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i GRA I Fa i dElla StORiA
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GUiDa per l’
INSEGNANTE
L’educazione all’immagine o “Arte e immagine”, come recitano le Indicazioni Ministeriali, è una disciplina che ha come obiettivi quello di rendere il bambino soggetto attivo e critico, in grado di “orientarsi” in una società, come quella attuale, caratterizzata dalla massiccia presenza di immagini di vario tipo e quello di far comprendere il valore dell’arte per suscitare un atteggiamento più consapevole e responsabile nei confronti dei beni culturali, tutto ciò stimolando l’immaginazione e la creatività e potenziando le capacità espressive e comunicative dell’alunno.
CHE COS’ÈL’ARTE?
Il filosofo Emmanuel Kant ritiene che ciò che contraddistingue l'arte sia una serie di proprietà percettibili e formali individuate da particolari facoltà mentali umane, quali il gusto e l'estetica, che generano il piacere.
Benedetto Croce, il filosofo italiano, intende l'opera d'arte come una sorta di "intuizione lirica" che accade nella mente e deve essere ben distinta dalla traduzione e realizzazione materiale.
Pinin Carpi
celebre scrittore per ragazzi, dice invece:
“Il bisogno delle cose belle e delle emozioni che provocano è uno dei fondamenti della vita.
Che ce ne rendiamo conto o meno, tutte le nostre scelte sono basate su una ricerca di cose belle.
E le cose più belle fatte dagli uomini sono le opere d’arte.
Più una cosa è bella più ci dà gioia; una gioia vera che non si esaurisce mai.
Perché come dice un verso del grande poeta John Keats, “Una cosa bella è una gioia per sempre”.
Ma da dove nasce questa gioia?
Semplificando un bel po’ potrei dire, per prima cosa, che tutto nasce dalla fantasia, tutto quello che conta, che appassiona, quello che si fa con soddisfazione.
Quanto di bello e importante è stato fatto nella storia è stato prodotto soprattutto dalla fantasia: le opere di artisti e poeti, di scienziati e musicisti, di inventori e sapienti.
Perché la fantasia è la capacità di giocare con le idee.
E se tutti i prodotti della mente, come l’arte, nascono dalle fantasie, le fantasie nascono dai desideri, sono le espressioni mentali dei nostri desideri più profondi, dei nostri impulsi a cambiare la realtà perché diventi come la desideriamo.
La gioia dell’arte è una gioia complessa che può colorarsi di tutte le emozioni di cui siamo capaci.
Per riuscire a capire, a “entrare” nei capolavori dell’arte, occorre impegnarsi col cuore e con la mente.”
P. Carpi, “Alla scoperta dell’arte”, Mondadori
imPARIA l’aRtE
I tre autorevoli personaggi (Kant, Croce, Carpi) parlano di: gusto, intuizione lirica, fantasia, bellezza.
L’arte è senz’altro tutto questo e forse anche qualcosa di più, è il bisogno che l’uomo ha di avvicinarsi alla realtà e di trascenderla poeticamente, attraverso le immagini.
Il bambino non può quindi fare a meno, per sviluppare in modo armonico le capacità cognitive e quelle affettive, di avvicinarsi all’arte, espressione di bisogni quali il bello, il gusto... dell’uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi e rappresentazione di una parte considerevole del patrimonio culturale umano.
L’arte si manifesta, come dice lo scrittore milanese, Pinin Carpi, attraverso la sua più eloquente espressione: l’opera d’arte
In quest’ottica nasce questo testo che mira, prima di tutto, a rendere il bambino fruitore attivo delle opere d’arte e poi produttore egli stesso di forme d’arte.
Il grande violinista giapponese
diceva che:
l'imitazione è alla base del processo di apprendimento umano nei primi stadi della vita e attraverso il metodo che egli chiamò della "Madre lingua", dimostrò che si può insegnare ad un bambino a suonare così come gli si insegna a parlare. Niente di più ovvio eppure niente di più straordinariamente rivoluzionario. Come infatti un bambino impara a parlare ascoltando e ripetendo continuamente le parole dette dai genitori, così impara a suonare ascoltando e ripetendo regolarmente un frammento musicale, un ritmo, una melodia.
Perché non applicare questa teoria anche all’arte e alle doti umane che permettono la sua realizzazione, quali la fantasia, l’immaginazione, la creatività?
Allora proponiamo ai bambini le opere d’arte, non è possibile visitare tutti i musei del mondo, ma oggi abbiamo i mezzi per poter ugualmente usufruire delle opere che essi ospitano, facciamogliele gustare, rendiamole loro familiari, facciamogliele riprodurre, manipolare, rielaborare. Solo così, ancora in un certo senso per “imitazione”, il nostro alunno potrà diventare un “artista”.
Ancora Carpi esalta il ruolo della fantasia, mezzo attraverso il quale poter realizzare tutti i desideri umani, attività che permette di “giocare con le idee” in modo produttivo ed efficace, prerogativa non solo dell’artista , ma anche di “scienziati, inventori, sapienti”, capacità quindi trasversale a tutta la conoscenza.
Suzuki
imPARIA l’aRtE
Come il docente ”utilizzerà”, didatticamente il libro operativo e la guida?
Il libro operativo è stato pensato per l’alunno. Il bambino infatti, aiutato dall’insegnante, attraverso il suo uso potrà:
1.osservare e imparare ad interpretare un’opera d’arte;
2.sperimentare tecniche diverse;
3.conoscere diversi tipi di linguaggi;
4.liberare la propria emotività;
5.sviluppare la creatività e l’immaginazione;
6.affinare il gusto estetico ed il senso critico.
La guida invece è stata pensata per i docenti ed è complementare al libro operativo. Attraverso il suo uso l’insegnante potrà:
1.approfondire le sezioni proposte nel libro operativo;
2.conoscere la biografia e lo stile dei pittori citati, (il docente, se lo riterrà opportuno, potrà far conoscere al bambino com’è vissuta la persona di cui si parla, togliendola così dal mondo astratto in cui potrebbe venir confinata e dando un ulteriore input culturale);
3.operare raccordi interdisciplinari con le altre discipline ed in particolar modo con quelle espressive, quali: lingua italiana, musica, sport nonché con le discipline antropologiche e in alcuni casi anche con matematica, scienze ed informatica;
4.utilizzare i contenuti della parte antologica, caratterizzati da: testi, informazioni, immagini;
5.usufruire degli approfondimenti che accompagnano le varie sezioni.
Le opere d’arte infatti, e di conseguenza gli artisti, con le loro varie tecniche, materiali e teorie, possono diventare elementi trasversali attraverso i quali stimolare gli alunni alle conoscenze proprie di altre discipline; un quadro di Klee sul corpo umano potrà aiutare ad introdurre, o a completare, un discorso sullo schema corporeo, un quadro di Mondrian con le linee, può essere un ottimo esercizio per riconoscere le linee nella geometria; una lettura attenta di un quadro di Chagall può essere lo stimolo per inventare una fiaba e così via.
In questo modo viene garantita l’interdisciplinarietà al fine di organizzare la conoscenza e soprattutto al fine di acquisire:
• competenze trasversali finalizzate a sviluppare il pensiero e le capacità cognitive;
• la capacità di comprensione e produzione di messaggi;
• la capacità di acquisizione e rielaborazione di informazioni e conoscenze;
• la costruzione della capacità di pensiero riflesso e critico.
Al fine cioè di “costruire” una persona capace di agire, capire, rielaborare, operare su più fronti, una persona completa, in grado di scegliere liberamente e consapevolmente la strada più congeniale, una persona con una mente attiva e critica, soprattutto non divisa per “compartimenti”, ma “aperta”, una mente in cui i saperi si intrecciano, si incontrano e si completano.
Sia il testo operativo per gli alunni che la guida sono strutturati in modo che possano essere usati da alunni e docenti impegnati nelle prime tre classi della Scuola Primaria, si possono trovare attività e/o testi di diversa difficoltà, che l’insegnante sceglierà a suo piacimento e seguendo gli interessi degli alunni e i contesti in cui si trova ad operare.
In sintesi, questa guida, rifacendosi alle INDICAZIONI PER IL CURRICOLO, vuole essere un valido aiuto per i docenti, che potranno trovarvi spunti di lavoro, contenuti, attività.
LE INDICAZIONI MINISTERIALI PER IL CURRICOLO SU “ARTE E IMMAGINE”
Le “Indicazioni per il curricolo” prevedono delle “macroaree” disciplinari tra cui: l’area linguisticoartistica-espressiva che raccoglie: lingua italiana, lingue comunitarie, musica, arte e immagine, corpomovimento-sport e per ognuna di esse sono indicati i traguardi da raggiungere, in merito alle competenze, al termine della Scuola Primaria. Questo è quanto riporta il documento in relazione ad Arte ed Immagine:
• L’alunno utilizza gli elementi grammaticali di base del linguaggio visuale per osservare, descrivere e leggere immagini statiche quali fotografie, manifesti, opere d’arte e messaggi in movimento quali spot, brevi filmati, video-clip...
• Utilizza le conoscenze sul linguaggio visuale per produrre e rielaborare in modo creativo le immagini attraverso molteplici tecniche, di materiali e di strumenti (grafico-espressivi, pittorici e plastici, ma anche audiovisivi e multimediali).
• Legge gli aspetti formali di alcune opere; apprezza opere d’arte e oggetti di artigianato provenienti da Paesi diversi.
• Conosce i principali beni artistico-culturali presenti nel proprio territorio mettendo in atto pratiche di rispetto e salvaguardia.
Al termine della classe quinta della scuola Primaria l’alunno deve raggiungere i seguenti obiettivi:
Obbiettivi di apprendimento al termine della classe quinta della scuola primaria
Percettivo-visivi
• Guardare e osservare con consapevolezza un’immagine e gli oggetti presenti nell’ambiente descrivendo gli elementi formali e utilizzando le regole della percezione visiva e l’orientamento nello spazio.
