I CLASSICI
Frances Hodgson Burnett
Il Piccolo Lord Adattato da Annamaria Piccione
A VENTO
IL MULINO A VENTO Per volare con la fantasia
IL MULINO A VENTO
IL MULINO A VENTO Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente Coordinamento di redazione: Emanuele Ramini Approfondimenti e schede: Paola Valente Team grafico: AtosCrea, Raffaella De Luca Ufficio stampa: Francesca Vici I Edizione 2018 Ristampa 6 5 4 3 2 1 0
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Tutti i diritti sono riservati © 2018 Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.grupporaffaello.it info@ilmulinoavento.it www.ilmulinoavento.it Printed in Italy
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SISTEMA DI GESTIONE CERTIFICATO
Frances Hodgson Burnett
Il Piccolo Lord Adattamento di
Annamaria Piccione
Illustrazioni di
Sara Gianassi
Un bambino speciale
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edric non sapeva nulla del suo papà, solo che era inglese perché glielo aveva detto la mamma. Era troppo piccolo quando lui era morto, ma lo ricordava alto, con gli occhi azzurri e lunghi baffi. Ed era fantastico farsi trasportare sulle sue larghe spalle in giro per la stanza. Quando il papà si era ammalato, Cedric era stato mandato via e, al ritorno, lui non c’era più. Aveva però capito che era meglio non parlarne alla mamma che, vestita di nero, stava seduta sulla poltrona accanto alla finestra. Era pallida e dimagrita, le graziose fossette erano sparite dalle guance e gli occhi erano diventati grandi e tristi. – Tesoro – le aveva chiesto un giorno Cedric abbracciandola e chiamandola come aveva sempre fatto il padre, – Tesoro, papà sta meglio?
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Lei si era messa a tremare e Cedric aveva sollevato la testolina ricciuta per guardarla: la mamma stava per scoppiare in lacrime. – Tesoro, papà sta bene? – le aveva domandato di nuovo, ricoprendole il volto di baci. La mamma lo aveva stretto, come se non volesse più lasciarlo. – Sì, sta bene – aveva mormorato soffocando i singhiozzi. – Lui sta bene, ma noi… noi non abbiamo più nessuno, a parte noi due. Nessuno. Anche se era piccolo, Cedric aveva capito che il suo giovane e bel papà non sarebbe più tornato. La mamma piangeva sempre quando qualcuno lo nominava, così Cedric aveva deciso di non parlarne più e di fare in modo che lei non restasse a lungo seduta a guardare in silenzio fuori dalla finestra. In seguito Cedric aveva saputo che i suoi genitori si erano conosciuti quando la mamma faceva la dama di compagnia di una vecchia signora che la trattava in maniera poco gentile. Il capitano Cedric Errol l’aveva vista correre per le scale della casa con le lacrime agli occhi e non era più riuscito a togliersela dalla mente, colpito dalla sua bellezza e dall’aria dolce, ingenua e malinconica. Poi si erano conosciuti meglio, innamorati e sposati, nonostante la disapprovazione di molte persone, soprattutto del padre del capitano, un importante e ricco conte dal
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pessimo carattere, che viveva in Inghilterra e non sopportava l’America e gli americani. Il capitano Cedric Errol non aveva molte speranze di ereditare le ricchezze e il titolo nobiliare del padre, perché prima di lui c’erano due fratelli maggiori che, a differenza del minore, non erano simpatici a nessuno. Tanto il terzogenito era bello, laborioso e dal cuore benevolo, tanto i primi due erano gretti e scansafatiche, preoccupati più di spendere il patrimonio di famiglia che di onorarne l’antico nome. Il conte padre era affezionato al capitano Errol, ma il suo pessimo carattere a volte gli annebbiava il giudizio e, invece di apprezzare le qualità del figlio, le considerava un’ingiustizia. – Perché il migliore dei miei figli non può essere il mio erede? – si chiedeva stizzito. Così, in uno dei soliti momenti di rabbia, aveva deciso di spedire il figlio minore in America, convinto che, non avendolo tra i piedi, non lo avrebbe dovuto paragonare ai fratelli perdigiorno. Dopo sei mesi si era pentito e gli aveva ordinato di tornare, ignaro che il capitano avesse già sposato la bella dama di compagnia. Si era arrabbiato come non gli era mai capitato quando aveva letto la lettera del figlio che gli comunicava le nozze, e la sua risposta velenosa era partita senza indugi: il capitano Cedric Errol non faceva più parte della famiglia e non doveva farsi vedere mai più!
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– Mi dispiace – si era rattristato il capitano leggendo le parole furibonde. – Amo l’Inghilterra e anche mio padre, nonostante il suo brutto carattere. All’inizio si era turbato, in fondo era un nobile e non aveva mai pensato di lavorare per vivere. Poi però si era fatto coraggio, aveva lasciato l’esercito, trovato un impiego a New York e si era messo a lavorare sodo, tornando la sera nella strada tranquilla dove abitava. Quando era nato il piccolo Cedric, non si erano visti due genitori più felici, forse perché non si era mai visto un bimbo più bello: biondo, ricciuto, con enormi occhi scuri dalle lunghe ciglia. Dalla carrozzina sorrideva agli sconosciuti come se li ritenesse grandi amici, e più cresceva, più la gente lo amava; persino il bisbetico droghiere all’angolo gongolava quando lo vedeva spuntare sulla soglia con un elegante completino bianco e un grande cappello dello stesso colore. – Le signore fermano le carrozze per parlargli – raccontava orgogliosa la governante Mary di ritorno dalle passeggiate. – E come risponde lui! Dovete sentirlo! È proprio un bimbo speciale! Bè, somiglia ai suoi genitori, teneri e affettuosi. Nel vedere il padre colmare la madre di attenzioni e tenerezza, anche il piccolo Cedric aveva imparato a trattarla allo stesso modo. E quando aveva capito che il papà non sarebbe più tornato, aveva deciso che l’avrebbe di nuovo fatta sorridere.
