ora libera, anziché guardare la televisione, pulirete la cucina. Un sorriso cattivo si allargò sulla faccia di Fulvia e un urlo di trionfo si alzò dal fondo della mensa: erano i due compagni destinati al turno di lavapiatti per quel giorno. – Zitti, voi due, o andrete ad aiutarli! – rimbrottò la sorvegliante. Aida non sapeva il suo nome, ma con Daniel, in segreto, la chiamava La Secca, visto che era magra come un chiodo. – Chiediamo scusa e useremo la punizione come occasione per riflettere sul nostro comportamento – dissero in coro Aida e Daniel, secondo la formula del regolamento imparata a memoria. Perché all’Orfanotrofio di Stato n. 54 non solo era vietato protestare quando si finiva in punizione, ma bisognava anche ringraziare. Passarono il resto della cena a testa china. Nessuno doveva accorgersi del loro sorriso.
20