Leggere
• Riconoscere in un testo iconico-visivo gli elementi grammaticali e tecnici del linguaggio visuale (linee, colori, forme, volume, spazio) e del linguaggio audiovisivo (piani, campi, sequenze, struttura narrativa, movimento ecc.), individuando il loro significato espressivo.
• Leggere in alcune opere d’arte di diverse epoche storiche e provenienti da diversi Paesi i principali elementi compositivi, i significati simbolici, espressivi e comunicativi.
• Riconoscere e apprezzare i principali beni culturali, ambientali e artigianali presenti nel proprio territorio, operando una prima analisi e classificazione. Produrre
• Utilizzare strumenti e regole per produrre immagini grafiche, pittoriche, plastiche tridimensionali, attraverso processi di manipolazione, rielaborazione e associazione di codici, di tecniche e materiali diversi tra loro.
• Sperimentare l’uso delle tecnologie della comunicazione audiovisiva per esprimere, con codici visivi, sonori e verbali, sensazioni, emozioni e realizzare produzioni di vario tipo.
Partendo da queste Indicazioni, l’alunno dovrebbe possedere, al termine della classe quinta, le seguenti competenze:
Utilizza i cinque sensi in elaborati propri e altrui • Utilizza e ritrova le regole della percezione visiva, vedi soprattutto la prospettiva centrale, in elaborati propri e altrui • Riconosce ed utilizza in un testo iconico-visivo elementi tipici del linguaggio dell’arte visiva quali: luci, ombre, movimento e immobilità, al fine di cogliere e di creare atmosfere, contenuti espressivi e volumi• Utilizza e interpreta oggetti, materiali, tecniche, anche apparentemente estranee al linguaggio visivo, per leggere e creare varie forme d’arte visiva.
• Conosce le principali correnti artistiche, in particolare quelle del XX secolo (Futurismo, Dadaismo, pop-art... • Ritrova ed interpreta momenti salienti della storia nelle opere di alcuni grandi artisti.
• Conosce una delle principali forme d’arte audiovisiva: il cinema, nella sua evoluzione, nelle sue tecniche e nei suoi diversi momenti. • Realizza alcune semplici produzioni audiovisive. Infine, sempre facendo riferimento alle Indicazioni Nazionali, al termine della Scuola Primaria, in merito “Arte ed Immmagine”, l’alunno dovrebbe aver raggiunto i seguenti traguardi:
Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria
L’alunno utilizza gli elementi grammaticali di base del linguaggio visuale per osservare, descrivere e leggere immagini statiche (quali fotografie, manifesti, opere d’arte) e messaggi in movimento (quali spot, brevi filmati, videoclip, ecc.).
Utilizza le conoscenze sul linguaggio visuale per produrre e rielaborare in modo creativo le immagini attraverso molteplici tecniche, di materiali e di strumenti diversificati (grafico-espressivi, pittorici e plastici, ma anche audiovisivi e multimediali).
Legge gli aspetti formali di alcune opere; apprezza opere d’arte e oggetti di artigianato provenienti da altri paesi diversi dal proprio.
Conosce i principali beni artistico-culturali presenti nel proprio territorio, e mette in atto pratiche di rispetto e salvaguardia.
LE SEZIONI DEL LIBRO OPERATIVO
E I RACCORDI INTERDISCIPLINARI
I CINQUE SENSI NELL’ARTE
ITALIANO
Il gusto:
Modi di dire
Antologia di testi descrittivi e filastrocche: lettura, memorizzazione, analisi, comprensione, rielaborazione, produzione.
L’odorato:
I testi descrittivi: lettura, analisi, comprensione, rielaborazione.
BIOGRAFIE DEGLI ARTISTI CITATI NELLA SEZIONE “I GRANDI FATTI DELLA STORIA”:
Pablo Picasso
Marc Chagall
IL CINEMA
ITALIANO
Testi descrittivi: produzione.
Testi informativi: lettura e comprensione.
Testi teatrali: lettura, caratteristiche strutturali, analisi, comprensione, sintesi, prosa. Operare sintesi di film
STORIA
Ricavare informazioni storiche da un film: “Troy”.
GEOGRAFIA
Ricavare informazioni geografiche da un film: ““Il giro del mondo in 80 giorni”.
MUSICA
Dalle immagini alla musica: “Fantasia”.
BIOGRAFIE DEGLI ARTISTI PRINCIPALI CITATI NELLA SEZIONE “IL CINEMA”:
Mimmo Rotella
I 5 s si
ll’arte
I cinque sensi di cui siamo dotati sono un’enorme possibilità per conoscere il mondo che ci circonda, da diversi punti di vista e sotto vari aspetti, a seconda delle diverse parti del corpo che ne sono interessate.
Con il gusto noi possiamo sentire i diversi sapori del cibo; con la pelle, soprattutto con quella delle mani, possiamo individuare e riconoscere al tatto oggetti, persone, animali e/o parti di esse; con l’olfatto possiamo, servendoci solo del nostro naso, seguire una scia, un percorso che ci porterà all’origine da cui proviene l’odore; la stessa cosa possiamo fare con l’udito, naturalmente non arriveremo ad un odore, bensì ad una fonte sonora e infine c’è l’organo di senso per eccellenza, quello più immediato, quello che ci sembra far conoscere meglio degli altri il mondo: la vista, anche se è stato già dimostrato con il libro operativo, che la conoscenza che ci dà la vista può essere fallace ed ingannare il nostro occhio.
Quindi tutti gli organi di senso sono importanti, tanto che se un individuo, ne ha anche uno solo che non funziona, la sua conoscenza del reale è mancante, incompleta ed inevitabilmente parziale. Gli organi di senso, intervenendo nella conoscenza del mondo, sono per forza strettamente legati a tutte le discipline che quello stesso mondo mirano a farci conoscere e in qualche modo controllare. Qui ne abbiamo toccate solo alcune: la lingua italiana è praticamente sempre presente, perché la sensorialità è collegata all’emozionalità: un odore, un sapore, un odore, un’immagine attivano anche ricordi, sensazioni, emozioni. Viene così coinvolta, oltre alla sfera cognitiva, anche quella affettiva e di conseguenza tutti i tipi di testi che ne possono essere influenzati: poesie, descrizioni soggettive, testi fantastici…
Raccordi interDisciplinari
ITALIANO
, Capacità di individuare, capire ed usare modi di dire propri della lingua italiana.
, Capacità di leggere, analizzare e rielaborare testi descrittivi, utilizzando particolarmente i dati gustativi.
, Capacità di memorizzare e analizzare filastrocche.
Ecco alcuni “modi di dire” popolari che parlano di gusto, bocca, lingua...
Sottolinea solo quelli che hanno in qualche modo attinenza con il cibo, il mangiare, i sapori… e spiega che significato hanno gli altri.
“Restare a bocca asciutta”
“Avere una fame del diavolo”
“Non avere peli sulla lingua”
“Essere di bocca buona”
“Mangiare di gusto”
“Il mattino ha l’oro in bocca”
“Acqua in bocca”
“Avere un palmo di lingua”
“Avere cattivo gusto”
“Avere l’acquolina in bocca”
Antologia
I testi descrittivi
Sottolinea i dati gustativi di questo brano.
Appena i resti del pesce erano stati sparecchiati, veniva servita una gigantesca montagna di gelato fatto in casa. Era il gelato più cremoso del mondo, aveva un sapore indimenticabile. C’erano dentro migliaia di scagliette di croccantini caramellati e il risultato era che il gelato si squagliava subito in bocca come quelli comuni: lo si masticava e crocchiava sotto i denti e il sapore era una cosa da sognarsi per giorni.
R. Dahl, Boy, Salani
LA MELAGRANA
Sottolinea in blu i dati visivi e in rosso quelli gustativi.
Tolgo un po’ di buccia e vedo piccoli chicchi irregolari dalla tinta rosso vermiglio. Sembra di aver aperto uno scrigno nel quale la natura ha incastrato, in una pellicola bianchiccia e cartilaginosa, mille rubini dal colore purpureo, dal cuore bianco e dai riverberi cremisi. Ne assaggio uno, è succoso e ha un sapore agro.
LE MADELEINES
Ecco un brano in cui il gusto per un dolce, dei semplici biscotti, coincide non solo con il senso del gusto, ma con l’umore, tramutando tristezza e noia in una specie di piacere indescrivibile, tale da far dimenticare tutto il resto.
In una giornata d’inverno, rientrando a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di prendere, contrariamente alla mia abitudine, un po’ di tè. Rifiutai dapprima, e poi, non so perché, mutai d’avviso. Ella mandò a prendere uno di quei biscotti pienotti e corti chiamati Petites Madeleines. Ed ecco, macchinalmente oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione d’un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzetto di Madeleine. Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di biscotto toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva subito rese indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria, nel modo stesso in cui agisce l’amore, colmandomi d’un’essenza preziosa.
M. Proust, La ricerca del tempo perduto, Mondadori
Prova a rielaborare il testo descrivendo un rientro in casa gioioso ed allettante trasformato in disgusto da un cibo non gradito.
In una giornata d’inverno, rientrando a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di prendere, contrariamente alla mia abitudine, un po’ di tè. Rifiutai dapprima, e poi, non so perché, mutai d’avviso. Ella mandò a prendere uno di quei biscotti pienotti e corti chiamati Petites Madeleines. Ed ecco macchinalmente oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione d’un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzetto di Madeleine. Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di biscotto toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva subito rese indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria, nel modo stesso in cui agisce l’amore, colmandomi d’un’essenza preziosa.
IL CIOCCOLATO
Ogni volta che riceveva una barretta di cioccolata la riponeva con cura in una scatolina di legno e ne faceva tesoro come se si trattasse di un lingotto d’oro. Infine, quando proprio non ce la faceva più, ne scartava un angolino, scopriva una porzione piccola piccola di cioccolata e ne addentava un minuscolo pezzetto, appena, appena, abbastanza da permettere al dolce sapore del cioccolato di spandersi deliziosamente su tutta la lingua.
