Il Milione

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Ricordare Mauthause Il Milione Le straordinarie avventure di Marco Polo nel magico Oriente

Marco Polo nacque a Venezia nel 1254. Accompagnò suo padre in Oriente e divenne ambasciatore del Gran Khan. Ritornato a Venezia venne catturato in uno scontro navale tra veneziani e genovesi. In carcere dettò a Rustichello le sue memorie. Così nacque Il Milione. Scarcerato nel 1299, morì nel 1324.

Il Milione Le straordinarie avventure di Marco Polo nel magico Oriente

Il Milione

Marco Polo

Insieme a Marco Polo potrai viaggiare verso mondi sconosciuti e di straordinaria bellezza che nascondono grandi misteri e grandi tesori, dove il tempo sembra dilatarsi fino a scomparire. Scoprirai antiche leggende, usanze e riti a volte ingenui e a volte crudeli che, seppur lontani dalla tua realtà, ti permetteranno di conoscere e apprezzare culture diverse.

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Marco Polo

Marco Polo

Le straordinarie avventure di Marco Polo nel magico Oriente

Il Milione, capolavoro della letteratura di viaggio, è anche il racconto delle infinite bellezze della diversità, dell’amicizia che supera ogni confine e delle meraviglie che solo la curiosità senza pregiudizi ci può far scoprire.

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Online: approfondimenti e schede didattiche www.raffaellodigitale.it Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).

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Collana di narrativa per ragazzi


Editor: Paola Valente Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Copertina: Mauro Aquilanti Team grafico: Claudio Ciarmatori, Raffaella De Luca Ufficio stampa: Salvatore Passaretta

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Marco Polo

Il Milione Traduzione e adattamento di Elena Frontaloni Illustrazioni di Giovanni Da Re Illustrazione di copertina di Elena Mellano


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Eccomi a voi, ragazzi!

Come si deve divertire il destino!

Dovete sapere, ragazzi, che la prima persona a cui raccontai la mia storia aveva un nome da morire dalle risate e si trovava con me nella galera di Genova. Certo, avrei preferito parlare con Rustichello (così si chiamava) davanti ad un buon bicchiere di vino, o all’aperto, o durante una passeggiata; ma vi posso assicurare che in quel periodo di reclusione tutti gli alberi, i fiori, le donne, i tesori che non potevamo vedere con gli occhi riuscivamo a vederli con l’immaginazione, con il ricordo, con la fantasia. E c’è di più. Rustichello fu talmente colpito dai miei racconti che volle trascriverli per farli leggere, come mi diceva sempre con gli occhi che brillavano, ai signori, agli imperatori, ai comandanti di popoli e a tutto il mondo. Io non ho queste grandi pretese, mi basta raccontare il mio viaggio a voi che, ne sono sicuro, avete in comune con me l’amica numero uno della sapienza: la curiosità.

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Quante cose da raccontare!

Quando iniziai a fare domande sulle tante stram-

berie del mondo la mia prima preoccupazione fu quella di capire dov’era mio padre Nicola. Mi risposero che al momento della mia nascita si trovava già dal Gran Khan, molto lontano da Venezia, per fare da intermediario fra questo misterioso signore e il papa. Mi arrovellai a lungo il cervello immaginando chi mai potesse essere questo potente Gran Khan e, all’ennesimo perché, mi fu spiegato che il Gran Khan era il signore dei Tartari, un popolo dell’Asia, e che mio padre era stato mandato dal papa presso di lui per chiarirgli un po’ le idee in fatto di religione. Iniziavo a sognare mio padre, di cui non conoscevo nemmeno il volto, in un mondo completamente diverso, fra oggetti luccicanti, montagne incantate e animali meravigliosi, mai visti prima. Sarebbe tornato, prima o poi, forte, bello, alto come l’albero di una nave, con mille ricchezze e la faccia abbronzata dal sole. E finalmente mi avrebbe portato con sé. La mamma morì prima del ritorno di mio padre, che vidi per la prima volta quando già avevo diciassette anni. Non era il bellissimo condottiero che avevo sognato. A dir la verità era anche bassino e non aveva poi quei muscoli da strangolatore di belve feroci che gli avevo attribuito con l’immaginazione, ma sul suo carattere non mi ero ingannato. 6