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– Oh, Mary, fa di tutto per confortarmi, anche con una semplice carezza – aveva detto la signora un giorno alla governante. – Mi guarda con gli occhioni teneri e mi parla come faceva suo padre. È proprio un ometto, il mio Cedric.
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Una grande sorpresa
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opo la morte del capitano, Mary rimase nella casetta come aiutante tuttofare e fu la prima ad accorgersi che la signora Errol aveva ricominciato a ridere di gusto. – Tutto merito di Cedric – si rallegrava quando le risate arrivavano fino in cucina. – Quei due sono sempre insieme, chiacchierano, passeggiano, giocano. E, da quando lui ha imparato a leggere, ogni sera sceglie per la signora una storia buffa presa dai libri o dai giornali. Forse neppure la signora Errol era orgogliosa del bambino quanto lo era la governante che lo aveva visto nascere. – A volte sembra proprio grande – raccontava ridendo Mary a chiunque fosse disposto ad ascoltarla. – Ad esempio, da quando ha saputo che voto per i democratici, non passa giorno che non provi a convincermi a fare il contrario, con
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una serietà che lo fa sembrare un giudice. Perché lui è repubblicano, come il suo “Tesoro”. Mary si divertiva anche a cucirgli dei vestiti eleganti, come il completo nero ricavato da un vecchio abito della signora Errol, che lo faceva sembrare un aristocratico. – Quando cammina per la Quinta Strada con la testina alta e i riccioli che brillano al sole, ricorda un piccolo lord! – gongolava poi con la signora. Cedric in realtà non sapeva cosa fosse un lord e non gli interessava assomigliargli: il suo migliore amico era il signor Hobbs, il droghiere all’angolo, che era bisbetico con tutti, ma non lo era mai con lui. – È un uomo ricco e potente, possiede un cavallo e un carretto, la sua bottega è piena di cose buone – lo ammirava Cedric. – Voglio bene anche al lattaio, al panettiere e alla fruttivendola, ma al signor Hobbs più di tutti. Ogni giorno il bambino si recava nella bottega e, tra le scatole di biscotti e le cassette di frutta, i due discutevano sui problemi del mondo. Il loro argomento preferito era la festa del 4 luglio, che faceva infervorare il signor Hobbs e lo riempiva di patriottico ardore: per Cedric era un privilegio sentirlo declamare interi brani della Dichiarazione d’Indipendenza. – La nostra Rivoluzione trabocca di eroi e di azioni valorose contro i perfidi inglesi – predicava il droghiere a Cedric che lo ascoltava con gli occhi brillanti, le guance rosse e i riccioli arruffati. A casa poi ne parlava con la madre che si rallegrava nel vederlo interessato alla politica.
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In occasione delle elezioni, il signor Hobbs e Cedric moltiplicarono la lettura dei giornali, convinti di essere decisivi per la vittoria del loro candidato. E, quando in effetti vinse, si recarono alla fiaccolata in suo onore, manifestando la loro gioia: in molti notarono, accanto a un lampione, un uomo robusto con un bambino sulle spalle che sventolava il cappello. Poco tempo dopo le elezioni, Cedric ricevette la visita che gli cambiò la vita. E per un fatto curioso, avvenne proprio nel giorno in cui il signor Hobbs gli parlò malissimo dell’aristocrazia inglese, per la quale provava un’avversione irrefrenabile. Era una calda giornata estiva e il signor Hobbs stava leggendo il giornale, quando Cedric entrò nella drogheria per riposarsi, dopo aver giocato ai soldatini con gli amici. – Conti e marchesi, puah! – alzò la testa pelata il droghiere. – Ma faranno una brutta fine il giorno in cui le loro vittime si ribelleranno! Cedric si arrampicò sul solito sgabello alto davanti al bancone, sedendosi con le gambe penzoloni. Poi spinse indietro il cappello, mise le mani in tasca e lanciò un’occhiata alla pagina dell’Illustrated London News che il signor Hobbs gli mostrava con aria torva. – Avete conosciuto molti marchesi, signor Hobbs? Oppure conti? – gli domandò curioso. Il droghiere si asciugò il sudore dalla fronte. – No, non voglio tiranni seduti sulle scatole dei miei biscotti – rispose indignato.
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Cedric fu però invaso da un moto di compassione per quei poveri conti. – Forse non vorrebbero essere aristocratici se sapessero cosa gli altri pensano di loro – azzardò. – Ne vanno fieri invece! – esclamò il signor Hobbs. – I conti sono gentaglia! In quel momento, al culmine della discussione, apparve Mary. Sembrava agitata e non comprò lo zucchero, come Cedric si sarebbe aspettato.
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