R. Dahl, La fabbrica di cioccolato, Salani
Continua tu, usando dati gustativi per descrivere le sensazioni che il cioccolato provoca nel protagonista.
LA BIBLIOCCERIA
Negli scaffali della Bibliocceria ci sono libri con pagine di cioccolato, altri di marzapane, altri ancora di pastasfoglia, tutti rilegati con chewingum. Ogni volume si può leggere come un normale libro di carta. All’interno le parole sono scritte con fili colorati di zucchero e le illustrazioni sono dipinte con pennellate di glassa e di crema, con gelatine di frutta. I bambini e le bambine che vanno in Bibliocceria per leggere questi strani libri si bagnano continuamente l’indice sulla punta della lingua prima di sfogliare ogni pagina e poi se lo succhiano per bene alzando gli occhi deliziati al soffitto.
, Capacità di conoscere caratteristiche delle antiche civiltà attraverso un testo storico.
IL SAPORE DOLCE PIU ANTICO DEL MONDO: IL MIELE ,
Il primo dolcificante usato sin dai tempi più remoti fu il miele, infatti era l'unico sapore dolce che l'uomo conosceva. Certo mangiava anche frutta e radici zuccherine o petali di fiori dolciastri ma il gusto pieno e tondo del dolce lo trovava solo nel miele elaborato dalle api. Con i Sumeri e gli Egiziani, si arriva ad una vera e propria produzione di miele da “allevamento”. Una delle testimonianze più antiche si trova sul sarcofago di Mikyrinos (3600 a.C.), nel museo di Londra. In esso si trovano delle iscrizioni ed in mezzo ad altri segni vi si riscontra quello dell'ape. A quell'epoca, cioè nell’Antico Regno, senza dubbio l'allevamento delle api aveva già in Egitto una notevole diffusone. Anche in altri testi viene menzionata la professione di apicoltore, le arnie in terracotta, a forma di cilindro, erano comuni nella vallata del Nilo. Il miele era largamente usato nell'alimentazione e nella medicina. Un documento, risalente a circa 2000 anni fa, descrive numerosi preparati curativi a base di miele che guariscono ferite e malattie del tubo digerente, dei reni, degli occhi. La chirurgia dell'epoca utilizzava il miele per le sue proprietà cicatrizzanti. Per le donne si producevano creme di bellezza, paste dentifrice e saponi a base di miele. In occasione di certe ricorrenze poi, si mangiavano ritualmente miele e fichi ed una di queste era chiamata: "La festa della vallata dove si mangia il miele". Il nome “miele” sembra che derivi dal popolo degli Ittiti che ci hanno tramandato, in caratteri cuneiformi incisi su tavolette d'argilla, notizie fondamentali sul miele che viene chiamato in lingua ittita: melit.
La letteratura babilonese è molto ricca di citazioni sul miele. Da queste citazioni sappiamo che esso era molto usato, come già in Egitto, in medicina e in cucina; per esempio per preparare focaccine di farina, sesamo, datteri e miele appunto. Il miele e la sua produzione erano considerate di un certo prestigio, tanto che il famoso Codice di Hammurabi (1792-1750 a.C.) riporta tra i crimini, per cui erano previste pene severe, lo svuotamento di un'arnia del miele contenuto.
Per i Greci il miele ebbe anche una funzione religiosa fondamentale: rappresentava una delle offerte fondamentali tributate agli dei, una componente pressoché costante nelle cerimonie religiose e nella preparazione dei cibi.I Romani utilizzarono il miele per la preparazione del vino di miele (il famosissimo idromele), della birra di miele, come conservante alimentare, per la preparazione di numerosissime e famosissime salse agrodolci, per i dolci. La cucina romana univa infatti sapori dolci ad altri più piccanti od aciduli: nelle stesse pietanze, accanto all'aceto e alla menta, si usavano il miele, il mosto cotto e la frutta ridotta a puré; i funghi venivano cucinati col miele; i piccioni con datteri, pepe, miele, aceto, vino, olio e senape. Un tipico, dolcissimo, pane romano, il libum, era preparato con miele.
Rispondi.
t Quali popoli si dedicarono per primi all’allevamento delle api?
t Da quale popolo nasce il nome: “miele”?
t Per quale altri scopi, oltre che per quello alimentare, veniva usato il miele?
t Da cosa si capisce che tra i Babilonesi l’allevamento e la produzione di miele erano preziosi?
t Com’era soprannominato il miele tra i Greci?
t Qual era una delle caratteristiche della cucina romana?
approfondimento
RICETTE ANTICHE
Sono pervenute fino a noi molte ricette dal De re coquinaria (L'arte culinaria), un ricettario composto da 10 libri, tramandatoci dal gastronomo Apicio che scriveva ai tempi dell'imperatore Tiberio (I secolo d.C.).
Si tratta di una raccolta di 450 ricette per tutti i gusti e tutte le fantasie, che ha permesso di conoscere i vari tipi di prodotti utilizzati nella cucina romana
Tyropatina ovvero: Budino di formaggio
Impasta con una forchetta da 2 a 6 cucchiai colmi di miele con 5 uova e 250 g di formaggio bianco (usando una miscela fatta con: 100 g di ricotta, 50 g di caprino e 100 g di feta). Se il latte o i formaggi usati sono molto magri, aggiungi 20 g di burro. Diluisci gradualmente con 600 ml di latte; cola per eliminare grumi e, soprattutto, bolle d'aria.
Cuoci nel forno (130°C) in una teglia unta di olio (o di burro, se preferisci) coperta e sigillata finché il composto non diventa sodo (da 1 ora a 1 ora e mezza).
Rovescia su un piatto di portata quando è freddo; lascia riposare mezz'ora, scola via il latticello eventualmente formatosi e spolvera di pepe prima di servire.
Datteri caramellati
Ecco il ripieno per ogni dattero:
1 ) 1 gheriglio di noce, spezzato in 4
2) 6-8 pinoli interi
3) 3 grani di pepe
Mescola il tutto con il miele.
Ora snocciola i datteri non troppo maturi, riempi con la farcitura e richiudi bene. Fai aderire alla superficie esterna qualche granello di sale non troppo fine e appena inumidito. Scalda in un padellino il miele (una cucchiaiata colma per una dozzina di piccoli datteri). Caramella i datteri per pochi minuti, rivoltando senza romperli. Consuma subito o lascia raffreddare su una griglia.
Raccordi interDisciplinari
GEOGRAFIA
, Capacità di individuare continenti, stati e loro caratteristiche attraverso le carte geografiche.
IL GIRO DEL MONDO IN CINQUE SAPORI
“Chili con carne” - MESSICO - AMERICA
INGREDIENTI x 4 persone: carne di manzo 600 g, fagioli messicani secchi 400 g, pomodori 500 g, 2 cipolle, peperoncino rosso in polvere, paprika, origano, aglio, olio d'oliva, brodo.
PREPARAZIONE:
Far rosolare la carne a fiamma vivace in un paio di cucchiai di olio d'oliva caldo, dopo averla tagliata a tocchetti.
Aggiungere le cipolle e due spicchi d'aglio tritati e cuocere per cinque minuti, dopo di che aggiungere i fagioli (se si usano quelli secchi tenerli a bagno dalla sera prima). Aggiungere i pomodori e le spezie (abbondante peperoncino rosso in polvere, mezzo cucchiaino di paprika e mezzo di origano) e bagnare quindi con il brodo (si può preparare anche un brodo con dado di carne). Lasciare quindi cuocere a fuoco lento (coprendo con il coperchio) fino a che la carne non è diventata tenera, aggiungendo del brodo se necessario. Servire caldo.
Rispondi.
t Il “Chili con carne” che tipo prevalente di sapore ha secondo te?
t Èun piatto tipico di quale parte dell’America?
“Raita (salsa di yogurt con verdure)” - INDIA - ASIA
INGREDIENTI:
• rapanello bianco
• cetriolo
• carota
• cipolla
• pomodoro
• sale - peperoncino
Rispondi.
PREPARAZIONE: Lavate e mondate la verdura, tagliatela a pezzetti e unitela allo yogurt in un recipiente. Mescolate per bene ed insaporite con sale e peperoncino a piacere. Mangiare con una piadina, che in India si chiama chapati.
t Che tipo di sapore prevalente avrà la Raita?
t In che parte dell’Asia si trova l’India?
t Con quali altri stati confina?
imPARIA l’aRtE
“Dolce al Cocco” - AFRICA
INGREDIENTI:
• 2 tazze di zucchero
• una tazza di latte in polvere
• 2 tazze di cocco grattugiato
• 30 g di burro e la scorza di un limone
Rispondi.
t Che sapore prevarrà nel dolce al cocco?
PREPARAZIONE: Si mescola il cocco con il latte in polvere e lo zucchero. Si fa bollire il tutto in una pentola e si lascia cuocere fino a che il composto diventa denso. A questo punto si aggiunge il burro e la scorza del limone, si mescola bene e si lascia riposare il tutto finché non si addenserà. Una volta che il composto si è freddato lo si taglia a piccoli cubetti e si serve.
“Insalata balsamica di prosciutto di canguro” - AUSTRALIA
INGREDIENTI:
• 200 g di prosciutto di canguro
• insalata valeriana
• 1 arancio
• 4 cucchiai d'aceto balsamico
• 4 cucchiai di olio di oliva
• sale
• pepe
Rispondi.
PREPARAZIONE: Lavate l'insalata accuratamente, poi sgocciolatela e mettetela in un'insalatiera. Lavate l'arancia, tagliate la buccia a filetti sottili e uniteli all'insalata. Tagliate il prosciutto a listarelle, aggiungetelo agli altri ingredienti e condite il tutto con sale, pepe, aceto balsamico ed olio d'oliva. Mescolate bene e portate in tavola.
t Qual è il sapore prevalente della ricetta australiana?
t Di quale continente fa parte l’Australia?