Era un vero e proprio viaggiatore, di quelli che a stare più di due anni sopra la terraferma impazziscono. Quando mi raccontava le sue avventure, la sera, prima di dormire, si commuoveva dal piacere e dall’emozione e poi mi guardava intenerito e con uno scapaccione scherzoso mi faceva filare sotto le coperte. Come ho detto prima, mio padre non ne voleva proprio sapere di rimanere fermo per tanto tempo a Venezia. Pensate: il papa, Clemente IV, era morto e mio padre avrebbe dovuto attendere l’elezione del successore prima di ripartire per nuove ambasciate. Stette due anni a Venezia, aspettando questa elezione, ma alla fine, stremato dall’attesa, partì con suo fratello Matteo senza attendere gli ordini del successore di Clemente. Questa volta anch’io fui dei loro. Durante il viaggio venimmo a sapere che era diventato papa Gregorio IX e allora tornammo indietro. Gregorio aggiunse alla nostra compagnia due frati carmelitani con molte lettere per il re dei Tartari e, dopo averci dato la sua benedizione, ci augurò buon viaggio. – Gran Khan, stiamo arrivando! – gridai felice. – Stai arrivando, Marco – mi corresse mio padre. – Era molto che ci pensavo. Hai bisogno di fare un po’ di gavetta! Del resto io sono arrivato dal Gran Khan da solo, durante il mio primo viaggio, ed avevo la tua età. Inizia a incamminarti, ci vediamo alla reggia fra sei mesi. Buona fortuna. Si vedeva che era commosso. Mi stava dando la possibilità di crescere e di essere libero, stava cercando di essere mio padre come poteva e secondo ciò che la vita gli aveva insegnato: non lo potrò mai ringraziare abbastanza. 7


Il Gran Khan era un omone con gli occhi piccoli e pungenti, sempre a caccia di notizie e novità: gli piacqui immediatamente. Alla sua corte imparai a chiedere e a rispondere, a raccontare e ad ascoltare i racconti degli altri, ad essere un ambasciatore onesto e un viaggiatore accorto. Quando diventai un po’ più grande iniziò a mandarmi per il mondo a portare ambascerie e raccogliere notizie. Lavorare per lui era per me una gioia immensa, perché, dopo averlo conosciuto meglio, avevo capito che non gli interessavano tanto le lettere che gli portavano o quelle che lui stesso inviava, quanto il racconto delle cose che si erano viste e delle meraviglie che si erano incontrate. C’era un legame sottile e fortissimo tra me e lui. Il comune desiderio di conoscere, la curiosità, il piacere provato nel semplice ascoltare le esperienze vissute dalle altre persone ci rendevano non tanto suddito e imperatore, quanto due buoni amici a cui piaceva infinitamente conversare. Stetti con lui per ben ventisette anni, nel corso dei quali visitai tutto il suo regno e anche altre terre leggendarie. Io, mio padre e Matteo ritornammo a Venezia nel 1295. Non potete immaginarvi il dispiacere del Gran Khan nel salutarci. Anche io fui molto dispiaciuto di dirgli addio, ma Venezia mi mancava troppo. Quello che però ora voglio raccontarvi sono i miei viaggi e le cose meravigliose che per ventisette anni ho visto e sentito. Non mi resta che iniziare e sperare che voi siate un po’ simili a me, o al Gran Khan, o a Rustichello, perché se lo siete so bene che non vi annoierò. 8


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Parte

Da Venezia all’Oriente


Parte 1a

1 – Le terre dove nasce il sole

L’Armenia è come una parola magica: al solo pronuncia-

re il suo nome ecco aperto davanti a te il misterioso scrigno delle meraviglie d’oriente. Per ogni mercante, viaggiatore o vagabondo che volesse addentrarsi nelle terre dove nasce il sole esiste una tappa obbligata: l’Armenia. Terra di mercanti e di grandi bevitori, essa è uno dei tanti possedimenti del Gran Khan. Nei suoi empori si vende di tutto, dalle stoffe al pregiatissimo vino armeno, e si possono ascoltare tutte le lingue del mondo in un miscuglio assordante e dolcissimo allo stesso tempo. Dovevate vedermi, ancora inesperto e tuttavia orgoglioso, davanti ai drappi damascati sbandierati dai mercanti diretti verso le Indie: mi guardavo intorno soddisfatto, un po’ spaventato e un po’ inorgoglito dal fatto di essere solo e con un messaggio importante da recapitare in una terra tanto lontana e diversa da Venezia. Mi gongolavo nella mia diversità e nello stesso tempo ammiravo stupito lo splendore di tutta quella gente, di tutte quelle case, di tutti quegli intricati modi di parlare, vendere, inveire apparentemente così diversi. Ma la scena a cui è un peccato che voi non abbiate potuto assistere accadde circa tre ore dopo il mio arrivo a Laias, il porto più grande dell’Armenia. 10


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