“Olive fresche in padella” - ITALIA - EUROPA
INGREDIENTI
• 300 gr di olive nere mature e fresche
• 2 cucchiai di olio extra vergine d'oliva
• 1 ramettino di rosmarino
• 1 cucchiaio di sale
• 1 bicchierino di aceto
Rispondi.
PREPARAZIONE: Lavare le olive e scolarle bene, metterle in padella con olio, sale e rosmarino a fiamma media e lasciar cuocere circa 5 minuti. Aggiungere l’aceto e far ritirare (non debbono cuocere più di 15 minuti).
t Quale sapore prevarrà nella ricetta italiana?
t Di quale parte dell’Europa saranno tipiche le olive?
Raccordi interDisciplinari
MUSICA
, Capacità di ascoltare, memorizzare e cantare una canzone.
IL “SAPORE” NELLE CANZONI
SAPORE DI SALE
Sapore di sale, sapore di mare, che hai sulla pelle, che hai sulle labbra, quando esci dall'acqua, e ti vieni a sdraiare, vicino a me, vicino a me.
Sapore di sale, sapore di mare, un gusto un po’ amaro, di cose perdute, di cose lasciate, lontano da noi, ed il mondo è diverso, diverso da qui.
Il tempo è dei giorni, che passano pigri, e lasciano in bocca, il gusto del sale, ti tuffi nell'acqua, e mi lasci a guardare, e rimango da solo, nella sabbia e nel sol.
Una volta letta e cantata questa canzone, chiedere quali sono i sensi più ricorrenti nel testo.
Poi torni vicino, e ti lasci cadere così nella sabbia, e nelle mie braccia, e mentre ti bacio, sapore di sale, sapore di mare, sapore di te.
Il tempo è dei giorni, che passano pigri, e lasciano in bocca, il gusto del sale, ti tuffi nell'acqua, e mi lasci a guardare, e rimango da solo, nella sabbia e nel sol.
Poi torni vicino, e ti lasci cadere così nella sabbia, e nelle mie braccia, e mentre ti bacio, sapore di sale, sapore di mare, sapore di te.
Gino Paoli
L’ODORATO
Raccordi interDisciplinari
ITALIANO
, Capacità di leggere, analizzare e produrre testi descrittivi in cui vengono utilizzati prevalentemente i dati olfattivi.
, Capacità di leggere, analizzare la struttura e produrre testi regolativi.
, Capacità di leggere, analizzare, comprendere un testo poetico.
TESTI DESCRITTIVI
Gli “odori” nei testi di
Giorgio Bassani (1916-2000)
Sottolinea in blu i dati visivi e in verde quelli olfattivi.
Ma c'era una cosa sua, a parte i riccioli bianchi, lucenti come seta, e il grande naso caratteristico, della quale lei si rammentava in maniera particolare. E cioè dell'odore che emanava dai suoi abiti. Misto di vari effluvi di agrumi, di fieno appassito e di grano.
G. Bassani, Una passeggiata prima di cena
Camminava in fretta, levando ogni tanto il viso a fiutare l'aria. Di pioggia niente, nemmeno una goccia. Quanto all'aria, anzi: adesso la sentiva impregnata di quel tipico odore di laguna, salato e insieme dolciastro, che si attaccava così profondamente e tenacemente agli abiti, e che dopo un poco aveva sempre avuto l'effetto di fargli venire appetito. Fermo appena oltre la soglia, senza che Gavino, al suo fianco, manifestasse il più piccolo segno di impazienza, fiutava a palpebre socchiuse l'odore che pervadeva il locale: un odore misto di legname segato di fresco e di alimentari da poco prezzo. L'odore di segheria, di salumi, di roba sott'olio, eccetera: gli pareva di essere capitato in un rifugio di alta montagna. Come sarebbe stato bene, lì dentro, se avesse avuto modo di rimanerci! G. Bassani, L'Airone, Mondadori
Rispondi.
t In entrambi i testi lo scrittore usa lo stesso verbo olfattivo. Quale?
t Quale dei due brani descrive gli odori della natura in un ambiente esterno?
Gli odori di entrambi i brani sono “misti” . Elenca quelli presenti nei due brani.
I testi regolativi ci danno istruzioni, ci dicono cioè che cosa si deve fare e in quale ordine per realizzare qualcosa.
Un simpatico scacciazanzare
Per eliminare le zanzare puoi costruire un simpatico soprammobile.
Basta infilare dei chiodi di garofano in un’arancia e depositarla in una stanza che si vuole liberare dalle zanzare, chiudendo le porte e le finestre.
Il profumo intensissimo che si spanderà per l’aria, finirà per scacciare le zanzare e scoraggiare altri insetti noiosi.
Seguendo le indicazioni, realizza lo “scacciazanzare” .
Completa questo testo regolativo mettendo al posto giusto i termini elencati.
Il pot-pourri è una miscela odorosa di petali di fiori, foglie, erbe aromatiche essiccate e oli essenziali, che serve a profumare un ambiente.
Se si vuole ………………… un ambiente della casa, si privilegeranno i profumi speziati, scegliendo come ingredienti per il pot-pourri: limonella, boccioli di…………, cannella, chiodi di ……………………… ed altre spezie e fiori che si accostino armoniosamente. Se invece il pot-pourri serve per profumare armadi e cassetti, si sceglieranno le fragranze delicate della rosa e della …………………………… .
Gli oli essenziali si usano per intensificare la fragranza del composto. Se si vuole che il profumo del pot-pourri duri ……………………… conviene aggiungere dei fissatori, quali l'iris florentina o l'incenso.
Bisogna essiccare i componenti appena raccolti, avendo cura di sistemare i singoli……… …………………… e le foglie su un foglio di carta per una settimana, in un luogo asciutto e ventilato.
Unire gli ingredienti assieme all'olio essenziale e racchiudere il composto in un barattolo ben chiuso per sei ……………………… , mescolando delicatamente ogni tre giorni.
Sistemare il pot-pourri in contenitori di vetro o in ………………………. da appendere in armadio.
PETALI • GAROFANO • A LUNGO • SETTIMANE LAVANDA • ROSA • SACCHETTINI • PROFUMARE
IL TESTO POETICO
LIMONI
Ascoltami, i poeti laureati si muovono soltanto fra le piante dai nomi poco usati: bossi, ligustri o acanti. Io, amo le strade che riescono agli erbosi fossi dove in pozzanghere mezzo seccate agguantano i ragazzi qualche sparuta anguilla: le viuzze che seguono i ciglioni, discendono tra i ciuffi delle canne e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli si spengono inghiottite dall'azzurro: più chiaro si ascolta il sussurro dei rami amici nell'aria che quasi non si muove, e i sensi di quest'odore che non sa staccarsi da terra e piove in petto una dolcezza inquieta. Qui delle divertite passioni per miracolo tace la guerra, qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza ed è l'odore dei limoni.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose s'abbandonano e sembrano vicine a tradire il loro ultimo segreto, talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno, la mente indaga, accorda, disunisce, nel profumo che dilaga quando il giorno piú languisce. Sono i silenzi in cui si vede in ogni ombra umana che si allontana qualche disturbata Divinità.
Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo nelle città rumorose, dove l'azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolla il tedio dell'inverno sulle case, la luce si fa avara, amara l'anima. Quando un giorno da un malchiuso portone tra gli alberi di una corte ci si mostrano i gialli dei limoni; e il gelo dei cuore si sfa, e in petto ci scrosciano le loro canzoni le trombe d'oro della solarità.
E. Montale
Sottolinea con colori differenti i dati olfattivi, uditivi e visivi.
Rispondi.
t Quale sensazione provoca nel poeta l’odore dei limoni?
t In quale momento della giornata si diffonde l’odore dei limoni?.........................
La poesia è un genere letterario che si avvale di alcune caratteristiche: i versi, le strofe, la possibile presenza di rime, una generale musicalità e ritmicità, pause, silenzi, metafore, similitudini, onomatopee, allitterazioni... Ma soprattutto la poesia è un componimento che suscita emozioni.
Trasformare in prosa un poesia può essere senz’altro un utile esercizio da far fare ai ragazzi, perché da questa trasformazione può emergere più chiaramente il senso stesso della poesia, il cui linguaggio a volte non è sempre chiaro e lineare.
Trasformare una poesia in prosa significa “raccontare” la poesia, usando un linguaggio più quotidiano e descrittivo-narrativo, passando dall’espressione delle emozioni del cuore all’esposizione e all’uso di termini propri del linguaggio comune.
Ecco di seguito la parafrasi delle strofe della poesia di Montale. Sono state disposte in modo disordinato. Riordinale numerando da 1 a 4.
I poeti più acclamati amano descrivere piante rare e usare termini difficili. Montale, invece, ama le strade che conducono ai fossati coperti di erba, dove i ragazzi, in pozzanghere quasi asciutte, catturano qualche rara anguilla; ama le piccole vie che costeggiano gli argini dei fossati, discendono tra i canneti, entrano negli orti, tra le piante di limoni.
Questa illusione termina quando il tempo ci riporta nelle città caotiche, dove il cielo può essere osservato solo a tratti tra gli alti edifici. La pioggia percuote la terra, si intensifica la noia dell’inverno, la luce diminuisce e l’animo diventa malinconico. Ma da un portone socchiuso si riescono a intravedere i frutti gialli, si scioglie allora la tristezza del cuore e i limoni sono come trombe d’oro che nel petto risuonano ridando allegria.
In queste pause di silenzio nelle quali sembra che le cose rivelino all’uomo il loro segreto, ci si aspetta di trovare un errore della natura, un varco, un filo che sia un mezzo per consentire di conoscere la verità. L’uomo osserva la realtà con i sensi, la mente ricerca, collega, separa quello che le sensazioni le forniscono, mentre il profumo dei limoni si espande su tutte le cose al calar della sera. In quei momenti di silenzio, l’uomo ha l’illusione di vedere in ogni figura che si allontana, una divinità disturbata dalla sua presenza.
Meglio se i versi e lo stridere degli uccelli si dissolvono nell’azzurro del cielo; si percepisce più nitidamente il mormorio dei rami degli alberi di limoni nell’aria quasi immobile e l’intensità del profumo dei loro frutti, che è tutt’uno con la terra e con il suo odore e questo profumo provoca nel cuore una dolcezza piena di turbamento. In questi luoghi l’agitarsi delle passioni si acquieta, qui anche le persone semplici possono godere un po’ di ricchezza: l’odore dei limoni.
Raccordi interDisciplinari
SCIENZE
, Capacità di analizzare e conoscere il corpo umano: il naso e il senso dell’olfatto.
L’OLFATTO NEGLI UOMINI
Il naso è l’organo dell’olfatto, è posto in mezzo al viso ed è suddiviso in due cavità, attraverso il setto nasale, che fanno da canale di transizione tra la realtà esterna (ciò che ci circonda) ed il nostro organismo interno tramite la mucosa olfattiva. La funzione olfattiva può essere considerata la funzione più nota e più utilizzata del naso, che non potrebbe essere sostituito da nessun altro organo del corpo.
Nella mucosa olfattiva si trovano le terminazioni nervose, collegate al cervello, che ci permettono di percepire gli odori. La mucosa olfattiva è posta nella parte superiore delle cavità nasali e ha una superficie di circa 10 cm quadrati. Nella mucosa sono presenti tre strati di cellule diverse tra cui le cellule olfattive, neuroni dotati di ciglia olfattive sensibili, sono i recettori degli stimoli odorosi, e sono in numero variabile tra i 10 ed i 20 milioni. Sotto le cellule ci sono le ghiandole olfattive: il loro compito è fornire i liquidi necessari per mantenere una certa umidità nel naso. Dalle cellule sensoriali della mucosa olfattiva si dipartono gli assoni che costituiscono le fibre del nervo olfattivo. Queste fibre terminano nel bulbo olfattivo. Qui avviene il contatto con le zone cerebrali preposte all’olfatto: il sistema limbico, l’ipotalamo, l’amigdala e la cosiddetta corteccia olfattiva primaria dove vengono interpretati i segnali olfattivi e quindi riconosciuti e discriminati gli odori. Quando respiriamo, l’aria arriva direttamente alla gola e soltanto una parte molto limitata va a colpire le cellule olfattive, per cui se vogliamo sentire bene un odore dobbiamo inspirare con maggiore forza, aprendo di più le cavità nasali per lasciar passare una quantità d’aria maggiore del solito. Questo atto si chiama annusare Le molecole odorose infatti si spostano insieme all'aria che raggiunge la mucosa olfattiva, grazie all'inspirazione.
L’odore viene avvertito quando i suoi componenti chimici, così come accade per il gusto, vanno a stimolare le cellule preposte a questo compito. Queste cellule trasmettono gli impulsi ai centri cerebrali che decodificano ed interpretano questi messaggi, classificando o riconoscendo gli odori.
APPARATO OLFATTIVO
seni nasali
cartilagini
mucose nasali
bulbo olfattivo
lingua
I recettori hanno una elevata sensibilità discriminativa che arriva a distinguere 10000 diversi odori, anche se l'organo dell'olfatto va rapidamente incontro a fenomeni di adattamento, per questo odori anche molto intensi vengono, dopo un certo tempo, percepiti meno, pur restando invariata la capacità di percepire odori di tipo diverso.
Scrivi le funzioni di queste parti fondamentali presenti nel naso dell’uomo:
Mentre nell'uomo il ruolo dell'olfatto come strumento di conoscenza dell'ambiente circostante ha un carattere secondario, negli animali è uno strumento indispensabile per le attività fondamentali quali la caccia, la localizzazione dei partner, dei compagni e dei predatori. Negli animali, i ricettori olfattivi hanno collocazioni anatomiche diverse a seconda dei casi. Negli insetti, ad esempio, sono sulle antenne, nei pesci sulla superficie del corpo. Nei bassi vertebrati, nei quali l'olfatto ha una importanza maggiore che nei mammiferi, la componente più evoluta del cervello è un centro prevalentemente olfattivo. Tuttavia uno degli animali più noto per il suo fiuto è proprio un mammifero: il cane.
IL FIUTO DEI CANI
I cani sono mammiferi cosiddetti macrosmatici, cioè soggetti in cui la funzione dell'organo olfattivo supera per importanza la funzione visiva. Il cane possiede narici mobili che lo aiutano a determinare la direzione dell’odore e soprattutto è dotato di fiuto, quella meravigliosa capacità di disgregare l’aria con un modello regolare di respirazione che attraverso le prove di laboratorio appare strutturato in una serie di tre-sette sniffate. La maggior parte degli organi sensoriali del naso del cane, gli organi settali, sono responsabili dello scatenarsi del comportamento di fiuto.
approfondimento
L’aria che viene fiutata passa sopra una struttura ossea chiamata sporgenza sub-etmoidale che l’uomo non possiede e sulle membrane nasali che la ricoprono. Nell’area al di sopra della sporgenza, quando il cane espira l’aria, le molecole olfattive non vengono eliminate, ma si depositano e si accumulano. Quando un cane respira normalmente, l’aria penetra nei passaggi nasali ma continua il suo cammino verso i polmoni, mentre l’azione del fiutare permette all’aria di rimanere “in riposo” nelle fosse nasali. Quando le molecole degli odori si disintegrano e si concentrano nel muco nasale che aderisce alle cellule dei recettori, il muco, carico d’odore, aderisce ai peluzzi microscopici delle cellule dei recettori, il segnale chimico dell’odore si trasforma in un segnale elettrico e viene inviato alla corteccia celebrale e al sistema limbico, ossia quella parte del cervello che regola i comportamenti alimentari e sessuali. Piccole molecole d’odore stimolano il nervo olfattivo. Grosse molecole d’odore stimolano il nervo trigemino, uno dei maggiori nervi del cranio. Per capire appieno le attitudini e le predisposizioni dei cani da ricerca, sia di quelli da caccia, sia di quelli usati dalle forze dell’ordine per soccorrere persone disperse sotto la neve o sotto le macerie o per trovare tracce di droghe, è necessario distinguere tra la funzione dell’olfatto e quella del fiuto
Parlando dell’olfatto s'intende la capacità di saper intercettare e discernere le emanazioni odorose disperse nell'aria, mentre per fiuto s'intende la capacità di saper intercettare e discernere le emanazioni odorose provenienti da terra. Il cane esercita l'olfatto inalando grandi masse d'aria e per questo sono adatti i cani a teleolfatto. Emblematico per quest'attitudine è il Pointer che, dovendo intercettare un volatile, annusa le impronte olfattive lasciate nell'aria inspirando a fondo, favorito in questo impegno dal buon sviluppo dei seni frontali. Molto bravo nell’annusare l’aria è anche il Collie, assai utilizzato dalle squadre di ricerca e di soccorso inglesi. I cani che fiutano l’aria inseguono una traccia d’odore facendo la spola avanti e indietro, a testa alta e girando in tondo, quando perdono la traccia dell’odore, e continuando a descrivere cerchi fino a quando non la ritrovano. Queste emanazioni sono paragonabili al fumo prodotto da un piccolo falò che sale sottile ed intenso per poi disperdersi in una nube rarefatta. Allo stesso modo si comporta l'emanazione odorosa intercettata da un cane che opera a teleolfatto: rarefatta ed ampia, lontana dalla sua origine, sempre più intensa e ristretta alla sua sorgente. Proprio per questo le emanazioni olfattive vengono molto influenzate dalla direzione e dall'intensità del vento, dalla bassa o dall'alta pressione atmosferica, dalle condizioni climatiche: eventi che un esperto conduttore, per effettuare con successo una ricerca, deve sempre considerare. Il fiuto viene effettuato, invece, inalando piccole masse d'aria provenienti da terra e per questo sono adatti i cani a megaolfatto. Emblematici per queste attitudini sono i Segugi che, dovendo intercettare un selvatico che vive a terra, esaminano con minuziosa circospezione le tracce odorose lasciate sul suolo e i cani da tartufo. Nel fiuto le inalazioni sono più frequenti e meno ampie e, pertanto, i seni frontali di questi soggetti non sono molto sviluppati. Per meglio comprendere questo tipo di lavoro dobbiamo immaginare una persona sulle cui spalle venga caricata una botte da cui scenda a gocce un liquido: camminando lascia una traccia, dove sosta s'intensifica l’odore. I cani a teleolfatto intercettano nell'aria le particelle olfattive come se usassero un telescopio, i cani a megaolfatto scrutano a terra le particelle olfattive come se usassero un microscopio.
Differenze olfattive fra uomo e cane
Un cane medio ha circa 220 milioni di recettori olfattivi nel naso. Noi ne abbiamo circa 5 milioni. Il cane ha circa sette metri di membrana nasale. Noi ne abbiamo mezzo metro e abbiamo dimensioni corporee maggiori.
Nel cervello del cane, la zona responsabile del senso dell’olfatto ha mediamente un numero di cellule nervose 40 volte superiore a quelle presenti nella stessa zona del cervello umano.
Il cane ha una capacità olfattiva così acuta che puo`individuare e identificare odori talmente impercettibili che neppure le apparecchiature scientifiche più sensibili riescono a misurare.
Raccordi interDisciplinari
STORIA , Conoscere abitudini e caratteristiche delle antiche civiltà.
LE ANTICHE CIVILTÀE I PROFUMI
La più antica e famosa civiltà in cui si faceva uso di profumi, sia per scopi curativi (aromaterapia) che per scopi cosmetici, è quella egizia. La più antica formula conosciuta, necessaria per la preparazione di un profumo, è stata trovata in un'iscrizione geroglifica di quattromila anni fa. Famosa è pure la cosmesi aromatica degli Egizi legata alle complesse tecniche d'imbalsamazione. I fiori, tra cui il fiore di loto, il giglio, la rosa; le erbe, i noccioli, il miele, la mirra, il sale marino e la polvere d'alabastro, sono solo alcuni degli ingredienti che gli antichi Egizi utilizzavano per creare creme, unguenti o cosmetici. Le sostanze aromatiche venivano lavorate secondo diversi procedimenti come la macerazione e la spremitura. Spesso ciò avveniva semplicemente in un mortaio e con l’aiuto di un pestello.
Nell'antichità si usava anche il sapone, che venne ideato in Egitto almeno 800 anni prima di Cristo, usando soda e grassi animali. Egiziani e Babilonesi estraevano la soda dalle canne che crescevano lungo i fiumi.
La "cultura degli aromi" fu poi da loro trasmessa ai Greci, presso i quali fiorì la prima industria profumiera di cui si abbia notizia. Si tratta di profumi a base di rosmarino, origano, alloro, mirto, prezzemolo, mandorla amara, camomilla, anice, tutti prodotti della più antica fabbrica di profumi (2000 a.C.) del Mediterraneo, scoperta dagli archeologi presso l’isola di Cipro. Questa prima “profumeria” era annessa a un grande frantoio: l’olio, prodotto in quantità industriali, era venduto nell’isola e nel Mediterraneo in giare da cinquecento litri, ma una buona porzione veniva destinata a belletti ed unguenti ricavati dalla macerazione di erbe e piante. Dalla preparazione si passava probabilmente alla vendita al dettaglio che avveniva nel cortile adiacente, sotto una grande tettoia sostenuta da colonne.
imPARIA
In Italia le prime testimonianze riguardanti l'uso di profumi e derivati si hanno con la civiltà etrusca. Si ritiene che il diffondersi vero e proprio dell'uso di essenze e profumi nella nostra penisola abbia avuto luogo in seguito all'incontro della civiltà greca con quella romana. Gli antichi Romani in Età Repubblicana facevano già larghissimo uso di profumi. Tra i prodotti di bellezza delle matrone vi era infatti il profumo, tanto deprecato da storici e scrittori dell’epoca tra i quali Plinio. Non essendo ancora conosciuto il processo di distillazione, introdotto dagli Arabi solo nel XII sec. d.C., le essenze erano ottenute, come già nel caso degli Egiziani e dei Greci, per spremitura e macerazione. È ai Romani che si deve la diffusione su vasta scala in tutta Europa dell'uso delle sostanze aromatiche. Il termine “profumo” deriva dal latino pro fùmo tribuere, (offrire mediante fumo). I Romani intendevano così identificare soluzioni profumate con essenze, da trasformare col calore in fumigazioni per profumare gli ambienti.
Tra i profumi più famosi nell’antica Roma si ricordano:
·Il Rhodium, essenza derivata dai petali di rosa.
·L'Illirium e il Susinum, ottenuti con varie specie di gigli.
·Il Mirtum-laurum, ottenuto dal lauro e dal mirto.
·Il Melinon, ottenuto dalle mele cotogne.
Si dice che nella Domus Aurea dell’imperatore Nerone, il soffitto dei saloni fosse composto da tasselli di avorio mobili e perforati, in modo da poter spargere fiori e profumi sui convitati. Le essenze e i balsami, provenienti dalle terre orientali, si diffusero in tutto il mondo romano e trovarono nell'età imperiale un momento di grande diffusione.
Metti accanto ad ogni civiltà i profumi caratteristici.
, Capacità di leggere, analizzare, rielaborare testi descrittivi basati principalmente sull’uso di dati tattili.
, Capacità di leggere e analizzare testi poetici.
, Capacità di individuare struttura e funzioni dei testi informativi.
Sottolinea i dati tattili.
AL BUIO IN CAMERA
Ènotte. Sono nella mia camera e dormo tranquillamente. Sento la morbidezza ed il calore del mio pigiamino sulla pelle; i miei capelli sono scompigliati nel soffice e cedevole cuscino di piume. Tutto ad un tratto mi sveglio per andare al bagno, cerco di accendere la luce. Mi alzo dal letto; ho dimenticato di mettermi la pantofole e appoggio i piedi sul pavimento: è molto freddo, duro, sembra una roccia. Cerco la pantofole sotto il letto e finalmente le trovo. Poggio la mano sul comodino e avverto la durezza del legno che però mi dà una sensazione di calore.
Ecco un esercizio per affinare il senso del tatto e renderlo primario in una descrizione. L’insegnante riempirà un sacchetto con degli oggetti (frutta, tessuti e qualunque cosa trovi per casa o in giro). Ogni alunno, con gli occhi chiusi prenderà con una mano un oggetto e lo “sentirà” sulla pelle, lo dovrà toccare, accarezzare. Non bisogna per forza capire cos’è ma è necessario descrivere cosa “sente” , e cosa prova. Solo dopo questa “descrizione tattile” si potranno aprire gli occhi.
IL BAGNO DELLA DOMENICA
Ogni domenica mattina a casa nostra vigeva il rito del bagno.
Io e mia sorella Veronica, subito dopo aver fatto colazione, ci chiudevamo in bagno e riempivamo la vasca d’acqua calda; poi Veronica versava del bagnoschiuma profumato nel tappo e metteva il tappo sotto il getto caldo dell’acqua: la vasca si riempiva all’improvviso di schiuma biancastra con sfumature colorate che assumevano, in alcuni punti, i colori dell’arcobaleno.
Io entravo prima di Veronica, ma il primo contatto con l’acqua non era di solito subito piacevole, l’acqua era troppo calda e io mi scottavano i piedi, allora in fretta uscivo bagnando le piastrelle azzurre, ridendo e sentendo subito il refrigerio del pavimento fresco, sui miei piedi che erano diventati rossi e caldi! Aprivo allora anche il rubinetto dell’acqua fresca, poi insieme ci immergevamo, mentre l’acqua, tiepida stavolta, bagnava il nostro corpo e le bolle di schiuma ci entravano nel naso.
Ma il momento più bello era quando immergevamo tutta la nostra testa, i capelli ci diventavano all’improvviso pesanti e si attaccavano alle guance, al collo, alle spalle. Io poi lavavo la schiena di Veronica e lei avrebbe lavato subito dopo la mia.
Non usavo la spugna ma le mani che riempivo d’acqua e di schiuma e passavo prima come con una carezza, poi sempre con maggiore energia le palme sulla sua schiena ossuta, sentivo le costole, la protuberanza delle scapole e quella meno intensa delle vertebre, ma sentivo anche la morbidezza della sua pelle, umida, profumata e liscia.
Ora scrivi un testo descrittivo dal titolo: “Un bagno al mare”, dove ti soffermerai in modo particolare sulle sensazioni tattili.
imPARIA
Lungo la spiaggia
Ho trovato
scarpe di sabbia
Le ho infilate
Per camminare.
Sono entrato nel mare.
Ho levato le scarpe di sabbia
E infilato pantofole d’acqua
Per camminare.
Rispondi.
TESTI POETICI
LUNGO LA SPIAGGIA
Sono uscito dal mare.
Ho levato
Pantofole d’acqua
Ho infilato scarpe di sabbia
Per andare
Lungo la spiaggia.
R. Piumini
t Che cosa aveva il poeta ai piedi?
t Come descriveresti con un aggettivo la sensazione tattile dei piedi sporchi di sabbia?
t Come descriveresti la sensazione di avere “pantofole d’acqua”?
IL BACIO
Ti manderò un bacio con il vento e so che lo sentirai, ti volterai senza vedermi ma io sarò lì. Ho sentito una carezza sul viso arrivare fino al cuore.
Vorrei arrivare fino al cielo, e con i raggi del sole scriverti ti amo. Vorrei che il vento soffiasse ogni giorno tra i tuoi capelli, per poter sentire anche da lontano il tuo profumo!
Vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi.
P. Neruda
Rielabora la poesia mettendo al posto delle parole in grassetto dei sinonimi.
TESTI INFORMATIVI
Il testo informativo, come dice la parola stessa, ha lo scopo di informare, dare conoscenze, approfondire i dati su un determinato argomento. Il testo informativo può avere anche carattere scientifico, ma non sempre è così; anche la cronaca giornalistica può infatti considerarsi testo informativo, deve comunque essere caratterizzato dall’oggettività. Il testo informativo di solito si basa su una precedente raccolta di informazioni e di dati sull’argomento trattato.
C ’ ERA UNA VOLTA IL BACIO
Si pensa che il bacio abbia origini addirittura preistoriche, in particolare nella pratica delle madri di passare ai figli piccoli bocconi di cibo durante il periodo dello svezzamento. Il benessere e la piacevolezza di un bacio potrebbero in parte dipendere dal retaggio arcaico della gratificazione del cibo, insieme al senso di fiducia, di protezione e di confidenza che ne scaturisce. Il bacio è una prerogativa del genere umano, ma non tutti i popoli adottano questa piacevole pratica: gli eschimesi ad esempio si strofinano il naso. Per gli antichi Romani, il bacio sulla bocca tra consanguinei era una sorta di attestazione e consacrazione del proprio lignaggio, mentre il diritto al bacio verso le donne era prerogativa dei consanguinei maschi ed aveva una funzione assai poco romantica: controllare che la donna in questione non avesse bevuto vino. In seguito la valenza sentimentale del bacio si diffuse anche tra i Romani, basti pensare alla celeberrima poesia di Catullo dedicata all’amata Lesbia:
Dammi baci cento baci mille baci e ancora baci cento baci e mille baci! Le miriadi dei nostri baci tante saranno che dovremo poi per non cadere nelle malie di un invidioso che sappia troppo, perderne il conto, scordare tutto.
Il bacio non ha però solo valenza amorosa, ha avuto significati molto diversi: di omaggio, devozione, sottomissione e simbolo di vittoria militare. Secondo il rango del personaggio si baciavano le ginocchia, la mano, la barba o i capelli. Nelle corti europee, certe udienze reali si denominavano “baciamani”. Nel Medioevo persiste l’usanza di baciarsi, anche sulla bocca, tra persone appartenenti allo stesso rango sociale, ma che dal XVI secolo in poi inizia progressivamente a cadere in disuso. Nell’Ottocento, da un lato il bacio viene severamente regolarizzato: vietato baciarsi in pubblico; vietato, per una ragazza, baciare per prima. Dall’altro il bacio troverà invece massima esaltazione nella corrente artistico-culturale del Romanticismo.
Suddividi le informazioni di questo testo a seconda delle epoche.
Suddividi le informazioni secondo le tipologie di baci.
Es. Bacio tra consanguinei...
Raccordi interDisciplinari
STORIA , Conoscere le civiltà antiche.
LA LOTTA
Il termine lotta (anticamente "lutta", dal latino lŭcta) indica un combattimento corpo a corpo tra due atleti disarmati. Le prime testimonianze riguardanti la lotta risalgono ai Sumeri, ai Cinesi e agli Egizi Nella tomba egizia di Beni Hassan (3000 a.C.) si possono vedere rappresentati almeno 100 differenti colpi e mosse.
Un cenno particolare merita la considerazione e la pratica che gli antichi Greci facevano di questo sport. Furono infatti proprio i Greci che nel 708 a.C. introdussero la lotta nei giochi olimpici, all’interno delle prove del Pentathlon. Gli incontri di lotta si suddividevano in tre specialità: l’orthopale, che era il tipo più adatto agli atleti che sfoderavano colpi particolarmente spettacolari. In questa specialità valeva la regola della vittoria dopo tre atterramenti, perciò non necessariamente l'avversario doveva toccare il terreno con le due spalle. Fu la sola specialità accettata ai giochi olimpici. L’alindissis, che era la specialità praticata durante gli allenamenti (l’incontro terminava solo quando uno dei contendenti si dichiarava vinto). L’acrochirismòs, che era la lotta speciale in cui i lottatori si servivano esclusivamente delle dita ed era certamente la più cruenta tra le discipline. Gi incontri si svolgevano solitamente in piedi, nella posizione iniziale di presa alle braccia, anche se in età più tarda venne concesso il combattimento a terra. Prima della gara gli atleti si ungevano di olio, frizionando i muscoli per prepararli allo sforzo, e ricoprivano, quindi, tutto il corpo di un sottile strato di polvere. La lotta prevedeva un ampio repertorio tecnico, relativo alle mosse e alle prese esclusivamente sulla parte superiore del corpo e mai sulle gambe. Le gare si basavano sull'eliminazione diretta. Anefedro era definito colui che vinceva ogni incontro, mentre l’aconita era chi vinceva per abbandono dell'avversario, il quale prima ancora dell'inizio del combattimento rinunciava per il riconoscimento della propria inferiorità: questo era il titolo più desiderato. Plutarco considerava la lotta come la sublimazione dello sport, l'esaltazione delle qualità umane, oltre che della forza e dell'elasticità, anche quelle più fini dell'arte dell’astuzia. Uno dei più grandi campioni olimpici della lotta antica fu Milone di Crotone, vincitore per ben sei volte dal 540 a.C. al 516 a.C. Nell'antica Roma la lotta era vista come allenamento militare. Nel 394 a.C. l'imperatore Teodosio soppresse i Giochi Olimpici, portando un periodo di ombra su questa pratica. Nel Medioevo, soprattutto in Bretagna (Francia) e in Cornovaglia (Inghilterra), questo sport veniva praticato come passatempo tra sovrani e nobili. Nel XV secolo la lotta iniziò a diffondersi nei vari stati d’Europa.
Raccordi interDisciplinari
MUSICA
, Conoscere gli strumenti musicali a percussione.
STRUMENTI MUSICALI “TATTILI”: IL JAMBÈ
Per far suonare un’arpa bisogna pizzicare le corde con le dita; per suonare una tromba bisogna soffiarci dentro; per suonare il pianoforte si toccano dei tasti con i polpastrelli; per suonare gli strumenti a percussione bisogna usare spesso tutta la mano e soprattutto è necessario fare più o meno pressione sulla pelle dello strumento. Non è quindi errato chiamare il jambé uno “strumento musicale tattile”, in cui il senso dell’udito è strettamente collegato a quello del tatto, anzi è complementare ad esso. Per suonare il jambé ci sono diversi modi di percuotere la pelle che lo ricopre. Il suono varia in funzione di come e dove viene colpita la pelle e della forza usata. Le mani devono sempre rimanere morbide, mai rigide, inoltre è importante alternare i movimenti delle mani, prima l’una poi l’altra. È pure importante la parte della pelle che si percuote, perché i colpi nel centro danno suoni più forti e cupi, mentre quelli ai bordi del cerchio producono suoni più chiari e puliti.
Per emettere un suono basso, la mano deve essere chiusa e deve colpire il centro del tamburo senza toccare i bordi.
Per emettere un suono medio, la mano deve colpire la pelle e solo dopo anche il bordo del tamburo, il tocco è effettuato con i polpastrelli delle dita ed è più difficile da imparare del precedente. Per emettere un suono alto la mano deve colpire prima il bordo del tamburo e solo successivamente la pelle.
Un tipo particolare di tamburo è il tamburello, che può essere con o senza cimbali (sonaglietti). Ci sono alcune tecniche particolari di suonare il tamburello. Una consiste nel far scivolare le dita inumidite con la saliva sulla pelle che, per effetto dello sfregamento, fa muovere velocemente i sonagli, producendo in tal modo l'effetto del trillo. Un'altra tecnica consiste nel premere la pelle con le dita della mano che impugna il tamburello. La scarsa altezza del cerchio permette di impugnare lo strumento solo con il pollice e parte del palmo. In tal modo sono parzialmente libere le altre dita che, facendo pressione alternativamente sulla pelle, le danno una diversa tensione che produce una straordinaria molteplicità di suoni. Questo è un esercizio molto efficace per far emergere emozioni e stati d’animo anche a quegli alunni che fanno fatica a comunicare con le parole.
Prova con un tamburo o con un tamburello a fare un dialogo sonoro con un compagno: mettetevi l’uno di fronte all’altro e alle battute del primo e al senso che a queste date, risponderete con altrettanti suoni. Fate poi interpretare al “pubblico”, cioè al resto della classe, di che tipo di dialogo si è trattato: rabbioso, triste, allegro. Verificate se le intenzioni dei due “suonatori” sono state ben interpretate.
L’UDITO
Raccordi interDisciplinari
ITALIANO
, Capacità di leggere, analizzare, comprendere e rielaborare testi descrittivi in cui siano particolarmente usati i dati uditivi.
, Capacità di leggere, analizzare, comprendere e parafrasare testi poetici.
, Capacità di leggere, analizzare, comprendere e rielaborare testi narrativo-descrittivi.
UNA NOTA VERDE-ORO
Una nota verde-oro:
- Ghere, ghere, ghere…
Clara si fermò tutt’orecchi. In punta di piedi sull’erba si avvicinò alla voce. Era come una nota verde-oro, sospesa nell’aria in tanti cerchietti, una nota chiusa e lontana, lì ai suoi piedi. Una rana del fosso gonfiava e sgonfiava le gote con una velocità prodigiosa:
- Ghere, ghere, ghere…
Non guardava il cielo, coperta com’era da una foglia, non avrebbe potuto vederlo:
- Ghere, ghere, ghere…
Una modulazione, un tremolio, un gorgoglio. Tutto verde, con un anellino d’oro negli occhi, faceva strumento di tutto il suo essere.
- Ghere, ghere, ghere…
Non era a fiato come sembrava, né a corda secondo il vibrare: era diversa da ogni voce o strumento. “Forse ad acqua” pensò Clara con nella gola una goccia della propria saliva da far gorgogliare all’infinito.
- Ghere, ghere, ghere…
Una nota sola da far vibrare e brillare tutto il mattino.
F. Tombari, Il libro di Tonino, Fabbri
Rispondi.
t Il brano si apre con un suono onomatopeico. Quale?
t Quale frase fa capire che si tratta di un testo con dati uditivi?
t Il suono-rumore viene poi descritto con dati visivi, più che uditivi. Quali?
t Arrivano poi i veri dati uditivi. Quali?
t Di quale animale si tratta?
t Il suo suonare non è a fiato e non è a corda. Di che tipo pensa che sia Clara?
UN RUMORE LONTANO
La sera tornarono al bivacco.
Il silenzio della foresta, così solenne, cominciò ad impressionare l’animo dei ragazzi.
Ad un tratto sentirono un rumore lontano. Vi fu silenzio, poi un cupo rimbombo.
Balzarono in piedi e poi si misero a correre verso il villaggio.
Giunti alla riva del fiume, scostarono i cespugli.
Un battello navigava, ogni tanto dall’imbarcazione s’innalzava un getto bianco, con un rombo cupo.
M. Twain, Le avventure di Tom Sawyer, Mondadori
Rispondi.
t Quale emozione suscita nei protagonisti il ”silenzio della foresta”?
t Quale aggettivo usa l’autore per descrivere il silenzio?
t Quale emozione suscita il “rombo”?
t Quale aggettivo usa l’autore per descrivere il “rombo”?
t I ragazzi capiscono subito di cosa si tratta?
Riscrivi invariata la prima parte del brano, fino a : “A un tratto sentirono un rumore lontano” .
Ora diventa tu lo scrittore e parla di un rumore diverso da quello descritto dall’autore.
Usa la tua fantasia. Che rumore possono sentire in una foresta? Parla anche della reazione che hanno i ragazzi e della scoperta finale.
t A quale senso ricorrono per scoprirlo? ,
IN CITTA
Nelle strade del mio quartiere, fin dal primo mattino, le automobili corrono e strombettano; i tram scampanellano e stridono sulle rotaie; la radio accesa nelle case trasmette musica e canti; i venditori gridano; le saracinesche scivolano su di colpo col fragore di uno schianto.
Gli uomini e le donne si incontrano, parlano, discutono rumorosamente; gli scolari schiamazzano, mentre si dirigono a scuola.
F.D. Leoni
Sottolinea i dati uditivi.
Scrivi un testo che descrive una spiaggia d’estate.
LA CANZONE DEL CANCELLO
Un bambino tornava dalla scuola sempre per la stessa strada. Ma un giorno decise di seguirne una nuova. A un certo punto gli apparve un grande parco, che una lunga inferriata divideva dal marciapiede.
– Bello – disse il bambino, estrasse dalla cartella il righello e lo fece scorrere sulle sbarre di ferro, finché il pilastro di pietra di un cancello interruppe la sua corsa. Allora tornò indietro. Le sbarre rispondevano al rapido tocco del righello, emettendo note allegre e saltellanti.
Quando il bambino correva in un senso, le note formavano una scala in salita, su delle note basse fino alle più alte e sottili. Correndo nell’altro senso il bambino udiva una scala in discesa, giù, giù da un acuto “dlin,dlin” fino a un profondo “dlon”, a un più oscuro “dlun, dlun”.
Al bambino non era mai capitato prima di fare quel gioco, perciò lo ripetè più volte, su e giù per il marciapiede.
Poi si fermò a riprendere fiato.
Quando ricominciò, non correva più: camminava a piccoli passi e batteva il righello sulle sbarre a colpi ben separati, ne saltava qualcuna, tornava indietro a colpirne di nuovo una che aveva dato un suono particolare.
Suonava l’inferriata come si usa suonare uno xilofono o un pianoforte, cercando i tasti giusti per costruire una melodia.
– Bello – disse ancora il bambino.
Questa volta gli era riuscita una strana canzone: La chiamerò: “ La canzone del cancello”.
Tornò il giorno dopo e molti altri giorni ancora.
Ormai percorreva sempre la strada nuova e ogni volta si fermava a suonare l’inferriata.
Inventava sempre nuove canzoni, battendo il tempo sulle sbarre.
G. Rodari, Il gioco dei quattro cantoni, Einaudi Ragazzi
Questo brano è esclusivamente descrittivo? Cerchia di rosso le parti descrittive e di blu quelle narrative.
Riscrivi solo le parti narrative. Il brano ora ha un senso logico?
A cosa servono le parti descrittive? ..................................................................
Sottolinea i dati uditivi nelle parti descrittive.
ASCOLTO CON IL CUORE
Èmolto tempo che non sento più niente.
Eppure le mie orecchie sono sempre tese. Accolgo solo fruscii, cigolii, il suono di mille piccoli movimenti involontari.
Ogni tanto lo strofinio più deciso di un topo che si è insinuato tra le pareti.
Non posso dire di odiare i topi, visto che mi tengono compagnia. Sono persino arrivata ad immaginarmi la loro esistenza per ingannare l’attesa.
Non sento più niente, ma avverto tutto. E se anche non colgo suoni con le orecchie di legno e gesso che disegnano il mio corpo, è con il cuore che ascolto.
Dove possa trovarsi non lo so, non ho mai capito la mia stessa geografia.
Si sente dire spesso: “Il cuore di una casa è la cucina”, ma laggiù è rimasto solo un lavandino scrostato. Cosa faccio io? Aspetto. Aspetto di essere riempita.
Rispondi.
t Il narratore è esterno o interno alla narrazione?...............................................
t Chi sta parlando?
t Quali sono le parole che te lo fanno capire?...................................................
t Con cosa ascolta?.....................................................................................
t Perché dice: “Èmolto tempo che non sento più niente”? Cosa vorrebbe sentire?
SEMI DI SUONO
Sento Il vento
Ha dentro
Semi di suono.
Li posa e riposa
Nelle orecchie segrete
Dove sole e pensiero sono
Insieme.
Quei semi
Di suono
Lentamente
Crescono
Scrivi la prosa di questa poesia.
In musiche
Rumori
Voci immense
E dolci.
In conchiglie
Cresce rumore di mare.
Poi torna il vento.
Sento soffi freschi
Asciugare i rumori.
Togliere le foglie
Alla musica e al suono
Fino al silenzio
R. Piumini
imPARIA
CANZONE D'APRILE
Escono allegri i bambini dalla scuola, lanciando nell'aria tiepida d'aprile tenere canzoni.
Quanta allegria nel profondo silenzio della stradina! Un silenzio fatto a pezzi da risa d'argento nuovo.
F. Garcia Lorca
Sottolinea la metafora sonora della poesia, poi spiegala e infine sostituiscila con una simile, creata da te.
approfondimento
LE POESIE ONOMATOPEICHE
Le poesie onomatopeiche sono quelle che hanno nei loro versi parole onomatopeiche: ticchettio, gorgoglio, pigolio... (cioè parole che contengono suoni) e vere e proprie onomatopee (i suoni rappresentati dalle lettere): cri, cri; fru, fru... , attraverso le quali creano il ritmo e la sonorità della poesia stessa. Uno dei massimi esponenti della poesia onomatopeica italiana fu Giovanni Pascoli (1855-1912).
Molte delle poesie pascoliane, sia della raccolta “Myricae”, sia dei “Canti di Castelvecchio”, sono canti di uccelli: pettirossi, capinere, cardellini, allodole, cuculi, assiuoli, fringuelli, passeri, tortore, cincie e rondini. Il poeta, con un orecchio assai allenato, raccoglie gli innumerevoli suoni della natura: i canti degli uccelli nel bosco, un volo di passero, una foglia che cade, la musica degli astri lontani, le misteriose voci notturne, voci di fiumi e di treni...
Grande importanza hanno quindi nelle poesie del Pascoli gli aspetti fonici, cioè i suoni che compongono le parole, in prevalenza riproduzioni onomatopeiche di versi d’uccelli o suoni di campane.
approfondimento
L'ASSIUOLO
Dov’era la luna? Ché il cielo notava in un’alba di perla, ed ergersi il mandorlo e il melo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi da un nero di nubi laggiù; veniva una voce dai campi: chiù...
Le stelle lucevano rare tra mezzo alla nebbia di latte: sentivo il cullare del mare, sentivo un fru fru tra le fratte; sentivo nel cuore un sussulto, com’eco d’un grido che fu suonava lontano un singulto: chiù…
Su tutte le lucide vette tremava un sospiro di vento: squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento (tintinni a invisibili porte che forse non s’aprono più?...); e c’era quel pianto di morte
chiù...
Completa questa versione in prosa della poesia “L’assiuolo” , sostituendo le parole in neretto della poesia con dei sinonimi.
Mi domando dove fosse la luna, visto che il cielo aveva un colore ……….……… e il mandorlo e il melo sembravano …………… per vederla meglio. Da …………………… in lontananza venivano dei lampi mentre una voce nei campi ripeteva: chiù.
Solo poche stelle brillavano nella nebbia ……………………… . Sentivo ………..……del mare, sentivo un rumore tra i cespugli, sentivo ……….…… nel cuore al ricordo di una voce che evocava un dolore antico. Si sentiva un singhiozzo lontano: chiù. Sulle vette dei monti illuminate dalla luna, …….……………… un vento leggero mentre il canto delle cavallette sembrava il suono dei sistri funebri (antichi strumenti musicali) che bussano alle porte della morte che forse non si aprono più? E continua insistentemente un pianto …….……………chiù
Rispondi.
t Da quante strofe è formata la poesia? ...........................................................
t Con cosa termina ogni strofa? .....................................................................
t Pascoli usa la rima baciata o alternata? .........................................................
Esegui.
t Al termine della seconda strofa c’è una similitudine. Quale? Spiegala.
t Nell’ultima strofa c’è una metafora sonora, “onomatopeica”. Quale?
t Riscrivi le onomatopee presenti nella poesia e spiega a cosa si riferiscono.
t Ci sono almeno altre tre metafore: individuale, sottolineale e spiegale.
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TEMPORALE
Èmezzodì. Rintomba.
Tacciono le cicale nelle stridule seccie.
E chiaro un tuon rimbomba dopo uno stanco, uguale, rotolare di breccie.
Rondini ad ali aperte fanno echeggiar la loggia de' lor piccoli scoppi.
Già, dopo l'afa inerte, fanno rumor di pioggia le fogline dei pioppi.
Un tuon sgretola l'aria.
Sembra venuto sera.
Picchia ogni anta su l'anta.
Serrano. Solitaria s'ode una capinera, là, che canta... che canta...
E l'acqua cade, a grosse goccie, poi giù a torrenti, sopra i fumi di campi.
S'è sfatto il cielo: a scosse v'entrano urlando i venti e vi sbisciano i lampi.
Cresce in un gran sussulto l'acqua, dopo ogni rotto schianto ch'aspro diroccia; mentre, col suo singulto trepido, passa sotto l'acquazzone una chioccia.
Appena tace il tuono, che quando al fin già pare, fa tremare ogni vetro, tra il vento e l'acqua, buono, s'ode quel croccolare co' suoi pigolìi dietro.
In questa poesia Pascoli prende come protagonista un fenomeno atmosferico: il temporale. Sono presenti non onomatopee vere e proprie, ma parole onomatopeiche ed immagini e metafore sonore.
Parole onomatopeiche:
Rintomba: riferito al suono delle campane che suonano a mezzogiorno.
Rimbomba: riferito al rumore del tuono.
Croccolare: riferito ai versi delle galline.
Pigolii: riferito ai versi dei pulcini.
Immagini sonore:
“Taccion le cicale”
“Rondini ad ali aperte fanno echeggiar la loggia de’ loro piccoli scoppi”